TERAMANI n. 49 - teramani.info
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n. 49 • novembre 2008 mensile di informazione in distribuzione gratuita Il tram di Coccagna pag. 4 La scuola vista da un ex studente pag. 10 Effetti collaterali di una elezione pag. 14 sommario novembre 2008 3 Quattro amici al bar 4 Il tram di Coccagna 6 Gli adolescenti digitali 8 Obama 9 L’oggetto del desiderio 10 La scuola secondo un ex alunno 11 La scuola secondo Trabucco 12 Lettere dai Caraibi 14 Effetti collaterali di una elezione 18 Coldiretti informa 20 Dura Lex Sed Lex 21 Teramo a fumetti 24 Castellalto 26 Cinema 29 Basket è possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito web www.teramani.info scriveteci a [email protected] Direttore Responsabile: Biagio Trimarelli Redattore Capo: Maurizio Di Biagio Coordinatore: Maria Grazia Frattaruolo Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Di Biagio, Ivan Di Nino, Maria Gabriella Di Flaviano, Elvio Fortuna, Maria Grazia Frattaruolo, Carmine Goderecci, Amilcare Lauria, Nicola Lucci, Bebè Martorelli, Francesco Pellechia, Leonardo Persia, Francesco Pira, Mimmo Polovineo, Sergio Scacchia, Gino Trabucco Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. 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Al bar, tra gli amici, negli spogliatoi della palestra, quando vezzeggiamo qualcuno, quando prendiamo per i fondelli l’amico non presente, quando siamo forti coi deboli, quando fottiamo il fisco, quando incensiamo il nostro commercialista che ci ha indicato la giusta via. Berlusconi non esiste, semplicemente siamo noi. Quel che vediamo barzellettare, canzonare, fare il gesto delle corna in un allegra e “cagnaresca” comitiva di primi ministri, è la proiezione di molti di noi che si trasfigurano in un ricco apicelliano chansonnier dal blazer blu, ricco, potentissimo, con le mani in pasta dappertutto, ilare, buono, libidinoso, giovanilista (tanto che è arrivato a dipingersi uno strato di capelli sul cranio), con tanta voglia di palpeggiare una velina e con le battute al momento giusto. Berlusconi non esiste, siamo noi. O almeno quello che vorremmo essere. Altrimenti non si comprenderebbe tutto il suo successo in fatto di “impennate” e di appuntamenti elettorali vinti. E sì, siamo proprio noi trasposti in un ologramma che va in giro per il mondo - come si dice dalle nostre parti - “pisciando spesso fuori dalla tazza” come quando ha dovuto persuadere la presidentessa finlandese perché non ospitasse la nuova Authority europea sulla sicurezza “sfoderando tutte le capacità di playboy, anche se era da un po’ che non le usavo” si sminuì il premier. Nel settembre del 2004 asserì che “Mussolini non aveva mai ucciso nessuno, lui mandava la gente in vacanza al confino”. E sulla falsariga ammiccante da “Grande dittatore”, un anno prima il Berlusca apostrofò così un parlamentare socialista: “Signor Schulz – disse - so che in Italia c’è un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti; la proporrò nel ruolo di kapò. Sarebbe perfetto”.”Ho una barca - raccontò a dei giornalisti americani del New York Times - ma negli ultimi due anni l’ho usata una sola volta per riportare la mia famiglia a casa. E non vado più nella mia casa alle Bermuda da circa due o tre anni... La mia vita è cambiata, la qualità è diventata terribile. Che lavoro tremendo” sbotta. È orrendamente diretto nelle sue battute involontarie, un umoristico di razza e non lo sa. Oppure sì!? A tratti ricorda il principe Miskin de l’Idiota di Dostoevskij quando nei salotti sanpietroburghesi non riusciva a controllarsi, lanciando a tutti, contesse e duchi, parole senza controllo. Berlusconi è colui che al bar consiglia ad una precaria di sposarsi uno, milionario e bello “come mio figlio Piersilvio”: incentivazione al jet set, è un reato. Il premier è ricco, ed in questo paese non è più una colpa come quando regnava l’Agnelli, compito e acculturato, sebbene pompato dalle casse dello Stato e detestato da pressoché tutti gli italiani per via della sua altezzosità di stampo reale. Berlusconi è l’amico al bar che strepita e che dice cose sconce, che si vanta di essere uscita con una ieri sera, che le spara pure grosse, e che soprattutto conosce i mezzucci della vita. E’ così furbo che mamme e suocere lo prendono d’esempio per reale concretezza: uno come questo si sposa, e basta. Sarà anche per la prosecuzione della razza. Chiaramente tutto ciò in un paese di furbi dove l’idolo nazionale è un furbo. Berlusconi non esiste, semplicemente siamo noi. u pag 04 politica…fantastica novembre 2008 Il tram di Coccagna …se dura C hi fa tutti i giorni il proprio lavoro, senza avvalersi di una rete di relazioni amichevoli, che lo sostiene e lo protegge, spesso si accorge che non c’è corrispondenza fra impegno e risultati conseguiti. A descrivere i pericoli dell’apatia sociale è popolare una poesia attribuita al pastore Martin Niemöller (1892–1984), sull’inattività degli intellettuali tedeschi in seguito all’ascesa al potere dei Nazisti: «Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio; non ero comunista. Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio; non ero un socialdemocratico. Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce; non ero un sindacalista. Quando vennero per gli ebrei, rimasi in silenzio; non ero un ebreo. Quando vennero per me, non era rimasto più nessuno che potesse far sentire la mia voce». Si vince e si perde per intimidazione, per rimaneggiamento del linguaggio; si crede senza sapere, si spera nei miracoli dei santi. Forse sarà necessario rafforzare in qualcuno l’idea che i miracoli sono anche opera di gente comune. Gente giusta ed onesta come quella che, nel 1933, salì per la prima volta, con eccitazione e curiosità, sul tram di Coccagna, in Piazza Vittorio Emanuele a Teramo. Nel nostro tempo, quella stessa gente scenderebbe stupita all’inizio dei Tigli (impreziositi da un’illuminazione by Autogrill Style), dopo aver pagato l’equivalente di una one day Travelcard sulla metropolitana londinese, per percorrere in autobus l’ottocentesca SS 80 di Carlo Forti, inconsapevoli che a qualcun altro sarebbe riuscito appena 200 anni dopo l’arduo compito di replicare all’ingegnere teramano una strada piena di dune asfaltate. La Teramo-Amadori! E se non fosse per i finestrini appannati apposta dai bambini, per disegnarci sopra col dito un naso due occhi e una bocca da clown, ci si renderebbe conto che soltanto seduti sul tram di Coccagna oggi sarebbe possibile accorgersi de tutte lu malevedà (il mal vedere) cittadino. Allora, guarda un po’ là! Hanno di Mimmo Attanasii risistemato il ponte di Porta Madonna (progetto anche questo di Carlo Forti) allargando i marciapiedi, come impone la normativa, ma aggiungendo in basso, ai due lati, una squisitezza di guide luminose al neon, come a voler segnalare la pista d’atterraggio notturna per asini volanti; e poi via giù con asfalto a palate e secchiate di vernice alla crema chantilly. Un colore ricercatissimo nell’edilizia residenziale popolare da quattro soldi. Se per puro caso capitasse di nuovo da queste parti re Ferdinando II, oltre a chiedersi: “…ma il fiume dov’è?”, presto richiederebbe notizie sullo sciagurato che ha messo tutta quella cipria addosso a ciò che sembrava da sempre fatto di pietra. La spalletta di un ponte vecchio! Superato l’arco di Porta Madonna, dalle parti del bar Gino, ecco qui spuntare i varchi elettronici. E pensare che una volta bastava dire: “Di qui non si passa”, e facevi subito dietrofront. Oggi, non basterebbero le mine anticarro per arrestare la corsa di macchinone nere con i paravacche cromati alle uscite delle scuole elementari piuttosto che scacciare mosche e minicar parcheggiate sopra i tavoli dei bar all’aperto in Piazza Martiri. Se vedi in giro un tizio con la bicicletta… uno di quelli bravi però, che non corre in tripla fila o passa col rosso per non rovinarsi gli attacchi del pedale; se lo vedi, appunto, lo segui di nascosto per capire dove va a farsi riparare le forature, poiché di ciclisti in giro, qui non ce ne sono più. E poi, scusa, che mi dici a fare del traffico?! Guarda lì quanta gente a ragionare di politica. Di Uomini Nuovi, politicanti diversamente vecchi con l’occhiolino facile, che presto accorreranno in nostro soccorso sgattaiolando di buon mattino dai loro residence elettorali. Di un Abruzzo disfatto come il letto di un ammalato con la febbre a quaranta. Di chi vorrebbe addirittura che anche Obama, di là dell’oceano, perdesse un’elezione che segnerebbe finalmente il risarcimento di quattro secoli di schiavitù, segregazione, discriminazione per 37 milioni di neri d’America; e tutto solo per farsi bello dinanzi ad un milanese cavaliere errante… che quanto ad errare, in Europa non ha eguali. E questo e chissà quant’altro ancora si sarebbe potuto scorgere dal tram di Coccagna, se un bambino capriccioso non avesse appannato i vetri per disegnarci sopra, col dito scorticato, le faccine buffe di un clown immaginario. Però adesso fate attenzione, perché c’è qualcuno che va sostenendo, seppure a voce bassa, che quel mocciosetto d’altri tempi altro non stesse facendo se non tentare di abbozzare, sul finestrino bagnato dalla rugiada, il futuro volto delle generazioni a venire. Una generazione, ahimé, di… saltimbanchi! u pag 06 I Giovani, la Scuola, la Famiglia Dopo i Digitali Nativi gli Adolescenti Digitali C erto è strano per arrivare a fare un ragionamento compiuto partire da J.R.R. Tolkien, lo scrittore inglese studioso di miti e leggende. Ma le cose strane sembrano sempre le più affascinanti. Tempo fa mi sono imbattuto in un pensiero di questo narratore diventato famoso per Il Signore degli Anelli, su un argomento che apparentemente sembra lontano anni luce dai suoi interessi. Scrive Tolkien: “Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono uno sbaglio: nel senso che quasi certamente (in un mondo più perfetto, o anche un mondo con un minor numero di preoccupazioni di quante ce ne siano in questo, assai imperfetto) entrambi i coiniugi potrebbero dimostrarsi compagni più accettabili. Ma la vera anima gemella, anche se può sembrare strano, è quella con la quale siete sposati”. Eppure in pochi lo hanno ascoltato, visto che i dati italiani novembre 2008 di Francesco Pira Docente di Comunicazione Sociale e Pubblica e Relazioni Pubbliche dell’Università di Udine parlano della metà delle coppie che scelgono dopo qualche anno la via della separazione. Loro sono i genitori di figli che crescono attaccati alla rete, nel senso del web. Tempo fa vi abbiamo rivelato l’esistenza dei digitali nativi, bimbi da 8 a 11 anni che riescono a fare più cose contemporaneamente. Di questa nuova generazione ipertecnologica che legge poco e telefona tanto, che studia non tantissimo ma chatta, va su internet e manda sms e mms. I fratelli più grandi dei digitali nativi come emerge da una ricerca Doxa dello scorso anno possiede un cellulare (i dati parlano di percentuali che superano il 90 %) e il 50% utilizza internet per fare ricerche, legge un libro non scolastico in un anno e dedica un’ora e 40 allo studio. Amano Moccia e i suoi lucchetti e spendono da 50 a 70 euro al mese. E soprattutto emerge che i genitori provano a fare i loro amici e spesso mamma e papà sono separati o divorziati. E quanto afferma l’ex Magnifico Rettore dell’Università di Udine (oggi sindaco della città friulana), professor Furio Honsell, riflette perfettamente sia i fratelli più grandi che più piccoli: “Sono i giovani, i nostri figli, saranno le future generazioni. Lesile Lamport, guru dell’informatica, si vantava il secolo scorso di essere capace di masticare chewing gum e contemporaneamente programmare digitando sulla tastiera. Ben poca cosa rispetto a quanto fa quotidianamente un pag 07 novembre 2008 nativo digitale, che contemporaneamente: scambia sms, ascolta l’ipod, lavora su un PC con più finestre attive. Una in videochiamata skype, alcune in modalità chatting, altre presentano videogiochi interattivi, su una scorre un video, altre sono discussion groups. Ogni tanto anche alza la cornetta del telefono. La mia generazione aveva inventato la multimedialità come potenzialità di utilizzo di media di natura diversa. Non pensava che la già la generazione successiva avrebbe utilizzato tutti questi media CONTEMPORANEAMENTE. L’era della comunicazione permanente, multicanale, multitasking pretende i nostri piccoli, e i loro futuri piccoli … Dobbiamo cercare di aiutarli. La dimensione digitale sarà una delle componenti costitutive del XXI secolo. A non farli diventare meri consumatori passivi di informazioni e media e hardware. Ma attivi, consapevoli, partecipativi, responsabili protagonisti creatori del loro futuro… Possiamo aiutarli a conoscere meglio se stessi! Ma prima dobbiamo conoscere meglio noi stessi”. Ed l’ex Ministro della Salute, Senatrice Livia Turco rileva proprio a proposito di questo tema come: ”l’importanza della famiglia nella crescita e nell’educazione dei ragazzi. Ma anche la scuola ha e deve avere un ruolo di primo piano nella socialità e nella relazionalità dei ragazzi. Ed è proprio nella collaborazione più stretta tra questi elementi del capitale sociale, scuola e famiglia, con il coinvolgimento anche di altre istituzioni pubbliche, dalla salute allo sport, che occorre investire per una nuova politica di sensibilizzazione e pro- mozione di nuove “finestre” di interesse e crescita sociale e culturale dei nostri ragazzi. Una sinergia per rispondere alle esigenze e ai cambiamenti che la crescita richiede e che ci impone di mantenere sempre alta l’attenzione e la capacità di ascolto rispetto a un mondo, quello dei giovani, che è nostro dovere ascoltare e comprendere”. E’ incredibile come quello che vale per i digitali nativi da 8 ad 11 anni, vale anche per un’altra fascia d’età molto complessa come quella dai 14 ai 18 anni. I genitori sia nell’uno che nell’altro caso giocano un ruolo fondamentale. Ma forse si sentono troppo amici dei loro figli. Si confidano con loro. Cercano il dialogo e finiscono per “eliminare le barriere tra l’età dei grandi e quella dei ragazzi”. Si potrebbe concludere dicendo che i tempi sono cambiati che la generazione digitale non è molto diversa dalla nostra che invece è cresciuta a pane, radio e tv. Oggi gli adolescenti digitali vivono tra “infanzia e futuro”, sospesi, come sostengono gli esperti. Poi come si fa sempre in questi casi la colpa o il merito di come sono e saranno i nostri figli è della società. Ci ripetiamo tutti, quasi come fosse una litania: “Questa è la società, che possiamo farci?” Così ci siamo tolti il pensiero... Ma come sostiene il filosofo americano, George Santayana: “La società è come l’aria, è necessaria per respirare, ma non si può vivere solo d’aria”. Ai genitori degli adolescenti digitali e dei digitali nativi l’ardua sentenza... u pag 08 Kennedy è morto da un pezzo Il prodotto Obama nero a metà O bama è ciò che gli americani desideravano da tempo. Obama è un prodotto. Obama è soprattutto made in Usa. Niente più. Tanto che i grandi gruppi Ibm, Google, General Elettric, appoggiano il neo presidente e si attendono commesse milionarie, mentre Wall Street gli prende le misure e il rialzo (+3%) è con lui. Obama è l’idea kennediana che dapprima ha sfiorato Carter, poi Clinton, poi ancora qualcun altro che s’accingesse da democratico a barcamenarsi tra I’ve a dream, ideali, Nuova Frontiera e freedom, fino ad approdare a lui, a Barack Obama, dal viso simmetrico e bello, sorriso scintillante, puro prodotto hollywoodiano che quando c’è da rendere non perde un colpo. Con la dote di una ragionevolezza studiata, volto contrito e valori da mondialismo e da fratellanza globale, sale e scende i pioli della fama per un prodotto, per un’idea che in fondo già preesisteva. E quanto piace alla sinistra europea! Quella stessa sinistra infastidita dalle cose americane ma ogniqualvolta si parla di kennedismo figurante, parte in quarta come un cane di Pavlov, senza sapere il perché. Però nel paese che ha esaltato il mercantilismo, Obama non poteva essere altrimenti. A ben vedere, la dannazione di questa grande patria è, ad ogni appuntamento, sempre quella di riesumare il cadavere di J.F.K, come quello di novembre 2008 di Maurizio Di Biagio scorgere ancora da qualche parte la tuta e la sciarpa bianca di Elvis. Ed è anche per questo che ci sarà sempre un Obama in America. Quando dinoccolato, dal palco butta un braccio avanti euforico, la middle class è con lui, quando we-can-izza la sua chiesa, i giovani e i disperati sono con lui, quando parla di cagnette e di Iran, gli anziani in poltrona sobbalzano con lui. Nel paese delle lobby, del mercato per il mercato, dei derivati e dello tsunami finanziario, l’idea dell’”abbronzato”, del suntanned, mette decisamente una pietra sopra ai decennali sensi di colpa di una comunità intera che non vede l’ora di liberarsi per sempre dal demone della capanna dello zio Tom. Con l’elezione di un colored gli Usa testimoniano un passaggio epocale da un Wasp (White AngloSaxon Protestant, alla guida di un’altra cosa bianca: The White House) ad un figlio che testimonia i peccati più inconfessabili di una comunità leader e smargiassa. Un lancio pubblicitario che solo gli Usa son capaci di fare. Un’abreazione magnifica. Ma la comunità nera storce il naso perché essa, a dirla tutta, conosce il fratello con il naso spazioso, gli occhi bianchi d’avorio e venati di sangue, la fronte imperlata ed i capelli così crespi per i quali i pettini non avrebbero più scaffali nei market. E quell’Obama è ancora fin troppo waspizzato: ecco la loro prima rimostranza ufficiosa. Ma come detto Obama è un prodotto made in Usa, come tanti altri in politica, modellato ad immagine di una comunità che è tremendamente sensibile al mercato, anche a quello degli elettori, da riuscire nei propri sondaggi a riflettere in tempo reale le esigenze di un popolo intero. Obama è un bel volto simmetrico, dalla dentatura scintillante e dai programmi accattivanti: sanità e buoni propositi. Ma Obama è ancora un “copia ed incolla” di una grande cultura e potenza. È pur sempre un format. Non è un originale. u l’oggetto del desiderio l’Ira di Butterfly T utt’altro che gentiluomo quel Pinkerton, l’Ufficiale della Marina Americana, che piantò in asso Butterfly per tornarsene in patria. Pare che la geisha Cio-cio-san, chiamata anche Butterly, affrontò di petto il caso tant’è che rivolta al mare urlò il suo Do di disperazione. Subito dopo diede di matto, anzi di matta e scatenò l’inferno. La sventurata afferrò d’impeto una delle tante statuine giapponesi che adornavano la sua casa e la scagliò a terra riducendola in frantumi. Soltanto più tardi Butterfly si rese conto che per colpa di Pinkerton aveva distrutto una pregiatissima statuina di quarzo rosa. L’Oggetto del desiderio di questo novembre è il Quarzo Rosa. Il quarzo rosa, fin dall’inizio del XIX secolo, veniva chiamato quarzo latteo di color rosa. Ma da 150 anni circa viene chiamato semplicemente quarzo rosa. Il suo colore è dovuto alla presenza di manganese o di titanio. Si trova in due varietà: il più diffuso si trova in grosse masse compatte che presentano tutte le novembre 2008 di Carmine Goderecci di Oro e Argento tonalità che vanno dal rosa chiaro al rosa scuro; non mostra forme cristalline ben visibili esternamente e il più delle volte è trasparente o lievemente lattiginoso; cosa che può essere determinata tra l’altro dalla presenza di aghi di rutilo all’interno della pietra. Esistono varietà di quarzo rosa che lavorate a cabochon presentano il fenomeno dell’asterismo. Il quarzo rosa duro viene lavorato a cabochon e in tutte le forme tondeggianti per farne collane, bracciali e anelli. Molto note e famose sono le figurine giapponesi di quarzo rosa che per la loro speciale tecnica di incisione sono considerate piccole opere d’arte. I pezzi più grossi di quarzo rosa vengono usati per farne portacenere o altri soprammobili. La seconda varietà di quarzo è quello in forma cristallina trasparente e chiaro; si trova nella pegmatite, una roccia di origine vulcanica ed è molto raro. Spesso si trovano piccoli cristalli di color rosa chiaro su quarzo bianco, che vengono acquistati come rari dai collezionisti di pietre preziose. Questi piccoli cristalli di quarzo rosa si possono lavorare anche a gradini. I giacimenti sono in Brasile e nel Madagascar. Però lo si può trovare anche in Sudafrica, Russia, Giappone, India e USA. Fino a qualche tempo fa si trovavano giacimenti di quarzo rosa anche vicino a Zwiesel, nelle foresta Bavarese, ma oggi sono esauriti. Nella stessa zona è rimasta una roccia di cristallo rosa, alta più di dieci metri, che è considerata monumento nazionale. u pag 09 pag 10 brutte speranze novembre 2008 La Scuola vista da un ex studente C he belli i tempi in cui andavo a scuola e c’erano le riforme! Erano ottime, ma che dico ottime, eccellentissime occasioni per non fare un tubo! Giorni di scioperi, inutili manifestazioni in cui sgattaiolavo via al primo momento utile per farmi gli affari miei, occupazioni, assemblee in cui si faceva solo un gran baccano. Altro che luoghi di confronto e di approfondimento! Sciopero totale. Evvai! Assemblea universale. Olè! Una volta chiesi al mio compagno di classe, rappresentante d’istituto: “Ma se la seduta comincia alle dieci, noi fino a quell’ora che facciamo?” La risposta mi tolse grossi pesi dalla coscienza, soprattutto per le interrogazioni pendenti: “bivacco!”. Anticipando Homer mi venne spontaneo un “miiiiitico!”. Tuttavia gli ‘inizi’ non furono facili; la mia prima occupazione avvenne, bruscamente, all’imberbe età di quattordici anni: in una confusissima assemblea. L’allora rappresentante, urlando slogans triti e ritriti, giunto al fin della tenzone, urlò: “La vogliamo come diciamo noi questa scuola?” Risposta dei ragazzini un po’ rintontiti dal contesto in cui erano stati catapultati, lì presenti :“Sìììì!”. Io pensai allora fra me e me e me (eravamo in tre, c’era molto da fare): “Ah, chissà però come la vogliamo la scuola noi altri…” Era l’epoca del Ministro D’Onofrio. Superato lo shock iniziale, questi novelli e un po’ sbiaditi figli del 68 organizzarono la sorveglianza interna (?!), luoghi di dibattito (caspita! Mica il cineforum di fantozziana memoria!) ed altre oscene amenità.L’anno dopo, a fronte (sinceramente non ricordo più chi fosse il ministro e cosa volesse) dell’ennesima riforma della riforma, stesso copione. Tutto questo al ginnasio.La medesima fortuna non si è verificata negli anni successivi del Liceo. Peccato! Ciò per dire e i più attenti l’avranno già capito che a poco servono le manifestazioni di piazza: ricorderete tutti come, a fronte della note linguistiche L’ausiliare per il verbo servile di I Maria Gabriella Di Flaviano l verbo “servile” esplica la sua funzione introducendo il verbo protagonista che resta sempre all’infinito, mentre il “servile” si coniuga secondo la normale flessione verbale; posso (poteri, potrò, poteva, ecc.) raccontare . di Ivan Di Nino modifica che introduceva al posto del maestro unico tre insegnanti per classe, ci fu una protesta vibrante dell’allora opposizione, dei sindacati e chi più ne ha più ne metta. L’attuale ministro (o si dice ministra? O ministressa? O minestrina? Eh, in tempi di magra…) che nemmeno vuole reintrodurre il maestro unico – è poi così sbagliato?- ma un maestro prevalente (era poi come facevo io alle elementari: un maestro per italiano, matematica ecc., uno per le lingue, uno per la ginnastica ecc.) si è vista piombare addosso insulti e cortei da quelle stesse persone che dieci, o quindici, o tredici? (Chisseloricordapiù!) anni fa urlavano contro il governo perché stavano levando l’insegnante unico. Che Paese strano, vero? Come se non bastasse toccare il fondo, si comincia a scavare, usando, sì, ho detto usando, bambini di dieci anni, se non di meno, con in testa un cappello del sindacato televisivamente di turno, in mano uno striscione (di solito piuttosto fantasioso, del tipo: no alla riforma) ed uno slogan in bocca. Ah, quante volte ho pensato di mettermi all’angolo di strada per vendere fischietti ai manifestanti! Qualcuno ha anche affermato che le lamentele degl’insegnanti sono fuori luogo perché lavorano e si aggiornano meno di altri lavoratori: mediamente diciotto ore a settimana per i professori, trentasei per gli altri dipendenti pubblici, quaranta per i privati. Essi controbattono affermando che l’orario di scuola non esaurisce le loro funzioni: devono preparare le lezioni - ma questo, forse, solo all’inizio della carriera, poi ripetono le stesse cose per una vita…- correggere i compiti ecc. Nessuno ha però tre mesi pieni di vacanze pagate all’anno! I professori devono però essere reperibili! Già, perché gli altri lavoratori no… Alla proposta di stare a scuola per almeno due ore nel pomeriggio, pagati, per aiutare i ragazzi sia nell’apprendimento che negli stessi compiti, c’è stata l’ennesima levata di scudi; qualche maligno ha sogghignato che così diminuirebbe drasticamente quell’immenso mercato nero delle ripetizioni… Che cattiveria! Rispondiamo domani con uno sciopero generale dei mezzi! Dopodomani sciopererà l’altra metà… “Il calcio irriformabile? Se è solo il calcio io ci metto la firma! E’ l’Italia che è irriformabile!!!” Oliviero Beha u A questo punto, quale sarà l’ausiliare per i tempi composti? La norma è precisa: l’ausiliare che il verbo protagonista avrebbe, se non fosse accompagnato dal servile. Ad esempio: Venire > sono venuto > non sono potuto venire Parlare > ho parlato > ho potuto parlare con lui Andare > è andato > è voluto andare anche lui Diverso è il caso del servile con i verbi pronominali, del tipo, ad esempio, ricredersi, appisolarsi, indignarsi, ecc… In tali casi: •se la particella pronominale precede il servile, è d’obbligo usare: Mi sono dovuto ricredere; •se invece la particella fa corpo con il verbo, l’ausiliare è avere Ho dovuto ricredermi u la scuola novembre 2008 Insegnante unico grazie di cuore e addio! T ra le amenità proposte nel pacchetto scuola della ministra Gelmini, la più esilarante, a mio parere, è senza dubbio quella riguardante la riesumazione della figura dell’insegnante unico. Sia ben chiaro, personalmente non ho nulla contro l’insegnante unico, il quale peraltro ha svolto, in epoche storiche difficili, un compito molto delicato, cioè quello di contribuire, in qualche misura, alla costruzione di una coscienza nazionale unitaria, dando vita ad un sistema scolastico nazionale valido per tutti i giovani, dal Piemonte alla Sicilia; un compito oltremodo difficile, dal momento che si trattava di vincere le resistenze localistiche regionali e il sospetto che regioni culturalmente più evolute potessero colonizzare i modelli educativi di regioni più arretrate dal punto di vista scolastico. Dunque onore all’insegnante unico, più volte artefice della rinascita della scuola elementare, all’indomani di eventi tragici che rischiavano di mettere a dura prova la nostra tradizione scolastica. Ma aldilà di queste considerazioni che giustificavano la presenza dell’insegnante unico nella scuola elementare, c’è da riflettere anche sul fatto che le cose nel tempo, come è giusto che sia, sono cambiate profondamente e le ragioni di tali cambiamenti possiamo sintetizzare così: innanzi tutto è cambiato l’approccio alle discipline. Se all’insegnante unico, infatti, veniva richiesto solo di svolgere attività relative al “leggere, scrivere e far di conto”, era giustificato pensare che il suo lavoro tutto sommato non era così gravoso e pertanto poteva tranquillamente farcela senza l’aiuto di altri insegnanti. Bastava avviare gli alunni alla lettura e alla scrittura di un testo, alle prime attività di analisi grammaticale, allo svolgimento corretto delle quattro operazioni aritmetiche e alla conoscenza di semplici nozioni storico-geografiche e, tutto sommato, il grosso del lavoro era fatto. Poi però piano piano le cose sono cambiate, poiché la ricerca didattica progrediva, mettendo in luce la necessità di impegnare gli alunni nella acquisizione di quei prerequisiti cognitivi che facevano da supporto alle strutture di ciascuna disciplina. Detto in parole semplici, non bastava saper svolgere, per esempio una operazione aritmetica, ma era necessario conoscere la logica che stava alla base di tale operazione; non bastava più scrivere correttamente un testo, ma occorreva conoscere le diverse tipologie di testo e i diversi modi con cui tali testi dovevano essere affrontati. L’insegnante unico si rendeva conto sempre di più che insegnare come aveva sempre fatto significava camminare sulle discipline con gli scarponi da montagna. Si cominciava allora a capire che bisognava rinnovare profondamente di Gino Trabucco il proprio bagaglio professionale e si prendeva coscienza del fatto che un solo maestro non poteva più sostenere il peso di tutte le discipline. Iniziò l’epoca dell’aggiornamento forzato, un processo che non deve assolutamente essere interrotto, se si vuole che il modello della scuola elementare resti ai vertici dei modelli scolastici mondiali. Alla esigenza di rinnovare la propria preparazione culturale didattica si aggiungeva ovviamente la necessità di predisporre, all’inizio di ogni anno scolastico, una adeguata programmazione didattica che, detto sinteticamente, per ogni disciplina doveva descrivere una serie di finalità educative e di obiettivi cognitivi, che costituivano la base da cui partire per stimolare la crescita dell’alunno sia dal punto di vista educativo che dal punto di vista cognitivo. E oltre a tutto questo era necessario individuare periodicamente serie di verifiche per accertare il reale raggiungimento degli obiettivi da parte degli alunni e darne successivamente una chiara comunicazione ai genitori. E non bisogna dimenticare il fatto che una corretta stesura della programmazione richiedeva la conoscenza della psicologia dell’età evolutiva, disciplina da tenere sempre presente tutte le volte che si avviava una nuova unità di lavoro, così da rendere coerente l’azione didattica con le capacità di apprendimento degli alunni. Tutto questo per tirare quest’unica conclusione: l’insegnate unico, in una scuola proiettata verso il futuro, è una figura ormai sbiadita, inadatta a svolgere il ruolo che la società gli richiede. Troppi sarebbero i compiti da svolgere e troppe le attenzioni da riservare a ogni singolo alunno. E questo significherebbe riportare la scuola elementare a una didattica fatta di improvvisazione e a una cultura fatta di nozionismo. E per favore, non “cazzeggiamo” più con la solita solfa dell’insegnante unico come insostituibile punto di riferimento per la crescita psicofisica dei ragazzi. Personalmente sono convinto esattamente del contrario: più insegnati rappresentano una garanzia anche sotto questo aspetto, la garanzia di offrire agli alunni più possibilità di capire, più modelli con cui confrontarsi e identificarsi. u pag 11 pag 12 lettere dai Caraibi novembre 2008 El Bloqueo Q uesto è il nome cubano dell’embargo, termine che indica un blocco economico, commerciale e finanziario che (quasi sempre e solo) gli Stati Uniti d’America lanciano contro questo o quel paese che non si attiene a regole che gli statunitensi reputano (evidentemente) universali. Ma così non è: le culture, le civiltà (o presunte tali) non si esportano con imposizioni che generano conflitti che nei casi peggiori arrivano ad essere armati. Ricordo l’embargo nei confronti della Libia di Gheddafi o quello all’Iraq all’indomani della prima guerra del golfo che, lungi dall’essere riportato sulla stampa nazionale nei paesi occidentali, ha provocato decine di migliaia di morti soprattutto nelle fasce più deboli della società irachena (anziani e bambini). Poi è andata come è andata: si sono dovute inventare delle scuse per attaccare ancora una volta militarmente il paese del dittatore Hussein per poi deporlo ed instaurare un governo che garantisse il vivere civile. Si, domani! A Cuba invece sono sotto embargo dal 1962, anche se le prime scintille tra il gigante americano e l’isola caraibica iniziarono subito dopo la presa del potere di Castro e dei suoi barbudos. Vorrei ribadire, come già ho fatto nel numero precedente, che l’embargo è unilaterale cioè gli Usa lo impongono a Cuba. Man mano che gli americani si resero conto che la rivoluzione poteva, come di fatto fu, intaccare gli interessi economici sull’isola iniziarono le prime rappresaglie. C’è da dire in effetti che, come spesso accade, la responsabilità non ricade tutta su una delle due parti poiché di fatto le riforme messe in atto a Cuba danneggiarono fortemente aziende americane considerate strategiche ma se rivoluzione ci fu, evidentemente più di qualcosa sull’isola andava cambiato e questo riguardava spesso la massiccia presenza americana. Non vorrei assillare elencando i vari steps che hanno portato alla situazione attuale ma solo sottolineare come anche recentemente durante i due mandati del Presidente Bush figlio, che secondo qualcuno rimarrà nella storia (secondo me tragica) degli Usa, l’embargo è stato pesantemente indurito asfissiando ancora di più i derelitti ed asfittici canali d’ossigeno cubani. Da quest’altra parte poi non si è fatto mai nulla per ammorbidire il potente vicino, anzi si è preferito usare talvolta anche la politica di una sfida provocatoria facendo “ingallettare” ancora di più i supereroi di Washington. Ma questo bloqueo è visto bene dalla comunità internazionale o c’è già chi lo considera, ingiusto, inumano, anacronistico, ridicolo o una scusa che serve ai Castro per mantenere uno stato di cose che fa di Cuba un paese unico al mondo sotto molti aspetti? Il Vaticano sia sotto il pontificato di Wojtyla che in quest’ultimo lo ha già deprecato e non perde occasione di farlo ogni volta Cuba si trovi in condizioni di particolare difficoltà economica (vedi il passaggio degli ultimi due uragani). L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ogni anno vota una risoluzione che ha come titolo “Necessità di mettere fine all’em- di Francesco Pellecchia [email protected] bargo economico, finanziario e commerciale degli Stati Uniti contro Cuba”. Bene, dei 192 paesi membri il 28 ottobre scorso hanno votato a favore del bloqueo naturalmente gli Usa, Israele (giusto per ribadire che all’Onu il voto è libero!!) e le Isole Marshall (????) arcipelago che di fatto è un protettorato americano. Tutto il resto del pianeta, ma proprio tutto, persino la berlusconiana Italia e la Gran Bretagna hanno votato contro il bloqueo. Voto che da anni non viene preso in minima considerazione dagli americani, nemmeno quando Cuba ha chiesto di affievolire l’embargo anche solo momentaneamente per poter comprare negli Usa materiali da costruzione urgentissimi per i senza tetto degli uragani Gustav e Ike. Nada, non se ne parla neanche. E così oggi 4 novembre, giorno dell’elezione del presidente Obama qui a Cuba sperano ci sia la svolta, quella che tutto il mondo auspica ma che soprattutto 11 milioni e mezzo di cubani attende oramai da troppi anni. Hasta la proxima. u redazionale pag 13 novembre 2008 generale Sergio Silvestrini ha chiesto al Governo un miliardo di euro per i fondi garanzia dei Confidi utilizzando risorse del fondo centrale di garanzia, oppure le risorse delle revoche provenienti dalla legge 488. Siamo assolutamente d’accordo con questa posizione”. In questa situazione come si è comportata la Regione Abruzzo? “Come Cna dobbiamo comunque rilevare, anche per ragioni di onestà intellettuale, che l’attuale Giunta Regionale ha dato al mondo imprenditoriale della nostra regione il doppio delle risorse rispetto al 2007 per: l’Industria, il Commercio e l’Artigianato, per i Confidi, per le aree produttive, per la bottega scuola”. Cosa chiedete al prossimo governo regionale? “Alla Regione, alla Politica, ai nuovi eletti dopo le elezioni Regionali del 30 Novembre chiediamo un atto di coraggio: ridurre i costi della politica, tagliare i costi della sanità e più risorse per le Imprese. Come abbiamo avuto modo di dire in altre nostre esternazioni: il sistema sanitario abruzzese è diventato nel tempo “una gigantesca idrovora che succhia danaro dalle casse loriano Lanciotti della Cna, regionali senza soluzioni di continuità, e con le “distorsioni a nella sua intervista a Teramani tutti note”. E’ davvero ora di cambiare e la Cna ha iniziato per lancia un Appello alle banche prima a compiere passi per supportare le imprese in un locali: “Aiutate le Imprese del TerritoIMPRESAi primi & ECONOMIA momento di grande crisi”. servizi rio – dice -; non ostacolate l’accesso ai E come? crediti. “Oltre ai finanziamenti ormai consolidati per le imprese, fino Lanciotti, non è un bel momento quello ad un massimo di 1.000.000 euro per tutte le tipologie imprentra le piccole e medie imprese e le banditoriali (capannoni, attrezzature, scorte, crediti d’esercizio), che locali. Che ne pensa a riguardo? SERVIZI FISCALI E TRIBUTARI abbiamo predisposto i nostri Confidi e cooperative “Come tutti sanno, il credito rappresenta La CNA svolge assistenza fiscale, tributaria e consulenza delcon lavoro alle aziende associate, in particolare si nuovi occupa di: Iscrizioni alla Camera di Commercio • Iscrizione ad Albi speciali (impiantisti, autoriparatori, acconciatori, estetiste) • pacchetti creditizi, che consentiranno agli artigiani, ai commerinfatti uno dei principali problemi che le Autorizzazioni comunali e pubblica sicurezza • Apertura Partita IVA • Iscrizione all’lNPS ed all’INAIL • Normativa cianti ed alle Pmi di avere finanziamenti in pochissimi giorni aziende di minori dimensioni si trovaambientale e qualità. per liquidità aziendale”. no quotidianamente ad affrontare per FORMAZIONE Nello specifico? soddisfare il proprio fabbisogno finanziario. Come Cna, stiamo La CNA organizza corsi di formazione per Responsabile Sicurezza (Dlgs. 626/94), Pronto concedibili Soccorso Aziendale, Antincen“Per artigiani e commercianti gli importi sono di registrando maggiori e crescenti difficoltà per le Pmi ad accedere dio e tanti altri ancora per l’artigianato, il commercio e le PMI. 15mila euro con contributo a fondo perduto pari al 10% dell’imal credito bancario. Gli ultimi preoccupanti dati, hanno rilevato porto richiesto. Per le Pmi, l’importo concedibile è invece di CAFdi- CNA diminuzioni molto elevate nell’accoglimento di nuove domande 25miladeieuro con a fondo perduto pari alscegli 2% CAF/CNA. dell’imQuando è tempo di dichiarazione redditi, vai contributo sul sicuro e scegli la competenza dei migliori: finanziamento e per ottenere l’accesso ad alcune di esse, abbiaTroverai un’assistenza fiscale professionale e precisa per la compilazione del 730 nei tempi e nei modi giusti. Punto di porto richiesto. Per la promozione di nuove imprese abbiamo mo dovuto elevare le nostre garanzie al 70-80 e a volte al 90riferimento %”. certo per i pensionati, i dipendenti e per tutta la famiglia. Modello730, ISE-ISEE, RED, ICI... se un’assistenza completa e affidati a chi se ne deciso dicerchi riproporre “Cna Creae qualificata,vai Impresa”,sulinsicuro pratica € 70.000 Eppure non è colpa loro. O sbaglio? intende: i consulenti CAF/CNA sono a tua disposizione nelle 1000 sedi CNA sul territorio Italiano. con contributo in conto interessi per artigiani con restituzione “No, non sbaglia. Infatti intendo ricordare a gran voce che non in 60 mesi; € 100.000 con contributo in conto interessi per Pmi, sono state le piccole imprese a contribuire alla bufera finanziaPENSIONI artigiani e commercianti con restituzione in 60 mesi; Garanzie ria che ha messo in ginocchio alcune tra le più potenti banche PATRONATO EPASA: Previdenza, assistenza, sanità SE CERCHI O CONSULENZA RIVOLGITI IL PATRONATO finoASSISTENZA, all’80%; e TUTELA tutoraggio gratuito per la faseAdiNOI. start up”. u d’affari del mondo. Eppure siamo noi che rischiamo di pagare il INFORMAZIONI, EPASA HA LA RISPOSTA GIUSTA. prezzo più alto di questa crisi, non le banche, che La previdenza obbligatoria: le pensioni per gli artigiani, i commercianti e le PMI. fino a ieri proponevano titoli ad altissimo rischio FINANZIAMENTI come investimenti sicuri. Attualmente si stanno 1.000.000 EURO PER LA TUA IMPRESA chiudendo i rubinetti del credito alle imprese, o Soluzioni semplici di accesso al credito meglio si fa credito solamente a chi i soldi li ha FINANZIAMENTI PER ARTIGIANI • Gli importi: Euro 90.000 per ogni singola impresa / Euro 140.000 per i Congià, potendo offrire adeguate garanzie”. sorzi Artigiani. Fondo antiusura per Imprese svantaggiate. Tipologia investimenti: Acquisto attrezzature e scorte; Crediti d’esercizio. Durata: fino a 84mesi. Qual è l’appello della Cna? FINANZIAMENTI PER ARTIGIANI E PICCOLE INDUSTRIE • Gli importi: Euro 360.000 restituzione in 10 anni; “Come Cna lanciamo un appello alle banche, Settori di intervento: Credito ordinario; Apertura di credito in C/C con castelletto; S.B.F.; Anticipi su fatture; Mutui Artisoprattutto a quelle locali, affinché siano vicine giancassa. Controlli sul suo estratto conto e se le condizioni bancarie applicate non la soddisfano venga nei nostri uffici e troverà condizioni vantaggiosissime per operazioni di scoperto di c/c, salvo buon fine, Anticipo fatture ed Anticipazioni al mondo delle Pmi. Questo è un momento duro semplici. per tutti, e le banche devono fare la propria parte FINANZIAMENTI PER COMMERCIO E TURISMO • Gli importi: Euro 250.000 dimostrando meno rigidità nel concedere finanziaBeneficiari: Commercianti; Pubblici esercizi; Agenti di commercio. Investimenti: Acquisto attrezzature e scorte; Credito d’esercizio; Scoperto di c/c; SBF; Durata: 36, 48, 60 mesi. menti, più tolleranza ed elasticità con le imprese ARTIGIANCASSA • Gli importi: Euro 260.000 per l’oggetto di cui ai successivi punti A e B; Fino a Euro 87.000 per che vivono un momento di difficoltà. In caso conl’oggetto di cui al successivo punto C. trario, avremo solo macerie e ci rimetteremo tutti. Beneficiari: Le imprese artigiane; i consorzi artigiani. Bene ha fatto la Cna nazionale. Il nostro Segretario G I SERVIZI DELLA CNA DI TERAMO PER L’ARTIGIANATO, IL COMMERCIO E LE PMI INFO TERAMO: 0861.23941 - www.cnateramo.com E-mail: [email protected] - [email protected] Sedi di zona: pag 14 Manifesti e slogan…ordinari di Maria Grazia Frattaruolo novembre 2008 Gli effetti collaterali di una elezione meglio i writer che i santini D da Cina maoista o da qualche repubblica democratica ante muro. Gianni Chiodi del Pdl (foto 1) ha un sorriso innaturale, mai visto con quel ghigno così intermedio, da allegria contenuta. È un po’ paraculo quando nello slogan, disposto sul testo come in una copertina di un libro di successo, s’ingrazia fin troppo i teramani (“Gianni Chiodi ringrazia….grazie per questo…ecc.”). Troppi grazie…S.Antò. Colori azzeccati oro-bordeaux invece per Angelo Sperandio del Pd (foto 2), anche se sa di basso impero. Pessimo lo slogan “Per un Abruzzo migliore”, che ricorda quello degli Aiardi e dei Natali, datati per una regione che aveva 1 2 3 11 12 13 ue anni di carcere per i writer che imbrattano le mura della città, mentre per chi tappezza il centro di pessimi manifesti elettorali niente, al massimo il velato disprezzo del cittadino, il solito borbottio pre votazione, o uno scherno verso colui che poi si voterà. Un manifesto impostato male – dicono gli esperti – può produrre più danni che benefici al candidato. La metafora di Oliviero Toscani sull’argomento, verso la puntuale galleria di politici affissi al muro, è tagliente: “Un grande cestino della biancheria da lavare e uno dice mamma mia, non ho una camicia. Allora va nel cestino della biancheria da lavare 9 10 e tira fuori tra tutte le camicie sporche quella meno sporca. Quindi non c’è veramente una camicia nuova da mettere”. “Il fatto – racconta Salvo Scibilia, docente di Teoria e tecniche dei mezzi di comunicazione - è che la gente ha una visione stupidamente taumaturgica della propria immagine. Si pensa che siccome si è visibili, allora chissà cosa dovrebbe succedere. In realtà non succede proprio nulla, la faccia non aggiunge niente, anzi peggiora le cose”. I nostri politici teramani sono bene o male tutti riconoscibili ma nella loro galleria elettorale le pecche sono tante: cromie azzardate, grafie logorroiche, slogan bisogno di autostrade (come oggi, d’altronde). Fumettistico quello di Massimo Vitelli del Pdl (foto 3), con le tre dita che gli reggono la testa (inclinata) in uno sforzo di meta pensiero aristotelico, con cromie che fanno a cazzotti e con occhiali da scena alla Elton John. Il manifesto di Augusto Di Stanislao dell’Idv (foto 4) ha più l’aria di una presentazione Word o Adobe Photoshop, il monito (“l’Abruzzo dei cittadini non si fermerà”) è più da quatorze juillet che da semplice elezione regionale. Un faccione fin troppo invasivo per Lanfranco Venturoni del Pdl (foto 5), per una grafia elementare e con un adagio da homo pag novus della politica e un po’ troppo pretenzioso (“mi batto per ridare fiducia alla politica”). Però mai visto un Venturoni con un sorriso così conciliante, nemmeno quando gli parli bene della sua Team. Postura da Lilli Gruber dei tempi d’oro per “detto”…Dodo Di Sabatino dell’Udc (foto 6), in avanti e con la cravatta stile Marinella ciondolante: una volta a destra, l’altra a sinistra, come il suo partito. Lo slogan qualcosa di déjà vu a Teramo, anzi a “Te”. Giandonato Morra del Pdl (foto 7) con gli occhiali da antinfortunio sul poster, nel suo slogan duro e volenteroso, (“coerenza e passione”), rifà il verso a “La rabbia e l’orgoglio” della Fallaci. In tinta con l’azzurro del Pdl, abbozza una smorfia perplessa, figlia forse di un fotografo esigente o di un improvviso riemergere di un mutuo da estinguere. “Crederci insieme per costruire insieme” della Luisa Regimenti de La Destra (foto 8) appare più come uno slogan da Ance, i costrut- la parola “democratico” e ha i particolari meno curati degli azzurri, vedi cravatta sgualcita. Cecè D’Alessandro (foto 11) ha più l’aria di un commissario tecnico della nazionale di calcio o di un testimone di nozze giunto alla portata della carne che di un candidato. Manifesto realizzato con i caratteri di Word: genuino. Paolo Basilico dell’Udc (foto 12) è il più didascalico (“fai una croce del simbolo e scrivi Basilico”), stop. Michele Di Paolantonio del Pd (foto 13) terrorizza: con il camice bianco sullo sfondo del Gran Sasso riporta alla mente una catastrofe nucleare. Sarà pure per il laboratorio di fisica nucleare nel ventre del gigante addormentato. Il manifesto elettorale di Peppino Di Luca del Pd (foto 14) invita col suo slogan (“non voltare faccia, volta pagina”) a passare oltre, e precisamente a Rodolfo De Laurentiis dell’Udc (foto 15): braccia conserte, ha l’aria del primo del college. Ha preso in prestito lo slogan (“Trasparenza, meritocrazia, 15 4 5 6 7 8 14 15 16 17 18 tori teramani, che un suggerimento rivolto agli elettori: la grafia è da convegnistica. Per contro l’immagine della candidata è l’unica graziosa in una galleria colma di testosteroni. Peccato sembri della nipote. L’”Insieme tutto diventa possibile”, il gingle di Paolo Gatti del Pdl (foto 9) ricalca quello famoso della Nike: “Impossible is nothing”. Sportivo. “Cambia l’Abruzzo, cambia generazione”. Sinceramente, mai visti tanti denti in Gatti, visto che è spesso meditabondo. Solito celeste d’ordinanza finché Berlusconi non morrà. Impressionante invece la lunghezza del blazer di Claudio Ruffini del Pd (foto 10): è l’unico ad usare efficienza”) dall’Idv. Bruno Sabatini (foto 16) ha il sorriso largo di una vittoria del Gliulianova…ai tempi supplementari. E dai dipietristi giunge Costantini (foto 17): nel manifesto mezzo Rutelli, mezzo Ridge, abbronzato più di Obama, con lo slogan di un’associazione di consumatori. Duro e puro Filippo Torretta di Rc (foto 18): in una furia iconoclasta annulla la sua immagine per servire il partito (una grande falce e martello sullo sfondo). È l’unico a ricordare le due date dell’appuntamento elettorale: 30 novembre e 1 dicembre. Utile alle masse. Se così nel frattempo sarà stato deciso. u MESSAGGIO ELETTORALE 1UANDOPENSOALL!BRUZZOPENSOINNANZITUTTOAGLIABRUZZESI 6OGLIOCAPIRECHISONONELLINTIMOGLIABRUZZESIPERCOMPREN DEREINQUALEDIREZIONEL!BRUZZOPOTRËCRESCERE 6OGLIORIPARTIREDAQUESTODALCARATTEREDELMIOTERRITORIODAL LE SUE MONTAGNE DALLE SUE COSTE DALLE SUE PERSONE DALLE SUE VOCAZIONI DALLA SUA STORIA DALLA SUA FORZA E PERSINO DALLE SUE DEBOLEZZE 6OGLIORIPARTIREDAIRAGAZZICHESTUDIANODALLAGENTECHELAVORA DALLEFABBRICHECHENONDORMONOMAIDAICAMPICHEDANNOI LOROFRUTTIDAUNOSGUARDOANTICOCHEÒPIENODICURIOSITËPERIL FUTURO %DAIVALORIDEGLIANZIANIDALLEPROSPETTIVEDEIPIáGIOVANIDAL LERISPOSTESEMPLICIONESTEEPERSONALICHEILNOSTRO!BRUZZO PUÛDAREALLESlDEGLOBALICHEVOGLIORIPARTIRE .ESSUNACRISIARRIVAPERCASOhCRISIvSIGNIlCAhCAMBIAMENTOv MANONSIPUÛCAMBIAREINMEGLIOSENONSIGUARDACONUMILTËA QUELLOCHESIÒSTATISENONSICOSTRUISCEINSIEMECONPAZIENZAE CONPASSIONELASOLIDA2EGIONECHEVOGLIAMODIVENTARE Mandatario Elettorale: Andrea Lucchese (OSCELTODUEPAROLEQUELVALORECHEÒINTRINSECOADOGNICOSA ECHEPERQUESTONONPUÛTRASFORMARSIINSLOGANEQUELLIMPE GNOCHENONÒUNAPROMESSAMALACERTEZZADIUNMODO DIESSERE 3OSTENGOILVALOREDELLIMPEGNOLAFERMA VOLONTËDILAVORAREPERILNOSTRO!BRUZZO EDISOTTOLINEARECONRINNOVATOSLANCIO LAPROFONDADIGNITËDELSUOCARATTERE pag 18 coldiretti informa Speculazioni, il vero male dell’economia più territorio sugli scaffali L’ impegno che stiamo mettendo in questi mesi nel denunciare l’aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari è legata alla necessità di evidenziare un inaccettabile squilibrio tra prezzi all’origine e prezzi al consumo. Alle speculazioni sono da attribuire le oscillazioni dei prezzi dei prodotti agricoli a livello internazionale. In effetti, la repentina diminuzione dei prezzi a cui stiamo assistendo in questi mesi, dopo gli aumenti dello scorso anno, dà proprio l’idea che stiamo dentro una grande bolla speculativa di difficile gestione. Le quotazioni del grano dall’inizio dell’anno sono dimezzate mentre la pasta di semola di grano duro è tra gli alimentari quella che novembre 2008 di Nicola Lucci direttore Coldiretti Teramo addirittura ha subito i maggiori incrementi. Si stima che, per effetto dei rincari, gli italiani spenderanno solo per l’acquisto di pane, pasta e derivati dei cereali 3,4 miliardi in più’ nel 2008, per un valore di circa 140 euro per famiglia. La pasta non accenna infatti a diminuire e ha raggiunto valori medi di 1,5 euro al chilo, secondo il servizio consumatori del Ministero delle Politiche Agricole, nonostante il fatto che il grano duro sia oggi attorno ai 0,22 euro al chilo. All’inizio dell’anno la pasta era a 1,4 euro al chilo mentre il grano a 0,48 euro al chilo e si è dunque verificato un progressivo ed ingiustificato allargamento della forbice dei prezzi tra produzione e consumo. Una situazione drammatica nelle campagne per il forte aumento dei costi di produzione, del 56 % per i concimi necessari per fertilizzare il terreno, che sta mettendo in difficoltà gli agricoltori italiani e il futuro delle coltivazioni Made in Italy con l’aumento della dipendenza dall’estero. Il danno generato da questa situazione per il mondo agricolo è duplice: da una parte un calo dei consumi che riduce le potenzialità produttive delle nostre imprese, dall’altro una remunerazione del prodotto agricolo che, in tanti casi, non copre i costi vivi di produzione, anch’essi peraltro in costante e non controllata crescita. Non è dunque sterile polemica, la nostra, tanto meno voglia di trovare un colpevole a tutti i costi. Occorre fare emergere chiaramente che le parole di reciproco ammiccamento tra gli attori della filiera ieri come oggi hanno prodotto solo danni per i produttori e per i consumatori e che è giunto il momento di proporre qualcosa di nuovo nell’interesse di tutti. E, visto che, come sempre, è a noi che tocca proporre, ecco la strada: occorre più concorrenza tra sistemi distributivi e più concorrenza tra prodotti. Iniziamo a far valere anche quello che, in maniera distintiva ed esclusiva, è in mano ai produttori agricoli: il territorio, per affiancare, nel sistema distributivo tradizionale, al prodotto “a marca commerciale” un prodotto “a marca territoriale”. Ma anche per dare forma, dove possibile, ad una filiera corta più composta, in concorrenza con la “filiera lunga”. u L’AZIENDA E LA SUA MISSION La Julia Servizi Più è una società, con capitale pubblico, specializzata nella fornitura di gas metano ad uso civile e industriale, con 10.000 clienti già serviti e 14 milioni di metri cubi annui erogati nella provincia di Teramo. La società è nata nel 2004, a seguito della liberalizzazione del mercato del gas naturale, disposta dal Decreto Legislativo 23 maggio 2000 n. 164. L’obiettivo primario della Julia Servizi Più è rispondere alle esigenze di gas metano nel territorio, garantendo un servizio efficiente e qualificato a costi convenienti. Si tratta di una società di proprietà del Comune di Giulianova che svolge, in collaborazione con l’amministrazione comunale, anche un importante ruolo in ambito sociale, attraverso una serie di agevolazioni agli utenti che vivono in condizioni economicamente disagiate. L’attività di Julia Servizi Più si basa su: • rapporto diretto con la clientela; • sconti tariffari sul costo del gas; • fatturazione mensile o bimestrale; • fatturazione costante dei consumi con conguaglio di fine anno; • rateizzazione dei pagamenti; • pagamento tramite domiciliazione bancaria o postale; • pagamento tramite sportelli provinciali della SOGET Spa senza costi aggiuntivi, e altre soluzioni personalizzate per favorire e agevolare le famiglie e le imprese clienti. JULIA SERVIZI PIÙ ARRIVA A TERAMO Con lo stesso spirito e i medesimi obiettivi aziendali e sociali, Julia Servizi Più si affaccia sul mercato della città di Teramo, proponendo le proprie offerte commerciali a privati, imprese ed enti, con servizi innovativi e personalizzati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti. L’offerta di Julia Servizi Più agli utenti di Teramo porterà RISPARMIO e QUALITÀ nei servizi; sarà sempre possibile il contatto diretto con il personale dell’azienda, nonchè concordare tempi e modalità di pagamento delle bollette, per rispondere al meglio alle esigenze di ognuno. I clienti di Julia Servizi Più hanno a disposizione un sito internet per ricevere informazioni specifiche, richiedere un appuntamento o contattare l’azienda, proporre variazioni al contratto o alla gestione dell’utenza, richiedere ulteriori preventivi, segnalare inefficienze o proporre iniziative utili al miglioramento del servizio, ecc. Ciò nell’ottica del CONTATTO DIRETTO e quotidiano tra l’azienda di erogazione e l’utente. Per essere CLIENTI di Julia Servizi Più è sufficiente sottoscrivere un contratto, senza apportare alcuna modifica al proprio impianto in casa o in azienda. L’erogazione del gas metano continuerà come sempre, ma avverrà a opera di un altro fornitore, Julia Servizi Più, con un significativo risparmio e migliori servizi. Julia Servizi Più Corso Garibaldi, 65 - 64021 Giulianova (Teramo) Tel. 085 8001111 - 085 8007651 • Fax 085 8025783 [email protected] www.juliaservizi.it pag 20 dura lex sed lex a cura di novembre 2008 No Money, no Car “N ello scorso mese di settembre ho portato la mia vettura presso una carrozzeria per ripararla da un piccolo danno alla fiancata. Il carrozziere mi aveva assicurato, verbalmente, che il costo della riparazione si sarebbe aggirato intorno ai 300-400 €. Al momento del ritiro, in realtà, il costo è risultato superiore di circa 150 € rispetto al massimo preventivato. Ne è seguita una accesa discussione tra me e il carrozziere, durante la quale quest’ultimo mi ha minacciato di non restituirmi la vettura se non avessi pagato il conto. Sono rimasto piuttosto sconcertato da tale forma di ricatto verso i miei confronti. Tuttavia, avendo bisogno della vettura, ho preferito pagare. A questo punto vi domando se il carrozziere, negandomi la restituzione del veicolo, non abbia per caso commesso un qualche reato, magari a responsabilità limitata?” La questione narrata dal lettore concerne il cosiddetto diritto di ritenzione che, pur non essendo previsto come istituto autonomo nel codice civile, è espressamente richiamato da alcune norme sparse la cui applicabilità è da ritenersi tassativa in forza del principio secondo cui la tutela giurisdizionale dei diritti è affidata alla autorità giudiziaria, e le misure di autotutela dei privati (nel cui ambito è da ricollocarsi appunto il diritto di ritenzione) hanno carattere eccezionale. Amilcare Laurìa ed Elvio Fortuna avvocati associati In tale ordine di idee, comportamenti che potrebbero rivestire sostanza di reato, diventano, in forza del diritto di ritenzione, del tutto leciti. Il caso che ci occupa può essere regolato dall’art. 2756 del codice civile, ai sensi del quale i crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione e miglioramento dei beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Dunque, il carrozziere che ha eseguito le riparazioni in favore del lettore, in forza di un privilegio accordato a tutela del proprio credito di lavoro, aveva effettivamente il diritto di ritenere presso di sé l’autovettura riparata con la ulteriore conseguenza, nell’ipotesi di mancato adempimento di pagare il prezzo delle riparazioni da parte del proprietario, di procedere alla vendita del bene riparato ai sensi dell’art. 1515 del codice civile. Tale diritto di ritenzione, per costante giurisprudenza, è applicabile anche a tutela delle spese compiute per i beni mobili registrati, nel cui ambito rientrano le autovettura, e addirittura anche nei confronti del proprietario della cosa quando questi sia persona diversa dal committente obbligato (Cass. 5 aprile 1993 n. 4061). Come sopra precisato tale diritto ha natura eccezionale e non è invocabile, per espressa previsione dell’art. 2235 del codice civile, dal professionista a tutela del proprio credito per gli onorari. Ad esempio l’avvocato, cui è stato revocata la procura, non può condizionare la restituzione dei documenti al cliente al previo pagamento del proprio compenso professionale per l’opera svolta sino a quel momento. Tornando al quesito proposto, si può rispondere che il carrozziere- creditore aveva il pieno diritto di ritenere la vettura presso di sé; e il lettore, pur permanendo qualche dubbio sulla vicenda in merito al fatto che il costo della riparazione è risultato eccedente a quello concordato, ha fatto bene a pagare. u il fumetto di Teramani soggetto, testo e disegni di Mimmo Polovineo 12 13 il seguito al prossimo numero pag 24 in giro novembre 2008 Castellalto l’antica Castrum Veteris, il borgo della memoria C astrum Veteris Trasmundi non è solo un nome dal suono antico che rimanda ad echi lontani: è un viaggio alla ricerca del tempo perduto. Un itinerario dai contorni a volte sfumati. Eppure in questo caso ben definiti sul piano geografico. Dal belvedere la vista si apre, infatti, sull’immensa pianura solcata dal fiume Tordino, spaziando dal Gran Sasso all’Adriatico, in un incredibile reportage visivo dell’amena provincia teramana Arrivo a Castellalto, in una giornata smagliante d’ottobre, con il sole che scolpisce in lontananza le montagne. Il borgo antico è immerso in un silenzio quasi sacrale. L’abitato rustico e compatto, scolpito su di un costone roccioso come minuta opera d’arte, conserva sprazzi della sua antica struttura architettonica. Ricordo che, qualche anno, fa il professor Valerio Casadio dell’università di Roma, autentica enciclopedia vivente del paese, mi parlò delle origini, raccontandomi storie affascinanti di feudatari che cinsero il borgo di fortificazioni. Parlò di un ritrovamento eccezionale, un “bronzetto italico” di Ercole rivestito di pelle di leone, fattura ellenistica databile III, II secolo a.C. Nei suoi racconti, lo storico citò vecchie case nel cui interno esisterebbero dei depositi-magazzini sotterranei, con delle capaci cisterne che un tempo raccoglievano l’acqua piovana di Sergio Scacchia www.pensieriteramani.splinder.com da utilizzare per gli usi quotidiani. Castellalto, ancora oggi rende l’idea, osservando i resti dei bastioni perimetrali di difesa e il severo portale d’accesso, di quale incredibile baluardo dovesse essere per i suoi pendii a picco che rendevano quasi impossibile entrarvi. L’anima dei Castellaltesi è rimasta intatta nei secoli. Un tempo era abitato da vecchi proprietari terrieri, pochi contadini, una manciata di valenti artigiani, sarti e calzolai che passavano di casa in casa, rimettendo in sesto il guardaroba di chi poteva permetterselo, ricevendo pagamenti in natura. Oggi il vecchio e il nuovo convivono, anche se a fatica, in una complessa e armonica struttura, con edifici addossati l’uno all’altro senza soluzione di continuità, comunicanti tra loro con loggiati e androni, cunicoli e corti interne, retaggio evidente di un passato più importante della realtà odierna. Il borgo è ricco di particolari caratteristici, reperti architettonici di una certa importanza e suggestive testimonianze lungo i suoi viottoli silenziosi. L’antica casa del Barone Patrizi, dimora degli Acquaviva, ne è un esempio. Molti decori di nicchie e foglie di acanto sono scomparsi, ma il palazzo mostra ancora un passato glorioso. Nei primi anni del 900 il ricco signorotto possedeva gran parte del paese. Poi per alterne vicende cadde in disgrazia, povero, accudito prima della morte dal suo “fattore”. Nella piazzetta del vecchio municipio i ragazzi vocianti stanno tirando calci ad un pallone. Uno di essi, il più sveglio, occhi vivaci e gesti da personaggio dei fumetti, mostra orgoglioso un piccolo sottoscala. Ai lati ci sono delle minuscole feritoie per aria e luce. Qui un tempo, racconta il ragazzo che da grande farà sicuramente la guida turistica, venivano rinchiusi i bambini restii allo studio. E’ piccino il paese, circa duemila famiglie, minime prospettive di lavoro. Molti sono emigrati verso il vicino Eden industriale di Castelnuovo Vomano, creando, in una zona negli anni 50, costituita da case coloniche e masserie dei Cerulli Irelli e Guerrieri Marcozzi, un centro moderno di oltre quattromila anime, nato dalla fusione di vecchi agglomerati come Villa Gobbi, Villa S. Cipriano e Villa Parente. Erano proprietà, un tempo, di famiglie agiate. Castellalto è legato in una sorta di osmosi anche con lo splendido borgo medioevale di Castelbasso. Non è solo la sede comunale, è un autentica impollinazione imprenditoriale che trova compimento nelle fabbriche della vallata del Vomano. I paesani qui sono diffidenti fin quando non capiscono che hanno davanti un tipo semplice e acquistano fiducia nel loro interlocutore. pag “Lavora e taci”, questo motto che sembra uscito da qualche popoloso villaggio del nord est dell’Italia, calza a pennello per Castellalto. Il barista mesce, con discrezione, un buon bicchiere di trebbiano e lo accompagna con stuzzichini di prosciutto e pecorino. Un vecchio abitante con il quale ho preso confidenza, snocciola una teoria di numeri che parlano da soli. Le aziende agricole dei dintorni, mi dice, hanno le bestie contate. Poche mucche da latte, mancano tori per coprirle. Poche capre, pochi maiali. Un tempo da queste parti l’agricoltura e l’allevamento erano risorse insostituibili. Di colpo si copre il sole. Si alza un vento freddo. Varco il portale d’ingresso cinquecentesco della parrocchiale di San Giovanni. Lo stile barocco mi riempie gli occhi. Affreschi, statue, stucchi, fregi e capitelli. L’attuale chiesa è stata ampliata nel 1589. Precedentemente era una cappella sita nel mezzo delle mura di cinta che, partendo dall’arco di ingresso, cingevano tutto l’abitato. Secoli prima il luogo era adibito all’”otium” delle terme. Qui, stando ai ritrovamenti di antichi pavimenti e tubazioni, gli antichi Romani dedicavano una parte del loro tempo all’arte del vivere, alla cura di sé, lo spazio dell’anima e il piacere del corpo. All’interno numerosi inginocchiatoi, panche, un confessionale che dimostra l’usura del tempo. Una donna enorme, inginocchiata, pare svanire nel buio dell’unica navata. E’ in attesa di una sicura assoluzione dei suoi piccoli misfatti. La chiesa della Madonna degli Angeli del 1580, alle porte del paese, vicino a quello che resta di un caratteristico cimitero è suggestiva. Anni fa vennero trafugati dei teschi forse da studenti di medicina, secondo alcuni da gente dedita a riti di stregoneria. Un luogo speciale. Si dice che sia stato costruito in pochi giorni dal popolo, in omaggio alla Vergine che avrebbe salvaguardato il luogo dalla tremenda carestia che fece morire di fame migliaia di persone, soprattutto nelle campagne. Le gerarchie ecclesiastiche avrebbero sempre evitato di legittimare questo autentico miracolo. Ma in fondo chi se ne importa, dicono da queste parti. Il miracolo, la Madonna l’ha fatto davvero! Mi piacerebbe poter rendere meglio le meraviglie di un silenzio rotto qui e là dal pianto di un neonato o dalle note discrete di una radio accesa. u Messaggio elettorale - Mandatario elettorale NADIA PAOLETTI Mi batto per ridare fiducia alla politica alla Regione vota Lanfranco Venturoni per Gianni Chiodi presidente 25 pag 26 cinema le joli ’68 - 6 De Sade 1968 novembre 2008 La Justine klossowskiana di Jesus Franco A r idosso del ’68, il marchese De Sade, lo specchio scuro del ‘700 illuminista, doveva inevitabilmente far ritorno, come un nosferatu. Quell’anno è incastonato tra la versione ampliata (1967) di Sade mon prochain di Pierre Klossowski e la nuova, ultradiscussa edizione (1969) della Dialettica dell’illuminismo dei francofortesi Adorno e Horkheimer che, proprio all’Excursus II del testo, demitizzano Juliette, la donna-bestia (simbolo del vizio trionfante) del philosophe scélérat contrapposta alla candida sorella Juliette, la virtù svent(u)rata e punita. Ossia l’immaginario maschile sulla donna, classicamente scisso tre le idee entrambe succulente di femmina madonna e femmina puttana, idea fissa alla base pure dei miti religiosi (Gesù è compresso tra Maria e Maddalena) nonché del porno. O dei grandi film «per signore» matarazziani degli anni ’50, dove senza infingimenti s’illustra il concetto di sventura della virtù. Quei testi non risorgono però dal nulla. La liberalizzazione sessuale che il ’68 propugna, vede in Sade, al pari dei surrealisti anni ’20, un perfetto emblema dell’auspicato scatenamento libido-pulsionale rifrangente della rivoluzione. Lo scrittore è assunto come icona hippy-orgonica del corpo riappropriato che subito l’industria culturale, anche bassa, afferra, scatenandosi in Italia con un celebre porno-fumetto dalle tavole in bianco e nero sobrio e, a ’68 concluso, con il requiem disilluso di Pasolini, Salò (1975). Inoltre, il ‘700 e la Rivoluzione francese si rivelano immediatamente come paradigmi dei nuovi tumulti, incarnando alla perfezione ambiguità e rovesci della contestazione. Klossowski aveva messo in luce come il «discorso del perverso» (o del contestatore) non potesse sussistere privo dell’ausilio dell’ordine messo in dubbio, della ragione normativa, correndo costantemente il rischio di rimanere invischiato nello stesso sistema che si desiderava fare a pezzi. Molti personaggi cinematografici (e non solo) del ’68, abbiamo visto, cadono, volenti o no, nella botola conservatrice. Il libertino – e di riflesso il ribelle – nasce come (s)viluppo di Leonardo Persia di lucidità e teorizzazione favorite dall’ingiustizia, al mondo della quale brama inconsciamente di appartenere. Il suo risveglio più che uno start, sembra un(a) fine, il percorso di una regressione psichica giunta al momento splatter di putrefazione. Teorici e attivisti della protesta, dirà Pasolini, sono figli di papà. Il «soggetto logico» dell’illuminismo, e quindi del ’68, è il borghese. E l’ordine borghese, fatto di quei numeri e quelle cifre tanto cari a Sade (lo rileverà pure Bataille), è «finalità senza scopo», che paradossalmente si giustifica sempre attraverso uno scopo, una razionalità meccanicistica e materialistica banditrice di ogni autentica gratuità magica (tra cui la religione). Peter Greenaway (che diventa noto con un film sul ‘700) docet. Piacere masturbatorio del parlare (slogan, teorie), che rappresenta, non è, la trasgressione (Horkheimer-Adorno). Oppure (Klossowski) descrive, non compie. Essendo solamente «la maschera di una passione impotente». A queste teorie disillusorie, e comunque in gran parte attendibili, non bisogna però sottrarre la matrice giudaico-cristiana degli autori che la sorreggono. Infatti tutti parleranno di ateismo e aridità che ne consegue, di rigetto della religione di cui sopra. Klossowski e i francofortesi hanno davanti la mi(na)ccia hitleriana, come Pasolini non scorderà mai quella fascista, pure rimpianta a conti fatti con il succedaneo capitalismo barbaro e neo (oggi direbbe globalizzazione). D’altra parte, il concetto pernicioso di Libertà/Male è già incistato in Sade, che non si periterà di dare del mascalzone o della troia ai suoi eroi cattivi, uomini e donne. Fu Swinburne a sottolineare per primo che la « cloaca» del divin (non a caso…) marchese «è tutta intrisa di azzurro». Il primo revival cinematografico su Sade di quegli anni fu Justine (1968), opera n. 23 del prolificissimo (170 film) regista spagnolo (come Bunuel, altro cineasta sadiano) Jesus Franco, maestro della serie B, C e Z, che replicherà prestissimo l’esito con De Sade 70 (1969) (forse il suo capolavoro, da La filosofia nel boudoir) e De Sade 2000 (1970) (da Eugénie de Franval). Più in là, realizzerà un De Sade’s Juliette (1975) e un nuovo Eugenie (1980), remake di De Sade 70. Nel 1969 esce pure un De Sade americanotedesco di Cyril Endfield nel quale furono implicati, a vario titolo, persino Richard Matheson, John Huston e Roger Corman. Lo stesso capolavoro di Pasolini nasce da un’idea abortita di film porno-pop per la regia di Pupi Avati, sulla falsariga dei modelli internazionali. Tutto il cinema di Franco è comunque improntato all’idea della vittima innocente, con annesso contrasto/derivazione horror dell’eros. › segue a pag. 28 pag 28 › segue da pag. 26 L’approdo al marchese era naturale, come quello di Chabrol a Flaubert, di Kubrick a Schnitzler e di Spike Lee a Malcolm X. La grande intuizione di Justine sta nello stemperare l’orrore di partenza in clima fiabesco, quasi disneyano, una vera e propria lettura critica del plot sadiano. La fotografia di Manuel Merino abbonda di rosa, verdi, azzurri, gialli e rossi che sembrano portare la sventurata martire protagonista over the rainbow, come la Dorothy de Il mago di Oz. Anche la musica del nostro Bruno Nicolai (co-produce, infatti, l’Italia, insieme alla Germania e l’Inghilterra dell’artefice Harry Alan Towers) devia gli echi torbidi di Una notte sul monte Calvo verso Vivaldi, rendendo forse omaggio all’episodio finale di Fantasia, dove il Bene trionfava sul Male. Lì pure lo sfacelo nazista ispirava. Ma la versione non hard di Justine, qualcuno ha detto, sarebbe la parabola mistica di Santa Oliva, ultrà del cattolicesimo. Dall’orrore all’edificazione il passo è breve. Ed è qui che il film si trasforma in una metafora sessantottina improntata ai dettami degli autori succitati. Justine, nella totale inespressività della neo-attrice (imposta) Romina Power, non rende alcuno sgomento, nessuna crudezza della sua condizione di vittima costretta a subire ogni tipo di nefandezza da un girotondo infinito di poteri «forti» (politicanti, aristocratici corrotti, qui corretti, clero lussurioso), come in un qualsiasi porno di Mario Salieri o Andy Casanova (da notare i cognomi evocatori del ‘700). Anzi, il Potere novembre 2008 svela un lato persino accattivante, con l’esempio supremo del monaco perverso interpretato da un grande Jack Palance in evidente stato d’ebbrezza (confermato dal regista). Ci troviamo in un territorio onirico, dentro un percorso formativo che, come nel capolavoro di Baum (o di Victor Fleming), non scalfisce la protagonista, anzi la convince ad accettare l’ordine esistente, questo nuovo wonderland sessuale. La vittima non è vittima e i carnefici non sono carnefici. I conflitti di classe sono un incubo, ma ci si può (ci si deve) risvegliare e tornare alla realtà. There’s no place like home. Da cui l’happy end matrimoniale (Justine incontra il suo principe) che sconfessa l’assunto sadiano (la virtù non paga). Klaus Kinski, corpo narrante scrivente senza voce, nel ruolo di Sade, difatti non ci sta e, nel finale, accascia la testa sui peccaminosi scritti. E’ una specie di messa in abisso del regista costretto a enunciare senza parlare. Così l’iconoclasta Jesus inquina la sua produzione più armonica e ricca, strutturata vagamente come un Hammer horror, di brusche sterzate trash, di scivolamenti de-costruttivi, di interiezioni e interpolazioni fuori luogo. Tutto quello che sconcertava e sconcerta il pubblico borghese ed educato. Gaudì, come décor naturale, da solo non basta a riconciliare, proprio come nell’ultimo Woody Allen iberico e disincantato. Dall’interno del suo stesso contenitore, composito e anarchico, Franco stesso dice no a questa ingiusta Justine. u basket novembre 2008 Banca Tercas D opo l’affermazione di Biella nonostante l’assenza dei due play Poeta e Piazza, la BancaTercas ha dovuto affrontare consecutivamente due delle più forti squadre del campionato che stanno raccogliendo risultati importanti anche in Eurolega (vedi Siena contro il Barcellona a Siena e Roma in Spagna contro il Tau Vitoria). Dopo questi due confronti direi quasi impossibili ai fini di un risultato positivo, nel turno successivo i teramani si sono ritrovati di nuovo in viaggio per raggiungere Cantù, dove ad attenderli vi era una squadra di pari forza, cioè un roster quasi identico come composizione e come individualità e qui, naturalmente, si sperava in un risultato positivo. Il 26 ottobre al PalaScapriano, il Teramo Basket news titolava ”Pronti per l’impossibile”. La curiosità degli sportivi accorsi in massa era tanta e tutti speravano di assistere ad una contesa come quella tra Davide e Golia. Ma questa volta il piccolo, scaltro e furbo Davide ha dovuto soccombere, a causa dell’intromissione di tre baldi signori che a loro dire volevano fare da giudici, ma guarda caso, non si sa per quale motivo, io dico per pura sudditanza psicologica, si sono schierati a favore del più grande e potente, cosi il povero Davide biancorosso ad un secondo e nove decimi al termine del supplementare e quindi alla fine dell’incontro, si vedeva scippare un risultato storico, che ai più era apparso di Bebè Martorelli pag 29 legittimo. A fine partita, infatti, non si riscontrava rammarico in tutto l’ambiente biancorosso, per il risultato negativo e nemmeno per i tanti palloni persi, ma soddisfazione e fiducia nell’avere visto la propria squadra ben organizzata, viva e mai doma. Va detto che Poeta, Hoover, e Jaackes sofferenti per vari infortuni sono stati recuperati solo alla vigilia Negli altri incontriì, da rilevare i risultati sorprendenti delle due neopromosse Ferrara su Treviso e la Juve Caserta che batte Milano, rinnovando cosi i fasti dei duelli contro l’Olimpia Milano nel passato; meno sorprendente il risultato di Montegranaro che si impone sulla Fortitudo Bologna che alla vigilia dell’incontro taglia Forte. Nel posticipo del lunedì l’Avellino va a vincere a Cantù ed appaia Teramo in classifica generale, per il resto risultati prevedibili. Nella quarta giornata di andata, prima delle due trasferte consecutive, la BancaTercas Teramo ha dovuto affrontare a Roma una Lottomatica veramente forte in tutti i suoi reparti e, quindi, la resa dei biancorossi è stata quasi istantanea, specialmente nei suoi punti cardine: vedi Poeta ed Amoroso. Va detto pure che nella seconda parte dell’incontro c’è stato un certo risveglio, ma il risultato finale però era stato già compromesso da un approccio alla partita del tutto sbagliato. Risultati sorprendenti si sono avuti anche in questa giornata. Milano non riesce proprio a far quadrare i suoi reparti e viene sconfitta ancora a domicilio ad opera di un Montegranaro che conferma la bontà del suo roster, anche se all’inizio erano emersi seri problemi. L’Avellino incomincia ad accusare il doppio turno di Eurolega e cade in casa contro un Biella rigenerato. › segue a pag. 30 pag 30 › segue da pag. 29 Batosta della Virtus Bologna in quel di Pesaro, ben 34 i punti di scarto. Cantù, prossima avversaria della BancaTercas, che va a vincere ad Udine ed affonda la squadra friulana. Nell’approssimarsi della quinta giornata si è avuto notizia di un grave lutto che ha colpito la pallacanestro italiana. La tragedia è costata la vita a tre dirigenti e un giovane giocatore della Eldo Caserta.. I quattro sono morti in un incidente stradale mentre si recavano a Potenza per disputare una partita di campionato. Esprimo a nome di tutti gli sportivi teramani, del Direttore e di tutta la Redazione di questo periodico i sensi più vivi del nostro cordoglio alla società e a tutta la città di Caserta. Giustamente, la partita Eldo Juve Caserta-Scavolini Pesaro, è stata rinviata a data da destinarsi. Nel frattempo a Cantù, la BancaTercas Teramo prova a vincere, dopo una gara dura, vibrante e altalenante nella conduzione del gioco, a tre secondi dalla fine, con una rimessa a favore eseguita male e si vede sfuggire la vittoria: Cantù 91 - Teramo 88. Da segnalare di nuovo un approccio alla partita lento e smarrito. Di positivo, aldilà degli errori e del risultato finale, il fatto che si sia rivista sul parquet canturino, una squadra viva e cinica come nelle prime tre giornate di campionato. Certo la situazione infortuni non depone a favore dei teramani. Capobianco deve inventare sempre qualcosa, la sua panchina è sempre più corta, questo gli impedisce rotazioni più adeguate. Mettiamoci l’indisponibilità di Brandon Brawn e le non buone condizioni di Piazza e Jaacks il quale, nonostante tutto, è stato uno dei migliori insieme a Hoover novembre 2008 e all’inossidabile capitan Lulli, mentre Carrol, con i suoi 33 punti è stato il trascinatore della squadra. Peccato che le prestazioni di Poeta, Amoruso e Moss non siano ancora all’altezza del loro potenziale. Per quando riguarda le altre partite in calendario, la sorpresa viene da Udine dove Roma perde la sua imbattibilità in questo campionato. Treviso ritorna ad essere Treviso a Rieti, Milano si ricompone andando a vincere a Ferrara, Avellino con l’ex Markovski si impone a Bologna sulla Fortezza Virtus. Notte di riflessione della società per l’ennesima sconfitta e, all’indomani, la decisione di esonerare l’allenatore Pasquali e di affidare la conduzione tecnica della squadra nelle mani di Boniccioli ex Teramo, il quale porta con sé, come primo assistente il suo fido Zorzi, già suo secondo l’anno scorso ad Avellino. Intanto Siena conserva la sua imbattibilità e strapazza in casa una malcapitata Fortitudo Bologna e resta pertanto al comando della classifica generale. Alla sesta del girone di andata e dopo tre sconfitte consecutive, la BancaTercas torna a vincere. Un vittoria cercata e voluta con grinta e caparbietà in una gara difficile da interpretare. L’Eldo Caserta, avversaria di turno, è scesa sul parquet del Palascapriano determinata a portare via un risultato positivo. I ragazzi di Frates con la difesa a zona hanno complicato non poco la vita dei biancorossi, ma prima Hoover e poi Moss hanno tolto le famose castagne dal fuoco a Caspobianco e insieme a Poeta, Amoroso e Brown riescono a vincere la terza partita di questo campionato. Al Palalottomatica di Roma, Siena, con una devastante prestazione, dimostra di non avere avversari in questo campionato mentre alcune grandi si risvegliano dal loro torpore iniziale. u MESSAGGIO ELETTORALE MESSAGGIO ELETTORALE Committente Responsabile Nicola Sposetti