Aprile - ICC Italia
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NewsLetter Royalties Quando non sono soggette a tassazione doganale di Sara Armella e Valeria Baldi Sempre più frequenti sono le contestazioni della Dogana in merito alla tassazione, ai fini doganali, delle royalties, ossia dei corrispettivi per l’uso di diritti quali brevetti, modelli, progetti, know how, marchi commerciali e di fabbrica, diritti d’autore. Al ricorrere di determinate condizioni, infatti, anche le royalties devono concorrere alla determinazione del valore doganale della merce, anche se sono corrisposte separatamente dal prezzo dei prodotti importati o, addirittura, a soggetti diversi dal fornitore estero. Frequentemente, infatti, il corrispettivo o diritto di licenza è dovuto dall’acquirente-importatore a un soggetto terzo, titolare della licenza e diverso dal fornitore-esportatore. In tal caso sussistono più contratti, autonomi e tra loro indipendenti, rappresentati, da un lato, dal contratto di vendita internazionale intercorso tra il fornitore (soggetto extra Ue ed esportatore) e l’importatore; dall’altro, dal contratto di licenza del marchio, concluso tra l’importatore e il titolare della licenza. Si realizza, dunque, una situazione caratterizzata dalla presenza di tre soggetti: a) fornitore extracomunitario, che riceve il corrispettivo del prezzo di acquisto, ma non le royalties; b) acquirente nazionale, che paga il prezzo di acquisto al fornitore extracomunitario; c) titolare della licenza, che riscuote le royalties dall’acquirente nazionale. In tal caso, la tassazione delle royalties è vincolata alla contemporanea sussistenza di tre requisiti: 1) il pagamento delle royalties deve essere specificamente riferibile alle merci oggetto della valutazione (art. 157, Reg. 2454 del 1993, dac); 2) il pagamento di tali diritti deve essere una condizione del contratto di vendita delle merci (art. 157 dac); 3) il pagamento delle royalties deve essere richiesto all’importatore dal venditore o da una persona a esso legata (art. 160 dac). Con riferimento al primo requisito, è necessario che sussista una connessione diretta tra la merce importata e la royalty, rappresentando quest’ultima un corrispettivo pagato per l’uso di diritti inerenti la fabbricazione, la vendita, l’uso e la rivendita dei beni stessi. Al riguardo, la giurisprudenza ha escluso la sussistenza del requisito della specifica riferibilità in casi di versamento di diritti per spese di ricerca, investimenti e sviluppo, marketing, in quanto non direttamente riferibili alla merce importata (Comm. trib. prov. Varese, sez. XI, 19 febbraio 2013, n. 26; Comm. trib. prov. Piacenza, 30 ottobre 2012, n. 76; Comm. trib. prov. Milano, sez. VII, 7 aprile 2010, n. 49). Con riferimento al secondo requisito, i diritti di licenza possono essere inclusi nel valore doganale soltanto se rappresentano un elemento essenziale del contratto di compravendita, tale per >> Comitato Nazionale italiano della Camera di Commercio Internazionale n. 4 - Aprile 2014 COMMISSIONI ICC Anticorruzione e Responsabilità Sociale delle Imprese Corruzione internazionale e responsabilità dell’ente di Carlo Fiorio Proprietà Intellettuale L’importanza dell’ “open innovation model” Calendario prossime riunioni Trade and Investment Policy Meeting Agenda, Parigi 6 maggio 2014 Arbitration and ADR Meeting Agenda, Parigi 15 maggio 2014 APPUNTAMENTI Seminari ICC Italia IN EVIDENZA Crediti Documentari e Pagamenti Internazionali Roma, 8 maggio 2014 Problematiche doganali: come difendersi Roma, 22 maggio 2014 Conferenze ICC ICC/FIDIC International Construction Contracts and the resolution of Disputes, 9-10 giugno 2014 APPROFONDIMENTI Le sanzioni economiche e la situazione dei mercati a seguito della crisi ucraina Liberalizzazione 2.0: l’era della politica di investimento europea Notizie Agenzia delle Dogane - Pagamento dei diritti doganali tramite bonifico MISE - Riunione di coordinamento sui negoziati multilaterali, 14 aprile 2014 Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) - quarto round La Corte di Lussemburgo annulla la Direttiva sulla “data retention” Il Governo libico mette fine all’occupazione dei pozzi petroliferi delle regioni orientali Strasburgo approva in prima lettura il “Regolamento sul Made in” ICC IMB - Pirateria in calo ma l’allerta resta cui, in mancanza del pagamento delle royalties, il fornitore non sarebbe disposto a dar seguito alla vendita internazionale dei prodotti. L’art. 32, par. 1, lett. c), del codice doganale comunitario dispone, infatti, che debbano essere aggiunti al valore in dogana (come sopra definito) “i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza, non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”. La royalty integra una vera e propria “condizione di vendita” soltanto qualora il venditore estero non sia disposto a vendere i propri prodotti in mancanza del pagamento di uno specifico corrispettivo o diritto di licenza. Qualora, invece, l’acquisto del prodotto estero non comporti obbligatoriamente il pagamento di royalties, queste ultime non dovranno essere aggiunte al prezzo di acquisto ai fini della determinazione del valore in dogana della merce. Il codice doganale comunitario dispone, infatti, che “i pagamenti effettuati dal compratore come contropartita del diritto di distribuzione o di rivendita delle merci importate, non sono aggiunti al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, se tali pagamenti non costituiscono una condizione di vendita per l’esportazione a destinazione della Comunità delle merci importate” (art. 32, punto 5, lett. b), cdc). Alla luce di tali principi, la giurisprudenza ha annullato in numerose occasioni gli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle dogane, riconoscendo come il pagamento dei diritti di licenza non costituisca “condizione di vendita” nel rapporto contrattuale intercorso tra l’importatore e il produttore. Ciò in quanto le royalties venivano corrisposte direttamente al licenziante, senza possibilità alcuna per il fabbricante di chiederle in sua sostituzione o di rifiutare la vendita in caso di omesso pagamento (Comm. trib. reg. Torino, 28 marzo 2014, n. 481; Comm. trib. reg. Milano, 5 marzo 2014, n. 1161; Comm. trib. prov. Pavia, sez. II, 12 dicembre 2013, n. 386; Comm. trib. reg. Milano, sez. VII, 19 novembre 2013, n. 174). In merito al terzo requisito, il pagamento della licenza deve essere richiesto dal venditore stesso o da un soggetto a esso «legato» da un particolare rapporto negoziale (art. 160 dac). Tale «legame» tra due o più soggetti può dirsi sussistente soltanto se uno controlla, direttamente o indirettamente, l’altro (art. 143, par. 1, lett. e, cdc), vale a dire quando il primo sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sul secondo (all. 23 dac). Occorre dunque verificare, attraverso un’attenta analisi dei rapporti in essere tra le parti, se il titolare della royalty abbia un reale potere di controllo sui produttori, in forza di una partecipazione societaria (controllo di diritto) ovvero di un prevalente potere negoziale, che gli consenta di imporre condizioni contrattuali che eccedano le normali condizioni commerciali (controllo di fatto). È bene sottolineare, in proposito, che il controllo idoneo a rappresentare condizione per l’assoggettamento ai dazi doganali delle royalties è rappresentato dal controllo sul produttore e non dal controllo sulla qualità della produzione, che invece rientra nella normale prassi commerciale, soprattutto nei rapporti con i Paesi asiatici ove è maggiore il rischio di contraffazione. Al riguardo, la stessa Agenzia delle dogane ha precisato che “nella moderna prassi commerciale (ove la percezione commerciale di un prodotto avviene principalmente sulla base del marchio e non tanto sulla base del nome del soggetto importatore o distributore di un determinato prodotto), il controllo di qualità da parte del licenziante è infatti assai diffuso e l’approvazione dei campioni da parte dello stesso, come pure il fatto che il produttore debba realizzare manufatti rispondenti ad elevati standard qualitativi imposti dal proprietario della licenza, appaiono spesso unicamente diretti al controllo della qualità e non implicano necessariamente l’esistenza di un controllo, sia pure indiretto, sui fornitori extracomunitari” (Agenzia dogane, circ. 30 novembre 2012, n. 21 D, in www.agenziadogane.it). È onere dell’Agenzia delle dogane, pertanto, ai fini dell’inclusione delle royalties nel valore doganale della merce, dimostrare che il controllo sul produttore supera i semplici controlli di qualità. In tal senso si è pronunciata la più attenta giurisprudenza, la quale ha correttamente rilevato che il fatto che il produttore debba realizzare manufatti rispondenti a elevati standard qualitativi imposti dal proprietario della licenza, non implica l’esistenza di un controllo, sia pure indiretto, sui fornitori extracomunitari. È stato rilevato, in particolare, che “l’accesso nei locali di produzione da parte delle società licenzianti, con il consenso del licenziatario, è chiaramente previsto nei contratti al fine di accertare la rispondenza dei prodotti ai requisiti dello standard (…). Pure al controllo della qualità appare diretta l’approvazione dei campioni da parte delle licenzianti, mentre del tutto inconferente appare il richiamo all’indicatore che prevede il diritto del licenziante di esaminare la contabilità del produttore o dell’acquirente, risultando chiaramente dalle clausole contrattuali che tale esame è consentito, solo sulle registrazioni dell’acquirente al fine dell’esatta determinazione dei diritti di licenza che la detta società deve corrispondente alle società titolari dei marchi” (Comm. trib. reg. Venezia, 17 aprile 2012, n. 28; nello stesso senso, Comm. trib. reg. Milano, 5 marzo 2014, n. 1161; Comm. trib. reg. Milano, sez VII, 18 gennaio 2013, n. 3). Mancando la dimostrazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra il titolare della licenza e il fornitore estero, le royalties non devono essere assoggettate ai dazi doganali. Avv. Sara Armella, Armella & Associati, Studio Legale Tributario, Componente della Commission on Customs and Trade Regulations di ICC e membro dell’International Fiscal Association Avv. Valeria Baldi, Studio Armella e Associati, Studio Legale Tributario 2 ICC Italia Newsletter n. 4 - Aprile 2014 Commissioni ICC Anticorruzione Corruzione internazionale e responsabilità dell’ente di Carlo Fiorio Il fenomeno della “corruzione internazionale”, il quale, in prima approssimazione, ricorre in tutti i casi in cui vengono dati o promessi denaro o altre utilità ad un pubblico ufficiale straniero per ottenere il compimento o l’omissione di un atto a vantaggio di un ente che ha la propria sede (od opera) in uno Stato diverso da quello cui il primo afferisce, ha assunto nel tempo una dimensione sempre più imponente in considerazione di quella “internazionalizzazione del mercato” che ha moltiplicato le occasioni di contatto con le pubbliche istituzioni di Stati diversi da quello in cui la persona giuridica è costituita, generando al contempo effetti distorsivi della concorrenza internazionale per fronteggiare i quali si è provveduto, prima a livello convenzionale e poi in sede di normativa interna, a tipizzare e punire le condotte di corruzione di pubblici ufficiali stranieri. Con particolare riguardo ai profili della responsabilità amministrativa degli enti, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 25 comma 4 del D. Lgs. n. 231 del 2001 il quale estende le sanzioni pecuniarie previste per i delitti-presupposto richiamati nei commi da 1 a 3 ai casi in cui tali condotte siano perpetrate dalle persone indicate nell’art. 322 bis c.p., preposto, a sua volta, a sanzionare le fattispecie di «peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri». Il cardine della disciplina interna della corruzione internazionale è quindi costituito dall’art. 322-bis c.p., il cui primo comma, nel menzionare i membri di organi istituzionali delle Comunità europee, i funzionari ed agenti delle Comunità europee, le persone comandate dagli Stati membri che svolgano funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari e agenti delle Comunità europee, i membri e addetti a enti costituiti sulla base dei trattati istitutivi delle Comunità europee e chi svolge funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in Stati membri dell’Unione Europea, elide ogni dubbio circa il fatto che la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, essenziale per l’integrazione dei vari reati contro la pubblica amministrazione ivi richiamati, debba essere ascritta anche a determinati soggetti che, dal legislatore o dal giudice in sede interpretativa, vengono ritenuti dotati di analoghi poteri (rispetto a quelli riconosciuti dall’ordinamento interno) da parte di ordinamenti diversi dallo Stato italiano. Restano, peraltro, esclusi dall’equiparazione contenuta nella citata disposizione i casi in cui i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio siano tali in virtù di disposizioni non dell’ordinamento comunitario o di uno Stato membro dell’U- 3 ICC Italia Newsletter nione Europea, ma riconducibili all’ordinamento internazionale o a quello di uno Stato extracomunitario. Ad essi si riferisce espressamente il secondo comma dell’art. 322 bis c.p. alla stregua del quale gli artt. 319 quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, c.p. si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso «a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali, ovvero al fine di ottenere o di mantenere un’attività economica o finanziaria». Nei casi di induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione o istigazione alla corruzione di un pubblico ufficiale di Stato extracomunitario o di un’organizzazione internazionale extracomunitaria, il legislatore ha pertanto inteso punire in via esclusiva il solo extraneus. Tralasciando in questa sede le problematiche relative alla portata del richiamo agli altri delitti-presupposto contemplati dai commi da 1 a 3 dell’art. 25 del Decreto, soprattutto a seguito delle innovazioni ad essi apportate dalla legge n. 190 del 2012, occorre osservare come il comma 4 della medesima disposizione, nel prevedere che «le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3 si applicano all’ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli artt. 320 e 322-bis del codice penale», imponga comunque, ai fini dell’accertamento della responsabilità della persona giuridica, l’espletamento della duplice verifica concernente l’integrazione dei presupposti costitutivi del reato di corruzione internazionale da cui dipende l’illecito amministrativo, nonché la sussistenza degli elementi richiesti dagli artt. 5, 6 e 7 del Decreto, ovvero la posizione qualificata dell’autore del reato all’interno dell’ente e la sussistenza di un interesse o vantaggio dell’ente medesimo alla commissione del reato, sempreché non risulti l’adozione di un Modello Organizzativo idoneo a prevenire la commissione di detti reati, efficacemente implementato, e vi sia stata una sua fraudolenta elusione da parte dei soggetti apicali. Quanto alle sanzioni (ed alle misure cautelari) applicabili alla persona giuridica, l’art. 25 prevede al comma 5 la possibilità di irrogare le sanzioni interdittive (per una durata non inferiore ad un anno) «nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3» senza richiamare anche il comma 4 (dove è previsto l’illecito dipendente dal reato di corruzione internazionale). In base al principio di legalità della sanzione, e non essendo espressamente richiamato il caso della corruzione interna- >> n. 4 - Aprile 2014 Commissioni ICC zionale, dovrebbe perciò concludersi per l’inammissibilità di sanzioni interdittive nel caso di corruzione internazionale in quanto non espressamente previste. La questione è stata tuttavia risolta diversamente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. VI, 30.9.2010, in Mass. Uff., 248594) la quale ha riconosciuto al comma 4 dell’art. 25 del Decreto la natura di disposizione avente la funzione di mera estensione soggettiva, e non già di autonoma disciplina, con la conseguenza che il richiamo per la comminatoria delle sanzioni interdittive effettuato dal comma 5 deve essere inteso come riferimento - grazie alla portata estensiva del comma 4 - anche alle previste figure di corruzione internazionale e di corruzione dell’incaricato di un pubblico servizio. Occorre, infine, precisare che il reato di corruzione internazionale viene così qualificato dal legislatore quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio è tale, non in base ai poteri riconosciuti (e alla disciplina attribuita) a quel soggetto da norme dell’ordinamento statale interno, bensì da norme dell’ordinamento di un altro Stato o dell’ordinamento internazionale o comunitario. Tanto impedisce di confondere il termine “internazionale” utilizzato dall’art. 322 bis c.p. con istituti che assumono nel nostro ordinamento una valenza tecnica più specifica, come nel caso delle nozioni istituzionali di reato transnazionale e di reato commesso all’estero. La corruzione internazionale ex art. 322-bis può infatti anche integrare gli estremi di un reato transnazionale oppure di un reato commesso all’estero, ma è ben possibile che si verifichino casi di corruzione che non possono definirsi “transnazionali” - secondo l’accezione tecnica del termine recepita nel nostro ordinamento a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 146 del 2006 - o che non possono ritenersi “commessi all’estero” secondo la relativa nozione compresa nel codice penale. Ed invero, se il reato di corruzione internazionale è stato commesso all’estero, dovranno essere verificate non solo le condizioni di procedibilità previste in generale dal codice penale per il fatto di reato (ai sensi degli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p.), ma anche le ulteriori condizioni previste dall’art. 4 del Decreto per la procedibilità dell’illecito amministrativo: in tale ipotesi, infatti, la norma in esame subordina la responsabilità dell’ente a condizioni di procedibilità aggiuntive e speciali rappresentate dal fatto che: l’ente a cui viene attribuito l’illecito abbia in Italia la sede principale; lo Stato estero già non proceda nei confronti dell’ente; ove sia necessaria la richiesta del Ministro della Giustizia, detta richiesta sia formulata dal Ministro anche nei confronti dell’ente e non solo della persona fisica che ha commesso il reato. Tali presupposti aggiuntivi devono, pertanto, necessariamente sussistere in tutti i casi di reato commesso all’estero mentre essi non sono necessari quando il reato-presupposto, nella specie la corruzione internazionale, debba considerarsi commesso in Italia, ancorché l’ente sia di diritto straniero e non abbia in Italia la sua sede principale. In quest’ultima ipotesi - reato-presupposto da considerarsi commesso in Italia in base alle citate norme del codice penale - la circostanza che l’ente sia un soggetto di diritto straniero non è di per sé ostativa al riconoscimento dell’illecito amministrativo, purché non si tratti di ente territoriale, pubblico non economico o di altro ente escluso per la sua natura costituzionale o pubblicistica dalla disciplina del Decreto e purché, in base al diritto straniero, possa configurarsi l’ente come un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici diverso dalla persona fisica, in definitiva purché siano sussistenti i requisiti di applicabilità del Decreto previsti dall’art. 1. In una prospettiva più generale occorre da ultimo sottolineare come le iniziative finalizzate alla lotta alla corruzione si siano nel tempo moltiplicate. Da un lato, infatti, gli organismi internazionali hanno dimostrato un certo attivismo nell’incentivare gli Stati nazionali ad introdurre misure volte a debellare il fenomeno, dall’altro, l’emanazione dell’UK Bribery Act che ha una forte valenza extraterritoriale, nonché la sempre più frequente (ed estesa) applicazione da parte delle Autorità statunitensi dell’U.S. Foreign Corrupt Practices Act («FCPA») hanno «obbligato» le corporations attive su scala globale ad introdurre delle misure idonee a ridurre il rischio di corruzione, pena la possibile applicazione di sanzioni molto gravose. Queste evoluzioni hanno avuto degli effetti anche nel nostro Paese atteso che le società appartenenti a gruppi multinazionali e le società italiane che operano all’estero non possono più avere come parametro di riferimento le sole disposizioni italiane in tema di corruzione e il d.lgs. 231/2001, ma hanno la necessità di predisporre ed attuare compliance programs che oltre la normativa nazionale, tengano in considerazione le best practices e le normative di derivazione straniera. Il Prof. Carlo Fiorio, straordinario di Diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Giurisprudenza, è Presidente della Commissione Anticorruzione di ICC Italia 4 ICC Italia Newsletter n. 4 - Aprile 2014 Commissioni ICC Proprietà Intellettuale ICC Research Paper L’importanza dell’ “open innovation model” La Commissione ICC sulla Proprietà Intellettuale ha pubblicato un research paper sulla «open innovation», ossia la sinergia, tra due o più imprese o tra un’impresa e un’università, diretta a far fruttare le conoscenze acquisite autonomamente e ad accelerare l’innovazione, al fine di incrementare la competitività nell’era della globalizzazione. La Commissione sulla proprietà intellettuale mette in evidenza l’importanza dell’«open innovation» per le piccole come per le grandi imprese e, allo stesso tempo, sottolinea le condizioni che, al giorno d’oggi, possono favorire lo sviluppo di tale processo produttivo: l’abbattimento, grazie alle scoperte nel settore delle ICT, di barriere e distanze geografiche che, in passato, avevano ostacolato i contatti tra aziende di Paesi diversi; la necessità di reperire finanziamenti sempre più ingenti - insostenibili anche per le aziende di notevoli dimensioni - per l’innovazione di prodotti sempre più complessi richiesti dal mercato; la maggiore facilità di accesso al sistema dei brevetti; la diffusione, a livello mondiale, dei venture capitalist e delle start-up. La sinergia tra questi fattori può dar vita a collaborazioni ad elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti e servizi e a network tecnologici più estesi. Diverse le fattispecie individuate dall’ICC research paper in cui si può concretizzare l’«open innovation model». La collaborazione tra gli attori economici può essere «inbound», ossia può consistere nell’utilizzo, da parte di un’impresa, della tecnologia utilizzata da un concorrente. Nel caso dell’«outbound open innovation», invece, l’azienda acquisisce un prodotto realizzato dal concorrente al fine di migliorarlo e di immetterlo sul mercato. Se due o più attori non condividono risorse già sviluppate, ma cooperano per dare vita a nuove conoscenze e per innovare, si rientra nella fattispecie denominata «coupled innovation process». La Commissione sulla proprietà intellettuale ha quindi analizzato i benefici, in termini di costi e di profitti, derivanti dalla scelta dell’«open innovation». La cooperazione interaziendale consente, infatti, ai singoli attori coinvolti di condividere costi e rischi dello sviluppo di un nuovo prodotto, di diversificare la produzione, di approdare più velocemente sul mercato con i propri prodotti, di aumentare i profitti. Realtà importanti come l’americana Tiatros Inc., la svizzera Lindt e l’italiana Italcementi hanno deciso, per dare vita a prodotti originali e destinati al successo, di ricorrere alle conoscenze detenute da altre aziende, da università e da associazioni no-profit. In particolare, Italcementi ha avviato, a partire dalla fine degli anni novanta, una solida collaborazione con la francese Ciment Français e con il Politecnico di Milano al fine di realizzare materiali da costruzione in grado di assorbire, grazie alla loro composizione chimica, l’anidride carbonica emes- 5 ICC Italia Newsletter sa dalle automobili. Nel 2012, il gruppo italiano ha promosso l’apertura, nei pressi di Bergamo, di un centro di ricerca deputato allo studio e allo sviluppo di innovazioni tecnologiche e di nuovi materiali per la green construction. A tali indagini partecipano esperti di Italcementi, ricercatori del Politecnico e ricercatori del campus Technodes di Guerville (Parigi). Nonostante l’evoluzione dello scenario internazionale e l’approfondimento dell’integrazione digitale, il consolidamento di tale fenomeno collaborativo necessita di importanti riforme della normativa internazionale. La cooperazione interaziendale, infatti, pur apportando innumerevoli benefici in termini di realizzazione di beni innovativi, non può tradursi in una attenuazione della tutela delle opere dell’ingegno. La protezione dei diritti di proprietà intellettuale, siano essi brevetti già registrati o diritti non registrati quali i segreti commerciali, rappresenta l’elemento fondamentale della cooperazione: solo in presenza di un’appropriata tutela, i produttori saranno disposti a svelare e commercializzare le proprie tecnologie o altre informazioni senza perdere il controllo su di esse. ICC mette in evidenza il fatto che la cooperazione interaziendale rischia di esporre le conoscenze brevettate dagli attori economici a molteplici abusi. Lo sviluppo dell’«open innovation» deve basarsi sul riconoscimento, da parte delle imprese, dell’importanza che gli «intellectual assets» rivestono al giorno d’oggi al fine di creare valore aggiunto. Tra le best practice più diffuse a livello internazionale in materia di salvaguardia dei diritti di proprietà intellettuale, il paper indica i «due diligence protocols», in base ai quali gli attori economici si impegnano a utilizzare in maniera responsabile le risorse condivise e a non appropriarsi in maniera illegittima del know-how dei propri partner. Generalmente gli accordi suindicati prevedono un termine per l’utilizzo degli «intellectual assets» altrui e sono «open-ended», ossia estremamente flessibili rispetto alle condizioni della partnership. In aggiunta, i soggetti che si avvalgono di conoscenze esterne devono accettare di sottoporsi al costante monitoraggio dei titolari di queste ultime. Raccomandazioni sono state indirizzate anche all’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO), al fine di indurre quest’ultima ad aggiornare le convenzioni promosse in passato. Al giorno d’oggi, infatti, le convenzioni redatte dalla WIPO non contemplano l’«open innovation model» e risultano prive di riferimenti a una strategia che si sta sempre più diffondendo nel mondo e che rappresenta il presupposto dei futuri processi innovativi. n. 4 - Aprile 2014 Commissioni ICC Calendario prossime riunioni Maggio 2014 6 15 Commisssion on Trade and Investment Policy, Paris Commission on Arbitration and ADR, Paris Giugno 2014 4/6 15 Commission on Commercial Law and Practice Commission & Trade Conference, Estonia Commission on Arbitration and ADR, Paris Politiche del Commercio e degli Investimenti ICC Commission on Trade and Investment Policy Agenda 6 maggio 2014, Parigi 1. Opening remarks by the Chair 2. Roundtable discussion on ICC Chairmanship trade and investment priorities The Vice President of International Affairs at McGraw Hill Financial and Sherpa to ICC Chairman will update members on Mr McGraw’s strategic trade and investment priorities as CoChair of the 2014 Australian B20 Taskforce and incoming Chair of the World Trade Agenda initiative. Vice President, International Affairs: Cynthia H. Braddon (confirmed) 3. Draft policy statement World Trade Agenda post-Bali business priorities Further to ongoing discussions in the Commission on the development of an ICC position on World Trade Agenda postBali business priorities, members will be invited to discuss the draft policy statement in view of finalizing the text in order for ICC to be ready to convey the statement to WTO member governments at the next WTO Ambassadors’ briefing on 27 June 2014 taking place at WTO headquarters. 4. Roundtable discussion with ICC Secretary General on Bali Accords ICC Secretary General Jean Guy Carrier will brief members on the role ICC played in the lead up to and on the ground at the 9th WTO Ministerial Conference and what implications this has for future positioning of the Commission on Trade and Investment Policy and ICC as a whole. 5. Update on the 2014 B20 Australia discussions on trade and investment An update will be provided on the state of ICC involvement in 6 ICC Italia Newsletter the discussions on trade and investment in the lead-up to the forthcoming B20 Australia Summit (16 - 18 July) in Brisbane by ICC Executive Director, Stefano Bertasi. ICC G20 Advisory Group Director, Jeff Hardy, will brief members on the next steps in preparation for the Turkish presidency of the G20 in 2015. 6. Draft discussion paper on forced localization Commission member Rob Mulligan, in his capacity as chair of the informal drafting group, will brief members on the latest text of the discussion paper. Mr Mulligan’s presentation will be followed by a roundtable discussion with members in view of finalizing the text for submission to the ICC Executive Board for adoption at its next meeting. 7. Internet Shairpoint for Commission members ICC e-business Coordinator, Hervé Schmidt, will present the newly dedicated site for members to share information. This secured website will be accessible by personal login information specific to each member of the Commission and should facilitate document sharing and drafting. 8. Any other business Under this item, members will be invited to raise any other issue that they wish to bring to the Commission’s attention. 9. Date of next meeting The Commission will be invited to discuss possible dates for its next meeting, and the possibility that this meeting take place during the WTO Public Forum in Geneva, Switzerland. The theme of the 2014 Public Forum, to be held at the WTO’s headquarters in Geneva on 1-3 October, is “Why trade matters to everyone”. n. 4 - Aprile 2014 Commissioni ICC Arbitrato e ADR ICC Commission on Arbitration and ADR Agenda 15 maggio 2014, Parigi 1. Christopher Newmark, Chair of the ICC Commission on Arbitration and ADR a. Opening and welcome b. Presentation of new Commission Members c. Adoption of the Agenda and adoption of the Summary Record of the last meeting 2. John Beechey, President of the ICC International Court of Arbitration Report on the latest activities of the ICC International Court of Arbitration 3. Andrea Carlevaris, Secretary General of the ICC International Court of Arbitration Report on the latest activities of the Secretariat of the ICC International Court of Arbitration 4. Guest Speaker : Professor Filip De Ly, Chair ILA Committee International Commercial Arbitration The ILA Report on ‘Inherent and Implied Powers of Arbitral Tribunals’ 5. Task Force on “Decisions as to Costs” Bernard Hanotiau and Julian Lew, Chairs of the Task Force Presentation of the draft Report on Decisions as to Costs 6. Revision of the DOCDEX Rules Georges Affaki, Chair of the DOCDEX Drafting Group of the ICC Banking Commission 7. New Task Force on Arbitration and Financial Institutions 7 ICC Italia Newsletter Claudia Salomon and George Affaki, Co-Chairs of the Task Force 8. Consultative Task Force on the “Revision of the ICC ADR Rules, ICC Expertise Rules and ICC Dispute Board Rules” Peter Wolrich, Chair of the Consultative Task Force and Hannah Tümpel, ICC International Centre for ADR • Presentation of the draft Dispute Board rules which are submitted to the Commission for discussion • Presentation of the Expert Clauses, which are submitted to the Commission for approval 9. Revision UNCITRAL Notes on Organizing Arbitral Proceedings Dorothy Ufot and Eduardo Silva Romero, Vice Chairs ICC Commission on Arbitration and ADR and Rapporteurs on behalf of the Commission. 10. Miscellaneous • Approval and Launch Report “Effective Management of Arbitration: A Guide for In-House Counsel and Other Party Representatives” • Task Force on IT in International Arbitration - Status Report Erik Schäfer and David Wilson, Co-Chairs of the Task Force 11. Concluding Remarks and Questions 12. Date and Venue of the Next Meeting 18 October 2014, Tokyo n. 4 - Aprile 2014 Appuntamenti Seminari ICC Italia CREDITI DOCUMENTARI E PAGAMENTI INTERNAZIONALI quali adottare, come tutelarsi e come formularli per essere competitivi 8 maggio 2014 - Roma Un aspetto che gli operatori economici devono ben valutare quando si accingono ad avviare una operazione commerciale con l’estero è la scelta dello strumento di pagamento più adatto alla specifica situazione, che tenga conto dei vari elementi che possono influenzare l’esito della transazione, quali ad esempio il rischio commerciale e il rischio paese, in modo da prendere le opportune contromisure e assicurarsi il “buon fine” del pagamento. Il Seminario intende offrire una panoramica delle varie forme di pagamento internazionale, con una particolare attenzione ai crediti documentari, oltre che alle Stand by letters of credit, ai vari tipi di garanzie e al forfaiting, nonché suggerimenti per una negoziazione efficace delle condizioni di pagamento con la controparte estera, attraverso l’esame di casi pratici ed esercitazioni. Il Seminario è diretto a professionisti, addetti commerciali, spedizionieri, vettori, assicuratori e a tutti coloro che si occupano di commercio internazionale. Nel trattare la materia si farà ampio riferimento alle normative elaborate dalla ICC in materia, tra cui le Norme ed Usi Uniformi relativi ai Crediti Documentari e la Prassi Bancaria Internazionale Uniforme, i cui testi saranno distribuiti ai partecipanti. link: maggiori informazioni e scheda di adesione Docente Antonio Di Meo Consulente in Tecniche del commercio estero, Giornalista/Pubblicista, referente scientifico Area estero ABI Formazione, docente in Master di SDA Bocconi, Università Cattolica di Milano, Politecnico Ancona e Università di Padova e Verona. PROBLEMATICHE DOGANALI: COME DIFENDERSI 22 maggio 2014 - Roma In uno scenario mondiale sempre più globalizzato e aperto agli scambi commerciali, un’adeguata conoscenza delle problematiche più attuali del diritto doganale consente agli operatori di conseguire benefici sia in termini di razionalizzazione dei costi e di riduzione dei rischi che di massimizzazione dei vantaggi, mediante l’utilizzo dei regimi doganali ritenuti più adatti alle esigenze concrete. Con l’aumento delle operazioni internazionali sono inoltre aumentati anche i controlli dell’Agenzia delle dogane. Il seminario si rivolge alle imprese e ai consulenti, per i quali oggi diventa necessario conoscere le principali aree di rischio doganale: royalties, depositi IVA, origine preferenziale, dazi antidumping, esecutività degli accertamenti, nonché i termini e gli strumenti per organizzare la propria difesa. link: maggiori informazioni e scheda di adesione Docenti Sara ARMELLA - Armella & Associati, Studio Legale Tributario Avvocato cassazionista, dottore di ricerca in diritto tributario internazionale e comparato, consulente e assistente giudiziale per società italiane e multinazionali nei settori della fiscalità internazionale e nazionale e del diritto doganale. Valeria BALDI Avvocato Studio Armella & Associati, è autore di numerose pubblicazioni di diritto tributario e relatore in convegni e seminari sia in diritto tributario che doganale, consulente di associazioni di categoria. Prossimo seminario ICC Italia 12 Giugno 2014 IL NUOVO REGOLAMENTO ICC SULLA MEDIAZIONE ITALY LAUNCH: ICC MEDIATION RULES Programma 8 ICC Italia Newsletter n. 4 - Aprile 2014 Appuntamenti Conferenza ICC ICC/FIDIC International Construction Contracts and the Resolution of Disputes Johannesburg, 9-10 giugno 2014 Si terrà a Johannesburg il 9 e 10 giugno prossimi la ICC/FIDIC Conference on International Construction Contracts and the Resolution of Disputes. La Conferenza, in lingua inglese, rivolta a ingegneri, arbitri e mediatori specializzati nell’arbitrato delle costruzioni e giuristi d’impresa di aziende leader nel settore, istituzioni finanziarie e aziende governative coinvolte negli appalti, offrirà la possibilità di condividere esperienze e conoscenze sui contratti FIDIC e le relative procedure per reclami e contenziosi, nonché sull’arbitrato ICC in caso di controversie nel settore delle costruzioni. Un’occasione unica per avere un quadro completo su come entrambe le istituzioni rispondono ai bisogni dell’industria dell’edilizia internazionale nella risoluzione di controversie, con un’attenzione particolare all’Africa. Verranno esaminati e discussi aspetti pratici e difficoltà nella risoluzione di controversie interculturali africane regolate dai contratti FIDIC, i cambiamenti che l’arbitrato commerciale internazionale ha apportato in Africa e le sfide che dovrà affrontare, gli sviluppi nel progetto per un nuovo International Arbitration Act in Sud Africa. Al momento della registrazione online è previsto uno sconto del 5% utilizzando il Codice promozionale ITA-7108 al seguente link http://www.iccwbo.org/Templates/PageBuilderWireframes/MainWireframeTemplate.aspx?pageid=19327355861 Pubblicazioni Tackling Corruption in Arbitration Supplemento all’ICC International Court of Arbitration Bulletin (ICC Pub. BUL24SUP) Il nuovo Supplemento all’ICC International Court of Arbitration Bulletin è interamente dedicato alla corruzione e alle relative mozioni intraprese per combatterla, promosse da ICC e da altri organismi, nel settore dell’arbitrato. Il Supplemento, in versione multilingua, con contenuti in Inglese, Francese e Spagnolo, è disponibile per l’acquisto presso il Book Store on-line di ICC Italia all’indirizzo http://pubblicazioni.iccitalia.org/ oppure a contattando telefonicamente l’Ufficio Pubblicazioni ai numeri +39.06.4203.4301 o +39.06.4203.4333 oppure inviando una mail a [email protected]. La pubblicazione può essere acquistata anche presso l’ICC Store all’indirizzo http://store.iccwbo.org 9 ICC Italia Newsletter n. 4 - Aprile 2014 Approfondimenti Liberalizzazione 2.0: l’era della politica di investimento europea Il Trattato di Lisbona, per effetto del suo articolo 207, ha trasferito all’Unione Europea la competenza a condurre la politica in materia di investimenti, sottraendo tale potere agli Stati membri. La questione ha inevitabilmente sollevato molti interrogativi. Tralasciando ogni considerazione circa il destino dei BITs – Bilateral Investment Treaties - conclusi a partire dagli anni ’50 in poi dagli Stati Membri con altri Stati europei ed extra-europei, e attualmente investiti dalla cosiddetta “Grandfather Regulation” (Regolamento N° 1219/2012 disponibile al seguente link: http://eur-ex.europa.eu/LexUriServ/ LexUriServ.do?uri=OJ:L:2012:351:0040: 0046:En:PDF), resta il problema di verificare come l’UE intenda subentrare agli Stati Membri fino a sostituirli completamente. L’UE sta infatti attraversando un periodo transitorio, volto a rimodellare il suo approccio in ambito di investimenti internazionali e in particolare è oggi impegnata nella negoziazione degli accordi con Canada, Corea e Singapore, cui si aggiunge il complesso progetto dell’accordo con gli Stati Uniti. Al fine di spiegare questo scenario in costante evoluzione, risulta fondamentale chiedersi quale sarà la direzione che l’UE seguirà nell’attuare una propria politica di investimento, che si differenzi dalle linee seguite finora individualmente dagli Stati membri. Non è infatti ancora chiaro se si intenderà strutturare un autonomo European Model Bit, valido in molteplici negoziati (secondo una prassi esistente per molti Stati) o si propenderà per un approccio più indefinito e modellabile a seconda del partner commerciale. Al fine di attrarre investitori esteri, è necessario che l’UE definisca il suo concetto di protezione, chiarendo ad esempio quali standards di trattamento, tra quelli comunemente previsti nei BITs conclusi degli Stati Membri, intenda riproporre e adottare a livello europeo. Le negoziazioni da poco concluse con il Canada hanno iniziato a chiarire quale potrebbe essere il trend evolutivo europeo in 10 ICC Italia Newsletter proposito. Considerando ad esempio il capitolo relativo ai servizi e agli investimenti, si evince che è previsto un trattamento giusto, equo e non discriminatorio nei confronti degli investitori di ambo le parti. Sono altresì incluse previsioni sull’espropriazione (compresa quella indiretta) e clausole che assicurino uno standard minimo di trattamento. Infine, in caso di controversie, l’accordo contempla anche il ricorso a meccanismi di tipo ISDS (Investor-to-State Dispute Settlement) solamente durante la fase di post-establishment (il testo è disponibile al sito: http://eur-ex.europa.eu/ LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:201 2:351:0040:0046:En:PDF). A differenza di quanto invece previsto nell’accordo di libero scambio siglato tra UE e Corea, nel quale la protezione dell’investimento non viene trattata nel capitolo dedicato all’establishment (il testo è disponibile al sito: http://eur-lex.europa.eu/ legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=OJ:J OL_2011_127_R_0001_01&from=EN). Dal negoziato con il Canada, sembrerebbe che l’Unione miri a sviluppare una politica di investimento bilanciata e coerente, con l’intento di garantire la più ampia protezione possibile agli investitori, rielaborando quanto ereditato dalle best practices degli Stati Membri. A tal proposito ad esempio, appare fondamentale assicurare agli investitori talune garanzie in caso di controversie, tra cui la possibilità di adire sistemi alternativi di risoluzione e evitare così il ricorso ai tribunali locali. Ancora non pienamente definita appare invece la posizione dell’Unione in relazione alla responsabilità finanziaria che dovesse sorgere in relazione ad un investimento. Nel caso di commissione di un danno, chi dovrà essere considerato finanziariamente responsabile e quindi corrispondere il dovuto indennizzo o risarcimento? L’UE o il singolo Stato territorialmente coinvolto nell’operazione? Il problema della responsabilità finanziaria è un argomento molto sensibile a livello politico, ma inevitabilmente cruciale per forgiare l'emergente politica di investimento europea, posto che il re- gime internazionale di protezione degli investimenti stranieri è fortemente influenzato da scelte politiche. L’idea che sembra prevalere è che la Commissione europea elabori precise regole volte a disciplinare la responsabilità finanziaria all'interno di ogni futuro accordo di investimento, lasciando al tribunale arbitrale che sarà stato costituito il compito di decidere se la responsabilità è attribuibile all'Unione o al singolo Stato Membro, sulla base di quanto previsto nell’accordo di investimento europeo in questione. L’elaborazione di queste norme sulla responsabilità finanziaria resta tuttavia un problema estremamente complesso. Nel giugno 2012 la Commissione europea ha presentato una proposta rivolta al Parlamento e al Consiglio al fine di stabilire un framework di gestione della responsabilità finanziaria, in caso di controversie tra Stato e investitore, sorte in ambito degli accordi internazionali di cui l'Unione fa parte. Tuttavia, è verosimile aspettarsi che l'ultima parola spetterà comunque alla Corte di Giustizia, la quale esprimerà un suo giudizio seguendo, per quanto possibile la linea adottata finora. La Corte sin dagli albori – basti pensare a quanto sostenuto nell’Opinione 1/94 - ha sottolineato che la competenza dell'Unione in ambito di politica commerciale comprende gli obblighi post entry (quindi, dopo che un bene è stato importato), anche laddove gli Stati membri conservino la possibilità di adottare norme interne. Conseguentemente ha chiaramente precisato che la competenza dell’Unione in ambito di beni copre anche le fasi di post importazione, e che quindi l’UE si impegna a garantire il trattamento nazionale e della nazione più favorita, così come l’abolizione degli ostacoli derivanti da regolamentazioni tecniche (Opinione 1/2008; Opinione 1/91). Sembra quindi verosimile aspettarsi che anche in ambito di responsabilità finanziaria la Corte segua questo trend evolutivo. Nel dibattito che ne è derivato a livello interistituzionale, il motore propulsore verso maggiori poteri di investimento >> n. 4 - Aprile 2014 Approfondimenti europei è senza dubbio la Commissione. Il Consiglio invece, riflettendo inevitabilmente gli interessi degli Stati Membri, propende per un più cauto mantenimento dello status quo. Il Parlamento infine rimane scettico verso la tradizionale protezione accordata agli investitori. A maggio 2013, proprio il Parlamento, seguendo l’iter previsto dalla procedura legislativa ordinaria, ha elaborato, nella sua prima lettura, alcuni emendamenti chiave al progetto di Regolamento (Il testo è disponibile al seguente link: h t t p : / / w w w. e u r o p a r l . e u r o p a . e u /s i d e s /get D o c . d o ? p u b Ref = - / / E P/ / T E X T + TA + P 7 - TA - 2 0 1 3 0219+0+DOC+XML+V0//EN). In primo luogo si evidenzia che, anche senza uno specifico framework di azione, le previsioni di ISDS possono ugualmente essere messe in atto, poiché sia gli stati Membri che l’Unione fanno parte della Carta Europea dell’Energia (Amendement 2). Vale la pena ricordare che l’Energy Charter Treaty è attualmente l’unico accordo di cui l’UE è parte che prevede dei meccanismi ISDS per risolvere le controversie tra Stato e Investitore, anche se tali meccanismi non sono mai stati concretamente attivati. Il Parlamento evidenzia che non è necessario includere un meccanismo ISDS nei futuri accordi di investimento europei, sottolineando che l’eventuale inclusione dovrebbe riflettere una scelta conscia e informata nonché giustificata a livello economico e politico. Conseguentemente, la previsione di un simile meccanismo deve essere stabilita per ogni accordo di investimento alla luce di particolari circostanze (Amendment 3). Successivamente, si sottolinea la necessità di definire la responsabilità finanziaria entro dei limiti chiaramente delineati dal diritto europeo e dalla giurisprudenza degli Stati (Amendment 4). Nell’Amendment 5, il Parlamento prevede che in linea di principio la Corte di Giustizia, in caso di atti legislativi adottati in conformità col diritto UE e prescindendo dal diritto internazionale fintanto che non si ledano diritti individuali direttamente applicabili, non possa imputare la responsabilità finanziaria all’UE. I trattati di investimento europeo dovrebbero quindi consentire 11 ICC Italia Newsletter ai tribunali arbitrali di considerare l’UE responsabile davanti agli investitori stranieri soltanto nel caso di atti legislativi rispetto ai quali gli investitori europei non avrebbero possibilità di reclamo, ai sensi del diritto europeo (Amendement 5). Successivamente si enfatizza come, per ragioni di ulteriore certezza giuridica, sarebbe opportuno che le disposizioni del regolamento sulla responsabilità finanziaria non siano suscettibili di discussione o possibile alterazione da parte del tribunale (Amendment 24). Si considera infine, che molte controversie relative agli investimenti sono spesso risolte prima che effettivamente si avvii la procedura arbitrale. Al fine di sviluppare una politica di investimenti europea coerente, si suggerisce che la Commissione venga informata di tutte le controversie sorte in relazione ad un accordo europeo (Amendment 36). Sempre il Parlamento ha recentemente aggiornato la sua posizione nella risoluzione legislativa del 16 Aprile 2014, n° P7_TA-PROV (2014) 0419 (disponibile al seguente link: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-// EP//NONSGML+TA+20140416+SIT0 1 + D O C + W O R D + V 0 / / EN&language=EN). Essenzialmente si ribadiscono due punti chiave. In primo luogo si sottolinea che la responsabilità internazionale per un trattamento oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie è determinata sulla base della ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. Di conseguenza, spetta in via di principio all’Unione la responsabilità della difesa nei procedimenti aventi per oggetto la violazione di regole di un accordo che rientra nell’ambito della sua competenza esclusiva, indipendentemente dal fatto che il trattamento in questione sia messo in atto dall’Unione o da uno Stato membro. In secondo luogo, è opportuno che gli accordi conclusi dall’Unione offrano agli investitori stranieri un elevato livello di protezione identico a quello previsto per gli investitori europei, ma non superiore. Per quanto riguarda la divisione delle competenze tra Stati Membri e Unione, il Parlamento parte dal fatto che l’Unio- ne, in quanto entità dotata di personalità giuridica, è tenuta al pagamento del risarcimento e delle spese in giudizio, sia nel caso di un trattamento messo in atto dall’Unione, sia nel caso di un trattamento messo in atto da uno Stato membro. Di conseguenza, appare necessario ripartire la responsabilità finanziaria tra l’Unione stessa e lo Stato membro responsabile del trattamento messo in atto, senza andare a gravare sul bilancio dell’Unione . Secondo il Parlamento, la responsabilità finanziaria dovrebbe essere così allocata. È l’Unione stessa che dovrebbe assumere la responsabilità finanziaria quando il trattamento in questione è messo in atto da un’istituzione, un organo o un’agenzia dell’Unione. Se il trattamento in questione è invece messo in atto da uno Stato membro, allora la responsabilità finanziaria graverà sullo Stato membro in questione. Tuttavia, se lo Stato membro agisce in un modo prescritto dal diritto dell’Unione, ad esempio attuando una direttiva, è l’Unione stessa a dover assumere la responsabilità finanziaria, nella misura in cui il trattamento in questione è prescritto dal diritto dell’Unione. Infine, il regolamento deve anche prevedere la possibilità che un procedimento riguardi sia un trattamento messo in atto da uno Stato membro, sia un trattamento prescritto dal diritto dell’Unione. In questa ipotesi, gli Stati membri e l’Unione dovrebbero assumere la responsabilità finanziaria del trattamento messo in atto da una qualsiasi delle parti. Appare quindi chiaro che la situazione attuale si caratterizza per essere particolarmente delicata nella gestione degli equilibri di competenze tra UE e Stati Membri. E’ altresì evidente che un eventuale modello europeo di accordo in materia di investimenti sarebbe di essenziale ausilio per moderare la frammentazione del sistema di investimenti a livello europeo e internazionale. Un modello del genere rappresenterebbe, infatti, un’opzione più flessibile di un trattato multilaterale, ma allo stesso tempo contribuirebbe fortemente alla realizzazione di standard comuni. n. 4 - Aprile 2014 Approfondimenti Le sanzioni economiche e la situazione dei mercati a seguito della crisi ucraina La grave crisi che ha colpito l’Ucraina negli scorsi mesi ha avuto notevoli conseguenze sull’assetto geopolitico e sul piano dei rapporti economici internazionali. L’annessione della Crimea e le violazioni di diritto internazionale riscontrate non solo dalle Nazioni Unite, ma anche dalla NATO, dagli Stati Uniti e dall’UE ha comportato l’adozione, da parte di questi ultimi due soggetti, di una serie di sanzioni economiche nei confronti della Russia. G7 e UE, in una dichiarazione congiunta seguita all’incontro alla Casa Bianca tra il Presidente USA ed il premier ucraino Iatseniuk, giunto a Washington nel marzo scorso in cerca di sostegno e aiuto, avevano del resto anticipato che, in caso di annessione ci sarebbero state conseguenze. “Il popolo ucraino non può andare avanti con la pistola puntata dalla Russia” aveva dichiarato Obama fornendo il suo pieno appoggio all’Ucraina. Dietro questi messaggi si celava certamente una chiara minaccia di imporre pesanti sanzioni nei confronti del Cremlino e degli interessi economici russi. L’UE, intanto, alle dichiarazioni aveva fatto seguire un provvedimento di congelamento dei beni detenuti nel territorio dell’Unione di cui si erano illecitamente appropriati i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani in Ucraina. Il Parlamento UE ha infatti approvato una risoluzione non vincolante che chiede all’Unione Europea di prendere in considerazione un inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia, a partire dall’embargo sulle armi. Il 13 marzo scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo, cui si è rivolta l’Ucraina per accertare le eventuali violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Russia, ha adottato alcuni provvedimenti cautelari (ECHR 073/2014). In particolare il Presidente della Sezione competente della Corte, Dean Spielmann, rivolgendosi ad entrambi i Paesi coinvolti, ha ribadito la necessità di “evitare tutte le azioni, in particolare quelle militari, che potrebbero violare i diritti della popolazione protetti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e mettere a rischio la loro vita e la loro integrità”. Proprio poche settimane fa ad Atene si è tenuto il meeting dei ministri degli esteri europei e forte è stata la pressione di Gran Bretagna e Germania per porre in essere dure sanzioni con- 12 ICC Italia Newsletter tro il governo Putin. Tuttavia, data l’opposizione di molti Stati UE preoccupati per gli impatti negativi di tali politiche sulle proprie economie nazionali, queste verranno adottate solo a condizione che nuove invasioni russe abbiano luogo nel territorio ucraino. A questo proposito ricordiamo che vi erano stati nelle scorse settimane movimenti sospetti di concentrazione di truppe russe nella regione della Transnistria. L’operazione è stata qualificata dal Governo russo come di routine, in applicazione del protocollo relativo allo stazionamento militare alla frontiera moldava. Il 1° aprile Mosca ha, inoltre, aumentato il prezzo del gas per l’Ucraina. L’ad di Gazprom, Alexiei Miller, ha annunciato infatti un aumento del prezzo del metano esclusivamente per tale Stato, ponendo quindi fine allo sconto concesso a dicembre che aveva portato il prezzo da circa 400 a 268,5 dollari. Miller ha giustificato tale rincaro sottolineando come Kiev abbia mancato il pagamento del gas fornito nel 2013, precisando che il debito con la Russia ammonta a ben 1,7 miliardi di dollari per tale risorsa. Nonostante il tentativo di ben 28 Stati europei di prolungare i tempi della negoziazione diplomatica, Catherine Ashton, a capo della politica estera dell’UE, ha riaffermato il dovere della Russia di ritirare immediatamente le sue truppe dai confini ucraini, sottolineando poi come l’UE sia pronta ad adottare misure sanzionatorie. L’unico ostacolo a tali misure deriva certamente dal rischio di effetti negativi sulle economie nazionali, essendo la Russia non solo una grande potenza, ma anche uno dei maggiori esportatori di risorse energetiche per l’Europa. La Conferenza di Ginevra di giovedì 17 aprile non ha prodotto i risultati sperati. Il ministro degli Esteri del Lussemburgo ha comunque specificato che, a suo parere, le sanzioni non sarebbero comunque in grado di risolvere la situazione: la vera priorità dell’UE in questo momento sarebbe invece che, attraverso la diplomazia, si abbassi la tensione e vengano prese misure per aiutare l’Ucraina a superare la profonda crisi economica concedendo un pacchetto del valore di quasi 500 milioni di euro in vantaggi commerciali, tra cui l’eliminazione di dazi doganali su una vasta gamma di prodotti agricoli, tessili e altre importazioni. Durante una serie di consultazioni con i maggiori rappresentanti dell’industria e del governo ucraino, il Commissario Europeo per l’Energia nella Commissione Barroso II, Guenther Oettinger, ha espressamente dichiarato che il gas naturale, di cui la Russia è uno dei più grandi produttori ed esportatori, non sarà oggetto di alcuna sanzione. Questo argomento è uno dei punti chiave per ogni possibile sviluppo del caso. L’Europa è infatti estremamente dipendente dalle scorte di gas russo e la crisi ucraina pone di certo una grave incertezza sulla futura offerta di tale risorsa. La minaccia di Putin relativa al taglio sugli approvvigionamenti energe- >> n. 4 - Aprile 2014 Approfondimenti tici indirizzata a 18 leaders europei nel caso l’Ucraina non saldi i suoi debiti ha estremamente allarmato l’Unione. È interessante inoltre porre in evidenza la missione pianificata dall’UE, i cui principali fautori sono Regno Unito, Svezia e Polonia: tale missione ha come fine riformare la polizia ed il sistema giuridico dell’Ucraina in un breve lasso di tempo. Da un punto di vista economico tali obiettivi, prioritariamente volti a placare la violenza che insanguina il Paese, si rivelano fondamentali anche per porre le basi per l’attuazione di un progetto di accordo di libero scambio con l’UE. Sul versante europeo, base primaria dei rapporti commerciali è il DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Agreement), l’accordo di libero scambio sul modello WTO plus parte dell’accordo di associazione che UE ed Ucraina avevano iniziato a negoziare fin dal 2007 e poi sottoscritto nel 2012, anche se non ancora entrato in vigore. Il Consiglio Europeo, data la particolare situazione economica e politica in cui versa l’Ucraina, ha deciso una applicazione unilaterale fino al 1° Novembre 2014 di tutte quelle garanzie e concessioni previste dall’accordo. Ciò che sorprende è che la politica commerciale dell’UE che in questo caso non trae diretto vantaggio dall’accordo e che fino ad oggi era rimasta ben distinta da quelle che sono le logiche geoeconomiche e le indicazioni della politica internazionale, rappresenta un elemento fondamentale in una disputa prettamente geopolitica: l’Unione Europea non agisce più come soggetto economico commerciale internazionale, bensì come soggetto di diritto internazionale. Altro elemento innovativo è che il DCFTA non si limita al capitolo “Trade”, interessando quindi direttamente non solo l’aspetto daziario della cooperazione tra UE e Ucraina: esso, infatti, si estende anche ad una serie di aspetti che riguardano il public recruitment, gli investimenti, la tutela della proprietà intellettuale, il riconoscimento di norme e standard internazionali e l’applicazione di una serie di regole che ad esempio riguardano la Trade Facilitation, già oggetto di un accordo a 13 ICC Italia Newsletter livello WTO. È questo che principalmente toglierebbe l’Ucraina dalla sfera di influenza diretta della Russia e della comunità euroasiatica, dato che tali norme, regolamenti e standard non sono armonizzabili tra diverse aree del mondo. Tornando al regime sanzionatorio, congelamento dei beni e restrizioni sul rilascio dei visti sono sanzioni particolarmente “apprezzate” dall’UE dato che possono essere gestite più facilmente e su base discrezionale, senza procedure giuridiche particolarmente complicate. La Russia, in risposta a tale politica di isolamento, ha vietato definitivamente l’adozione dei suoi orfani da parte degli Americani; in particolare ciò è dovuto all’attuazione della legge USA anti-corruzione, la c.d. Legge Magnitsky, dal nome dell’avvocato di Bill Browder, condannato dopo un discusso processo per evasione fiscale di milioni di dollari. È ovvio che qualsiasi tipo di sanzione comporta svantaggi sia dal punto di vista russo, che da quello europeo. Una guerra commerciale sarebbe certamente deleteria per l’economia russa, anche considerando che il 15% del PIL dell’ex Unione Sovietica deriva dalle esportazioni al blocco. L’Europa però, fortemente dipendente dagli approvvigionamenti energetici russi e in fase di uscita dalla crisi, riceverebbe un altrettanto duro colpo alle proprie industrie e persino ai propri cittadini, privati della più grande fonte di risorse energetiche. Sono questi i motivi per cui l’eventuale imposizione di sanzioni commerciali, soprattutto in questo particolare periodo storico, potrebbe essere l’inizio di una nuova crisi per due aree geopolitiche fondamentali a livello globale. Tuttavia, anche le violazioni riscontrate dalla comunità internazionale, nel caso restino impunite nel nome della tutela dell’economia di mercato, rischiano di minare gli equilibri mondiali stessi, giustificando in futuro eventuali illeciti da parte di altri Stati. n. 4 - Aprile 2014 Notizie Italia Agenzia delle Dogane - Pagamento dei diritti doganali tramite bonifico in sostituzione degli assegni circolari La Direzione Centrale Tecnologie per l’Innovazione dell’Agenzia delle Dogane ha reso noto, nel corso della riunione del Tavolo e-Customs del 3 aprile, l’estensione a tutti gli operatori titolari di conto di debito della sperimentazione del pagamento dei diritti doganali tramite bonifico a decorrere dalla scadenza di pagamento del 23 Aprile. Da tale data, quindi, tutti gli operatori possono effettuare il pagamento con bonifico bancario o postale in sostituzione dell’assegno circolare, modalità che dovrebbe scomparire del tutto entro la fine dell’anno. La sperimentazione, avviata a fine 2011 con l’apertura di una contabilità speciale presso la Banca d’Italia sulla quale convogliare il pagamento dei diritti doganali tramite bonifico, era stata allargata a un numero sempre maggiore di operatori, fino all’attuale estensione totale e in vista della sostituzione definitiva degli assegni circolari con tale modalità di pagamento, prevista con la Legge finanziaria per il 2008. MISE - Riunione di coordinamento sui negoziati multilaterali Il 14 aprile, nel corso di una riunione di coordinamento sui negoziati multilaterali, cui hanno partecipato Associazioni, Federazioni e Istituzioni che hanno espresso le proprie posizioni in merito a specifiche tematiche di loro particolare interesse, il Viceministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha offerto un aggiornamento sui negoziati commerciali dell’UE in seno alla WTO e su quelli attualmente in corso (TTIP, CETA, FTA). Il Vice Ministro Calenda, che ha partecipato al negoziato WTO di Bali lo scorso dicembre, ha confermato il suo sostegno al multilateralismo che a Bali ha ripreso vigore con il raggiungimento di un accordo (il cd. “Bali package”) seppur parziale, ma ha anche ribadito la necessità di percorrere contemporaneamente altre strade come ad esempio i diversi negoziati bilaterali, plurilaterali e plurisettoriali fintantoché contribuiscano ad una maggiore apertura commerciale, in attesa della conclusione e del dispiegamento degli effetti degli accordi multilaterali. Interesse strategico per l’Italia e per la UE è, infatti, quello di raggiungere un più ampio grado di apertura con altre aree economiche che presentano un più alto livello di protezione tariffaria rispetto all’UE. Il Viceministro Calenda ha illustrato la complessità dei colloqui UE-USA sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), come ad esempio la difficoltà di negoziare in materia di misure protezionistiche restrittive quali le svalutazioni competitive o l’inserimento di clausole sulla protezione degli investimenti, ma - in considerazione del successo della conclusione del negoziato con il Canada – il Viceministro si è espresso in termini ottimistici, sottolineando l’importanza di poter cogliere numerosi benefici dagli effetti di un simile accordo con gli USA che sono già, e lo saranno sempre più nei prossimi anni, uno dei Paesi più competitivi e determinanti nello scacchiere economico mondiale (si pensi alla disponibilità di shale gas in un momento di incertezza quale quello attuale con la situazione critica dell’Ucraina). In particolare, è la clausola ISDS Investor-to-State Dispute Settlement che suscita perplessità, ossia l’inserimento di un meccanismo diretto di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, in merito alla quale la Commissione Europea ha avviato una consultazione e su cui l’Italia non si è ancora espressa. 14 ICC Italia Newsletter In merito all’accordo di libero scambio col Canada – il Comprehensive Economic Trade Agrement (CETA) , il Viceministro Calenda ha ricordato che, nonostante la presenza della “grand fathering clause” per cui le restrizioni alla produzione di prodotti canadesi dall’ “Italian sounding” non si applicheranno ai prodotti già in commercio, tale accordo rappresenta comunque una conquista, un’apertura del Canada nei confronti di prodotti italiani che, prima di esso, non potevano affatto essere commercializzati sul territorio canadese, per cui sarebbe auspicabile poter inserire simili previsioni nell’accordo con gli USA. Tanto più che nell’intenzione dei Paesi americani (non solo quindi Nord-America) l’indicazione geografica dagli Europei - Italiani in testa - così fortemente reclamata, andrebbe invece smantellata. Il Viceministro ha poi indicato quale strumento migliore per “andare alla conquista” del mercato canadese un’aggressiva attività promozionale per far conoscere ai canadesi la qualità dei prodotti italiani originali. Sui negoziati multilaterali relativi al Trade in Services Agreement (TiSA), alle preoccupazioni espresse in merito alle proposte avanzate in particolare dalla Turchia a favore di una liberalizzazione del settore dell’autotrasporto che preveda l’eliminazione di autorizzazioni e licenze, il viceministro Calenda ha assicurato che sarà posta la massima attenzione affinché non si giunga ad una liberalizzazione senza regole che possa danneggiare questo settore, di grande rilievo per l’Italia. Tra gli obiettivi strategici che il Viceministro intende inserire nelle priorità del semestre italiano di Presidenza UE, che partirà il prossimo 1° luglio, vi è anche il negoziato con il Giappone che potrà trarre beneficio dalla conclusione del TTIP, senza dimenticare altri Paesi con i quali sarebbe bene avviare o riprendere negoziati per l’impatto che questi possono avere sull’economia europea e in particolare italiana, quali ad esempio Vietnam e Messico. In particolare, il rinnovo del partenariato economico col Messico risulterebbe positivo ai fini del negoziato con gli USA, come lo è stato quello col Canada. Tra i presenti all’incontro, oltre ICC Italia, anche AICIG, Agenzia ICE, Coldiretti, Confagricoltura, Confindustria, Ministero delle Politiche Agricole, Ministero dei Trasporti e altre istituzioni. n. 4 - Aprile 2014 Notizie Estero Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) Quarto round: Bruxelles 10-14 marzo 2014 Il quarto round dei negoziati UE-USA, svoltosi dal 10 al 14 marzo, si è focalizzato sulle PMI e sui benefici ad esse derivanti dal Negoziato, in considerazione della grande importanza che esse rivestono in termini occupazionali sia negli USA sia nell’UE. Le PMI - cui per la prima volta la UE intende dedicare un intero capitolo di un accordo commerciale - rappresentano, infatti, l’ossatura delle economie di entrambe le parti negoziatrici e l’accordo contribuirebbe alla loro espansione, generando posti di lavoro e crescita. Oltre al ruolo delle PMI, nel corso del quarto round si è discusso di altri tre temi: accesso al mercato, regimi regolamentari, regole e standard. Nell’ambito del primo tema, si è entrati nel vivo del negoziato con un primo scambio di proposte, che dovranno essere valutate, in merito alle tariffe, mentre il successivo passo sarà uno scambio di proposte su servizi e commesse pubbliche. In tema di regimi regolamentari, i negoziatori, coadiuvati da un gruppo di esperti, hanno proseguito la ricerca di una maggiore compatibilità e coerenza normativa in settori-chiave dell’industria quali farmaceutico, cosmetico, automobilistico, chimico, dispositivi medici; vi è stato uno scambio di proposte scritte per la riduzione di barriere tecniche al commercio, mentre sono in via di preparazione propo- ste relative a misure sanitarie e fitosanitarie. In tema di regimi regolamentari, assume una grande importanza il capitolo relativo alle dogane e alla trade facilitation, in considerazione dell’impatto che la semplificazione e lo snellimento delle procedure può avere per le imprese più piccole. Per quanto riguarda il tema sensibile degli standard, il punto di partenza per sviluppo sostenibile, lavoro e ambiente è quello degli accordi attualmente esistenti tra USA ed UE e, a tal proposito, il caponegoziatore UE Garcia-Bercero ha dichiarato che l’obiettivo è quello di tagliare i costi per le imprese, senza ridurre gli standard su salute, sicurezza, lavoro e ambiente. Quanto agli investimenti, altro tema sensibile del negoziato, il Commissario UE per il Commercio De Gucht ha dichiarato che l’UE intende migliorare l’attuale sistema di protezione degli investimenti stranieri. A tal proposito, la Commissione ha avviato il 27 marzo scorso una consultazione pubblica sulla protezione degli investitori e sulla composizione delle controversie investitore-Stato (ISDS) nell’ambito della TTIP. La consultazione, che durerà 90 giorni dalla pubblicazione dell’ultima traduzione del testo della consultazione in una delle lingue ufficiali, si concluderà il 6 luglio prossimo ed è disponibile al seguente link http://trade.ec.europa.eu/consultations/index. cfm?consul_id=179. Come già per i precedenti round, una giornata è stata dedicata all’incontro con gli stakeholder, inclusi delegati di organizzazioni della società civile e delle imprese, quale momento di confronto sull’andamento dei negoziati e sull’indirizzo della politica commerciale da perseguire. Il quinto round di negoziati si terrà prima dell'estate a Washington, mentre il sesto, presumibilmente dopo l’estate, sarà il primo durante il Semestre di Presidenza italiana. La Corte di Lussemburgo annulla la Direttiva sulla “data retention” L’8 aprile, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito l’invalidità della direttiva 2006/24, la quale obbligava le compagnie di comunicazione a conservare i dati scambiati per mezzo della rete telefonica e telematica. La Corte ha stabilito che la direttiva poteva dare luogo a una violazione su vasta scala della vita privata, in quanto non condizionava l’accesso alle informazioni personali al ricorrere di condizioni di estrema necessità. Il provvedimento era stato 15 ICC Italia Newsletter elaborato dalla Commissione al fine di uniformare le legislazioni nazionali in materia di gestione e utilizzo dei dati e al fine di garantire che questi ultimi fossero accessibili e utilizzabili nel quadro della lotta al crimine organizzato e al terrorismo. L’atto invalidato obbligava i gestori della rete telefonica e telematica a custodire tutte le informazioni, scambiate attraverso i network digitali, idonee a localizzare gli utenti. Dopo avere dichiarato ammissibili i rinvii pregiudiziali sollevati dalla High Court irlandese e dal Verfassungsgerichtshof austriaco, la Corte di Lussemburgo ha stabilito che il contenuto della direttiva era incompatibile con le disposizioni della Carta dei diritti >> n. 4 - Aprile 2014 Notizie fondamentali dell’UE e, in particolare, con le disposizioni che salvaguardano il diritto dei singoli a vedere rispettata la vita privata e le informazioni personali. Il provvedimento annullato imponeva la “data retention” a tutte le compagnie e imponeva l’acquisizione di informazioni di ogni genere, relative a qualsiasi categoria di individui. L’assenza di distinzioni, limiti ed eccezioni era stata giustificata da Bruxelles sulla base della necessità di sventare in maniera tempestiva i piani terroristici. I giudici di Lussemburgo, oltre a dichiarare inammissibile tale giustificazione, hanno censurato il fatto che la normativa non obbligasse le autorità nazionali di pubblica sicurezza a dimostrare l’utilità, nell’ambito della lotta al crimine, dei dati di cui intendevano appropriarsi. I giudici, inoltre, hanno sottolineato la mancanza di previsioni volte a imporre degli adempimenti procedurali agli organismi investigativi e hanno stabilito che la direttiva avrebbe dovuto condizionare l’accesso ai dati alla previa autorizzazione di un tribunale o di una authority. Senza incisive modifiche, il testo in vigore rischiava di esporre milioni di informazioni “sensibili” all’ingerenza del potere pubblico. Lo stesso testo non proibiva la trasmissione dei dati al di fuori del territorio dell’Unione, favorendo, di conseguenza, la sorveglianza dei cittadini europei da parte di governi stranieri. L’atto invalidato aveva fissato, per la “data retention”, una durata di sei mesi. Secondo la Corte UE, la durata avrebbe dovuto essere diversa a seconda delle caratteristiche delle informazioni e a seconda dell’importanza di queste ultime per gli sviluppi delle indagini dirette a contrastare le organizzazioni criminali. In aggiunta, il provvedimento censurato non obbligava i provider a eliminare in maniera irreversibile, alla scadenza del termine suindicato, le comunicazioni custodite, a discapito dell’effettiva salvaguardia del “right to be forgotten”. La direttiva 2006/24 era stata approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio per rassicurare i governi dei Paesi membri, profondamente turbati in seguito agli attentati terroristici che si erano verificati a Madrid nel 2004 e a Londra nel 2005. La Commissione sull’Economia Digitale di ICC aveva ripetutamente denunciato la natura sproporzionata degli strumenti predisposti dalla normativa UE rispetto all’obiettivo di tutelare in maniera efficace la sicurezza degli Stati. La Commissione aveva affermato che costringere le compagnie di telecomunicazione a preservare il contenuto delle telefonate, delle email e degli SMS avrebbe determinato la progressiva erosione del diritto alla privacy. In seguito all’entrata in vigore della direttiva, ICC si era dichiarata fautrice, insieme alla Employers’ Confederations of Europe, alla European Information and Communication Technology Association e alla International Telecommunications Users Group, della maggiore importanza del concetto di “data preservation” piuttosto che qdi uello di “data retention”, sostenendo l’opportunità di condizionare l’accesso delle autorità di polizia ai dati detenuti dai provider alla previa autorizzazione di un organismo indipendente. Tale principio era stato posto a fondamento della Convenzione del Consiglio d’Europa sui cyber-crimini, approvata nel novembre del 2001, due mesi dopo l’attacco alle Torri gemelle. In seguito agli attentati di New York, Madrid e Londra, le istituzioni europee avevano deciso di attenuare la protezione dei diritti fondamentali pur di stroncare il terrorismo. La sentenza dell’8 aprile, invece, può essere considerata espressione di una crescente sensibilità delle stesse istituzioni nei confronti dell’intimità dei cittadini, una sensibilità probabilmente favorita dalle rivelazioni degli ultimi mesi sulle attività della National Security Agency. Il Governo libico mette fine all’occupazione dei pozzi petroliferi delle regioni orientali L’8 aprile 2014, i governi italiano, britannico, francese, tedesco e statunitense hanno diramato un comunicato stampa congiunto in cui essi si felicitano per la riapertura dei pozzi petroliferi della Libia orientale, affermando che, grazie a tale riapertura, Tripoli riacquisterà im- 16 ICC Italia Newsletter portanza nel mercato internazionale del greggio e i Libici potranno godere di migliori condizioni di vita. La fine dell’occupazione dei complessi estrattivi della regione di Bengasi, infatti, è il risultato di una trattativa durata più di otto mesi e condotta dal governo e le compagini parlamentari da una parte e i ribelli che si battono per l’autonomia della Cirenaica dall’altra. Questi ultimi, nel luglio del 2013, si erano impadroniti dei terminal petroliferi di Zueitina, Hariga, Ras Lanuf e Sidra, tutte località poco distanti da Bengasi, al fine di costringere il governo centrale a concedere all’Est libico una maggiore quota degli introiti derivanti dalla vendita del greggio. Un accordo tra Tripoli e ribelli sarebbe stato raggiunto solamente il 6 aprile scorso, di notte. Pur di far ripartire la produzione di barili, l’esecutivo ha accettato di pagare un riscatto, di non perseguire penalmente gli artefici dell’occupazione e di ritirare dalla regione di Bengasi le truppe inviate nei mesi precedenti. Tuttavia, le richieste volte a far riconoscere alla Cirenaica una maggiore autonomia finanziaria non sono state accolte dalle autorità centrali. Di conseguenza, le trattative sulla forma di Stato dovranno proseguire. «Dopo queste concessioni, i ribelli non hanno più motivi per attaccare i terminal e interrompere la produzione», ha dichiarato >> n. 4 - Aprile 2014 Notizie il Ministro della Giustizia, Salah al-Marghani. Ibrahim Jathran, leader del fronte per l’autonomia della Cirenaica, invece, ha affermato che l’accordo siglato con le autorità centrali è la dimostrazione del fatto che il movimento che egli rappresenta è contrario alla lotta armata. «Il negoziato è l’unica via per risolvere i problemi della Libia senza subire le interferenze dell’Occidente». L’occupazione militare dei pozzi e la sospensione delle attività estrattive hanno determinato una diminuzione delle esportazioni di Tripoli di circa l’80% e oltre 7 miliardi di mancati introiti. Secondo il ministro al-Marghani, la riapertura degli stabilimenti permetterà alla Libia di esportare 800.000 barili al giorno. Dall’inizio dell’occupazione, la produzione giornaliera non aveva mai superato la soglia dei 150.000 barili. Il ripristino delle attività estrattive in tutti i terminal della regione orientale stimolerà in maniera vigorosa la crescita del Pil. La stipula dell’accordo ha prodotto anche conseguenze importanti sul mercato internazionale. Il prezzo del greggio ha iniziato a diminuire, assestandosi, il giorno dopo l’accordo, a 105,75 dollari al barile, un calo dello 0,9 percento rispetto alle rilevazioni precedenti. I governi europei hanno buone ragioni per sperare nella ripresa del settore petrolifero della Libia. Grazie a una produzione di barili nuovamente a pieno regime, Tripoli tornerebbe a essere un partner privilegiato di Bruxelles. Considerando i difficili rapporti tra la Russia, secondo esportatore di petrolio al mondo e primo fornitore di greggio all’Unione europea, e i 28 membri di quest’ultima, viene quasi spontaneo individuare, dietro le dichiarazioni di Roma, Parigi, Londra e Berlino, la speranza che il Paese nordafricano acquisti sempre maggiore influenza nel mercato mondiale degli idrocarburi. Per Bruxelles, infatti, la rinascita politica ed economica del Maghreb rappresenterebbe un’occasione unica per attenuare la propria dipendenza energetica nei confronti di Mosca. Tuttavia, i risultati di questo accordo sono tutti da verificare in quanto il Paese, a tre anni dalla caduta di Gheddafi, è ancora afflitto da corruzione, infiltrazioni jihadiste e lotte tribali. Strasburgo approva in prima lettura il “Regolamento sul Made in” Il 15 aprile il Parlamento europeo, con 485 voti a favore e 130 contrari, ha approvato il progetto del cd. “regolamento sul made in”, presentato dalla Commissione il 13 febbraio 2013. Tale regolamento, una volta entrato in vigore, introdurrà norme più severe in materia di indicazione dell’origine dei beni di consumo e obbligherà i produttori a specificare i Paesi di provenienza delle materie prime. Il dibattito in seno al Parlamento europeo ha acquisito, settimana dopo settimana, le caratteristiche di un vero e proprio scontro. I deputati italiani, francesi e spagnoli hanno sostenuto con forza la necessità di estendere agli altri articoli di consumo le norme già applicabili ai prodotti alimentari, mentre i parlamentari del Nord–Europa si sono opposti. Secondo i deputati tedeschi e olandesi in particolare, tale obbligo 17 ICC Italia Newsletter rischia di pregiudicare il fatturato delle multinazionali e favorire la fuga del gruppo Volkswagen e del gruppo Philips dal mercato europeo. L’approvazione del regolamento può essere considerata una vittoria del “fronte mediterraneo”, in quanto il nuovo atto trova applicazione sia nei confronti delle aziende agroalimentari sia nei confronti dei produttori di «manufactured nonfood products». In base alla disciplina previgente, invece, questi ultimi dovevano solamente indicare il Paese in cui i beni erano stati sottoposti a «the last, substantial, economically-justified processing or working». La Commissione aveva avanzato la proposta di un atto relativo alle denominazioni di origine già nel 2005, ma, all’epoca, l’iniziativa non era riuscita a superare l’opposizione del Consiglio. Quest’ultimo, dopo le elezioni del 25 maggio, dovrà approvare in via definitiva il progetto del 15 aprile. Lo scontro tra le istanze nazionali è destinato ad acuirsi. Il progetto di regolamento ha suscitato valutazioni fortemente contrastanti. Le associazioni per la difesa dei consumatori hanno sottolineato il fatto che la nuova disciplina permetterà a questi ultimi di ottenere maggiori informazioni sulla lavorazione dei prodotti. Secondo una diversa opinione, invece, l’obbligo di specificare la provenienza delle materie prime determinerà solamente maggiori spese per le aziende e non aumenterà in misura significativa la sicurezza dei prodotti. Relativamente ai «manufactured nonfood products» e in particolare ai prodotti informatici, i rappresentanti del settore delle ICT hanno sollevato la questione della difficoltà di individuare esattamente l’origine di alcuni prodotti tecnologicamente complessi che vengono parzialmente assemblati in uno Stato per poi essere trasferiti e completati in uno Stato diverso, e che vengono comunque realizzati grazie a software forniti da diverse compagnie e centri di ricerca originari di più Stati. Di conseguenza, il fatto che il progetto del 15 aprile faccia riferimento esclusivamente all’assemblaggio materiale non consente ai consumatori di avere informazioni significative sulla provenienza di tali prodotti ed è improbabile, inoltre, che tale disposizione contribuisca a prevenire che prodotti non conformi raggiungano il mercato UE. n. 4 - Aprile 2014 Notizie ICC IMB - Pirateria in calo ma l’allerta resta Il rapporto conclusivo 2013 redatto dall’ICC International Maritime Bureau indicava una forte diminuzione della pirateria marittima nel mondo attestandosi al livello minimo degli ultimi sei anni. Il primo rapporto del 2014 conferma questo andamento ma, afferma il Direttore dell’IMB Pottengal Mukundan, “sebbe- ne il numero degli attacchi rimanga basso, la minaccia è ancora presente”. Non bisogna abbassare la guardia, dunque, di fronte a questa minaccia per mercantili ed equipaggi. Nel primo trimestre del 2014 si sono verificati 49 episodi, di cui 2 navi sequestrate, 37 assaltate, 5 su cui sono stati esplosi colpi di arma da fuoco e 5 tentativi andati a vuoto. Le aree maggiormente colpite sono, ancora una volta, l’Africa Occidentale dove sono stati segnalati diversi casi tra Angola e Nigeria, il Mar d’Arabia e il Golfo di Aden tra Somalia e Oman, e infine l’Indonesia. Il Rapporto, infine, cita l’episodio verificatosi in Oman all’inizio dell’anno che, grazie all’intervento delle forze navali internazionali, si è concluso con la liberazione della nave e dell’equipaggio e l’arresto di alcuni pirati. Il buon esito dell’operazione, secondo l’IMB, dimostra l’importanza del ruolo delle forze internazionali per contenere la minaccia della pirateria e la necessità di mantenere la loro dislocazione nelle aree più a rischio, nonostante l’ attuale calo degli episodi. Camera di Commercio Internazionale Comitato Nazionale Italiano Via Barnaba Oriani, 34 00197 Roma Hanno collaborato a questo numero: Gerry Freda, Maria Laura Marceddu, Monica Salvatore, Beatrice Settanni, Barbara Triggiani, Flavia Velletri. Tel. +39 06 42034301 Segreteria +39 06 42034320/21 Uff. Pubblicazioni +39 06 42034333 Fax. +39 06 4882677 Progetto grafico: Luca Ingrassia email: [email protected] web: www.iccitalia.org ICC Italia Newsletter n. 4 - Aprile 2014