Cercare e gioire* Caro Salvatore , in questa

Transcript

Cercare e gioire* Caro Salvatore , in questa
Cercare e gioire*
Caro Salvatore ,
in questa liturgia eucaristica sarai Ammesso tra i candidati agli Ordini sacri, ossia tra coloro
che cercano il Signore e gioiscono della sua presenza.
Durate il rito esprimerai la tua ferma volontà di seguire il Signore Gesù «come uno schiavo
che sospira l’ombra, come un salariato che aspetta la sua paga» (Gb 1,2). Seguire vuol dire cercare
continuamente il Signore e, dopo averlo trovato, continuare a cercarlo ancora. «Tutti ti cercano!»
è il grido che gli apostoli rivolgono a Gesù. Ma egli li esorta ad andare altrove (Mc 1,37-38). Non
vuole ammiratori, ma imitatori. La sua vita sulla terra «dal principio alla fine, fu indirizzata
assolutamente ad avere solo imitatori e a impedire gli ammiratori”1.
L’incontro con Cristo riempie il cuore di gioia. E questa, a sua volta, diventa la spinta per
continuare nuovamente a mettersi sulle sue tracce. A tal proposito, sant’Agostino scrive:
«Cerchiamolo per trovarlo, cerchiamolo dopo averlo trovato. Perché lo cercassimo per trovarlo, è
nascosto; perché, dopo averlo trovato, di nuovo lo cerchiamo. Egli è immenso. Sazia chi,
cercandolo, diventa capace di coglierlo, e fa più capace chi trova»2.
La ricerca del discepolo
Caro Salvatore, questa sera ti inserisci nella grande schiera dei “cercatori di Dio”, di coloro
che per incontrare il Signore sono disposti a lasciare ogni cosa e a mettersi in cammino, anzi a
correre verso di lui (cfr. Fil 3,13). Per sua natura, l’uomo è un cercatore. «Una vita senza ricerca
non è degna per l’uomo di essere vissuta»3. Il credente lo è in modo ancora più intenso. Il
dinamismo della ricerca, infatti, non è estraneo alla fede, ma è piantato nel momento sorgivo della
sequela, appartenendo alla dimensione costitutiva della sequela stessa.
La ricerca richiede innanzitutto la disponibilità a lasciare ciò che definisce la propria identità
(beni, relazioni familiari, progetti) per mettersi a disposizione di un compito più grande. Dio non si
accontenta di qualcosa, vuole tutto e al chiamato spalanca la distesa del deserto perché egli impari
a fidarsi solo di lui.
Quante cose, caro Salvatore, hai lasciato per iniziare il tuo cammino vocazionale e quante
dovrai ancora lasciare. In questi anni hai compreso che il movimento di spogliazione di sé è lungo e
faticoso, ma è l’unico modo per incontrare il Signore e vivere con lui l’intimità nuziale.
La spogliazione di sé, però, è solo il presupposto della ricerca. Questa richiede anche la
sollecitudine a “protendersi in avanti”(epektasis), in un movimento continuo che non ha mai
termine e attende che il desiderio venga esaudito dalla grazia divina. Il chiamato non solo non
deve tornare indietro, ma non deve nemmeno fermarsi. San Bernardo mette in guarda il discepolo
di Cristo con queste parole: «È necessario che tu o salga o scenda: se stai fermo, rischi di
precipitare»4.
Il Vangelo di Giovanni pone come paradigmi della ricerca i due discepoli (cfr. Gv 1,35-42) e
la Maddalena (cfr. Gv 20,11-18). Nel caso dei discepoli si intrecciano due modelli di ricerca, uno
preso dall’Antico Testamento e l’altro dal giudaismo del tempo. Il primo modello si riferisce alla
*
Omelia nella Messa per l’Ammissione ai candidati agli Ordini sacri di Salvatore Ciurlia, Parrocchia Trafigurazione
Taurisano, 8 febbraio 2015.
1
S. Kierkegaard, Esercizio del cristianesimo, 810.
2
Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 63,1.
3
Platone, Apologia di Socrate, 38a.
4
Bernardo di Chiaravalle, Epist. XCI, 3.
ricerca del Messia il quale, quando arriva, rimane nascosto e per questo bisogna saperlo
riconoscere. Il secondo indica la ricerca della Sapienza.
La tua ricerca, caro Salvatore, deve essere animata dalla consapevolezza che Cristo è il
Signore della tua vita e che, in lui, potrai trovare la Sapienza, ossia il vero senso della vita.
Considera che in fondo è lui che viene incontro a te, come la Sapienza va incontro a chi la cerca,
sollecitando la ricerca stessa e facendosi amabilmente trovare.
La ricerca della Maria Maddalena, invece, si ispira a quella della sposa del Cantico dei
cantici (cfr. Ct 3,1 e 5,6). In questo caso, si sottolinea che la sapienza vive di eros, di una passione
che ha bisogno di una grande purificazione per diventare agape. La ricerca è il frutto di un
affettivo e profondo amore a Cristo Risorto, capace di rigenerarsi continuamente per il rinnovato
incontro con lui.
Tenendo conto di questi modelli, ti invito a cercare il Signore in modo saggio e
appassionato. In questi anni, hai imparato a riconoscere che solo Cristo è la sapienza della vita. Lui
è il vero approdo al tuo bisogno di felicità. Nel 2011, in un incontro dei giovani della nostra Diocesi
mi rivolgevi le seguenti domande: «Spesso nelle nostre giornate non c’è tempo per soffrire, non
c’è tempo per aspettare e non c’è tempo per sperare. Come si può imparare a non aver fretta?
Come gustare la bellezza delle piccole cose quotidiane?». In risposta a questi interrogativi, ti
incoraggiai con le seguenti parole: «Caro Salvatore, ama la vita, le cose che tocchi, le persone che
incontri, gli avvenimenti che accadono quotidianamente». Da allora, ti sei esercitato in questo
compito e il Signore si è fatto più vicino. Per l’amore verso di lui hai deciso di intraprendere il
cammino verso il sacerdozio. Ora, ti invito a continuare a camminare sulla strada che hai iniziato a
percorrere. «Trovare Dio - scrive san Gregorio di Nissa - è cercarlo senza fine. Cercare e trovare
Dio non sono cose diverse, ma il guadagno della ricerca è la ricerca stessa. Il desiderio di Dio
nell’anima è appagato dal fatto stesso di restare insaziabile, poiché vedere Dio è propriamente
non essere mai sazi di desiderarlo»5.
La gioia del discepolo
Se non ti stancherai di cercare, troverai il Signore e la sua presenza ti colmerà di gioia. La
religione cristiana è la religione della gioia. Essa nasce dall’incontro con Cristo e per questo diventa
«il barometro dell’anima. (..) un indicatore, “una spia”, un segnale. Se manca, qualcosa non è a
posto, qualcosa non va» (G. Bernanos).
Hai così, caro Salvatore, un chiaro indicatore per misurare la verità e la solidità della tua
ricerca e del tuo cammino vocazionale. Se il tuo cuore è in festa, non vi è dubbio che sei sulla
buona strada. Se, nonostante le inevitabili difficoltà che incontrerai, il tuo cuore non smetterà di
rallegrarsi al pensiero di Cristo, allora vuol dire che la tua scelta non è fondata sulla sabbia, ma
sulla roccia e rimarrà fedele e stabile nel tempo.
In fondo, non si tratta di una gioia personale, ma di una partecipazione alla gioia della
Chiesa. Questa - scrive Bernanos -«è depositaria della gioia, di tutto il patrimonio di gioia riservato
a questo triste mondo». Vivendo nella Chiesa imparerai riconoscere le molteplici sfumature della
gioia: la gioia delle semplici cose della vita; la gioia beatificante della preghiera silenziosa e
contemplativa; la gioia gratificante dell’incontro con i fratelli nella fede; la gioia del dialogo e del
confronto con gli uomini di buona volontà; la gioia del servizio verso tutti nello spirito indicato
dall’apostolo Paolo: «Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il
maggior numero. […] Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto
tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne
partecipe anch'io» (1Cor 9, 19. 22-23).
5
Gregorio di Nissa, Vita di Mosé, II, 239.
Soprattutto imparerai la gioia della missione e della sofferenza per Cristo. Il Vangelo è la
“buona notizia” da annunciare al mondo e ogni persona che segue Cristo è un messaggero di gioia.
«Il cristiano, - afferma ancora Bernanos - è un seminatore di gioia; per questo egli fa grandi cose.
La gioia è una delle potenze irresistibili del mondo: essa placa, disarma, conquista; l’anima allegra
è apostolo; attira a Dio gli uomini manifestando loro ciò che in lei produce la presenza di Dio». Se
sarai felice, caro Salvatore, la tua vita sarà pienamente realizzata e la tua missione sarà feconda di
frutti.
Se vuoi, però, raggiungere la perfezione deve imparare la “gioia della sofferenza”. Beato te,
se saprai soffrire per Cristo! (cfr. 1Pt 3,14). Per questo medita attentamente le parole dell’apostolo
Pietro ai cristiani del suo tempo: «Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo,
rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati
voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio,
riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma
se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; per questo nome, anzi, dia gloria a Dio» (1Pt 4, 1316; cfr. anche Gc 1,2 ).
Dovrai essere seminatore di gioia, ma di una gioia differente da quella promessa dal
mondo. La tua gioia dovrà essere liberante e trasformante, perfetta ed eterna perché attinta dallo
Spirito Santo, sorgente di ogni gioia. Sii un discepolo gioioso e, con le parole di sant’Agostino,
prega il Signore che ti doni la sua gioia:
«Lontano, Signore,
lontano dal cuore del tuo servo che a te si confessa,
lontano il pensiero che godendo di qualunque gioia
possa essere felice.
Vi è infatti una gioia che non è data agli empi,
ma a coloro che ti servono con gratuità -- per puro amore -e la gioia di costoro sei tu stesso.
Questa è la vita felice: gioire per te, di te, a causa di te.
Altra felicità non esiste»6.
6
Agostino, Confessioni, X, 22.