come esseRe buoni samaRitani oggi
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come esseRe buoni samaRitani oggi
Come essere buoni samaritani oggi “… E SI PRESE CURA DI LUI…” (Lc 10,34) Ricordando la testimonianza cristiana del dottor Pietro Perin In occasione del 50° anniversario della morte del dott. Pietro Perin (Creazzo, 1869 - San Donà di Piave, 1959), il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha preso spunto dalla sua testimonianza cristiana, resa nell’esercizio della professione nel campo della sanità, per una riflessione sul tema della pastorale della salute e del servizio verso gli altri. Il dott. Perin, figura significativa del laicato cristiano di San Donà di Piave, è stato definito “medico dei corpi e delle anime”. Egli fu un protagonista della ricostruzione materiale e morale dell’intera zona del Sandonatese, affiancando l’arciprete mons. Luigi Saretta. In particolare, la memoria della sua figura di cristiano esemplare è stata occasione per affrontare i temi pastorali dell’accoglienza della nuova vita e della pastorale del malato. Il presente testo, completando la riflessione svolta durante l’anno, propone alcune linee di azione per i singoli, le famiglie e la comunità. Il riferimento Evangelico A. La Parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37) permette di approfondire ed illuminare la riflessione. La figura del Buon Samaritano è l’autoritratto di Gesù e riassume il suo agire nei confronti dell’umanità ferita. • Giovanni Paolo II nell’enciclica Salvifici doloris sottolinea come “Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque essa sia… Buon Samaritano è ogni uomo che si commuove per la disgrazia del prossimo” (n. 28). Da sempre la comunità cristiana è impegnata nella cura della salute, dei malati e dei sofferenti. La consegna di Cristo “Va’ e fa an- che tu lo stesso” (Lc 10, 37) non riguarda solo alcuni nella comunità cristiana, né è delegabile, ma coinvolge ogni battezzato, ogni persona di buona volontà e tutta la comunità civile. • Nella Parabola si possono evidenziare otto espressioni che caratterizzano l’umanità del Samaritano: gli passò accanto, lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino, lo caricò sul suo giumento, lo portò in un albergo, si prese cura di lui. • Ne possono allora scaturire alcune domande: - Come educarci a coniugare nella pratica questi otto verbi? - Come la nostra comunità cristiana può diventare “luogo formativo” per un’effettiva umanizzazione della cura della salute, dell’accompagnamento nella malattia o disabilità e in generale dei sofferenti? - Di fronte al dolore dell’uomo che significato hanno le barriere razziali, politiche e religiose? C’è un impulso naturale al bene, che può essere deviato, perciò va coltivato e educato, contrastando le propensioni all’egoismo. • La Parabola del Buon Samaritano esprime comunque, prima di tutto, l’agire misericordioso di Dio che, nel suo Figlio Gesù, si china sulla nostra umanità ferita per risanarla e salvarla. In Gesù “apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini. Egli ci ha salvati per la sua misericordia” (Tt 3,4). pre nel segno del “prendersi cura” della persona, del mettersi a servizio della vita della persona; • con il suo incontrare i malati, Gesù ha mostrato come l’unione con Dio e la fedeltà al suo disegno non dipende da gesti ritualistici, ma dal servire e amare i fratelli sofferenti; • Gesù, nel guarire il malato, lo reinserisce nella comunità; • l’agire di Gesù verso i malati non debella tutte le malattie e non risana tutti i malati, ma diventa segno di un mondo dove la sofferenza verrà vinta e dove l’umanità verrà pienamente risanata. B. I Vangeli, nel presentare la missione di Gesù, dedicano molto spazio al suo ministero terapeutico: • la partecipazione di Gesù alla condizione della persona umana, specie se sofferente, non è mai fredda, bensì carica di forte ed intensa emotività; egli fa propria la sofferenza di chi incontra; • l’atteggiamento di Gesù verso la malattia è sempre di lotta per vincere il male; • la relazione di Gesù nei confronti dei malati, le stesse guarigioni miracolose operate, sono sem- Perchè fare pastorale della salute? La pastorale della salute che la Chiesa svolge ha il suo fondamento ed origine nella Trinità. Il Padre è colui che “prende l’iniziativa”: “Ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze, sono sceso a liberarlo dal potere dell’Egitto” (Es 3,7). Il nostro Signore è un Padre che ama, si prende cura, guarisce. La gratuità del Padre fonda ogni gratuità di chi agisce accanto a chi soffre. L’Amore paterno di Dio ha due volti. Il primo è quello del Pastore, che condivide la vita del gregge, che assicura una presenza soprattutto nel tempo della “valle oscura”. Egli è colui che guida e ha particolare attenzione per chi è debole, infermo, disperso. L’altro volto dell’Amore è quello del medico: “Io sono il Signore, colui che ti guarisce” (Es 15,26). Se, infatti, il Padre è la sorgente della vita, sarà dunque sorgente di guarigione. Ogni nostra cura del malato non può prescindere dall’offerta dell’incontro con “Colui che è medico e medicina” (P. Leopoldo Mandic). Gesù è l’Eterno Amato, il Figlio che rivela i volti del Padre: “Chi vede me vede il Padre”. Gesù si autodefinisce il Buon Pastore, che dà la sua vita per le pecore. Egli è il medico dei corpi e delle anime: “Passò beneficando e sanando” (Atti). La salvezza di Dio non è spiritualismo astratto, ma si radica in quanti soffrono e sono nel bisogno. Lo Spirito Santo è l’unità dell’amore, il legame tra il Padre e il Figlio. Lo Spirito Santo ci dona la capacità di creare una profonda comunione con chi soffre; crea comunione anche tra chi opera nella realtà della sofferenza. Lo Spirito Santo è Paraclito (= “chiamato vicino a…”), è il Consolatore, “è colui che, mentre ci dà 2 la gioia della comunione, ci dà l’inquietudine della missione” (B. Forte). San Giuseppe Moscati affermava che “non la scienza, ma la carità ha cambiato il mondo”. Il mondo della salute è il luogo dell’evangelizzazione e della verifica e giudizio: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25, 36). Tre livelli di impegno Si individuano allora tre livelli di impegno per accompagnare e prendersi cura delle persone e della loro vita, in concreto. è il luogo dove si può trovare sostegno, aiuto, possibilità di confronto e indirizzo; - abbiamo cura in primis della nostra persona con scelte ordinate (sobrietà nell’alimentazione, nell’uso del tempo e denaro, dedicando spazio al riposo ed alla rigenerazione fisica e spirituale). a) Come persone cristiane ci impegniamo affinché: - coltiviamo la fede con la preghiera, i Sacramenti, i ritiri e la direzione spirituale, gli incontri formativi, la lettura della Sacra Scrittura ecc.; la fede è sostentamento nell’operato con il sofferente e in genere con il prossimo, nonché nell’esperienza della propria sofferenza; la lettura della vita dei santi è un aiuto, oltre che al proprio cammino di fede, anche alla motivazione del proprio agire in favore del prossimo bisognoso; - manteniamo desta l’attenzione per le esigenze della persona (dovute a: sofferenza fisica e/o morale; a necessità di aiuto fisico e/o morale, di compagnia, di supporto…), per cogliere anche le richieste di aiuto inespresse; - offriamo disponibilità (tempo ed energie) per prendersi cura di familiari e, per quanto possibile e con la dovuta discrezione, per ogni nostro prossimo: parenti, vicini di casa ecc. - usiamo il nostro tempo libero anche per il volontariato, sia quello liberamente scelto (per es. nelle diverse associazioni), che quello di risposta alle necessità della comunità (per es. disponibilità a fare gli “amministratori di sostegno”); - se agiamo nel volontariato, verifichiamo sempre la gratuità del servizio svolto, motivandoci di continuo, maggiormente quando manca il “ritorno”, la gratitudine; - siamo disposti a formarci per un più adeguato servizio di volontariato (vedi per es. occasione del corso per i volontari organizzato dal Piccolo Rifugio, C.A.V ecc.); - teniamo vivo il legame con la comunità, che b) Come famiglie cristiane ci impegniamo affinché la piccola comunità domestica: - coltivi e educhi tutti i membri del nucleo familiare, senza distinzione di età, ad una cultura dell’attenzione, della vicinanza, dell’assistenza e accompagnamento delle persone, del servizio e responsabilità, in particolare verso il sofferente e verso il più debole; è importante coinvolgere i bambini, fin da piccoli, nel servizio del “prendersi cura”; - sia il primo ambito di sostegno concreto (materiale ed affettivo) dei propri membri, in difficoltà per malattia o altra sofferenza; - sia l’ambito dove ci si appropria e si concretizza la cultura del prendersi cura degli altri; - sia l’ambito dove si vivano i valori cristiani, facendo maturare persone responsabili, accoglienti verso la vita nelle sue diverse forme, promuovendola come dono di Dio e gioia della comunità; 3 - impari a chiedere quando è in difficoltà, perché non sempre si riescono a cogliere i bisogni inespressi; - dia disponibilità a continuare nella formazione propria e degli altri (per es. nei gruppi familiari, gruppi giovani coppie, CAV, Volontari Ospedalieri, ecc.). a nome della comunità, per la visita ai malati (vedi ad es. ministri straordinari dell’Eucarestia); - tenga sempre viva la preoccupazione di formare i battezzati al compito della missione dell’annuncio del Vangelo, della cura degli infermi e dei più deboli, in uno spirito di servizio; - valorizzi e favorisca la crescita dei ministeri laicali, a partire dai ministri straordinari dell’Eucaristia, educando il popolo cristiano al significato di questa presenza, e coinvolgendo anche giovani in questo servizio. - curi l’attenzione al senso critico nell’uso dei mass-media, poiché influenzano la mentalità, la formazione delle coscienze, l’uso del tempo e del denaro, il rapporto con gli altri. c) Come comunità cristiana ci impegniamo affinché la Parrocchia: - sia sempre luogo attivo di assistenza spirituale e indirizzo pastorale, di esperienze e possibilità di formazione; - sia luogo di preghiera e celebrazioni comunitarie particolari (per es. la Giornata del malato, la Giornata per la vita, …); - diffonda la conoscenza di iniziative e opere (per es. il Piccolo Rifugio) di impegno a livello di volontariato specifico, nonché di situazioni di particolare necessità; - sia promotrice di interventi e forme di assistenza e servizio; - favorisca il confronto, la conoscenza e lo scambio tra diversi gruppi di volontariato (CAV, Centro di Ascolto, VADO, V.O., ANFASS, Famiglie per l’Affido, …) che operano nei settori della sanità e disabilità, attenzione ai più bisognosi, sostegno della vita e delle famiglie in difficoltà; - solleciti e intervenga, per quanto possibile, per supplire alle famiglie che non ce la fanno nell’assistenza ai propri membri; - attivi e promuova iniziative di volontariato, La dimensione Socio-Politica La comunità parrocchiale può fornire anche alla dimensione socio-politica alcune indicazioni in merito al “farsi prossimo” ed al “farsi carico”: a) sostenere le attività delle associazioni che si occupano del volontariato ospedaliero e ai malati in generale; b) curare la formazione e preparazione delle badanti, alle quali spesso sono richieste competenze e prestazioni quasi specialistiche; c) attuare politiche a sostegno della famiglia e della natalità (per esempio: introduzione del quoziente familiare, aumento della disponibilità di posti negli asili nido, creazione di case famiglia, sostegno all’Affido temporaneo, ...); d) chiedere il resoconto dell’attività e dei risultati dell’Azienda ULSS (tempi di attesa, qualità dei servizi, efficienza della medicina del territorio, ...); e) sostenere le attività di prevenzione alla malattia (per es. alcol-tossicodipendenza, disagio giovanile, disturbi alimentari, malattia mentale, ...); f) potenziare la cura degli anziani e la capacità di accoglienza nelle strutture residenziali (assistenza domiciliare, case protette, case di riposo, …). 4