Distribuzione dei prezzi in un`area metropolitana della

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Distribuzione dei prezzi in un`area metropolitana della
Distribuzione dei prezzi in un’area metropolitana
della Sicilia ed effetti dell’introduzione dell’Euro
Ricerche nell’ambito delle attività istituzionali dell’Osservatorio sul Sistema
dell’Economia Agroalimentare della Sicilia (OSEAAS)
Responsabile
Dott.ssa Emanuela Florio
Catania, Febbraio 2005
INDICE
1. Premessa……………………………………………………..5
2. Teoria economica e geografia urbana ………………...........7
2.1. I modelli economici di geografia urbana……………………….…....8
2.2. Forme di offerta, costi di produzione e differenziazione dei
prezzi…………………………………………………………………….17
3. La concorrenza nel commercio…………………………….20
3.1. La concorrenza nei prezzi…………………………………………..21
3.2. La differenziazione orizzontale dei prodotti: il modello di
Hotelling………………………………………………………………...24
3.3. La segmentazione della domanda e i criteri di scelta del
consumatore……………………………………………………………..28
3.4. Il prezzo e le spese in pubblicità……………………………………33
4. Metodo d’indagine………………………………………….39
4.1. Le imprese rilevate …………….. ………………………………….47
4.2.
La realtà urbana di Catania: il centro storico, i quartieri
residenziali, la periferia nord-occidentale, la periferia sud- occidentale
…………………………………………………………………………...53
5. Analisi dei principali risultati dell’indagine……………….55
5.1. Caratteri generali degli esercizi commerciali……………………...55
2
5.2. La variabilità dei prezzi nel “centro urbano” di Catania………….59
5.3. La differenziazione dei prezzi al consumo indotta dalla localizzazione
dell’esercizio commerciale……………………………………………...77
5.4. La differenziazione dei prezzi al consumo indotta tipologia di
struttura distribuiva……………………………………………………..96
5.5. La differenziazione dei prezzi in rapporto ad altre variabili……...112
6. Euro………………………………………………………………...114
6.1. Impatto dell’introduzione dell’euro……………………………….115
6.2. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattierocaseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione
dall’esercizio
commerciale:
variazioni
percentuali
dal
1998
al
2004……………………………………………………………………120
6.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattierocaseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura
distribuiva: variazioni percentuali dal 1998 al 2004………………….143
7. Considerazioni conclusive………………………………………157
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………163
APPENDICE……………………………………………..………………168
SCHEDA DI RILEVAZIONE DEI PREZZI AL CONSUMO DEI
PRODOTTI
LATTIERO-CASEARI
E
DEGLI
OLII
E
GRASSI
VEGETALI NEL CENTRO URBANO DI CATANIA (2004)………….168
INDICE DELLE FIGURE……………………………………………......179
3
INDICE DELLE TABELLE…………………………………………......181
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1. Premessa
L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel
“centro urbano” di Catania mira all’individuazione dei fattori che influenzano la
formazione dei prezzi al consumo in un’area metropolitana. Il presente lavoro, il cui
intento è quello di verificare eventuali differenziazioni dei prezzi al consumo dei beni
agroalimentari (“lattiero– caseari” e “olii e grassi vegetali”) nel “centro urbano”
catanese, ha anche lo scopo di individuare i principali fattori che determinano tali
differenziazioni e studiare l’entità della variazione dei prezzi nell’ambito territoriale
considerato nelle diverse aree urbane prendendo in considerazione due grandi realtà
distributive (distribuzione tradizionale e distribuzione moderna). A tale fine è stata
effettuata la rilevazione dei prezzi dei prodotti considerati e le variazioni al consumo dei
prezzi tra il 1998 e il 2004, allo scopo di mettere in luce eventuali cambiamenti prima e
dopo l’entrata in vigore della moneta unica europea.
In letteratura, le analisi sulle variazioni dei prezzi al consumo vengono per lo più
effettuate con riferimento al livello medio dei prezzi, di un insieme dato di beni, ed in
particolare in relazione al tempo trascorso tra rilevazioni successive (D’Amico, La Via,
1998). La presente indagine, invece, tende a cogliere le variazioni e le dispersioni dei
prezzi dei beni agroalimentari considerati in un ambito territoriale circoscritto quale è
appunto l’area urbana di Catania.
L’approccio seguito nell’impostazione della presente indagine trae spunto dalla
differenziazione dei prodotti e dalla localizzazione delle imprese commerciali descritti
nei modelli di geografia urbana. In particolare, partendo dal modello originale di
Hotelling (1929), l’approccio metodologico della geografia urbana è stato ulteriormente
sviluppato soprattutto attraverso i modelli delle località centrali di Christaller (1933) e
di Lösch (1940) e, più recentemente, di Salop (1977).
Il lavoro realizzato, tuttavia, non applica nessuno di tali modelli, volendo esso
individuare le più esaustive interrelazioni tra i prezzi al consumo dei prodotti “lattiero–
caseari” e degli “olii e grassi vegetali” e le principali variabili che intervengono nella
fase di determinazione dei prezzi finali seguendo l‘idea guida che per tale area
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d’indagine era stata tracciata in precedenti lavori (La Via, D’Amico–La Via,
1995,1998).
Al fine di condurre un’analisi puntuale sulle cause che inducono la differenziazioni dei
prezzi, i beni agroalimentari devono essere altamente standardizzati per riferirsi, in fase
di rilevazione dei dati, sempre allo stesso prodotto e/o confezione. La rilevazione degli
stessi, inoltre, nell’ambito dei diversi punti vendita delle diverse aree urbane del
territorio urbano va effettuata entro un arco di tempo assai limitato per evitare, o almeno
contenere, il rischio di confondere le variazioni di prezzo, ad esempio, di natura
inflativa, con quelle che, invece, sono spiegate dai fenomeni propri della
differenziazione.
Tale fenomeno è, infatti, funzione di numerose e spesso complesse variabili che
dipendono, il più delle volte, da molteplici cause. Si tratta, infatti, di un processo che
nella realtà assume connotazioni diverse (in relazione al potere di mercato della singola
unità di prodotto, ecc.) rivestendo notevole interesse per lo studioso, perché permette di
cogliere nella sua interezza il fenomeno, per le imprese, perché possono utilizzarlo per
impostare le più efficaci politiche di prezzo e per l’operatore pubblico che tende a
garantire, da un lato, i consumatori, e, dall’altro, l’accesso al mercato da parte di nuove
imprese.
La differenziazione non deriva solo dai differenti margini applicati ai diversi prodotti
dalle singole imprese della distribuzione ma anche dalla evoluzione dei prezzi al
consumo dei beni succedanei o complementari, da aspetti gestionali legati all’attività
dell’impresa, dalle differenti politiche di mercato delle singole unità produttive
(Bonanno, 1986).
Se si supponesse che il mondo della produzione e quello della distribuzione siano
perfettamente concorrenziali e si considerassero omogenei i beni esaminati, non
dovrebbe sussistere il fenomeno della differenziazione. Di fatto, però, anche se il bene
trattato perfettamente omogeneo, quando entra nel processo distributivo, potendo essere
associato ad un servizio assai differenziato per qualità e quantità, perde immediatamente
il carattere di omogeneità pur rimanendo inalterate le caratteristiche intrinseche.
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Questo passaggio dal bene al prodotto-servizio mette in luce come le imprese della
distribuzione si differenziano, con riferimento ai costi di produzione del servizio, molto
più rispetto a quelle della produzione.
Ma la differenziazione può anche essere dovuta ad altri fattori, quali il titolo di possesso
del locale, il servizio a domicilio, la presenza di parcheggio, ecc. Per tale motivo, oltre
ai prezzi dei beni, l’indagine è stata estesa alla rilevazione delle sopra citate
informazioni ed anche a quelle riguardanti la forma distributiva, il tipo di
approvvigionamento e di gestione d’impresa, elementi questi che hanno consentito di
individuare le forze fondamentali che generano variazioni nei prezzi al consumo dei
prodotti.
L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti “lattiero-caseari” e
degli “olii e grassi vegetali” nel “centro urbano” di Catania, ha offerto l’occasione per
sviluppare alcune riflessioni sulle cause che generano tale fenomeno.
2. Teoria economica e geografia urbana
I modelli di geografia urbana configurano l’elemento “città” come un organismo nel
quale tra le attività economiche prevalenti, dal lato dell’offerta, la distribuzione
commerciale è quella riguardante la distribuzione dei beni e la produzione di altri
servizi volti a soddisfare la richiesta della popolazione dell’area considerata (La Rosa,
1989). L’offerta di servizi comprende l’intera gamma sia di quelli pubblici che di quelli
privati, tenendo conto che tanto più grande è l’agglomerato urbano, tanto più estesa è la
gamma dei servizi offerti, al fine di soddisfare le richieste dei consumatori che a diverso
titolo operano nell’ambito territoriale considerato.
Se si suppone che l’intera area urbana sia omogenea sia in riferimento alle
caratteristiche territoriali che a quelle della popolazione residente, le diverse aree
dell’agglomerato urbano sono valutate nel modello secondo l’importanza dei beni e
servizi che in esse vengono offerti. Secondo tale schema, allora, le località centrali (ad
esempio le periferie) offrono attività commerciali limitate a beni alimentari e quasi
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irrilevanti risultano essere gli altri servizi pubblici e privati che in essa vi sono
localizzati.
Diversamente, nelle località centrali di rango più elevato sono presenti attività
commerciali che offrono prodotti di qualità e di ogni genere, nonché servizi che
interessano i residenti dell’intera area urbana (in esse hanno, infatti, sede uffici centrali
di banche, assicurazioni, trasporti, enti pubblici).
2.1. I modelli economici di geografia urbana
Dal punto di vista geografico, la città viene considerata un fatto di ordine naturale che
sorge, si sviluppa, si estende, decade e talvolta muore (Cori, Carter, 1975;1984).
All’interno di essa hanno luogo insediamenti urbani che si concentrano attorno a punti
centrali detti “località centrali” con i relativi beni e servizi, chiamati “beni e servizi
centrali” (Christaller, Lösch, 1933, 1940). Con il termine località centrale si intende un
centro abitato presso il quale si approvvigiona la popolazione 1.
Per servizi centrali si intendono tutte quelle attività che:
- vengono esercitate in un punto prossimo al centro dell’area;
- interessano tutti gli abitanti dell’area;
- presuppongono che gli utenti si debbano spostare dalla loro abitazione fino al
punto in cui è ubicata l’attività.
Nelle più rilevanti aree urbane, oltre che la presenza del centro commerciale e
finanziario principale (Central Business District) dallo spiccato connotato individuale,
dominano sia il centro locale, nucleo delle attività ricreative, sociali e politiche della
popolazione, sia altri accentramenti di servizi, centri minori (subcentri), i quali servono
un’area più o meno vasta della città.
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Se esiste un’area all’interno della quale sono distribuiti degli individui si dice centralità la distanza fra il
punto occupato da un soggetto e un punto assunto come centro dell’area. Quindi, la centralità è una
proprietà degli individui residenti nell’area; essa sarà massima per coloro i quali saranno ubicati nel
centro di essa e minima per coloro che saranno posti ai confini.
Il centro dell’area non è il centro geometrico, ma il punto che rende più conveniente gli spostamenti degli
abitanti per accedere ai servizi centrali.
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Tali subcentri si distribuiscono in maniera più o meno regolare all’intero dell’area
urbana e concorrono ad articolarne le funzioni (Murphy, Vance, 1954).
Le località centrali possono comprendere un numero variabile di unità di servizio (ad
esempio la vendita di generi alimentari) dando luogo a vari centri di forza. Le località di
ordine più elevato offrono più beni, hanno un maggior numero di imprese, un maggiore
addensamento di popolazione, hanno un più elevato volume di affari e sono più
distanziate l’una dall’altra. In esse vengono forniti beni sia di ordine inferiore che
superiore, questi ultimi offerti soprattutto dai negozi specializzati per i quali il
consumatore è disposto a compiere spostamenti più lunghi ma meno frequenti.
Le località centrali di ordine inferiore, invece, procurano beni e servizi con maggiore
frequenza e quindi comportano piccoli e continui spostamenti da parte del consumatore,
oltre al fatto che tali beni sono serviti a condizioni di minor profitto da parte del
venditore.
La teoria delle località centrali vive concepita per spiegare la distribuzione degli
insediamenti umani nello spazio. Il più importante esponente di tale teoria fu W.
Christaller. L’autore si colloca tra i primi e più autorevoli studiosi della teoria della
localizzazione delle città principali e della formazione dei nuclei di relazione
economico-demografici che si istaurano tra i centri egemoni e quelle minori. Secondo il
modello delle localizzazioni di Christaller, tra nucleo principale e città satelliti si istaura
una rete di rapporti (commerciali, di vie di comunicazione, di influssi socio-culturali,
ecc), che assumono forma di un esagono. Le località centrali si presentano come
insediamenti che forniscono servizi alle circostanti zone di influenza commerciale,
definite “aree di mercato”. L’ordinamento spaziale degli insediamenti, basato sul
quantitativo e sul livello dei servizi che essi forniscono, genera una gerarchia. Come
mostra la Fig. 1, le gerarchie sono spesso complesse poiché le aree di mercato
(rappresentate con linee continue e spezzate) di insediamenti di ordine differente si
sovrappongono.
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Fig. 1- Modello gerarchico delle aree di mercato di Christaller
Fonte: Enciclopedia Encarta 2002
Il modello gerarchico delle aree di mercato considera l’insediamento di ordine maggiore
attorno al quale si distribuiscono in primo luogo gli insediamenti di ordine intermedio e
poi quelli di ordine inferiore: l’ordinamento nello spazio di tali stanziamenti genera una
subordinazione gerarchica. Elaborata in uno spazio territoriale in cui città e nuclei
minori erano situati in un’area caratterizzata dall’omogenea distribuzione della
popolazione e dalla struttura economica prettamente preindustriale, un’area altresì
contraddistinta da una morfologia piuttosto uniforme, la teoria di Christaller appare oggi
non più condivisibile, se non in regioni particolari. Tale teoria, infatti, è stata in seguito
perfezionata da alcuni ricercatori, in particolare da August Lösch (1940), tenendo in
considerazione fattori complessi, come il variare della topografia regionale.
Il risultato di queste ricerche ha portato alla concezione di modelli meno regolari, come
evidenzia la Fig. 2, che rappresenta un modello di distribuzione degli insediamenti
secondo Lösch. Tale modello considera due principali insediamenti urbani: il centro
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metropolitano e diversi altri centri urbani di ordine decrescente. In esso, è rappresentato
un grande stanziamento urbano attorno al quale sono disposti i centri urbani di maggiore
dimensione. La porzione vuota dell’esagono indica che all’interno di esso si
distribuiscono, in modo più o meno uniforme, i vari insediamenti di differenti
dimensioni, con l’evidente conseguenza di avere modelli meno regolari rispetto a quello
originariamente proposto da Christaller.
Pertanto, i fenomeni dei poli di sviluppo indotti dalla forte industrializzazione di certe
zone a scapito di altre, oppure quelli derivanti, per motivi geografici, dalla maggiore o
minore facilità dei flussi di traffico, la contiguità o meno ad aree economicamente forti,
si sono rivelati elementi determinanti per la crescita irregolare, anche abnorme, di
alcune città (dilatatesi in metropoli se non in megalopoli) sia dei centri contigui più
favoriti, con la formazione attorno al nucleo egemone di successive “cinture
urbanizzate” (Cori, 1984).
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Fig. 2 – Distribuzione degli insediamenti secondo Lösch
Fonte: Enciclopedia Encarta 2002
Lo studio della città come insieme dei fenomeni di urbanizzazione è, quindi, legato alle
analisi originarie di Christaller (1933) e Lösch (1940). In entrambi i modelli il
fenomeno “città” viene visto come esistenza di un insieme di funzioni volti a soddisfare,
mediante l’offerta di beni e servizi, la relativa richiesta proveniente da una data
popolazione residente
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in un’area più o meno ampia. La città è, quindi, il luogo di
elezione dell’offerta dei servizi che vede impegnati, negli scambi che in essa si
svolgono, commercianti, artigiani, imprese industriali di piccole e medie dimensioni,
ecc. L’analisi della città secondo Christaller e Lösch mira all’individuazione di
interrelazioni esistenti tra le sub-aree della città, tali da spiegare le relative funzioni che
in essa si svolgono come parti di un sistema organico.
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Ad essere più precisi si dovrebbe parlare di popolazione presente che, come è noto, può essere
sensibilmente diversa (maggiore o minore) di quella presente.
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In un insediamento astratto, l’offerta dei servizi più comuni, cioè di quei beni richiesti
quotidianamente, si disporrà in modo omogeneo e in modo che i punti di offerta, singoli
o addensati, risultino equidistanti tra loro.
Questo si verifica per effetto dell’omogeneità dei beni e servizi e della concorrenza.
In queste aree risultano assenti i servizi più importanti, o di “rango” più elevato
elemento quest’ultimo che consente di associare, con una certa probabilità, tali aree a
quelle periferiche. Questa segmentazione del contesto urbano può a sua volta essere
omogenea (con punti di offerta equidistanti) o dividersi, come in spesso succede in un
insieme di località le cui popolazioni gravitano all’interno di esse per gli acquisti di beni
e servizi i rango comune. Si giunge, così, alla formazione delle “località centrali” di
ordine meno elevato, che interessano singolarmente piccole porzioni della popolazione
residente nell’area urbana.
Generalmente il consumatore per l’acquisto di beni di prima necessità si rivolge al
centro di ordine inferiore vicino la propria abitazione, ma quando dovrà acquistare beni
meno comuni si recherà in centri di servizi di ordine superiore; poi, dato che questi
ultimi comprendono anche i servizi più comuni, anche gli eventuali acquisti di tali beni
verranno anch’essi fatti nel centro di ordine superiore o lungo gli ambiti limitrofi ad
esso.
Tale fenomeno è chiamato “nodalità” e se da un lato priva i centri meno vasti di quote
rilevanti di mercato, dall’altro crea le condizioni per le quali questi sorgano in posizioni
tali da intralciare il flusso dei consumatori volto verso un centro di ordine superiore.
In genere, l’interesse esercitato da una località centrale intraurbana sull’area circostante
dipende:
1. dalla quantità di servizi;
2. dalla possibilità di completare la propria spesa effettuando un unico
spostamento;
3. dalla possibilità di scegliere tra più unità dello stesso servizio.
L’analisi della città, secondo lo schema delle località centrali, può essere utile per
individuare quelle forze tali da spiegare il problema della differenziazione dei prezzi dei
beni e servizi omogenei nell’ambito dell’area urbana, ma non sufficientemente
esaustivo.
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Se si suppone che le sole differenze tra le zone dell’area urbana siano date dai fenomeni
che spiegano le gerarchie esistenti tra di esse, escludendo, quindi, elementi di
diversificazione quali i consumatori, le condizioni d’offerta ed i costi dei beni, allora la
domanda di un certo bene, nella zona più centrale, dipende solo dall’utilità del bene e,
quindi, non dovrebbero sussistere differenze significative dei prezzi.
Secondo lo schema delle località centrali, si potrebbero individuare elementi di
differenziazione dei prezzi per i beni omogenei se nella struttura urbana, secondo lo
schema delle località centrali, si introducono comportamenti dei consumatori non del
tutto indifferenti verso il luogo di acquisto delle merci. Si può, infatti, supporre che il
consumatore risolva i suoi problemi di scelta inerenti ai beni di consumo, tenendo anche
conto della possibilità di acquistare le merci (omogenee) in luoghi diversi e
contemporaneamente all’acquisto di merci o servizi che non sono disponibili nella zona
di residenza.
Al consumatore, infatti, può non risultare indifferente l’acquisto di beni nella propria
zona di residenza o nella zona più centrale con la conseguenza che le zone più centrali,
o comunque in posizione agevole ai flussi del consumatore, dispongono di una domanda
aggiuntiva riguardante i beni e i servizi comuni, anche perché alla domanda dei residenti
si aggiunge anche quella dei non residenti che spesso trovano più conveniente
acquistare al di fuori della propria zona di domicilio.
Supponendo che le zone centrali sono più avvantaggiate dalla presenza di una maggiore
domanda di beni di consumo comune, è necessario vedere se ciò può essere causa di
differenziazione dei prezzi per questi beni. Se l’offerta di tali beni avviene alle stesse
condizioni (costi di produzione) che nelle zone di residenza, i prezzi possono essere più
elevati nelle zone centrali, perché le funzioni di domanda presentano qualche grado di
rigidità, dovuto, appunto alla convenienza del consumatore ad acquistare in essa sia i
beni e servizi superiori che beni e servizi comuni.
Nelle aree di maggiore centralità può, talvolta, riscontrasi un’incidenza di popolazione
residente, rispetto a quella presente, molto minore che nelle aree di minore centralità.
Ciò può dar luogo a una domanda di beni e servizi comuni piuttosto debole per quanto
riguarda la sua componente locale (La Rosa, 1989). Poiché la domanda effettiva di tali
beni influenzata anche dalla componente dovuta agli acquisti dei residenti esterni, a
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seconda dell’entità di tali componenti può ottenersi una domanda totale proporzionata
alla popolazione residente.
Anche nel caso di inesistenza, nell’area centrale, di una domanda “aggiuntiva”, il livello
dei prezzi dei beni in oggetto può essere maggiore rispetto a quello delle aree
periferiche. Nelle aree di maggiore centralità il prezzo tende ad essere più elevato, non
soltanto perché le singole imprese rilevano una domanda maggiore, quanto per il fatto
che esse, a parità di costo rispetto a quelle delle aree con minore centralità, ottengono
profitti supplementari dalla maggiore domanda e non possono essere eliminati dalla
concorrenza, essendo difficile localizzarsi nelle aree più centrali.
Questo schema è reso ancor più interessante dal fatto che nelle zone di nodalità hanno
luogo molti acquisti fatti sia dai lavoratori pendolari sia da tutti coloro che si spostano
verso le aree centrali, sedi dei servizi superiori, per compiere i propri acquisti; l’entità
del fenomeno, quindi, si intensifica e le unità di vendita ubicate nelle zone di nodalità
possono praticare prezzi ancor più elevati.
In corrispondenza di beni e servizi di importanza maggiore, cresce la quota di
popolazione interessata, sino a giungere a quelli che interessano l’intera popolazione.
Secondo tale modello, la localizzazione di punti di offerta di tali beni e servizi
avverrebbe al centro di aree man mano sempre più vaste a seconda dell’ordine di
importanza del bene o servizio. Queste aree costituiscono le località centrali di ordine
via via più elevato, fino a giungere a quelle di ordine massimo che abbracciano l’intera
area urbana. La localizzazione si distribuirebbe nel territorio, ognuna secondo la propria
area di influenza, in modo omogeneamente diffuso; si verificherebbe, cioè, la situazione
secondo la quale le località centrali si dividerebbero in segmenti più lontani ed
equidistanti.
La teoria delle località centrali non solo è piuttosto complessa, soprattutto per quanto
riguarda l’individuazione delle forme e delle disposizioni delle località nell’area urbana
o in una regione più vasta, ma presuppone anche l’esistenza di una struttura urbana
omogenea. Nella realtà, però, sono frequenti i casi in cui questa teoria non è del tutto
applicabile.
Altro fenomeno degno di attenzione è la presenza di grandi ed assortite unità di vendita
in zone collocate ai margini dell’area urbana fuori, cioè, dalla nodalità e dalle zone di
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residenza. Qui, a differenza di quanto accade per le imprese localizzate nelle zone
centrali o nodali le imprese devono fissare i prezzi a livelli tanto bassi da compensare,
almeno, la disutilità ed i costi di trasporto sostenuti dal consumatore o offrire servizi
aggiuntivi.
Dal lato dell’offerta, invece, la presenza nelle zone centrali di beni e servizi di ordine
superiore genera elevati livelli di scarsità delle aree destinabili a questi usi e, quindi,
valori molto elevati della rendita urbana. Questi per essere sostenuti devono giustificare
i prezzi per i beni e i servizi comuni i quali spesso superano, anche di molto, il maggior
prezzo che il consumatore è disposto a pagare per l’acquisto nelle aree centrali di tali
beni. Conseguenza immediata è quella che nessuna impresa interessata all’acquisto di
questi beni potrebbe in tali condizioni localizzarsi nelle aree centrali.
Con molta probabilità questi fenomeni si manifestano nelle località “nodali”. Al
maggior prezzo del suolo urbano si può rimediare con livelli maggiori di efficienza;
basti pensare ad un supermercato di notevoli dimensioni, il quale se si localizza in
un’area centrale è perché i maggiori costi del suolo sono più che compensati dalla
maggiore efficienza.
È, pertanto, improbabile che nelle aree più centrali vengano localizzate unità di vendita
di beni comuni essendo, invece, più probabile la localizzazione in esse di imprese che
offrono merci ben differenziate.
Questo ci riconduce ai modelli di città che si basano, appunto, sulle differenze di valore
del suolo urbano. I modelli di geografia urbana e quelli delle località centrali possono
quindi essere affiancati l’uno all’altro al fine di prendere atto dell’esistenza di tali
località e associarle ai rispettivi valori dei suoli, secondo proporzionalità parallele.
In questi modelli, però, non si tiene in considerazione il processo di formazione dei
prezzi delle merci e le condizioni di esistenza di certi comparti di offerta di beni e
servizi.
Le motivazioni delle differenziazioni dei prezzi omogenei nelle varie aree urbane sono
riconducibili sia ai fenomeni di anelasticità delle curve di domanda, derivanti
dall’attribuzione da parte del consumatore di diversi livelli di importanza alle aree
urbane, sia alle diverse condizioni di costo che, in modo rilevante, dipendono dalle
caratteristiche delle aree urbane in cui le imprese commerciali sono localizzate.
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2.2. Forme di offerta, costi di produzione e differenziazioni dei prezzi
Posto che uno degli obiettivi di questo studio sia quello di analizzare la differenziazione
dei prezzi dei beni appartenenti al settore agroalimentare, è interessante l’osservazione
delle condizioni di produzione delle imprese.
È, infatti, idea diffusa che le imprese appartenenti alla distribuzione commerciale
moderna realizzino migliori condizioni di produzione/distribuzione rispetto a quelle
facenti capo al dettaglio tradizionale e, quindi, sarebbero in condizioni di effettuare
prezzi più bassi, in relazione alle economie di scala realizzate (La Rosa, Ruggiero,
Cirelli, 1989). Le variabili che entrano in gioco per avere una visione sufficientemente
organica di questo problema sono molteplici e questa non è la sede per occuparsene
specificamente. Si cercherà, tuttavia, di richiamare sinteticamente i punti fondamentali
della questione.
In relazione all’analisi delle condizioni di produzione, occorre distinguere tra condizioni
di produzione tecniche, in senso stretto, e le funzioni di costo. Mentre le prime
collegano soltanto le quantità dei fattori con il servizio offerto, le seconde tengono
anche conto dei relativi prezzi: prezzi delle merci acquistate, salari, contributi sociali,
canoni di affitto, interessi, imposte, ecc.
L’impresa della grande distribuzione, in qualità di “grande impresa”, può operare con
funzioni di produzione più efficienti rispetto all’impresa di dimensioni minori o del
dettaglio tradizionale incapaci di realizzare adeguate economie di scala ed introdurre
una spinta alla meccanizzazione dei processi; di contro, però, la piccola impresa può
vantare salari e contributi sociali minori, minori imposte nonché altri costi dovuti alla
minore efficienza.
In generale, gli inferiori costi per l’impresa della grande distribuzione sono dovuti: alle
economie di scala relative all’approvvigionamento delle merci, alla diversificazione
dell’offerta, alla minore giacenza media delle scorte, alla maggiore divisione del lavoro,
alla maggiore efficienza del lavoro e dell’organizzazione interna.
Alcune economie, però, sono collegate a specifici caratteri delle merci (generalmente
standardizzate) e del servizio offerto (normalmente “libero”), per cui pongono
condizioni effettive per differenziare i due tipi di impresa a cui corrispondono le diverse
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funzioni di costo. A volte il dettaglio tradizionale può essere più efficiente sfruttando il
ricorso a forme associative tali da aumentarne l’efficienza, mentre in altri casi il
dettaglio tradizionale, meno efficiente, può essere agevolato da un’ubicazione
favorevole che gli consente di sopravvivere anche a costi decisamente più elevati.
Questa situazione dipende principalmente dalle condizioni favorevoli di domanda, le
quali possono essere tali da sovvertire le previsioni sulla formazione del prezzo del
servizio commerciale che si sarebbero potute formulare sulla base delle analisi dei costi
di produzione. Ad esempio, frequente è il caso in cui le condizioni di domanda sono
tali che le imprese della GDO preferiscono adattare i loro prezzi a quelli, più elevati, del
dettaglio tradizionale, realizzando extraprofitti.
Nell’area urbana, le imprese danno luogo ad un certo gradiente di efficienza che
contribuisce a spiegare le differenziazioni dei prezzi dell’area (La Rosa, Ruggiero,
Cirelli, 1989). Il livello medio dei prezzi, a sua volta, può allontanarsi da quello medio
dei prezzi della regione di appartenenza o dell’intero paese, ma può anche essere
l’evoluzione del livello dei prezzi a presentare differenze tra l’area ristretta e la regione
più vasta.
Tutti questi fenomeni possono trovare in parte giustificazione nei corrispondenti livelli
di efficienza e nella loro evoluzione.
L’osservazione dei prezzi deve, pertanto, camminare di pari passo con l’analisi
dell’impresa commerciale e deve fornire il più gran numero possibile di informazioni
utili all’identificazione dell’efficienza dell’impresa. Così, se il problema è quello della
struttura dei prezzi, sono importanti le condizioni di efficienza relativa a singole o
molteplici imprese; mentre se il problema è quello dei livelli dei prezzi, assumono
rilievo le condizioni medie di efficienza delle aree considerate.
Se nell’area osservata il livello medio dei pezzi è, ad esempio, più elevato di quello
della regione o dell’intero paese, può essere che le condizioni di efficienza dell’area
siano relativamente peggiori. Esistono diversi indici di efficienza della distribuzione
commerciale nel suo complesso, ricavabili dalle statistiche ufficiali 3 (Giusto, La Rosa,
1984). Ma se si tratta della struttura dei prezzi in un’area relativamente ristretta come
quella di una città, per quanto possa essere di dimensioni rilevanti, bisogna individuare
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le condizioni di efficienza delle imprese all’interno dell’area, e ciò è possibile solo
mediante la diretta osservazione delle imprese.
Oltre agli indici di efficienza, ne esistono altri che misurano le condizioni di redditività
delle imprese commerciali (valore aggiunto per addetto), che dipendono soprattutto dal
volume delle vendite. Anche se si tratta di un elemento fondamentale per la conoscenza
delle condizioni di produzione, è possibile effettuare valutazioni soltanto per aree
sufficientemente estese dove, cioè, si dispone di dati sul valore aggiunto per il settore
della distribuzione.
3
In genere, si ritiene che l’efficienza del commercio è tanto più elevata, e l’organizzazione commerciale
tanto più moderna, quanto: a) maggiori sono le dimensioni medie degli esercizi (numero medio di addetti
per esercizio); b) maggiore è la quota dei lavoratori dipendenti sul totale degli addetti nel commercio; c)
maggiore è l’incidenza della GDO sul commercio al dettaglio in complesso; d) più elevato è il peso nel
settore dell’associazionismo e della cooperazione; e) minore è l’incidenza del piccolissimo commercio sul
commercio al dettaglio in complesso; f) più basso è il rapporto tra ambulantato e commercio fisso al
minuto.
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3. La concorrenza nel commercio
Dagli iniziali lavori di Chamberlin (1933) e Robinson (1933) è invalso l’uso di
chiamare concorrenza monopolistica o concorrenza imperfetta la concorrenza che le
imprese attuano su variabili strategiche diverse dal prezzo. Il ricorso a tali forme di
concorrenza ha assunto rilevanza crescente nell’organizzazione industriale dei Paesi
capitalistici avanzati e, di conseguenza, negli studi teorici e applicati di economia
industriale. Di esse la differenziazione del prodotto, come si vedrà in seguito,
rappresenta la forma più generale e quella cui tutte le altre (come la pubblicità, o la
ricerca e sviluppo) possono essere in ultima analisi ricondotte.
A tal proposito, economisti industriali e aziendalisti hanno seguito strade di analisi
radicalmente distinte.
Gli economisti industriali hanno cominciato a studiare la differenziazione seguendo la
teoria della concorrenza monopolistica di Chamberlin (1933), secondo cui la presenza di
un vasto numero di imprese che producono beni differenziati comporta l’attribuzione ad
esse di un certo potere monopolistico; successivamente, hanno cercato di studiare il
perché in alcuni mercati le imprese tendono a differenziare i propri prodotti ed in altri
ad imitarsi; infine hanno analizzato gli effetti economici della differenziazione
orizzontale e verticale.
Gli aziendalisti, invece, hanno esaminano le ragioni per le quali le imprese riescono a
creare del valore aggiunto ai propri prodotti, rendendoli “speciali” agli occhi dei
consumatori.
Con la teoria della concorrenza monopolistica di Chamberlin, gli economisti hanno
facilmente ipotizzato che la presenza di differenziazione potesse portare ad una
maggiore elasticità della curva della domanda di una singola impresa e, quindi, ad un
maggiore potere monopolistico, tanto più elevato quanto più differenziato è il prodotto.
Aumentando il potere monopolistico, e dunque la possibilità di scegliere il prezzo,
aumentano anche i margini (prezzo–costo marginale).
Tra gli economisti è ormai opinione diffusa che l’insieme delle funzioni operative del
commercio al dettaglio sia estremamente complesso. Questo deriva dal fatto che diverse
variabili operative si scaricano su ciascun bene che compone l’assortimento
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commerciale, finendo per essere oggetto di aggiustamento, spesso ripetuto e sempre in
tempi molto brevi. Tali variabili, nel loro insieme, finiscono per definire il livello di
efficienza dell’impresa nel processo produttivo e condizionano i prezzi dei prodotti
finali commercializzati dalla stessa. In tale conteso operativo, assume importanza
fondamentale la struttura e la complessità delle procedure decisionali dell’impresa;
questo accade poiché una reale ricerca di maggiore efficienza, finalizzata a rendere
l’impresa maggiormente competitiva, è indifferentemente cercata da tutte le unità
distributive sia di tipo tradizionale che moderno (Bonanno, 1986).
La conoscenza dei processi decisionali delle imprese, anche se in termini generali, è
fondamentale per la conoscenza e la comprensione del comportamento degli operatori
commerciali che operano nell’ambito della distribuzione al dettaglio, al fine di poterne
determinare gli orientamenti nel breve, medio e lungo periodo.
Pertanto, sembra quindi indispensabile illustrare i principali elementi che esercitano una
specifica influenza sulle politiche di prezzo praticate dalle imprese commerciali.
3.1. La concorrenza nei prezzi
L’analisi riguardante le decisioni di determinazione dei prezzi presenti nell’assortimento
dell’impresa, che in alcuni casi può essere composta da più punti vendita, sono
essenzialmente legate alle strategie di mercato e alla gestione di essa nel breve periodo.
La concorrenza delle imprese commerciali, infatti, si basa essenzialmente sulla
differenziazione dei prodotti, sulla localizzazione spaziale delle imprese commerciali,
sulla diversa struttura distributiva e sui principali servizi offerti ai consumatori.
Tutto ciò, confluendo, crea le “nicchie” di mercato e permette alle imprese di godere di
un certo potere nei confronti della propria clientela. In genere, ogni unità distributiva
desidera differenziarsi dalle altre anche se diverse condizioni di mercato ostacolano tale
differenziazione.
Basti pensare ai supermercati che non possono sorgere ovunque oppure è possibile il
caso che ci sia scarsità tra i diversi prodotti presenti sul mercato; in questa circostanza,
allora, le imprese possono tentare di differenziarsi usando vari espedienti quali, ad
esempio, la pubblicità o le promozioni (Tirole, 1991).
21
In via puramente esemplificativa e ai fini di rendere maggiormente esaustiva la
descrizione dei processi di differenziazione, è utile introdurre due diversi concetti di
differenziazione dei beni (DP): la differenziazione orizzontale e quella verticale.
I gusti eterogenei determinano differenziazione orizzontale e si basano sulla varietà del
prodotto; i gusti omogenei, invece, individuano differenziazione verticale e si basano
sulla qualità (Grillo, Silva, 1989).
Più esaustivamente, se la differenziazione è orizzontale il bene si differenzia da un altro
per una o più caratteristiche ed i consumatori hanno preferenze diverse per le varie
peculiarità del bene stesso (per esempio tra le bevande la differenziazione per colore,
per packaging, per gusto, ecc.).
In questo caso il quadro delle scelte operate da almeno un consumatore è tale da
determinare la selezione di uno qualsiasi dei prodotti presenti sul mercato. Su questa
ipotesi trova fondamento l’analisi teorica che giustifica l’esistenza di prodotti
differenziati anche in condizioni di uguaglianza di reddito tra i diversi consumatori
presenti in un mercato.
Se la differenziazione è verticale, il bene presenta una qualità superiore rispetto ad
un’altra e tutti i consumatori preferiscono il bene di qualità superiore: l’accento, quindi,
è posto sulla caratteristica o proprietà del prodotto, considerando che un prodotto
qualitativamente superiore implica un costo di produzione ed un prezzo di vendita
anch’essi superiori.
Tutti i consumatori avranno lo stesso ordinamento delle preferenze rispetto ai beni
offerti sul mercato, quindi l’esistenza di beni differenziati riconduce alla diversa
possibilità di spesa degli stessi. Con queste premesse, quindi, si intuisce come una
distribuzione disuguale del reddito determina la formazione di una domanda per i
prodotti di più elevata qualità da parte dei consumatori più “ricchi” che possono
permettersi di pagare prezzi più elevati per poter usufruire di beni di livello superiore .
I beni del mondo reale spesso combinano sia elementi di differenziazione orizzontale
che verticale.
Il problema che permane è quello della determinazione “ottimale” dei prezzi, poiché
occorre tenere presente che il prezzo del servizio commerciale per ogni bene è costituito
dal margine relativo correlato ad ogni unità di prodotto venduto (mark up).
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Per la singola unità distributiva, comunque, resta sempre il problema di tradurre i
“margini”, ottenibili dalla differenza tra il prezzo del servizio commerciale ed il relativo
costo, in prezzi per i diversi beni che compongono l’assortimento del punto vendita. A
tal proposito, le possibilità operative dell’operatore commerciale sono riconducibili a
due diverse modalità di comportamento.
La prima riguarda la possibilità di applicare “margini” sostanzialmente uguali,
indipendentemente dal tipo di bene che compone l’assortimento dell’impresa. Tale
possibilità, però, è intuitivamente inefficiente sia perché la domanda di ogni bene ha
elasticità diversa (dopo che il consumatore ha esplicitato la sua “scelta” decidendo di
effettuare il proprio acquisto presso il punto vendita prescelto), sia perché la
concorrenza alla quale deve far fronte l’operatore commerciale non è uguale per tutti i
prodotti non soltanto nello spazio ma anche nel tempo. La quantità domandata dei
singoli beni, inoltre, è soggetta ad ampie fluttuazioni temporali che possono essere
giornaliere, settimanali, mensili, stagionali, le quali finiscono per scaricarsi sui prezzi
dei beni.
Ancora, data la natura variegata del servizio commerciale, è possibile che alcuni servizi
elementari (consegna a domicilio, possibilità di acquisto a credito, ecc.) siano venduti
separatamente oppure che il loro costo sia incluso nei margini applicativi sui beni a
prescindere dall’uso o meno che il singolo consumatore fa di quel servizio (Pellegrini,
1990).
Evidenti influenze sui prezzi si osservano anche in relazione alle diverse tipologie di
strutture distributive che si ripercuotono non solo nello sfruttamento diversificato delle
economie di scala ma anche nell’offerta di servizi aggiuntivi e diversificati.
La seconda, invece, riguarda la situazione che vede le imprese, in relazione ai minori o
maggiori vantaggi di costo, agire secondo modelli comportamentali volti a ridurre la
trasparenza dell’offerta.
L’impresa, così, deciderà se praticare prezzi minimi e costanti nel tempo rispetto al
costo di produzione (distribuzione) o effettuare sistemi promozionali su alcuni prodotti.
Se opterà su l’ultima decisione, l’impresa potrà avere convenienza a ridurre i “margini”
sul singolo bene fino a spingersi, per alcuni prodotti che compongono l’assortimento
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commerciale, ad aumentare i margini applicati ad alcuni degli altri prodotti della propria
gamma.
Spesso, però, vi è scarsa informazione del consumatore circa i prezzi prevalenti di un
determinato bene sul mercato di riferimento; questo può consentire al distributore di
compiere discriminazioni rispetto al singolo cliente al fine di portarlo, mediante un
processo di contrattazione, a rivelare il proprio prezzo di riserva (Pellegrini, 1990).
3.2. La differenziazione orizzontale dei prodotti: il modello di Hotelling
In un famoso articolo del 1929 Hotelling, ricorrendo ad una metafora spaziale, offrì una
semplice ed intuitiva rappresentazione di un’industria con prodotti differenziati
orizzontalmente. In questa rappresentazione, Hotelling considerò una spiaggia di
lunghezza L nella quale i bagnanti sono uniformemente distribuiti e nella quale sono
localizzati, ad una distanza pari, due punti di ristoro A e B e in entrambi viene venduto
un solo prodotto, considerato omogeneo dal punto di vista tecnologico.
In tale modello si ipotizza che ogni bagnante acquisti una e una sola unità di tale
prodotto, ma bisogna che lasci il proprio posto per recarsi in A o in B e questo, sotto il
sole d’agosto, è costoso.
Hotelling considera che ogni bagnante valuta il costo in modo linearmente
proporzionale alla distanza da compiere per raggiungere A o B, al fine di interpretare la
localizzazione di un’impresa come un indicatore sintetico della specificità di ciascun
prodotto. L’ordinamento delle preferenze di ogni consumatore rispetto ai vari prodotti è
rappresentato (inversamente) dalla distanza che separa il consumatore da ciascuna delle
due imprese.
L’ipotesi di fondo del modello di Hotelling risiede nel fatto che, indipendentemente dal
fatto che il bene sia acquistato nell’impresa localizzata in A o in B, ogni consumatore
acquista una ed una sola quantità del bene, qualunque sia il suo prezzo.
Tale ipotesi è stata rimossa da Salop (1979). Egli ha, infatti, studiato l’equilibrio di
un’industria con prodotti differenziati quando si tiene conto dell’esistenza di altri beni
prodotti all’esterno dell’industria; sotto tale ipotesi, allora, il consumatore ha dinnanzi a
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sé la possibilità di scegliere di comprare il bene presso l’una o l’altra impresa o all’
esterno.
Nella moderna teoria economica, il modello di Hotelling assume la struttura di un
sistema in cui le imprese scelgono, in una prima fase e simultaneamente, la
localizzazione ed in una seconda fase, sempre simultaneamente, il prezzo, considerando
che nella scelta della localizzazione le imprese anticipano quale sarà il prezzo di
equilibrio che verrà a determinarsi in corrispondenza di ogni localizzazione.
Hotelling dimostrò inoltre che le due imprese avrebbero un incentivo ad allontanarsi dai
punti estremi della spiaggia e a localizzarsi l’una accanto all’altra. Egli enunciò questo
risultato come “principio di minima differenziazione dei prodotti”: le imprese, cioè,
dovrebbero tendere, in equilibrio, a offrire prodotti standardizzati, indifferenziati
dinnanzi agli occhi del consumatore.
Il risultato a cui giunse Hotelling negherebbe fondamento teorico alla convinzione che
le imprese trovano conveniente differenziare i propri prodotti, scegliendo ciascuna la
propria nicchia di mercato, al fine di esercitare un potere monopolistico su una parte dei
consumatori.
Solo di recente è stato dimostrato che questa conclusione di Hotelling contiene alcune
inesattezze. Nella realtà ogni impresa ha un incentivo ad allontanare la propria
localizzazione da quella del rivale potendo così ottenere profitti positivi praticando un
prezzo, strettamente positivo, appena inferiore al costo di trasporto che occorre
sopportare per spostarsi dalla nuova localizzazione a quella dell’impresa rivale.
Ancora, le localizzazioni date nel modello di Hotelling non ammettono equilibrio se le
imprese sono poste a breve distanza. Se si suppone che esiste un equilibrio nella
determinazione dei prezzi e nella localizzazione 4, le imprese sono costantemente
indotte ad avvicinarsi reciprocamente finendo così con il raggiungere ubicazioni
talmente vicine da distruggere le condizioni che garantivano l’esistenza di un equilibrio
dei prezzi. Pertanto, il risultato di minima differenziazione dei prodotti viene ad essere
fondato su un’argomentazione analiticamente scorretta.
Le difficoltà circa la non esistenza di equilibrio quando le localizzazioni sono molto
prossime, possono essere evitate se si abbandona l’ipotesi che il costo di trasporto sia
linearmente proporzionale alla distanza. Considerando ciò, allora, il modello di
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Hotelling si può modificare assumendo costi di trasporto quadratici rispetto alla
distanza. Artefici di tale intuizione furono D’Aspremont, Jaskold e Thisse (1979) i quali
dimostrarono che esiste sempre una soluzione di equilibrio per il gioco a localizzazioni
date, per qualunque coppia di localizzazioni.
In tali circostanze, l’analisi della scelta delle localizzazioni porta a risultati opposti
rispetto a quelli ottenuti da Hotelling potendo ogni impresa accrescere il proprio profitto
quanto più si allontana dalla localizzazione del rivale; D’Aspremont, Jaskold e Thisse
(1979) giunsero, così, al risultato di “massima differenziazione dei prodotti”.
Benché anche la conclusione che le imprese tendono a differenziare al massimo i propri
prodotti non abbia validità generale, è stato tuttavia dimostrato che le imprese hanno
sempre convenienza a differenziare i propri prodotti almeno in qualche misura. La
concorrenza allora spinge le imprese a ritagliarsi proprie nicchie di mercato,
differenziando orizzontalmente i propri prodotti.
La tendenza delle imprese a differenziare orizzontalmente i prodotti ha importanti
implicazioni; le imprese esistenti, infatti, non ottengono profitti positivi localizzandosi
ad una certa distanza l’una dall’altra, un potenziale concorrente potrà avere convenienza
ad entrare nell’industria scegliendo una localizzazione intermedia e sottraendo a
entrambe le imprese esistenti le frange più lontane dei consumatori e lucrando anch’esso
profitti positivi.
4
La non esistenza dell’equilibrio quando le localizzazioni sono sufficientemente ravvicinate è legata
all’ipotesi che il costo di trasporto sia linearmente proporzionale alla distanza. Con c(x)=cx, infatti, le
funzioni di domanda (e quindi le funzioni di payoff delle due imprese) non sono continue. Come nota G.
Bonanno (1986): << Quando la funzione di costo è lineare, se il consumatore che abita nella stessa
località in cui è situata l’impresa A è indifferente tra i due prodotti (il che richiede che il prezzi
dell’impresa B sia sufficientemente inferiore a quello dell’impresa A, perché il consumatore deve pagare
un costo di trasporto per recarsi dall’impresa B), allora anche tutti i consumatori che abitano
nell’intervallo [0, a] saranno indifferenti tra le due imprese. Ciò implica che ad una piccola riduzione del
prezzo effettuata dall’impresa B può essere associato lo spostamento di un intero blocco di consumatori
dall’impresa A a quella B.
26
Se i costi medi di produzione sono costanti o crescenti, questo processo non si arresta
mai; se, invece, i costi medi sono decrescenti man mano che, con l’entrata di nuovi
concorrenti, si riduce il segmento di mercato di ogni impresa, si verificano due tendenze
discordanti: il prezzo di equilibrio diminuisce, poiché con il ridursi della distanza tra
imprese concorrenti si riduce la posizione di rendita spaziale di ciascuna impresa, ma il
costo medio di produzione aumenta: la differenza tra prezzo e costo medio (cioè il
profitto unitario) si riduce fino a scomparire. Quando accade ciò il processo di entrata
sequenziale si arresta.
La struttura di un’industria con prodotti differenziati orizzontalmente dipende
dall’ampiezza delle economie di scala: quanto più queste sono ridotte, o quanto più
ampia è la dimensione del mercato rispetto alla dimensione efficiente dell’impresa,
tanto più grande è il numero di equilibrio delle imprese attive; e poiché ogni impresa
sceglie una propria distinta localizzazione, non soltanto il numero delle imprese ma
anche tutti i tipi di prodotti differenziati sono funzione crescente ed illimitata della
dimensione del mercato.
Occorre rilevare che questo risultato non vale più quando dal caso di differenziazione
orizzontale dei prodotti si passa all’analisi del caso di differenziazione verticale.
Il modello di un’industria con prodotti differenziati verticalmente, viene generalmente
studiato nella letteratura mediante un gioco a tre stadi 5. Nel primo stadio le imprese
decidono se entrare o meno in un’industria; nel secondo stadio determinano la qualità
del bene da produrre ed, infine, nel terzo stadio scelgono i prezzi ai quali offrire i beni.
In tale modello i prezzi possono essere modificati in ogni momento, mentre un
cambiamento nella qualità del bene prodotto implica un impegno nell’attività di ricerca
e sviluppo ed in pubblicità e la decisione deve ovviamente precedere, sia dal punto di
vista temporale che logico, la scelta del bene specifico da produrre.
L’ultimo stadio del gioco si riferisce alla scelta del prezzo, tenuto fisso il numero delle
imprese e la qualità dei loro prodotti; in definitiva nel secondo stadio si studiano,
quindi, le scelte di qualità e nel terzo l’entrata nel mercato.
5
Questo modello è stato studiato inizialmente da Jaskold e Gabszewicz (1979, 1980) e più di recente da
Shaked e Sutton (1982, 1983), nell’esposizione si fa riferimento a quest’ultimo modello.
27
E’ possibile anticipare il risultato del modello affermando che pur in presenza di un
qualunque numero di potenziali entranti, un’industria con prodotti differenziati
verticalmente ammette, in generale e in equilibrio, solo un numero limitato, “finito”, di
produttori attivi ciascuno dei quali produce un bene distinto.
Il punto importante è che questa proprietà di “finitezza” del numero di imprese in una
struttura industriale di equilibrio è indipendente dalla presenza e dalla rilevanza dei
rendimenti crescenti nella produzione di ciascun bene, e vale quindi anche in presenza
di rendimenti di scala costanti per qualsiasi livello di prodotti. In altre parole, nelle
circostanze descritte, un allargamento del mercato rispetto alla dimensione ottima
d’impresa non ha effetti sul numero di equilibrio, finito, delle imprese.
Questo introduce una differenza fondamentale tra modelli con differenziazione
orizzontale e modelli con differenziazione verticale, poiché mentre nel caso della prima
tipologia di differenziazione il numero dei prodotti differenziati, e quindi delle imprese,
è funzione crescente e illimitata della dimensione del mercato, nel caso di
differenziazione verticale esiste un limite superiore al numero delle imprese che
possono convivere in equilibrio in un’industria, per qualsiasi dimensione del mercato.
Intuitivamente, la ragione che dà fondatezza alla proprietà di finitezza è che la
concorrenza tra prodotti di qualità elevata fa diminuire i prezzi di questi fino ad un
livello così basso che, anche se i beni di qualità inferiore fossero venduti ad un prezzo
appena sufficiente a coprirne i costi medi variabili di produzione, neppure il più povero
dei consumatori preferirebbe il bene di qualità inferiore al bene di qualità più elevata.
Il verificarsi di tale circostanza, e quindi della proprietà di finitezza, dipende allora da
due condizioni: a) che il reddito dei consumatori si distribuisca in un intervallo non
troppo ampio; b) che i costi variabili crescano moderatamente quando si passa da
prodotti di qualità inferiore a prodotti di qualità superiore; tale risultato emerge già
quando si analizza la terza parte del gioco relativo, relativa, cioè, alla scelta del prezzo
da parte delle imprese.
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3.3. La segmentazione della domanda ed i criteri di scelta del consumatore
“Segmento di mercato” è un concetto che indica un sottoinsieme distinto di clienti,
omogeneo al proprio interno ma disomogeneo rispetto ai clienti di altri segmenti in cui
ogni insieme può essere scelto come obiettivo di mercato da raggiungere utilizzando
una particolare strategia (Valdani, 1984).
Un “segmento”, invece, è definito come quell’area di consumo che presenta
caratteristiche di omogeneità al proprio interno; spesso, però, viene anche inteso come
un sub-mercato che, all’interno del mercato generale, presenta modalità similari
nell’atteggiamento verso un certo prodotto, nel consumo o nell’acquisto (Scott,
Santagostino, 1984).
Si è ora dinnanzi allo stesso tipo di problema, cioè quello di individuare delle porzioni
omogenee della domanda all’interno di un settore già definito.
Prima di affrontare il problema delle modalità con cui individuare i segmenti di
mercato, vanno fatte alcune precisazioni. E’ in teoria possibile individuare segmenti di
mercato in base ad una pluralità di caratteristiche della domanda, per esempio:
caratteristiche
demografiche
o
sociologiche
dei
compratori
o
caratteristiche
psicografiche. I sociologi del consumo, ad esempio, utilizzano caratteristiche di
segmentazione della domanda spesso diverse da quelle utilizzate dagli economisti ma
allo stesso modo utili per gli obiettivi delle loro analisi 6.
Più in generale, allora, si può affermare che non esiste una sola possibile segmentazione
del mercato, ma è possibile creare un numero infinito di segmentazioni (Barbarito,
1998).
6
Segmentare un segmento significa dividerlo in gruppi, categorie o segmenti composti da individui il più
possibile simili perciò che concerne le modalità e le motivazioni di consumo di un bene (Fabris, 1972).
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È quindi possibile parlare di segmento dei “single” contrapposto al segmento “famiglie”
o a quello degli “anziani” nel mercato dei beni di consumo, così come del segmento
“grande distribuzione” contrapposto al segmento “negozi al dettaglio”, ecc. Nelle analisi
di settore nessuna di queste segmentazioni è migliore delle altre e nulla vieta di
utilizzarne più di una contemporaneamente; in esse, una segmentazione che non
dovrebbe mai mancare è la segmentazione per prodotti. A questo proposito gli
economisti industriali hanno lasciato il terreno totalmente scoperto; dello studio delle
segmentazioni di un mercato si sono, infatti, soltanto occupati gli aziendalisti e gli
studiosi di strategia. Gli economisti industriali si sono invece occupati a lungo dello
studio sulla differenziazione dei prodotti all’interno di uno stesso mercato, supponendo
quest’ultimo sostanzialmente omogeneo al proprio interno.
Più precisamente essi si sono occupati dello studio della differenziazione orizzontale
(spaziale) e verticale, cercando di dare risposta a domande quali: <<perché in alcuni
mercati i prodotti sono poco differenziati tra loro e in altri invece le imprese cercano
una massima differenziazione tra i prodotti?>>.
Il concetto di differenziazione già affrontato va tenuto distinto da quello della
segmentazione, anche se i due possono tranquillamente convivere. Se i prodotti del
settore costituiscono un tipo di domanda sostanzialmente omogeneo è sufficiente
un’analisi della differenziazione dei prodotti. Se, invece, la domanda è eterogenea, il
settore andrebbe prima segmentato e poi si procederà con l’analisi delle caratteristiche
della differenziazione in ogni singolo segmento. I due tipi di linguaggio sono dunque
conciliabili ed, anzi, complementari. Ma la distinzione lascia ugualmente il problema
pratico di come identificare i segmenti all’interno di uno stesso mercato e di verificare
se questi segmenti abbiano qualche utilità.
Ci si può porre una domanda: <<il latte scremato ed il latte intero vanno considerati
assieme oppure costituiscono due segmenti all’interno del mercato del latte?>>.
Per rispondere a questa e ad altre domanda della stessa specie, si necessita di un criterio
che consenta di identificare empiricamente i due segmenti, se questi esistono.
Si può, allora, affermare, che sussistono due (o più) segmenti di mercato quando più del
50% dei consumatori di ognuno dei segmenti non prende in considerazione, al momento
dell’acquisto, i prodotti di tutti gli altri segmenti. Nell’esempio precedente riferito al
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latte, allora, se più del 50% dei consumatori di latte intero sceglie solo tra latte intero e
non scremato al momento dell’acquisto e lo stesso fanno i consumatori del latte
scremato (sempre in misura maggiore del 50%) che scelgono solo tra le diverse marche
di latte scremato, ecco allora che si può affermare che esistono due segmenti all’interno
del mercato del latte (Barbarito,1998).
Il criterio sopra proposto è un criterio di verifica dell’esistenza di segmenti, basandosi
su un’ipotesi di segmentazione del mercato da verificare. Rimane il problema del come
formulare le ipotesi, come prospettare delle ipotesi di segmentazioni e quali tecniche
utilizzare ossia quali tecniche applicare per cominciare ad individuare dei probabili
segmenti all’interno del mercato.
Tali tecniche partono dall’esistente e sono volte a cercare di identificare le ragioni di
base della scelta del consumatore. Nell’esempio precedente del latte se riscontrassimo
l’esistenza di due segmenti, significherebbe che nella scelta del prodotto un elemento
condizionante la scelta del consumatore è la quantità di grasso presente nel latte intero.
Il problema di individuare i criteri fondamentali della scelta di un consumatore in un
mercato è un problema tipico cui i consulenti aziendali devono dare risposta, anche per
cercare di comprendere le ragioni di un’eventuale flessione delle vendite di un prodotto.
In questi casi le società di consulenza si rivolgono a chi fa ricerche di mercato, per un
utilizzo di strumenti specifici (statistici e non) che possano servire in questi casi.
Alcune delle principali tecniche utilizzate per l’identificazione dei segmenti sono:
1. I focus group;
2. Le funzioni edoniche;
3. Le conjoint analysis.
1. I Focus group
La tecnica dei focus group viene principalmente impiegata per l’analisi dei beni di largo
consumo e dei beni semi–durevoli. Essa consiste nel raggruppare ed intervistare un
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ristretto numero di persone (da 5 a 12 persone alla volta) appartenenti ad una fascia
sociale di potenziali clienti.
Scopo della sessione è quello di capire, sia dal linguaggio esplicito che da quello non
verbale degli intervistati, quali siano i “parametri “ e gli “attributi”. I parametri sono
soggettivi ad esempio la facilità d’uso, il design, etc,; gli attributi sono, invece, delle
caratteristiche che il prodotto acquistato deve obbligatoriamente avere e sulle quali sarà
poi utile basare la segmentazione.
La segmentazione, quindi, si dovrà fare sulla base dei parametri fondamentali e non
sugli attributi.
2. Le funzioni edeniche
Con le funzioni edeniche (o “hedonic pricing”) si stima una funzione di regressione che
ha come variabile dipendente il prezzo (P) e come variabili indipendenti i valori dei
criteri fondamentali della scelta (X) di ognuno dei prodotti del settore.
I criteri fondamentali della scelta possono, ad esempio, essere la dimensione, la qualità
del packaging, il peso, l’affidabilità, ecc.
Dai valori standardizzati dei coefficienti è possibile identificare quali siano i criteri più
importanti per la scelta del consumatore. La difficoltà logica di questo approccio sta nel
fatto che il prezzo riflette il valore che ogni consumatore assegna al prodotto, valore che
in realtà potrebbe essere ben superiore al prezzo pagato.
3. La conjoint analysis
Essa è una tecnica che consente di rilevare il peso che consumatori attribuiscono ad
alcuni “parametri” di un prodotto; per ognuno dei parametri, poi, il ricercatore stabilirà
dei livelli quantitativi o qualitativi. L’idea di fondo è che un consumatore stimi il valore
o l’utilità di un bene (o servizio) combinando le parti di valore fornite da ogni singolo
parametro.
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Nella conjoint analysis la scelta del numero iniziale dei parametri e dei livelli di ognuno
di questi è molto delicata, poiché i parametri non devono essere correlati tra loro ed i
livelli, per ogni parametro, devono essere verosimili ed accettabili nella creazione di un
prodotto da valutare.
Esistono anche altre tecniche statistiche che consentono di evidenziare dei gruppi di
oggetti partendo dagli attributi reali di questi; la cluster analysis, la factor analysis e
l’analisi delle componenti principali sono alcune di queste tecniche.
3.4. Il prezzo e le spese in pubblicità
Il prezzo riveste un ruolo critico nell’economia e nella gestione d’impresa. Esso è,
infatti, una straordinaria arma competitiva, e la sua manovra può incidere sulla
posizione di mercato e sulla solidità delle relazioni con i clienti. Ogni manovra del
prezzo ha un impatto immediato e diretto sui risultati economici e finanziari (Busacca,
Costabile, Ancarani, 2004).
Nonostante la criticità di tale variabile di marketing, l’evidenza empirica mostra come
purtroppo spesso le imprese si affidino all’intuizione del management, ovvero adottino
comportamenti consuetudinari o imitativi dei concorrenti di riferimento. Poche imprese
adottano una politica di prezzo proattiva e dinamica, smart, una politica, cioè, che sfrutti
le enormi potenzialità del pricing (Busacca, Costabile, Ancarani, 2004).
Le decisioni in materia di prezzo, pertanto, sono una “cartina al tornasole” per verificare
l’efficienza delle politiche di marketing delle imprese. Esse, infatti, esercitano una
influenza rilevante sulle dinamiche competitive, sulle relazioni con la clientela e sulle
performance economiche e finanziarie. Nonostante ciò, i modelli analitici e gestionali
adottati in questo ambito presentano significativi potenziali di sviluppo. Ancora oggi,
molte imprese ricorrono ad analisi parziali e poco rigorose, assumendo decisioni
ingenue, e sostanzialmente poco efficaci, per il raggiungimento dei propri obiettivi
(Busacca, Costabile, Ancarani, 2004). Come migliorare, dunque, strategie e politiche di
pricing? La letteratura è molto ricca di metodi volti a soddisfare questo fine ed i casi di
successo suggeriscono di adottare un modello tridimensionale fondato su costi,
concorrenza e domanda. In genere, la dimensione del price management che appare la
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più trascurata è senz’altro la domanda e il valore per il cliente che rappresenta senza
dubbio il criterio-guida per le decisioni di prezzo, soprattutto in contesti di concorrenza
crescente. E nonostante il fatto che tutte le imprese lamentino un incessante incremento
della pressione competitiva, nelle decisioni di pricing un rigoroso orientamento alla
domanda e al valore per il cliente è ancora poco diffuso (Busacca, Costabile, Ancarani,
2004).
Il prezzo, ancora, è di estrema importanza nel fenomeno di percezione e reazione dei
consumatori allo stimolo di esso
Analizzando il comportamento del consumatore, infatti, emerge che il prezzo nelle
percezioni degli acquirenti ha delle dimensioni “positive”: esso non è soltanto un
indicatore di costo–sacrificio, quindi un elemento che inibisce l’acquisto, ma anche un
elemento che ne determina l’attrattività in quanto indicatore sintetico di prestigio,
qualità e affidabilità (Costabile, 1992).
Inoltre, dalle limitazioni alla razionalità assoluta dei consumatori possono conseguire
strategie di risposta al prezzo di vendita, indipendenti dalla valutazione oggettiva degli
attributi del prodotto (questo anche perché processare informazioni sulla qualità è molto
più complesso e costoso che processare informazioni sul prezzo).
L’intenzione di acquisto è motivata dalla percezione del valore e, volendo comprendere
cosa influisca su tale percezione, è necessario analizzare alcuni elementi critici del
rapporto fra prezzo e consumatore che sono:
1. il significato multidimensionale del prezzo e il suo impatto nella struttura
cognitiva del consumatore;
2. le modalità di codifica e memorizzazione del prezzo;
3. le modalità di “riutilizzo” nei processi di valutazione complessi (prezzo di
riferimento e struttura delle aspettative).
Uno dei principali obiettivi degli studi sul comportamento del consumatore è descrivere,
spiegare e prevedere le reazioni del consumatore agli stimoli di marketing delle
imprese.
Dall’analisi del comportamento del consumatore in risposta allo stimolo prezzo, emerge
una natura multidimensionale la cui comprensione è fondamentale affinché le imprese
possano prevedere le reazioni dei consumatori e definire politiche di prezzo ottimali.
34
Nella loro attività molte imprese decidono di incorrere in spese di pubblicità, decisione
connessa con il processo di differenziazione dei prodotti. Intuitivamente, un’impresa
che ritenga conveniente differenziare il proprio prodotto da quello delle altre imprese
della stessa industria, avrà convenienza a che i consumatori ne siano adeguatamente
informati mediante il potente canale della pubblicità e, per perseguire questo fine, essa
sarà disposta a sostenerne i relativi costi. Tuttavia, in molte circostanze la pubblicità dei
prodotti è non soltanto una necessaria conseguenza di una politica di differenziazione,
ma coincide con essa: è il messaggio lanciato dalla pubblicità che rende differenti,
dinnanzi agli occhi del consumatore, due beni altrimenti identici tra di loro. Circa la
modalità con cui questo avvenga è qualcosa che sfugge all’apparato analitico
dell’economista. Gli aspetti psicologici e sociologici, che rivestono un ruolo preminente
nella spiegazione degli effetti della pubblicità, mal si prestano ad essere colti attraverso
le ipotesi classiche della teoria economica ed, in particolare, attraverso le supposizioni
della teoria del comportamento razionale del consumatore.
Probabilmente questa è la ragione che sta alla base dell’approccio dicotomico con cui la
letteratura economica affronta il tema delle spese in pubblicità delle imprese. Da un lato
vi è il punto di vista “benevolo” che preme sui meriti informativi della pubblicità,
dall’altro lato, il punto di vista “contrario” ne sottolinea, invece, le implicazioni
anticoncorrenziali e mette in evidenza l’agire sia come barriere all’entrata sia come
meccanismo di sostegno della collusione.
Un’ampia classe di modelli economici sostiene l’importanza della pubblicità in quanto
ricca di contenuti informativi rilevanti che può variare dall’informazione sulla semplice
esistenza del bene all’informazione più dettagliata su luoghi di vendita, prezzo e altre
condizioni di vendita. Quando si affronta il contenuto informativo della pubblicità, è
utile partire dalla distinzione introdotta da Nelson (1970) tra search goods (ossia quei
beni la cui qualità può essere conosciuta da un consumatore prima dell’acquisto) ed
experience goods (beni la cui qualità può essere conosciuta da un consumatore solo
dopo che esso è stato acquistato e, almeno in parte, consumato).
Nel caso di un search good, supponendo che un consumatore non sia pienamente
informato su tutti i beni prodotti, la pubblicità consente di coprire un vuoto informativo
e svolge un ruolo meritevole dal punto di vista dell’efficienza sociale. Ciò che la
35
trasmissione di un messaggio pubblicitario rende in altri termini possibile è uno
scambio. Che altrimenti avrebbe potuto non compiersi, tra due soggetti economici. In
letteratura, vivono due termini riferiti alla pubblicità di un search goods:
a) se la concorrenza tra le imprese, attraverso spese di pubblicità, rallenti o acceleri
il processo che fa convergere a zero i profitti;
b) se l’ammontare delle risorse spese in pubblicità sia ottimo dal punto di vista
sociale.
Con riferimento al punto a), Schmalensee (1986) dimostra che, in molte circostanze,
l’eliminazione degli extraprofitti può essere più rapida se le imprese si fanno
concorrenza in pubblicità, piuttosto che attraverso riduzioni concorrenziali dei prezzi 7.
Con riferimento al punto b), nell’ambito di un modello particolare (nel quale si assume
che non vi sia interazione strategica tra le imprese, e che solo queste ultime possano
compiere azioni in grado di accrescere l’informazione dei consumatori) esiste un noto
risultato di Butters (1977), che dimostra che la quantità di risorse spese in pubblicità è
ottima dal punto di vista sociale. Questo risultato tuttavia non si estende al caso generale
(Grossman, Shapiro, 1984), nel quale la quantità di risorse spese in pubblicità può
apparire sia eccessiva, che insufficiente, dal punto di vista del benessere sociale. Essa
sarà, in prima approssimazione, eccessiva se, nell’equilibrio oligopolistico, prevale un
effetto di esternalità (che fa si che ogni impresa, nel determinare al margine la propria
spesa in pubblicità, consideri il guadagno che essa ottiene dal sottrarre un cliente ad un
rivale, ma non la perdita sopportata da quest’ultima); essa sarà, invece, insufficiente se
la pressione concorrenziale è molto intensa e, a causa di ciò, le imprese anticipano una
rapida eliminazione degli extraprofitti.
7
Intuitivamente, questo risultato è legato alla condizione che l’elasticità delle quote di mercato delle
imprese rispetto a differenze nelle spese in pubblicità sia maggiore dell’elasticità delle quote di mercato
rispetto a differenze nei prezzi.
36
Passando al caso degli experience goods, la rilevanza sociale delle spese in pubblicità,
anche in questa circostanza, è stata sostenuta da Nelson (1974) che ne ha messo in
evidenza la proprietà di “segnale”: nel caso di un experience goods un consumatore
tenderà a riacquistare, a parità di prezzo, un bene di qualità più alta piuttosto che un
bene di qualità inferiore.
Anticipando ciò, le imprese che producono il bene di qualità più elevata saranno
incentivate a destinare maggiori risorse in pubblicità rispetto alle imprese che
producono il bene di qualità inferiore; questo perché uno stesso messaggio pubblicitario
indurrà un numero di acquisti maggiore, nel tempo, del bene di qualità più alta.
Il punto di vista “contrario” considera essenzialmente la pubblicità come un
meccanismo che riduce le condizioni di concorrenza dell’industria poiché accresce in
modo artificioso la differenziazione dei prodotti (rende, cioè, più rigide le curve di
domanda dei beni) generando, così, barriere all’entrata
L’idea che l’informazione incompleta dei prodotti da parte dei consumatori possa agire
come barriera all’entrata per i nuovi produttori, in quanto i consumatori tenderanno ad
essere “fedeli” ai beni che già conoscono ed hanno utilizzato, è uno degli argomenti
classici della teoria delle barriere all’entrata di Bain (1956).
Schmalensee (1982), che ha dato una dimostrazione formale dell’originaria intuizione di
Bain, ha messo in evidenza, tuttavia, che essa è fondata non soltanto sull’investimento
che l’impresa compie in pubblicità, quanto sull’investimento effettuato dal consumatore
nella ricerca del bene.
Ovviamente, la pubblicità di un’impresa può influenzare il percorso di ricerca del
consumatore, ma si tratterebbe di effetti indiretti, non diretti.
Alcune recenti analisi di teoria della struttura industriale recuperano le conclusioni del
punto di vista “contrario”, concentrando l’attenzione sulle proprietà di costo fisso non
recuperabile che caratterizza le spese in pubblicità. Questa è in particolare la tesi di
Sutton (1989), secondo cui le spese in pubblicità giocano un ruolo interpretativo
cruciale nel modello di differenziazione verticale. E’ stata già esposta la proprietà di
finitezza in cui un’industria, nella quale vengono prodotti beni differenziati
verticalmente, tende ad essere “naturalmente” concentrata quando le differenze di
qualità tra due prodotti si riflettono prevalentemente in differenze nei costi misti, ma
37
non nei costi variabili, delle imprese. Sutton (1989) sostiene che le spese in pubblicità
rappresentano il principale strumento con cui le imprese possono differenziare
verticalmente i propri prodotti attraverso un incremento dei costi fissi senza indurre
variazioni rilevanti nei costi marginali; per tale ragione tali spese si rivelano un
importante fattore di governo della struttura di un’industria.
38
4. Metodo d’indagine
L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti “lattiero-caseari” e
degli “olii e grassi vegetali” nel “centro urbano” di Catania è stata condotta su un
campione di imprese commerciali particolarmente ampio, al fine di ottenere una
rappresentazione della realtà distributiva al dettaglio il più possibile rappresentativa
della realtà esistente nel territorio oggetto di studio.
Con riferimento alle tipologie di imprese distributive, le rilevazioni hanno riguardato
quelle maggiormente significative nell’ambito del territorio urbano di Catania. I punti
vendita rilevati, infatti, sono stati prescelti tra gli esercizi commerciali al dettaglio di
tipo tradizionale ed i supermercati 8 (GDO).
Tale scelta è stata effettuata dopo aver effettuato alcuni rilievi di carattere preliminare,
dai quali è emerso che la distribuzione di tipo tradizionale resta ancora oggi, nel
territorio comunale di Catania, la forma distributiva dominante seguita dalla GDO.
Tra le altre forme distributive presenti nel territorio cittadino sono da ricordare
l’ambulantato, i discount, ecc. che, però, non essendo presenti in maniera evidente
nell’ambito territoriale non sono stati presi in considerazione nel corso della presente
indagine. I discount sono stati esclusi dalla presente indagine poiché il prezzo di vendita
dei prodotti in tali strutture distributive, tende al prezzo all’ingrosso con la conseguenza
di rendere impossibili i confronti con i prezzi dei prodotti commercializzati dalle altre
tipologie distributive.
Le rilevazioni sono state effettuate nelle dieci circoscrizioni amministrative in cui è
ripartito l’intero territorio comunale di Catania (Fig. 3).
8
Per dettaglio tradizionale, nel corso della presente indagine, si è fatto riferimento a quegli esercizi di
piccola dimensione sia specializzati che generici la cui peculiarità risiede nell’assistenza al consumatore
da parte del venditore durante le fasi di acquisto dei prodotti oggetto d’indagine. Come supermercati,
invece, sono stati considerate quelle strutture di dimensioni superiori ai 400 mq, contraddistinte da un alto
grado di self-service, da reparti con vendita assistita, da un vasto assortimento di prodotti, in particolare
preconfezionati, in cui talvolta sono presenti articoli vari (casalinghi, elettrodomestici, abbigliamento,
ecc.) oltre ai prodotti agroalimentari.
39
Fig. 3 – Localizzazione delle dieci municipalità in cui risulta organizzato
il territorio urbano di Catania
Fonte: www.katane.it
Quanto alla tecnica di campionamento utilizzata per la rilevazione degli esercizi
commerciali si è fatto riferimento a precedenti indagini effettuate nello stesso ambito
territoriale 9.
Come mostra la Fig. 4, si sono distinte quattro aree: area “A” - Centro storico, area “B”
- Quartieri residenziali, area “C”- periferia nord–occidentale ed area “D”- periferia sudoccidentale.
9
La Via (1995), Indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel centro urbano di
Catania, CERSSAM, Catania; D’Amico, La Via (1998): La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti
lattiero-caseari nel centro urbano di Catania. Nei suddetti lavori il territorio urbano di Catania era stato suddiviso in
virtù della L.R. n. 84 dell’11 dicembre 1976 che vedeva il distretto organizzato in 17 circoscrizioni. Nel presente
lavoro, invece, si è fatto riferimento ad una più recente L.R. che fraziona il territorio urbano di Catania in 10
municipalità.
40
Nell’ambito dell’area “A” sono confluiti i rilievi effettuati nell’ambito della I
municipalità, nell’area “B” sono stati inglobati i rilievi relativi alla II, III e IV
circoscrizione, nell’area “C”, sono stati inseriti i quartieri V e VI e nella periferia sudoccidentale, area “D”, le rimanenti circoscrizioni (VII e VIII).
4.1. Le imprese rilevate
Sono state rilevate complessivamente 90 imprese, uniformemente ripartite nelle otto
circoscrizioni che in fase di elaborazione sono state ridotte a 80 per varie ragioni 10; esse
appartengono alla distribuzione tradizionale ed a quella moderna, rispettivamente, per il
55 % ed il 45 %. Al fine di ridurre al minimo le variazioni dei prezzi indotte da aumenti
dei listini effettuati dalle imprese produttrici dei singoli beni, le rilevazioni sono state
effettuate in un breve arco temporale (10 giorni) dal 28 giugno 2004 all’8 luglio 2004.
I prodotti per i quali è stata eseguita la rilevazione dei prezzi presso gli esercizi
commerciali, sono stati selezionati a seguito di una preliminare indagine volta ad
individuare marche e prodotti commerciali maggiormente diffusi nel “centro urbano” di
Catania e più facilmente reperibili nelle varie strutture distributive.
In complesso sono stati presi in considerazione 50 beni appartenenti alle seguenti
categorie merceologiche: “lattiero-caseari” (35) e “olii e grassi vegetali” (15). Si è
operata una tale scelta perché diversi esercizi commerciali erano sprovvisti di alcuni
beni agroalimentari previsti nell’obiettivo dell’indagine ed anche perché i dati su cui è
stata eseguita l’analisi delle variazioni di prezzo, indotte dall’introduzione dell’euro,
erano disponibili solo per le suddette tipologie di prodotti.
10
Ridurre il numero di imprese considerate da 90 a 80 è stato necessario sia per la scarsa attendibilità dei dati raccolti
in alcuni esercizi commerciali (7 casi) sia per la mancata collaborazione di alcuni titolari/gestori delle imprese
campionate (3 casi).
41
Il ricorso a specifiche marche e confezioni ha semplificato il lavoro di rilevazione dei
prezzi dei prodotti trasformati e ha contribuito a ridurre “artificialmente” il grado di
variabilità dei prezzi al consumo per tali prodotti, anche in virtù della presenza di molte
marche e sottomarche e di diversi tipi di confezione. In generale, la rilevazione dei
prezzi relativa a tali prodotti di marca non ha comportato difficoltà particolari, se non
quelle connesse, in pochi esercizi commerciali, alla presenza di confezioni di formato
diverso da quello indicato nella scheda di rilevazione.
Nel presente lavoro è stata effettuata una rilevazione diretta, utilizzando una schedaquestionario, riportata in appendice, predisposta ad hoc. Prima di procedere alla
somministrazione del questionario, è stata effettuata una verifica preliminare; lo si è
distribuito, cioè, ad un campione di imprese molto ridotto rispetto a quello di cui poi ci
si è servito per la ricerca (indagine pilota), ma rappresentativo di tutti gli strati del
collettivo statistico oggetto di rilevazione.
La verifica è risultata positiva anche se è stato necessario apportare qualche modifica
suggerita dall’indagine pilota; il questionario, a quel punto, è stato definitivo.
Mediante la scheda-questionario è stato possibile ottenere informazioni inerenti
all’ubicazione dei punti vendita nell’ambito delle singole circoscrizioni, alle
caratteristiche
giuridiche
e
all’organizzazione
amministrativa
dell’esercizio
commerciale, alle risorse impegnate nell’attività (lavoro, capitali, ecc.) e le forme di
approvvigionamento dei prodotti oggetto di analisi. In essa, inoltre, sono presi in
considerazione altri fattori condizionanti che possono orientare il consumatore nella
scelta della struttura distributiva al dettaglio nella quale fare i propri acquisti (presenza
di parcheggio, effettuazione della consegna a domicilio, ecc.)
In particolare, le prime sezioni (dalla 1. alla 5.) hanno riguardato i caratteri generali
degli esercizi commerciali e altri fattori condizionanti; le altre (dalla 6. alla 7.), invece,
l’acquisizione dei prezzi medi unitari. Per ciascuno di essi sono stati indicati, in
ciascuna tipologia, il marchio commerciale ed il peso della confezione.
I beni sono stati classificati in otto gruppi merceologici omogenei, e precisamente:
42
Lattiero-caseari:
Olii e grassi vegetali:
Latte
Olii di oliva
Yogurt
Olii di semi
Burro e panna
Grassi vegetali
Formaggi a pasta molle
Formaggi a pasta filata
All’interno del primo gruppo (Latte) sono stati presi in considerazione i prezzi relativi a
dodici tipologie di prodotto; sono stati rilevati i prezzi del latte U.H.T. intero e
parzialmente scremato delle imprese produttrici Parmalat, Sole e Polenghi mentre in
merito al latte fresco solo i prezzi dei marchi Sole e Zappalà. Nel gruppo merceologico
del latte U.H.T. parzialmente scremato sono stati altresì campionate due marche di latte
(Parmalat e Sole) nella confezione da 0,5 litri.
Nel gruppo merceologico degli Yogurt ne sono stati inseriti quattro varietà: quelli interi
naturali, interi addizionati alla frutta, magri naturali e magri addizionati alla frutta. Del
primo insieme sono stati campionati i prezzi di due marche, Parmalat e Sole; nel
secondo sottogruppo sono stati presi in considerazione i prezzi degli yogurt addizionati
alla frutta Parmalat, Danone e Yomo; nel terzo due sole marche, Parmalat e Yomo e
nell’ultimo sono stati rilevati i prezzi di tre yogurt magri addizionati alla frutta,
Parmalat, Yomo e Danone Vitasnella.
Con riferimento al terzo gruppo merceologico, Burro e panna, sono state considerate tre
voci per ciascuno riferite, come sempre, a specifiche marche commerciali più
frequentemente reperibili. All’interno di questo gruppo è stata inserita la panna sia da
cucina, nella confezione da 200 ml, sia quella per dolci (da 500 ml) in quanto prodotti
ricavati dall’affioramento del grasso del latte.
Nell’ambito del quarto gruppo, Formaggi a pasta molle, sono stati rilevati i prezzi
relativi a tre prodotti: le creme Philadelphia e Certosino e le sottilette Galbani, le prime
nella confezione da 200 grammi e le sottilette nella confezione che ne comprende otto
pezzi. Tra i formaggi a pasta filata sono state prese in considerazione tre marche di
43
mozzarelle distribuite dalle case produttrici: Sole, Galbani e Zappalà facendo
riferimento alla confezione da 125 grammi; in questa categoria merceologica è stato
inserito il Galbanino di 300 grammi di peso.
Gli Olii di oliva appartengono al sesto gruppo merceologico. In questa categoria sono
stati rilevati i prezzi relativi a quattro diverse marche di olii di oliva extra-vergine
(Dante, San Giorgio, Sasso e Bertolli) ed analogo numero tra gli olii di oliva vergine
(Dante, San Giorgio, Sasso e Carapelli).
Per quanto riguarda gli Olii di semi, sono stati rilevati i prezzi degli olii di semi vari, di
arachidi, di mais e di soia. Per tutti i suddetti sottogruppi è stata presa in considerazione
una sola marca, tranne per l’olio di mais per il quale la rilevazione dei prezzi al
consumo è stata effettuata su due marche (Cuore e Maya).
Tra i Grassi vegetali, ad essere sottoposte ad analisi sono state le due marche di
margarina maggiormente commercializzate, Foglia d’oro e Vallè.
Su tali aree, come si vedrà nell’analisi dei principali risultati dell’indagine, è stata
quantizzata la differenziazione dei prezzi al consumo indotta dalla localizzazione
dell’esercizio commerciale che è servita a mettere in luce in ognuna delle quattro zone,
le differenze percentuali di ognuno dei beni appartenenti alle otto categorie
merceologiche considerate.
Dalla Tab. 1 emerge che delle 80 imprese del campione finale, 26 ricadono nella
periferia nord-occidentale (Area “C”), 19 nel Centro storico (Area “A”), 18 nei
Quartieri residenziali (Area“B”) e 17 nella Periferia sud-occidentale (Area “D”).
Dalla Tabella emerge poi che oggetto di esame sono stati, nelle aree “A” e “B”, 10
esercizi commerciali di tipo tradizionale e, nell’ordine, 9 e 8 facenti capo alla
distribuzione moderna; nelle due periferie, nord-ovest e sud-ovest, invece, ad essere
sottoposti ad elaborazione sono state 15 e 9 imprese del primo tipo (distribuzione
tradizionale) e 11 e 8 del secondo (GDO).
44
TAB.1 - Distribuzione del campione delle imprese commerciali rilevate nel "centro urbano" di Catania (2004) (*)
Indicazioni
Dettaglio tradizionale
%
N.
Distribuzione moderna
%
N.
Totale
%
N.
Centro storico "A"
10
22,7
9
25,0
19
23,7
Quartieri residenziali "B"
10
22,7
8
22,2
18
22,5
Periferia Nord-Ovest "C"
15
34,1
11
30,6
26
32,5
Periferia Sud-Ovest "D"
9
20,5
8
22,2
17
21,3
44
100,0
36
100,0
80
100,0
Centro urbano di Catania
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Nella prima parte del lavoro i dati rilevati sono stati opportunamente aggregati al fine di
individuare la variabilità dei prezzi osservati rispetto al dato medio dei singoli prodotti,
le differenze di prezzo esistenti nelle quattro aree individuate sia, ancora, gli effetti della
tipologia distributiva sul livello degli stessi prezzi. Per la valutazione della dispersione
dei dati intorno al valor medio si è provveduto a calcolare un indice in grado di misurare
la variabilità complessiva dei prezzi e capace di fornire indicazioni aggiuntive rispetto a
quelle ricavabili dai valori minimi, massimi, modali e medi osservati.
Il metodo di elaborazione11 ha consentito di individuare le principali differenziazioni
esistenti a livello territoriale e tra le diverse tipolologie di imprese commerciali.
Considerata la molteplicità delle variabili che influenzano il livello medio dei prezzi
all’interno delle strutture distributive, sia di tipo tradizionale che moderno, e non
essendo possibile verificare le differenze esistenti solo sulla base della tipologia e della
localizzazione dei punti vendita, sono state ricercate le relazioni esistenti tra le altre
variabili che entrano in gioco nella formazione dei prezzi allo scopo di determinare il
“peso” esercitato da ognuna di esse nella determinazione delle differenze osservate.
11
Il metodo di elaborazione non ha fornito indicazioni sugli scostamenti dei dati osservati rispetto ai dati medi del
“centro urbano”, in quanto non si disponeva di un uguale numero di osservazioni per le due tipologie di strutture
distributive e per le diverse aree
45
Circa la disponibilità dei soggetti intervistati per la realizzazione della rilevazione dei
prezzi, si fa presente che alcuni dettaglianti tradizionali hanno manifestato contrarietà e
diffidenza mentre tutti i gestori e/o dipendenti dei punti vendita appartenenti alla
distribuzione moderna si sono mostrati molto disponibili alla collaborazione.
46
Fig. 4- - Localizzazione delle aree d’indagine e dei relativi quartieri nel “centro urbano”
Catania
Fonte: La Via (1995), Indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel centro
urbano di Catania ,CERSSAM, Catania.
47
4.2. La realtà urbana di Catania
Il centro storico
E’ questa la municipalità più popolosa, con oltre 10.000 abitanti, del “centro urbano”
catanese. Tale contesto territoriale non risulta interessato da fenomeni di alterazione
della consistenza dei residenti attestati nel censimento del 2001 pari 51.571 unità (*).
La parte di tessuto urbano che costituisce la prima municipalità contiene gli spazi
pubblici e gli edifici più significativi non soltanto dal punto di vista architettonico ma
anche da quello economico: il primato in tale ambito territoriale spetta all’attività
commerciale.
Lungo le vie della prima municipalità si è andata radicando un’attività commerciale
all’ingrosso che nella sua espansione ha occupato spazi sempre più ampi. A partire dagli
anni Settanta, nel tratto compreso tra la Piazza Stesicoro e il Corso Sicilia (la nuova
arteria nata in seguito al rinnovo del quartiere San Berillo), si sono andate disponendo le
sedi principali di banche, imprese assicurative, immobiliari e finanziarie, nonché studi
professionali.
Al di là dei rettifili, comunque, permane tutt’oggi, il grave degrado delle maglie interne
dei quartieri Cappuccini–Antico Corso, Civita-Angeli Custodi, San Cristoforo, che nel
complesso accolgono oltre il 20 % della popolazione comunale. In particolare, la
vocazione che prevale nel quartiere Cappuccini–Antico Corso è di tipo commerciale,
mentre negli altri due quartieri, Civita–Angeli Custodi e San Cristoforo, eccellono le
attività artigianali.
Relativamente alla natura giuridica delle imprese, si registra una prevalenza delle ditte
industriali e delle società semplici; modesta è, invece, la presenza di società di fatto e
scarse sono le società a responsabilità limitata e le cooperative. Risultano totalmente
assenti le società per azioni.
(*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania.
48
Si tratta, in prevalenza, di imprese di piccole dimensioni, a valenza prevalentemente
artigianale, a conduzione familiare e poco differenziate in termini di gamma di prodotti.
Elemento caratterizzante del contesto produttivo di questi quartieri è la forte dipendenza
del fatturato da un solo tipo di prodotto o servizio, che dipende dalla bassa
diversificazione delle attività delle imprese.
In termini strategici questo si traduce in un ampliarsi del rischio d’impresa causata dal
mutare di variabili riferite al prodotto–servizio (mutamenti nella domanda, ecc.) e da
una specializzazione produttiva e culturale che aumenta la rigidità nei confronti del
cambiamento, ove necessario. Infatti, quando tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni
Novanta, la provincia di Catania è stata interessata da una forte recessione economica
(tant’è che si posizionò tra le province Italiane più povere, in graduatoria 82° posto) (R.
D’Amico, 2002), sono state spazzate via imprese di piccolissime e piccole dimensioni
con prevalente apporto lavorativo del nucleo familiare e la collaborazione di pochi
addetti.
Per questa area della città, per il futuro, si pongono alcuni problemi: primo tra tutti la
permanenza dell’antica divisione tra “città egemonica” e “città subalterna”, tra i
quartieri rappresentativi e quelli popolari, cui spesso non si riconosce alcun valore e che
non vengono resi oggetto di interventi di riqualificazione (che per questo motivo si
degradano sempre di più).
Le sfide future riguardano un aumento delle capacità delle piccole imprese dell’area, far
fronte alla concorrenza locale nazionale, promuovere nuove attività imprenditoriali e
l’attuazione di interventi in materia di sviluppo locale che certamente potranno
contribuire alla crescita socio–economica dei quartieri.
Quartieri residenziali
La II municipalità fra le dieci occupa il 2° posto in graduatoria per il numero di residenti
(50.106) (*). Il decremento registratosi nel periodo compreso tra il 1991 al 2001 si attesta
su un valore pari a – 662 unità (R. D’Amico, 2002).
Il territorio della seconda circoscrizione è occupato da quartieri e da zone
profondamente diverse tra loro dal punto di vista strutturale, economico e sociale e la
49
distribuzione delle attività economiche in questa circoscrizione segnala la presenza di
aree eterogenee.
Larga è l’incidenza di esercizi commerciali finanziari e del terziario con il risultato che,
tra le varie municipalità, questa occupa il 3° posto per numero di unità economiche
presenti sul numero delle società di capitali, queste ultime predominanti su qualunque
altra tipologia giuridica d’impresa.
Lungo le arterie principali (Corso Italia, Via G. Leopardi, V.le V. Veneto) e nelle più
larghe vie di raccordo, si concentra un gran numero di attività commerciali, studi
professionali, supermercati, ecc,. mentre nelle arterie secondarie si distribuiscono una
miriade di altri negozi e di attività economiche.
Allontanandosi dalle suddette vie e addentrandosi nel quartiere di Picanello, il contesto
economico appare profondamente diverso per l’esistenza di esercizi commerciali ed
attività economiche di più basso profilo; qui merci e prodotti di media qualità vengono
offerti a prezzi più contenuti, connesso al più basso reddito dei suoi abitanti.
Per migliorare la situazione della II municipalità occorre abbandonare una volta per
tutte l’idea di affidare alla crescita quantitativa la crescita globale di questo quartiere,
mirando alla ricomposizione di quel paesaggio urbano dentro il quale possono trovarsi
ancora oggi i caratteri di una residenzialità non omologata, fortemente identitaria, di
qualità.
La terza municipalità quella in cui si registra il più basso numero di popolazione
residente (decremento pari a – 2.899 unità) (*).
Nonostante l’esiguo numero di abitanti, nella III municipalità hanno sede importanti
risorse economiche del Comune. Nell’ambito dell’area che gravita intorno al palazzo
del Tribunale, dalla Via Cilestri alla Via Oberdan e dalla Via G. D’Annunzio alla Via
Umberto, si concentra un elevatissimo numero di esercizi commerciali tanto da farla
ritenere una delle meglio servite della città.
(*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania.
50
La rifunzionalizzazione dell’intera area può costituire una delle operazioni più
interessanti e impegnative volte al miglioramento della qualità urbana e della
competitività basata su funzioni rare e pregiate.
La IV municipalità è una tra le meno popolate della città con i suoi 21.255 abitanti
(decremento al 1991 al 2001 pari a – 664 unità) (*).
Nell’ambito economico essa si posiziona solo al 4° posto in graduatoria seguita, se pur
con deciso distacco, dalla defraudante V municipalità, dalla VII e dalla IX (R. D’Amico
2002). Da quest’ultime si distacca per la più elevata incidenza del numero delle società
di capitali sul numero risultante dalla somma delle società di persone e dalle imprese
individuali.
Essa è la circoscrizione della segregazione e dell’individualismo. Per essa definire una
prospettiva è un po’ più difficile. Se da un lato la presenza dell’Università rende
immediata la riconoscibilità della sua funzione anche a livello regionale, tuttavia è
l’aspetto di “quartiere” che mostra qualche carenza, causa da ricercare essenzialmente
nel carattere dell’urbanizzazione che è avvenuta nelle forme della città dispersa.
Periferia nord-occidentale
A differenza di tutte le altre la V circoscrizione è l’unica il cui territorio è perfettamente
coincidente con uno ed un solo quartiere, quello di San Giovanni Galermo.
Se essa, con i suoi 14.692
(*)
abitanti è tra le meno popolate di Catania, è però anche
quella che negli ultimi anni ha fatto registrare una regolare crescita della popolazione
pari, in media, all’1% annuo.
Il tessuto economico della V municipalità è contraddistinto da un esiguo numero di
strutture ricettive, dato che comunque appare equilibrato in un contesto di scarso
dinamismo economico.
(*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania.
51
La quantità di unità economiche non permette di collocarla nei primi posti della
graduatoria, sebbene negli ultimi anni si sia riscontrata una crescita delle attività
commerciali al dettaglio e di punti di ristorazione e di bazar. Pertanto, anche se una
municipalità siffatta lasciava fino a poco tempo fa piuttosto perplessi sulle sue future
prospettive di sviluppo, oggi si intravede la concreta possibilità che il suo prossimo
ruolo possa essere quello di raccordo tra l’economia catanese e quella dei paesi etnei
che su di essa gravitano.
Il suo ruolo sarà quello di favorire una crescente integrazione con il resto della città,
obiettivo da perseguire con una politica di duplice riqualificazione: da un lato,
attraverso la necessaria dotazione di attrezzature di quartiere, dall’altro, con la ricerca di
una funzione in ambito metropolitano che possa andare al di là di quella meramente
residenziale.
Il tessuto economico della VI municipalità ha un tono modesto: c’è un po’ di tutto ma in
particolare emergono esercizi commerciali per lo più di profilo medio o medio-basso.
Tra le dieci essa occupa il 6° posto per unità economiche presenti (R. D’Amico, 2002);
ma questa posizione appare più critica e indica investimenti piuttosto modesti se si
considera la bassa incidenza del numero delle
società di persone e delle imprese
individuali.
Tra tutte le attività dominano il commercio al dettaglio e all’ingrosso seguite da imprese
edili, imprese agricole, officine e rivenditori di pezzi di ricambio.
Come tutte le altre circoscrizioni, anche qui sono presenti più quartieri: in particolare
Cibali, Santa Sofia e Trappeto Nord zone, queste, che presentano situazioni piuttosto
variegate anche sul piano economico. Cibali, ad esempio, appare come un quartiere con
attività economiche prevalentemente funzionali ai suoi abitanti; il quartiere di Santa
Sofia è destinato a divenire un polo di molteplici attività economiche; più defraudante è,
infine, il quartiere di Trappeto Nord sia per il rapporto tra densità della popolazione ed
unità economiche ma anche per il suo collegamento con Catania.
L’estrema complessità di questa municipalità e la sua eterogeneità, insieme al degrado
che caratterizza vaste porzioni di residenti di questa area della città, rendono difficile
pensare che la circoscrizione possa nel suo insieme svolgere un ruolo unitario in ambito
metropolitano.
52
Periferia sud-occidentale
La VII municipalità presenta un numero non elevato di unità economiche. Essa si
posiziona tra i livelli più bassi anche per incidenza del numero delle società di capitali
sul numero risultante dalla somma delle società di persone e delle imprese individuali.
Mentre tutta l’area che gravita intorno alla parte alta del Viale M. Rapisardi presenta un
tessuto economico discretamente “vivace” che consente alla zona di vivere in
condizioni di autosufficienza, ben diverso è il caso dei quartieri di Nesima e di Monte
Po. Per quest’ultimo si rileva un dato estremamente preoccupante, ovvero l’esiguità di
unità economiche fattore che, insieme al carattere dell’edilizia residenziale per lo più
popolare e alla lontananza dai centri urbani, determina una situazione di oggettiva
marginalità. Tra le prospettive future emerge la necessità di creare nuove imprese,
rilanciare (o far nascere) attività commerciali o artigianali che hanno bisogno di “pace
sociale” e di vivibilità dei quartieri. Qui forse, più che altrove, il futuro si gioca su una
politica integrata di riqualificazione che aggredisca le sacche di emarginazione da
diversi fronti.
Rispetto alle altre dieci, l’VIII circoscrizione si posiziona al 4° posto in graduatoria
quanto a presenza di unità economiche anche se si tratta per lo più di imprese
commerciali con modesti investimenti, come dimostra ancora la scarsa incidenza della
presenza di società di capitali (R. D’Amico, 2002). Un’opportunità per la municipalità è
costituita dalla vicinanza con Misterbianco, la cui funzione commerciale rappresenta un
fortissimo magnete nell’ambito dell’intera Sicilia orientale. A sud-est della periferia
sud-occidentale si trova quella parte della città più vasta ma meno popolosa che
comprende la IX e X circoscrizione. In questa area della città vi sono tre importanti
arterie quali: via Zia Lisa, S. Giuseppe la Rena e Viale Kennedy che si innestano sulle
diverse strade stradali. In tale area non si riscontrano sub – centri autonomi e la maggior
parte riguarda pochi esercizi della distribuzione commerciale, per lo più di beni di prima
necessità. Nel sub-centro di Via Gelso Bianco hanno luogo esercizi che interessano la
commercializzazione di prodotti e servizi per l’agricoltura, parti di ricambio e macchine
agricole. L’altro sub–centro, San Giusepe La Rena, invece vede la presenza di grossisti,
di servizi di assistenza tecnica e di autonoleggi ed esercita funzioni più estese e
53
complesse agevolate dall’alto grado di accessibilità proveniente dalle arterie di grande
traffico della Sicilia sud–orientale.
54
5. Analisi dei principali risultati dell’indagine
5.1. Caratteri generali degli esercizi commerciali
Al fine di acquisire un quadro conoscitivo completo delle variabili che influenzano la
formazione dei prezzi si è provveduto, parallelamente all’acquisizione dei prezzi unitari
al consumo, alla rilevazione di ulteriori informazioni circa l’organizzazione e la
gestione degli ottanta punti vendita rilevati.
Dall’acquisizione di tali informazioni è stato possibile evidenziare alcuni degli elementi
che influenzano la formazione del prezzo di mercato dei prodotti considerati, in
particolare nel “centro urbano” di Catania.
Con riferimento all dimensione degli esercizi commerciali delle due diverse tipologie di
strutture distributive considerate nella presente indagine, si è riscontrato, come era
logico attendersi, che i punti vendita della distribuzione tradizionale presentano
dimensioni inferiori rispetto a quelli della moderna distribuzione.
La maggior parte degli esercizi commerciali del dettaglio tradizionale (Tab. 2), e
precisamente il 59,9 %, presenta un’ampiezza compresa tra i 50 ed i 200 metri quadrati,
mentre il 38,6 % risulta di dimensioni inferiori ai 50 metri quadrati.
Nella distribuzione moderna, invece, le imprese possiedono, nella maggior parte dei casi
(61,2 %), una ampiezza compresa tra i 401 ed i 600 metri quadrati, mentre quelli
caratterizzati da superfici superiori ai 1000 metri quadrati sono risultati essere solo l’8,3
%.
Nel “centro urbano” di Catania appare, quindi, evidente la scarsa presenza di punti
vendita della GDO imputabile alla mancanza di strutture idonee alla diffusione capillare
di tali tipologie di servizio.
55
TAB.2 - Distribuzione per classi d'ampiezza delle imprese commerciali rilevate nel “centro urbano”
di Catania per tipologia di struttura distributiva (2004) (*)
Classi d'ampiezza (mq)
Dettaglio tradizionale
Distribuzione moderna
%
N.
----
----
-----
22
61,2
7
19,4
4
11,1
3
8,3
100,0
36
100,0
< 50
17
38,6
50 - 200
25
56,9
201 - 400
2
4,5
401 - 600
> 1000
-----
Totale
44
601 - 800
801 - 1000
%
N.
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Per quanto riguarda la forma giuridica dei vari esercizi commerciali campionati, si è
rilevata una netta prevalenza delle imprese familiari ed individuali nel dettaglio
tradizionale, pari rispettivamente a 56,8 % e a 36,4 % delle imprese considerate (Tab.
3). Nella distribuzione moderna si è, invece, evidenziata una netta prevalenza delle
società di capitali (61,1 %), che conferma come la capitalizzazione rappresenti
sicuramente una premessa indispensabile, per poter operare nella distribuzione dei beni
agroalimentari, e necessaria per poter organizzare e gestire unità in grado di offrire un
vasto assortimento merceologico.
Il 16,7 % degli esercizi commerciali appartenenti alla GDO è risultato essere gestito da
società di persone e le restanti imprese, invece, si sono uniformemente distribuite tra le
altre forme giuridiche (società di fatto, cooperative, imprese familiari e imprese
individuali).
56
TAB.3 - Distribuzione delle imprese rilevate per forma giuridica e tipologia di struttura
distributiva nel centro urbano di Catania (2004) (*)
Forma giuridica
Dettaglio tradizionale
%
N.
Distribuzione moderna
%
N.
Impresa individuale
25
56,8
1
2,8
Impresa familiare
16
36,4
2
5,5
Società di fatto
Società di persone
Società di capitali
--
--
2
1
4,5
2,3
4
6
22
11,1
16,7
61,1
Cooperativa
--
--
1
2,8
44
100,0
36
100,0
Totale
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Per quanto attiene all’amministrazione dell’impresa (Tab. 4), si rileva che nel dettaglio
tradizionale, nel 70,5 % dei casi, è lo stesso titolare ad occuparsene, mentre nella
distribuzione moderna questa viene svolta per l’ 80,6 % dagli amministratori e per il
restante 19,4 % dal titolare e da consulenti esterni.
TAB.4 - Distribuzione delle imprese in relazione alla figura degli amministratori (2004) (*)
Figura amministrativa
Dettaglio tradizionale
%
N.
Distribuzione moderna
%
N.
Effettuata dal titolare
Effettuata da amministratori
Effettuata da consulenti esterni
31
5
8
70,5
11,3
18,2
5
29
2
13,9
80,6
5,5
Totale
44
100,0
36
100,0
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Nel corso della rilevazione sono stati acquisiti ulteriori elementi, con riferimento alla
disponibilità di parcheggi per i consumatori e alla consegna della spesa a domicilio.
In particolare, con riferimento alla presenza di parcheggi in prossimità del punto
vendita, è emerso che soltanto il 15,6 % delle imprese appartenenti alla distribuzione
tradizionale (7 casi) presenta parcheggi di ampiezza tale da poter soddisfare la relativa
57
clientela, mentre nella distribuzione moderna il 48,4 % delle imprese è in grado di
offrire tale servizio. Quest’ultimo fattore rende spesso il cliente maggiormente propenso
ad effettuare alcune tipologie di acquisti presso i punti vendita della GDO.
Sostanzialmente equilibrata tra le due diverse tipologie di strutture distributive, è
risultata l’offerta del servizio di consegna a domicilio che interessa circa il 40 % dei
punti vendita campionati.
In nessuno dei casi esaminati è stata riscontrata la possibilità di acquistare a credito.
58
5.2. La variabilità dei prezzi nel centro urbano di Catania
La variabilità dei prezzi al consumo dei 35 prodotti lattiero–caseari e dei 15
appartenenti alla categoria degli olii e i grassi vegetali, è risultata nel complesso
rilevante, pur essendosi evidenziate alcune differenze tra gli otto gruppi di prodotti
considerati con variazioni più accentuate, tra i valori massimi e quelli minimi, per i
formaggi a pasta filata e quelli fusi, e sensibilmente inferiori per i latticini e gli olii per i
quali si sono registrati, in molti casi, prezzi imposti. Questi ultimi, infatti, sono spesso
soggetti a strategie di vendita differenti da parte delle imprese distributive che ne
prevedono, per brevi periodi, il ribasso al fine di favorire una maggiore penetrazione
commerciale.
In particolare, come mostra la Tab. 5, la maggiore variabilità è stata osservata in
corrispondenza dei Formaggi a pasta filata (rapporto massimo /minimo pari a 1,44) e
dei Formaggi a pasta molle e fusi (rapporto massimo /minimo pari a 1,41), mentre la
variabilità più bassa (1,23) si è riscontrata per lo Yogurt, gruppo all’interno del quale
rientrano diverse tipologie di prodotti altamente standardizzati e, quindi, caratterizzati
da un’elevata concorrenza tra le diverse case produttrici.
Rapporti intermedi tra prezzi massimi e minimi sono stati osservati per il gruppo
merceologico del Latte che ha fatto registrare una variabilità piuttosto contenuta (1,26),
per il Burro e la panna, il cui valore dell’indice considerato è risultato pari a 1,30 e per
gli Olii di oliva e gli Olii di semi, il cui valore si attestato su un livello pari,
rispettivamente, a 1,26 e 1,23.
59
TAB.5 - Campi di variazione dei prodotti campionati per gruppi merceologi (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Minimo
Massimo
Medio
Latte
1,00
1,46
1,26
Yogurt
1,07
1,36
1,23
Burro e panna
1,10
1,46
1,30
Formaggi a pasta molle
1,28
1,53
1,41
Formaggi a pasta filata
1,33
1,58
1,44
Olii di oliva
1,00
1,46
1,26
Olii di semi
1,07
1,36
1,23
Grassi vegetali
1,10
1,46
1,30
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Il grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero–caseari, ha fatto
osservare un forte addensamento degli stessi (54,3 % dei casi) nella classe 1,21-1,5
(Tab. 6); solo per il 37,1 % dei casi (13 prodotti) si è registrato un valore dell’indice
inferiore a 1,2 e per l’8,6 % (2 beni) l’indice si è attestato su un livello maggiore di 1,5.
Nel prendere in considerazione la variabilità degli olii e dei grassi vegetali, invece, si
osserva (Tab. 7) che nove prodotti (60 %) hanno fatto registrare un campo di variazione
compreso tra 1,21 e 1,5, per cinque di essi le oscillazioni sono risultate comprese tra
1,51 e 1,8 e per un solo prodotto dei quindici campionati (6,7 %) la variazione si è
attestata su un valore maggiore di 1,8.
60
Tab.6 - Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari,
rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Grado di variabilità
Lattiero - caseari
N.
%
<1,2
13
37,1
1,21 - 1,5
19
54,3
2
8,6
35
100,0
>1,5
Totale
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Tab.7. - Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari
(olii e grassi vegetali), rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Grado di variabilità
Olii e grassi vegetali
N.
%
<1,2
--
--
1,21 - 1,5
9
60,0
1,51 - 1,8
5
33,3
>1,8
1
6,7
15
100,00
Totale
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
61
Dopo aver stabilito i campi di variazione dei prezzi, con riferimento all’intera gamma
dei beni agroalimentari oggetto d’indagine, per un maggiore approfondimento
dell’analisi si è indagato sugli specifici gruppi merceologici già individuati, analizzando
il dato medio, quello corrispondente ai singoli prodotti, il valore modale di ognuno dei
cinquanta prodotti campionati e il coefficiente di variazione relativa (C.V.R.).
Osservando i campi di variazione, i valori medi, la moda e gli indici di variabilità dei
prezzi al consumo relativi ai prodotti inseriti nel gruppo Latte (Tab. 8), è stato osservato
che per il latte U.H.T. intero i prezzi sono rimasti compresi tra un valore massimo di
1,62 €/litro del Polenghi Stella ed un valore minimo di 1,11 €/litro del Sole.
E’ da rilevare che per alcuni beni inseriti in tale categoria, in particolare il latte fresco
intero e parzialmente scremato della casa produttrice Sole e Zappalà, sono state
osservate ridotte differenziazioni nell’ambito dell’intero centro urbano; tale fenomeno è
da ascrivere essenzialmente al fatto che per questi i beni i prezzi sono prefissati dalle
imprese produttrici poiché soggetti a strategie di vendita differenti da parte delle
suddette che, per brevi periodi, ne prevedono il ribasso al fine di favorire una migliore
penetrazione commerciale.
I prodotti del marchio Sole, sia il latte intero che quello parzialmente scremato, hanno
presentato valori medi inferiori e pari a 1,18 €/litro e 0,93 €/litro rispetto a quelli delle
aziende Parmalat e Polenghi Stella; questi ultimi hanno fatto registrare valori medi più
elevati, rispettivamente, pari a 1,28 e 1,45 €/litro per il latte intero e 1,12 e 1,26 € /litro
per il latte parzialmente scremato.
Differenze si sono anche riscontrate nei valori del coefficiente di variazione relativa, i
quali si sono attestati su livelli più elevati per i prodotti Polenghi Stella (0,44 per il latte
intero e 0,49 per quello U.H.T. parzialmente scremato) mettendo in luce, quindi, una
maggiore dispersione dei prezzi nei singoli esercizi commerciali rilevati rispetto al dato
medio, e valori dell’ordine di 0,32 e 0,30 per il per il Sole e Parmalat U.H.T. intero, e di
0,23 e 0,35 per il per il Sole e Parmalat U.H.T. parzialmente scremato.
Sia per il latte U.H.T. Sole e Parmalat intero e parzialmente scremato, il valore modale
si è attestato su valori non troppo distanti dal valor medio; parecchio lontani, invece,
sono stati i valori modali del Polenghi Stella intero rispetto al valor medio.
62
Per il latte U.H.T. nella confezione da mezzo litro, sono stato osservati valori minimi di
0,60 €/litro e massimi di 0,80 €/litro per il Parmalat, minimi pari a 0,49 €/litro e
massimi dell’ordine di 0,72 €/litro per il Sole, mettendo in luce una variabilità, rispetto
al valor medio, decisamente superiore per il secondo prodotto (C.V.R. pari a 0,98); per
il primo, invece, il coefficiente calcolato si è attestato su un valore leggermente più
contenuto (0,77).
63
Tab.8 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del Latte nel
"centro urbano" di Catania (2004)(*)
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
1,25
0,30
1,12
1,18
1,17
0,32
1,16
1,62
1,45
1,28
0,44
1,27
1,08
1,19
1,10
1,10
0,35
1,10
- Sole
0,78
1,07
0,93
0,86
0,23
1,37
- Polenghi Stella
1,15
1,39
1,24
1,25
0,49
1,20
- Sole
1,32
1,35
1,33
1,32
0,15
1,02
- Zappalà
1,15
1,16
1,16
1,15
0,08
1,00
- Sole
1,25
1,27
1,26
1,27
0,11
1,01
- Zappalà
1,10
1,11
1,11
1,11
0,09
1,00
Gruppi di prodotti
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Parmalat
1,20
1,35
1,28
- Sole
1,11
1,29
- Polenghi Stella
1,28
- Parmalat
LATTE ( € / litro)
Latte U.H.T. intero
Latte U.H.T. parz.screm.
Latte fresco intero
Latte fresco parz.scremato
Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro)
- Parmalat
0,60
0,80
0,70
0,70
0,77
1,33
- Sole
0,49
0,72
0,59
0,65
0,98
1,46
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
64
Circa il latte fresco sono emerse che variazioni ridotte con riferimento sia al latte intero
che a quello parzialmente scremato. I valori dei rapporti tra prezzo massimo e minimo
sono risultati compresi tra 1,00 (Zappalà intero e parzialmente scremato) e 1,02 per il
prodotto Sole intero; i coefficienti di variazione relativa, invece, si sono attestati su
valori pari a 0,08 per il prodotto Zappalà intero e parzialmente scremato e 0,15 per il
Sole intero.
Per tutti i quattro prodotti appartenenti alla categoria del latte fresco, la moda non si è di
molto discostata dal valore medio.
Sostanziale è apparsa l’omogeneità dei prezzi per tale prodotto nel “centro urbano” di
Catania, dovuta al fatto che esiste una forte pressione sui prezzi al consumo determinata
dalla competizione sul mercato da parte delle due imprese locali, volte a imporre il
prezzo di vendita finale e ad effettuare uno sconto ai distributori di entità variabile sulla
base dei quantitativi di prodotto trattato.
Per il gruppo merceologico dello Yogurt (Tab. 9) i prezzi rilevati sono stati quelli
relativi alle confezioni da 2 x 125 grammi.
Con riferimento allo yogurt intero naturale, sono stati registrati i seguenti prezzi: per il
prodotto Sole valori minimi pari a 1,03 € e massimi dell’ordine di 1,28 €; il valore
medio è risultato pari a 1,03 € e quello prevalente pari a 0,70 €. Per il Parmalat è stato
osservato un valore minimo pari a 0,93 € e massimo pari a 1,20 €.
Per lo yogurt intero addizionato alla frutta sono stati rilevati prezzi minimi oscillanti tra
1,05 € e 1,26 € e massimi compresi tra 1,30 € e 1,52 €.
I prezzi più elevati sono stati quelli del prodotto Yomo che ha fatto registrare il valor
medio per confezione più alto (1,37 €) e modale pari a 1,17, mentre quello Parmalat ha
registrato il valor medio più basso (1,20 €) e modale pari a 1,15 €.
Con riferimento al prodotto Parmalat, è risultata rilevante la dispersione dei prezzi
intorno al valor medio (C.V.R. pari a 0,86) rispetto al prodotto Danone (C.V.R. pari a
0,51) e Yomo (C.V.R. pari a 0,82).
Per lo yogurt magro naturale sono stati osservati ampi campi di oscillazione del
prodotto Parmalat e Yomo; infatti, lo yogurt Yomo ha fatto registrare valori unitari
massimi pari a 1,40 € e minimi pari a 1,10 €, mentre per quello Parmalat sono stati
osservati valori massimi di 1,15 € e minimi di 0,93 €. E’ stata inoltre evidenziata una
65
maggiore dispersione attorno al valor medio per il prodotto Yomo (1,46) e molto più
contenuta per il Parmalat (0,78).
Per le due marche di yogurt magro naturale, Parmalat e Yomo, la moda si è attestata su
un livello di poco superiore al valor medio per il primo (valore modale pari a 1,10 €) e
inferiore per il secondo (valore modale pari a 1,18 €).
Per il gruppo yogurt magri addizionati alla frutta le maggiori oscillazioni sono state
rilevate per il prodotto Yomo con valori massimi di 1,63 € e minimi di 1,22 €. Esso ha
anche fatto registrare il più elevato valore sia dell’indice di variabilità (1,34) che del
coefficiente di variazione relativa (1,29).
Le altre due marche, invece, hanno presentato valori del C.V.R. compresi tra 0,54 del
Parmalat e 0,78 del Danone Vitasnella.
66
Tab.9 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dello Yogurt
nel "centro urbano" di Catania (2004) (*)
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
0,70
0,57
1,29
1,10
0,65
0,47
1,24
1,30
1,15
0,98
0,86
1,36
1,26
1,39
1,35
1,15
0,51
1,10
1,21
1,52
1,37
1,17
0,82
1,26
- Parmalat
0,93
1,15
1,07
1,10
0,78
1,07
- Yomo
1,10
1,40
1,25
1,18
1,46
1,28
- Parmalat
1,05
1,23
1,14
1,10
0,54
1,17
- Yomo
1,22
1,63
1,46
1,28
1,29
1,34
- Danone Vitasnella
1,26
1,58
1,39
1,35
0,78
1,28
Gruppi di prodotti
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Parmalat
0,93
1,20
1,03
- Sole
1,03
1,28
- Parmalat
1,05
- Danone
- Yomo
YOGURT (€ / 2x125 gr.)
Intero naturale
Intero addiz.frutta
Magro naturale
Magro add. Frutta
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
67
I prodotti Burro e panna (Tab. 10), pur non essendo del tutto omogenei dal punto di
vista dell’impiego, sono stati inseriti nello stesso gruppo merceologico perché ottenuti
entrambi dall’affioramento del grasso del latte.
In dettaglio, come mostra la Tabella 9, per i prodotti rilevati sono stati osservati diversi
campi di oscillazione, con valori massimi nel caso del burro Galbani dell’ordine di 2,30
€, riferito ad una confezione da 250 grammi, e minimi più bassi per il prodotto Zappalà
(1,53). Vista l’ampiezza dei campi di oscillazione dei prezzi, si sono riscontrati rapporti
tra prezzi massimi e minimi compresi tra 1,35 (Galbani) e 1,22 (Sole). Circa la
dispersione dei valori osservati intorno al valore medio, essa è risultata rilevante
soprattutto per il prodotto Galbani (C.V.R. pari a 0,65), mentre minore è risultata per il
burro Sole (0,55) e per il burro confezionato dalla casa produttrice Zappalà (0,51).
Per le tre marche di burro si è osservato un valore modale pari a 1,75 € per il prodotto
Sole, di 2,10 € per il Galbani e di 1,57 € per il burro Zappalà.
Nel caso della panna da cucina le maggiori oscillazioni di prezzo si sono riscontrate per
il prodotto Sole, per il quale i dati rilevati mostrano valori unitari che variano da un
minimo di 0,75 € ad un massimo di 1,10 €. Anche il coefficiente di variazione relativa
è risultato più elevato (C.V.R. pari a 0,75) mentre tale variazione si è attestatata su un
livello più basso per il prodotto Parmalat (0,36).
Rispetto alla panna, il burro ha fatto osservare una ridotta dispersione dei prezzi dei
singoli prodotti attorno al valor medio osservato, come si desume dal basso valore sul
quale si è attestato il coefficiente di variazione relativa (C.V.R.) calcolato con
riferimento alle singole voci dell’aggregato Burro e panna; tale indice, infatti, si è
collocato su valori di variabilità compresi tra lo 0,36 % e lo 0,75 % per entrambe le due
tipologie di panna.
Nel caso della panna per dolci è stato rilevata la presenza del prodotto Sole. Per
quest’ultimo è stata osservata un’oscillazione del prezzo compresa tra un minimo di
2,52 € ed un massimo di 2,73 €, un valore modale prossimo a quello medio ed una
dispersione attorno al valor medio pari a 0,56.
68
Tab.10 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Burro e
panna nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Gruppi di prodotti
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
1,75
0,55
1,22
2,00
2,10
0,65
1,35
1,79
1,64
1,57
0,51
1,26
1,02
1,15
1,10
1,10
0,36
1,13
0,75
1,10
0,93
0,85
0,75
1,46
2,52
2,73
2,63
2,62
0,56
1,10
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Sole
1,62
1,98
1,79
- Galbani
1,70
2,30
- Zappalà
1,53
- Parmalat
- Sole
BURRO (€ / 250 gr)
PANNA
da cucina (€ / 200 ml)
per dolci (€ / 500 ml)
- Sole
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
69
Per il gruppo merceologico Formaggi a pasta molle (Tab. 11) sono stati rilevati, con
riferimento alle singole confezioni di creme spalmabili nella confezione da 200 grammi,
valori medi compresi tra 1,75 € (Certosino) e 2,76 € (Philadelphia), valori minimi e
massimi compresi tra 1,40 € e 2,10 € per il primo e 1,95 € e 3,00 € per il secondo. I
rapporti tra prezzo massimo e minimo hanno fatto registrare oscillazioni comprese tra
1,50 del Certosino e 1,53 del Philadelphia. Il valore modale è stato pari a 2,59 € per il
primo prodotto e pari a 1,60 € per il secondo. Per quanto riguarda i formaggi fusi
l’unico prodotto ad essere stato preso in esame è stato quello Galbani che ha fatto
registrare un valore minimo pari a 1,37 €, massimo pari a 1,75 €; il rapporto tra prezzo
massimo e minimo è risultato pari a 1,28. Pur risultando nel complesso limitata, la
variabilità attorno al dato medio si è rivelata leggermente più alta per il Certosino: in
relazione al suddetto prodotto, infatti, il valore del coefficiente di variazione relativa
(C.V.R.) si è attestato su un valore pari a 0,85, mentre per gli altri due beni appartenenti
a tale categoria merceologica, esso si è attestato su livelli compresi tra 0,68 e 0,73.
Nell’ambito dei Formaggi a pasta filata (Tab. 12), sono stati rilevati i prezzi delle
mozzarelle Sole, Zappalà e Galbani. I valori medi riscontrati per i tre marchi sono stati,
rispettivamente, di 1,15 €, 1,26 € e 1,38 € (confezione da 125 grammi). Relativamente
ai valori minimi dei prezzi rilevati, questi sono risultati compresi tra 0,89 € del prodotto
Zappalà e 1,18 € della mozzarella Vallelata Galbani. I valori unitari massimi hanno
fatto registrare oscillazioni comprese tra 1,57 € della Vallelata Galbani e 1,30 € della
Nuvoletta Sole. Quest’ultima, se confrontata con gli altri due marchi, ha fatto registrare
la maggiore dispersione dei dati intorno al valore medio (0,80), mentre il maggiore
rapporto tra prezzo massimo e minimo (1,55) è stato registrato dalla mozzarella
Zappalà. Per la mozzarella Nuvoletta Sole la moda si è attestata su un valore pari a
quello medio (valore modale pari a € 1,15), mentre per gli altri due marchi, Galbani e
Zappalà, essa si è affermata su un valore leggermente inferiore rispetto al valor medio,
rispettivamente pari a 1,22 € e a 1,32 €.
Infine, tra i formaggi a pasta filata è stato inserito il Galbanino. Per esso si è riscontrato
un valore medio di 2,89 €, con una variazione tra valore minimo e massimo osservato
oscillante tra 2,28 € e 3,50 €. Il coefficiente di variazione relativa si è attestato su un
70
valore superiore a tutti gli altri prodotti inseriti in tale categoria e pari a 0,89, mentre il
rapporto tra prezzo massimo e minimo è stato di 1,53.
71
Tab.11 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Formaggi a
pasta molle nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Gruppi di prodotti
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
2,59
0,68
1,53
1,75
1,60
0,85
1,50
1,56
1,39
0,73
1,28
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Philadelphia
1,95
3,00
2,76
- Certosino
1,40
2,10
1,37
1,75
FORMAGGI
A PASTA MOLLE
Creme (€ / 200 gr)
Formaggi fusi
- Galbani (€ / 8 pezzi)
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Tab.12 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Formaggi a
pasta filata nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Gruppi di prodotti
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
1,15
0,80
1,36
1,26
1,22
0,57
1,55
1,57
1,38
1,32
0,72
1,33
3,50
2,89
2,78
0,89
1,53
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Sole
0,95
1,30
1,15
- Zappalà
0,89
1,38
- Galbani
1,18
2,28
FORMAGGI
A PASTA FILATA
Mozzarella (€ / 125 gr.)
Altri
- Galbanino (€ / 300 gr)
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
72
Nella categoria merceologica degli olii e dei grassi vegetali, l’ampiezza dei campi di
variazione è risultata piuttosto ampia e non sempre costante; il fatto che i prezzi fossero
riferiti non ad una tipologia di prodotto ma ad uno specifico marchio commerciale (e
confezione), ha consentito di individuare valori unitari di prodotti non differenziati in
base alle caratteristiche qualitative, ma esclusivamente per il livello di ricarico che gli
stessi hanno subito lungo la catena distributiva che va dal produttore agricolo
all’industriale per poi giungere al dettagliante finale.
Con riferimento agli Olii di oliva (Tab. 13) le rilevazioni effettuate hanno consentito di
accertare l’esistenza, nelle diverse strutture distributive, di prezzi oscillanti tra un valore
minimo di 3,95 €/litro del San Giorgio e un valore massimo di 9,00 €/litro del Sasso.
Tra gli olii extra – vergine di oliva differenze significative si sono riscontrate anche con
riferimento ai coefficienti di variazione relativa (C.V.R.) il cui valore si è attestato su un
livello più elevato per il prodotto Sasso (8,29) e più basso (3,27) per il prodotto San
Giorgio; tra gli olii di oliva vergine, invece, la dispersione dei dati intorno al valor
medio è risultata elevata per il prodotto Dante (C.V.R. pari a 4,25) e di poco minore per
il San Giorgio (C.V.R. pari a 4,19), Sasso (C.V.R. pari a 3,21), e Carapelli (C.V.R. pari
a 2,16). Tra gli olii di oliva extra vergine e tra quelli di oliva vergine, il maggior
distacco della moda rispetto al valor medio si è avuto per il prodotto Sasso (valore
modale pari a 4,78 €/litro per il primo gruppo e Moda pari a 4,53 €/litro per il secondo
gruppo). I prezzi osservati confermano l’esistenza nel centro urbano di fenomeni di
differenziazione dei prezzi per i quali il consumatore può acquistare (in una certa area e
struttura distributiva) un prodotto di qualità superiore ad un prezzo più basso rispetto a
quello che lo stesso consumatore dovrebbe pagare in un altro quartiere per acquistare un
prodotto di qualità inferiore.
Nella categoria merceologica degli Olii di semi, sono state prese in esame cinque
tipologie del suddetto olio. Dalle analisi è emerso che prezzi sensibilmente inferiori si
sono osservati per quello di semi vari (mediamente 1,77 €/litro) rispetto a quelli di
arachidi (2,34 €/litro), di mais Cuore (4,32 €/litro) e Maya (2,28 €/litro) e di soia (3,14
€/litro), con valori minimi pari, nell’ordine per i cinque prodotti, a 1,60 €/litro, 2,10
€/litro, 3,85 €/litro, 1,98 €/litro e 2,62 €/litro, e massimi, rispettivamente, di 1,99 €/litro,
2,57 €/litro, 4,79 €/litro, 2,65 €/litro e 3,66 €/litro.
73
Tab.13 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Olii di oliva
nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
4,80
5,54
1,64
4,91
4,68
3,27
1,60
9,00
5,54
4,78
8,29
1,90
4,32
6,18
5,32
4,83
4,59
1,43
- Dante
3,99
5,63
4,81
4,56
4,25
1,41
- San Giorgio
3,53
6,00
4,76
4,37
4,19
1,69
- Carapelli
3,48
5,39
4,44
4,22
2,16
1,55
- Sasso
4,25
5,93
5,09
4,53
3,21
1,39
Gruppi di prodotti
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Dante
4,50
7,38
5,21
- San Giorgio
3,95
6,29
- Sasso
4,72
- Bertolli
OLII DI OLIVA (€ / litro)
Olii di oliva extra - vergine
Olii di oliva vergine
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
74
Tab.14 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Olii di semi
nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Gruppi di prodotti
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
1,80
5,08
1,24
2,34
2,40
5,12
1,36
4,79
4,32
4,32
3,24
1,25
1,98
2,65
2,28
2,40
7,19
1,33
2,62
3,66
3,14
3,09
2,34
1,40
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
1,60
1,99
1,77
2,10
2,57
- Cuore
3,85
- Maya
OLII DI SEMI (€ / litro)
olio di semi vari
- Olita Star
olio di arachidi
- Oio
olio di mais
olio di soia
-Valsoia
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
Tab.15 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei Grassi
vegetali nel “centro urbano” di Catania (2004) (*)
Gruppi di prodotti
C.V.R.
Rapporto
(b)/(a)
Valore
Valore
Valore
Valore
minimo (a)
massimo (b)
medio
modale
- Foglia d'oro
0,83
1,28
1,05
1,10
6,15
1,54
- Vallè
1,12
1,40
1,22
1,15
4,81
1,25
GRASSI VEGETALI (€ /250 gr)
Margarina
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
75
Nell’ambito dei Grassi vegetali (Tab. 15), sono stati registrati valori minimi e massimi
compresi tra 0,83 € e 1,28 € per il prodotto Foglia d’oro e tra 1,12 € e 1,40 € per la
margarina Vallè. Il rapporto tra prezzi massimi e minimi è risultato pari a 1,54 per la
margarina Foglia d’oro e leggermente più ridotto (1,25) per la Vallè; rispetto al primo,
quest’ultimo prodotto ha fatto registrare il più basso coefficiente di variazione relativa
(C.V.R. pari a 4,81).
Circa la moda, è stato osservato un valore di essa di poco superiore rispetto al valor
medio per la margarina Foglia d’oro (+ 0,05) ed inferiore per la Vallè (- 0,07).
76
5.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero –
caseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione
dell’esercizio commerciale
Prescindendo dalla tipologia di struttura distributiva presso la quale erano stati rilevati i
dati e dalla loro consistenza numerica, le diverse rilevazioni dei prezzi effettuate sono
state aggregate nell’ambito delle quattro aree nelle quali è suddiviso il territorio di
Catania (centro storico, quartieri residenziali, periferia nord–ovest, periferia sud–ovest),
al fine di mettere in luce i prezzi medi nei singoli ambiti territoriali ed osservare se e
come la localizzazione dell’esercizio commerciale sia in grado di influenzare il livello
medio dei prezzi, con riferimento sia ai diversi gruppi merceologici sia ai singoli
prodotti.
Interessanti indicazioni sono emerse dalle elaborazioni effettuate che hanno permesso di
metter in luce l’esistenza di prezzi leggermente differenti nelle quattro aree e tra questi e
quelli medi osservati nell’intero “centro urbano” di Catania. In particolare, a livello
aggregato, con riferimento quindi a tutte le categorie merceologiche prese in esame,
limitate in termini assoluti, con alcune eccezioni, sono state le differenze tra le diverse
aree, con prezzi mediamente maggiori, rispetto alle medie cittadine, nei quartieri
residenziali (area “B”) e nel centro storico (area “A”) ed inferiori nelle due periferie,
soprattutto in quella sud-occidentale (area “D”).
In particolare, all’interno del gruppo merceologico del Latte (cfr. Tab. 16) non sono
state osservate differenze rilevanti nelle diverse aree del “centro urbano”. Per il latte
intero a lunga conservazione, le maggiori variazioni si sono rilevate per il prodotto della
Sole che ha fatto registrare, nel centro storico (area “A”) prezzi superiori rispetto alla
media cittadina dell’1 % e nei quartieri residenziali (area “B”) valori unitari inferiori.
Per il prodotto intero Polenghi Stella, sono stati osservati prezzi inferiori del 2 %
nell’area “A”, del 4 % nell’area “C” e unitari nelle aree “B” e “D”.
Per il latte a lunga conservazione parzialmente scremato sono state registrate notevoli
differenze rispetto ai valori medi del “centro urbano” di Catania. Sono stati registrati
prezzi superiori del 5 % per il Parmalat presso i punti vendita dei quartieri residenziali e
77
del 4 % per il Sole nel centro storico e nella periferia nord–ovest; valori unitari inferiori
del 4 % e dell’8 % sono stati, invece, osservati per gli stessi prodotti nell’ambito della
periferia sud–ovest.
Circa il latte fresco, intero e parzialmente scremato, sono stati osservati prezzi
essenzialmente analoghi nell’ambito delle quattro aree; non sono emerse, pertanto,
differenze rilevanti indotte dalla localizzazione dei punti vendita.
Considerando l’intero gruppo merceologico del Latte, l’area “B” è quella in cui appare
più evidente l’aumento degli importi unitari medi rispetto ai valori del “centro urbano”,
con una maggiorazione dell’0,5 % mentre nell’ambito dell’area “D” si è evidenziato il
livello più basso dei prezzi unitari medi (- 1,5 %). Per quanto riguarda l’area “A” è
emerso un leggero aumento (0,2 %) rispetto ai dati medi, mentre nell’area “C” non sono
state riscontrate significative differenze rispetto ai prezzi medi dell’intero “centro
urbano” di Catania (Fig. 5 ).
78
Tab.16 - Prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli eser-cizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
LATTE (€ / litro)
Latte U.H.T. intero
- Parmalat
1,27
100
1,20
101
1,42
98
1,26
98
1,19
100
1,45
100
1,27
100
1,18
100
1,49
96
1,26
98
1,20
101
1,47
100
1,28
100
1,18
100
1,45
100
1,12
102
0,97
104
1,25
100
1,15
105
0,90
97
1,24
100
1,10
100
0,97
104
1,25
100
1,06
96
0,86
92
1,20
97
1,10
100
0,93
100
1,24
100
1,33
100
1,16
100
1,33
100
1,16
100
1,30
100
1,15
100
1,32
100
1,16
100
1,33
100
1,16
100
1,28
101
- Zappalà
1,11
100
Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro)
1,27
100
1,10
100
1,25
100
1,11
100
1,26
100
1,11
100
1,26
100
1,11
100
- Parmalat
0,70
100
0,59
100
0,73
104
0,56
95
0,71
101
0,59
100
0,65
93
0,62
105
0,70
100
0,59
100
100,2
100,5
100,0
98,5
100,0
- Sole
- Polenghi Stella
Latte U.H.T. parz.screm.
- Parmalat
- Sole
- Polenghi Stella
Latte fresco intero
- Sole
- Zappalà
Latte fresco parz.scremato
- Sole
- Sole
MEDIA INDICI PER AREA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
79
Fig. 5 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori
medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
0,5
0,6
0,4
0,2
0
-0,2
-0,4
%
-0,6
-0,8
-1
-1,2
-1,4
-1,6
0,2
-1,5
Area "A"
Centro storico
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Quart ieri residenziali P eriferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest
Per quanto attiene al gruppo merceologico dello Yogurt, la Tab. 17 evidenzia i dati medi
rilevati nel “centro urbano” di Catania e nelle quattro aree considerate. Relativamente
allo yogurt intero naturale, il Parmalat ha fatto osservare valori unitari inferiori alla
media (- 5 %) nell’area “D”, prossimi all’unità nelle aree “A” e “B” e unitari nella
periferia nord–ovest; il prodotto Sole ha, invece, fatto registrare valori differenti (- 2 %)
nelle aree “A” e “D” e superiori (+ 2 % e + 1 %) nelle aree “B” e “C”. In riferimento
allo yogurt intero addizionato alla frutta, i prezzi più elevati sono stati registrati in
corrispondenza dell’area “B” per il Parmalat (1,19 €) e Yomo (1,39 €) e dell’area “A”
per il Danone (1,38 €); valori minimi sono stati registrati per il Parmalat e per il
Danone nell’area “D” (rispettivamente 1,10 € e 1,29 €, pari a – 4 % rispetto al dato
medio cittadino). Tra gli yogurt magri naturali, sia il prodotto Parmalat che Danone
hanno fatto registrare ampi campi di oscillazione. I prezzi del Parmalat, infatti, hanno
fatto registrare un aumento del + 5 % nell’area “B” rispetto al dato medio del centro
urbano e un prezzo unitario inferiore alla media (- 7 %) in corrispondenza dell’area “D”;
il prezzo del prodotto Danone ha fatto osservare una maggiorazione del 5 % nell’area
“D” e un decremento del 4% nell’area “C”.
80
Tra gli yogurt magri addizionati alla frutta il Parmalat ha fatto registrare aumenti fino al
6 % nell’area “A” e decrementi nell’area “C” (- 4 %); l’andamento del prodotto Yomo
invece è stato positivo, registrando una maggiorazione del 3 %, nell’area “A” e nella
periferia sud-ovest e negativo (- 5 %) nell’area“D” e“B” (- 2 %).
Per lo yogurt Danone Vitasnella sono stati osservati nell’area “B” valori superiori del 2
% ed inferiori (- 4 %) nell’area “D” rispetto a quelli medi del “centro urbano”.
Nel complesso, per le dieci tipologie di yogurt considerate i valori medi degli indici
hanno messo in luce una diminuzione degli stessi nelle due periferie nord–ovest e sud–
ovest, rispettivamente di – 1,2 % e – 1,5 % e un aumento del 0,7 % nei quartieri
residenziali, come mostra la Fig. 6.
81
Tab.17 - Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli
esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
YOGURT (€ / 2x125 gr.)
Intero naturale
- Parmalat
- Sole
1,00
98
1,07
98
1,00
98
1,12
102
1,02
100
1,11
101
0,97
95
1,08
98
1,03
100
1,10
100
1,15
100
1,39
102
1,32
97
1,19
103
1,33
99
1,39
102
1,18
102
1,30
97
1,37
100
1,06
92
1,29
96
1,38
100
1,15
100
1,35
100
1,37
100
1,12
105
1,22
98
1,09
101
1,26
100
1,07
100
1,20
96
0,99
93
1,32
105
1,07
100
1,25
100
1,21
106
1,50
103
1,35
97
1,18
103
1,42
98
1,42
102
1,09
96
1,38
95
1,36
98
1,12
98
1,50
103
1,33
96
1,14
100
1,46
100
1,39
100
100,0
100,7
98,8
98,5
100,0
Intero addiz.frutta
- Parmalat
- Danone
- Yomo
Magro naturale
- Parmalat
- Yomo
Magro add. Frutta
- Parmalat
- Yomo
- Danone Vitasnella
MEDIA INDICI PER AREA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
82
Fig. 6 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi
nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
0,7
1
0,5
0
%
-0,5
-1
-1,2
-1,5
-1,5
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Per quanto riguarda il gruppo merceologico del Burro e panna, dalla Tab. 18 è possibile
estrarre i dati medi dei singoli prodotti nelle quattro aree nelle quali è stato suddiviso il
territorio di Catania e confrontarne i relativi valori. Da essa si evince che valori
superiori sono stati registrati dagli esercizi commerciali dell’area “A” e “B” dove le
variazioni osservate hanno raggiunto un livello rilevante nei casi del burro Galbani (+ 4
%) e di quello Sole (+ 3 %); nelle due aree periferiche, invece, sono stati osservati valori
unitari inferiori del 2 e 3 %. Per i prodotti del gruppo panna, i valori si sono mantenuti
piuttosto costanti, rispetto a quelli medi del “centro urbano”, per la panna Sole; diverso,
invece, è stato il riscontro realizzato per la panna Parmalat, per la quale sono stati
rilevati valori compresi tra un + 4 % del centro storico e dei quartieri residenziali ed un
– 3 % della periferia nord-ovest ed un – 2 % della periferia sud-ovest, situazione
motivata dal fatto che essa è un prodotto altamente standardizzato. La panna per dolci
Sole, unico prodotto ad essere stato rilevato perché il più diffuso, ha fatto registrare
valori analoghi con un livello marcatamente superiore nelle aree “A”, “B” e “C”,
rispettivamente del + 3 % e + 2 %.
In complesso, gli aumenti dei prezzi più evidenti nella categoria merceologica
considerata sono stati osservati nell’area urbana “A”, centro storico, e “B”, quartieri
residenziali, rispettivamente, 1 % e 1,7 % (Fig. 7).
83
Tab.18 - Prezzi medi al consumo del Burro nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi
commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
BURRO (€ / 250 gr)
- Sole
- Galbani
- Zappalà
1,75
98
2,08
104
1,60
98
1,85
103
2,00
100
1,66
101
1,80
100
1,93
97
1,64
100
1,77
99
1,98
99
1,60
98
1,79
100
2,00
100
1,64
100
1,11
100
0,97
104
1,09
99
0,96
104
1,09
99
0,90
97
1,12
101
0,86
98
1,10
100
0,93
100
2,69
103
2,72
103
2,70
102
2,64
100
2,63
100
101,0
101,7
99,0
98,7
100,0
PANNA
da cucina (€ / 200 ml)
- Parmalat
- Sole
per dolci (€ / 500 ml)
- Sole
MEDIA INDICI PER AREA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
84
Fig. 7 - Scarti precentuali dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi
nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
1,7
2
1,5
1
1
0 ,5
%
0
-0 ,5
-1
-1
-1,3
-1,5
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Per quanto riguarda i prezzi rilevati per i Formaggi a pasta molle (Tab. 19), la
variabilità è risultata elevata per il Philadelphia (+ 6 %) nei quartieri residenziali e
nell’area del centro storico (+ 4 %), mentre è stata osservata una diminuzione dello
stesso prodotto nelle due periferie nord-ovest e sud-ovest nelle quali il valore calcolato
si è attestato, rispettivamente, su un valore pari a – 2 e 4 %. Tra i formaggi fusi, l’unico
prodotto ad essere stato rilevato è stato il Galbani; esso ha fatto registrare prezzi
notevolmente maggiori del + 7 % nell’area ”B” ed inferiori (– 4 %) nella periferia sud–
ovest.
In complesso, con riferimento all’intero gruppo merceologico dei formaggi a pasta
molle, gli importi unitari medi si sono attestati su livelli notevolmente maggiori
nell’area “B” (+ 4,7%) e nel territorio del centro storico (+ 1,3 %) ed inferiori del – 2,3
% e – 2,7 % nelle due aree periferiche (Fig. 8 ).
85
Tab.19 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania, secondo la localiz-zazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
FORMAGGI
A PASTA MOLLE
Creme (€ / 200 gr)
- Philadelphia
- Certosino
2,88
104
1,79
102
2,95
106
1,77
101
2,71
98
1,69
97
2,65
96
1,74
100
2,76
100
1,75
100
1,49
98
1,63
107
1,47
98
1,48
96
1,56
100
101,3
104,7
97,7
97,3
100,0
Formaggi fusi
- Galbani (€ / 8 pezzi)
MEDIA INDICI PER AREA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
86
Fig. 8 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto
ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
4,7
5
4
3
1,3
2
% 1
0
-1
-2
-2,3
-3
-2,7
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Nel caso dei Formaggi a pasta filata (Tab. 20), sono state osservate variazioni rilevanti
rispetto ai valori medi del “centro urbano” per la mozzarella Vallelata Galbani che ha
fatto registrare un prezzo unitario medio inferiore del 3 % nell’area “C” e superiore del
5 % nell’ambito dei quartieri residenziali e della periferia sud–ovest, mentre la
Nuvoletta Sole e la mozzarella Zappalà non hanno presentato ampi campi di
oscillazione rispetto alla localizzazione del punto vendita. Il Galbanino ha, invece, fatto
registrare un aumento del prezzo unitario medio piuttosto rilevante nell’area “B”, con
un incremento del 4 % rispetto alla media cittadina. Nell’intero gruppo merceologico
dei formaggi a pasta filata, le variazioni più rilevanti dei prezzi, rispetto ai valori del
“centro urbano”, come mostra la Fig. 9, sono state osservate nei quartieri residenziali (+
2,8 %) mentre valori inferiori si sono riscontrati nella periferia nord–ovest (– 1,5 %) e
nel centro storico (– 1%).
87
Tab.20 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania, secondo la localiz-zazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
1,18
102
1,27
100
1,45
105
1,16
100
1,25
100
1,33
97
1,11
98
1,26
100
1,48
105
1,15
100
1,26
100
1,38
100
FORMAGGI
A PASTA FILATA
Mozzarella (€ / 125 gr.)
- Sole
- Zappalà
- Galbani
1,15
100
1,23
98
1,35
100
Altri
- Galbanino (€ / 300 gr)
2,82
98
3,32
104
2,79
97
2,77
97
2,89
100
MEDIA INDICI PER AREA
99,0
102,8
98,5
100,0
100,0
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
88
Fig. 9 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori
medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
2,8
3
2,5
2
1,5
%
1
0,5
0
-0,5
-1
-1
-1,5
-1,5
Area "A"
Centro storico
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest
Anche i prezzi rilevati degli olii e grassi vegetali sono stati aggregati nell’ambito delle
quattro aree in cui è stato suddiviso il territorio di Catania, al fine di mettere in luce i
valori medi in ognuno dei suddetti e evidenziare se l’ubicazione dell’esercizio
commerciali influenzi il prezzo.
Per quanto attiene al gruppo merceologico degli Olii di oliva, per gli olii di oliva extra
vergine le maggiori variazioni sono state rilevate per il prodotto Bertolli (Tab. 21), il
quale ha fatto registrare nel centro storico (area “A”) prezzi superiori rispetto alla media
cittadina del 5 % e del 3 % nei quartieri residenziali; per il marchio Sasso nell’area “B”
è stato registrato un forte incremento (+ 9 %) e nell’area “D”, invece, ha fatto registrare
un notevole decremento (– 8 %); le altre marche di olii di oliva extra-vergine hanno
fatto registrare valori non di troppo discostanti dalla media. Tra gli “olii di oliva
vergine” sono stati osservati prezzi superiori del 7 % per il San Giorgio nella periferia
nord–ovest, del 5 % per il Dante nella periferia sud – ovest e del 4% nel “centro
urbano” per il Carapelli; valori unitari inferiori, del 2 % e del 4 %, sono stati invece
osservati per il San Giorgio nell’area “A” e “D”, per il Carapelli nell’area “B” e “D” e
per il Sasso nelle due periferie nord-ovest e sud–ovest. Per l’intero gruppo degli Olii di
oliva (Fig. 10), l’area “B”- quartieri residenziali, è stata quella nella quale è apparso più
marcato l’aumento degli importi unitari medi rispetto ai valori del “centro urbano”, con
una maggiorazione del 2,2 %, mentre nell’ambito dell’area “D” si è evidenziato il
livello più basso dei prezzi unitari medi (– 1,5 %).
89
Tab.21 - Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione
degli esercizi commerciali esaminati (2004)(*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
OLII DI OLIVA (€ / litro)
Olii di oliva extra - vergine
- Dante
- San Giorgio
- Sasso
- Bertolli
5,35
102
4,84
98
5,25
95
5,61
105
5,09
98
4,98
101
6,06
109
5,47
103
4,98
95
4,81
98
5,61
103
5,38
100
5,32
102
4,62
95
5,08
92
4,97
94
5,21
100
4,91
100
5,54
100
5,32
100
4,83
100
4,67
98
4,63
104
5,12
100
4,93
102
4,89
103
4,38
98
5,26
103
4,96
103
5,13
107
4,37
98
4,99
98
5,03
105
4,64
98
4,75
106
4,92
96
4,81
100
4,76
100
4,44
100
5,09
100
100,3
102,2
100,2
98,5
100,0
Olii di oliva vergine
- Dante
- San Giorgio
- Carapelli
- Sasso
MEDIA INDICI PER AREA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
90
Fig. 10 - S ca rti pe rce ntuali de i pre zzi al cons umo de gli O l ii di oliva ris pe tto ai
valori me di ne lle are e individua te de l " ce ntro urbano" di Catania (20 04)
2 ,2
2 ,5
2
1 ,5
1
%
0,2
0,3
0 ,5
0
-0 ,5
-1
A rea "A "
A rea "B "
A rea "C "
-1,5
A rea "D "
C en t ro s t orico
Q uart ieri res idenz iali
P eriferia N ord - O ves t
P eriferia Su d - O v es t
-1 ,5
Per quanto riguarda il gruppo degli Olii di semi, la Tab. 22 evidenzia i dati medi rilevati
nel “centro urbano” di Catania e nelle singole aree considerate. Tra le diverse tipologie
di olii di semi, quello che ha fatto registrare un’elevata variabilità dei prezzi è stato il
Valsoia che ha registrato una maggiorazione del 7 % nei quartieri residenziali ed un
decremento del 14 % nell’area “D”.
Per i cinque prodotti oggetto di rilevazione (Fig. 11) si sono osservati nei quartieri
residenziali variazioni più rilevanti dei prezzi rispetto ai valori del “centro urbano” (+
4,2 %); valori inferiori rispetto alla media si sono riscontrati, invece, nell’ambito della
periferia sud–ovest (– 3,2 %) e del centro storico (– 2,2 %).
91
Tab.22 - Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione
degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
OLII DI SEMI (€ / litro)
olio di semi vari
- Olita Star
1,72
98
1,81
102
1,77
100
1,76
100
1,77
100
2,23
95
2,46
105
2,31
99
2,47
105
2,34
100
4,28
99
2,20
97
4,49
103
2,38
104
4,41
102
2,30
100
4,15
96
2,21
97
4,32
100
2,28
100
- Valsoia
3,12
100
3,38
107
3,19
101
2,69
86
3,14
100
MEDIA INDICI PER AREA
97,8
104,2
100,4
96,8
100,0
olio di arachidi
- Oio
olio di mais
- Cuore
- Maya
olio di soia
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
92
Fig. 11 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori
medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
4,2
5
4
3
2
%
0,4
1
0
-1
-2
-2,2
-3
-3,2
-4
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Fig. 12 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai
valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004)
4,5
6
4
2
2
0
%
-1
-2
-4
-6
-6,5
-8
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
93
Nel caso dei Grassi vegetali (Tab. 23), sono state osservate marcate variazioni rispetto
ai valori medi del “centro urbano” di Catania soprattutto per la margarina Foglia d’oro,
che ha fatto registrare un prezzo unitario medio inferiore del 12 % nell’area “D” e
superiore (+ 9 %) nei quartieri residenziali. L’altro marchio di margarina considerata,
Vallè, non ha mostrato ampi campi di oscillazione dei prezzi rispetto alla localizzazione
dei punti vendita.
In complesso, con riferimento all’intero gruppo merceologico gli importi unitari medi
sono risultati superiori nell’area “B” (+ 4,5 %) e nel centro storico (+ 2 %) ed inferiori
dell’1 % e del 6,5 % nelle due zone periferiche di Catania (Fig. 12).
94
Tab.23 - Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione
degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
1,11
1,14
1,03
0,92
106
109
98
88
100
1,19
1,22
1,21
1,20
1,22
98
100
100
99
100
102,0
104,5
99,0
93,5
100,0
GRASSI VEGETALI ( € / 250 gr)
Margarina
- Foglia d'oro
- Vallè
MEDIA INDICI PER AREA
1,05
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
95
5.4. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari
e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura distributiva
Dall’analisi dei dati rilevati nel periodo compreso tra il 28 giugno 2004 l’8 luglio 2004
presso gli 80 punti vendita della distribuzione tradizionale e di quella moderna, è stato
possibile dedurre che la differenziazione dei prezzi al consumo dipende sia dalla
localizzazione degli esercizi commerciali che dalla tipologia della struttura distributiva.
Le modalità con cui la differenziazione di prezzo indotta dalle strutture distributive si
manifesta sono più o meno eterogenee e se, per alcuni gruppi merceologici, le
differenze di prezzo sono risultate rilevanti nel loro complesso e spesso stabili con
riferimento ai singoli beni, caratterizzati tutti da valori unitari elevati a seconda della
struttura distributiva considerata, per altri gruppi, invece, le differenze di prezzo
osservate per i singoli prodotti, talvolta di segno opposto, hanno camuffato l’effetto a
livello complessivo.
Tra i raggruppamenti riconducibili al primo tipo bisogna segnalare quelli relativi agli
Olii di oliva, ai Grassi vegetali e ai Formaggi a pasta molle, mentre ascrivibili al
secondo sono quelli relativi a Burro e panna, Formaggi a pasta filata e agli Olii di
semi.
Una posizione intermedia occupano i casi del Latte e dello Yogurt per i quali, a fronte di
un livello quasi stabilmente superiore in corrispondenza di una specifica tipologia di
struttura distributiva (distribuzione tradizionale), sono stati riscontrati valori unitari
maggiori nella distribuzione moderna per alcuni prodotti (latte Sole U.H.T. parzialmente
scremato nella confezione di 0,5 litri nel primo caso e yogurt Yomo sia intero che magro
addizionato alla frutta nel secondo caso).
Così come evidenziato nel metodo d’indagine, delle 80 imprese commerciali rilevate,
36, pari a 45 % del campione, erano ascrivibili ad esercizi commerciali di tipo moderno
(minimercati e supermercati), mentre 44, cioè il 55 %, appartenenti alla distribuzione
tradizionale (negozi di generi alimentari). Per tal motivo i valori medi dei prezzi nel
centro storico sono risultati essere fortemente condizionati dal maggior peso degli
esercizi appartenenti alla distribuzione tradizionale e gli indici di variabilità calcolati,
96
per le due tipologie di strutture distributive, non si sono discostati in misura analoga dal
dato medio.
Prendendo spunto dalle Fig. 13 e 14, risulta evidente la presenza di differenziazioni dei
prezzi al consumo di segno per lo più concorde per sette degli otto gruppi merceologici
considerati; per essi si registrano valori unitari leggermente superiori, rispetto a quelli
medi osservati per il “centro urbano” di Catania negli esercizi commerciali di tipo
tradizionale e, di contro, inferiori in ascrivibili alla distribuzione moderna. Gli unici
gruppi merceologici per i quali sono stati osservati prezzi superiori in corrispondenza
della distribuzione moderna sono quelli dei Formaggi a pasta molle (0,3 %) e dei
Formaggi a pasta filata (1,8 %).
In riferimento ai prodotti inseriti nel gruppo del Latte (Tab. 24), si evince la presenza di
prezzi medi più elevati negli esercizi commerciali del dettaglio tradizionale rispetto alla
distribuzione moderna per 11 dei 12 prodotti considerati, solamente per il latte fresco
parzialmente scremato è stato osservato un prezzo uguale nelle due tipologie di strutture
commerciali.
Per il latte U.H.T. parzialmente scremato Parmalat e Sole, sono stati osservati
incrementi dei prezzi, rispetto a quelli medi del “centro urbano” di Catania, fino al 5 %
superiori nel dettaglio tradizionale (Parmalat) e decrementi dell’ordine del 5-6 % nella
GDO.
Nell’ambito del gruppo di prodotti considerato, le maggiori differenze, rispetto ai prezzi
medi del “centro urbano” di Catania, sono state osservate per il latte Sole U.H.T.
parzialmente scremato i cui valori unitari medi nella distribuzione moderna sono stati
inferiori del 6 %.
Il latte fresco, sia intero che parzialmente scremato, non ha fatto registrare differenze
significative nei prezzi al consumo per le due strutture distributive né variazioni rispetto
ai dati medi; tale situazione sembrerebbe confermare l’esistenza di un prezzo imposto
da parte delle due case produttrici.
Nel complesso, per il gruppo del Latte si sono registrati valori degli indici dei prezzi
superiori del 1,8% per la distribuzione tradizionale ed inferiori del 1,7 % nel caso della
distribuzione moderna.
97
Fig. 13 - Scarti pe rce ntuali de i pre zzi al consumo pe r grandi gruppi me rce ologici
e tipologia di s truttura dis tributiva ne l "ce ntro urbano" di Catania (2004)
12
10,2
10
7
8
5,8
6
%
4
2,8
1,8
2
1
0,7
0
-2
-2,7
Fo
al
i
i
si
ve
g
et
is
em
ra
s
O
lii
d
io
fil
a
lii
d
pa
G
Fo
rm
rm
ag
ag
gi
gi
a
a
pa
O
st
a
m
st
a
pa
e
o
rr
Bu
li v
a
ta
le
ol
a
nn
rt
gu
Yo
La
tte
-4
Dis tibuz ione tradiz ionale
Fig. 14 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici e
tipologia di struttura distributiva nel "centro urbano" di Catania (2004)
1,8
2
1
0,3
0
-0,5
-1
%
-2
-1,7
-1,8
-2,1
-3
-3,5
-4
-4,2
pa
Fo
st
a
rm
m
ag
ol
gi
le
a
pa
st
a
f
O il ata
lii
di
ol
iv
a
O
lii
di
se
m
i
G
ra
ss
iv
eg
et
al
i
Fo
rm
ag
gi
a
pa
nn
a
e
o
Bu
rr
Yo
gu
rt
La
tte
-5
Distribuzione moderna
98
Tab.24 - Prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipolologie di
strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,28
1,24
1,28
100
98
100
- Sole
1,20
1,12
1,18
101
95
100
- Polenghi Stella
1,48
1,37
1,45
102
95
100
1,15
1,09
1,10
105
99
100
- Sole
0,92
0,87
0,93
99
94
100
- Polenghi Stella
1,28
1,18
1,24
103
95
100
1,34
1,32
1,33
100
100
100
1,16
1,16
1,16
100
100
100
1,28
1,26
1,27
100
100
100
1,11
1,11
1,11
100
100
100
0,73
0,68
0,70
105
99
100
0,60
0,62
0,59
101
105
100
101,8
98,3
100,0
LATTE ( € / litro)
Latte U.H.T. intero
- Parmalat
Latte U.H.T. parz.screm.
- Parmalat
Latte fresco intero
- Sole
- Zappalà
Latte fresco parz.scremato
- Sole
- Zappalà
Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro)
- Parmalat
- Sole
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
99
La Tab. 25 mostra i prezzi medi al consumo dello Yogurt secondo le due diverse
tipologie di strutture commerciali prese in esame. Per lo yogurt intero naturale sono stati
osservati, per il prodotto della Sole, valori superiore del 2 %, rispetto a quelli medi del
centro urbano, nei punti vendita del dettaglio tradizionale ed inferiori del 3 % per il
prodotto Parmalat negli esercizi commerciali della grande distribuzione.
Tra gli yogurt interi addizionati alla frutta, il prodotto Danone ha fatto registrare valori
superiori del 2 % presso i punti vendita della distribuzione tradizionale ed inferiori del 4
% presso quelli della GDO.
Tra gli yogurt magri naturali quello che ha fatto registrare campi di oscillazione dei
prezzi piuttosto ampi è stato il Parmalat; esso ha presentato valori medi superiori del 5
% nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori (- 3 %) nel caso della
distribuzione moderna.
Nell’ambito degli yogurt magri addizionati alla frutta, è stato il prodotto Parmalat
quello che ha fatto registrare valori medi superiori del 3 % nell’ambito della
distribuzione tradizionale ed inferiori del 4 % nella GDO; diversa è apparsa, invece, la
situazione per lo Yomo per il quale è stato registrato un valore dell’ indice inferiore (- 3
%) in corrispondenza del dettaglio tradizionale e superiore (+ 2 %) nei supermercati
rispetto ai dati medi del “centro urbano” di Catania.
Complessivamente, per il gruppo dello Yogurt sono stati registrati indici di prezzo
superiori dello 0,7 % nella distribuzione tradizionale ed inferiori del 2,1% nella
distribuzione moderna.
100
Tab.25 - Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipolologie di
strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,02
0,98
1,03
99
97
100
1,13
1,09
1,10
102
99
100
1,16
1,11
1,15
100
97
100
- Danone
1,38
1,27
1,35
102
96
100
- Yomo
1,32
1,38
1,37
99
100
100
1,13
1,04
1,07
105
97
100
1,26
1,18
1,25
100
97
100
1,18
1,09
1,14
103
96
100
1,41
1,49
1,46
YOGURT (2x125 gr.)
Intero naturale
- Parmalat
- Sole
Intero addiz.frutta
- Parmalat
Magro naturale
- Parmalat
- Yomo
Magro add. Frutta
- Parmalat
- Yomo
- Danone Vitasnella
97
102
100
1,40
1,36
1,39
98
100
97,9
100,0
100
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
100,7
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
101
I dati riportati nella Tab. 26, riguardano il gruppo merceologico del Burro e panna;
circa il burro le maggiori oscillazioni sono state osservate per il burro Galbani che ha
fatto registrare prezzi inferiori del 4 %, rispetto a quelli medi del centro urbano, presso i
punti vendita della distribuzione moderna e superiori e superiori dell’8 % (Zappalà)
negli esercizi commerciali della distribuzione tradizionale; l’altro marchio considerato,
Sole, ha fatto registrare variazioni più contenute avendo rilevato un modesto decremento
dei valori unitari nella GDO rispetto al valor medio ed un incremento del 3 %
all’interno dei punti vendita della distribuzione tradizionale.
Per quanto riguarda la panna, sono state osservate notevoli variazioni dei prezzi al
consumo tra le due tipologie di strutture commerciali esaminate. E’ emerso che livelli
superiori di prezzo si sono registrati nell’ambito della GDO (contrariamente a quanto
visto sinora per gli altri prodotti, inferiori nell’ambito della distribuzione tradizionale).
In particolare, per la panna Sole sono stati rilevati prezzi inferiori del 4% rispetto a
quelli medi del “centro urbano” in corrispondenza della distribuzione tradizionale, e
superiori (+ 9 %) nel caso della distribuzione moderna; nel caso della panna Parmalat si
è presentata una situazione diversa che ha visto un incremento del prezzo rispetto a
quello medio del “centro urbano” del 3 % nella distribuzione tradizionale ed un
decremento dello stesso nell’ambito della distribuzione moderna (- 2 %).
Nel complesso per il gruppo del Burro e panna sono stati registrati valori degli indici
dei prezzi superiori del 2,8 % nell’ambito della distribuzione tradizionale ed inferiori
dello 0,5 % nella distribuzione moderna.
102
Tab.26 - Prezzi medi al consumo del Burro nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di
strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,82
1,76
1,79
103
98
100
- Galbani
2,09
1,92
2,00
105
96
100
- Zappalà
1,78
1,62
1,64
108
98
100
1,13
1,07
1,10
103
98
100
0,89
1,01
0,93
96
109
100
2,69
2,56
2,63
102
98
100
102,8
99,5
100,0
BURRO (250 gr)
- Sole
PANNA
da cucina (200 ml)
- Parmalat
- Sole
per dolci
- Sole
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
103
Con riferimento al gruppo merceologico dei Formaggi a pasta molle (Tab. 27), sono
state osservate differenze ridotte nei prezzi dei prodotti rilevati nelle due diverse
tipologie distributive essendosi riscontrati, infatti, valori unitari di poco discostanti da
quelli medi del “centro urbano” di Catania. Nella tabella 28 sono stati inseriti i prezzi
medi al consumo di Formaggi a pasta filata. Per tale gruppo si sono osservati prezzi
inferiori del 3 % per la mozzarella Zappalà presso i negozi del dettaglio tradizionale e
superiori del 2 % in quelli della grande distribuzione per lo stesso prodotto.
Ma ancor più significativo è apparso il caso della mozzarella Galbani, per la quale i
valori unitari si sono attestati su livelli inferiori (- 8 %) nell’ambito della distribuzione
tradizionale e superiori (+ 4 %) nella GDO rispetto a quelli medi del “centro urbano”.
Il Galbanino ha, invece, fatto registrare lievi differenze di prezzo in relazione alle due
tipologie di strutture commerciali considerate.
Nel complesso, considerando l’intero gruppo merceologico dei Formaggi a pasta filata,
nell’ambito della distribuzione tradizionale si sono registrati prezzi inferiori del 2,7 %
rispetto ai valori medi e per la distribuzione moderna prezzi leggermente superiori (1,8
%).
104
Tab.27 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
2,79
101
1,76
100
2,75
100
1,78
102
2,76
100
1,75
100
1,53
102
1,49
99
1,56
100
101,0
100,3
100,0
FORMAGGI
A PASTA MOLLE
Creme (€ / 200 gr)
- Philadelphia
- Certosino
Formaggi fusi
- Galbani (€ / 8 pezzi)
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
105
Tab.28 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,12
98
1,22
97
1,27
92
1,18
103
1,28
102
1,43
104
1,15
100
1,26
100
1,38
100
2,93
102
2,82
98
2,89
100
97,3
101,8
100,0
FORMAGGI
A PASTA FILATA
Mozzarella (€ / 125 gr.)
- Sole
- Zappalà
- Galbani
Altri
- Galbanino (€ / 300 gr)
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
106
Per entrambe le due tipologie di olio, di oliva e di semi, si sono registrati prezzi
superiori all’interno della distribuzione tradizionale con incrementi medi dell’ordine del
5 – 10 % e decrementi medi del 2 – 4 % nell’ambito della GDO.
Nello specifico, come mostra la Tab. 29, in riferimento agli Olii di oliva emerge la
presenza di prezzi più elevati nei punti vendita del dettaglio tradizionale rispetto a quelli
della GDO per tutti gli otto prodotti inseriti nel gruppo considerato.
Tra gli olii di oliva extra–vergine, quello che ha fatto registrare i più ampi campi di
oscillazione è stato il Sasso e l’olio Dante maggiorati rispettivamente del 15 % e del 9
% nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori, entrambi dell’8 %, nel caso della
distribuzione moderna. Circa gli olii di oliva vergine, si sono osservati valori superiori
del 16 % per il Dante, nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori del 4 % nel
caso della GDO; simile situazione è stata osservata per il Sasso che ha presentato un
incremento analogo al Dante nel caso della distribuzione tradizionale e un lieve
decremento (- 2 %) nel caso della distribuzione moderna.
Nel complesso, per il gruppo Olii di oliva si sono registrati valori degli indici dei prezzi
superiori (10,2 %) nella distribuzione tradizionale e decisamente inferiori (4,2 %) nella
distribuzione moderna. I dati riportati nella Tabella 30, si riferiscono, invece, al gruppo
merceologico degli Olii di semi; le maggiori oscillazioni si sono presentate per l’olio di
mais Maya che ha fatto registrare prezzi superiori del 13 % rispetto a quelli medi del
“centro urbano” nel circuito della distribuzione tradizionale ed inferiori (- 2 %), sempre
rispetto al dato medio di riferimento, relativamente alla GDO; variazioni più contenute
si sono registrate per gli altri prodotti considerati. Particolare attenzione merita il
prodotto Oio, olio di arachidi, poiché per esso è emersa una variazione del prezzo al
consumo tra le due strutture distributive che ha messo in luce una situazione diversa
rispetto a quella illustrata per gli altri olii; esso ha, infatti, registrare un livello superiore
dei prezzi nell’ambito della distribuzione moderna (+1 %) e inferiore nell’ambito della
distribuzione tradizionale (- 3 %). Dalla media degli indici per tipologia di struttura
distributiva è emerso che si sono registrati valori degli indici dei prezzi superiori del 5,8
% nella distribuzione tradizionale e decisamente inferiori dell’ 1,8 % nel caso della
distribuzione moderna.
107
Tab.29 - Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie
di strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
5,68
109
4,97
102
6,37
115
5,48
103
4,78
92
4,65
95
5,05
92
5,20
98
5,21
100
4,91
100
5,54
100
5,32
100
5,55
116
5,12
108
4,97
112
5,89
116
4,61
96
4,54
96
4,31
99
4,96
98
4,81
100
4,76
100
4,44
100
5,09
100
110,2
95,8
100,0
OLII DI OLIVA (€ / litro)
Olii di oliva extra - vergine
- Dante
- San Giorgio
- Sasso
- Bertolli
Olii di oliva vergine
- Dante
- San Giorgio
- Carapelli
- Sasso
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
108
Tab.30 - Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie
di strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,83
103
1,68
95
1,77
100
2,25
97
2,37
101
2,34
100
4,58
106
2,58
113
4,21
98
2,23
98
4,32
100
2,28
100
3,47
110
3,11
99
3,14
100
105,8
98,2
100,0
OLII DI SEMI (€ / litro)
olio di semi vari
- Olita Star
olio di arachidi
- Oio
olio di mais
- Cuore
- Maya
olio di soia
- Valsoia
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
109
Con riferimento al gruppo dei Grassi vegetali (Tab. 31), i maggiori incrementi dei
prezzi, rispetto a quelli medi del “centro urbano” di Catania, sono stati osservati per il
prodotto Vallè nel dettaglio tradizionale (+ 8 %) e decrementi dello stesso (- 5 %) nella
distribuzione moderna.
Nel complesso, per il suddetto gruppo, si sono osservati valori degli indici dei prezzi
superiori del 7 % nella distribuzione tradizionale ed inferiori del 3,5 % nell’ambito della
distribuzione moderna.
110
Tab.31 - Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie
di strutture commerciali esaminate (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
1,11
106
1,32
108
1,02
98
1,16
95
1,05
100
1,22
100
107,0
96,5
100,0
GRASSI VEGETALI (€ / 250 gr)
Margarina
- Foglia d'oro
- Vallè
MEDIA INDICI PER
TIPOLOGIA DI
STRUTTURA DISTRIBUTIVA
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
111
5.5. La differenziazione dei prezzi in rapporto ad altre variabili
Oltre ai fattori fin qui esaminati, numerose altre variabili esercitano una specifica
influenza sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel
“centro urbano” di Catania, alcuni dei quali esercitano un peso maggiore rispetto agli
altri.
L’individuazione rigorosa del grado di dipendenza del livello dei prezzi da altri elementi
rispetto alla localizzazione dell’esercizio commerciale e alla tipologia della struttura
distributiva, avrebbe richiesto un approccio metodologico differente motivo per cui in
questo lavoro si possono sviluppare solo brevi considerazioni sul ruolo e sull’effetto che
alcuni di questi fattori possono esercitare.
Tra le variabili che entrano in gioco, il titolo di possesso dell’immobile è sicuramente
una di quelle cause che, potendo comportare un spesa monetaria reale e gravare in
misura consistente sul costo di produzione delle imprese, svolge notevole influenza sul
livello dei prezzi al consumo. In un certo settore territoriale, la presenza di imprese
proprietarie del locale nel quale viene svolta l’attività commerciale e di altre che lo
possiedono in locazione, pone le due diverse tipologie di imprenditori in situazioni
molto diverse tra loro. I primi, infatti, possono praticare prezzi minori nel caso in cui
questi consentano loro di ottenere un aumento dei ricavi totali mentre i secondi sono
generalmente obbligati ad applicare prezzi più alti (La Via, 1995).
In altre parole, il possesso del locale dà all’imprenditore una maggiore flessibilità
operativa rendendo realizzabile l’attuazione di strategie differenziate a seconda delle
caratteristiche dei prodotti e fondamentalmente mutevoli nel tempo. Di contro esiste la
situazione di coloro i quali detengono il locale in affitto; essi, quindi, dovranno non solo
pagare un canone di locazione costante ma saranno costretti a trasferire sul prezzo del
bene finale il peso delle rendite pagate, annullando la possibilità per gli stessi di
abbassare i prezzi al consumo per ampliare il relativo mercato.
La maggiore flessibilità operativa delle imprese che svolgono la propria attività in locali
di proprietà, rispetto alle concorrenti che invece operano in locazione, permette alle
prime di accettare livelli di rischio più elevati potendo comprimere il costo figurato
della rendita in caso di crisi. Tale margine di flessibilità può permettere agli
112
imprenditori (o proprietari) di realizzare aumenti dei prezzi dei beni trattati, soprattutto
quando gli stessi risultano caratterizzati da una domanda particolarmente rigida; questo
diventa realizzabile soprattutto dai dettaglianti tradizionali che hanno attuato una
politica di differenziazione del prodotto–servizio.
Per quanto riguarda l’influenza esercitata dai canali distributivi, risulta ipotizzabile che
l’approvvigionamento diretto presso le imprese produttrici e la maggiore capacità
contrattuale connessa ai notevoli volumi di merce commercializzati dalla moderna
distribuzione, permettono alla stessa di avere costi di approvvigionamento di molto
inferiori rispetto a quelli degli esercizi commerciali di tipo tradizionale; questi, infatti, in
genere acquistano piccole quantità di prodotto per mezzo di intermediari con la
conseguenza di aumentare il costo per il compratore.
Altro fattore che l’influenza il livello dei prezzi al consumo, già affrontato a proposito
della geografia urbana, è l’ubicazione dell’esercizio commerciale rispetto alle principali
vie di comunicazione. Il consumatore che quotidianamente effettua lo spostamento della
propria abitazione verso il luogo di lavoro, e viceversa, è più disposto ad acquistare i
beni agroalimentari che gli necessitano negli esercizi commerciali situati in prossimità
del percorso che compie abitualmente; questo spesso viene compiuto anche se i prezzi
dei prodotti acquistati sono superiori rispetto a quelli che si potrebbero comprare in aree
lontane dalle principali arterie di comunicazione, pur di ridurre le perdite di tempo
inevitabilmente connesse all’effettuazione delle compere.
Gli altri fattori che finiscono per avere un’incidenza sui prezzi dei prodotti
agroalimentari, come già detto in precedenza, sono: la presenza di un parcheggio in
prossimità del punto vendita e l’effettuazione del servizio a domicilio che riducono il
tempo occorrente per l’effettuazione della spesa, il primo, e che alleggeriscono il peso
per trasportare la spesa sino al luogo del consumo, il secondo fattore. Essi non solo
risultano inevitabilmente connessi con una maggiorazione del costo di produzione
dell’impresa commerciale ma implicano, altresì, la formazione dei prezzi di vendita
superiori rispetto a quelli degli altri esercizi commerciali.
113
6. Euro
Il 1o Gennaio 1999 è la data di nascita dell’euro. Il tasso di conversione della lira in euro
(e viceversa) è fissato definitivamente (1 euro vale 1.936,27 lire), sulla base dell’Ecu al
31/12/1998; a partire da tale data, la nuova moneta ha affiancato la lira quale moneta
utilizzabile come unità di conto scritturale.
Il 1o Gennaio 2002 monete e banconote in euro fanno la loro comparsa ed iniziano a
coesistere con le lire e nello stesso giorno la nuova valuta entra definitivamente in
circolazione mediante monete e banconote 12, sostituendo definitivamente la lira e le
altre monete utilizzate nella Comunità Economica Europea.
Il concetto di moneta europea venne originariamente formulato nella relazione di
Werner (1970) che prevedeva l’attuazione dell’integrazione monetaria entro il 1980;
tale processo fu, però, interrotto dalla spirale inflazionistica mondiale e dalla crisi
verificatasi intorno alla metà degli anni Settanta che causò una sensibile alterazione dei
tassi di cambio. L’interesse per il progetto di unione monetaria torna successivamente
alla ribalta nel 1988 (intanto il sistema unitario europeo e l’Ecu - European Currency
Unit, Unità di Valuta Europea - erano entrati in vigore nel 1979); nel 1989 questo
progetto viene delineato in modo particolareggiato nella relazione di Jacques Dolores.
Il 7 febbraio 1992 la relazione di Dolores viene adottata nel trattato di Maastricht,
firmato dai dodici membri della Comunità europea (CE), con il quale gli stati membri si
impegnarono a realizzare l’unione monetaria attraverso un graduale processo
caratterizzato dalla crescente convergenza dei risultati economici di ciascun Paese.
Le quotazioni di borsa sui mercati finanziari iniziano ad operare in euro, al pari delle
operazioni interbancarie. Per il cittadino i pagamenti sono possibili tramite bonifico,
assegno o carta di credito, ma non esistono ancora né monete né banconote; i pagamenti
in contanti non sono ancora possibili.
Il 30 Agosto 2001 a Francoforte, la Banca Centrale d’Europa presenta le nuove monete.
12
L’uso della doppia moneta (lira ed euro) si concluderà il 28 febbraio 2002; dopo il 30 giugno 2002
l’operazione di cambio delle ormai “vecchie” lire italiane sarà possibile solo presso la Banca d’Italia.
114
6.1. Impatto dell’introduzione dell’euro
Nei mesi successivi all’introduzione dell’Euro si è diffusa la convinzione che il
processo costituito dal passaggio alla moneta unica abbia generato un rilevante impatto
sulla dinamica dei prezzi al consumo. Tale convinzione appare fondata principalmente
sui potenziali effetti inflazionistici prodotti dalle procedure di arrotondamento seguite
dalle imprese nella fase di passaggio alla nuova moneta. Nonostante la normativa
comunitaria avesse stabilito che l’arrotondamento del prezzo convertito dalla valuta
nazionale all’euro dovesse essere effettuato al centesimo più vicino 13, è stato da più
fonti dimostrato che nel processo di trasformazione dei prezzi dalla denominazione in
lire a quelle in euro si siano prodotti degli effetti di aggiustamento verso l’alto delle
quotazioni.
In particolare, tali effetti dovrebbero essere connessi con la pratica degli operatori di
fissare i propri prezzi in corrispondenza di particolari cifre–soglie, definite “attraenti”,
che risultano adatte a invogliare l’acquirente o sono comode dal punto di vista della
gestione del circolante 14.
Uno studio condotto dall’Istat in collaborazione con la Banca d’Italia 15 ha affrontato il
problema della stima dell’impatto inflazionistico causato dalle pratiche di
arrotondamento delle imprese, utilizzando i dati relativi alle quotazioni elementari
rilevate nel periodo compreso tra dicembre 2001 e ottobre 2003, nei 20 comuni
capoluogo di regione e utilizzate nel calcolo dell’indice nazionale dei prezzi al consumo
16
. Nel complesso sono state utilizzate oltre 90 mila quotazioni classificate per area
geografica, canale distributivo e tipologia.
L’analisi ha messo in luce che la percentuale di quotazioni “attraenti” è gradualmente
aumentata, salendo da circa il 20 % all’inizio del 2002 a poco più del 50% in ottobre
dello stesso anno. In particolare, nel corso degli ultimi mesi è salita la quota dei prezzi
classificati come “esatti” o “frazionali”, mente quelli dei prezzi “psicologici” è rimasta
stabile intorno al 10%. Inoltre, gli incrementi dei prezzi attraenti sono risultati
relativamente più elevati di quelli che hanno interessato i prezzi non attraenti.
Da questo studio è stato confermato che l’impatto dei meccanismi di arrotondamento è
stato di gran lunga maggiore nella distribuzione tradizionale rispetto a quella moderna.
115
Tale risultato è particolarmente interessante dal punto di vista della percezione
dell’impatto dell’euro emersa dal dibattito pubblico: gran parte delle evidenze che lo
hanno alimentato si riferivano, in effetti, alla prima tipologia distributiva.
L’Euro è la nuova moneta, quindi, è la moneta dell’Europa scelta con l’idea base di
creare, attraverso una fitta rete di scambi, attraverso il Mercato comune ed il Mercato
unico, una comunanza di interessi, un intreccio di commerci, una consuetudine di
contatti, una unità di regole del vivere civile ed economico tale da facilitare una
graduale messa in comune delle politiche e delle istituzioni con l’obiettivo di rivestire la
funzione di potente simbolo di appartenenza alla stesa comunità 17.
13
Il Regolamento del Consiglio n. 1103/97 del 17 giugno 1997 ha stabilito le regole in materia di
arrotondamento dei pezzi convertiti in euro.
14
Le tipologie di cifre–soglia attraenti considerate in letteratura sono le seguenti: prezzi “psicologici” (ad
esempio, 4,99 euro anziché 5,00); prezzi frazionali “utilizzabili per semplificare i resti (ad esempio, 1,60
euro al posto di 1.63); prezzi “esatti”, che non comportano l’uso di moneta metallica (ad esempio, 10 euro
invece di 9,50).
15
F. Mostacci, R. Sabbatici: L’Euro ha creato inflazione? Changeover e arrotondamenti dei prezzi al
consumo in Italia nel 2002, Contributi Istat, n. 9/3/2003.
16
Nel periodo considerato l’andamento medio dei prezzi al consumo dei 20 capoluoghi di regione è stato
molto simile a quello misurato dall’indice generale di prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale
17
È stato necessario iniziare da subito a “pensare in euro” staccandosi, per quanto possibile, dai
riferimenti psicologici legati alla lira; è stato, infatti, importante che il passaggio sia prima avvenuto
“mentalmente” per poi non ritrovarsi spaesati dinnanzi ad un cambiamento epocale. Tale mutamento ha
toccato ogni aspetto della vita quotidiana ed ha anche comportato un lavoro e coinvolgimento globale di
ogni operatore economico, visto che molteplici sono state le trasformazioni che si sono dovute affrontare
a partire dagli estratti conti bancari arrivati in euro, ai lucchetti dei carrelli dei supermercati modificati per
funzionare con la nuova moneta in sostituzione delle 500 lire, ai prezzi dei prodotti alimentari, soprattutto
nei supermercati, dove ancora oggi al prezzo in euro viene affiancato quello in lire, dalle pompe di
benzina ai vari distributori automatici, ecc.
116
L’introduzione dell’euro, pertanto, è stata motivo di creazione di vantaggio e di
opportunità per lo sviluppo economico e sociale dovuto, in primo luogo,
all’allargamento del mercato in Europa venendo, così, a rappresentare la prima linea più
avanzata di integrazione monetaria ed anche il primo visibile tassello di una possibile
unione politica.
Per l’Italia, dove per trovare una simile rivoluzione del tessuto economico e sociale
bisogna risalire ai tempi di Napoleone e dell’occupazione francese quando venne
introdotta la lira come moneta ufficiale al posto del franco, l’introduzione dell’euro ha
comportato operativamente maggiori complicazioni rispetto agli altri paesi europei in
quanto si veniva da una valuta a basso valore unitario.
L’entrata in vigore dell’Euro ha colpito (e talvolta danneggiato) molti comparti
commerciali; nel settore agroalimentare i rincari maggiori si sono avuti soprattutto per i
prodotti freschi (frutta, ortaggi, carne e pesce) e, negli altri settori, per assicurazioni,
trasporti, bevande alcoliche, benzina, servizi idrici ed elettrici, tabacchi (Fonte:
Eurispes, 2003).
La Tabella. 48 si riferisce alla spesa delle famiglie italiane e permette di osservare
l’evoluzione delle spese nel settore alimentare ed in quello non alimentare dall’entrata
in vigore dal 2002, anno dell’entrata in vigore dell’euro, al 2004.
Tab.32 - La spesa delle famiglie italiane dal 2002 al 2004
(variazione percentuale) (*)
Gruppi di beni
2002
2003
2004
Alimentari
0,6
0,1
-0,3
Non alimentari
-0,1
1,2
1,2
Totale
0,1
1
0,9
(*) Fonte: Ossevatorio economico (2004), Confcommercio
117
L’andamento, non omogeneo e discontinuo, è stato segnato nel 2002 da una variazione
percentuale della spesa delle famiglie italiane dello 0,1 %; la stessa nel 2003 è
aumentata attestandosi su un valore pari all’1 %, per poi decrescere leggermente nel
2004.
Tutti i rincari medi, pari a 604 euro dal 1° gennaio 2003, sommati a 1.505 euro registrati
nel corso del 2002, in testa ai quali vi sono RC auto, servizi idrici, autostrade, banche,
poste, luce, gas, trasporti, hanno comportato un esborso di 2.109 euro falcidiando
drasticamente i redditi e le capacità di spesa delle famiglie che devono sempre più
spesso ricorrere all’indebitamento, motivo per cui si registra un forte aumento del
credito al consumo (Osservatorio economico 2004, Confcommercio).
Nel settore agroalimentare, per ovviare in parte al problema il Ministro delle Attività
produttive Marzano, nel settembre 2004, ha raggiunto un’intesa con la GDO; tale
accordo, ha previsto nei supermercati e ipermercati il blocco dei prezzi dei prodotti-cari
e di quelli “a marchio proprio” fino al 31 dicembre 2004. Tale intervento si configura
come un tentativo di dare attuazione al programma di governo con l’intento di
aumentare il potere d’acquisto delle famiglie (Correre della Sera, 17/09/2004).
Ma l’inflazione registrata dalle statistiche ufficiali è ben diversa da quella realmente
percepita dalle famiglie, in cui i prezzi dei prodotti di largo consumo crescono perché il
governo non fa una adeguata politica di controllo dei prezzi. Questo è palese, ad
esempio, per i prodotti freschi, quali ad esempio le patate, perché quando il coltivatore
le vende a 0,4 centesimi di euro e poi le ritrova ad 1 euro in vendita, vuol dire che ci
sono troppe intermediazioni e troppe speculazioni.
A tal proposito è dell’ottobre 2004 la “guerra” dei prezzi tra produttori, filiera e grande
distribuzione svoltasi a Catania perché convinti, i primi, che la recessione sia dietro
l’angolo; ad alimentare la disputa, la situazione delle imprese agricole che non riescono
più a coprire i costi e dei molti commercianti denuncianti la realtà che vede il
consumatore non acquistare più come prima. La crisi è stata recepita dal governo
regionale e ciò cui gli interessati sperano è che si giunga ad una legge che consenta di
vendere direttamente i lori prodotti ed avere un rapporto diretto con la grande
distribuzione (La Sicilia, 7/11/2004).
118
Un risparmio da realizzare, che sarebbe ancora comunque insufficiente, potrebbe
rappresentare sicuramente un sostegno alle famiglie per una ripresa dei consumi così
largamente penalizzati negli ultimi tempi.
119
6.2. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero–caseari
e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione dell’esercizio
commerciale: variazioni percentuali dal 1998 al 2004
Al fine di individuare gli effetti derivanti dall’introduzione dell’Euro, si è provveduto a
confrontare i prezzi dei cinquanta prodotti agroalimentari oggetto d’indagine e le
eventuali differenze verificatesi dal 1998 al 2004 e ad aggregare gli stessi nell’ambito
delle quattro aree individuate già in precedenza (area “A”- centro storico, area “B”quartieri residenziali, area “C”, periferia nord-ovest e area “D”- periferia sud-ovest).
Dalle elaborazioni effettuate sono emerse interessanti indicazioni che hanno consentito
di accertare l’esistenza di variazioni leggermente diverse nelle quattro aree rispetto a
quelle medie del “centro urbano” di Catania.
In particolare, a livello aggregato con riferimento, cioè, agli otto diversi gruppi
merceologici, limitate in termini assoluti, con alcune visibili eccezioni, sono state le
differenze tra le varie aree con indici mediamente maggiori, rispetto alle medie del
“centro urbano”, nei quartieri residenziali, e nel centro storico, rispettivamente, per due
e per cinque gruppi di prodotti considerati.
Nell’ambito della categoria merceologica del Latte è emerso che tra le tre marche di
latte U.H.T. intero, il Polenghi Stella ed il Sole sono stati i prodotti che hanno fatto
registrare rincari maggiori dal 1998 al momento in cui è stata effettuata la rilevazione; il
primo pari al 6 % superiore rispetto al dato medio del “centro urbano” e nella periferia
nord-ovest (area “C”) mentre l’aumento per il prodotto Sole è stato del 5 % nella
periferia sud-ovest (area “D”).
Alquanto differente risulta l’andamento dei prezzi per il latte U.H.T. parzialmente
scremato: solo per il prodotto Parmalat la variazione di prezzo è stata pari al 6 % nei
quartieri residenziali mentre, nelle altre aree, la variazione si è attestata su livelli
inferiori dell’1-2 %.
Le variazioni di prezzo del latte fresco sia intero che parzialmente scremato delle due
marche Sole e Zappalà, non si sono discostate dal dato medio del “centro urbano”
poiché la variazione dal 1998 al 2004 si è attestata su valori compresi tra 0,20 € e 0,23 €
120
per il latte intero e su valori compresi tra 0,03 € e 0,11 € per il latte parzialmente
scremato.
121
Tab.33 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secon-do la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,15
100
0,11
99
0,25
98
0,13
98
0,13
99
0,26
98
0,15
101
0,33
106
0,12
97
0,21
105
0,28
99
0,15
100
0,14
100
0,27
100
0,06
100
0,16
100
0,11
106
-0,06
96
0,14
99
0,06
100
0,16
100
0,03
98
-0,03
98
0,13
98
0,06
100
-0,02
100
0,16
100
0,22
100
0,28
100
0,22
100
0,28
100
0,19
100
0,27
100
0,21
100
0,28
100
0,22
100
0,28
100
0,22
101
0,23
100
0,21
100
0,22
100
0,20
100
0,23
100
0,20
100
0,20
100
0,20
100
0,23
100
0,09
100
0,03
98
0,11
103
0,03
98
0,10
101
-
0,04
96
-
0,09
100
0,05
100
0,16
0,15
99,7
99,8
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
0,18
100,9
0,15
99,2
0,16
100,0
LATTE (€ / litro)
Latte U.H.T. intero
- Parmalat
- Sole
- Polenghi Stella
Latte U.H.T. parz.screm.
- Parmalat
- Sole
- Polenghi Stella
Latte fresco intero
- Sole
- Zappalà
Latte fresco parz.scremato
- Sole
- Zappalà
Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro)
- Parmalat
- Sole
MEDIA INDICI
122
Il latte Parmalat parzialmente scremato nella confezione da 0,5 litri ha fatto registrare
una variazione superiore del prezzo medio rispetto al 1998, del 3 % superiore al dato
medio, nella sola area “B”- quartieri residenziali ed inferiore (- 4%) nell’area “D” –
periferia sud-ovest; il prodotto Sole, invece, ha fatto registrare variazioni di prezzo,
rispetto al dato medio cittadino, negative per il 2 % nell’area “A” (centro storico) e
nell’area “B” (quartieri residenziali).
Nel complesso, nell’intero gruppo merceologico del Latte (Fig. 15) sono emersi lievi
rincari (+ 0,9 %) nella periferia nord-ovest (area “C”), mentre nelle altre tre aree
cittadine l’introduzione dell’euro ha comportato decrementi del livello medio dei prezzi
pari allo 0,3 % nel centro storico (area “A”), allo 0,2 % nei quartieri residenziali (area
“B”) e allo 0,8 % nella periferia sud-ovest (area “D”).
Fig.15 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai
valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano di Catania"
0,9
1
0,8
0,6
0,4
0,2
%
-0,3
-0,2
0
-0,2
-0,4
-0,6
-0,8
-0,8
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
123
Nell’ambito del raggruppamento degli Yogurt, per lo yogurt intero naturale Sole, come
riportato nella Tab. 34, le variazioni medie dei prezzi sono state registrate più elevate
nell’area “B” – quartieri residenziali (+ 1 %), mentre nell’area periferica nord-ovest
sono state osservate riduzioni dell’1 %. Per quanto attiene agli yogurt interi addizionati
alla frutta, le elaborazioni effettuate hanno permesso di accertare l’esistenza di
variazioni medie leggermente più elevate, del 2 e 3 %, nei quartieri residenziali, nella
periferia nord-ovest e nel centro storico, con maggiorazioni più evidenti nel caso degli
yogurt Parmalat e Danone; in contrapposizione a tale trend, valori più bassi sono stati
osservati in corrispondenza dell’area “D”, area urbana nella quale ricadono i quartieri
più poveri dell’intera città di Catania (ad esempio, Nesima superiore, Acquicella, ecc.).
Anche nel caso degli yogurt magri naturali (Parmalat e Yomo), variazioni unitarie
superiori rispetto a quelle medie osservate nel centro urbano sono state registrate
nell’area “A” e nell’area “B” per il prodotto della Parmalat (oscillanti tra l’1 e il 3 %),
mentre il prodotto Yomo ha fatto registrate un aumento soltanto nell’area “D” – periferia
sud-ovest (+ 3 %). Più basse sono state le variazioni nell’ area “D”(periferia sud-ovest)
per il prodotto Parmalat (- 5 %) e per Yomo nell’area “A” (centro storico) e “C”
(periferia nord-ovest) con riduzioni dell’ordine del 2 %.
124
Tab.34 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano"
di Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
Nord-Ovest
Sud - Ovest
residenziali
YOGURT (€ / 2x125 gr.)
Intero naturale
-Parmalat
-Sole
-0,01
100
0,03
101
-0,09
99
-
0,01
100
0,08
100
0,22
103
0,01
98
0,13
102
0,17
100
0,03
100
0,12
102
0,13
97
0,06
102
0,01
93
0,13
97
0,03
100
0,09
100
0,18
100
0,03
100
0,20
103
0,19
98
0,17
101
0,21
100
0,15
100
0,17
98
0,09
95
0,24
103
0,16
100
0,20
100
0,19
105
0,15
100
0,16
98
0,16
103
0,12
99
0,20
100
0,08
97
0,12
99
0,17
98
0,11
99
0,15
100
0,17
98
0,12
100
0,15
100
0,20
100
0,13
100,6
0,15
101,0
0,10
99,2
0,13
98,3
0,12
100,0
Intero addiz.frutta
-Parmalat
-Danone
-Yomo
Magro naturale
-Parmalat
-Yomo
Magro add. Frutta
-Parmalat
-Yomo
-Danone Vitasnella
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
125
Circa gli yogurt magri addizionati alla frutta, sono state osservate variazioni medie
superiori rispetto al dato medio del “centro urbano” nell’area “A” e in quella “B” per il
Parmalat (+ 3 e 5 %), mentre variazioni di prezzo minori si sono riscontrate nell’area
“C”- periferia nord-ovest e per il Parmalat (- 3 %) e nell’area “A” – centro storico e
nelle due periferie per il prodotto Danone Vitasnella (- 2 %).
In riferimento all’intero gruppo merceologico degli Yogurt, come mostra la Fig. 16, la
maggiore variazione dei prezzi dal 1998 al 2004 si è avuta nell’ambito dei quartieri
residenziali (area “B”) nella quale è stato osservato un incremento medio pari all’ 1 % e
una diminuzione dei prezzi medi dell’ordine dell’1,7 % nell’area “D” (periferia sudovest).
Fig.16 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt
rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania
1
1
0,6
0,5
0
% -0,5
-0,8
-1
-1,5
-1,7
-2
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
126
Con riferimento alle tre diverse marche di Burro (Tab. 35), sono state osservate rilevanti
variazioni nelle singole aree in cui è stato ripartito il territorio urbano di Catania; esse
sono state superiori per il prodotto Galbani nell’area “A” (centro storico), per il
prodotto Sole, nell’area “B”e in quella “C” mentre per il burro Zappalà la variazione
maggiore dal 1998 al 2004 è stata osservata nella sola area “B” che comprende i
quartieri residenziali.
Variazioni di prezzo minori rispetto al dato medio del “centro urbano” di Catania sono
state, invece, registrate per il burro Galbani e Zappalà nella sola periferia nord-ovest (3 e 4 %).
Relativamente alla panna da cucina nella confezione da 200 ml, per il prodotto
Parmalat la variazione è stata maggiore del 2 % nell’area “D” (periferia sud-ovest) e
per il prodotto confezionato dalla Sole; essa si è attestata su un valore superiore al dato
medio nelle aree “A” (centro storico) e “B” (quartieri residenziali) (+ 3 %). La panna
per dolci Sole nella confezione da 500 ml ha fatto registrare rincari in tre aree sulle
quattro considerate, cioè nell’area “A” (centro storico) e nell’area “C” (periferia nordovest) (+ 2 %) e nell’area “D” (periferia sud-ovest) (+ 3 %).
127
Tab.35 -Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel "centro urbano" di Catania,
secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,13
100
0,34
104
0,04
98
0,14
101
0,27
100
0,11
103
0,14
101
0,21
97
0,01
96
0,13
100
0,24
98
0,06
100
0,13
100
0,27
100
0,06
100
0,09
100
0,09
103
0,06
99
0,07
103
0,05
99
0,03
98
0,11
102
-0,01
99
0,07
100
0,05
100
- Sole
0,53
102
0,48
100
0,54
102
0,58
103
0,47
100
MEDIA INDICI
0,20
101,7
0,18
101,0
0,16
98,9
0,19
100,4
0,18
100,0
BURRO (€ / 250 gr)
- Sole
- Galbani
- Zappalà
PANNA
da cucina (€ / 200 ml)
- Parmalat
- Sole
per dolci (€ / 500 ml)
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
128
In complesso, per l’intero gruppo merceologico del Burro e panna, come mostra la Fig.
17, l’area nella quale si sono registrate variazioni di prezzo superiori rispetto al dato
mediamente osservato nell’intero “centro urbano” è stato il solo centro storico (+ 1,7 %)
mentre nei quartieri residenziali (area “B”) e nella periferia sud-ovest la variazione è
stata più contenuta attestandosi su un valore pari, rispettivamente, all’ + 1 % e allo 0,4
%; leggermente inferiori, invece, sono risultate le variazioni dei prodotti in questione
negli esercizi commerciali ubicati nella periferia nord-ovest (-1,1 %).
Per quanto riguarda il raggruppamento merceologico dei Formaggi a pasta molle,
l’analisi delle eventuali differenze verificatesi dopo l’introduzione della moneta unica
europea si è polarizzata, anche in questo caso, su tre prodotti di specifica marca e
confezione. Le creme nella confezione da 200 grammi sono il prodotto Philadelphia e il
Certosino.
Fig.17 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e
panna rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di
Catania
1,7
2
1
1,5
1
0,4
0,5
%
0
-0,5
-1
-1,1
-1,5
Area "A"
Centro storico
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest
129
Il primo prodotto ha fatto registrare aumenti di € 1,02 e € 0,92 nei quartieri residenziali
e nel centro storico aumenti, rispettivamente, dell’ 11 % e del 5 %; il secondo bene,
invece, ha fatto registrare lievi aumenti nel centro storico (+ 1 %) e decrementi
dell’ordine dello 0,2 % nella periferia nord-ovest. Come già detto nelle precedenti
analisi, in questo gruppo di prodotti sono state inserite le sottilette Galbani nella
confezione da otto pezzi; le variazioni per tale prodotto sono state del 2 % superiori,
rispetto al dato medio rilevato nel “centro urbano”, nell’area “B” (quartieri residenziali)
ed inferiori del 2 % nella periferia nord-ovest (area “C”).
Nel complesso per i tre prodotti oggetto di rilevazione le variazioni percentuali,
illustrate dalla Fig. 18, mettono in luce una sostanziale stabilità dei prezzi nell’ambito
dell’intero territorio di Catania, con una maggiorazione degli stessi in corrispondenza
dei quartieri residenziali (+ 4,4 %) e del centro storico (+ 1,7 %) e un decremento nelle
due aree sub-urbane, in particolare nella periferia nord-ovest (-1,6 %).
130
Tab.36 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo deI Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di
Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,92
105
0,20
101
1,02
111
0,19
100
0,80
99
0,12
98
0,75
97
0,17
100
0,83
100
0,17
100
- Galbani (€ / 8 pezzi)
0,20
99
0,30
102
0,18
98
0,20
99
0,26
100
MEDIA INDICI
0,44
101,7
0,50
104,4
0,36
98,4
0,37
98,7
0,42
100,0
FORMAGGI
A PASTA MOLLE
Creme (€ / 200 gr)
- Philadelphia
- Certosino
Formaggi fusi
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
131
Fig.18 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a
pasta molle rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano"
di Catania
4,4
5
4
3
1,7
2
%
1
0
-1
-1,6
-1,3
-2
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Oltre ai Formaggi a pasta molle, la rilevazioni delle variazione avutesi prima e dopo
l’entrata in vigore dell’Euro è stata estesa anche ai Formaggi a pasta filata. In tale
ambito sono state campionate, ancora una volta, le tre marche di mozzarella: Nuvoletta
Sole, Vallelata Galbani e Zappalà. Se la Nuvoletta Sole, non ha fatto registrare evidenti
variazioni di prezzo, i prodotti Vallelata Galbani e Zappalà hanno messo in luce un
aumento del prezzo medio al consumo del 3 % nell’area “B” e in quella “D” per il
primo prodotto e nell’area “A” per il secondo. Solo per quest’ultimo è stata osservata
una variazione del prezzo medio, rispetto al dato del centro urbano, inferiore al 4 % nei
quartieri residenziali e nella periferia sud-ovest. Le variazioni di prezzo del prodotto
Galbanino, invece, non si sono discostate di troppo dal dato medio dell’intero ambito
urbano nell’area “A” e nelle due periferie; solo nell’area “B” (quartieri residenziali) è
stato registrato un notevole aumento del prezzo, incremento pari a + 11 %. Nel corso di
questi anni per il suddetto gruppo merceologico non sono state registrate variazioni di
prezzo rilevanti nelle quatto aree considerate. Come si evince dalla Fig. 16, tali
132
incrementi sono stati superiori solo nell’area “B” - quartieri residenziali (+ 2,6 %) e nel
centro storico (+ 0,5 %); irrilevanti, invece, sono risultate le differenze osservate nelle
due aree periferiche (Tab. 37).
133
Tab.37 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di
Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,11
100
0,22
103
0,14
100
0,11
100
0,15
96
0,22
103
0,12
100
0,18
100
0,14
100
0,08
99
0,14
96
0,24
103
0,11
100
0,19
100
0,16
100
- Galbanino (€ / 300 gr)
0,28
99
0,66
111
0,26
99
0,24
98
0,31
100
MEDIA INDICI
0,19
100,5
0,29
102,6
0,18
99,9
0,18
99,0
0,20
100,0
FORMAGGI
A PASTA FILATA
Mozzarella (€ / 125 gr.)
- Sole
- Zappalà
- Galbani
Altri
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
134
Fig. 19 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a
pasta filata rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro
urbano" di Catania
2,6
3
2,5
2
1,5
%
1
0,5
0,5
0
-0,1
-0,1
-0,5
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
Per quanto riguarda gli Olii di oliva, di olio extra-vergine di oliva sono state, anche in
questo caso, prese in esame i quattro marchi prefissati; i prodotti Sasso e Bertolli sono
stati quelli che hanno fatto registrare le più alte variazioni dei prezzi rispetto al dato
medio del “centro urbano”, attestandosi su un valore del + 4 % il primo e + 5 % il
secondo prodotto; inferiore è stato l’aumento che ha fatto registrare l’olio Dante nella
periferia sud-ovest (+ 3 %). Leggere diminuzioni di prezzo sono state osservate in
corrispondenza dei quartieri residenziali, area “B”, e della periferia nord-ovest, area
“C”, oscillanti tra l’1 e il 4 %. Tra gli olii di oliva vergine, l’area nella quale sono
emerse maggiori variazioni di prezzo dal 1998 al 2004 è stata la zona del centro storico
(area “A”) nella quale per due prodotti, Carapelli e Dante, le differenze di prezzo sono
state, rispettivamente, del 3 % e del 4 % superiori al dato medio del centro urbano.
Nelle altre zone nelle quali è stato ripartito il territorio urbano di Catania non vi sono
stati decrementi ma solo aumenti nell’intervallo considerato, oscillanti tra l’1 e il 2 %
rispetto alla variazione media del “centro urbano”.
Nel complesso (Fig. 20), nelle due circoscrizioni periferiche ubicate a nord-ovest e a
sud-ovest del centro urbano, vi sono stati incrementi dello 0,3 % e nell’area “A”(centro
135
storico) gli incrementi hanno registrato un + 2,3 %); nell’ambito dei quartieri
residenziali il decremento di prezzo dal 1998 al 2004 si è attestato su un valore pari a
0,2 %.
136
Tab.38 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania,
secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,44
100
0,39
100
0,48
104
0,60
105
0,33
98
0,31
98
0,19
95
0,46
101
0,33
98
0,33
99
0,33
101
0,44
100
0,49
103
0,29
97
0,27
100
0,33
98
0,41
100
0,41
100
0,27
100
0,43
100
0,75
104
0,67
101
0,66
103
0,68
100
0,67
102
0,70
101
0,61
102
0,74
101
0,69
102
0,73
101
0,51
100
0,68
100
0,66
101
0,63
100
0,69
103
0,70
100
0,56
100
0,64
100
0,51
100
0,68
100
0,58
102,3
0,50
99,8
0,51
100,3
0,51
100,3
0,49
100,0
OLII DI OLIVA (€ / litro)
Olii di oliva extra - vergine
- Dante
- San Giorgio
- Sasso
- Bertolli
Olii di oliva vergine
- Dante
- San Giorgio
- Carapelli
- Sasso
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
137
Fig. 20- Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di
oliva rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di
Catania
2,3
2,5
2
1,5
%
1
0,3
0,5
0,3
0
-0,2
-0,5
Area "A"
Centro storico
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest
Tra gli Olii di semi, le variazioni all’interno delle quattro aree considerate sono state più
contenute. Nello specifico, le variazioni di prezzo più elevate si sono avute per l’olio di
semi vari (Olita Star) nella periferia sud-ovest (+ 2 %) ed inferiori nell’ambito del
centro storico (- 2 %). Per il prodotto estratto dalle arachidi (Oio), sono state osservate
variazioni dei prezzi più elevate (+ 3 %) nell’ area “D”- periferia sud-ovest e nell’area
“B” – quartieri residenziali ed inferiori nella sola area “A”- centro storico (- 1 %). Per le
due tipologie di olio di mais, le variazioni all’interno delle quattro aree non sono
alquanto dissimili; solo nell’area “C” è emersa una leggera diversità che ha messo in
luce un aumento dell’1 % dell’olio Cuore ed un decremento, sempre nella stessa
ripartizione urbana, dell’olio Maya (- 1 %). L’olio Valsoia, unico prodotto ad essere
stato rilevato nell’ambito degli olii di soia, ha fatto registrare aumenti in tutte e quattro
le aree maggiori del 3 % nell’area “B”- quartieri residenziali e pari all’1 % nell’area
“A” e nella periferia nord-ovest.
Nel complesso (Fig. 21), per l’intero gruppo degli olii di semi è emerso che le variazioni
positive di prezzo più evidenti dal 1998 al 2004 sono state registrate nell’ area “B” (2
138
%) e, nella periferia sud-ovest mentre nel centro storico e nella periferia nord-ovest la
situazione è rimasta pressoché stabile.
Per quanto attiene al gruppo merceologico dei Grassi vegetali è stato osservato che la
variazione del prezzo dal 1998 al 2004 per la margarina Foglia d’oro è stata superiore
in due sole zone: nell’area “A” che abbraccia tutto il centro storico (+ 5 %) e nell’area
“B” (+ 11 %); nella periferia “C”, invece, il valore è stato prossimo a quello medio del
“centro urbano”, mentre nell’area “D”, periferia sud-ovest, esso si è discostato
parecchio dal suddetto valore (- 7 %). La margarina Vallè ha, viceversa, presentato una
variazione del prezzo superiore al dato medio del “centro urbano” solo nell’area “A” (+
3 %) ed un valore prossimo a quello medio delle due periferie.
Considerando l’intero gruppo merceologico (Fig. 22), i più elevati aumenti di prezzo si
sono manifestati nel centro storico e nei quartieri residenziali (rispettivamente del + 4 %
e + 5 %); nelle due periferie la variazione è stata negativa (- 1 % nella periferia nordovest e – 3,2 % in quella sud-ovest).
139
Tab.39 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania,
secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,44
98
0,51
100
0,46
99
0,55
102
0,49
100
0,31
99
0,50
103
0,38
100
0,50
103
0,39
100
0,66
99
0,28
99
0,79
102
0,40
102
0,75
101
0,27
99
0,65
99
0,35
100
0,69
100
0,32
100
- Valsoia
0,54
101
0,58
103
0,50
101
0,47
100
0,44
100,0
MEDIA INDICI
0,47
100,0
0,55
102,0
0,47
100,0
0,50
100,8
0,47
100,0
OLII DI SEMI (€ / litro)
olio di semi vari
- Olita Star
olio di arachidi
- Oio
olio di mais
- Cuore
- Maya
olio di soia
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
140
Tab.40 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano di Catania,
secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*)
Gruppi di prodotti
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro
Centro storico
Quartieri
Periferia
Periferia
urbano
residenziali
Nord-Ovest
Sud - Ovest
0,38
105
0,26
103
0,43
111
0,20
99
0,30
99
0,20
99
0,21
93
0,22
100
0,33
100
0,23
100
0,32
104,0
0,32
105,0
0,25
99,0
0,22
96,8
0,28
100,0
GRASSI VEGETALI (€ / 250 gr)
Margarina
- Foglia d'oro
- Vallè
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
141
Fig. 21 - Scarti pe rce ntuali 2004-1998 de i pre zzi al consumo de gli Olii
di se mi rispe tto ai valori me di ne lle are e individuate ne l "ce ntro
urbano" di Catania
2
2
1,8
1,6
1,4
1,2
%
0 ,8
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0
A rea " A "
A rea "B"
A rea " C"
A rea " D"
Centro s to rico
Quartieri
res iden ziali
Periferia Nord Ov es t
Periferia Sud Oves t
Fig. 22 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Grassi
vegetali rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di
Catania
5
5
4
4
3
2
1
%
0
-1
-1
-2
-3
-3,2
-4
Area "A"
Area "B"
Area "C"
Area "D"
Centro storico
Quartieri residenziali
Periferia Nord - Ovest
Periferia Sud - Ovest
142
6.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari
e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura distributiva:
variazioni percentuali dal 1998 al 2004
Sempre in stretto riferimento al 2004 (seconda metà di giugno e inizi di luglio) ed al
“centro urbano” di Catania, sulla base dei confronti realizzati prima e dopo l’entrata in
vigore dell’Euro in rapporto alle due tipologie di strutture commerciali considerate, è
emerso che soprattutto per la categoria merceologica degli olii di oliva e di semi e per i
grassi vegetali si sono manifestate notevoli variazioni di prezzo, mentre per gli altri
prodotti non sono state registrate rilevanti differenze di prezzo. Nel prendere in
considerazione l’intera distribuzione tradizionale, come mostra la Fig. 23, per i prodotti
“lattiero-caseari” si sono rilevati scarti percentuali compresi tra lo -0,1 e il 2 %, per gli
“olii e i grassi vegetali” gli scarti sono stati tutti positivi e superiori al 2 %. In
particolare, questa situazione si è manifestata per le due tipologie appartenenti al gruppo
merceologico dei grassi vegetali per il quale l’aumento, rispetto al dato medio del
“centro urbano”, si è attestato su un valore del 3,5 % superiore.
Con riferimento alla distribuzione moderna (Fig. 24) si osserva che gli scarti sono per lo
più negativi, a dimostrazione del fatto che non solo nei supermercati e minimercati i
prezzi sono inferiori ma che nel corso di questi anni in tali ambiti si è verificato un
leggero decremento oscillante tra – 0,1 - 0,3 %. Solo per una categoria merceologica
facente capo ai prodotti lattiero-caseari (burro e panna) lo scarto è stato positivo e pari a
0,5 %.
E’ opportuno rilevare che per i formaggi a pasta molle, la variazione è stata pressoché
nulla; qui, infatti, come si vedrà nella relativa tabella, non sono stati osservati valori
discostanti da quelli medi dell’intero centro urbano.
Per il raggruppamento merceologico del Latte sono emerse rilevanti variazioni dei
prezzi al consumo dal 1998 al 2004 in entrambe le due tipologie distributive
considerate, così come riportato dalla Tab. 40. Osservando, infatti, la media degli indici
si nota che essi risultano attestati su valori leggermente inferiori a quelli medi
143
Fig.23 - Scarti pe rce ntuali 2004-1998 de i pre zzi al consumo pe r grandi gruppi
me rce ologici ne lla disribuzione tradizionale ne l "ce ntro urbano" di Catania
3 ,5
3,5
3
2 ,5
2,5
2
1,5
0,8
1
0,5
-0 ,3
0
-0 ,1
et
al
i
i
lii
ss
iv
eg
di
se
m
liv
a
di
o
ag
gi
G
ra
O
O
ap
lii
as
ta
fil
a
ta
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ol
le
as
ta
Fo
Fo
rm
rm
ag
gi
Bu
r
ap
ro
e
Y
pa
nn
a
tte
og
ur
t
-0,5
La
Dist ribuzion e t radizion ale
Fig.24 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi
gruppi merceologici nella distribuzione moderna nel "centro urbano" di
Catania
0,6
0,5
0,4
0,2
-0,1
0
-0,1
-0,2
-0,2
-0,2
-0,3
-0,4
li
i
iv
ra
ss
G
O
lii
di
di
eg
se
et
a
m
ol
iv
a
at
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lii
O
ag
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Fo
Fo
rm
ag
gi
a
gi
a
pa
pa
s
ta
st a
fil
m
ol
na
an
ep
Bu
r ro
og
ur
t
Y
le
-0,6
-0,6
tte
%
La
%
2
1,9
2
Distribuzione moderna
144
sia nella distribuzione tradizionale che in quella moderna (rispettivamente – 0,3 % e –
0,1 %). In particolare, a differenza di quanto osservato per tutti i suddetti prodotti del
gruppo merceologico, per il latte U.H.T. intero sono state osservate variazioni dei prezzi
sensibilmente più basse negli esercizi commerciali di tipo tradizionale, area nella quale
si sono avute riduzioni, rispetto ai valori medi dell’intera area urbana, del 2 e del 5 %,
rispettivamente, per il prodotto Sole e Parmalat.
Nell’ambito del latte U.H.T. parzialmente scremato, è stato possibile osservare solo
leggere differenze (1 – 5 %) con riferimento a tutti e tre i prodotti del gruppo e ad
entrambe le strutture commerciali. Valori unitari più elevati sono stati registrati per il
prodotto Sole, in corrispondenza dei supermercati e minimercati, mentre valori
leggermente più alti sono stati osservati per il prodotto Parmalat nei negozi tradizionali
di generi alimentari (+ 5 %). Simile andamento è stato riscontrato per il latte U.H.T.
parzialmente scremato nella confezione da 0,5 litri; per lo stesso, infatti, l’aumento dal
1998 al 2004 si è attestato su un valore del + 2 % (Sole) nel solo ambito degli esercizi
commerciali di tipo tradizionale. Irrilevanti, invece, sono risultate le variazioni riportate
dal latte fresco sia intero che parzialmente scremato in entrambi gli ambiti distributivi.
Per quanto attiene al raggruppamento degli Yogurt, le analisi effettuate (Tab. 42) hanno
messo in luce variazioni unitarie leggermente inferiori rispetto al dato medio del “centro
urbano” nei supermercati e minimercati, per il prodotto Danone, appartenente alla
categoria degli yogurt interi addizionati alla frutta, e per il prodotto Parmalat, uno dei
tre yogurt della categoria dei magri addizionati alla frutta; gli altri due prodotti della
suddetta varietà di yogurt hanno fatto registrare le variazioni più basse proprio in
corrispondenza della struttura distributiva di tipo tradizionale. Nel complesso, le
variazioni, nel corso dell’intervallo considerato, sono state inferiori in entrambe le
tipologie commerciali (0,1 % nel caso della distribuzione tradizionale e 0,6 % nei
minimercati e nei supermercati).
145
Tab.41 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo
le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,10
98
0,09
95
0,25
99
0,15
100
0,10
98
0,23
97
0,15
100
0,14
100
0,27
100
0,07
105
-0,06
97
0,15
100
0,10
101
0,01
102
0,16
100
0,06
100
-0,02
100
0,16
100
0,23
100
0,28
100
0,21
100
0,28
100
0,22
100
0,28
100
0,22
100
0,23
100
0,21
100
0,23
100
0,20
100
0,23
100
0,10
101
0,08
102
0,09
100
0,06
100
0,09
100
0,05
100
0,15
99,7
0,15
99,9
0,16
100,0
LATTE (€ / litro)
Latte U.H.T. intero
- Parmalat
- Sole
- Polenghi Stella
Latte U.H.T. parz.screm.
- Parmalat
- Sole
- Polenghi Stella
Latte fresco intero
- Sole
- Zappalà
Latte fresco parz.scremato
- Sole
- Zappalà
Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro)
- Parmalat
- Sole
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
146
Tab.42 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo
le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,04
103
-
0,01
100
0,08
100
0,21
100
-
0,08
100
0,11
98
0,03
100
0,09
100
0,18
100
0,03
100
0,18
100
0,16
98
0,16
100
0,15
98
0,16
100
0,20
100
0,13
100
0,12
99
0,18
99
0,10
99
0,16
100
0,19
100
0,12
100
0,15
100
0,20
100
0,14
99,9
0,11
99,4
0,12
100,0
YOGURT (€ / 2x125 gr.)
Intero naturale
- Parmalat
- Sole
Intero addiz.frutta
- Parmalat
- Danone
- Yomo
Magro naturale
- Parmalat
- Yomo
Magro add. Frutta
- Parmalat
- Yomo
- Danone Vitasnella
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
147
A livello complessivo, per i cinque prodotti appartenenti al gruppo merceologico del
Burro e panna è risultata palese, come mostra la Tab. 43, l’esistenza di variazioni di
poco superiori al dato medio del “centro urbano” nella grande distribuzione organizzata
(+ 0,5 %) e leggermente superiori (+ 2 %) negli esercizi commerciali del dettaglio
tradizionale.
Tra le tre marche di burro campionate, le variazioni sono state pressoché simili in
entrambe le strutture distributive e il solo prodotto che ha fatto registrare un aumento
medio pari al 2 % è stato il Galbani. Nel caso della panna, se variazioni irrilevanti sono
state osservate per quella da cucina, lo stesso non si è verificato per la panna per dolci la
quale, nella distribuzione tradizionale, ha fatto registrare un aumento medio pari all’1 %
rispetto al dato medio del “centro urbano”.
Diverso a quello osservato per il raggruppamento merceologico precedente, è stato
l’andamento dei prezzi dei Formaggi a pasta molle che nell’ambito della moderna
distribuzione si è attestato su livelli non discostanti da quello medio, mentre negli
esercizi tradizionali ha mostrato lievi aumenti. Questo si è verificato per la crema
Philadelphia e per le sottilette Galbani, mentre il prodotto Certosino ha subito aumenti
dell’ordine del 2 % nell’ambito della sola distribuzione moderna; nel complesso,
pertanto, in tale gruppo merceologico la variazione è stata irrilevante.
Analoga alla situazione fino ad ora descritta, è stata quella dei Formaggi a pasta filata.
Tra le tre marche di mozzarella, il prodotto Sole ha fatto registrare una leggera
diminuzione del prezzo medio nell’ambito della distribuzione tradizionale e, di contro,
un aumento dell’1 % nei supermercati e minimercati; le mozzarelle Zappalà e Galbani,
invece, hanno fatto registrare aumenti negli esercizi commerciali tradizionali per i quali
l’aumento si è attestato tra il 4 ed il 5 %. Per il prodotto Galbanino, infine, è stata
osservata sostanziale omogeneità in entrambe le tipologie distributive rispetto alla
variazione media del “centro urbano”. A livello complessivo, per i quattro prodotti
considerati per tale categoria si è osservata, come mostra la Tab. 44, una variazione dei
prezzi attestatasi su un livello inferiore nella grande distribuzione (- 0,2 %) e
leggermente superiore (+ 1,9 %) negli esercizi commerciali facenti capo al dettaglio
tradizionale.
148
Tab.43 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel "centro urbano" di Catania,
secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,12
100
0,30
102
0,06
100
0,14
100
0,31
102
0,07
100
0,13
100
0,27
100
0,06
100
0,09
100
0,06
100
0,07
100
0,06
100
0,07
100
0,05
100
- Sole
0,49
101
0,47
100
0,47
100
MEDIA INDICI
0,19
102,0
0,19
100,5
0,18
100,0
BURRO (€ / 250 gr)
- Sole
- Galbani
- Zappalà
PANNA
da cucina (€ / 200 ml)
- Parmalat
- Sole
per dolci (€ / 500 ml)
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
149
Tab.44 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo di Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di
Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,85
102
0,18
100
0,83
100
0,20
102
0,83
100
0,17
100
0,22
100
0,20
98
0,26
100
0,42
100,8
0,41
100,0
0,42
100,0
FORMAGGI
A PASTA MOLLE
Creme (€ / 200 gr)
- Philadelphia
- Certosino
Formaggi fusi
- Galbani (€ / 8 pezzi)
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
150
Tab.45 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo di Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di
Catania,secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,08
98
0,23
104
0,21
105
0,12
101
0,18
99
0,16
100
0,11
100
0,19
100
0,16
100
- Galbanino (€ / 300 gr)
0,32
100
0,30
99
0,31
100
MEDIA INDICI
0,21
101,9
0,19
99,8
0,20
100,0
FORMAGGI
A PASTA FILATA
Mozzarella (€ / 125 gr.)
- Sole
- Zappalà
- Galbani
Altri
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
151
Nella categoria merceologica degli Olii di oliva, è emersa una leggera differenza delle
variazioni di prezzo avutesi nel corso di questi anni che; tale situazione si evidenzia
nella GDO per l’olio extra-vergine di oliva Dante e Sasso e, tra gli olii di oliva vergine,
per tre prodotti (Dante, Sasso e San Giorgio). Di contro, nel dettaglio tradizionale e per
i suddetti beni la variazione si è attestata su un livello superiore rispetto al dato medio,
soprattutto per gli olii di oliva vergine, come mostra la Tab. 46, pari a + 16 % per il
prodotto Dante, all’ + 11 % per l’olio Sasso e al 5 % per l’olio San Giorgio.
Nel complesso, per l’intero gruppo merceologico si rilevano aumenti dell’ordine del 7,3
% nel dettaglio tradizionale e decrementi dell’ordine dello 0,1 % nella GDO. Diversa
appare la situazione degli Olii di semi. Un solo prodotto, infatti, ha fatto registrare
variazioni di prezzo positive nella distribuzione moderna rispetto a quella tradizionale
(l’olio di arachidi Oio), mentre per gli altri quattro prodotti del gruppo considerato
l’aumento, compreso tra il 2 e il 5 %, è stato osservato nel solo ambito della
distribuzione tradizionale dove la media degli indici si è attestata su un livello di
variazione superiore al 2 % rispetto al dato medio calcolato nel “centro urbano”.
152
Tab.46 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania,
secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione
Distribuzione
Centro
tradizionale
moderna
urbano
0,41
100
0,22
96
-0,08
95
0,42
100
0,28
97
0,28
99
0,22
99
0,42
100
0,41
100
0,41
100
0,27
100
0,43
100
0,91
116
0,87
105
0,72
103
1,06
111
0,64
103
0,49
98
0,51
100
0,72
102
0,56
100
0,64
100
0,51
100
0,68
100
0,56
107,3
0,45
99,9
0,49
100,0
OLII DI OLIVA (€ / litro)
Olii di oliva extra - vergine
- Dante
- San Giorgio
- Sasso
- Bertolli
Olii di oliva vergine
- Dante
- San Giorgio
- Carapelli
- Sasso
MEDIA INDICI
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
153
Tab.47 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania,
secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione tradizionale
Distribuzione moderna
Centro
urbano
OLII DI SEMI (€ / litro)
olio di semi vari
- Olita Star
0,47
100
0,43
98
0,49
100
0,32
98
0,41
100
0,39
100
0,79
103
0,46
105
0,68
100
0,35
100
0,69
100
0,32
100
- Valsoia
0,59
104
0,47
101
0,44
100
MEDIA INDICI
0,52
102,8
0,47
99,8
0,47
100,0
olio di arachidi
- Oio
olio di mais
- Cuore
- Maya
olio di soia
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
154
Nell’ultimo raggruppamento merceologico relativo ai Grassi vegetali, variazioni di
prezzo dal 1998 al 2004 sensibilmente più elevate si sono riscontrate all’interno degli
esercizi commerciali tradizionali, sia per la margarina Foglia d’oro (+ 2 %) sia per la
Vallè (+ 7 %) a differenza di quanto è accaduto nella moderna distribuzione per la quale
le variazioni sono state prossime a quelle medie del “centro urbano” (Tab. 48). La
variazione complessiva del gruppo considerato si è attestata su un valore positivo e pari
al 4,5 % nella distribuzione tradizionale ed inferiore (- 0,3 %) in quella moderna.
155
Tab.48 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania,
secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*)
Gruppi di prodotti
Distribuzione tradizionale
Distribuzione moderna
Centro
urbano
GRASSI VEGETALI(€ / 250 gr)
Margarina
- Foglia d'oro
- Vallè
MEDIA INDICI
0,36
102
0,32
107
0,34
100
0,19
99
0,33
100
0,23
100
0,34
104,5
0,27
99,7
0,28
100,0
(*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta.
156
7. Considerazioni conclusive
L’indagine effettuata inerente alla distribuzione e alla differenziazione dei prezzi dei
prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” sottoposti ad elaborazione, ha
consentito di mettere in luce non soltanto le differenziazioni dei prezzi dei suddetti beni
nell’ambito delle quattro aree nelle quali è stato suddiviso il “centro urbano” di Catania
anche in relazione alle due grandi tipologie di strutture distributive considerate
(distribuzione tradizionale e moderna), ma ha inoltre permesso di individuare, con
riferimento agli otto gruppi merceologici ed ai cinquanta prodotti, i principali fattori che
determinano la differenziazione spaziale e le differenze prodotte dalla tipologia della
struttura distributiva.
Il fenomeno città, o spazio metropolitano, analizzato sotto diversi punti di vista
(economico, sociologico, geografico, ecc.) assume un’importanza rilevante non soltanto
come elemento di differenziazione territoriale nell’ambito dell’intera regione
(osservando cioè i rapporti tra città ed aree circostanti), ma anche come struttura
diversificata al suo stesso interno, spiegando le funzioni delle singole sub-aree urbane
rispetto all’intera area. Si è, pertanto, studiato l’apporto che i modelli di funzionamento
delle strutture territoriali urbane possono fornire ai fini dell’interpretazione del processo
di differenziazione dei prezzi al consumo dei beni del settore agroalimentare in tali aree.
In pratica, il presente studio si è proposto di individuare se e quali relazioni esistono tra
ambienti della struttura urbana e i prezzi di alcuni prodotti alimentari.
L’analisi ha, altresì, evidenziato le variazioni dei prezzi susseguitesi dal 1998 al 2004
nel delicato passaggio dalla lira all’euro. L’approccio metodologico seguito è stato
soggetto ad evidenti limiti, dovuti ad un numero di rilievi non uniforme per i vari
prodotti nelle diverse aree considerate; tuttavia, le analisi sulle quattro aree e sulle due
diverse tipologie di strutture distributive considerate hanno contribuito a far emergere
indicazioni di grande interesse circa i fattori che presentano la maggiore influenza sul
livello dei prezzi al consumo consentendo e di interpretare il ruolo svolto dagli stessi.
Va sottolineato, inoltre, il riferimento temporale assai limitato, circoscritto alla seconda
metà del mese di giugno ed ai primi giorni del mese di luglio 2004; per accrescere il
grado di significatività dei risultati dell’indagine, infatti, sarebbe necessario prevedere
157
un piano di rilevazione dinamico, esteso, cioè, ad altri mesi dell’anno e ad intervalli di
tempo più ravvicinati che, certamente, sarà in grado di fornire indicazioni più puntuali.
La variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti agroalimentari oggetto della presente
analisi, è risultata nel complesso contenuta così come ci si aspettava in relazione alla
natura dei prodotti rilevati (grocery alimentare). Così come si era avuto modo di
osservare con riferimento ad altri prodotti, il grado di eterogeneità degli stessi presenta
riflessi non indifferenti sulla variabilità dei prezzi intorno al dato medio.
Con riferimento al gruppo dei beni “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali”, la
maggiore variabilità dei prezzi è stata osservata per i formaggi sia a pasta molle che a
pasta filata, per la categoria merceologica del burro e panna e per quella dei grassi
vegetali; tali aggregati, infatti, sono stati quelli che hanno fatto registrare campi di
oscillazione superiori rispetto a quelli osservati per gli altri prodotti. Ridottissime
differenziazioni nel “centro urbano” sono state registrate per alcuni prodotti, quali: latte
fresco intero, latte fresco parzialmente scremato, ecc. per i quali le ditte produttrici
arrivano quasi sempre ad imporre al distributore il prezzo finale al consumo, in
relazione a particolari politiche commerciali o strategie promozionali.
I rilievi relativi alle dieci circoscrizioni territoriali in cui è stato suddiviso il Comune di
Catania, sono state aggregate in quattro grandi aree: area “A” - centro storico nella
quale sono confluite le rilevazioni effettuate nell’ambito della I circoscrizione, area “B”quartieri residenziali che ha inglobato i rilievi effettuati nella II, III, e IV circoscrizione,
area “C” – periferia nord-occidentale i cui rilievi sono stati estesi alla V e VI
municipalità ed infine l’area “D”- periferia sud-ovest nella quale sono state effettuate le
rilevazioni relative alle municipalità VII e VIII.
Dalle elaborazioni effettuate sono emerse interessanti indicazioni che hanno permesso
di accertare l’esistenza di prezzi più o meno differenziati tra le singole aree e tra questi e
quelli medi attinenti all’intero “centro urbano”.
Nello specifico, con riferimento quindi agli otto gruppi merceologici, relativamente
ridotte, con alcune eccezioni, si sono appalesate le differenze tra le quattro aree
individuate con prezzi mediamente maggiori, rispetto alle medie cittadine, nel centro
storico (area “A”) e nei quartieri residenziali (area “B”) e stabilmente inferiori nelle due
aree periferiche della città.
158
La differenziazione dei prezzi nel “centro urbano” di Catania può essere causa di
situazioni di distorsione nei consumi, in relazione alle diverse classi di reddito della
popolazione residente nelle quattro aree individuate.
Queste situazioni si creano quando il livello dei prezzi nelle varie aree urbane non
coincide con i livelli di reddito medio dei residenti; la conseguenza è che si hanno
particolari situazioni caratterizzate da valori unitari dei beni agroalimentari superiori a
quelli medi, mentre i redditi si attestano su livelli inferiori alla media riducendo il
reddito reale dei residenti. Quasi certamente questo fenomeno non risulta largamente
diffuso in quanto, in generale, le aree contraddistinte da un livello superiore di reddito
sono quelle nelle quali si formano prezzi minori e, con molta probabilità, proprio il
livello del reddito medio dei residenti rappresenta uno dei fattori che tende a contenere
la crescita dei prezzi medi al consumo. Tali situazioni, però, possono verificarsi in
alcune circoscrizioni o parti di esse nelle quali si possono osservare prezzi superiori a
quelli medi. Altre volte, però, in un’area sufficientemente popolata e nella quale gli
abitanti hanno redditi medio-bassi, il fenomeno può essere provocato dall’assenza di
esercizi commerciali della moderna distribuzione; se questo si verifica, viene a mancare
competitività e i dettaglianti tradizionali possono permettersi di assegnare ai prodotti
standardizzati prezzi relativamente più alti di quelli che potrebbero essere assegnati nel
caso in cui, nell’area, si disponesse di una sufficiente presenza di diverse tipologie di
strutture distributive.
Nella distribuzione tradizionale ed in quella moderna sono state osservate notevoli
differenze di prezzo, così come anche in passato erano state messe in luce in diversi
lavori (D’Amico, La Via, 1998; Pellegrino, 1998); nello specifico, sono stati osservati
valori medi stabilmente superiori in corrispondenza degli esercizi commerciali
appartenenti al dettaglio tradizionale ed inferiori nei punti vendita della Grande
Distribuzione Organizzata. Nel corso dell’elaborazione è risultata facilmente intuibile
l’influenza, sul livello medio dei prezzi, indotta dalla distribuzione moderna i cui
prodotti passano dal produttore al dettagliante finale; questo fa ipotizzare che
l’approvvigionamento diretto presso le imprese produttrici insieme con la capacità
contrattuale inevitabilmente connessa agli elevati volumi di merce commercializzati
dalla stessa, consentano di avere costi approvvigionamento di gran lunga inferiori
159
rispetto a quelli degli esercizi commerciali di tipo tradizionale. Questi ultimi, infatti,
acquistano piccole quantità di merce mediante varie figure economiche intermediarie
(agenti, rappresentanti, mediatori) con la conseguenza che il prezzo che l’acquirente
paga per un certo bene aumenti notevolmente.
In complesso l’indagine effettuata, pur considerando i limiti connessi al ridotto numero
di prodotti esaminati ed alla contenuta consistenza del campione analizzato, ha fornito
utili indicazioni sulla differenziazione dei prezzi al consumo, rinvenibili nell’ambito del
territorio urbano di Catania, dipendenti sia dalla localizzazione degli esercizi
commerciali, sia dalla tipologia di struttura distributiva sia, ancora, da altri fattori (titolo
di possesso del locale,forma di approvvigionamento, posizione dell’esercizio
commerciale rispetto alle vie di comunicazione, ecc.) consentendo di analizzare il ruolo
e l’azione che gli stessi svolgono nel determinare il valore unitario finale e di esaminare
l’influenza che presentano sulle strategie dell’imprenditore commerciale.
L’indagine, poi, ha anche consentito di mettere in luce le variazioni dei prezzi avutesi
con l’introduzione dell’euro. Come termine di confronto ci si è serviti dei prezzi dei
prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” rilevati nell’anno 1998
(D’Amico, La Via, Pellegrino, 1998). Le informazioni emerse sono apparse di grande
interesse perché hanno permesso di individuare quei prodotti per i quali il cambio
monetario ha avuto più o meno evidenti ripercussioni sul prezzo sia in relazione alla
localizzazione degli esercizi commerciali sia in relazione alle due grandi tipologie di
strutture commerciali considerate. In particolare, nel corso elle elaborazioni è apparso
evidente che per i beni standardizzati le variazioni dei prezzi sono state lievi e per lo più
costanti nel corso dell’intervallo considerato, mentre le variazioni percentuali dei prezzi
di beni quali olii di oliva, di semi, ecc., si sono mantenute perfettamente in linea con
l’inflazione (variazione percentuale + 12 %).
Circa la localizzazione degli esercizi commerciali nelle quattro aree oggetto d’indagine,
è emerso che le maggiori variazioni dei prezzi dal 1998 al 2004, rispetto alle medie
cittadine, si sono registrate, anche in questo caso, nell’area “A” (centro storico) e
nell’area “B” (quartieri residenziali). Per alcuni prodotti le variazioni nell’intervallo
temporale considerato si sono attestate su valori di molto maggiori rispetto al dato
medio, mentre per altri sono state osservate variazioni negative; quest’ultima situazione
160
è ascrivibile principalmente ai beni “lattiero-caseari”, sia in ambito della distribuzione
tradizionale che della GDO 18.
Analisi precedenti condotte su un vasto gruppo di beni agroalimentari, includenti sia i
prodotti freschi sia quelli trasformati, hanno dimostrato che le variazioni più accentuate,
tra valori minimi e massimi, tra scarti ed indici sono maggiori per i prodotti freschi,
soprattutto se non standardizzati, mentre per quelli altamente standardizzati si sono
registrati, in molti casi prezzi, sostanzialmente stabili dalle imprese produttrici (La Via,
1995).
In complesso, l’indagine effettuata ha fornito utili indicazioni sulle differenziazioni dei
prezzi al consumo rinvenibili nell’ambito del territorio urbano di Catania e sulle
differenze avutesi prima e dopo l’introduzione dell’euro. Dal presente studio è emerso
che l’aumento è stato in media di 0,20 – 0,30 € per i prodotti lattiero-caseari e maggiore
(0,40- 0,50 €) per le due categorie merceologiche di olio (di oliva e di semi).
Si ritiene che per una completa analisi del fenomeno sia necessario considerare altri
intervalli di tempo in cui verranno svolte analoghe indagini, che potranno fornire
risultati di largo volume operativo circa le differenziazioni dei prezzi al consumo sia
sulle cause che la determinano sia sulle strutture distributive esistenti e sulla relativa
localizzazione, nonché sul grado di efficienza della distribuzione e sui possibili
scostamenti dagli indici usati per l’analisi dei prezzi dei beni del settore agroalimentare
nell’area urbana studiata anche alla scopo di individuare quegli interventi di politica
economica, commerciale ed urbanistica in grado di migliorare l’efficienza del mercato
non soltanto nell’area urbana di Catania, ma anche nell’ambito delle sub-aree
individuate.
In ogni caso, stime sufficientemente attendibili dalla dispersione spaziale dei prezzi
della distribuzione commerciale nell’area considerata e della loro evoluzione,
costituiscono indubbiamente un notevole elemento di conoscenza che può condurre,
mediante adatti interventi, ad impostare una corretta politica delle licenze commerciali
in grado di contenere il livello complessivo dei prezzi, al fine di potere impostare una
corretta politica che abbia l’obiettivo di frenare il livello complessivo dei prezzi ed
evitare sperequazioni a discapito delle famiglie meno abbienti che vivono in aree
caratterizzate da un livello dei redditi medio-alto. Questo potrà certamente contenere le
161
“stangate” che le famiglie italiane hanno sopportato e ancora sopportano in termini di
caduta del potere d’acquisto.
18
Anche l’Istat ha assicurato che l’inflazione dal 1999 (anno in cui fu fissato il controvalore di 1.936,27
lire per 1 euro) nel settore agroalimentare dei prodotti trasformati è aumentata di un 10 per cento per cui,
quello che allora valeva 1.000 lire, oggi dovrebbe costare 1.100 lire o, più precisamente, 0,57 euro
(Indaginemultiscopo, Istat, 2003).
162
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167
APPENDICE
SCHEDA DI RILEVAZIONE SUI PREZZI AL CONSUMO
DEI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI NEL CENTRO
URBANO DI CATANIA
(2004)
AREA:
A - Centro storico
B - Quartieri residenziali
C - Periferia Nord/Ovest
D - Periferia Sud/Ovest
ˆ
ˆ
ˆ
ˆ
QUARTIERE: ...................................................................................
UBICAZIONE DEL PUNTO VENDITA: .........................................
168
1. CARATTERI GENERALI DELL’ESERCIZIO COMMERCIALE
TIPOLOGIA DI STRUTTURA
DISTRIBUTIVA
Distribuzione tradizionale
- Macelleria
†
- Pescivendolo
†
- Rivendita ortofrutticoli †
- Generi alimentari
†
- Altro....................
†
Distribuzione moderna
- Minimercato
†
- Supermercato
†
- Altro..................
†
Altro ............................ †
IMMOBILE
(Titolo di possesso)
†
Proprietà
†
Locazione
†
Altro
AMPIEZZA DELLA SUPERFICIE DI VENDITA mq: ........
169
2. CARATTERI GENERALI DELL’IMPRESA
Anno di fondazione
†††††
Forma giuridica
†
†
†
†
†
†
Impresa individuale
Impresa familiare
Società di fatto
Società di persone
Società di capitali
Cooperativa
Numero di unità locali: .......................
% attività del titolare
(o del gestore)
nell’ambito dell’impresa
Altre attività
del titolare
L’amministrazione dell’impresa
è svolta:
†
†
†
Part-time
†
†
†
Full-time
†
Lavoratore subordinato
Pensionato
Casalinga
Altro ........................
Dal titolare (o socio titolare)
Da amministratori dipendenti
Per mezzo di consulenza esterna
170
3. IMPIEGHI DI LAVORO, CAPITALI E SERVIZI
LAVORO
Addetti subordinati, n. ................................
Addetti autonomi, n. ...................................
di cui titolari, n. .......................
e familiari dipendenti, n. ..........
CAPITALI
L’impresa è dotata di self-service?
Grado di self-service
si
no
............%
SERVIZI
L’impresa acquisisce servizi
forniti da imprese specializzate?
si
Se si, quali?
no
†
†
†
†
Contabilità
Assistenza fiscale
Assistenza legale
Altro ..................
†
†
Appartiene a una catena di supermercati
Altro ..................
Se no, perché
171
4. FORME DI APPROVVIGGIONAMENTO DEI PRODOTTI
DAL PRODUTTORE
................................%
mediante
†
†
†
DAL GROSSISTA
................................%
mediante
†
†
Società di acquisto
Altro.....................
AUTOPRODUZIONE
si
no
Rappresentante
Direttamente dal produttore
Con mezzo del produttore
5. ALTRI FATTORI CONDIZIONANTI
Presenza di un parcheggio nelle vicinanze
si
no
Possibilità di acquistare
si
no
Consegna a domicilio
si
no
Presenza di ambulanti o fiere nelle vicinanze
si
no
Altro ................................................................................................
172
6. I PREZZI AL CONSUMO DEIPRODOTTO LATTIERO-CASEARI
RILEVATI (1*)
6.1. LATTE
6.1.1. Latte a lunga conservazione
6.1.1.1. Latte intero (1 litro)
- Parmalat
- Sole
- Giglio
- SMA
- Polo
- Polenghi
- Stella
Prezzo
...........
...........
...........
...........
...........
...........
...........
...........
...........
6.1.1.2. Latte parzialmente scremato (1 litro)
- Parmalat
- Sole
- Giglio
- SMA
- Polo
- Polenghi
- Stella (bottiglie)
...........
...........
...........
...........
...........
...........
...........
6.1.1.3. Latte scremato (0,5 litri)
- Parmalat
- Sole
- Giglio
...........
...........
...........
6.1.2 Latte fresco
6.1.2.1 Latte intero
- Sole
- Zappalà
...........
...........
6.1.2.2. Latte parzialmente scremato
- Sole
- Zappalà
...........
...........
1
I prezzi sono riferiti al chilogrammo di prodotto (€/Kg), eccezion fatta per quei casi in cui il riferimento
è esplicitamente legato alla confezione.
173
6.2. YOGURT (2 x 125g.)
6.2.1. Yogurt intero
- Parmalat
- Nestlè (3 x 100g.)
- Danone
- Yomo
- SMA
- Ala
- Sole
Prezzo
...........
...........
...........
...........
...........
...........
...........
6.2.2 Yogurt magro
2.2.1 Yogurt naturale
- Parmalat
- Sole
...........
...........
2.2.2.Yogurt addizionato alla frutta
- Parmalat
- Yomo
- Danone Vitasnella
...........
...........
...........
6.2.3. Yogurt addizionati
2.3.1. Yogurt con frutta
- Parmalat
- Nestlè (3 x 100g.)
- Danone
- Yomo
- SMA
- Ala
- Fattoria scaldasole
..........
..........
..........
..........
..........
..........
..........
..........
174
2.3.3. Altri yogurt
6.3.BURRO E PANNA
6.3.1. Burro
- Sole
- Galbani
- Zappalà
- Invernizzi
- Polenghi
- Giglio
- SMA
(gr. 250)
Prezzo
........
........
........
........
........
........
........
6.3.2. Panna (gr. 200)
6.3.2.1. Panna da cucina
- Optimus
- Parmalat
- Sole
- SMA
- Ala
........
........
........
........
........
6.3.2.2. Panna per dolci (0,5 litri)
- Sole
........
6.4.FORMAGGI A PASTA MOLLE
6.4.1. Creme spalmabili (gr. 200)
-(Kraft) Dover
-( Kraft) Philadelphia
- (Galbani) Certosino
- (Locatelli) Fiorello
Prezzo
........
........
........
........
6.4.2. Creme spalmabili con fermenti lattici(gr.200)
- Belgioioso
........
6.4.3. Altri formaggi a pasta molle
- Belpaese (gr.250)
.......
175
- Camoscio d’oro (gr. 200)
6.5.FORMAGGI A PASTA FILATA
6.5.1. Mozzarella (gr. 250)
- Zappalà
- Sole
- Galbani
- Latterie riunite Ragusa
6.5.2. Scamorza
- Zappalà
- Latterie riunite Ragusa
6.5.3. Scamorza affumicata
-Zappalà
-Latterie riunite Ragusa
.......
Prezzo
.......
.......
.......
.......
.......
.......
.......
.......
6.5.4. Caciocavallo fresco
- Zappalà
- Latterie riunite Ragusa
.......
.......
6.5.5. Provola dolce
- Zappalà
- Latterie riunite Ragusa.
......
......
6.5.6. Provola affumicata
- Zappalà
- Latterie riunite Ragusa
......
......
6.5.7. Provolone dolce
- Zappalà
- Latterie riunite Ragusa
......
......
6.5.8. Altri formaggi a pasta filata
- Galbanino
- Sikanino
......
......
6.6.FORMAGGI A PASTA DURA
176
6.6.1. Parmigiano: Ferrari
6.6.2. Grana: Ferrari
6.6.3. Pecorino
6.6.4. Provolone piccante: Ferrari,
Auricchio, Zappalà
Prezzo
......
......
......
6.7.RICOTTA
6.7.1. Ricotta fresca (di pecora e di vacca)
- Zappalà
6.7.2. Ricotta salata
- Zappalà
Prezzo
.....
.....
6.8.FORMAGGI FUSI
6.8.1. Formaggini
- Galbani
- Locatelli
Prezzo
.....
.....
7. I PREZZI AL CONSUMO DEI PRODOTTI OLII E GRASSI
RILEVATI (2*)
7.1. OLIO
Prezzo
7.1.1. Olio di oliva
7.1.1.1. Olio di oliva extra-vergine (1 litro)
- Dante
- San Giorgio
- Sasso
- Bertolli
…..
......
…..
…..
7.1.1.2. Olio di oliva vergine (1 litro)
- Dante
......
2
I prezzi sono riferiti al chilogrammo di prodotto (€/litro), eccezion fatta per quei casi in cui il
riferimento è esplicitamente legato alla confezione.
177
- San Giorgio
- Carapelli
- Sasso
7.2. OLIO DI SEMI (1 litro)
7.2.1. Olio di semi vari
- Olita Star
7.2.2 Olio di arachidi
- Oio
7.2.3. Olio di mais
- Cuore
- Maya
7.2.4. Olio di soia
- Valsoia
…..
......
.......
Prezzo
…..
......
......
......
.....
7.3. GRASSI VEGETALI
Prezzo
7.1.1. Margarina
- Foglia d’oro
- Vallè
…..
......
178
INDICE DELLE FIGURE
Fig. 1 – Modello gerarchico delle aree di mercato di Christaller
10
Fig. 2 – Distribuzione degli insediamenti secondo Lösch
12
Fig. 3 – Localizzazione delle dieci municipalità in cui risulta organizzato il territorio urbano di Catania
40
Fig. 4 – Localizzazione delle aree d’indagine e dei relativi quartieri nel “centro urbano” di Catania
47
Fig. 5 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel
“centro urbano” di Catania (2004)
80
Fig. 6 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle aree individuate
nel “centro urbano” di Catania (2004)
83
Fig. 7 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi nelle aree
individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
85
Fig. 8 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai valori medi nelle
aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
87
Fig. 9 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori medi nelle
aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
89
Fig. 10 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di oliva rispetto ai valori medi nelle aree
individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
91
Fig. 11 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori medi nelle aree
individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
93
Fig. 12 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai valori medi nelle aree
individuate nel “centro urbano” di Catania (2004)
93
Fig. 13 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione
tradizionale nel “centro urbano” di Catania (2004)
98
Fig. 14 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione
moderna nel “centro urbano” di Catania (2004)
98
Fig. 15 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree
individuate nel “centro urbano” di Catania
123
Fig. 16 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle
aree individuate nel “centro urbano” di Catania
126
Fig. 17 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi
nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
129
179
Fig. 18 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai
valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
132
Fig. 19 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori
medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
135
Fig. 20 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di oliva rispetto ai valori medi
nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
138
Fig. 21 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori medi
nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
142
Fig. 22 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai valori medi
nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania
142
Fig. 23 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della
distribuzione tradizionale nel “centro urbano” di Catania (2004)
144
Fig. 24 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della
distribuzione moderna nel “centro urbano” di Catania (2004)
144
180
INDICE DELLE TABELLE
Tab. 1 – Distribuzione del campione delle imprese commerciali rilevate nel “centro urbano” di Catania
(2004)
45
Tab. 2 – Distribuzione per classi d’ampiezza delle imprese commerciali rilevate per tipologia di struttura
distributiva (2004)
56
Tab. 3 – Distribuzione delle imprese rilevate per forma giuridica e tipologia di struttura distributiva nel
“centro urbano” di Catania (2004)
57
Tab. 4 – Distribuzione delle imprese in relazione alla figura degli amministratori (2004)
57
Tab. 5 – Campi di variazione dei prodotti campionati per gruppi merceologici (2004)
60
Tab. 6 – Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari rilevati nel “centro
urbano” di Catania (2004)
61
Tab. 7 – Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari (olii e grassi vegetali) rilevati
nel “centro urbano” di Catania (2004)
61
Tab. 8 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del
Latte nel “centro urbano” di Catania (2004)
64
Tab. 9 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dello
Yogurt nel “centro urbano” di Catania (2004)
67
Tab. 10 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del
Burro e panna nel “centro urbano” di Catania (2004)
69
Tab. 11 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei
Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania (2004)
72
Tab. 12 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei
Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania (2004)
72
Tab. 13 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo
degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania (2004)
74
Tab. 14 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo
degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania (2004)
75
Tab. 15 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei
Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania (2004)
75
Tab. 16 – Prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione
degli esercizi commerciali esaminati (2004)
79
Tab. 17 – Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione
degli esercizi commerciali esaminati (2004)
82
Tab. 18 – Prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
84
181
Tab. 19 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
86
Tab. 20 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
88
Tab. 21 – Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
90
Tab. 22 – Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
92
Tab. 23 – Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo la
localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)
95
Tab. 24 – Prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di
strutture commerciali esaminate (2004)
99
Tab. 25 – Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
101
Tab. 26 – Prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
103
Tab. 27 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo le
grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
105
Tab. 28 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo le
grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
106
Tab. 29 – Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
108
Tab. 30 – Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
109
Tab. 31 – Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi
tipologie di strutture commerciali esaminate (2004)
111
Tab. 32 – La spesa delle famiglie italiane dal 2002 al 2004 (variazione %)
117
Tab. 33 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di
Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
122
Tab. 34 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di
Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
125
Tab. 35 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro
urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
128
Tab. 36 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel
“centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
131
Tab. 37 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel
“centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
134
182
Tab. 38 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano”
di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
137
Tab. 39 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano”
di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
140
Tab. 40 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro
urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati
141
Tab. 41 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di
Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
146
Tab. 42 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di
Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
147
Tab. 43 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro
urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
149
Tab. 44 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel
“centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
150
Tab. 45 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel
“centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
151
Tab. 46 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano”
di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
153
Tab. 47 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano”
di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
154
Tab. 48 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro
urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate
156
183
184