Distribuzione dei prezzi in un`area metropolitana della
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Distribuzione dei prezzi in un’area metropolitana della Sicilia ed effetti dell’introduzione dell’Euro Ricerche nell’ambito delle attività istituzionali dell’Osservatorio sul Sistema dell’Economia Agroalimentare della Sicilia (OSEAAS) Responsabile Dott.ssa Emanuela Florio Catania, Febbraio 2005 INDICE 1. Premessa……………………………………………………..5 2. Teoria economica e geografia urbana ………………...........7 2.1. I modelli economici di geografia urbana……………………….…....8 2.2. Forme di offerta, costi di produzione e differenziazione dei prezzi…………………………………………………………………….17 3. La concorrenza nel commercio…………………………….20 3.1. La concorrenza nei prezzi…………………………………………..21 3.2. La differenziazione orizzontale dei prodotti: il modello di Hotelling………………………………………………………………...24 3.3. La segmentazione della domanda e i criteri di scelta del consumatore……………………………………………………………..28 3.4. Il prezzo e le spese in pubblicità……………………………………33 4. Metodo d’indagine………………………………………….39 4.1. Le imprese rilevate …………….. ………………………………….47 4.2. La realtà urbana di Catania: il centro storico, i quartieri residenziali, la periferia nord-occidentale, la periferia sud- occidentale …………………………………………………………………………...53 5. Analisi dei principali risultati dell’indagine……………….55 5.1. Caratteri generali degli esercizi commerciali……………………...55 2 5.2. La variabilità dei prezzi nel “centro urbano” di Catania………….59 5.3. La differenziazione dei prezzi al consumo indotta dalla localizzazione dell’esercizio commerciale……………………………………………...77 5.4. La differenziazione dei prezzi al consumo indotta tipologia di struttura distribuiva……………………………………………………..96 5.5. La differenziazione dei prezzi in rapporto ad altre variabili……...112 6. Euro………………………………………………………………...114 6.1. Impatto dell’introduzione dell’euro……………………………….115 6.2. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattierocaseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione dall’esercizio commerciale: variazioni percentuali dal 1998 al 2004……………………………………………………………………120 6.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattierocaseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura distribuiva: variazioni percentuali dal 1998 al 2004………………….143 7. Considerazioni conclusive………………………………………157 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………163 APPENDICE……………………………………………..………………168 SCHEDA DI RILEVAZIONE DEI PREZZI AL CONSUMO DEI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E DEGLI OLII E GRASSI VEGETALI NEL CENTRO URBANO DI CATANIA (2004)………….168 INDICE DELLE FIGURE……………………………………………......179 3 INDICE DELLE TABELLE…………………………………………......181 4 1. Premessa L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel “centro urbano” di Catania mira all’individuazione dei fattori che influenzano la formazione dei prezzi al consumo in un’area metropolitana. Il presente lavoro, il cui intento è quello di verificare eventuali differenziazioni dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari (“lattiero– caseari” e “olii e grassi vegetali”) nel “centro urbano” catanese, ha anche lo scopo di individuare i principali fattori che determinano tali differenziazioni e studiare l’entità della variazione dei prezzi nell’ambito territoriale considerato nelle diverse aree urbane prendendo in considerazione due grandi realtà distributive (distribuzione tradizionale e distribuzione moderna). A tale fine è stata effettuata la rilevazione dei prezzi dei prodotti considerati e le variazioni al consumo dei prezzi tra il 1998 e il 2004, allo scopo di mettere in luce eventuali cambiamenti prima e dopo l’entrata in vigore della moneta unica europea. In letteratura, le analisi sulle variazioni dei prezzi al consumo vengono per lo più effettuate con riferimento al livello medio dei prezzi, di un insieme dato di beni, ed in particolare in relazione al tempo trascorso tra rilevazioni successive (D’Amico, La Via, 1998). La presente indagine, invece, tende a cogliere le variazioni e le dispersioni dei prezzi dei beni agroalimentari considerati in un ambito territoriale circoscritto quale è appunto l’area urbana di Catania. L’approccio seguito nell’impostazione della presente indagine trae spunto dalla differenziazione dei prodotti e dalla localizzazione delle imprese commerciali descritti nei modelli di geografia urbana. In particolare, partendo dal modello originale di Hotelling (1929), l’approccio metodologico della geografia urbana è stato ulteriormente sviluppato soprattutto attraverso i modelli delle località centrali di Christaller (1933) e di Lösch (1940) e, più recentemente, di Salop (1977). Il lavoro realizzato, tuttavia, non applica nessuno di tali modelli, volendo esso individuare le più esaustive interrelazioni tra i prezzi al consumo dei prodotti “lattiero– caseari” e degli “olii e grassi vegetali” e le principali variabili che intervengono nella fase di determinazione dei prezzi finali seguendo l‘idea guida che per tale area 5 d’indagine era stata tracciata in precedenti lavori (La Via, D’Amico–La Via, 1995,1998). Al fine di condurre un’analisi puntuale sulle cause che inducono la differenziazioni dei prezzi, i beni agroalimentari devono essere altamente standardizzati per riferirsi, in fase di rilevazione dei dati, sempre allo stesso prodotto e/o confezione. La rilevazione degli stessi, inoltre, nell’ambito dei diversi punti vendita delle diverse aree urbane del territorio urbano va effettuata entro un arco di tempo assai limitato per evitare, o almeno contenere, il rischio di confondere le variazioni di prezzo, ad esempio, di natura inflativa, con quelle che, invece, sono spiegate dai fenomeni propri della differenziazione. Tale fenomeno è, infatti, funzione di numerose e spesso complesse variabili che dipendono, il più delle volte, da molteplici cause. Si tratta, infatti, di un processo che nella realtà assume connotazioni diverse (in relazione al potere di mercato della singola unità di prodotto, ecc.) rivestendo notevole interesse per lo studioso, perché permette di cogliere nella sua interezza il fenomeno, per le imprese, perché possono utilizzarlo per impostare le più efficaci politiche di prezzo e per l’operatore pubblico che tende a garantire, da un lato, i consumatori, e, dall’altro, l’accesso al mercato da parte di nuove imprese. La differenziazione non deriva solo dai differenti margini applicati ai diversi prodotti dalle singole imprese della distribuzione ma anche dalla evoluzione dei prezzi al consumo dei beni succedanei o complementari, da aspetti gestionali legati all’attività dell’impresa, dalle differenti politiche di mercato delle singole unità produttive (Bonanno, 1986). Se si supponesse che il mondo della produzione e quello della distribuzione siano perfettamente concorrenziali e si considerassero omogenei i beni esaminati, non dovrebbe sussistere il fenomeno della differenziazione. Di fatto, però, anche se il bene trattato perfettamente omogeneo, quando entra nel processo distributivo, potendo essere associato ad un servizio assai differenziato per qualità e quantità, perde immediatamente il carattere di omogeneità pur rimanendo inalterate le caratteristiche intrinseche. 6 Questo passaggio dal bene al prodotto-servizio mette in luce come le imprese della distribuzione si differenziano, con riferimento ai costi di produzione del servizio, molto più rispetto a quelle della produzione. Ma la differenziazione può anche essere dovuta ad altri fattori, quali il titolo di possesso del locale, il servizio a domicilio, la presenza di parcheggio, ecc. Per tale motivo, oltre ai prezzi dei beni, l’indagine è stata estesa alla rilevazione delle sopra citate informazioni ed anche a quelle riguardanti la forma distributiva, il tipo di approvvigionamento e di gestione d’impresa, elementi questi che hanno consentito di individuare le forze fondamentali che generano variazioni nei prezzi al consumo dei prodotti. L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” nel “centro urbano” di Catania, ha offerto l’occasione per sviluppare alcune riflessioni sulle cause che generano tale fenomeno. 2. Teoria economica e geografia urbana I modelli di geografia urbana configurano l’elemento “città” come un organismo nel quale tra le attività economiche prevalenti, dal lato dell’offerta, la distribuzione commerciale è quella riguardante la distribuzione dei beni e la produzione di altri servizi volti a soddisfare la richiesta della popolazione dell’area considerata (La Rosa, 1989). L’offerta di servizi comprende l’intera gamma sia di quelli pubblici che di quelli privati, tenendo conto che tanto più grande è l’agglomerato urbano, tanto più estesa è la gamma dei servizi offerti, al fine di soddisfare le richieste dei consumatori che a diverso titolo operano nell’ambito territoriale considerato. Se si suppone che l’intera area urbana sia omogenea sia in riferimento alle caratteristiche territoriali che a quelle della popolazione residente, le diverse aree dell’agglomerato urbano sono valutate nel modello secondo l’importanza dei beni e servizi che in esse vengono offerti. Secondo tale schema, allora, le località centrali (ad esempio le periferie) offrono attività commerciali limitate a beni alimentari e quasi 7 irrilevanti risultano essere gli altri servizi pubblici e privati che in essa vi sono localizzati. Diversamente, nelle località centrali di rango più elevato sono presenti attività commerciali che offrono prodotti di qualità e di ogni genere, nonché servizi che interessano i residenti dell’intera area urbana (in esse hanno, infatti, sede uffici centrali di banche, assicurazioni, trasporti, enti pubblici). 2.1. I modelli economici di geografia urbana Dal punto di vista geografico, la città viene considerata un fatto di ordine naturale che sorge, si sviluppa, si estende, decade e talvolta muore (Cori, Carter, 1975;1984). All’interno di essa hanno luogo insediamenti urbani che si concentrano attorno a punti centrali detti “località centrali” con i relativi beni e servizi, chiamati “beni e servizi centrali” (Christaller, Lösch, 1933, 1940). Con il termine località centrale si intende un centro abitato presso il quale si approvvigiona la popolazione 1. Per servizi centrali si intendono tutte quelle attività che: - vengono esercitate in un punto prossimo al centro dell’area; - interessano tutti gli abitanti dell’area; - presuppongono che gli utenti si debbano spostare dalla loro abitazione fino al punto in cui è ubicata l’attività. Nelle più rilevanti aree urbane, oltre che la presenza del centro commerciale e finanziario principale (Central Business District) dallo spiccato connotato individuale, dominano sia il centro locale, nucleo delle attività ricreative, sociali e politiche della popolazione, sia altri accentramenti di servizi, centri minori (subcentri), i quali servono un’area più o meno vasta della città. 1 Se esiste un’area all’interno della quale sono distribuiti degli individui si dice centralità la distanza fra il punto occupato da un soggetto e un punto assunto come centro dell’area. Quindi, la centralità è una proprietà degli individui residenti nell’area; essa sarà massima per coloro i quali saranno ubicati nel centro di essa e minima per coloro che saranno posti ai confini. Il centro dell’area non è il centro geometrico, ma il punto che rende più conveniente gli spostamenti degli abitanti per accedere ai servizi centrali. 8 Tali subcentri si distribuiscono in maniera più o meno regolare all’intero dell’area urbana e concorrono ad articolarne le funzioni (Murphy, Vance, 1954). Le località centrali possono comprendere un numero variabile di unità di servizio (ad esempio la vendita di generi alimentari) dando luogo a vari centri di forza. Le località di ordine più elevato offrono più beni, hanno un maggior numero di imprese, un maggiore addensamento di popolazione, hanno un più elevato volume di affari e sono più distanziate l’una dall’altra. In esse vengono forniti beni sia di ordine inferiore che superiore, questi ultimi offerti soprattutto dai negozi specializzati per i quali il consumatore è disposto a compiere spostamenti più lunghi ma meno frequenti. Le località centrali di ordine inferiore, invece, procurano beni e servizi con maggiore frequenza e quindi comportano piccoli e continui spostamenti da parte del consumatore, oltre al fatto che tali beni sono serviti a condizioni di minor profitto da parte del venditore. La teoria delle località centrali vive concepita per spiegare la distribuzione degli insediamenti umani nello spazio. Il più importante esponente di tale teoria fu W. Christaller. L’autore si colloca tra i primi e più autorevoli studiosi della teoria della localizzazione delle città principali e della formazione dei nuclei di relazione economico-demografici che si istaurano tra i centri egemoni e quelle minori. Secondo il modello delle localizzazioni di Christaller, tra nucleo principale e città satelliti si istaura una rete di rapporti (commerciali, di vie di comunicazione, di influssi socio-culturali, ecc), che assumono forma di un esagono. Le località centrali si presentano come insediamenti che forniscono servizi alle circostanti zone di influenza commerciale, definite “aree di mercato”. L’ordinamento spaziale degli insediamenti, basato sul quantitativo e sul livello dei servizi che essi forniscono, genera una gerarchia. Come mostra la Fig. 1, le gerarchie sono spesso complesse poiché le aree di mercato (rappresentate con linee continue e spezzate) di insediamenti di ordine differente si sovrappongono. 9 Fig. 1- Modello gerarchico delle aree di mercato di Christaller Fonte: Enciclopedia Encarta 2002 Il modello gerarchico delle aree di mercato considera l’insediamento di ordine maggiore attorno al quale si distribuiscono in primo luogo gli insediamenti di ordine intermedio e poi quelli di ordine inferiore: l’ordinamento nello spazio di tali stanziamenti genera una subordinazione gerarchica. Elaborata in uno spazio territoriale in cui città e nuclei minori erano situati in un’area caratterizzata dall’omogenea distribuzione della popolazione e dalla struttura economica prettamente preindustriale, un’area altresì contraddistinta da una morfologia piuttosto uniforme, la teoria di Christaller appare oggi non più condivisibile, se non in regioni particolari. Tale teoria, infatti, è stata in seguito perfezionata da alcuni ricercatori, in particolare da August Lösch (1940), tenendo in considerazione fattori complessi, come il variare della topografia regionale. Il risultato di queste ricerche ha portato alla concezione di modelli meno regolari, come evidenzia la Fig. 2, che rappresenta un modello di distribuzione degli insediamenti secondo Lösch. Tale modello considera due principali insediamenti urbani: il centro 10 metropolitano e diversi altri centri urbani di ordine decrescente. In esso, è rappresentato un grande stanziamento urbano attorno al quale sono disposti i centri urbani di maggiore dimensione. La porzione vuota dell’esagono indica che all’interno di esso si distribuiscono, in modo più o meno uniforme, i vari insediamenti di differenti dimensioni, con l’evidente conseguenza di avere modelli meno regolari rispetto a quello originariamente proposto da Christaller. Pertanto, i fenomeni dei poli di sviluppo indotti dalla forte industrializzazione di certe zone a scapito di altre, oppure quelli derivanti, per motivi geografici, dalla maggiore o minore facilità dei flussi di traffico, la contiguità o meno ad aree economicamente forti, si sono rivelati elementi determinanti per la crescita irregolare, anche abnorme, di alcune città (dilatatesi in metropoli se non in megalopoli) sia dei centri contigui più favoriti, con la formazione attorno al nucleo egemone di successive “cinture urbanizzate” (Cori, 1984). 11 Fig. 2 – Distribuzione degli insediamenti secondo Lösch Fonte: Enciclopedia Encarta 2002 Lo studio della città come insieme dei fenomeni di urbanizzazione è, quindi, legato alle analisi originarie di Christaller (1933) e Lösch (1940). In entrambi i modelli il fenomeno “città” viene visto come esistenza di un insieme di funzioni volti a soddisfare, mediante l’offerta di beni e servizi, la relativa richiesta proveniente da una data popolazione residente 2 in un’area più o meno ampia. La città è, quindi, il luogo di elezione dell’offerta dei servizi che vede impegnati, negli scambi che in essa si svolgono, commercianti, artigiani, imprese industriali di piccole e medie dimensioni, ecc. L’analisi della città secondo Christaller e Lösch mira all’individuazione di interrelazioni esistenti tra le sub-aree della città, tali da spiegare le relative funzioni che in essa si svolgono come parti di un sistema organico. 2 Ad essere più precisi si dovrebbe parlare di popolazione presente che, come è noto, può essere sensibilmente diversa (maggiore o minore) di quella presente. 12 In un insediamento astratto, l’offerta dei servizi più comuni, cioè di quei beni richiesti quotidianamente, si disporrà in modo omogeneo e in modo che i punti di offerta, singoli o addensati, risultino equidistanti tra loro. Questo si verifica per effetto dell’omogeneità dei beni e servizi e della concorrenza. In queste aree risultano assenti i servizi più importanti, o di “rango” più elevato elemento quest’ultimo che consente di associare, con una certa probabilità, tali aree a quelle periferiche. Questa segmentazione del contesto urbano può a sua volta essere omogenea (con punti di offerta equidistanti) o dividersi, come in spesso succede in un insieme di località le cui popolazioni gravitano all’interno di esse per gli acquisti di beni e servizi i rango comune. Si giunge, così, alla formazione delle “località centrali” di ordine meno elevato, che interessano singolarmente piccole porzioni della popolazione residente nell’area urbana. Generalmente il consumatore per l’acquisto di beni di prima necessità si rivolge al centro di ordine inferiore vicino la propria abitazione, ma quando dovrà acquistare beni meno comuni si recherà in centri di servizi di ordine superiore; poi, dato che questi ultimi comprendono anche i servizi più comuni, anche gli eventuali acquisti di tali beni verranno anch’essi fatti nel centro di ordine superiore o lungo gli ambiti limitrofi ad esso. Tale fenomeno è chiamato “nodalità” e se da un lato priva i centri meno vasti di quote rilevanti di mercato, dall’altro crea le condizioni per le quali questi sorgano in posizioni tali da intralciare il flusso dei consumatori volto verso un centro di ordine superiore. In genere, l’interesse esercitato da una località centrale intraurbana sull’area circostante dipende: 1. dalla quantità di servizi; 2. dalla possibilità di completare la propria spesa effettuando un unico spostamento; 3. dalla possibilità di scegliere tra più unità dello stesso servizio. L’analisi della città, secondo lo schema delle località centrali, può essere utile per individuare quelle forze tali da spiegare il problema della differenziazione dei prezzi dei beni e servizi omogenei nell’ambito dell’area urbana, ma non sufficientemente esaustivo. 13 Se si suppone che le sole differenze tra le zone dell’area urbana siano date dai fenomeni che spiegano le gerarchie esistenti tra di esse, escludendo, quindi, elementi di diversificazione quali i consumatori, le condizioni d’offerta ed i costi dei beni, allora la domanda di un certo bene, nella zona più centrale, dipende solo dall’utilità del bene e, quindi, non dovrebbero sussistere differenze significative dei prezzi. Secondo lo schema delle località centrali, si potrebbero individuare elementi di differenziazione dei prezzi per i beni omogenei se nella struttura urbana, secondo lo schema delle località centrali, si introducono comportamenti dei consumatori non del tutto indifferenti verso il luogo di acquisto delle merci. Si può, infatti, supporre che il consumatore risolva i suoi problemi di scelta inerenti ai beni di consumo, tenendo anche conto della possibilità di acquistare le merci (omogenee) in luoghi diversi e contemporaneamente all’acquisto di merci o servizi che non sono disponibili nella zona di residenza. Al consumatore, infatti, può non risultare indifferente l’acquisto di beni nella propria zona di residenza o nella zona più centrale con la conseguenza che le zone più centrali, o comunque in posizione agevole ai flussi del consumatore, dispongono di una domanda aggiuntiva riguardante i beni e i servizi comuni, anche perché alla domanda dei residenti si aggiunge anche quella dei non residenti che spesso trovano più conveniente acquistare al di fuori della propria zona di domicilio. Supponendo che le zone centrali sono più avvantaggiate dalla presenza di una maggiore domanda di beni di consumo comune, è necessario vedere se ciò può essere causa di differenziazione dei prezzi per questi beni. Se l’offerta di tali beni avviene alle stesse condizioni (costi di produzione) che nelle zone di residenza, i prezzi possono essere più elevati nelle zone centrali, perché le funzioni di domanda presentano qualche grado di rigidità, dovuto, appunto alla convenienza del consumatore ad acquistare in essa sia i beni e servizi superiori che beni e servizi comuni. Nelle aree di maggiore centralità può, talvolta, riscontrasi un’incidenza di popolazione residente, rispetto a quella presente, molto minore che nelle aree di minore centralità. Ciò può dar luogo a una domanda di beni e servizi comuni piuttosto debole per quanto riguarda la sua componente locale (La Rosa, 1989). Poiché la domanda effettiva di tali beni influenzata anche dalla componente dovuta agli acquisti dei residenti esterni, a 14 seconda dell’entità di tali componenti può ottenersi una domanda totale proporzionata alla popolazione residente. Anche nel caso di inesistenza, nell’area centrale, di una domanda “aggiuntiva”, il livello dei prezzi dei beni in oggetto può essere maggiore rispetto a quello delle aree periferiche. Nelle aree di maggiore centralità il prezzo tende ad essere più elevato, non soltanto perché le singole imprese rilevano una domanda maggiore, quanto per il fatto che esse, a parità di costo rispetto a quelle delle aree con minore centralità, ottengono profitti supplementari dalla maggiore domanda e non possono essere eliminati dalla concorrenza, essendo difficile localizzarsi nelle aree più centrali. Questo schema è reso ancor più interessante dal fatto che nelle zone di nodalità hanno luogo molti acquisti fatti sia dai lavoratori pendolari sia da tutti coloro che si spostano verso le aree centrali, sedi dei servizi superiori, per compiere i propri acquisti; l’entità del fenomeno, quindi, si intensifica e le unità di vendita ubicate nelle zone di nodalità possono praticare prezzi ancor più elevati. In corrispondenza di beni e servizi di importanza maggiore, cresce la quota di popolazione interessata, sino a giungere a quelli che interessano l’intera popolazione. Secondo tale modello, la localizzazione di punti di offerta di tali beni e servizi avverrebbe al centro di aree man mano sempre più vaste a seconda dell’ordine di importanza del bene o servizio. Queste aree costituiscono le località centrali di ordine via via più elevato, fino a giungere a quelle di ordine massimo che abbracciano l’intera area urbana. La localizzazione si distribuirebbe nel territorio, ognuna secondo la propria area di influenza, in modo omogeneamente diffuso; si verificherebbe, cioè, la situazione secondo la quale le località centrali si dividerebbero in segmenti più lontani ed equidistanti. La teoria delle località centrali non solo è piuttosto complessa, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione delle forme e delle disposizioni delle località nell’area urbana o in una regione più vasta, ma presuppone anche l’esistenza di una struttura urbana omogenea. Nella realtà, però, sono frequenti i casi in cui questa teoria non è del tutto applicabile. Altro fenomeno degno di attenzione è la presenza di grandi ed assortite unità di vendita in zone collocate ai margini dell’area urbana fuori, cioè, dalla nodalità e dalle zone di 15 residenza. Qui, a differenza di quanto accade per le imprese localizzate nelle zone centrali o nodali le imprese devono fissare i prezzi a livelli tanto bassi da compensare, almeno, la disutilità ed i costi di trasporto sostenuti dal consumatore o offrire servizi aggiuntivi. Dal lato dell’offerta, invece, la presenza nelle zone centrali di beni e servizi di ordine superiore genera elevati livelli di scarsità delle aree destinabili a questi usi e, quindi, valori molto elevati della rendita urbana. Questi per essere sostenuti devono giustificare i prezzi per i beni e i servizi comuni i quali spesso superano, anche di molto, il maggior prezzo che il consumatore è disposto a pagare per l’acquisto nelle aree centrali di tali beni. Conseguenza immediata è quella che nessuna impresa interessata all’acquisto di questi beni potrebbe in tali condizioni localizzarsi nelle aree centrali. Con molta probabilità questi fenomeni si manifestano nelle località “nodali”. Al maggior prezzo del suolo urbano si può rimediare con livelli maggiori di efficienza; basti pensare ad un supermercato di notevoli dimensioni, il quale se si localizza in un’area centrale è perché i maggiori costi del suolo sono più che compensati dalla maggiore efficienza. È, pertanto, improbabile che nelle aree più centrali vengano localizzate unità di vendita di beni comuni essendo, invece, più probabile la localizzazione in esse di imprese che offrono merci ben differenziate. Questo ci riconduce ai modelli di città che si basano, appunto, sulle differenze di valore del suolo urbano. I modelli di geografia urbana e quelli delle località centrali possono quindi essere affiancati l’uno all’altro al fine di prendere atto dell’esistenza di tali località e associarle ai rispettivi valori dei suoli, secondo proporzionalità parallele. In questi modelli, però, non si tiene in considerazione il processo di formazione dei prezzi delle merci e le condizioni di esistenza di certi comparti di offerta di beni e servizi. Le motivazioni delle differenziazioni dei prezzi omogenei nelle varie aree urbane sono riconducibili sia ai fenomeni di anelasticità delle curve di domanda, derivanti dall’attribuzione da parte del consumatore di diversi livelli di importanza alle aree urbane, sia alle diverse condizioni di costo che, in modo rilevante, dipendono dalle caratteristiche delle aree urbane in cui le imprese commerciali sono localizzate. 16 2.2. Forme di offerta, costi di produzione e differenziazioni dei prezzi Posto che uno degli obiettivi di questo studio sia quello di analizzare la differenziazione dei prezzi dei beni appartenenti al settore agroalimentare, è interessante l’osservazione delle condizioni di produzione delle imprese. È, infatti, idea diffusa che le imprese appartenenti alla distribuzione commerciale moderna realizzino migliori condizioni di produzione/distribuzione rispetto a quelle facenti capo al dettaglio tradizionale e, quindi, sarebbero in condizioni di effettuare prezzi più bassi, in relazione alle economie di scala realizzate (La Rosa, Ruggiero, Cirelli, 1989). Le variabili che entrano in gioco per avere una visione sufficientemente organica di questo problema sono molteplici e questa non è la sede per occuparsene specificamente. Si cercherà, tuttavia, di richiamare sinteticamente i punti fondamentali della questione. In relazione all’analisi delle condizioni di produzione, occorre distinguere tra condizioni di produzione tecniche, in senso stretto, e le funzioni di costo. Mentre le prime collegano soltanto le quantità dei fattori con il servizio offerto, le seconde tengono anche conto dei relativi prezzi: prezzi delle merci acquistate, salari, contributi sociali, canoni di affitto, interessi, imposte, ecc. L’impresa della grande distribuzione, in qualità di “grande impresa”, può operare con funzioni di produzione più efficienti rispetto all’impresa di dimensioni minori o del dettaglio tradizionale incapaci di realizzare adeguate economie di scala ed introdurre una spinta alla meccanizzazione dei processi; di contro, però, la piccola impresa può vantare salari e contributi sociali minori, minori imposte nonché altri costi dovuti alla minore efficienza. In generale, gli inferiori costi per l’impresa della grande distribuzione sono dovuti: alle economie di scala relative all’approvvigionamento delle merci, alla diversificazione dell’offerta, alla minore giacenza media delle scorte, alla maggiore divisione del lavoro, alla maggiore efficienza del lavoro e dell’organizzazione interna. Alcune economie, però, sono collegate a specifici caratteri delle merci (generalmente standardizzate) e del servizio offerto (normalmente “libero”), per cui pongono condizioni effettive per differenziare i due tipi di impresa a cui corrispondono le diverse 17 funzioni di costo. A volte il dettaglio tradizionale può essere più efficiente sfruttando il ricorso a forme associative tali da aumentarne l’efficienza, mentre in altri casi il dettaglio tradizionale, meno efficiente, può essere agevolato da un’ubicazione favorevole che gli consente di sopravvivere anche a costi decisamente più elevati. Questa situazione dipende principalmente dalle condizioni favorevoli di domanda, le quali possono essere tali da sovvertire le previsioni sulla formazione del prezzo del servizio commerciale che si sarebbero potute formulare sulla base delle analisi dei costi di produzione. Ad esempio, frequente è il caso in cui le condizioni di domanda sono tali che le imprese della GDO preferiscono adattare i loro prezzi a quelli, più elevati, del dettaglio tradizionale, realizzando extraprofitti. Nell’area urbana, le imprese danno luogo ad un certo gradiente di efficienza che contribuisce a spiegare le differenziazioni dei prezzi dell’area (La Rosa, Ruggiero, Cirelli, 1989). Il livello medio dei prezzi, a sua volta, può allontanarsi da quello medio dei prezzi della regione di appartenenza o dell’intero paese, ma può anche essere l’evoluzione del livello dei prezzi a presentare differenze tra l’area ristretta e la regione più vasta. Tutti questi fenomeni possono trovare in parte giustificazione nei corrispondenti livelli di efficienza e nella loro evoluzione. L’osservazione dei prezzi deve, pertanto, camminare di pari passo con l’analisi dell’impresa commerciale e deve fornire il più gran numero possibile di informazioni utili all’identificazione dell’efficienza dell’impresa. Così, se il problema è quello della struttura dei prezzi, sono importanti le condizioni di efficienza relativa a singole o molteplici imprese; mentre se il problema è quello dei livelli dei prezzi, assumono rilievo le condizioni medie di efficienza delle aree considerate. Se nell’area osservata il livello medio dei pezzi è, ad esempio, più elevato di quello della regione o dell’intero paese, può essere che le condizioni di efficienza dell’area siano relativamente peggiori. Esistono diversi indici di efficienza della distribuzione commerciale nel suo complesso, ricavabili dalle statistiche ufficiali 3 (Giusto, La Rosa, 1984). Ma se si tratta della struttura dei prezzi in un’area relativamente ristretta come quella di una città, per quanto possa essere di dimensioni rilevanti, bisogna individuare 18 le condizioni di efficienza delle imprese all’interno dell’area, e ciò è possibile solo mediante la diretta osservazione delle imprese. Oltre agli indici di efficienza, ne esistono altri che misurano le condizioni di redditività delle imprese commerciali (valore aggiunto per addetto), che dipendono soprattutto dal volume delle vendite. Anche se si tratta di un elemento fondamentale per la conoscenza delle condizioni di produzione, è possibile effettuare valutazioni soltanto per aree sufficientemente estese dove, cioè, si dispone di dati sul valore aggiunto per il settore della distribuzione. 3 In genere, si ritiene che l’efficienza del commercio è tanto più elevata, e l’organizzazione commerciale tanto più moderna, quanto: a) maggiori sono le dimensioni medie degli esercizi (numero medio di addetti per esercizio); b) maggiore è la quota dei lavoratori dipendenti sul totale degli addetti nel commercio; c) maggiore è l’incidenza della GDO sul commercio al dettaglio in complesso; d) più elevato è il peso nel settore dell’associazionismo e della cooperazione; e) minore è l’incidenza del piccolissimo commercio sul commercio al dettaglio in complesso; f) più basso è il rapporto tra ambulantato e commercio fisso al minuto. 19 3. La concorrenza nel commercio Dagli iniziali lavori di Chamberlin (1933) e Robinson (1933) è invalso l’uso di chiamare concorrenza monopolistica o concorrenza imperfetta la concorrenza che le imprese attuano su variabili strategiche diverse dal prezzo. Il ricorso a tali forme di concorrenza ha assunto rilevanza crescente nell’organizzazione industriale dei Paesi capitalistici avanzati e, di conseguenza, negli studi teorici e applicati di economia industriale. Di esse la differenziazione del prodotto, come si vedrà in seguito, rappresenta la forma più generale e quella cui tutte le altre (come la pubblicità, o la ricerca e sviluppo) possono essere in ultima analisi ricondotte. A tal proposito, economisti industriali e aziendalisti hanno seguito strade di analisi radicalmente distinte. Gli economisti industriali hanno cominciato a studiare la differenziazione seguendo la teoria della concorrenza monopolistica di Chamberlin (1933), secondo cui la presenza di un vasto numero di imprese che producono beni differenziati comporta l’attribuzione ad esse di un certo potere monopolistico; successivamente, hanno cercato di studiare il perché in alcuni mercati le imprese tendono a differenziare i propri prodotti ed in altri ad imitarsi; infine hanno analizzato gli effetti economici della differenziazione orizzontale e verticale. Gli aziendalisti, invece, hanno esaminano le ragioni per le quali le imprese riescono a creare del valore aggiunto ai propri prodotti, rendendoli “speciali” agli occhi dei consumatori. Con la teoria della concorrenza monopolistica di Chamberlin, gli economisti hanno facilmente ipotizzato che la presenza di differenziazione potesse portare ad una maggiore elasticità della curva della domanda di una singola impresa e, quindi, ad un maggiore potere monopolistico, tanto più elevato quanto più differenziato è il prodotto. Aumentando il potere monopolistico, e dunque la possibilità di scegliere il prezzo, aumentano anche i margini (prezzo–costo marginale). Tra gli economisti è ormai opinione diffusa che l’insieme delle funzioni operative del commercio al dettaglio sia estremamente complesso. Questo deriva dal fatto che diverse variabili operative si scaricano su ciascun bene che compone l’assortimento 20 commerciale, finendo per essere oggetto di aggiustamento, spesso ripetuto e sempre in tempi molto brevi. Tali variabili, nel loro insieme, finiscono per definire il livello di efficienza dell’impresa nel processo produttivo e condizionano i prezzi dei prodotti finali commercializzati dalla stessa. In tale conteso operativo, assume importanza fondamentale la struttura e la complessità delle procedure decisionali dell’impresa; questo accade poiché una reale ricerca di maggiore efficienza, finalizzata a rendere l’impresa maggiormente competitiva, è indifferentemente cercata da tutte le unità distributive sia di tipo tradizionale che moderno (Bonanno, 1986). La conoscenza dei processi decisionali delle imprese, anche se in termini generali, è fondamentale per la conoscenza e la comprensione del comportamento degli operatori commerciali che operano nell’ambito della distribuzione al dettaglio, al fine di poterne determinare gli orientamenti nel breve, medio e lungo periodo. Pertanto, sembra quindi indispensabile illustrare i principali elementi che esercitano una specifica influenza sulle politiche di prezzo praticate dalle imprese commerciali. 3.1. La concorrenza nei prezzi L’analisi riguardante le decisioni di determinazione dei prezzi presenti nell’assortimento dell’impresa, che in alcuni casi può essere composta da più punti vendita, sono essenzialmente legate alle strategie di mercato e alla gestione di essa nel breve periodo. La concorrenza delle imprese commerciali, infatti, si basa essenzialmente sulla differenziazione dei prodotti, sulla localizzazione spaziale delle imprese commerciali, sulla diversa struttura distributiva e sui principali servizi offerti ai consumatori. Tutto ciò, confluendo, crea le “nicchie” di mercato e permette alle imprese di godere di un certo potere nei confronti della propria clientela. In genere, ogni unità distributiva desidera differenziarsi dalle altre anche se diverse condizioni di mercato ostacolano tale differenziazione. Basti pensare ai supermercati che non possono sorgere ovunque oppure è possibile il caso che ci sia scarsità tra i diversi prodotti presenti sul mercato; in questa circostanza, allora, le imprese possono tentare di differenziarsi usando vari espedienti quali, ad esempio, la pubblicità o le promozioni (Tirole, 1991). 21 In via puramente esemplificativa e ai fini di rendere maggiormente esaustiva la descrizione dei processi di differenziazione, è utile introdurre due diversi concetti di differenziazione dei beni (DP): la differenziazione orizzontale e quella verticale. I gusti eterogenei determinano differenziazione orizzontale e si basano sulla varietà del prodotto; i gusti omogenei, invece, individuano differenziazione verticale e si basano sulla qualità (Grillo, Silva, 1989). Più esaustivamente, se la differenziazione è orizzontale il bene si differenzia da un altro per una o più caratteristiche ed i consumatori hanno preferenze diverse per le varie peculiarità del bene stesso (per esempio tra le bevande la differenziazione per colore, per packaging, per gusto, ecc.). In questo caso il quadro delle scelte operate da almeno un consumatore è tale da determinare la selezione di uno qualsiasi dei prodotti presenti sul mercato. Su questa ipotesi trova fondamento l’analisi teorica che giustifica l’esistenza di prodotti differenziati anche in condizioni di uguaglianza di reddito tra i diversi consumatori presenti in un mercato. Se la differenziazione è verticale, il bene presenta una qualità superiore rispetto ad un’altra e tutti i consumatori preferiscono il bene di qualità superiore: l’accento, quindi, è posto sulla caratteristica o proprietà del prodotto, considerando che un prodotto qualitativamente superiore implica un costo di produzione ed un prezzo di vendita anch’essi superiori. Tutti i consumatori avranno lo stesso ordinamento delle preferenze rispetto ai beni offerti sul mercato, quindi l’esistenza di beni differenziati riconduce alla diversa possibilità di spesa degli stessi. Con queste premesse, quindi, si intuisce come una distribuzione disuguale del reddito determina la formazione di una domanda per i prodotti di più elevata qualità da parte dei consumatori più “ricchi” che possono permettersi di pagare prezzi più elevati per poter usufruire di beni di livello superiore . I beni del mondo reale spesso combinano sia elementi di differenziazione orizzontale che verticale. Il problema che permane è quello della determinazione “ottimale” dei prezzi, poiché occorre tenere presente che il prezzo del servizio commerciale per ogni bene è costituito dal margine relativo correlato ad ogni unità di prodotto venduto (mark up). 22 Per la singola unità distributiva, comunque, resta sempre il problema di tradurre i “margini”, ottenibili dalla differenza tra il prezzo del servizio commerciale ed il relativo costo, in prezzi per i diversi beni che compongono l’assortimento del punto vendita. A tal proposito, le possibilità operative dell’operatore commerciale sono riconducibili a due diverse modalità di comportamento. La prima riguarda la possibilità di applicare “margini” sostanzialmente uguali, indipendentemente dal tipo di bene che compone l’assortimento dell’impresa. Tale possibilità, però, è intuitivamente inefficiente sia perché la domanda di ogni bene ha elasticità diversa (dopo che il consumatore ha esplicitato la sua “scelta” decidendo di effettuare il proprio acquisto presso il punto vendita prescelto), sia perché la concorrenza alla quale deve far fronte l’operatore commerciale non è uguale per tutti i prodotti non soltanto nello spazio ma anche nel tempo. La quantità domandata dei singoli beni, inoltre, è soggetta ad ampie fluttuazioni temporali che possono essere giornaliere, settimanali, mensili, stagionali, le quali finiscono per scaricarsi sui prezzi dei beni. Ancora, data la natura variegata del servizio commerciale, è possibile che alcuni servizi elementari (consegna a domicilio, possibilità di acquisto a credito, ecc.) siano venduti separatamente oppure che il loro costo sia incluso nei margini applicativi sui beni a prescindere dall’uso o meno che il singolo consumatore fa di quel servizio (Pellegrini, 1990). Evidenti influenze sui prezzi si osservano anche in relazione alle diverse tipologie di strutture distributive che si ripercuotono non solo nello sfruttamento diversificato delle economie di scala ma anche nell’offerta di servizi aggiuntivi e diversificati. La seconda, invece, riguarda la situazione che vede le imprese, in relazione ai minori o maggiori vantaggi di costo, agire secondo modelli comportamentali volti a ridurre la trasparenza dell’offerta. L’impresa, così, deciderà se praticare prezzi minimi e costanti nel tempo rispetto al costo di produzione (distribuzione) o effettuare sistemi promozionali su alcuni prodotti. Se opterà su l’ultima decisione, l’impresa potrà avere convenienza a ridurre i “margini” sul singolo bene fino a spingersi, per alcuni prodotti che compongono l’assortimento 23 commerciale, ad aumentare i margini applicati ad alcuni degli altri prodotti della propria gamma. Spesso, però, vi è scarsa informazione del consumatore circa i prezzi prevalenti di un determinato bene sul mercato di riferimento; questo può consentire al distributore di compiere discriminazioni rispetto al singolo cliente al fine di portarlo, mediante un processo di contrattazione, a rivelare il proprio prezzo di riserva (Pellegrini, 1990). 3.2. La differenziazione orizzontale dei prodotti: il modello di Hotelling In un famoso articolo del 1929 Hotelling, ricorrendo ad una metafora spaziale, offrì una semplice ed intuitiva rappresentazione di un’industria con prodotti differenziati orizzontalmente. In questa rappresentazione, Hotelling considerò una spiaggia di lunghezza L nella quale i bagnanti sono uniformemente distribuiti e nella quale sono localizzati, ad una distanza pari, due punti di ristoro A e B e in entrambi viene venduto un solo prodotto, considerato omogeneo dal punto di vista tecnologico. In tale modello si ipotizza che ogni bagnante acquisti una e una sola unità di tale prodotto, ma bisogna che lasci il proprio posto per recarsi in A o in B e questo, sotto il sole d’agosto, è costoso. Hotelling considera che ogni bagnante valuta il costo in modo linearmente proporzionale alla distanza da compiere per raggiungere A o B, al fine di interpretare la localizzazione di un’impresa come un indicatore sintetico della specificità di ciascun prodotto. L’ordinamento delle preferenze di ogni consumatore rispetto ai vari prodotti è rappresentato (inversamente) dalla distanza che separa il consumatore da ciascuna delle due imprese. L’ipotesi di fondo del modello di Hotelling risiede nel fatto che, indipendentemente dal fatto che il bene sia acquistato nell’impresa localizzata in A o in B, ogni consumatore acquista una ed una sola quantità del bene, qualunque sia il suo prezzo. Tale ipotesi è stata rimossa da Salop (1979). Egli ha, infatti, studiato l’equilibrio di un’industria con prodotti differenziati quando si tiene conto dell’esistenza di altri beni prodotti all’esterno dell’industria; sotto tale ipotesi, allora, il consumatore ha dinnanzi a 24 sé la possibilità di scegliere di comprare il bene presso l’una o l’altra impresa o all’ esterno. Nella moderna teoria economica, il modello di Hotelling assume la struttura di un sistema in cui le imprese scelgono, in una prima fase e simultaneamente, la localizzazione ed in una seconda fase, sempre simultaneamente, il prezzo, considerando che nella scelta della localizzazione le imprese anticipano quale sarà il prezzo di equilibrio che verrà a determinarsi in corrispondenza di ogni localizzazione. Hotelling dimostrò inoltre che le due imprese avrebbero un incentivo ad allontanarsi dai punti estremi della spiaggia e a localizzarsi l’una accanto all’altra. Egli enunciò questo risultato come “principio di minima differenziazione dei prodotti”: le imprese, cioè, dovrebbero tendere, in equilibrio, a offrire prodotti standardizzati, indifferenziati dinnanzi agli occhi del consumatore. Il risultato a cui giunse Hotelling negherebbe fondamento teorico alla convinzione che le imprese trovano conveniente differenziare i propri prodotti, scegliendo ciascuna la propria nicchia di mercato, al fine di esercitare un potere monopolistico su una parte dei consumatori. Solo di recente è stato dimostrato che questa conclusione di Hotelling contiene alcune inesattezze. Nella realtà ogni impresa ha un incentivo ad allontanare la propria localizzazione da quella del rivale potendo così ottenere profitti positivi praticando un prezzo, strettamente positivo, appena inferiore al costo di trasporto che occorre sopportare per spostarsi dalla nuova localizzazione a quella dell’impresa rivale. Ancora, le localizzazioni date nel modello di Hotelling non ammettono equilibrio se le imprese sono poste a breve distanza. Se si suppone che esiste un equilibrio nella determinazione dei prezzi e nella localizzazione 4, le imprese sono costantemente indotte ad avvicinarsi reciprocamente finendo così con il raggiungere ubicazioni talmente vicine da distruggere le condizioni che garantivano l’esistenza di un equilibrio dei prezzi. Pertanto, il risultato di minima differenziazione dei prodotti viene ad essere fondato su un’argomentazione analiticamente scorretta. Le difficoltà circa la non esistenza di equilibrio quando le localizzazioni sono molto prossime, possono essere evitate se si abbandona l’ipotesi che il costo di trasporto sia linearmente proporzionale alla distanza. Considerando ciò, allora, il modello di 25 Hotelling si può modificare assumendo costi di trasporto quadratici rispetto alla distanza. Artefici di tale intuizione furono D’Aspremont, Jaskold e Thisse (1979) i quali dimostrarono che esiste sempre una soluzione di equilibrio per il gioco a localizzazioni date, per qualunque coppia di localizzazioni. In tali circostanze, l’analisi della scelta delle localizzazioni porta a risultati opposti rispetto a quelli ottenuti da Hotelling potendo ogni impresa accrescere il proprio profitto quanto più si allontana dalla localizzazione del rivale; D’Aspremont, Jaskold e Thisse (1979) giunsero, così, al risultato di “massima differenziazione dei prodotti”. Benché anche la conclusione che le imprese tendono a differenziare al massimo i propri prodotti non abbia validità generale, è stato tuttavia dimostrato che le imprese hanno sempre convenienza a differenziare i propri prodotti almeno in qualche misura. La concorrenza allora spinge le imprese a ritagliarsi proprie nicchie di mercato, differenziando orizzontalmente i propri prodotti. La tendenza delle imprese a differenziare orizzontalmente i prodotti ha importanti implicazioni; le imprese esistenti, infatti, non ottengono profitti positivi localizzandosi ad una certa distanza l’una dall’altra, un potenziale concorrente potrà avere convenienza ad entrare nell’industria scegliendo una localizzazione intermedia e sottraendo a entrambe le imprese esistenti le frange più lontane dei consumatori e lucrando anch’esso profitti positivi. 4 La non esistenza dell’equilibrio quando le localizzazioni sono sufficientemente ravvicinate è legata all’ipotesi che il costo di trasporto sia linearmente proporzionale alla distanza. Con c(x)=cx, infatti, le funzioni di domanda (e quindi le funzioni di payoff delle due imprese) non sono continue. Come nota G. Bonanno (1986): << Quando la funzione di costo è lineare, se il consumatore che abita nella stessa località in cui è situata l’impresa A è indifferente tra i due prodotti (il che richiede che il prezzi dell’impresa B sia sufficientemente inferiore a quello dell’impresa A, perché il consumatore deve pagare un costo di trasporto per recarsi dall’impresa B), allora anche tutti i consumatori che abitano nell’intervallo [0, a] saranno indifferenti tra le due imprese. Ciò implica che ad una piccola riduzione del prezzo effettuata dall’impresa B può essere associato lo spostamento di un intero blocco di consumatori dall’impresa A a quella B. 26 Se i costi medi di produzione sono costanti o crescenti, questo processo non si arresta mai; se, invece, i costi medi sono decrescenti man mano che, con l’entrata di nuovi concorrenti, si riduce il segmento di mercato di ogni impresa, si verificano due tendenze discordanti: il prezzo di equilibrio diminuisce, poiché con il ridursi della distanza tra imprese concorrenti si riduce la posizione di rendita spaziale di ciascuna impresa, ma il costo medio di produzione aumenta: la differenza tra prezzo e costo medio (cioè il profitto unitario) si riduce fino a scomparire. Quando accade ciò il processo di entrata sequenziale si arresta. La struttura di un’industria con prodotti differenziati orizzontalmente dipende dall’ampiezza delle economie di scala: quanto più queste sono ridotte, o quanto più ampia è la dimensione del mercato rispetto alla dimensione efficiente dell’impresa, tanto più grande è il numero di equilibrio delle imprese attive; e poiché ogni impresa sceglie una propria distinta localizzazione, non soltanto il numero delle imprese ma anche tutti i tipi di prodotti differenziati sono funzione crescente ed illimitata della dimensione del mercato. Occorre rilevare che questo risultato non vale più quando dal caso di differenziazione orizzontale dei prodotti si passa all’analisi del caso di differenziazione verticale. Il modello di un’industria con prodotti differenziati verticalmente, viene generalmente studiato nella letteratura mediante un gioco a tre stadi 5. Nel primo stadio le imprese decidono se entrare o meno in un’industria; nel secondo stadio determinano la qualità del bene da produrre ed, infine, nel terzo stadio scelgono i prezzi ai quali offrire i beni. In tale modello i prezzi possono essere modificati in ogni momento, mentre un cambiamento nella qualità del bene prodotto implica un impegno nell’attività di ricerca e sviluppo ed in pubblicità e la decisione deve ovviamente precedere, sia dal punto di vista temporale che logico, la scelta del bene specifico da produrre. L’ultimo stadio del gioco si riferisce alla scelta del prezzo, tenuto fisso il numero delle imprese e la qualità dei loro prodotti; in definitiva nel secondo stadio si studiano, quindi, le scelte di qualità e nel terzo l’entrata nel mercato. 5 Questo modello è stato studiato inizialmente da Jaskold e Gabszewicz (1979, 1980) e più di recente da Shaked e Sutton (1982, 1983), nell’esposizione si fa riferimento a quest’ultimo modello. 27 E’ possibile anticipare il risultato del modello affermando che pur in presenza di un qualunque numero di potenziali entranti, un’industria con prodotti differenziati verticalmente ammette, in generale e in equilibrio, solo un numero limitato, “finito”, di produttori attivi ciascuno dei quali produce un bene distinto. Il punto importante è che questa proprietà di “finitezza” del numero di imprese in una struttura industriale di equilibrio è indipendente dalla presenza e dalla rilevanza dei rendimenti crescenti nella produzione di ciascun bene, e vale quindi anche in presenza di rendimenti di scala costanti per qualsiasi livello di prodotti. In altre parole, nelle circostanze descritte, un allargamento del mercato rispetto alla dimensione ottima d’impresa non ha effetti sul numero di equilibrio, finito, delle imprese. Questo introduce una differenza fondamentale tra modelli con differenziazione orizzontale e modelli con differenziazione verticale, poiché mentre nel caso della prima tipologia di differenziazione il numero dei prodotti differenziati, e quindi delle imprese, è funzione crescente e illimitata della dimensione del mercato, nel caso di differenziazione verticale esiste un limite superiore al numero delle imprese che possono convivere in equilibrio in un’industria, per qualsiasi dimensione del mercato. Intuitivamente, la ragione che dà fondatezza alla proprietà di finitezza è che la concorrenza tra prodotti di qualità elevata fa diminuire i prezzi di questi fino ad un livello così basso che, anche se i beni di qualità inferiore fossero venduti ad un prezzo appena sufficiente a coprirne i costi medi variabili di produzione, neppure il più povero dei consumatori preferirebbe il bene di qualità inferiore al bene di qualità più elevata. Il verificarsi di tale circostanza, e quindi della proprietà di finitezza, dipende allora da due condizioni: a) che il reddito dei consumatori si distribuisca in un intervallo non troppo ampio; b) che i costi variabili crescano moderatamente quando si passa da prodotti di qualità inferiore a prodotti di qualità superiore; tale risultato emerge già quando si analizza la terza parte del gioco relativo, relativa, cioè, alla scelta del prezzo da parte delle imprese. 28 3.3. La segmentazione della domanda ed i criteri di scelta del consumatore “Segmento di mercato” è un concetto che indica un sottoinsieme distinto di clienti, omogeneo al proprio interno ma disomogeneo rispetto ai clienti di altri segmenti in cui ogni insieme può essere scelto come obiettivo di mercato da raggiungere utilizzando una particolare strategia (Valdani, 1984). Un “segmento”, invece, è definito come quell’area di consumo che presenta caratteristiche di omogeneità al proprio interno; spesso, però, viene anche inteso come un sub-mercato che, all’interno del mercato generale, presenta modalità similari nell’atteggiamento verso un certo prodotto, nel consumo o nell’acquisto (Scott, Santagostino, 1984). Si è ora dinnanzi allo stesso tipo di problema, cioè quello di individuare delle porzioni omogenee della domanda all’interno di un settore già definito. Prima di affrontare il problema delle modalità con cui individuare i segmenti di mercato, vanno fatte alcune precisazioni. E’ in teoria possibile individuare segmenti di mercato in base ad una pluralità di caratteristiche della domanda, per esempio: caratteristiche demografiche o sociologiche dei compratori o caratteristiche psicografiche. I sociologi del consumo, ad esempio, utilizzano caratteristiche di segmentazione della domanda spesso diverse da quelle utilizzate dagli economisti ma allo stesso modo utili per gli obiettivi delle loro analisi 6. Più in generale, allora, si può affermare che non esiste una sola possibile segmentazione del mercato, ma è possibile creare un numero infinito di segmentazioni (Barbarito, 1998). 6 Segmentare un segmento significa dividerlo in gruppi, categorie o segmenti composti da individui il più possibile simili perciò che concerne le modalità e le motivazioni di consumo di un bene (Fabris, 1972). 29 È quindi possibile parlare di segmento dei “single” contrapposto al segmento “famiglie” o a quello degli “anziani” nel mercato dei beni di consumo, così come del segmento “grande distribuzione” contrapposto al segmento “negozi al dettaglio”, ecc. Nelle analisi di settore nessuna di queste segmentazioni è migliore delle altre e nulla vieta di utilizzarne più di una contemporaneamente; in esse, una segmentazione che non dovrebbe mai mancare è la segmentazione per prodotti. A questo proposito gli economisti industriali hanno lasciato il terreno totalmente scoperto; dello studio delle segmentazioni di un mercato si sono, infatti, soltanto occupati gli aziendalisti e gli studiosi di strategia. Gli economisti industriali si sono invece occupati a lungo dello studio sulla differenziazione dei prodotti all’interno di uno stesso mercato, supponendo quest’ultimo sostanzialmente omogeneo al proprio interno. Più precisamente essi si sono occupati dello studio della differenziazione orizzontale (spaziale) e verticale, cercando di dare risposta a domande quali: <<perché in alcuni mercati i prodotti sono poco differenziati tra loro e in altri invece le imprese cercano una massima differenziazione tra i prodotti?>>. Il concetto di differenziazione già affrontato va tenuto distinto da quello della segmentazione, anche se i due possono tranquillamente convivere. Se i prodotti del settore costituiscono un tipo di domanda sostanzialmente omogeneo è sufficiente un’analisi della differenziazione dei prodotti. Se, invece, la domanda è eterogenea, il settore andrebbe prima segmentato e poi si procederà con l’analisi delle caratteristiche della differenziazione in ogni singolo segmento. I due tipi di linguaggio sono dunque conciliabili ed, anzi, complementari. Ma la distinzione lascia ugualmente il problema pratico di come identificare i segmenti all’interno di uno stesso mercato e di verificare se questi segmenti abbiano qualche utilità. Ci si può porre una domanda: <<il latte scremato ed il latte intero vanno considerati assieme oppure costituiscono due segmenti all’interno del mercato del latte?>>. Per rispondere a questa e ad altre domanda della stessa specie, si necessita di un criterio che consenta di identificare empiricamente i due segmenti, se questi esistono. Si può, allora, affermare, che sussistono due (o più) segmenti di mercato quando più del 50% dei consumatori di ognuno dei segmenti non prende in considerazione, al momento dell’acquisto, i prodotti di tutti gli altri segmenti. Nell’esempio precedente riferito al 30 latte, allora, se più del 50% dei consumatori di latte intero sceglie solo tra latte intero e non scremato al momento dell’acquisto e lo stesso fanno i consumatori del latte scremato (sempre in misura maggiore del 50%) che scelgono solo tra le diverse marche di latte scremato, ecco allora che si può affermare che esistono due segmenti all’interno del mercato del latte (Barbarito,1998). Il criterio sopra proposto è un criterio di verifica dell’esistenza di segmenti, basandosi su un’ipotesi di segmentazione del mercato da verificare. Rimane il problema del come formulare le ipotesi, come prospettare delle ipotesi di segmentazioni e quali tecniche utilizzare ossia quali tecniche applicare per cominciare ad individuare dei probabili segmenti all’interno del mercato. Tali tecniche partono dall’esistente e sono volte a cercare di identificare le ragioni di base della scelta del consumatore. Nell’esempio precedente del latte se riscontrassimo l’esistenza di due segmenti, significherebbe che nella scelta del prodotto un elemento condizionante la scelta del consumatore è la quantità di grasso presente nel latte intero. Il problema di individuare i criteri fondamentali della scelta di un consumatore in un mercato è un problema tipico cui i consulenti aziendali devono dare risposta, anche per cercare di comprendere le ragioni di un’eventuale flessione delle vendite di un prodotto. In questi casi le società di consulenza si rivolgono a chi fa ricerche di mercato, per un utilizzo di strumenti specifici (statistici e non) che possano servire in questi casi. Alcune delle principali tecniche utilizzate per l’identificazione dei segmenti sono: 1. I focus group; 2. Le funzioni edoniche; 3. Le conjoint analysis. 1. I Focus group La tecnica dei focus group viene principalmente impiegata per l’analisi dei beni di largo consumo e dei beni semi–durevoli. Essa consiste nel raggruppare ed intervistare un 31 ristretto numero di persone (da 5 a 12 persone alla volta) appartenenti ad una fascia sociale di potenziali clienti. Scopo della sessione è quello di capire, sia dal linguaggio esplicito che da quello non verbale degli intervistati, quali siano i “parametri “ e gli “attributi”. I parametri sono soggettivi ad esempio la facilità d’uso, il design, etc,; gli attributi sono, invece, delle caratteristiche che il prodotto acquistato deve obbligatoriamente avere e sulle quali sarà poi utile basare la segmentazione. La segmentazione, quindi, si dovrà fare sulla base dei parametri fondamentali e non sugli attributi. 2. Le funzioni edeniche Con le funzioni edeniche (o “hedonic pricing”) si stima una funzione di regressione che ha come variabile dipendente il prezzo (P) e come variabili indipendenti i valori dei criteri fondamentali della scelta (X) di ognuno dei prodotti del settore. I criteri fondamentali della scelta possono, ad esempio, essere la dimensione, la qualità del packaging, il peso, l’affidabilità, ecc. Dai valori standardizzati dei coefficienti è possibile identificare quali siano i criteri più importanti per la scelta del consumatore. La difficoltà logica di questo approccio sta nel fatto che il prezzo riflette il valore che ogni consumatore assegna al prodotto, valore che in realtà potrebbe essere ben superiore al prezzo pagato. 3. La conjoint analysis Essa è una tecnica che consente di rilevare il peso che consumatori attribuiscono ad alcuni “parametri” di un prodotto; per ognuno dei parametri, poi, il ricercatore stabilirà dei livelli quantitativi o qualitativi. L’idea di fondo è che un consumatore stimi il valore o l’utilità di un bene (o servizio) combinando le parti di valore fornite da ogni singolo parametro. 32 Nella conjoint analysis la scelta del numero iniziale dei parametri e dei livelli di ognuno di questi è molto delicata, poiché i parametri non devono essere correlati tra loro ed i livelli, per ogni parametro, devono essere verosimili ed accettabili nella creazione di un prodotto da valutare. Esistono anche altre tecniche statistiche che consentono di evidenziare dei gruppi di oggetti partendo dagli attributi reali di questi; la cluster analysis, la factor analysis e l’analisi delle componenti principali sono alcune di queste tecniche. 3.4. Il prezzo e le spese in pubblicità Il prezzo riveste un ruolo critico nell’economia e nella gestione d’impresa. Esso è, infatti, una straordinaria arma competitiva, e la sua manovra può incidere sulla posizione di mercato e sulla solidità delle relazioni con i clienti. Ogni manovra del prezzo ha un impatto immediato e diretto sui risultati economici e finanziari (Busacca, Costabile, Ancarani, 2004). Nonostante la criticità di tale variabile di marketing, l’evidenza empirica mostra come purtroppo spesso le imprese si affidino all’intuizione del management, ovvero adottino comportamenti consuetudinari o imitativi dei concorrenti di riferimento. Poche imprese adottano una politica di prezzo proattiva e dinamica, smart, una politica, cioè, che sfrutti le enormi potenzialità del pricing (Busacca, Costabile, Ancarani, 2004). Le decisioni in materia di prezzo, pertanto, sono una “cartina al tornasole” per verificare l’efficienza delle politiche di marketing delle imprese. Esse, infatti, esercitano una influenza rilevante sulle dinamiche competitive, sulle relazioni con la clientela e sulle performance economiche e finanziarie. Nonostante ciò, i modelli analitici e gestionali adottati in questo ambito presentano significativi potenziali di sviluppo. Ancora oggi, molte imprese ricorrono ad analisi parziali e poco rigorose, assumendo decisioni ingenue, e sostanzialmente poco efficaci, per il raggiungimento dei propri obiettivi (Busacca, Costabile, Ancarani, 2004). Come migliorare, dunque, strategie e politiche di pricing? La letteratura è molto ricca di metodi volti a soddisfare questo fine ed i casi di successo suggeriscono di adottare un modello tridimensionale fondato su costi, concorrenza e domanda. In genere, la dimensione del price management che appare la 33 più trascurata è senz’altro la domanda e il valore per il cliente che rappresenta senza dubbio il criterio-guida per le decisioni di prezzo, soprattutto in contesti di concorrenza crescente. E nonostante il fatto che tutte le imprese lamentino un incessante incremento della pressione competitiva, nelle decisioni di pricing un rigoroso orientamento alla domanda e al valore per il cliente è ancora poco diffuso (Busacca, Costabile, Ancarani, 2004). Il prezzo, ancora, è di estrema importanza nel fenomeno di percezione e reazione dei consumatori allo stimolo di esso Analizzando il comportamento del consumatore, infatti, emerge che il prezzo nelle percezioni degli acquirenti ha delle dimensioni “positive”: esso non è soltanto un indicatore di costo–sacrificio, quindi un elemento che inibisce l’acquisto, ma anche un elemento che ne determina l’attrattività in quanto indicatore sintetico di prestigio, qualità e affidabilità (Costabile, 1992). Inoltre, dalle limitazioni alla razionalità assoluta dei consumatori possono conseguire strategie di risposta al prezzo di vendita, indipendenti dalla valutazione oggettiva degli attributi del prodotto (questo anche perché processare informazioni sulla qualità è molto più complesso e costoso che processare informazioni sul prezzo). L’intenzione di acquisto è motivata dalla percezione del valore e, volendo comprendere cosa influisca su tale percezione, è necessario analizzare alcuni elementi critici del rapporto fra prezzo e consumatore che sono: 1. il significato multidimensionale del prezzo e il suo impatto nella struttura cognitiva del consumatore; 2. le modalità di codifica e memorizzazione del prezzo; 3. le modalità di “riutilizzo” nei processi di valutazione complessi (prezzo di riferimento e struttura delle aspettative). Uno dei principali obiettivi degli studi sul comportamento del consumatore è descrivere, spiegare e prevedere le reazioni del consumatore agli stimoli di marketing delle imprese. Dall’analisi del comportamento del consumatore in risposta allo stimolo prezzo, emerge una natura multidimensionale la cui comprensione è fondamentale affinché le imprese possano prevedere le reazioni dei consumatori e definire politiche di prezzo ottimali. 34 Nella loro attività molte imprese decidono di incorrere in spese di pubblicità, decisione connessa con il processo di differenziazione dei prodotti. Intuitivamente, un’impresa che ritenga conveniente differenziare il proprio prodotto da quello delle altre imprese della stessa industria, avrà convenienza a che i consumatori ne siano adeguatamente informati mediante il potente canale della pubblicità e, per perseguire questo fine, essa sarà disposta a sostenerne i relativi costi. Tuttavia, in molte circostanze la pubblicità dei prodotti è non soltanto una necessaria conseguenza di una politica di differenziazione, ma coincide con essa: è il messaggio lanciato dalla pubblicità che rende differenti, dinnanzi agli occhi del consumatore, due beni altrimenti identici tra di loro. Circa la modalità con cui questo avvenga è qualcosa che sfugge all’apparato analitico dell’economista. Gli aspetti psicologici e sociologici, che rivestono un ruolo preminente nella spiegazione degli effetti della pubblicità, mal si prestano ad essere colti attraverso le ipotesi classiche della teoria economica ed, in particolare, attraverso le supposizioni della teoria del comportamento razionale del consumatore. Probabilmente questa è la ragione che sta alla base dell’approccio dicotomico con cui la letteratura economica affronta il tema delle spese in pubblicità delle imprese. Da un lato vi è il punto di vista “benevolo” che preme sui meriti informativi della pubblicità, dall’altro lato, il punto di vista “contrario” ne sottolinea, invece, le implicazioni anticoncorrenziali e mette in evidenza l’agire sia come barriere all’entrata sia come meccanismo di sostegno della collusione. Un’ampia classe di modelli economici sostiene l’importanza della pubblicità in quanto ricca di contenuti informativi rilevanti che può variare dall’informazione sulla semplice esistenza del bene all’informazione più dettagliata su luoghi di vendita, prezzo e altre condizioni di vendita. Quando si affronta il contenuto informativo della pubblicità, è utile partire dalla distinzione introdotta da Nelson (1970) tra search goods (ossia quei beni la cui qualità può essere conosciuta da un consumatore prima dell’acquisto) ed experience goods (beni la cui qualità può essere conosciuta da un consumatore solo dopo che esso è stato acquistato e, almeno in parte, consumato). Nel caso di un search good, supponendo che un consumatore non sia pienamente informato su tutti i beni prodotti, la pubblicità consente di coprire un vuoto informativo e svolge un ruolo meritevole dal punto di vista dell’efficienza sociale. Ciò che la 35 trasmissione di un messaggio pubblicitario rende in altri termini possibile è uno scambio. Che altrimenti avrebbe potuto non compiersi, tra due soggetti economici. In letteratura, vivono due termini riferiti alla pubblicità di un search goods: a) se la concorrenza tra le imprese, attraverso spese di pubblicità, rallenti o acceleri il processo che fa convergere a zero i profitti; b) se l’ammontare delle risorse spese in pubblicità sia ottimo dal punto di vista sociale. Con riferimento al punto a), Schmalensee (1986) dimostra che, in molte circostanze, l’eliminazione degli extraprofitti può essere più rapida se le imprese si fanno concorrenza in pubblicità, piuttosto che attraverso riduzioni concorrenziali dei prezzi 7. Con riferimento al punto b), nell’ambito di un modello particolare (nel quale si assume che non vi sia interazione strategica tra le imprese, e che solo queste ultime possano compiere azioni in grado di accrescere l’informazione dei consumatori) esiste un noto risultato di Butters (1977), che dimostra che la quantità di risorse spese in pubblicità è ottima dal punto di vista sociale. Questo risultato tuttavia non si estende al caso generale (Grossman, Shapiro, 1984), nel quale la quantità di risorse spese in pubblicità può apparire sia eccessiva, che insufficiente, dal punto di vista del benessere sociale. Essa sarà, in prima approssimazione, eccessiva se, nell’equilibrio oligopolistico, prevale un effetto di esternalità (che fa si che ogni impresa, nel determinare al margine la propria spesa in pubblicità, consideri il guadagno che essa ottiene dal sottrarre un cliente ad un rivale, ma non la perdita sopportata da quest’ultima); essa sarà, invece, insufficiente se la pressione concorrenziale è molto intensa e, a causa di ciò, le imprese anticipano una rapida eliminazione degli extraprofitti. 7 Intuitivamente, questo risultato è legato alla condizione che l’elasticità delle quote di mercato delle imprese rispetto a differenze nelle spese in pubblicità sia maggiore dell’elasticità delle quote di mercato rispetto a differenze nei prezzi. 36 Passando al caso degli experience goods, la rilevanza sociale delle spese in pubblicità, anche in questa circostanza, è stata sostenuta da Nelson (1974) che ne ha messo in evidenza la proprietà di “segnale”: nel caso di un experience goods un consumatore tenderà a riacquistare, a parità di prezzo, un bene di qualità più alta piuttosto che un bene di qualità inferiore. Anticipando ciò, le imprese che producono il bene di qualità più elevata saranno incentivate a destinare maggiori risorse in pubblicità rispetto alle imprese che producono il bene di qualità inferiore; questo perché uno stesso messaggio pubblicitario indurrà un numero di acquisti maggiore, nel tempo, del bene di qualità più alta. Il punto di vista “contrario” considera essenzialmente la pubblicità come un meccanismo che riduce le condizioni di concorrenza dell’industria poiché accresce in modo artificioso la differenziazione dei prodotti (rende, cioè, più rigide le curve di domanda dei beni) generando, così, barriere all’entrata L’idea che l’informazione incompleta dei prodotti da parte dei consumatori possa agire come barriera all’entrata per i nuovi produttori, in quanto i consumatori tenderanno ad essere “fedeli” ai beni che già conoscono ed hanno utilizzato, è uno degli argomenti classici della teoria delle barriere all’entrata di Bain (1956). Schmalensee (1982), che ha dato una dimostrazione formale dell’originaria intuizione di Bain, ha messo in evidenza, tuttavia, che essa è fondata non soltanto sull’investimento che l’impresa compie in pubblicità, quanto sull’investimento effettuato dal consumatore nella ricerca del bene. Ovviamente, la pubblicità di un’impresa può influenzare il percorso di ricerca del consumatore, ma si tratterebbe di effetti indiretti, non diretti. Alcune recenti analisi di teoria della struttura industriale recuperano le conclusioni del punto di vista “contrario”, concentrando l’attenzione sulle proprietà di costo fisso non recuperabile che caratterizza le spese in pubblicità. Questa è in particolare la tesi di Sutton (1989), secondo cui le spese in pubblicità giocano un ruolo interpretativo cruciale nel modello di differenziazione verticale. E’ stata già esposta la proprietà di finitezza in cui un’industria, nella quale vengono prodotti beni differenziati verticalmente, tende ad essere “naturalmente” concentrata quando le differenze di qualità tra due prodotti si riflettono prevalentemente in differenze nei costi misti, ma 37 non nei costi variabili, delle imprese. Sutton (1989) sostiene che le spese in pubblicità rappresentano il principale strumento con cui le imprese possono differenziare verticalmente i propri prodotti attraverso un incremento dei costi fissi senza indurre variazioni rilevanti nei costi marginali; per tale ragione tali spese si rivelano un importante fattore di governo della struttura di un’industria. 38 4. Metodo d’indagine L’indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” nel “centro urbano” di Catania è stata condotta su un campione di imprese commerciali particolarmente ampio, al fine di ottenere una rappresentazione della realtà distributiva al dettaglio il più possibile rappresentativa della realtà esistente nel territorio oggetto di studio. Con riferimento alle tipologie di imprese distributive, le rilevazioni hanno riguardato quelle maggiormente significative nell’ambito del territorio urbano di Catania. I punti vendita rilevati, infatti, sono stati prescelti tra gli esercizi commerciali al dettaglio di tipo tradizionale ed i supermercati 8 (GDO). Tale scelta è stata effettuata dopo aver effettuato alcuni rilievi di carattere preliminare, dai quali è emerso che la distribuzione di tipo tradizionale resta ancora oggi, nel territorio comunale di Catania, la forma distributiva dominante seguita dalla GDO. Tra le altre forme distributive presenti nel territorio cittadino sono da ricordare l’ambulantato, i discount, ecc. che, però, non essendo presenti in maniera evidente nell’ambito territoriale non sono stati presi in considerazione nel corso della presente indagine. I discount sono stati esclusi dalla presente indagine poiché il prezzo di vendita dei prodotti in tali strutture distributive, tende al prezzo all’ingrosso con la conseguenza di rendere impossibili i confronti con i prezzi dei prodotti commercializzati dalle altre tipologie distributive. Le rilevazioni sono state effettuate nelle dieci circoscrizioni amministrative in cui è ripartito l’intero territorio comunale di Catania (Fig. 3). 8 Per dettaglio tradizionale, nel corso della presente indagine, si è fatto riferimento a quegli esercizi di piccola dimensione sia specializzati che generici la cui peculiarità risiede nell’assistenza al consumatore da parte del venditore durante le fasi di acquisto dei prodotti oggetto d’indagine. Come supermercati, invece, sono stati considerate quelle strutture di dimensioni superiori ai 400 mq, contraddistinte da un alto grado di self-service, da reparti con vendita assistita, da un vasto assortimento di prodotti, in particolare preconfezionati, in cui talvolta sono presenti articoli vari (casalinghi, elettrodomestici, abbigliamento, ecc.) oltre ai prodotti agroalimentari. 39 Fig. 3 – Localizzazione delle dieci municipalità in cui risulta organizzato il territorio urbano di Catania Fonte: www.katane.it Quanto alla tecnica di campionamento utilizzata per la rilevazione degli esercizi commerciali si è fatto riferimento a precedenti indagini effettuate nello stesso ambito territoriale 9. Come mostra la Fig. 4, si sono distinte quattro aree: area “A” - Centro storico, area “B” - Quartieri residenziali, area “C”- periferia nord–occidentale ed area “D”- periferia sudoccidentale. 9 La Via (1995), Indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel centro urbano di Catania, CERSSAM, Catania; D’Amico, La Via (1998): La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari nel centro urbano di Catania. Nei suddetti lavori il territorio urbano di Catania era stato suddiviso in virtù della L.R. n. 84 dell’11 dicembre 1976 che vedeva il distretto organizzato in 17 circoscrizioni. Nel presente lavoro, invece, si è fatto riferimento ad una più recente L.R. che fraziona il territorio urbano di Catania in 10 municipalità. 40 Nell’ambito dell’area “A” sono confluiti i rilievi effettuati nell’ambito della I municipalità, nell’area “B” sono stati inglobati i rilievi relativi alla II, III e IV circoscrizione, nell’area “C”, sono stati inseriti i quartieri V e VI e nella periferia sudoccidentale, area “D”, le rimanenti circoscrizioni (VII e VIII). 4.1. Le imprese rilevate Sono state rilevate complessivamente 90 imprese, uniformemente ripartite nelle otto circoscrizioni che in fase di elaborazione sono state ridotte a 80 per varie ragioni 10; esse appartengono alla distribuzione tradizionale ed a quella moderna, rispettivamente, per il 55 % ed il 45 %. Al fine di ridurre al minimo le variazioni dei prezzi indotte da aumenti dei listini effettuati dalle imprese produttrici dei singoli beni, le rilevazioni sono state effettuate in un breve arco temporale (10 giorni) dal 28 giugno 2004 all’8 luglio 2004. I prodotti per i quali è stata eseguita la rilevazione dei prezzi presso gli esercizi commerciali, sono stati selezionati a seguito di una preliminare indagine volta ad individuare marche e prodotti commerciali maggiormente diffusi nel “centro urbano” di Catania e più facilmente reperibili nelle varie strutture distributive. In complesso sono stati presi in considerazione 50 beni appartenenti alle seguenti categorie merceologiche: “lattiero-caseari” (35) e “olii e grassi vegetali” (15). Si è operata una tale scelta perché diversi esercizi commerciali erano sprovvisti di alcuni beni agroalimentari previsti nell’obiettivo dell’indagine ed anche perché i dati su cui è stata eseguita l’analisi delle variazioni di prezzo, indotte dall’introduzione dell’euro, erano disponibili solo per le suddette tipologie di prodotti. 10 Ridurre il numero di imprese considerate da 90 a 80 è stato necessario sia per la scarsa attendibilità dei dati raccolti in alcuni esercizi commerciali (7 casi) sia per la mancata collaborazione di alcuni titolari/gestori delle imprese campionate (3 casi). 41 Il ricorso a specifiche marche e confezioni ha semplificato il lavoro di rilevazione dei prezzi dei prodotti trasformati e ha contribuito a ridurre “artificialmente” il grado di variabilità dei prezzi al consumo per tali prodotti, anche in virtù della presenza di molte marche e sottomarche e di diversi tipi di confezione. In generale, la rilevazione dei prezzi relativa a tali prodotti di marca non ha comportato difficoltà particolari, se non quelle connesse, in pochi esercizi commerciali, alla presenza di confezioni di formato diverso da quello indicato nella scheda di rilevazione. Nel presente lavoro è stata effettuata una rilevazione diretta, utilizzando una schedaquestionario, riportata in appendice, predisposta ad hoc. Prima di procedere alla somministrazione del questionario, è stata effettuata una verifica preliminare; lo si è distribuito, cioè, ad un campione di imprese molto ridotto rispetto a quello di cui poi ci si è servito per la ricerca (indagine pilota), ma rappresentativo di tutti gli strati del collettivo statistico oggetto di rilevazione. La verifica è risultata positiva anche se è stato necessario apportare qualche modifica suggerita dall’indagine pilota; il questionario, a quel punto, è stato definitivo. Mediante la scheda-questionario è stato possibile ottenere informazioni inerenti all’ubicazione dei punti vendita nell’ambito delle singole circoscrizioni, alle caratteristiche giuridiche e all’organizzazione amministrativa dell’esercizio commerciale, alle risorse impegnate nell’attività (lavoro, capitali, ecc.) e le forme di approvvigionamento dei prodotti oggetto di analisi. In essa, inoltre, sono presi in considerazione altri fattori condizionanti che possono orientare il consumatore nella scelta della struttura distributiva al dettaglio nella quale fare i propri acquisti (presenza di parcheggio, effettuazione della consegna a domicilio, ecc.) In particolare, le prime sezioni (dalla 1. alla 5.) hanno riguardato i caratteri generali degli esercizi commerciali e altri fattori condizionanti; le altre (dalla 6. alla 7.), invece, l’acquisizione dei prezzi medi unitari. Per ciascuno di essi sono stati indicati, in ciascuna tipologia, il marchio commerciale ed il peso della confezione. I beni sono stati classificati in otto gruppi merceologici omogenei, e precisamente: 42 Lattiero-caseari: Olii e grassi vegetali: Latte Olii di oliva Yogurt Olii di semi Burro e panna Grassi vegetali Formaggi a pasta molle Formaggi a pasta filata All’interno del primo gruppo (Latte) sono stati presi in considerazione i prezzi relativi a dodici tipologie di prodotto; sono stati rilevati i prezzi del latte U.H.T. intero e parzialmente scremato delle imprese produttrici Parmalat, Sole e Polenghi mentre in merito al latte fresco solo i prezzi dei marchi Sole e Zappalà. Nel gruppo merceologico del latte U.H.T. parzialmente scremato sono stati altresì campionate due marche di latte (Parmalat e Sole) nella confezione da 0,5 litri. Nel gruppo merceologico degli Yogurt ne sono stati inseriti quattro varietà: quelli interi naturali, interi addizionati alla frutta, magri naturali e magri addizionati alla frutta. Del primo insieme sono stati campionati i prezzi di due marche, Parmalat e Sole; nel secondo sottogruppo sono stati presi in considerazione i prezzi degli yogurt addizionati alla frutta Parmalat, Danone e Yomo; nel terzo due sole marche, Parmalat e Yomo e nell’ultimo sono stati rilevati i prezzi di tre yogurt magri addizionati alla frutta, Parmalat, Yomo e Danone Vitasnella. Con riferimento al terzo gruppo merceologico, Burro e panna, sono state considerate tre voci per ciascuno riferite, come sempre, a specifiche marche commerciali più frequentemente reperibili. All’interno di questo gruppo è stata inserita la panna sia da cucina, nella confezione da 200 ml, sia quella per dolci (da 500 ml) in quanto prodotti ricavati dall’affioramento del grasso del latte. Nell’ambito del quarto gruppo, Formaggi a pasta molle, sono stati rilevati i prezzi relativi a tre prodotti: le creme Philadelphia e Certosino e le sottilette Galbani, le prime nella confezione da 200 grammi e le sottilette nella confezione che ne comprende otto pezzi. Tra i formaggi a pasta filata sono state prese in considerazione tre marche di 43 mozzarelle distribuite dalle case produttrici: Sole, Galbani e Zappalà facendo riferimento alla confezione da 125 grammi; in questa categoria merceologica è stato inserito il Galbanino di 300 grammi di peso. Gli Olii di oliva appartengono al sesto gruppo merceologico. In questa categoria sono stati rilevati i prezzi relativi a quattro diverse marche di olii di oliva extra-vergine (Dante, San Giorgio, Sasso e Bertolli) ed analogo numero tra gli olii di oliva vergine (Dante, San Giorgio, Sasso e Carapelli). Per quanto riguarda gli Olii di semi, sono stati rilevati i prezzi degli olii di semi vari, di arachidi, di mais e di soia. Per tutti i suddetti sottogruppi è stata presa in considerazione una sola marca, tranne per l’olio di mais per il quale la rilevazione dei prezzi al consumo è stata effettuata su due marche (Cuore e Maya). Tra i Grassi vegetali, ad essere sottoposte ad analisi sono state le due marche di margarina maggiormente commercializzate, Foglia d’oro e Vallè. Su tali aree, come si vedrà nell’analisi dei principali risultati dell’indagine, è stata quantizzata la differenziazione dei prezzi al consumo indotta dalla localizzazione dell’esercizio commerciale che è servita a mettere in luce in ognuna delle quattro zone, le differenze percentuali di ognuno dei beni appartenenti alle otto categorie merceologiche considerate. Dalla Tab. 1 emerge che delle 80 imprese del campione finale, 26 ricadono nella periferia nord-occidentale (Area “C”), 19 nel Centro storico (Area “A”), 18 nei Quartieri residenziali (Area“B”) e 17 nella Periferia sud-occidentale (Area “D”). Dalla Tabella emerge poi che oggetto di esame sono stati, nelle aree “A” e “B”, 10 esercizi commerciali di tipo tradizionale e, nell’ordine, 9 e 8 facenti capo alla distribuzione moderna; nelle due periferie, nord-ovest e sud-ovest, invece, ad essere sottoposti ad elaborazione sono state 15 e 9 imprese del primo tipo (distribuzione tradizionale) e 11 e 8 del secondo (GDO). 44 TAB.1 - Distribuzione del campione delle imprese commerciali rilevate nel "centro urbano" di Catania (2004) (*) Indicazioni Dettaglio tradizionale % N. Distribuzione moderna % N. Totale % N. Centro storico "A" 10 22,7 9 25,0 19 23,7 Quartieri residenziali "B" 10 22,7 8 22,2 18 22,5 Periferia Nord-Ovest "C" 15 34,1 11 30,6 26 32,5 Periferia Sud-Ovest "D" 9 20,5 8 22,2 17 21,3 44 100,0 36 100,0 80 100,0 Centro urbano di Catania (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Nella prima parte del lavoro i dati rilevati sono stati opportunamente aggregati al fine di individuare la variabilità dei prezzi osservati rispetto al dato medio dei singoli prodotti, le differenze di prezzo esistenti nelle quattro aree individuate sia, ancora, gli effetti della tipologia distributiva sul livello degli stessi prezzi. Per la valutazione della dispersione dei dati intorno al valor medio si è provveduto a calcolare un indice in grado di misurare la variabilità complessiva dei prezzi e capace di fornire indicazioni aggiuntive rispetto a quelle ricavabili dai valori minimi, massimi, modali e medi osservati. Il metodo di elaborazione11 ha consentito di individuare le principali differenziazioni esistenti a livello territoriale e tra le diverse tipolologie di imprese commerciali. Considerata la molteplicità delle variabili che influenzano il livello medio dei prezzi all’interno delle strutture distributive, sia di tipo tradizionale che moderno, e non essendo possibile verificare le differenze esistenti solo sulla base della tipologia e della localizzazione dei punti vendita, sono state ricercate le relazioni esistenti tra le altre variabili che entrano in gioco nella formazione dei prezzi allo scopo di determinare il “peso” esercitato da ognuna di esse nella determinazione delle differenze osservate. 11 Il metodo di elaborazione non ha fornito indicazioni sugli scostamenti dei dati osservati rispetto ai dati medi del “centro urbano”, in quanto non si disponeva di un uguale numero di osservazioni per le due tipologie di strutture distributive e per le diverse aree 45 Circa la disponibilità dei soggetti intervistati per la realizzazione della rilevazione dei prezzi, si fa presente che alcuni dettaglianti tradizionali hanno manifestato contrarietà e diffidenza mentre tutti i gestori e/o dipendenti dei punti vendita appartenenti alla distribuzione moderna si sono mostrati molto disponibili alla collaborazione. 46 Fig. 4- - Localizzazione delle aree d’indagine e dei relativi quartieri nel “centro urbano” Catania Fonte: La Via (1995), Indagine sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel centro urbano di Catania ,CERSSAM, Catania. 47 4.2. La realtà urbana di Catania Il centro storico E’ questa la municipalità più popolosa, con oltre 10.000 abitanti, del “centro urbano” catanese. Tale contesto territoriale non risulta interessato da fenomeni di alterazione della consistenza dei residenti attestati nel censimento del 2001 pari 51.571 unità (*). La parte di tessuto urbano che costituisce la prima municipalità contiene gli spazi pubblici e gli edifici più significativi non soltanto dal punto di vista architettonico ma anche da quello economico: il primato in tale ambito territoriale spetta all’attività commerciale. Lungo le vie della prima municipalità si è andata radicando un’attività commerciale all’ingrosso che nella sua espansione ha occupato spazi sempre più ampi. A partire dagli anni Settanta, nel tratto compreso tra la Piazza Stesicoro e il Corso Sicilia (la nuova arteria nata in seguito al rinnovo del quartiere San Berillo), si sono andate disponendo le sedi principali di banche, imprese assicurative, immobiliari e finanziarie, nonché studi professionali. Al di là dei rettifili, comunque, permane tutt’oggi, il grave degrado delle maglie interne dei quartieri Cappuccini–Antico Corso, Civita-Angeli Custodi, San Cristoforo, che nel complesso accolgono oltre il 20 % della popolazione comunale. In particolare, la vocazione che prevale nel quartiere Cappuccini–Antico Corso è di tipo commerciale, mentre negli altri due quartieri, Civita–Angeli Custodi e San Cristoforo, eccellono le attività artigianali. Relativamente alla natura giuridica delle imprese, si registra una prevalenza delle ditte industriali e delle società semplici; modesta è, invece, la presenza di società di fatto e scarse sono le società a responsabilità limitata e le cooperative. Risultano totalmente assenti le società per azioni. (*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania. 48 Si tratta, in prevalenza, di imprese di piccole dimensioni, a valenza prevalentemente artigianale, a conduzione familiare e poco differenziate in termini di gamma di prodotti. Elemento caratterizzante del contesto produttivo di questi quartieri è la forte dipendenza del fatturato da un solo tipo di prodotto o servizio, che dipende dalla bassa diversificazione delle attività delle imprese. In termini strategici questo si traduce in un ampliarsi del rischio d’impresa causata dal mutare di variabili riferite al prodotto–servizio (mutamenti nella domanda, ecc.) e da una specializzazione produttiva e culturale che aumenta la rigidità nei confronti del cambiamento, ove necessario. Infatti, quando tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, la provincia di Catania è stata interessata da una forte recessione economica (tant’è che si posizionò tra le province Italiane più povere, in graduatoria 82° posto) (R. D’Amico, 2002), sono state spazzate via imprese di piccolissime e piccole dimensioni con prevalente apporto lavorativo del nucleo familiare e la collaborazione di pochi addetti. Per questa area della città, per il futuro, si pongono alcuni problemi: primo tra tutti la permanenza dell’antica divisione tra “città egemonica” e “città subalterna”, tra i quartieri rappresentativi e quelli popolari, cui spesso non si riconosce alcun valore e che non vengono resi oggetto di interventi di riqualificazione (che per questo motivo si degradano sempre di più). Le sfide future riguardano un aumento delle capacità delle piccole imprese dell’area, far fronte alla concorrenza locale nazionale, promuovere nuove attività imprenditoriali e l’attuazione di interventi in materia di sviluppo locale che certamente potranno contribuire alla crescita socio–economica dei quartieri. Quartieri residenziali La II municipalità fra le dieci occupa il 2° posto in graduatoria per il numero di residenti (50.106) (*). Il decremento registratosi nel periodo compreso tra il 1991 al 2001 si attesta su un valore pari a – 662 unità (R. D’Amico, 2002). Il territorio della seconda circoscrizione è occupato da quartieri e da zone profondamente diverse tra loro dal punto di vista strutturale, economico e sociale e la 49 distribuzione delle attività economiche in questa circoscrizione segnala la presenza di aree eterogenee. Larga è l’incidenza di esercizi commerciali finanziari e del terziario con il risultato che, tra le varie municipalità, questa occupa il 3° posto per numero di unità economiche presenti sul numero delle società di capitali, queste ultime predominanti su qualunque altra tipologia giuridica d’impresa. Lungo le arterie principali (Corso Italia, Via G. Leopardi, V.le V. Veneto) e nelle più larghe vie di raccordo, si concentra un gran numero di attività commerciali, studi professionali, supermercati, ecc,. mentre nelle arterie secondarie si distribuiscono una miriade di altri negozi e di attività economiche. Allontanandosi dalle suddette vie e addentrandosi nel quartiere di Picanello, il contesto economico appare profondamente diverso per l’esistenza di esercizi commerciali ed attività economiche di più basso profilo; qui merci e prodotti di media qualità vengono offerti a prezzi più contenuti, connesso al più basso reddito dei suoi abitanti. Per migliorare la situazione della II municipalità occorre abbandonare una volta per tutte l’idea di affidare alla crescita quantitativa la crescita globale di questo quartiere, mirando alla ricomposizione di quel paesaggio urbano dentro il quale possono trovarsi ancora oggi i caratteri di una residenzialità non omologata, fortemente identitaria, di qualità. La terza municipalità quella in cui si registra il più basso numero di popolazione residente (decremento pari a – 2.899 unità) (*). Nonostante l’esiguo numero di abitanti, nella III municipalità hanno sede importanti risorse economiche del Comune. Nell’ambito dell’area che gravita intorno al palazzo del Tribunale, dalla Via Cilestri alla Via Oberdan e dalla Via G. D’Annunzio alla Via Umberto, si concentra un elevatissimo numero di esercizi commerciali tanto da farla ritenere una delle meglio servite della città. (*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania. 50 La rifunzionalizzazione dell’intera area può costituire una delle operazioni più interessanti e impegnative volte al miglioramento della qualità urbana e della competitività basata su funzioni rare e pregiate. La IV municipalità è una tra le meno popolate della città con i suoi 21.255 abitanti (decremento al 1991 al 2001 pari a – 664 unità) (*). Nell’ambito economico essa si posiziona solo al 4° posto in graduatoria seguita, se pur con deciso distacco, dalla defraudante V municipalità, dalla VII e dalla IX (R. D’Amico 2002). Da quest’ultime si distacca per la più elevata incidenza del numero delle società di capitali sul numero risultante dalla somma delle società di persone e dalle imprese individuali. Essa è la circoscrizione della segregazione e dell’individualismo. Per essa definire una prospettiva è un po’ più difficile. Se da un lato la presenza dell’Università rende immediata la riconoscibilità della sua funzione anche a livello regionale, tuttavia è l’aspetto di “quartiere” che mostra qualche carenza, causa da ricercare essenzialmente nel carattere dell’urbanizzazione che è avvenuta nelle forme della città dispersa. Periferia nord-occidentale A differenza di tutte le altre la V circoscrizione è l’unica il cui territorio è perfettamente coincidente con uno ed un solo quartiere, quello di San Giovanni Galermo. Se essa, con i suoi 14.692 (*) abitanti è tra le meno popolate di Catania, è però anche quella che negli ultimi anni ha fatto registrare una regolare crescita della popolazione pari, in media, all’1% annuo. Il tessuto economico della V municipalità è contraddistinto da un esiguo numero di strutture ricettive, dato che comunque appare equilibrato in un contesto di scarso dinamismo economico. (*) Fonte: Popolazione nelle municipalità, 1991 – 2001, Ufficio Statistica del Comune di Catania. 51 La quantità di unità economiche non permette di collocarla nei primi posti della graduatoria, sebbene negli ultimi anni si sia riscontrata una crescita delle attività commerciali al dettaglio e di punti di ristorazione e di bazar. Pertanto, anche se una municipalità siffatta lasciava fino a poco tempo fa piuttosto perplessi sulle sue future prospettive di sviluppo, oggi si intravede la concreta possibilità che il suo prossimo ruolo possa essere quello di raccordo tra l’economia catanese e quella dei paesi etnei che su di essa gravitano. Il suo ruolo sarà quello di favorire una crescente integrazione con il resto della città, obiettivo da perseguire con una politica di duplice riqualificazione: da un lato, attraverso la necessaria dotazione di attrezzature di quartiere, dall’altro, con la ricerca di una funzione in ambito metropolitano che possa andare al di là di quella meramente residenziale. Il tessuto economico della VI municipalità ha un tono modesto: c’è un po’ di tutto ma in particolare emergono esercizi commerciali per lo più di profilo medio o medio-basso. Tra le dieci essa occupa il 6° posto per unità economiche presenti (R. D’Amico, 2002); ma questa posizione appare più critica e indica investimenti piuttosto modesti se si considera la bassa incidenza del numero delle società di persone e delle imprese individuali. Tra tutte le attività dominano il commercio al dettaglio e all’ingrosso seguite da imprese edili, imprese agricole, officine e rivenditori di pezzi di ricambio. Come tutte le altre circoscrizioni, anche qui sono presenti più quartieri: in particolare Cibali, Santa Sofia e Trappeto Nord zone, queste, che presentano situazioni piuttosto variegate anche sul piano economico. Cibali, ad esempio, appare come un quartiere con attività economiche prevalentemente funzionali ai suoi abitanti; il quartiere di Santa Sofia è destinato a divenire un polo di molteplici attività economiche; più defraudante è, infine, il quartiere di Trappeto Nord sia per il rapporto tra densità della popolazione ed unità economiche ma anche per il suo collegamento con Catania. L’estrema complessità di questa municipalità e la sua eterogeneità, insieme al degrado che caratterizza vaste porzioni di residenti di questa area della città, rendono difficile pensare che la circoscrizione possa nel suo insieme svolgere un ruolo unitario in ambito metropolitano. 52 Periferia sud-occidentale La VII municipalità presenta un numero non elevato di unità economiche. Essa si posiziona tra i livelli più bassi anche per incidenza del numero delle società di capitali sul numero risultante dalla somma delle società di persone e delle imprese individuali. Mentre tutta l’area che gravita intorno alla parte alta del Viale M. Rapisardi presenta un tessuto economico discretamente “vivace” che consente alla zona di vivere in condizioni di autosufficienza, ben diverso è il caso dei quartieri di Nesima e di Monte Po. Per quest’ultimo si rileva un dato estremamente preoccupante, ovvero l’esiguità di unità economiche fattore che, insieme al carattere dell’edilizia residenziale per lo più popolare e alla lontananza dai centri urbani, determina una situazione di oggettiva marginalità. Tra le prospettive future emerge la necessità di creare nuove imprese, rilanciare (o far nascere) attività commerciali o artigianali che hanno bisogno di “pace sociale” e di vivibilità dei quartieri. Qui forse, più che altrove, il futuro si gioca su una politica integrata di riqualificazione che aggredisca le sacche di emarginazione da diversi fronti. Rispetto alle altre dieci, l’VIII circoscrizione si posiziona al 4° posto in graduatoria quanto a presenza di unità economiche anche se si tratta per lo più di imprese commerciali con modesti investimenti, come dimostra ancora la scarsa incidenza della presenza di società di capitali (R. D’Amico, 2002). Un’opportunità per la municipalità è costituita dalla vicinanza con Misterbianco, la cui funzione commerciale rappresenta un fortissimo magnete nell’ambito dell’intera Sicilia orientale. A sud-est della periferia sud-occidentale si trova quella parte della città più vasta ma meno popolosa che comprende la IX e X circoscrizione. In questa area della città vi sono tre importanti arterie quali: via Zia Lisa, S. Giuseppe la Rena e Viale Kennedy che si innestano sulle diverse strade stradali. In tale area non si riscontrano sub – centri autonomi e la maggior parte riguarda pochi esercizi della distribuzione commerciale, per lo più di beni di prima necessità. Nel sub-centro di Via Gelso Bianco hanno luogo esercizi che interessano la commercializzazione di prodotti e servizi per l’agricoltura, parti di ricambio e macchine agricole. L’altro sub–centro, San Giusepe La Rena, invece vede la presenza di grossisti, di servizi di assistenza tecnica e di autonoleggi ed esercita funzioni più estese e 53 complesse agevolate dall’alto grado di accessibilità proveniente dalle arterie di grande traffico della Sicilia sud–orientale. 54 5. Analisi dei principali risultati dell’indagine 5.1. Caratteri generali degli esercizi commerciali Al fine di acquisire un quadro conoscitivo completo delle variabili che influenzano la formazione dei prezzi si è provveduto, parallelamente all’acquisizione dei prezzi unitari al consumo, alla rilevazione di ulteriori informazioni circa l’organizzazione e la gestione degli ottanta punti vendita rilevati. Dall’acquisizione di tali informazioni è stato possibile evidenziare alcuni degli elementi che influenzano la formazione del prezzo di mercato dei prodotti considerati, in particolare nel “centro urbano” di Catania. Con riferimento all dimensione degli esercizi commerciali delle due diverse tipologie di strutture distributive considerate nella presente indagine, si è riscontrato, come era logico attendersi, che i punti vendita della distribuzione tradizionale presentano dimensioni inferiori rispetto a quelli della moderna distribuzione. La maggior parte degli esercizi commerciali del dettaglio tradizionale (Tab. 2), e precisamente il 59,9 %, presenta un’ampiezza compresa tra i 50 ed i 200 metri quadrati, mentre il 38,6 % risulta di dimensioni inferiori ai 50 metri quadrati. Nella distribuzione moderna, invece, le imprese possiedono, nella maggior parte dei casi (61,2 %), una ampiezza compresa tra i 401 ed i 600 metri quadrati, mentre quelli caratterizzati da superfici superiori ai 1000 metri quadrati sono risultati essere solo l’8,3 %. Nel “centro urbano” di Catania appare, quindi, evidente la scarsa presenza di punti vendita della GDO imputabile alla mancanza di strutture idonee alla diffusione capillare di tali tipologie di servizio. 55 TAB.2 - Distribuzione per classi d'ampiezza delle imprese commerciali rilevate nel “centro urbano” di Catania per tipologia di struttura distributiva (2004) (*) Classi d'ampiezza (mq) Dettaglio tradizionale Distribuzione moderna % N. ---- ---- ----- 22 61,2 7 19,4 4 11,1 3 8,3 100,0 36 100,0 < 50 17 38,6 50 - 200 25 56,9 201 - 400 2 4,5 401 - 600 > 1000 ----- Totale 44 601 - 800 801 - 1000 % N. (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Per quanto riguarda la forma giuridica dei vari esercizi commerciali campionati, si è rilevata una netta prevalenza delle imprese familiari ed individuali nel dettaglio tradizionale, pari rispettivamente a 56,8 % e a 36,4 % delle imprese considerate (Tab. 3). Nella distribuzione moderna si è, invece, evidenziata una netta prevalenza delle società di capitali (61,1 %), che conferma come la capitalizzazione rappresenti sicuramente una premessa indispensabile, per poter operare nella distribuzione dei beni agroalimentari, e necessaria per poter organizzare e gestire unità in grado di offrire un vasto assortimento merceologico. Il 16,7 % degli esercizi commerciali appartenenti alla GDO è risultato essere gestito da società di persone e le restanti imprese, invece, si sono uniformemente distribuite tra le altre forme giuridiche (società di fatto, cooperative, imprese familiari e imprese individuali). 56 TAB.3 - Distribuzione delle imprese rilevate per forma giuridica e tipologia di struttura distributiva nel centro urbano di Catania (2004) (*) Forma giuridica Dettaglio tradizionale % N. Distribuzione moderna % N. Impresa individuale 25 56,8 1 2,8 Impresa familiare 16 36,4 2 5,5 Società di fatto Società di persone Società di capitali -- -- 2 1 4,5 2,3 4 6 22 11,1 16,7 61,1 Cooperativa -- -- 1 2,8 44 100,0 36 100,0 Totale (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Per quanto attiene all’amministrazione dell’impresa (Tab. 4), si rileva che nel dettaglio tradizionale, nel 70,5 % dei casi, è lo stesso titolare ad occuparsene, mentre nella distribuzione moderna questa viene svolta per l’ 80,6 % dagli amministratori e per il restante 19,4 % dal titolare e da consulenti esterni. TAB.4 - Distribuzione delle imprese in relazione alla figura degli amministratori (2004) (*) Figura amministrativa Dettaglio tradizionale % N. Distribuzione moderna % N. Effettuata dal titolare Effettuata da amministratori Effettuata da consulenti esterni 31 5 8 70,5 11,3 18,2 5 29 2 13,9 80,6 5,5 Totale 44 100,0 36 100,0 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Nel corso della rilevazione sono stati acquisiti ulteriori elementi, con riferimento alla disponibilità di parcheggi per i consumatori e alla consegna della spesa a domicilio. In particolare, con riferimento alla presenza di parcheggi in prossimità del punto vendita, è emerso che soltanto il 15,6 % delle imprese appartenenti alla distribuzione tradizionale (7 casi) presenta parcheggi di ampiezza tale da poter soddisfare la relativa 57 clientela, mentre nella distribuzione moderna il 48,4 % delle imprese è in grado di offrire tale servizio. Quest’ultimo fattore rende spesso il cliente maggiormente propenso ad effettuare alcune tipologie di acquisti presso i punti vendita della GDO. Sostanzialmente equilibrata tra le due diverse tipologie di strutture distributive, è risultata l’offerta del servizio di consegna a domicilio che interessa circa il 40 % dei punti vendita campionati. In nessuno dei casi esaminati è stata riscontrata la possibilità di acquistare a credito. 58 5.2. La variabilità dei prezzi nel centro urbano di Catania La variabilità dei prezzi al consumo dei 35 prodotti lattiero–caseari e dei 15 appartenenti alla categoria degli olii e i grassi vegetali, è risultata nel complesso rilevante, pur essendosi evidenziate alcune differenze tra gli otto gruppi di prodotti considerati con variazioni più accentuate, tra i valori massimi e quelli minimi, per i formaggi a pasta filata e quelli fusi, e sensibilmente inferiori per i latticini e gli olii per i quali si sono registrati, in molti casi, prezzi imposti. Questi ultimi, infatti, sono spesso soggetti a strategie di vendita differenti da parte delle imprese distributive che ne prevedono, per brevi periodi, il ribasso al fine di favorire una maggiore penetrazione commerciale. In particolare, come mostra la Tab. 5, la maggiore variabilità è stata osservata in corrispondenza dei Formaggi a pasta filata (rapporto massimo /minimo pari a 1,44) e dei Formaggi a pasta molle e fusi (rapporto massimo /minimo pari a 1,41), mentre la variabilità più bassa (1,23) si è riscontrata per lo Yogurt, gruppo all’interno del quale rientrano diverse tipologie di prodotti altamente standardizzati e, quindi, caratterizzati da un’elevata concorrenza tra le diverse case produttrici. Rapporti intermedi tra prezzi massimi e minimi sono stati osservati per il gruppo merceologico del Latte che ha fatto registrare una variabilità piuttosto contenuta (1,26), per il Burro e la panna, il cui valore dell’indice considerato è risultato pari a 1,30 e per gli Olii di oliva e gli Olii di semi, il cui valore si attestato su un livello pari, rispettivamente, a 1,26 e 1,23. 59 TAB.5 - Campi di variazione dei prodotti campionati per gruppi merceologi (2004) (*) Gruppi di prodotti Minimo Massimo Medio Latte 1,00 1,46 1,26 Yogurt 1,07 1,36 1,23 Burro e panna 1,10 1,46 1,30 Formaggi a pasta molle 1,28 1,53 1,41 Formaggi a pasta filata 1,33 1,58 1,44 Olii di oliva 1,00 1,46 1,26 Olii di semi 1,07 1,36 1,23 Grassi vegetali 1,10 1,46 1,30 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Il grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero–caseari, ha fatto osservare un forte addensamento degli stessi (54,3 % dei casi) nella classe 1,21-1,5 (Tab. 6); solo per il 37,1 % dei casi (13 prodotti) si è registrato un valore dell’indice inferiore a 1,2 e per l’8,6 % (2 beni) l’indice si è attestato su un livello maggiore di 1,5. Nel prendere in considerazione la variabilità degli olii e dei grassi vegetali, invece, si osserva (Tab. 7) che nove prodotti (60 %) hanno fatto registrare un campo di variazione compreso tra 1,21 e 1,5, per cinque di essi le oscillazioni sono risultate comprese tra 1,51 e 1,8 e per un solo prodotto dei quindici campionati (6,7 %) la variazione si è attestata su un valore maggiore di 1,8. 60 Tab.6 - Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari, rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Grado di variabilità Lattiero - caseari N. % <1,2 13 37,1 1,21 - 1,5 19 54,3 2 8,6 35 100,0 >1,5 Totale (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Tab.7. - Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari (olii e grassi vegetali), rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Grado di variabilità Olii e grassi vegetali N. % <1,2 -- -- 1,21 - 1,5 9 60,0 1,51 - 1,8 5 33,3 >1,8 1 6,7 15 100,00 Totale (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 61 Dopo aver stabilito i campi di variazione dei prezzi, con riferimento all’intera gamma dei beni agroalimentari oggetto d’indagine, per un maggiore approfondimento dell’analisi si è indagato sugli specifici gruppi merceologici già individuati, analizzando il dato medio, quello corrispondente ai singoli prodotti, il valore modale di ognuno dei cinquanta prodotti campionati e il coefficiente di variazione relativa (C.V.R.). Osservando i campi di variazione, i valori medi, la moda e gli indici di variabilità dei prezzi al consumo relativi ai prodotti inseriti nel gruppo Latte (Tab. 8), è stato osservato che per il latte U.H.T. intero i prezzi sono rimasti compresi tra un valore massimo di 1,62 €/litro del Polenghi Stella ed un valore minimo di 1,11 €/litro del Sole. E’ da rilevare che per alcuni beni inseriti in tale categoria, in particolare il latte fresco intero e parzialmente scremato della casa produttrice Sole e Zappalà, sono state osservate ridotte differenziazioni nell’ambito dell’intero centro urbano; tale fenomeno è da ascrivere essenzialmente al fatto che per questi i beni i prezzi sono prefissati dalle imprese produttrici poiché soggetti a strategie di vendita differenti da parte delle suddette che, per brevi periodi, ne prevedono il ribasso al fine di favorire una migliore penetrazione commerciale. I prodotti del marchio Sole, sia il latte intero che quello parzialmente scremato, hanno presentato valori medi inferiori e pari a 1,18 €/litro e 0,93 €/litro rispetto a quelli delle aziende Parmalat e Polenghi Stella; questi ultimi hanno fatto registrare valori medi più elevati, rispettivamente, pari a 1,28 e 1,45 €/litro per il latte intero e 1,12 e 1,26 € /litro per il latte parzialmente scremato. Differenze si sono anche riscontrate nei valori del coefficiente di variazione relativa, i quali si sono attestati su livelli più elevati per i prodotti Polenghi Stella (0,44 per il latte intero e 0,49 per quello U.H.T. parzialmente scremato) mettendo in luce, quindi, una maggiore dispersione dei prezzi nei singoli esercizi commerciali rilevati rispetto al dato medio, e valori dell’ordine di 0,32 e 0,30 per il per il Sole e Parmalat U.H.T. intero, e di 0,23 e 0,35 per il per il Sole e Parmalat U.H.T. parzialmente scremato. Sia per il latte U.H.T. Sole e Parmalat intero e parzialmente scremato, il valore modale si è attestato su valori non troppo distanti dal valor medio; parecchio lontani, invece, sono stati i valori modali del Polenghi Stella intero rispetto al valor medio. 62 Per il latte U.H.T. nella confezione da mezzo litro, sono stato osservati valori minimi di 0,60 €/litro e massimi di 0,80 €/litro per il Parmalat, minimi pari a 0,49 €/litro e massimi dell’ordine di 0,72 €/litro per il Sole, mettendo in luce una variabilità, rispetto al valor medio, decisamente superiore per il secondo prodotto (C.V.R. pari a 0,98); per il primo, invece, il coefficiente calcolato si è attestato su un valore leggermente più contenuto (0,77). 63 Tab.8 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania (2004)(*) C.V.R. Rapporto (b)/(a) 1,25 0,30 1,12 1,18 1,17 0,32 1,16 1,62 1,45 1,28 0,44 1,27 1,08 1,19 1,10 1,10 0,35 1,10 - Sole 0,78 1,07 0,93 0,86 0,23 1,37 - Polenghi Stella 1,15 1,39 1,24 1,25 0,49 1,20 - Sole 1,32 1,35 1,33 1,32 0,15 1,02 - Zappalà 1,15 1,16 1,16 1,15 0,08 1,00 - Sole 1,25 1,27 1,26 1,27 0,11 1,01 - Zappalà 1,10 1,11 1,11 1,11 0,09 1,00 Gruppi di prodotti Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Parmalat 1,20 1,35 1,28 - Sole 1,11 1,29 - Polenghi Stella 1,28 - Parmalat LATTE ( € / litro) Latte U.H.T. intero Latte U.H.T. parz.screm. Latte fresco intero Latte fresco parz.scremato Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro) - Parmalat 0,60 0,80 0,70 0,70 0,77 1,33 - Sole 0,49 0,72 0,59 0,65 0,98 1,46 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 64 Circa il latte fresco sono emerse che variazioni ridotte con riferimento sia al latte intero che a quello parzialmente scremato. I valori dei rapporti tra prezzo massimo e minimo sono risultati compresi tra 1,00 (Zappalà intero e parzialmente scremato) e 1,02 per il prodotto Sole intero; i coefficienti di variazione relativa, invece, si sono attestati su valori pari a 0,08 per il prodotto Zappalà intero e parzialmente scremato e 0,15 per il Sole intero. Per tutti i quattro prodotti appartenenti alla categoria del latte fresco, la moda non si è di molto discostata dal valore medio. Sostanziale è apparsa l’omogeneità dei prezzi per tale prodotto nel “centro urbano” di Catania, dovuta al fatto che esiste una forte pressione sui prezzi al consumo determinata dalla competizione sul mercato da parte delle due imprese locali, volte a imporre il prezzo di vendita finale e ad effettuare uno sconto ai distributori di entità variabile sulla base dei quantitativi di prodotto trattato. Per il gruppo merceologico dello Yogurt (Tab. 9) i prezzi rilevati sono stati quelli relativi alle confezioni da 2 x 125 grammi. Con riferimento allo yogurt intero naturale, sono stati registrati i seguenti prezzi: per il prodotto Sole valori minimi pari a 1,03 € e massimi dell’ordine di 1,28 €; il valore medio è risultato pari a 1,03 € e quello prevalente pari a 0,70 €. Per il Parmalat è stato osservato un valore minimo pari a 0,93 € e massimo pari a 1,20 €. Per lo yogurt intero addizionato alla frutta sono stati rilevati prezzi minimi oscillanti tra 1,05 € e 1,26 € e massimi compresi tra 1,30 € e 1,52 €. I prezzi più elevati sono stati quelli del prodotto Yomo che ha fatto registrare il valor medio per confezione più alto (1,37 €) e modale pari a 1,17, mentre quello Parmalat ha registrato il valor medio più basso (1,20 €) e modale pari a 1,15 €. Con riferimento al prodotto Parmalat, è risultata rilevante la dispersione dei prezzi intorno al valor medio (C.V.R. pari a 0,86) rispetto al prodotto Danone (C.V.R. pari a 0,51) e Yomo (C.V.R. pari a 0,82). Per lo yogurt magro naturale sono stati osservati ampi campi di oscillazione del prodotto Parmalat e Yomo; infatti, lo yogurt Yomo ha fatto registrare valori unitari massimi pari a 1,40 € e minimi pari a 1,10 €, mentre per quello Parmalat sono stati osservati valori massimi di 1,15 € e minimi di 0,93 €. E’ stata inoltre evidenziata una 65 maggiore dispersione attorno al valor medio per il prodotto Yomo (1,46) e molto più contenuta per il Parmalat (0,78). Per le due marche di yogurt magro naturale, Parmalat e Yomo, la moda si è attestata su un livello di poco superiore al valor medio per il primo (valore modale pari a 1,10 €) e inferiore per il secondo (valore modale pari a 1,18 €). Per il gruppo yogurt magri addizionati alla frutta le maggiori oscillazioni sono state rilevate per il prodotto Yomo con valori massimi di 1,63 € e minimi di 1,22 €. Esso ha anche fatto registrare il più elevato valore sia dell’indice di variabilità (1,34) che del coefficiente di variazione relativa (1,29). Le altre due marche, invece, hanno presentato valori del C.V.R. compresi tra 0,54 del Parmalat e 0,78 del Danone Vitasnella. 66 Tab.9 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania (2004) (*) C.V.R. Rapporto (b)/(a) 0,70 0,57 1,29 1,10 0,65 0,47 1,24 1,30 1,15 0,98 0,86 1,36 1,26 1,39 1,35 1,15 0,51 1,10 1,21 1,52 1,37 1,17 0,82 1,26 - Parmalat 0,93 1,15 1,07 1,10 0,78 1,07 - Yomo 1,10 1,40 1,25 1,18 1,46 1,28 - Parmalat 1,05 1,23 1,14 1,10 0,54 1,17 - Yomo 1,22 1,63 1,46 1,28 1,29 1,34 - Danone Vitasnella 1,26 1,58 1,39 1,35 0,78 1,28 Gruppi di prodotti Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Parmalat 0,93 1,20 1,03 - Sole 1,03 1,28 - Parmalat 1,05 - Danone - Yomo YOGURT (€ / 2x125 gr.) Intero naturale Intero addiz.frutta Magro naturale Magro add. Frutta (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 67 I prodotti Burro e panna (Tab. 10), pur non essendo del tutto omogenei dal punto di vista dell’impiego, sono stati inseriti nello stesso gruppo merceologico perché ottenuti entrambi dall’affioramento del grasso del latte. In dettaglio, come mostra la Tabella 9, per i prodotti rilevati sono stati osservati diversi campi di oscillazione, con valori massimi nel caso del burro Galbani dell’ordine di 2,30 €, riferito ad una confezione da 250 grammi, e minimi più bassi per il prodotto Zappalà (1,53). Vista l’ampiezza dei campi di oscillazione dei prezzi, si sono riscontrati rapporti tra prezzi massimi e minimi compresi tra 1,35 (Galbani) e 1,22 (Sole). Circa la dispersione dei valori osservati intorno al valore medio, essa è risultata rilevante soprattutto per il prodotto Galbani (C.V.R. pari a 0,65), mentre minore è risultata per il burro Sole (0,55) e per il burro confezionato dalla casa produttrice Zappalà (0,51). Per le tre marche di burro si è osservato un valore modale pari a 1,75 € per il prodotto Sole, di 2,10 € per il Galbani e di 1,57 € per il burro Zappalà. Nel caso della panna da cucina le maggiori oscillazioni di prezzo si sono riscontrate per il prodotto Sole, per il quale i dati rilevati mostrano valori unitari che variano da un minimo di 0,75 € ad un massimo di 1,10 €. Anche il coefficiente di variazione relativa è risultato più elevato (C.V.R. pari a 0,75) mentre tale variazione si è attestatata su un livello più basso per il prodotto Parmalat (0,36). Rispetto alla panna, il burro ha fatto osservare una ridotta dispersione dei prezzi dei singoli prodotti attorno al valor medio osservato, come si desume dal basso valore sul quale si è attestato il coefficiente di variazione relativa (C.V.R.) calcolato con riferimento alle singole voci dell’aggregato Burro e panna; tale indice, infatti, si è collocato su valori di variabilità compresi tra lo 0,36 % e lo 0,75 % per entrambe le due tipologie di panna. Nel caso della panna per dolci è stato rilevata la presenza del prodotto Sole. Per quest’ultimo è stata osservata un’oscillazione del prezzo compresa tra un minimo di 2,52 € ed un massimo di 2,73 €, un valore modale prossimo a quello medio ed una dispersione attorno al valor medio pari a 0,56. 68 Tab.10 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Burro e panna nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Gruppi di prodotti C.V.R. Rapporto (b)/(a) 1,75 0,55 1,22 2,00 2,10 0,65 1,35 1,79 1,64 1,57 0,51 1,26 1,02 1,15 1,10 1,10 0,36 1,13 0,75 1,10 0,93 0,85 0,75 1,46 2,52 2,73 2,63 2,62 0,56 1,10 Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Sole 1,62 1,98 1,79 - Galbani 1,70 2,30 - Zappalà 1,53 - Parmalat - Sole BURRO (€ / 250 gr) PANNA da cucina (€ / 200 ml) per dolci (€ / 500 ml) - Sole (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 69 Per il gruppo merceologico Formaggi a pasta molle (Tab. 11) sono stati rilevati, con riferimento alle singole confezioni di creme spalmabili nella confezione da 200 grammi, valori medi compresi tra 1,75 € (Certosino) e 2,76 € (Philadelphia), valori minimi e massimi compresi tra 1,40 € e 2,10 € per il primo e 1,95 € e 3,00 € per il secondo. I rapporti tra prezzo massimo e minimo hanno fatto registrare oscillazioni comprese tra 1,50 del Certosino e 1,53 del Philadelphia. Il valore modale è stato pari a 2,59 € per il primo prodotto e pari a 1,60 € per il secondo. Per quanto riguarda i formaggi fusi l’unico prodotto ad essere stato preso in esame è stato quello Galbani che ha fatto registrare un valore minimo pari a 1,37 €, massimo pari a 1,75 €; il rapporto tra prezzo massimo e minimo è risultato pari a 1,28. Pur risultando nel complesso limitata, la variabilità attorno al dato medio si è rivelata leggermente più alta per il Certosino: in relazione al suddetto prodotto, infatti, il valore del coefficiente di variazione relativa (C.V.R.) si è attestato su un valore pari a 0,85, mentre per gli altri due beni appartenenti a tale categoria merceologica, esso si è attestato su livelli compresi tra 0,68 e 0,73. Nell’ambito dei Formaggi a pasta filata (Tab. 12), sono stati rilevati i prezzi delle mozzarelle Sole, Zappalà e Galbani. I valori medi riscontrati per i tre marchi sono stati, rispettivamente, di 1,15 €, 1,26 € e 1,38 € (confezione da 125 grammi). Relativamente ai valori minimi dei prezzi rilevati, questi sono risultati compresi tra 0,89 € del prodotto Zappalà e 1,18 € della mozzarella Vallelata Galbani. I valori unitari massimi hanno fatto registrare oscillazioni comprese tra 1,57 € della Vallelata Galbani e 1,30 € della Nuvoletta Sole. Quest’ultima, se confrontata con gli altri due marchi, ha fatto registrare la maggiore dispersione dei dati intorno al valore medio (0,80), mentre il maggiore rapporto tra prezzo massimo e minimo (1,55) è stato registrato dalla mozzarella Zappalà. Per la mozzarella Nuvoletta Sole la moda si è attestata su un valore pari a quello medio (valore modale pari a € 1,15), mentre per gli altri due marchi, Galbani e Zappalà, essa si è affermata su un valore leggermente inferiore rispetto al valor medio, rispettivamente pari a 1,22 € e a 1,32 €. Infine, tra i formaggi a pasta filata è stato inserito il Galbanino. Per esso si è riscontrato un valore medio di 2,89 €, con una variazione tra valore minimo e massimo osservato oscillante tra 2,28 € e 3,50 €. Il coefficiente di variazione relativa si è attestato su un 70 valore superiore a tutti gli altri prodotti inseriti in tale categoria e pari a 0,89, mentre il rapporto tra prezzo massimo e minimo è stato di 1,53. 71 Tab.11 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Gruppi di prodotti C.V.R. Rapporto (b)/(a) 2,59 0,68 1,53 1,75 1,60 0,85 1,50 1,56 1,39 0,73 1,28 Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Philadelphia 1,95 3,00 2,76 - Certosino 1,40 2,10 1,37 1,75 FORMAGGI A PASTA MOLLE Creme (€ / 200 gr) Formaggi fusi - Galbani (€ / 8 pezzi) (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Tab.12 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Gruppi di prodotti C.V.R. Rapporto (b)/(a) 1,15 0,80 1,36 1,26 1,22 0,57 1,55 1,57 1,38 1,32 0,72 1,33 3,50 2,89 2,78 0,89 1,53 Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Sole 0,95 1,30 1,15 - Zappalà 0,89 1,38 - Galbani 1,18 2,28 FORMAGGI A PASTA FILATA Mozzarella (€ / 125 gr.) Altri - Galbanino (€ / 300 gr) (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 72 Nella categoria merceologica degli olii e dei grassi vegetali, l’ampiezza dei campi di variazione è risultata piuttosto ampia e non sempre costante; il fatto che i prezzi fossero riferiti non ad una tipologia di prodotto ma ad uno specifico marchio commerciale (e confezione), ha consentito di individuare valori unitari di prodotti non differenziati in base alle caratteristiche qualitative, ma esclusivamente per il livello di ricarico che gli stessi hanno subito lungo la catena distributiva che va dal produttore agricolo all’industriale per poi giungere al dettagliante finale. Con riferimento agli Olii di oliva (Tab. 13) le rilevazioni effettuate hanno consentito di accertare l’esistenza, nelle diverse strutture distributive, di prezzi oscillanti tra un valore minimo di 3,95 €/litro del San Giorgio e un valore massimo di 9,00 €/litro del Sasso. Tra gli olii extra – vergine di oliva differenze significative si sono riscontrate anche con riferimento ai coefficienti di variazione relativa (C.V.R.) il cui valore si è attestato su un livello più elevato per il prodotto Sasso (8,29) e più basso (3,27) per il prodotto San Giorgio; tra gli olii di oliva vergine, invece, la dispersione dei dati intorno al valor medio è risultata elevata per il prodotto Dante (C.V.R. pari a 4,25) e di poco minore per il San Giorgio (C.V.R. pari a 4,19), Sasso (C.V.R. pari a 3,21), e Carapelli (C.V.R. pari a 2,16). Tra gli olii di oliva extra vergine e tra quelli di oliva vergine, il maggior distacco della moda rispetto al valor medio si è avuto per il prodotto Sasso (valore modale pari a 4,78 €/litro per il primo gruppo e Moda pari a 4,53 €/litro per il secondo gruppo). I prezzi osservati confermano l’esistenza nel centro urbano di fenomeni di differenziazione dei prezzi per i quali il consumatore può acquistare (in una certa area e struttura distributiva) un prodotto di qualità superiore ad un prezzo più basso rispetto a quello che lo stesso consumatore dovrebbe pagare in un altro quartiere per acquistare un prodotto di qualità inferiore. Nella categoria merceologica degli Olii di semi, sono state prese in esame cinque tipologie del suddetto olio. Dalle analisi è emerso che prezzi sensibilmente inferiori si sono osservati per quello di semi vari (mediamente 1,77 €/litro) rispetto a quelli di arachidi (2,34 €/litro), di mais Cuore (4,32 €/litro) e Maya (2,28 €/litro) e di soia (3,14 €/litro), con valori minimi pari, nell’ordine per i cinque prodotti, a 1,60 €/litro, 2,10 €/litro, 3,85 €/litro, 1,98 €/litro e 2,62 €/litro, e massimi, rispettivamente, di 1,99 €/litro, 2,57 €/litro, 4,79 €/litro, 2,65 €/litro e 3,66 €/litro. 73 Tab.13 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) C.V.R. Rapporto (b)/(a) 4,80 5,54 1,64 4,91 4,68 3,27 1,60 9,00 5,54 4,78 8,29 1,90 4,32 6,18 5,32 4,83 4,59 1,43 - Dante 3,99 5,63 4,81 4,56 4,25 1,41 - San Giorgio 3,53 6,00 4,76 4,37 4,19 1,69 - Carapelli 3,48 5,39 4,44 4,22 2,16 1,55 - Sasso 4,25 5,93 5,09 4,53 3,21 1,39 Gruppi di prodotti Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Dante 4,50 7,38 5,21 - San Giorgio 3,95 6,29 - Sasso 4,72 - Bertolli OLII DI OLIVA (€ / litro) Olii di oliva extra - vergine Olii di oliva vergine (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 74 Tab.14 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo di Olii di semi nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Gruppi di prodotti C.V.R. Rapporto (b)/(a) 1,80 5,08 1,24 2,34 2,40 5,12 1,36 4,79 4,32 4,32 3,24 1,25 1,98 2,65 2,28 2,40 7,19 1,33 2,62 3,66 3,14 3,09 2,34 1,40 Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale 1,60 1,99 1,77 2,10 2,57 - Cuore 3,85 - Maya OLII DI SEMI (€ / litro) olio di semi vari - Olita Star olio di arachidi - Oio olio di mais olio di soia -Valsoia (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. Tab.15 - Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania (2004) (*) Gruppi di prodotti C.V.R. Rapporto (b)/(a) Valore Valore Valore Valore minimo (a) massimo (b) medio modale - Foglia d'oro 0,83 1,28 1,05 1,10 6,15 1,54 - Vallè 1,12 1,40 1,22 1,15 4,81 1,25 GRASSI VEGETALI (€ /250 gr) Margarina (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 75 Nell’ambito dei Grassi vegetali (Tab. 15), sono stati registrati valori minimi e massimi compresi tra 0,83 € e 1,28 € per il prodotto Foglia d’oro e tra 1,12 € e 1,40 € per la margarina Vallè. Il rapporto tra prezzi massimi e minimi è risultato pari a 1,54 per la margarina Foglia d’oro e leggermente più ridotto (1,25) per la Vallè; rispetto al primo, quest’ultimo prodotto ha fatto registrare il più basso coefficiente di variazione relativa (C.V.R. pari a 4,81). Circa la moda, è stato osservato un valore di essa di poco superiore rispetto al valor medio per la margarina Foglia d’oro (+ 0,05) ed inferiore per la Vallè (- 0,07). 76 5.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero – caseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione dell’esercizio commerciale Prescindendo dalla tipologia di struttura distributiva presso la quale erano stati rilevati i dati e dalla loro consistenza numerica, le diverse rilevazioni dei prezzi effettuate sono state aggregate nell’ambito delle quattro aree nelle quali è suddiviso il territorio di Catania (centro storico, quartieri residenziali, periferia nord–ovest, periferia sud–ovest), al fine di mettere in luce i prezzi medi nei singoli ambiti territoriali ed osservare se e come la localizzazione dell’esercizio commerciale sia in grado di influenzare il livello medio dei prezzi, con riferimento sia ai diversi gruppi merceologici sia ai singoli prodotti. Interessanti indicazioni sono emerse dalle elaborazioni effettuate che hanno permesso di metter in luce l’esistenza di prezzi leggermente differenti nelle quattro aree e tra questi e quelli medi osservati nell’intero “centro urbano” di Catania. In particolare, a livello aggregato, con riferimento quindi a tutte le categorie merceologiche prese in esame, limitate in termini assoluti, con alcune eccezioni, sono state le differenze tra le diverse aree, con prezzi mediamente maggiori, rispetto alle medie cittadine, nei quartieri residenziali (area “B”) e nel centro storico (area “A”) ed inferiori nelle due periferie, soprattutto in quella sud-occidentale (area “D”). In particolare, all’interno del gruppo merceologico del Latte (cfr. Tab. 16) non sono state osservate differenze rilevanti nelle diverse aree del “centro urbano”. Per il latte intero a lunga conservazione, le maggiori variazioni si sono rilevate per il prodotto della Sole che ha fatto registrare, nel centro storico (area “A”) prezzi superiori rispetto alla media cittadina dell’1 % e nei quartieri residenziali (area “B”) valori unitari inferiori. Per il prodotto intero Polenghi Stella, sono stati osservati prezzi inferiori del 2 % nell’area “A”, del 4 % nell’area “C” e unitari nelle aree “B” e “D”. Per il latte a lunga conservazione parzialmente scremato sono state registrate notevoli differenze rispetto ai valori medi del “centro urbano” di Catania. Sono stati registrati prezzi superiori del 5 % per il Parmalat presso i punti vendita dei quartieri residenziali e 77 del 4 % per il Sole nel centro storico e nella periferia nord–ovest; valori unitari inferiori del 4 % e dell’8 % sono stati, invece, osservati per gli stessi prodotti nell’ambito della periferia sud–ovest. Circa il latte fresco, intero e parzialmente scremato, sono stati osservati prezzi essenzialmente analoghi nell’ambito delle quattro aree; non sono emerse, pertanto, differenze rilevanti indotte dalla localizzazione dei punti vendita. Considerando l’intero gruppo merceologico del Latte, l’area “B” è quella in cui appare più evidente l’aumento degli importi unitari medi rispetto ai valori del “centro urbano”, con una maggiorazione dell’0,5 % mentre nell’ambito dell’area “D” si è evidenziato il livello più basso dei prezzi unitari medi (- 1,5 %). Per quanto riguarda l’area “A” è emerso un leggero aumento (0,2 %) rispetto ai dati medi, mentre nell’area “C” non sono state riscontrate significative differenze rispetto ai prezzi medi dell’intero “centro urbano” di Catania (Fig. 5 ). 78 Tab.16 - Prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli eser-cizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest LATTE (€ / litro) Latte U.H.T. intero - Parmalat 1,27 100 1,20 101 1,42 98 1,26 98 1,19 100 1,45 100 1,27 100 1,18 100 1,49 96 1,26 98 1,20 101 1,47 100 1,28 100 1,18 100 1,45 100 1,12 102 0,97 104 1,25 100 1,15 105 0,90 97 1,24 100 1,10 100 0,97 104 1,25 100 1,06 96 0,86 92 1,20 97 1,10 100 0,93 100 1,24 100 1,33 100 1,16 100 1,33 100 1,16 100 1,30 100 1,15 100 1,32 100 1,16 100 1,33 100 1,16 100 1,28 101 - Zappalà 1,11 100 Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro) 1,27 100 1,10 100 1,25 100 1,11 100 1,26 100 1,11 100 1,26 100 1,11 100 - Parmalat 0,70 100 0,59 100 0,73 104 0,56 95 0,71 101 0,59 100 0,65 93 0,62 105 0,70 100 0,59 100 100,2 100,5 100,0 98,5 100,0 - Sole - Polenghi Stella Latte U.H.T. parz.screm. - Parmalat - Sole - Polenghi Stella Latte fresco intero - Sole - Zappalà Latte fresco parz.scremato - Sole - Sole MEDIA INDICI PER AREA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 79 Fig. 5 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 0,5 0,6 0,4 0,2 0 -0,2 -0,4 % -0,6 -0,8 -1 -1,2 -1,4 -1,6 0,2 -1,5 Area "A" Centro storico Area "B" Area "C" Area "D" Quart ieri residenziali P eriferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Per quanto attiene al gruppo merceologico dello Yogurt, la Tab. 17 evidenzia i dati medi rilevati nel “centro urbano” di Catania e nelle quattro aree considerate. Relativamente allo yogurt intero naturale, il Parmalat ha fatto osservare valori unitari inferiori alla media (- 5 %) nell’area “D”, prossimi all’unità nelle aree “A” e “B” e unitari nella periferia nord–ovest; il prodotto Sole ha, invece, fatto registrare valori differenti (- 2 %) nelle aree “A” e “D” e superiori (+ 2 % e + 1 %) nelle aree “B” e “C”. In riferimento allo yogurt intero addizionato alla frutta, i prezzi più elevati sono stati registrati in corrispondenza dell’area “B” per il Parmalat (1,19 €) e Yomo (1,39 €) e dell’area “A” per il Danone (1,38 €); valori minimi sono stati registrati per il Parmalat e per il Danone nell’area “D” (rispettivamente 1,10 € e 1,29 €, pari a – 4 % rispetto al dato medio cittadino). Tra gli yogurt magri naturali, sia il prodotto Parmalat che Danone hanno fatto registrare ampi campi di oscillazione. I prezzi del Parmalat, infatti, hanno fatto registrare un aumento del + 5 % nell’area “B” rispetto al dato medio del centro urbano e un prezzo unitario inferiore alla media (- 7 %) in corrispondenza dell’area “D”; il prezzo del prodotto Danone ha fatto osservare una maggiorazione del 5 % nell’area “D” e un decremento del 4% nell’area “C”. 80 Tra gli yogurt magri addizionati alla frutta il Parmalat ha fatto registrare aumenti fino al 6 % nell’area “A” e decrementi nell’area “C” (- 4 %); l’andamento del prodotto Yomo invece è stato positivo, registrando una maggiorazione del 3 %, nell’area “A” e nella periferia sud-ovest e negativo (- 5 %) nell’area“D” e“B” (- 2 %). Per lo yogurt Danone Vitasnella sono stati osservati nell’area “B” valori superiori del 2 % ed inferiori (- 4 %) nell’area “D” rispetto a quelli medi del “centro urbano”. Nel complesso, per le dieci tipologie di yogurt considerate i valori medi degli indici hanno messo in luce una diminuzione degli stessi nelle due periferie nord–ovest e sud– ovest, rispettivamente di – 1,2 % e – 1,5 % e un aumento del 0,7 % nei quartieri residenziali, come mostra la Fig. 6. 81 Tab.17 - Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest YOGURT (€ / 2x125 gr.) Intero naturale - Parmalat - Sole 1,00 98 1,07 98 1,00 98 1,12 102 1,02 100 1,11 101 0,97 95 1,08 98 1,03 100 1,10 100 1,15 100 1,39 102 1,32 97 1,19 103 1,33 99 1,39 102 1,18 102 1,30 97 1,37 100 1,06 92 1,29 96 1,38 100 1,15 100 1,35 100 1,37 100 1,12 105 1,22 98 1,09 101 1,26 100 1,07 100 1,20 96 0,99 93 1,32 105 1,07 100 1,25 100 1,21 106 1,50 103 1,35 97 1,18 103 1,42 98 1,42 102 1,09 96 1,38 95 1,36 98 1,12 98 1,50 103 1,33 96 1,14 100 1,46 100 1,39 100 100,0 100,7 98,8 98,5 100,0 Intero addiz.frutta - Parmalat - Danone - Yomo Magro naturale - Parmalat - Yomo Magro add. Frutta - Parmalat - Yomo - Danone Vitasnella MEDIA INDICI PER AREA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 82 Fig. 6 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 0,7 1 0,5 0 % -0,5 -1 -1,2 -1,5 -1,5 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Per quanto riguarda il gruppo merceologico del Burro e panna, dalla Tab. 18 è possibile estrarre i dati medi dei singoli prodotti nelle quattro aree nelle quali è stato suddiviso il territorio di Catania e confrontarne i relativi valori. Da essa si evince che valori superiori sono stati registrati dagli esercizi commerciali dell’area “A” e “B” dove le variazioni osservate hanno raggiunto un livello rilevante nei casi del burro Galbani (+ 4 %) e di quello Sole (+ 3 %); nelle due aree periferiche, invece, sono stati osservati valori unitari inferiori del 2 e 3 %. Per i prodotti del gruppo panna, i valori si sono mantenuti piuttosto costanti, rispetto a quelli medi del “centro urbano”, per la panna Sole; diverso, invece, è stato il riscontro realizzato per la panna Parmalat, per la quale sono stati rilevati valori compresi tra un + 4 % del centro storico e dei quartieri residenziali ed un – 3 % della periferia nord-ovest ed un – 2 % della periferia sud-ovest, situazione motivata dal fatto che essa è un prodotto altamente standardizzato. La panna per dolci Sole, unico prodotto ad essere stato rilevato perché il più diffuso, ha fatto registrare valori analoghi con un livello marcatamente superiore nelle aree “A”, “B” e “C”, rispettivamente del + 3 % e + 2 %. In complesso, gli aumenti dei prezzi più evidenti nella categoria merceologica considerata sono stati osservati nell’area urbana “A”, centro storico, e “B”, quartieri residenziali, rispettivamente, 1 % e 1,7 % (Fig. 7). 83 Tab.18 - Prezzi medi al consumo del Burro nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest BURRO (€ / 250 gr) - Sole - Galbani - Zappalà 1,75 98 2,08 104 1,60 98 1,85 103 2,00 100 1,66 101 1,80 100 1,93 97 1,64 100 1,77 99 1,98 99 1,60 98 1,79 100 2,00 100 1,64 100 1,11 100 0,97 104 1,09 99 0,96 104 1,09 99 0,90 97 1,12 101 0,86 98 1,10 100 0,93 100 2,69 103 2,72 103 2,70 102 2,64 100 2,63 100 101,0 101,7 99,0 98,7 100,0 PANNA da cucina (€ / 200 ml) - Parmalat - Sole per dolci (€ / 500 ml) - Sole MEDIA INDICI PER AREA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 84 Fig. 7 - Scarti precentuali dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 1,7 2 1,5 1 1 0 ,5 % 0 -0 ,5 -1 -1 -1,3 -1,5 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Per quanto riguarda i prezzi rilevati per i Formaggi a pasta molle (Tab. 19), la variabilità è risultata elevata per il Philadelphia (+ 6 %) nei quartieri residenziali e nell’area del centro storico (+ 4 %), mentre è stata osservata una diminuzione dello stesso prodotto nelle due periferie nord-ovest e sud-ovest nelle quali il valore calcolato si è attestato, rispettivamente, su un valore pari a – 2 e 4 %. Tra i formaggi fusi, l’unico prodotto ad essere stato rilevato è stato il Galbani; esso ha fatto registrare prezzi notevolmente maggiori del + 7 % nell’area ”B” ed inferiori (– 4 %) nella periferia sud– ovest. In complesso, con riferimento all’intero gruppo merceologico dei formaggi a pasta molle, gli importi unitari medi si sono attestati su livelli notevolmente maggiori nell’area “B” (+ 4,7%) e nel territorio del centro storico (+ 1,3 %) ed inferiori del – 2,3 % e – 2,7 % nelle due aree periferiche (Fig. 8 ). 85 Tab.19 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania, secondo la localiz-zazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest FORMAGGI A PASTA MOLLE Creme (€ / 200 gr) - Philadelphia - Certosino 2,88 104 1,79 102 2,95 106 1,77 101 2,71 98 1,69 97 2,65 96 1,74 100 2,76 100 1,75 100 1,49 98 1,63 107 1,47 98 1,48 96 1,56 100 101,3 104,7 97,7 97,3 100,0 Formaggi fusi - Galbani (€ / 8 pezzi) MEDIA INDICI PER AREA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 86 Fig. 8 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 4,7 5 4 3 1,3 2 % 1 0 -1 -2 -2,3 -3 -2,7 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Nel caso dei Formaggi a pasta filata (Tab. 20), sono state osservate variazioni rilevanti rispetto ai valori medi del “centro urbano” per la mozzarella Vallelata Galbani che ha fatto registrare un prezzo unitario medio inferiore del 3 % nell’area “C” e superiore del 5 % nell’ambito dei quartieri residenziali e della periferia sud–ovest, mentre la Nuvoletta Sole e la mozzarella Zappalà non hanno presentato ampi campi di oscillazione rispetto alla localizzazione del punto vendita. Il Galbanino ha, invece, fatto registrare un aumento del prezzo unitario medio piuttosto rilevante nell’area “B”, con un incremento del 4 % rispetto alla media cittadina. Nell’intero gruppo merceologico dei formaggi a pasta filata, le variazioni più rilevanti dei prezzi, rispetto ai valori del “centro urbano”, come mostra la Fig. 9, sono state osservate nei quartieri residenziali (+ 2,8 %) mentre valori inferiori si sono riscontrati nella periferia nord–ovest (– 1,5 %) e nel centro storico (– 1%). 87 Tab.20 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania, secondo la localiz-zazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest 1,18 102 1,27 100 1,45 105 1,16 100 1,25 100 1,33 97 1,11 98 1,26 100 1,48 105 1,15 100 1,26 100 1,38 100 FORMAGGI A PASTA FILATA Mozzarella (€ / 125 gr.) - Sole - Zappalà - Galbani 1,15 100 1,23 98 1,35 100 Altri - Galbanino (€ / 300 gr) 2,82 98 3,32 104 2,79 97 2,77 97 2,89 100 MEDIA INDICI PER AREA 99,0 102,8 98,5 100,0 100,0 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 88 Fig. 9 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 2,8 3 2,5 2 1,5 % 1 0,5 0 -0,5 -1 -1 -1,5 -1,5 Area "A" Centro storico Area "B" Area "C" Area "D" Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Anche i prezzi rilevati degli olii e grassi vegetali sono stati aggregati nell’ambito delle quattro aree in cui è stato suddiviso il territorio di Catania, al fine di mettere in luce i valori medi in ognuno dei suddetti e evidenziare se l’ubicazione dell’esercizio commerciali influenzi il prezzo. Per quanto attiene al gruppo merceologico degli Olii di oliva, per gli olii di oliva extra vergine le maggiori variazioni sono state rilevate per il prodotto Bertolli (Tab. 21), il quale ha fatto registrare nel centro storico (area “A”) prezzi superiori rispetto alla media cittadina del 5 % e del 3 % nei quartieri residenziali; per il marchio Sasso nell’area “B” è stato registrato un forte incremento (+ 9 %) e nell’area “D”, invece, ha fatto registrare un notevole decremento (– 8 %); le altre marche di olii di oliva extra-vergine hanno fatto registrare valori non di troppo discostanti dalla media. Tra gli “olii di oliva vergine” sono stati osservati prezzi superiori del 7 % per il San Giorgio nella periferia nord–ovest, del 5 % per il Dante nella periferia sud – ovest e del 4% nel “centro urbano” per il Carapelli; valori unitari inferiori, del 2 % e del 4 %, sono stati invece osservati per il San Giorgio nell’area “A” e “D”, per il Carapelli nell’area “B” e “D” e per il Sasso nelle due periferie nord-ovest e sud–ovest. Per l’intero gruppo degli Olii di oliva (Fig. 10), l’area “B”- quartieri residenziali, è stata quella nella quale è apparso più marcato l’aumento degli importi unitari medi rispetto ai valori del “centro urbano”, con una maggiorazione del 2,2 %, mentre nell’ambito dell’area “D” si è evidenziato il livello più basso dei prezzi unitari medi (– 1,5 %). 89 Tab.21 - Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004)(*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest OLII DI OLIVA (€ / litro) Olii di oliva extra - vergine - Dante - San Giorgio - Sasso - Bertolli 5,35 102 4,84 98 5,25 95 5,61 105 5,09 98 4,98 101 6,06 109 5,47 103 4,98 95 4,81 98 5,61 103 5,38 100 5,32 102 4,62 95 5,08 92 4,97 94 5,21 100 4,91 100 5,54 100 5,32 100 4,83 100 4,67 98 4,63 104 5,12 100 4,93 102 4,89 103 4,38 98 5,26 103 4,96 103 5,13 107 4,37 98 4,99 98 5,03 105 4,64 98 4,75 106 4,92 96 4,81 100 4,76 100 4,44 100 5,09 100 100,3 102,2 100,2 98,5 100,0 Olii di oliva vergine - Dante - San Giorgio - Carapelli - Sasso MEDIA INDICI PER AREA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 90 Fig. 10 - S ca rti pe rce ntuali de i pre zzi al cons umo de gli O l ii di oliva ris pe tto ai valori me di ne lle are e individua te de l " ce ntro urbano" di Catania (20 04) 2 ,2 2 ,5 2 1 ,5 1 % 0,2 0,3 0 ,5 0 -0 ,5 -1 A rea "A " A rea "B " A rea "C " -1,5 A rea "D " C en t ro s t orico Q uart ieri res idenz iali P eriferia N ord - O ves t P eriferia Su d - O v es t -1 ,5 Per quanto riguarda il gruppo degli Olii di semi, la Tab. 22 evidenzia i dati medi rilevati nel “centro urbano” di Catania e nelle singole aree considerate. Tra le diverse tipologie di olii di semi, quello che ha fatto registrare un’elevata variabilità dei prezzi è stato il Valsoia che ha registrato una maggiorazione del 7 % nei quartieri residenziali ed un decremento del 14 % nell’area “D”. Per i cinque prodotti oggetto di rilevazione (Fig. 11) si sono osservati nei quartieri residenziali variazioni più rilevanti dei prezzi rispetto ai valori del “centro urbano” (+ 4,2 %); valori inferiori rispetto alla media si sono riscontrati, invece, nell’ambito della periferia sud–ovest (– 3,2 %) e del centro storico (– 2,2 %). 91 Tab.22 - Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri residenziali Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest OLII DI SEMI (€ / litro) olio di semi vari - Olita Star 1,72 98 1,81 102 1,77 100 1,76 100 1,77 100 2,23 95 2,46 105 2,31 99 2,47 105 2,34 100 4,28 99 2,20 97 4,49 103 2,38 104 4,41 102 2,30 100 4,15 96 2,21 97 4,32 100 2,28 100 - Valsoia 3,12 100 3,38 107 3,19 101 2,69 86 3,14 100 MEDIA INDICI PER AREA 97,8 104,2 100,4 96,8 100,0 olio di arachidi - Oio olio di mais - Cuore - Maya olio di soia (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 92 Fig. 11 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 4,2 5 4 3 2 % 0,4 1 0 -1 -2 -2,2 -3 -3,2 -4 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Fig. 12 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai valori medi nelle aree individuate del "centro urbano" di Catania (2004) 4,5 6 4 2 2 0 % -1 -2 -4 -6 -6,5 -8 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest 93 Nel caso dei Grassi vegetali (Tab. 23), sono state osservate marcate variazioni rispetto ai valori medi del “centro urbano” di Catania soprattutto per la margarina Foglia d’oro, che ha fatto registrare un prezzo unitario medio inferiore del 12 % nell’area “D” e superiore (+ 9 %) nei quartieri residenziali. L’altro marchio di margarina considerata, Vallè, non ha mostrato ampi campi di oscillazione dei prezzi rispetto alla localizzazione dei punti vendita. In complesso, con riferimento all’intero gruppo merceologico gli importi unitari medi sono risultati superiori nell’area “B” (+ 4,5 %) e nel centro storico (+ 2 %) ed inferiori dell’1 % e del 6,5 % nelle due zone periferiche di Catania (Fig. 12). 94 Tab.23 - Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 1,11 1,14 1,03 0,92 106 109 98 88 100 1,19 1,22 1,21 1,20 1,22 98 100 100 99 100 102,0 104,5 99,0 93,5 100,0 GRASSI VEGETALI ( € / 250 gr) Margarina - Foglia d'oro - Vallè MEDIA INDICI PER AREA 1,05 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 95 5.4. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura distributiva Dall’analisi dei dati rilevati nel periodo compreso tra il 28 giugno 2004 l’8 luglio 2004 presso gli 80 punti vendita della distribuzione tradizionale e di quella moderna, è stato possibile dedurre che la differenziazione dei prezzi al consumo dipende sia dalla localizzazione degli esercizi commerciali che dalla tipologia della struttura distributiva. Le modalità con cui la differenziazione di prezzo indotta dalle strutture distributive si manifesta sono più o meno eterogenee e se, per alcuni gruppi merceologici, le differenze di prezzo sono risultate rilevanti nel loro complesso e spesso stabili con riferimento ai singoli beni, caratterizzati tutti da valori unitari elevati a seconda della struttura distributiva considerata, per altri gruppi, invece, le differenze di prezzo osservate per i singoli prodotti, talvolta di segno opposto, hanno camuffato l’effetto a livello complessivo. Tra i raggruppamenti riconducibili al primo tipo bisogna segnalare quelli relativi agli Olii di oliva, ai Grassi vegetali e ai Formaggi a pasta molle, mentre ascrivibili al secondo sono quelli relativi a Burro e panna, Formaggi a pasta filata e agli Olii di semi. Una posizione intermedia occupano i casi del Latte e dello Yogurt per i quali, a fronte di un livello quasi stabilmente superiore in corrispondenza di una specifica tipologia di struttura distributiva (distribuzione tradizionale), sono stati riscontrati valori unitari maggiori nella distribuzione moderna per alcuni prodotti (latte Sole U.H.T. parzialmente scremato nella confezione di 0,5 litri nel primo caso e yogurt Yomo sia intero che magro addizionato alla frutta nel secondo caso). Così come evidenziato nel metodo d’indagine, delle 80 imprese commerciali rilevate, 36, pari a 45 % del campione, erano ascrivibili ad esercizi commerciali di tipo moderno (minimercati e supermercati), mentre 44, cioè il 55 %, appartenenti alla distribuzione tradizionale (negozi di generi alimentari). Per tal motivo i valori medi dei prezzi nel centro storico sono risultati essere fortemente condizionati dal maggior peso degli esercizi appartenenti alla distribuzione tradizionale e gli indici di variabilità calcolati, 96 per le due tipologie di strutture distributive, non si sono discostati in misura analoga dal dato medio. Prendendo spunto dalle Fig. 13 e 14, risulta evidente la presenza di differenziazioni dei prezzi al consumo di segno per lo più concorde per sette degli otto gruppi merceologici considerati; per essi si registrano valori unitari leggermente superiori, rispetto a quelli medi osservati per il “centro urbano” di Catania negli esercizi commerciali di tipo tradizionale e, di contro, inferiori in ascrivibili alla distribuzione moderna. Gli unici gruppi merceologici per i quali sono stati osservati prezzi superiori in corrispondenza della distribuzione moderna sono quelli dei Formaggi a pasta molle (0,3 %) e dei Formaggi a pasta filata (1,8 %). In riferimento ai prodotti inseriti nel gruppo del Latte (Tab. 24), si evince la presenza di prezzi medi più elevati negli esercizi commerciali del dettaglio tradizionale rispetto alla distribuzione moderna per 11 dei 12 prodotti considerati, solamente per il latte fresco parzialmente scremato è stato osservato un prezzo uguale nelle due tipologie di strutture commerciali. Per il latte U.H.T. parzialmente scremato Parmalat e Sole, sono stati osservati incrementi dei prezzi, rispetto a quelli medi del “centro urbano” di Catania, fino al 5 % superiori nel dettaglio tradizionale (Parmalat) e decrementi dell’ordine del 5-6 % nella GDO. Nell’ambito del gruppo di prodotti considerato, le maggiori differenze, rispetto ai prezzi medi del “centro urbano” di Catania, sono state osservate per il latte Sole U.H.T. parzialmente scremato i cui valori unitari medi nella distribuzione moderna sono stati inferiori del 6 %. Il latte fresco, sia intero che parzialmente scremato, non ha fatto registrare differenze significative nei prezzi al consumo per le due strutture distributive né variazioni rispetto ai dati medi; tale situazione sembrerebbe confermare l’esistenza di un prezzo imposto da parte delle due case produttrici. Nel complesso, per il gruppo del Latte si sono registrati valori degli indici dei prezzi superiori del 1,8% per la distribuzione tradizionale ed inferiori del 1,7 % nel caso della distribuzione moderna. 97 Fig. 13 - Scarti pe rce ntuali de i pre zzi al consumo pe r grandi gruppi me rce ologici e tipologia di s truttura dis tributiva ne l "ce ntro urbano" di Catania (2004) 12 10,2 10 7 8 5,8 6 % 4 2,8 1,8 2 1 0,7 0 -2 -2,7 Fo al i i si ve g et is em ra s O lii d io fil a lii d pa G Fo rm rm ag ag gi gi a a pa O st a m st a pa e o rr Bu li v a ta le ol a nn rt gu Yo La tte -4 Dis tibuz ione tradiz ionale Fig. 14 - Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici e tipologia di struttura distributiva nel "centro urbano" di Catania (2004) 1,8 2 1 0,3 0 -0,5 -1 % -2 -1,7 -1,8 -2,1 -3 -3,5 -4 -4,2 pa Fo st a rm m ag ol gi le a pa st a f O il ata lii di ol iv a O lii di se m i G ra ss iv eg et al i Fo rm ag gi a pa nn a e o Bu rr Yo gu rt La tte -5 Distribuzione moderna 98 Tab.24 - Prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipolologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,28 1,24 1,28 100 98 100 - Sole 1,20 1,12 1,18 101 95 100 - Polenghi Stella 1,48 1,37 1,45 102 95 100 1,15 1,09 1,10 105 99 100 - Sole 0,92 0,87 0,93 99 94 100 - Polenghi Stella 1,28 1,18 1,24 103 95 100 1,34 1,32 1,33 100 100 100 1,16 1,16 1,16 100 100 100 1,28 1,26 1,27 100 100 100 1,11 1,11 1,11 100 100 100 0,73 0,68 0,70 105 99 100 0,60 0,62 0,59 101 105 100 101,8 98,3 100,0 LATTE ( € / litro) Latte U.H.T. intero - Parmalat Latte U.H.T. parz.screm. - Parmalat Latte fresco intero - Sole - Zappalà Latte fresco parz.scremato - Sole - Zappalà Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro) - Parmalat - Sole MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 99 La Tab. 25 mostra i prezzi medi al consumo dello Yogurt secondo le due diverse tipologie di strutture commerciali prese in esame. Per lo yogurt intero naturale sono stati osservati, per il prodotto della Sole, valori superiore del 2 %, rispetto a quelli medi del centro urbano, nei punti vendita del dettaglio tradizionale ed inferiori del 3 % per il prodotto Parmalat negli esercizi commerciali della grande distribuzione. Tra gli yogurt interi addizionati alla frutta, il prodotto Danone ha fatto registrare valori superiori del 2 % presso i punti vendita della distribuzione tradizionale ed inferiori del 4 % presso quelli della GDO. Tra gli yogurt magri naturali quello che ha fatto registrare campi di oscillazione dei prezzi piuttosto ampi è stato il Parmalat; esso ha presentato valori medi superiori del 5 % nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori (- 3 %) nel caso della distribuzione moderna. Nell’ambito degli yogurt magri addizionati alla frutta, è stato il prodotto Parmalat quello che ha fatto registrare valori medi superiori del 3 % nell’ambito della distribuzione tradizionale ed inferiori del 4 % nella GDO; diversa è apparsa, invece, la situazione per lo Yomo per il quale è stato registrato un valore dell’ indice inferiore (- 3 %) in corrispondenza del dettaglio tradizionale e superiore (+ 2 %) nei supermercati rispetto ai dati medi del “centro urbano” di Catania. Complessivamente, per il gruppo dello Yogurt sono stati registrati indici di prezzo superiori dello 0,7 % nella distribuzione tradizionale ed inferiori del 2,1% nella distribuzione moderna. 100 Tab.25 - Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipolologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,02 0,98 1,03 99 97 100 1,13 1,09 1,10 102 99 100 1,16 1,11 1,15 100 97 100 - Danone 1,38 1,27 1,35 102 96 100 - Yomo 1,32 1,38 1,37 99 100 100 1,13 1,04 1,07 105 97 100 1,26 1,18 1,25 100 97 100 1,18 1,09 1,14 103 96 100 1,41 1,49 1,46 YOGURT (2x125 gr.) Intero naturale - Parmalat - Sole Intero addiz.frutta - Parmalat Magro naturale - Parmalat - Yomo Magro add. Frutta - Parmalat - Yomo - Danone Vitasnella 97 102 100 1,40 1,36 1,39 98 100 97,9 100,0 100 MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA 100,7 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 101 I dati riportati nella Tab. 26, riguardano il gruppo merceologico del Burro e panna; circa il burro le maggiori oscillazioni sono state osservate per il burro Galbani che ha fatto registrare prezzi inferiori del 4 %, rispetto a quelli medi del centro urbano, presso i punti vendita della distribuzione moderna e superiori e superiori dell’8 % (Zappalà) negli esercizi commerciali della distribuzione tradizionale; l’altro marchio considerato, Sole, ha fatto registrare variazioni più contenute avendo rilevato un modesto decremento dei valori unitari nella GDO rispetto al valor medio ed un incremento del 3 % all’interno dei punti vendita della distribuzione tradizionale. Per quanto riguarda la panna, sono state osservate notevoli variazioni dei prezzi al consumo tra le due tipologie di strutture commerciali esaminate. E’ emerso che livelli superiori di prezzo si sono registrati nell’ambito della GDO (contrariamente a quanto visto sinora per gli altri prodotti, inferiori nell’ambito della distribuzione tradizionale). In particolare, per la panna Sole sono stati rilevati prezzi inferiori del 4% rispetto a quelli medi del “centro urbano” in corrispondenza della distribuzione tradizionale, e superiori (+ 9 %) nel caso della distribuzione moderna; nel caso della panna Parmalat si è presentata una situazione diversa che ha visto un incremento del prezzo rispetto a quello medio del “centro urbano” del 3 % nella distribuzione tradizionale ed un decremento dello stesso nell’ambito della distribuzione moderna (- 2 %). Nel complesso per il gruppo del Burro e panna sono stati registrati valori degli indici dei prezzi superiori del 2,8 % nell’ambito della distribuzione tradizionale ed inferiori dello 0,5 % nella distribuzione moderna. 102 Tab.26 - Prezzi medi al consumo del Burro nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,82 1,76 1,79 103 98 100 - Galbani 2,09 1,92 2,00 105 96 100 - Zappalà 1,78 1,62 1,64 108 98 100 1,13 1,07 1,10 103 98 100 0,89 1,01 0,93 96 109 100 2,69 2,56 2,63 102 98 100 102,8 99,5 100,0 BURRO (250 gr) - Sole PANNA da cucina (200 ml) - Parmalat - Sole per dolci - Sole MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 103 Con riferimento al gruppo merceologico dei Formaggi a pasta molle (Tab. 27), sono state osservate differenze ridotte nei prezzi dei prodotti rilevati nelle due diverse tipologie distributive essendosi riscontrati, infatti, valori unitari di poco discostanti da quelli medi del “centro urbano” di Catania. Nella tabella 28 sono stati inseriti i prezzi medi al consumo di Formaggi a pasta filata. Per tale gruppo si sono osservati prezzi inferiori del 3 % per la mozzarella Zappalà presso i negozi del dettaglio tradizionale e superiori del 2 % in quelli della grande distribuzione per lo stesso prodotto. Ma ancor più significativo è apparso il caso della mozzarella Galbani, per la quale i valori unitari si sono attestati su livelli inferiori (- 8 %) nell’ambito della distribuzione tradizionale e superiori (+ 4 %) nella GDO rispetto a quelli medi del “centro urbano”. Il Galbanino ha, invece, fatto registrare lievi differenze di prezzo in relazione alle due tipologie di strutture commerciali considerate. Nel complesso, considerando l’intero gruppo merceologico dei Formaggi a pasta filata, nell’ambito della distribuzione tradizionale si sono registrati prezzi inferiori del 2,7 % rispetto ai valori medi e per la distribuzione moderna prezzi leggermente superiori (1,8 %). 104 Tab.27 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 2,79 101 1,76 100 2,75 100 1,78 102 2,76 100 1,75 100 1,53 102 1,49 99 1,56 100 101,0 100,3 100,0 FORMAGGI A PASTA MOLLE Creme (€ / 200 gr) - Philadelphia - Certosino Formaggi fusi - Galbani (€ / 8 pezzi) MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 105 Tab.28 - Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,12 98 1,22 97 1,27 92 1,18 103 1,28 102 1,43 104 1,15 100 1,26 100 1,38 100 2,93 102 2,82 98 2,89 100 97,3 101,8 100,0 FORMAGGI A PASTA FILATA Mozzarella (€ / 125 gr.) - Sole - Zappalà - Galbani Altri - Galbanino (€ / 300 gr) MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 106 Per entrambe le due tipologie di olio, di oliva e di semi, si sono registrati prezzi superiori all’interno della distribuzione tradizionale con incrementi medi dell’ordine del 5 – 10 % e decrementi medi del 2 – 4 % nell’ambito della GDO. Nello specifico, come mostra la Tab. 29, in riferimento agli Olii di oliva emerge la presenza di prezzi più elevati nei punti vendita del dettaglio tradizionale rispetto a quelli della GDO per tutti gli otto prodotti inseriti nel gruppo considerato. Tra gli olii di oliva extra–vergine, quello che ha fatto registrare i più ampi campi di oscillazione è stato il Sasso e l’olio Dante maggiorati rispettivamente del 15 % e del 9 % nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori, entrambi dell’8 %, nel caso della distribuzione moderna. Circa gli olii di oliva vergine, si sono osservati valori superiori del 16 % per il Dante, nel caso della distribuzione tradizionale ed inferiori del 4 % nel caso della GDO; simile situazione è stata osservata per il Sasso che ha presentato un incremento analogo al Dante nel caso della distribuzione tradizionale e un lieve decremento (- 2 %) nel caso della distribuzione moderna. Nel complesso, per il gruppo Olii di oliva si sono registrati valori degli indici dei prezzi superiori (10,2 %) nella distribuzione tradizionale e decisamente inferiori (4,2 %) nella distribuzione moderna. I dati riportati nella Tabella 30, si riferiscono, invece, al gruppo merceologico degli Olii di semi; le maggiori oscillazioni si sono presentate per l’olio di mais Maya che ha fatto registrare prezzi superiori del 13 % rispetto a quelli medi del “centro urbano” nel circuito della distribuzione tradizionale ed inferiori (- 2 %), sempre rispetto al dato medio di riferimento, relativamente alla GDO; variazioni più contenute si sono registrate per gli altri prodotti considerati. Particolare attenzione merita il prodotto Oio, olio di arachidi, poiché per esso è emersa una variazione del prezzo al consumo tra le due strutture distributive che ha messo in luce una situazione diversa rispetto a quella illustrata per gli altri olii; esso ha, infatti, registrare un livello superiore dei prezzi nell’ambito della distribuzione moderna (+1 %) e inferiore nell’ambito della distribuzione tradizionale (- 3 %). Dalla media degli indici per tipologia di struttura distributiva è emerso che si sono registrati valori degli indici dei prezzi superiori del 5,8 % nella distribuzione tradizionale e decisamente inferiori dell’ 1,8 % nel caso della distribuzione moderna. 107 Tab.29 - Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 5,68 109 4,97 102 6,37 115 5,48 103 4,78 92 4,65 95 5,05 92 5,20 98 5,21 100 4,91 100 5,54 100 5,32 100 5,55 116 5,12 108 4,97 112 5,89 116 4,61 96 4,54 96 4,31 99 4,96 98 4,81 100 4,76 100 4,44 100 5,09 100 110,2 95,8 100,0 OLII DI OLIVA (€ / litro) Olii di oliva extra - vergine - Dante - San Giorgio - Sasso - Bertolli Olii di oliva vergine - Dante - San Giorgio - Carapelli - Sasso MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 108 Tab.30 - Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,83 103 1,68 95 1,77 100 2,25 97 2,37 101 2,34 100 4,58 106 2,58 113 4,21 98 2,23 98 4,32 100 2,28 100 3,47 110 3,11 99 3,14 100 105,8 98,2 100,0 OLII DI SEMI (€ / litro) olio di semi vari - Olita Star olio di arachidi - Oio olio di mais - Cuore - Maya olio di soia - Valsoia MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 109 Con riferimento al gruppo dei Grassi vegetali (Tab. 31), i maggiori incrementi dei prezzi, rispetto a quelli medi del “centro urbano” di Catania, sono stati osservati per il prodotto Vallè nel dettaglio tradizionale (+ 8 %) e decrementi dello stesso (- 5 %) nella distribuzione moderna. Nel complesso, per il suddetto gruppo, si sono osservati valori degli indici dei prezzi superiori del 7 % nella distribuzione tradizionale ed inferiori del 3,5 % nell’ambito della distribuzione moderna. 110 Tab.31 - Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 1,11 106 1,32 108 1,02 98 1,16 95 1,05 100 1,22 100 107,0 96,5 100,0 GRASSI VEGETALI (€ / 250 gr) Margarina - Foglia d'oro - Vallè MEDIA INDICI PER TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 111 5.5. La differenziazione dei prezzi in rapporto ad altre variabili Oltre ai fattori fin qui esaminati, numerose altre variabili esercitano una specifica influenza sulla differenziazione dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari nel “centro urbano” di Catania, alcuni dei quali esercitano un peso maggiore rispetto agli altri. L’individuazione rigorosa del grado di dipendenza del livello dei prezzi da altri elementi rispetto alla localizzazione dell’esercizio commerciale e alla tipologia della struttura distributiva, avrebbe richiesto un approccio metodologico differente motivo per cui in questo lavoro si possono sviluppare solo brevi considerazioni sul ruolo e sull’effetto che alcuni di questi fattori possono esercitare. Tra le variabili che entrano in gioco, il titolo di possesso dell’immobile è sicuramente una di quelle cause che, potendo comportare un spesa monetaria reale e gravare in misura consistente sul costo di produzione delle imprese, svolge notevole influenza sul livello dei prezzi al consumo. In un certo settore territoriale, la presenza di imprese proprietarie del locale nel quale viene svolta l’attività commerciale e di altre che lo possiedono in locazione, pone le due diverse tipologie di imprenditori in situazioni molto diverse tra loro. I primi, infatti, possono praticare prezzi minori nel caso in cui questi consentano loro di ottenere un aumento dei ricavi totali mentre i secondi sono generalmente obbligati ad applicare prezzi più alti (La Via, 1995). In altre parole, il possesso del locale dà all’imprenditore una maggiore flessibilità operativa rendendo realizzabile l’attuazione di strategie differenziate a seconda delle caratteristiche dei prodotti e fondamentalmente mutevoli nel tempo. Di contro esiste la situazione di coloro i quali detengono il locale in affitto; essi, quindi, dovranno non solo pagare un canone di locazione costante ma saranno costretti a trasferire sul prezzo del bene finale il peso delle rendite pagate, annullando la possibilità per gli stessi di abbassare i prezzi al consumo per ampliare il relativo mercato. La maggiore flessibilità operativa delle imprese che svolgono la propria attività in locali di proprietà, rispetto alle concorrenti che invece operano in locazione, permette alle prime di accettare livelli di rischio più elevati potendo comprimere il costo figurato della rendita in caso di crisi. Tale margine di flessibilità può permettere agli 112 imprenditori (o proprietari) di realizzare aumenti dei prezzi dei beni trattati, soprattutto quando gli stessi risultano caratterizzati da una domanda particolarmente rigida; questo diventa realizzabile soprattutto dai dettaglianti tradizionali che hanno attuato una politica di differenziazione del prodotto–servizio. Per quanto riguarda l’influenza esercitata dai canali distributivi, risulta ipotizzabile che l’approvvigionamento diretto presso le imprese produttrici e la maggiore capacità contrattuale connessa ai notevoli volumi di merce commercializzati dalla moderna distribuzione, permettono alla stessa di avere costi di approvvigionamento di molto inferiori rispetto a quelli degli esercizi commerciali di tipo tradizionale; questi, infatti, in genere acquistano piccole quantità di prodotto per mezzo di intermediari con la conseguenza di aumentare il costo per il compratore. Altro fattore che l’influenza il livello dei prezzi al consumo, già affrontato a proposito della geografia urbana, è l’ubicazione dell’esercizio commerciale rispetto alle principali vie di comunicazione. Il consumatore che quotidianamente effettua lo spostamento della propria abitazione verso il luogo di lavoro, e viceversa, è più disposto ad acquistare i beni agroalimentari che gli necessitano negli esercizi commerciali situati in prossimità del percorso che compie abitualmente; questo spesso viene compiuto anche se i prezzi dei prodotti acquistati sono superiori rispetto a quelli che si potrebbero comprare in aree lontane dalle principali arterie di comunicazione, pur di ridurre le perdite di tempo inevitabilmente connesse all’effettuazione delle compere. Gli altri fattori che finiscono per avere un’incidenza sui prezzi dei prodotti agroalimentari, come già detto in precedenza, sono: la presenza di un parcheggio in prossimità del punto vendita e l’effettuazione del servizio a domicilio che riducono il tempo occorrente per l’effettuazione della spesa, il primo, e che alleggeriscono il peso per trasportare la spesa sino al luogo del consumo, il secondo fattore. Essi non solo risultano inevitabilmente connessi con una maggiorazione del costo di produzione dell’impresa commerciale ma implicano, altresì, la formazione dei prezzi di vendita superiori rispetto a quelli degli altri esercizi commerciali. 113 6. Euro Il 1o Gennaio 1999 è la data di nascita dell’euro. Il tasso di conversione della lira in euro (e viceversa) è fissato definitivamente (1 euro vale 1.936,27 lire), sulla base dell’Ecu al 31/12/1998; a partire da tale data, la nuova moneta ha affiancato la lira quale moneta utilizzabile come unità di conto scritturale. Il 1o Gennaio 2002 monete e banconote in euro fanno la loro comparsa ed iniziano a coesistere con le lire e nello stesso giorno la nuova valuta entra definitivamente in circolazione mediante monete e banconote 12, sostituendo definitivamente la lira e le altre monete utilizzate nella Comunità Economica Europea. Il concetto di moneta europea venne originariamente formulato nella relazione di Werner (1970) che prevedeva l’attuazione dell’integrazione monetaria entro il 1980; tale processo fu, però, interrotto dalla spirale inflazionistica mondiale e dalla crisi verificatasi intorno alla metà degli anni Settanta che causò una sensibile alterazione dei tassi di cambio. L’interesse per il progetto di unione monetaria torna successivamente alla ribalta nel 1988 (intanto il sistema unitario europeo e l’Ecu - European Currency Unit, Unità di Valuta Europea - erano entrati in vigore nel 1979); nel 1989 questo progetto viene delineato in modo particolareggiato nella relazione di Jacques Dolores. Il 7 febbraio 1992 la relazione di Dolores viene adottata nel trattato di Maastricht, firmato dai dodici membri della Comunità europea (CE), con il quale gli stati membri si impegnarono a realizzare l’unione monetaria attraverso un graduale processo caratterizzato dalla crescente convergenza dei risultati economici di ciascun Paese. Le quotazioni di borsa sui mercati finanziari iniziano ad operare in euro, al pari delle operazioni interbancarie. Per il cittadino i pagamenti sono possibili tramite bonifico, assegno o carta di credito, ma non esistono ancora né monete né banconote; i pagamenti in contanti non sono ancora possibili. Il 30 Agosto 2001 a Francoforte, la Banca Centrale d’Europa presenta le nuove monete. 12 L’uso della doppia moneta (lira ed euro) si concluderà il 28 febbraio 2002; dopo il 30 giugno 2002 l’operazione di cambio delle ormai “vecchie” lire italiane sarà possibile solo presso la Banca d’Italia. 114 6.1. Impatto dell’introduzione dell’euro Nei mesi successivi all’introduzione dell’Euro si è diffusa la convinzione che il processo costituito dal passaggio alla moneta unica abbia generato un rilevante impatto sulla dinamica dei prezzi al consumo. Tale convinzione appare fondata principalmente sui potenziali effetti inflazionistici prodotti dalle procedure di arrotondamento seguite dalle imprese nella fase di passaggio alla nuova moneta. Nonostante la normativa comunitaria avesse stabilito che l’arrotondamento del prezzo convertito dalla valuta nazionale all’euro dovesse essere effettuato al centesimo più vicino 13, è stato da più fonti dimostrato che nel processo di trasformazione dei prezzi dalla denominazione in lire a quelle in euro si siano prodotti degli effetti di aggiustamento verso l’alto delle quotazioni. In particolare, tali effetti dovrebbero essere connessi con la pratica degli operatori di fissare i propri prezzi in corrispondenza di particolari cifre–soglie, definite “attraenti”, che risultano adatte a invogliare l’acquirente o sono comode dal punto di vista della gestione del circolante 14. Uno studio condotto dall’Istat in collaborazione con la Banca d’Italia 15 ha affrontato il problema della stima dell’impatto inflazionistico causato dalle pratiche di arrotondamento delle imprese, utilizzando i dati relativi alle quotazioni elementari rilevate nel periodo compreso tra dicembre 2001 e ottobre 2003, nei 20 comuni capoluogo di regione e utilizzate nel calcolo dell’indice nazionale dei prezzi al consumo 16 . Nel complesso sono state utilizzate oltre 90 mila quotazioni classificate per area geografica, canale distributivo e tipologia. L’analisi ha messo in luce che la percentuale di quotazioni “attraenti” è gradualmente aumentata, salendo da circa il 20 % all’inizio del 2002 a poco più del 50% in ottobre dello stesso anno. In particolare, nel corso degli ultimi mesi è salita la quota dei prezzi classificati come “esatti” o “frazionali”, mente quelli dei prezzi “psicologici” è rimasta stabile intorno al 10%. Inoltre, gli incrementi dei prezzi attraenti sono risultati relativamente più elevati di quelli che hanno interessato i prezzi non attraenti. Da questo studio è stato confermato che l’impatto dei meccanismi di arrotondamento è stato di gran lunga maggiore nella distribuzione tradizionale rispetto a quella moderna. 115 Tale risultato è particolarmente interessante dal punto di vista della percezione dell’impatto dell’euro emersa dal dibattito pubblico: gran parte delle evidenze che lo hanno alimentato si riferivano, in effetti, alla prima tipologia distributiva. L’Euro è la nuova moneta, quindi, è la moneta dell’Europa scelta con l’idea base di creare, attraverso una fitta rete di scambi, attraverso il Mercato comune ed il Mercato unico, una comunanza di interessi, un intreccio di commerci, una consuetudine di contatti, una unità di regole del vivere civile ed economico tale da facilitare una graduale messa in comune delle politiche e delle istituzioni con l’obiettivo di rivestire la funzione di potente simbolo di appartenenza alla stesa comunità 17. 13 Il Regolamento del Consiglio n. 1103/97 del 17 giugno 1997 ha stabilito le regole in materia di arrotondamento dei pezzi convertiti in euro. 14 Le tipologie di cifre–soglia attraenti considerate in letteratura sono le seguenti: prezzi “psicologici” (ad esempio, 4,99 euro anziché 5,00); prezzi frazionali “utilizzabili per semplificare i resti (ad esempio, 1,60 euro al posto di 1.63); prezzi “esatti”, che non comportano l’uso di moneta metallica (ad esempio, 10 euro invece di 9,50). 15 F. Mostacci, R. Sabbatici: L’Euro ha creato inflazione? Changeover e arrotondamenti dei prezzi al consumo in Italia nel 2002, Contributi Istat, n. 9/3/2003. 16 Nel periodo considerato l’andamento medio dei prezzi al consumo dei 20 capoluoghi di regione è stato molto simile a quello misurato dall’indice generale di prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale 17 È stato necessario iniziare da subito a “pensare in euro” staccandosi, per quanto possibile, dai riferimenti psicologici legati alla lira; è stato, infatti, importante che il passaggio sia prima avvenuto “mentalmente” per poi non ritrovarsi spaesati dinnanzi ad un cambiamento epocale. Tale mutamento ha toccato ogni aspetto della vita quotidiana ed ha anche comportato un lavoro e coinvolgimento globale di ogni operatore economico, visto che molteplici sono state le trasformazioni che si sono dovute affrontare a partire dagli estratti conti bancari arrivati in euro, ai lucchetti dei carrelli dei supermercati modificati per funzionare con la nuova moneta in sostituzione delle 500 lire, ai prezzi dei prodotti alimentari, soprattutto nei supermercati, dove ancora oggi al prezzo in euro viene affiancato quello in lire, dalle pompe di benzina ai vari distributori automatici, ecc. 116 L’introduzione dell’euro, pertanto, è stata motivo di creazione di vantaggio e di opportunità per lo sviluppo economico e sociale dovuto, in primo luogo, all’allargamento del mercato in Europa venendo, così, a rappresentare la prima linea più avanzata di integrazione monetaria ed anche il primo visibile tassello di una possibile unione politica. Per l’Italia, dove per trovare una simile rivoluzione del tessuto economico e sociale bisogna risalire ai tempi di Napoleone e dell’occupazione francese quando venne introdotta la lira come moneta ufficiale al posto del franco, l’introduzione dell’euro ha comportato operativamente maggiori complicazioni rispetto agli altri paesi europei in quanto si veniva da una valuta a basso valore unitario. L’entrata in vigore dell’Euro ha colpito (e talvolta danneggiato) molti comparti commerciali; nel settore agroalimentare i rincari maggiori si sono avuti soprattutto per i prodotti freschi (frutta, ortaggi, carne e pesce) e, negli altri settori, per assicurazioni, trasporti, bevande alcoliche, benzina, servizi idrici ed elettrici, tabacchi (Fonte: Eurispes, 2003). La Tabella. 48 si riferisce alla spesa delle famiglie italiane e permette di osservare l’evoluzione delle spese nel settore alimentare ed in quello non alimentare dall’entrata in vigore dal 2002, anno dell’entrata in vigore dell’euro, al 2004. Tab.32 - La spesa delle famiglie italiane dal 2002 al 2004 (variazione percentuale) (*) Gruppi di beni 2002 2003 2004 Alimentari 0,6 0,1 -0,3 Non alimentari -0,1 1,2 1,2 Totale 0,1 1 0,9 (*) Fonte: Ossevatorio economico (2004), Confcommercio 117 L’andamento, non omogeneo e discontinuo, è stato segnato nel 2002 da una variazione percentuale della spesa delle famiglie italiane dello 0,1 %; la stessa nel 2003 è aumentata attestandosi su un valore pari all’1 %, per poi decrescere leggermente nel 2004. Tutti i rincari medi, pari a 604 euro dal 1° gennaio 2003, sommati a 1.505 euro registrati nel corso del 2002, in testa ai quali vi sono RC auto, servizi idrici, autostrade, banche, poste, luce, gas, trasporti, hanno comportato un esborso di 2.109 euro falcidiando drasticamente i redditi e le capacità di spesa delle famiglie che devono sempre più spesso ricorrere all’indebitamento, motivo per cui si registra un forte aumento del credito al consumo (Osservatorio economico 2004, Confcommercio). Nel settore agroalimentare, per ovviare in parte al problema il Ministro delle Attività produttive Marzano, nel settembre 2004, ha raggiunto un’intesa con la GDO; tale accordo, ha previsto nei supermercati e ipermercati il blocco dei prezzi dei prodotti-cari e di quelli “a marchio proprio” fino al 31 dicembre 2004. Tale intervento si configura come un tentativo di dare attuazione al programma di governo con l’intento di aumentare il potere d’acquisto delle famiglie (Correre della Sera, 17/09/2004). Ma l’inflazione registrata dalle statistiche ufficiali è ben diversa da quella realmente percepita dalle famiglie, in cui i prezzi dei prodotti di largo consumo crescono perché il governo non fa una adeguata politica di controllo dei prezzi. Questo è palese, ad esempio, per i prodotti freschi, quali ad esempio le patate, perché quando il coltivatore le vende a 0,4 centesimi di euro e poi le ritrova ad 1 euro in vendita, vuol dire che ci sono troppe intermediazioni e troppe speculazioni. A tal proposito è dell’ottobre 2004 la “guerra” dei prezzi tra produttori, filiera e grande distribuzione svoltasi a Catania perché convinti, i primi, che la recessione sia dietro l’angolo; ad alimentare la disputa, la situazione delle imprese agricole che non riescono più a coprire i costi e dei molti commercianti denuncianti la realtà che vede il consumatore non acquistare più come prima. La crisi è stata recepita dal governo regionale e ciò cui gli interessati sperano è che si giunga ad una legge che consenta di vendere direttamente i lori prodotti ed avere un rapporto diretto con la grande distribuzione (La Sicilia, 7/11/2004). 118 Un risparmio da realizzare, che sarebbe ancora comunque insufficiente, potrebbe rappresentare sicuramente un sostegno alle famiglie per una ripresa dei consumi così largamente penalizzati negli ultimi tempi. 119 6.2. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero–caseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla localizzazione dell’esercizio commerciale: variazioni percentuali dal 1998 al 2004 Al fine di individuare gli effetti derivanti dall’introduzione dell’Euro, si è provveduto a confrontare i prezzi dei cinquanta prodotti agroalimentari oggetto d’indagine e le eventuali differenze verificatesi dal 1998 al 2004 e ad aggregare gli stessi nell’ambito delle quattro aree individuate già in precedenza (area “A”- centro storico, area “B”quartieri residenziali, area “C”, periferia nord-ovest e area “D”- periferia sud-ovest). Dalle elaborazioni effettuate sono emerse interessanti indicazioni che hanno consentito di accertare l’esistenza di variazioni leggermente diverse nelle quattro aree rispetto a quelle medie del “centro urbano” di Catania. In particolare, a livello aggregato con riferimento, cioè, agli otto diversi gruppi merceologici, limitate in termini assoluti, con alcune visibili eccezioni, sono state le differenze tra le varie aree con indici mediamente maggiori, rispetto alle medie del “centro urbano”, nei quartieri residenziali, e nel centro storico, rispettivamente, per due e per cinque gruppi di prodotti considerati. Nell’ambito della categoria merceologica del Latte è emerso che tra le tre marche di latte U.H.T. intero, il Polenghi Stella ed il Sole sono stati i prodotti che hanno fatto registrare rincari maggiori dal 1998 al momento in cui è stata effettuata la rilevazione; il primo pari al 6 % superiore rispetto al dato medio del “centro urbano” e nella periferia nord-ovest (area “C”) mentre l’aumento per il prodotto Sole è stato del 5 % nella periferia sud-ovest (area “D”). Alquanto differente risulta l’andamento dei prezzi per il latte U.H.T. parzialmente scremato: solo per il prodotto Parmalat la variazione di prezzo è stata pari al 6 % nei quartieri residenziali mentre, nelle altre aree, la variazione si è attestata su livelli inferiori dell’1-2 %. Le variazioni di prezzo del latte fresco sia intero che parzialmente scremato delle due marche Sole e Zappalà, non si sono discostate dal dato medio del “centro urbano” poiché la variazione dal 1998 al 2004 si è attestata su valori compresi tra 0,20 € e 0,23 € 120 per il latte intero e su valori compresi tra 0,03 € e 0,11 € per il latte parzialmente scremato. 121 Tab.33 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secon-do la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,15 100 0,11 99 0,25 98 0,13 98 0,13 99 0,26 98 0,15 101 0,33 106 0,12 97 0,21 105 0,28 99 0,15 100 0,14 100 0,27 100 0,06 100 0,16 100 0,11 106 -0,06 96 0,14 99 0,06 100 0,16 100 0,03 98 -0,03 98 0,13 98 0,06 100 -0,02 100 0,16 100 0,22 100 0,28 100 0,22 100 0,28 100 0,19 100 0,27 100 0,21 100 0,28 100 0,22 100 0,28 100 0,22 101 0,23 100 0,21 100 0,22 100 0,20 100 0,23 100 0,20 100 0,20 100 0,20 100 0,23 100 0,09 100 0,03 98 0,11 103 0,03 98 0,10 101 - 0,04 96 - 0,09 100 0,05 100 0,16 0,15 99,7 99,8 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 0,18 100,9 0,15 99,2 0,16 100,0 LATTE (€ / litro) Latte U.H.T. intero - Parmalat - Sole - Polenghi Stella Latte U.H.T. parz.screm. - Parmalat - Sole - Polenghi Stella Latte fresco intero - Sole - Zappalà Latte fresco parz.scremato - Sole - Zappalà Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro) - Parmalat - Sole MEDIA INDICI 122 Il latte Parmalat parzialmente scremato nella confezione da 0,5 litri ha fatto registrare una variazione superiore del prezzo medio rispetto al 1998, del 3 % superiore al dato medio, nella sola area “B”- quartieri residenziali ed inferiore (- 4%) nell’area “D” – periferia sud-ovest; il prodotto Sole, invece, ha fatto registrare variazioni di prezzo, rispetto al dato medio cittadino, negative per il 2 % nell’area “A” (centro storico) e nell’area “B” (quartieri residenziali). Nel complesso, nell’intero gruppo merceologico del Latte (Fig. 15) sono emersi lievi rincari (+ 0,9 %) nella periferia nord-ovest (area “C”), mentre nelle altre tre aree cittadine l’introduzione dell’euro ha comportato decrementi del livello medio dei prezzi pari allo 0,3 % nel centro storico (area “A”), allo 0,2 % nei quartieri residenziali (area “B”) e allo 0,8 % nella periferia sud-ovest (area “D”). Fig.15 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano di Catania" 0,9 1 0,8 0,6 0,4 0,2 % -0,3 -0,2 0 -0,2 -0,4 -0,6 -0,8 -0,8 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest 123 Nell’ambito del raggruppamento degli Yogurt, per lo yogurt intero naturale Sole, come riportato nella Tab. 34, le variazioni medie dei prezzi sono state registrate più elevate nell’area “B” – quartieri residenziali (+ 1 %), mentre nell’area periferica nord-ovest sono state osservate riduzioni dell’1 %. Per quanto attiene agli yogurt interi addizionati alla frutta, le elaborazioni effettuate hanno permesso di accertare l’esistenza di variazioni medie leggermente più elevate, del 2 e 3 %, nei quartieri residenziali, nella periferia nord-ovest e nel centro storico, con maggiorazioni più evidenti nel caso degli yogurt Parmalat e Danone; in contrapposizione a tale trend, valori più bassi sono stati osservati in corrispondenza dell’area “D”, area urbana nella quale ricadono i quartieri più poveri dell’intera città di Catania (ad esempio, Nesima superiore, Acquicella, ecc.). Anche nel caso degli yogurt magri naturali (Parmalat e Yomo), variazioni unitarie superiori rispetto a quelle medie osservate nel centro urbano sono state registrate nell’area “A” e nell’area “B” per il prodotto della Parmalat (oscillanti tra l’1 e il 3 %), mentre il prodotto Yomo ha fatto registrate un aumento soltanto nell’area “D” – periferia sud-ovest (+ 3 %). Più basse sono state le variazioni nell’ area “D”(periferia sud-ovest) per il prodotto Parmalat (- 5 %) e per Yomo nell’area “A” (centro storico) e “C” (periferia nord-ovest) con riduzioni dell’ordine del 2 %. 124 Tab.34 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano Nord-Ovest Sud - Ovest residenziali YOGURT (€ / 2x125 gr.) Intero naturale -Parmalat -Sole -0,01 100 0,03 101 -0,09 99 - 0,01 100 0,08 100 0,22 103 0,01 98 0,13 102 0,17 100 0,03 100 0,12 102 0,13 97 0,06 102 0,01 93 0,13 97 0,03 100 0,09 100 0,18 100 0,03 100 0,20 103 0,19 98 0,17 101 0,21 100 0,15 100 0,17 98 0,09 95 0,24 103 0,16 100 0,20 100 0,19 105 0,15 100 0,16 98 0,16 103 0,12 99 0,20 100 0,08 97 0,12 99 0,17 98 0,11 99 0,15 100 0,17 98 0,12 100 0,15 100 0,20 100 0,13 100,6 0,15 101,0 0,10 99,2 0,13 98,3 0,12 100,0 Intero addiz.frutta -Parmalat -Danone -Yomo Magro naturale -Parmalat -Yomo Magro add. Frutta -Parmalat -Yomo -Danone Vitasnella MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 125 Circa gli yogurt magri addizionati alla frutta, sono state osservate variazioni medie superiori rispetto al dato medio del “centro urbano” nell’area “A” e in quella “B” per il Parmalat (+ 3 e 5 %), mentre variazioni di prezzo minori si sono riscontrate nell’area “C”- periferia nord-ovest e per il Parmalat (- 3 %) e nell’area “A” – centro storico e nelle due periferie per il prodotto Danone Vitasnella (- 2 %). In riferimento all’intero gruppo merceologico degli Yogurt, come mostra la Fig. 16, la maggiore variazione dei prezzi dal 1998 al 2004 si è avuta nell’ambito dei quartieri residenziali (area “B”) nella quale è stato osservato un incremento medio pari all’ 1 % e una diminuzione dei prezzi medi dell’ordine dell’1,7 % nell’area “D” (periferia sudovest). Fig.16 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 1 1 0,6 0,5 0 % -0,5 -0,8 -1 -1,5 -1,7 -2 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest 126 Con riferimento alle tre diverse marche di Burro (Tab. 35), sono state osservate rilevanti variazioni nelle singole aree in cui è stato ripartito il territorio urbano di Catania; esse sono state superiori per il prodotto Galbani nell’area “A” (centro storico), per il prodotto Sole, nell’area “B”e in quella “C” mentre per il burro Zappalà la variazione maggiore dal 1998 al 2004 è stata osservata nella sola area “B” che comprende i quartieri residenziali. Variazioni di prezzo minori rispetto al dato medio del “centro urbano” di Catania sono state, invece, registrate per il burro Galbani e Zappalà nella sola periferia nord-ovest (3 e 4 %). Relativamente alla panna da cucina nella confezione da 200 ml, per il prodotto Parmalat la variazione è stata maggiore del 2 % nell’area “D” (periferia sud-ovest) e per il prodotto confezionato dalla Sole; essa si è attestata su un valore superiore al dato medio nelle aree “A” (centro storico) e “B” (quartieri residenziali) (+ 3 %). La panna per dolci Sole nella confezione da 500 ml ha fatto registrare rincari in tre aree sulle quattro considerate, cioè nell’area “A” (centro storico) e nell’area “C” (periferia nordovest) (+ 2 %) e nell’area “D” (periferia sud-ovest) (+ 3 %). 127 Tab.35 -Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,13 100 0,34 104 0,04 98 0,14 101 0,27 100 0,11 103 0,14 101 0,21 97 0,01 96 0,13 100 0,24 98 0,06 100 0,13 100 0,27 100 0,06 100 0,09 100 0,09 103 0,06 99 0,07 103 0,05 99 0,03 98 0,11 102 -0,01 99 0,07 100 0,05 100 - Sole 0,53 102 0,48 100 0,54 102 0,58 103 0,47 100 MEDIA INDICI 0,20 101,7 0,18 101,0 0,16 98,9 0,19 100,4 0,18 100,0 BURRO (€ / 250 gr) - Sole - Galbani - Zappalà PANNA da cucina (€ / 200 ml) - Parmalat - Sole per dolci (€ / 500 ml) (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 128 In complesso, per l’intero gruppo merceologico del Burro e panna, come mostra la Fig. 17, l’area nella quale si sono registrate variazioni di prezzo superiori rispetto al dato mediamente osservato nell’intero “centro urbano” è stato il solo centro storico (+ 1,7 %) mentre nei quartieri residenziali (area “B”) e nella periferia sud-ovest la variazione è stata più contenuta attestandosi su un valore pari, rispettivamente, all’ + 1 % e allo 0,4 %; leggermente inferiori, invece, sono risultate le variazioni dei prodotti in questione negli esercizi commerciali ubicati nella periferia nord-ovest (-1,1 %). Per quanto riguarda il raggruppamento merceologico dei Formaggi a pasta molle, l’analisi delle eventuali differenze verificatesi dopo l’introduzione della moneta unica europea si è polarizzata, anche in questo caso, su tre prodotti di specifica marca e confezione. Le creme nella confezione da 200 grammi sono il prodotto Philadelphia e il Certosino. Fig.17 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 1,7 2 1 1,5 1 0,4 0,5 % 0 -0,5 -1 -1,1 -1,5 Area "A" Centro storico Area "B" Area "C" Area "D" Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest 129 Il primo prodotto ha fatto registrare aumenti di € 1,02 e € 0,92 nei quartieri residenziali e nel centro storico aumenti, rispettivamente, dell’ 11 % e del 5 %; il secondo bene, invece, ha fatto registrare lievi aumenti nel centro storico (+ 1 %) e decrementi dell’ordine dello 0,2 % nella periferia nord-ovest. Come già detto nelle precedenti analisi, in questo gruppo di prodotti sono state inserite le sottilette Galbani nella confezione da otto pezzi; le variazioni per tale prodotto sono state del 2 % superiori, rispetto al dato medio rilevato nel “centro urbano”, nell’area “B” (quartieri residenziali) ed inferiori del 2 % nella periferia nord-ovest (area “C”). Nel complesso per i tre prodotti oggetto di rilevazione le variazioni percentuali, illustrate dalla Fig. 18, mettono in luce una sostanziale stabilità dei prezzi nell’ambito dell’intero territorio di Catania, con una maggiorazione degli stessi in corrispondenza dei quartieri residenziali (+ 4,4 %) e del centro storico (+ 1,7 %) e un decremento nelle due aree sub-urbane, in particolare nella periferia nord-ovest (-1,6 %). 130 Tab.36 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo deI Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,92 105 0,20 101 1,02 111 0,19 100 0,80 99 0,12 98 0,75 97 0,17 100 0,83 100 0,17 100 - Galbani (€ / 8 pezzi) 0,20 99 0,30 102 0,18 98 0,20 99 0,26 100 MEDIA INDICI 0,44 101,7 0,50 104,4 0,36 98,4 0,37 98,7 0,42 100,0 FORMAGGI A PASTA MOLLE Creme (€ / 200 gr) - Philadelphia - Certosino Formaggi fusi (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 131 Fig.18 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 4,4 5 4 3 1,7 2 % 1 0 -1 -1,6 -1,3 -2 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Oltre ai Formaggi a pasta molle, la rilevazioni delle variazione avutesi prima e dopo l’entrata in vigore dell’Euro è stata estesa anche ai Formaggi a pasta filata. In tale ambito sono state campionate, ancora una volta, le tre marche di mozzarella: Nuvoletta Sole, Vallelata Galbani e Zappalà. Se la Nuvoletta Sole, non ha fatto registrare evidenti variazioni di prezzo, i prodotti Vallelata Galbani e Zappalà hanno messo in luce un aumento del prezzo medio al consumo del 3 % nell’area “B” e in quella “D” per il primo prodotto e nell’area “A” per il secondo. Solo per quest’ultimo è stata osservata una variazione del prezzo medio, rispetto al dato del centro urbano, inferiore al 4 % nei quartieri residenziali e nella periferia sud-ovest. Le variazioni di prezzo del prodotto Galbanino, invece, non si sono discostate di troppo dal dato medio dell’intero ambito urbano nell’area “A” e nelle due periferie; solo nell’area “B” (quartieri residenziali) è stato registrato un notevole aumento del prezzo, incremento pari a + 11 %. Nel corso di questi anni per il suddetto gruppo merceologico non sono state registrate variazioni di prezzo rilevanti nelle quatto aree considerate. Come si evince dalla Fig. 16, tali 132 incrementi sono stati superiori solo nell’area “B” - quartieri residenziali (+ 2,6 %) e nel centro storico (+ 0,5 %); irrilevanti, invece, sono risultate le differenze osservate nelle due aree periferiche (Tab. 37). 133 Tab.37 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania,secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,11 100 0,22 103 0,14 100 0,11 100 0,15 96 0,22 103 0,12 100 0,18 100 0,14 100 0,08 99 0,14 96 0,24 103 0,11 100 0,19 100 0,16 100 - Galbanino (€ / 300 gr) 0,28 99 0,66 111 0,26 99 0,24 98 0,31 100 MEDIA INDICI 0,19 100,5 0,29 102,6 0,18 99,9 0,18 99,0 0,20 100,0 FORMAGGI A PASTA FILATA Mozzarella (€ / 125 gr.) - Sole - Zappalà - Galbani Altri (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 134 Fig. 19 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 2,6 3 2,5 2 1,5 % 1 0,5 0,5 0 -0,1 -0,1 -0,5 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Per quanto riguarda gli Olii di oliva, di olio extra-vergine di oliva sono state, anche in questo caso, prese in esame i quattro marchi prefissati; i prodotti Sasso e Bertolli sono stati quelli che hanno fatto registrare le più alte variazioni dei prezzi rispetto al dato medio del “centro urbano”, attestandosi su un valore del + 4 % il primo e + 5 % il secondo prodotto; inferiore è stato l’aumento che ha fatto registrare l’olio Dante nella periferia sud-ovest (+ 3 %). Leggere diminuzioni di prezzo sono state osservate in corrispondenza dei quartieri residenziali, area “B”, e della periferia nord-ovest, area “C”, oscillanti tra l’1 e il 4 %. Tra gli olii di oliva vergine, l’area nella quale sono emerse maggiori variazioni di prezzo dal 1998 al 2004 è stata la zona del centro storico (area “A”) nella quale per due prodotti, Carapelli e Dante, le differenze di prezzo sono state, rispettivamente, del 3 % e del 4 % superiori al dato medio del centro urbano. Nelle altre zone nelle quali è stato ripartito il territorio urbano di Catania non vi sono stati decrementi ma solo aumenti nell’intervallo considerato, oscillanti tra l’1 e il 2 % rispetto alla variazione media del “centro urbano”. Nel complesso (Fig. 20), nelle due circoscrizioni periferiche ubicate a nord-ovest e a sud-ovest del centro urbano, vi sono stati incrementi dello 0,3 % e nell’area “A”(centro 135 storico) gli incrementi hanno registrato un + 2,3 %); nell’ambito dei quartieri residenziali il decremento di prezzo dal 1998 al 2004 si è attestato su un valore pari a 0,2 %. 136 Tab.38 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,44 100 0,39 100 0,48 104 0,60 105 0,33 98 0,31 98 0,19 95 0,46 101 0,33 98 0,33 99 0,33 101 0,44 100 0,49 103 0,29 97 0,27 100 0,33 98 0,41 100 0,41 100 0,27 100 0,43 100 0,75 104 0,67 101 0,66 103 0,68 100 0,67 102 0,70 101 0,61 102 0,74 101 0,69 102 0,73 101 0,51 100 0,68 100 0,66 101 0,63 100 0,69 103 0,70 100 0,56 100 0,64 100 0,51 100 0,68 100 0,58 102,3 0,50 99,8 0,51 100,3 0,51 100,3 0,49 100,0 OLII DI OLIVA (€ / litro) Olii di oliva extra - vergine - Dante - San Giorgio - Sasso - Bertolli Olii di oliva vergine - Dante - San Giorgio - Carapelli - Sasso MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 137 Fig. 20- Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di oliva rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 2,3 2,5 2 1,5 % 1 0,3 0,5 0,3 0 -0,2 -0,5 Area "A" Centro storico Area "B" Area "C" Area "D" Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest Tra gli Olii di semi, le variazioni all’interno delle quattro aree considerate sono state più contenute. Nello specifico, le variazioni di prezzo più elevate si sono avute per l’olio di semi vari (Olita Star) nella periferia sud-ovest (+ 2 %) ed inferiori nell’ambito del centro storico (- 2 %). Per il prodotto estratto dalle arachidi (Oio), sono state osservate variazioni dei prezzi più elevate (+ 3 %) nell’ area “D”- periferia sud-ovest e nell’area “B” – quartieri residenziali ed inferiori nella sola area “A”- centro storico (- 1 %). Per le due tipologie di olio di mais, le variazioni all’interno delle quattro aree non sono alquanto dissimili; solo nell’area “C” è emersa una leggera diversità che ha messo in luce un aumento dell’1 % dell’olio Cuore ed un decremento, sempre nella stessa ripartizione urbana, dell’olio Maya (- 1 %). L’olio Valsoia, unico prodotto ad essere stato rilevato nell’ambito degli olii di soia, ha fatto registrare aumenti in tutte e quattro le aree maggiori del 3 % nell’area “B”- quartieri residenziali e pari all’1 % nell’area “A” e nella periferia nord-ovest. Nel complesso (Fig. 21), per l’intero gruppo degli olii di semi è emerso che le variazioni positive di prezzo più evidenti dal 1998 al 2004 sono state registrate nell’ area “B” (2 138 %) e, nella periferia sud-ovest mentre nel centro storico e nella periferia nord-ovest la situazione è rimasta pressoché stabile. Per quanto attiene al gruppo merceologico dei Grassi vegetali è stato osservato che la variazione del prezzo dal 1998 al 2004 per la margarina Foglia d’oro è stata superiore in due sole zone: nell’area “A” che abbraccia tutto il centro storico (+ 5 %) e nell’area “B” (+ 11 %); nella periferia “C”, invece, il valore è stato prossimo a quello medio del “centro urbano”, mentre nell’area “D”, periferia sud-ovest, esso si è discostato parecchio dal suddetto valore (- 7 %). La margarina Vallè ha, viceversa, presentato una variazione del prezzo superiore al dato medio del “centro urbano” solo nell’area “A” (+ 3 %) ed un valore prossimo a quello medio delle due periferie. Considerando l’intero gruppo merceologico (Fig. 22), i più elevati aumenti di prezzo si sono manifestati nel centro storico e nei quartieri residenziali (rispettivamente del + 4 % e + 5 %); nelle due periferie la variazione è stata negativa (- 1 % nella periferia nordovest e – 3,2 % in quella sud-ovest). 139 Tab.39 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,44 98 0,51 100 0,46 99 0,55 102 0,49 100 0,31 99 0,50 103 0,38 100 0,50 103 0,39 100 0,66 99 0,28 99 0,79 102 0,40 102 0,75 101 0,27 99 0,65 99 0,35 100 0,69 100 0,32 100 - Valsoia 0,54 101 0,58 103 0,50 101 0,47 100 0,44 100,0 MEDIA INDICI 0,47 100,0 0,55 102,0 0,47 100,0 0,50 100,8 0,47 100,0 OLII DI SEMI (€ / litro) olio di semi vari - Olita Star olio di arachidi - Oio olio di mais - Cuore - Maya olio di soia (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 140 Tab.40 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (*) Gruppi di prodotti Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro Centro storico Quartieri Periferia Periferia urbano residenziali Nord-Ovest Sud - Ovest 0,38 105 0,26 103 0,43 111 0,20 99 0,30 99 0,20 99 0,21 93 0,22 100 0,33 100 0,23 100 0,32 104,0 0,32 105,0 0,25 99,0 0,22 96,8 0,28 100,0 GRASSI VEGETALI (€ / 250 gr) Margarina - Foglia d'oro - Vallè MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 141 Fig. 21 - Scarti pe rce ntuali 2004-1998 de i pre zzi al consumo de gli Olii di se mi rispe tto ai valori me di ne lle are e individuate ne l "ce ntro urbano" di Catania 2 2 1,8 1,6 1,4 1,2 % 0 ,8 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 A rea " A " A rea "B" A rea " C" A rea " D" Centro s to rico Quartieri res iden ziali Periferia Nord Ov es t Periferia Sud Oves t Fig. 22 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Grassi vegetali rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel "centro urbano" di Catania 5 5 4 4 3 2 1 % 0 -1 -1 -2 -3 -3,2 -4 Area "A" Area "B" Area "C" Area "D" Centro storico Quartieri residenziali Periferia Nord - Ovest Periferia Sud - Ovest 142 6.3. La differenziazione dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari e degli olii e grassi vegetali indotta dalla tipologia di struttura distributiva: variazioni percentuali dal 1998 al 2004 Sempre in stretto riferimento al 2004 (seconda metà di giugno e inizi di luglio) ed al “centro urbano” di Catania, sulla base dei confronti realizzati prima e dopo l’entrata in vigore dell’Euro in rapporto alle due tipologie di strutture commerciali considerate, è emerso che soprattutto per la categoria merceologica degli olii di oliva e di semi e per i grassi vegetali si sono manifestate notevoli variazioni di prezzo, mentre per gli altri prodotti non sono state registrate rilevanti differenze di prezzo. Nel prendere in considerazione l’intera distribuzione tradizionale, come mostra la Fig. 23, per i prodotti “lattiero-caseari” si sono rilevati scarti percentuali compresi tra lo -0,1 e il 2 %, per gli “olii e i grassi vegetali” gli scarti sono stati tutti positivi e superiori al 2 %. In particolare, questa situazione si è manifestata per le due tipologie appartenenti al gruppo merceologico dei grassi vegetali per il quale l’aumento, rispetto al dato medio del “centro urbano”, si è attestato su un valore del 3,5 % superiore. Con riferimento alla distribuzione moderna (Fig. 24) si osserva che gli scarti sono per lo più negativi, a dimostrazione del fatto che non solo nei supermercati e minimercati i prezzi sono inferiori ma che nel corso di questi anni in tali ambiti si è verificato un leggero decremento oscillante tra – 0,1 - 0,3 %. Solo per una categoria merceologica facente capo ai prodotti lattiero-caseari (burro e panna) lo scarto è stato positivo e pari a 0,5 %. E’ opportuno rilevare che per i formaggi a pasta molle, la variazione è stata pressoché nulla; qui, infatti, come si vedrà nella relativa tabella, non sono stati osservati valori discostanti da quelli medi dell’intero centro urbano. Per il raggruppamento merceologico del Latte sono emerse rilevanti variazioni dei prezzi al consumo dal 1998 al 2004 in entrambe le due tipologie distributive considerate, così come riportato dalla Tab. 40. Osservando, infatti, la media degli indici si nota che essi risultano attestati su valori leggermente inferiori a quelli medi 143 Fig.23 - Scarti pe rce ntuali 2004-1998 de i pre zzi al consumo pe r grandi gruppi me rce ologici ne lla disribuzione tradizionale ne l "ce ntro urbano" di Catania 3 ,5 3,5 3 2 ,5 2,5 2 1,5 0,8 1 0,5 -0 ,3 0 -0 ,1 et al i i lii ss iv eg di se m liv a di o ag gi G ra O O ap lii as ta fil a ta m ol le as ta Fo Fo rm rm ag gi Bu r ap ro e Y pa nn a tte og ur t -0,5 La Dist ribuzion e t radizion ale Fig.24 - Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici nella distribuzione moderna nel "centro urbano" di Catania 0,6 0,5 0,4 0,2 -0,1 0 -0,1 -0,2 -0,2 -0,2 -0,3 -0,4 li i iv ra ss G O lii di di eg se et a m ol iv a at a lii O ag rm Fo Fo rm ag gi a gi a pa pa s ta st a fil m ol na an ep Bu r ro og ur t Y le -0,6 -0,6 tte % La % 2 1,9 2 Distribuzione moderna 144 sia nella distribuzione tradizionale che in quella moderna (rispettivamente – 0,3 % e – 0,1 %). In particolare, a differenza di quanto osservato per tutti i suddetti prodotti del gruppo merceologico, per il latte U.H.T. intero sono state osservate variazioni dei prezzi sensibilmente più basse negli esercizi commerciali di tipo tradizionale, area nella quale si sono avute riduzioni, rispetto ai valori medi dell’intera area urbana, del 2 e del 5 %, rispettivamente, per il prodotto Sole e Parmalat. Nell’ambito del latte U.H.T. parzialmente scremato, è stato possibile osservare solo leggere differenze (1 – 5 %) con riferimento a tutti e tre i prodotti del gruppo e ad entrambe le strutture commerciali. Valori unitari più elevati sono stati registrati per il prodotto Sole, in corrispondenza dei supermercati e minimercati, mentre valori leggermente più alti sono stati osservati per il prodotto Parmalat nei negozi tradizionali di generi alimentari (+ 5 %). Simile andamento è stato riscontrato per il latte U.H.T. parzialmente scremato nella confezione da 0,5 litri; per lo stesso, infatti, l’aumento dal 1998 al 2004 si è attestato su un valore del + 2 % (Sole) nel solo ambito degli esercizi commerciali di tipo tradizionale. Irrilevanti, invece, sono risultate le variazioni riportate dal latte fresco sia intero che parzialmente scremato in entrambi gli ambiti distributivi. Per quanto attiene al raggruppamento degli Yogurt, le analisi effettuate (Tab. 42) hanno messo in luce variazioni unitarie leggermente inferiori rispetto al dato medio del “centro urbano” nei supermercati e minimercati, per il prodotto Danone, appartenente alla categoria degli yogurt interi addizionati alla frutta, e per il prodotto Parmalat, uno dei tre yogurt della categoria dei magri addizionati alla frutta; gli altri due prodotti della suddetta varietà di yogurt hanno fatto registrare le variazioni più basse proprio in corrispondenza della struttura distributiva di tipo tradizionale. Nel complesso, le variazioni, nel corso dell’intervallo considerato, sono state inferiori in entrambe le tipologie commerciali (0,1 % nel caso della distribuzione tradizionale e 0,6 % nei minimercati e nei supermercati). 145 Tab.41 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,10 98 0,09 95 0,25 99 0,15 100 0,10 98 0,23 97 0,15 100 0,14 100 0,27 100 0,07 105 -0,06 97 0,15 100 0,10 101 0,01 102 0,16 100 0,06 100 -0,02 100 0,16 100 0,23 100 0,28 100 0,21 100 0,28 100 0,22 100 0,28 100 0,22 100 0,23 100 0,21 100 0,23 100 0,20 100 0,23 100 0,10 101 0,08 102 0,09 100 0,06 100 0,09 100 0,05 100 0,15 99,7 0,15 99,9 0,16 100,0 LATTE (€ / litro) Latte U.H.T. intero - Parmalat - Sole - Polenghi Stella Latte U.H.T. parz.screm. - Parmalat - Sole - Polenghi Stella Latte fresco intero - Sole - Zappalà Latte fresco parz.scremato - Sole - Zappalà Latte U.H.T. parz.screm.0,5 lt (€ / litro) - Parmalat - Sole MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 146 Tab.42 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,04 103 - 0,01 100 0,08 100 0,21 100 - 0,08 100 0,11 98 0,03 100 0,09 100 0,18 100 0,03 100 0,18 100 0,16 98 0,16 100 0,15 98 0,16 100 0,20 100 0,13 100 0,12 99 0,18 99 0,10 99 0,16 100 0,19 100 0,12 100 0,15 100 0,20 100 0,14 99,9 0,11 99,4 0,12 100,0 YOGURT (€ / 2x125 gr.) Intero naturale - Parmalat - Sole Intero addiz.frutta - Parmalat - Danone - Yomo Magro naturale - Parmalat - Yomo Magro add. Frutta - Parmalat - Yomo - Danone Vitasnella MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 147 A livello complessivo, per i cinque prodotti appartenenti al gruppo merceologico del Burro e panna è risultata palese, come mostra la Tab. 43, l’esistenza di variazioni di poco superiori al dato medio del “centro urbano” nella grande distribuzione organizzata (+ 0,5 %) e leggermente superiori (+ 2 %) negli esercizi commerciali del dettaglio tradizionale. Tra le tre marche di burro campionate, le variazioni sono state pressoché simili in entrambe le strutture distributive e il solo prodotto che ha fatto registrare un aumento medio pari al 2 % è stato il Galbani. Nel caso della panna, se variazioni irrilevanti sono state osservate per quella da cucina, lo stesso non si è verificato per la panna per dolci la quale, nella distribuzione tradizionale, ha fatto registrare un aumento medio pari all’1 % rispetto al dato medio del “centro urbano”. Diverso a quello osservato per il raggruppamento merceologico precedente, è stato l’andamento dei prezzi dei Formaggi a pasta molle che nell’ambito della moderna distribuzione si è attestato su livelli non discostanti da quello medio, mentre negli esercizi tradizionali ha mostrato lievi aumenti. Questo si è verificato per la crema Philadelphia e per le sottilette Galbani, mentre il prodotto Certosino ha subito aumenti dell’ordine del 2 % nell’ambito della sola distribuzione moderna; nel complesso, pertanto, in tale gruppo merceologico la variazione è stata irrilevante. Analoga alla situazione fino ad ora descritta, è stata quella dei Formaggi a pasta filata. Tra le tre marche di mozzarella, il prodotto Sole ha fatto registrare una leggera diminuzione del prezzo medio nell’ambito della distribuzione tradizionale e, di contro, un aumento dell’1 % nei supermercati e minimercati; le mozzarelle Zappalà e Galbani, invece, hanno fatto registrare aumenti negli esercizi commerciali tradizionali per i quali l’aumento si è attestato tra il 4 ed il 5 %. Per il prodotto Galbanino, infine, è stata osservata sostanziale omogeneità in entrambe le tipologie distributive rispetto alla variazione media del “centro urbano”. A livello complessivo, per i quattro prodotti considerati per tale categoria si è osservata, come mostra la Tab. 44, una variazione dei prezzi attestatasi su un livello inferiore nella grande distribuzione (- 0,2 %) e leggermente superiore (+ 1,9 %) negli esercizi commerciali facenti capo al dettaglio tradizionale. 148 Tab.43 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,12 100 0,30 102 0,06 100 0,14 100 0,31 102 0,07 100 0,13 100 0,27 100 0,06 100 0,09 100 0,06 100 0,07 100 0,06 100 0,07 100 0,05 100 - Sole 0,49 101 0,47 100 0,47 100 MEDIA INDICI 0,19 102,0 0,19 100,5 0,18 100,0 BURRO (€ / 250 gr) - Sole - Galbani - Zappalà PANNA da cucina (€ / 200 ml) - Parmalat - Sole per dolci (€ / 500 ml) (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 149 Tab.44 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo di Formaggi a pasta molle nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,85 102 0,18 100 0,83 100 0,20 102 0,83 100 0,17 100 0,22 100 0,20 98 0,26 100 0,42 100,8 0,41 100,0 0,42 100,0 FORMAGGI A PASTA MOLLE Creme (€ / 200 gr) - Philadelphia - Certosino Formaggi fusi - Galbani (€ / 8 pezzi) MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 150 Tab.45 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo di Formaggi a pasta filata nel "centro urbano" di Catania,secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,08 98 0,23 104 0,21 105 0,12 101 0,18 99 0,16 100 0,11 100 0,19 100 0,16 100 - Galbanino (€ / 300 gr) 0,32 100 0,30 99 0,31 100 MEDIA INDICI 0,21 101,9 0,19 99,8 0,20 100,0 FORMAGGI A PASTA FILATA Mozzarella (€ / 125 gr.) - Sole - Zappalà - Galbani Altri (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 151 Nella categoria merceologica degli Olii di oliva, è emersa una leggera differenza delle variazioni di prezzo avutesi nel corso di questi anni che; tale situazione si evidenzia nella GDO per l’olio extra-vergine di oliva Dante e Sasso e, tra gli olii di oliva vergine, per tre prodotti (Dante, Sasso e San Giorgio). Di contro, nel dettaglio tradizionale e per i suddetti beni la variazione si è attestata su un livello superiore rispetto al dato medio, soprattutto per gli olii di oliva vergine, come mostra la Tab. 46, pari a + 16 % per il prodotto Dante, all’ + 11 % per l’olio Sasso e al 5 % per l’olio San Giorgio. Nel complesso, per l’intero gruppo merceologico si rilevano aumenti dell’ordine del 7,3 % nel dettaglio tradizionale e decrementi dell’ordine dello 0,1 % nella GDO. Diversa appare la situazione degli Olii di semi. Un solo prodotto, infatti, ha fatto registrare variazioni di prezzo positive nella distribuzione moderna rispetto a quella tradizionale (l’olio di arachidi Oio), mentre per gli altri quattro prodotti del gruppo considerato l’aumento, compreso tra il 2 e il 5 %, è stato osservato nel solo ambito della distribuzione tradizionale dove la media degli indici si è attestata su un livello di variazione superiore al 2 % rispetto al dato medio calcolato nel “centro urbano”. 152 Tab.46 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione Distribuzione Centro tradizionale moderna urbano 0,41 100 0,22 96 -0,08 95 0,42 100 0,28 97 0,28 99 0,22 99 0,42 100 0,41 100 0,41 100 0,27 100 0,43 100 0,91 116 0,87 105 0,72 103 1,06 111 0,64 103 0,49 98 0,51 100 0,72 102 0,56 100 0,64 100 0,51 100 0,68 100 0,56 107,3 0,45 99,9 0,49 100,0 OLII DI OLIVA (€ / litro) Olii di oliva extra - vergine - Dante - San Giorgio - Sasso - Bertolli Olii di oliva vergine - Dante - San Giorgio - Carapelli - Sasso MEDIA INDICI (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 153 Tab.47 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione tradizionale Distribuzione moderna Centro urbano OLII DI SEMI (€ / litro) olio di semi vari - Olita Star 0,47 100 0,43 98 0,49 100 0,32 98 0,41 100 0,39 100 0,79 103 0,46 105 0,68 100 0,35 100 0,69 100 0,32 100 - Valsoia 0,59 104 0,47 101 0,44 100 MEDIA INDICI 0,52 102,8 0,47 99,8 0,47 100,0 olio di arachidi - Oio olio di mais - Cuore - Maya olio di soia (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 154 Nell’ultimo raggruppamento merceologico relativo ai Grassi vegetali, variazioni di prezzo dal 1998 al 2004 sensibilmente più elevate si sono riscontrate all’interno degli esercizi commerciali tradizionali, sia per la margarina Foglia d’oro (+ 2 %) sia per la Vallè (+ 7 %) a differenza di quanto è accaduto nella moderna distribuzione per la quale le variazioni sono state prossime a quelle medie del “centro urbano” (Tab. 48). La variazione complessiva del gruppo considerato si è attestata su un valore positivo e pari al 4,5 % nella distribuzione tradizionale ed inferiore (- 0,3 %) in quella moderna. 155 Tab.48 - Scarti e indici 2004/1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel "centro urbano" di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (*) Gruppi di prodotti Distribuzione tradizionale Distribuzione moderna Centro urbano GRASSI VEGETALI(€ / 250 gr) Margarina - Foglia d'oro - Vallè MEDIA INDICI 0,36 102 0,32 107 0,34 100 0,19 99 0,33 100 0,23 100 0,34 104,5 0,27 99,7 0,28 100,0 (*) Fonte: nostre elaborazioni su dati rilevati in maniera diretta. 156 7. Considerazioni conclusive L’indagine effettuata inerente alla distribuzione e alla differenziazione dei prezzi dei prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” sottoposti ad elaborazione, ha consentito di mettere in luce non soltanto le differenziazioni dei prezzi dei suddetti beni nell’ambito delle quattro aree nelle quali è stato suddiviso il “centro urbano” di Catania anche in relazione alle due grandi tipologie di strutture distributive considerate (distribuzione tradizionale e moderna), ma ha inoltre permesso di individuare, con riferimento agli otto gruppi merceologici ed ai cinquanta prodotti, i principali fattori che determinano la differenziazione spaziale e le differenze prodotte dalla tipologia della struttura distributiva. Il fenomeno città, o spazio metropolitano, analizzato sotto diversi punti di vista (economico, sociologico, geografico, ecc.) assume un’importanza rilevante non soltanto come elemento di differenziazione territoriale nell’ambito dell’intera regione (osservando cioè i rapporti tra città ed aree circostanti), ma anche come struttura diversificata al suo stesso interno, spiegando le funzioni delle singole sub-aree urbane rispetto all’intera area. Si è, pertanto, studiato l’apporto che i modelli di funzionamento delle strutture territoriali urbane possono fornire ai fini dell’interpretazione del processo di differenziazione dei prezzi al consumo dei beni del settore agroalimentare in tali aree. In pratica, il presente studio si è proposto di individuare se e quali relazioni esistono tra ambienti della struttura urbana e i prezzi di alcuni prodotti alimentari. L’analisi ha, altresì, evidenziato le variazioni dei prezzi susseguitesi dal 1998 al 2004 nel delicato passaggio dalla lira all’euro. L’approccio metodologico seguito è stato soggetto ad evidenti limiti, dovuti ad un numero di rilievi non uniforme per i vari prodotti nelle diverse aree considerate; tuttavia, le analisi sulle quattro aree e sulle due diverse tipologie di strutture distributive considerate hanno contribuito a far emergere indicazioni di grande interesse circa i fattori che presentano la maggiore influenza sul livello dei prezzi al consumo consentendo e di interpretare il ruolo svolto dagli stessi. Va sottolineato, inoltre, il riferimento temporale assai limitato, circoscritto alla seconda metà del mese di giugno ed ai primi giorni del mese di luglio 2004; per accrescere il grado di significatività dei risultati dell’indagine, infatti, sarebbe necessario prevedere 157 un piano di rilevazione dinamico, esteso, cioè, ad altri mesi dell’anno e ad intervalli di tempo più ravvicinati che, certamente, sarà in grado di fornire indicazioni più puntuali. La variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti agroalimentari oggetto della presente analisi, è risultata nel complesso contenuta così come ci si aspettava in relazione alla natura dei prodotti rilevati (grocery alimentare). Così come si era avuto modo di osservare con riferimento ad altri prodotti, il grado di eterogeneità degli stessi presenta riflessi non indifferenti sulla variabilità dei prezzi intorno al dato medio. Con riferimento al gruppo dei beni “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali”, la maggiore variabilità dei prezzi è stata osservata per i formaggi sia a pasta molle che a pasta filata, per la categoria merceologica del burro e panna e per quella dei grassi vegetali; tali aggregati, infatti, sono stati quelli che hanno fatto registrare campi di oscillazione superiori rispetto a quelli osservati per gli altri prodotti. Ridottissime differenziazioni nel “centro urbano” sono state registrate per alcuni prodotti, quali: latte fresco intero, latte fresco parzialmente scremato, ecc. per i quali le ditte produttrici arrivano quasi sempre ad imporre al distributore il prezzo finale al consumo, in relazione a particolari politiche commerciali o strategie promozionali. I rilievi relativi alle dieci circoscrizioni territoriali in cui è stato suddiviso il Comune di Catania, sono state aggregate in quattro grandi aree: area “A” - centro storico nella quale sono confluite le rilevazioni effettuate nell’ambito della I circoscrizione, area “B”quartieri residenziali che ha inglobato i rilievi effettuati nella II, III, e IV circoscrizione, area “C” – periferia nord-occidentale i cui rilievi sono stati estesi alla V e VI municipalità ed infine l’area “D”- periferia sud-ovest nella quale sono state effettuate le rilevazioni relative alle municipalità VII e VIII. Dalle elaborazioni effettuate sono emerse interessanti indicazioni che hanno permesso di accertare l’esistenza di prezzi più o meno differenziati tra le singole aree e tra questi e quelli medi attinenti all’intero “centro urbano”. Nello specifico, con riferimento quindi agli otto gruppi merceologici, relativamente ridotte, con alcune eccezioni, si sono appalesate le differenze tra le quattro aree individuate con prezzi mediamente maggiori, rispetto alle medie cittadine, nel centro storico (area “A”) e nei quartieri residenziali (area “B”) e stabilmente inferiori nelle due aree periferiche della città. 158 La differenziazione dei prezzi nel “centro urbano” di Catania può essere causa di situazioni di distorsione nei consumi, in relazione alle diverse classi di reddito della popolazione residente nelle quattro aree individuate. Queste situazioni si creano quando il livello dei prezzi nelle varie aree urbane non coincide con i livelli di reddito medio dei residenti; la conseguenza è che si hanno particolari situazioni caratterizzate da valori unitari dei beni agroalimentari superiori a quelli medi, mentre i redditi si attestano su livelli inferiori alla media riducendo il reddito reale dei residenti. Quasi certamente questo fenomeno non risulta largamente diffuso in quanto, in generale, le aree contraddistinte da un livello superiore di reddito sono quelle nelle quali si formano prezzi minori e, con molta probabilità, proprio il livello del reddito medio dei residenti rappresenta uno dei fattori che tende a contenere la crescita dei prezzi medi al consumo. Tali situazioni, però, possono verificarsi in alcune circoscrizioni o parti di esse nelle quali si possono osservare prezzi superiori a quelli medi. Altre volte, però, in un’area sufficientemente popolata e nella quale gli abitanti hanno redditi medio-bassi, il fenomeno può essere provocato dall’assenza di esercizi commerciali della moderna distribuzione; se questo si verifica, viene a mancare competitività e i dettaglianti tradizionali possono permettersi di assegnare ai prodotti standardizzati prezzi relativamente più alti di quelli che potrebbero essere assegnati nel caso in cui, nell’area, si disponesse di una sufficiente presenza di diverse tipologie di strutture distributive. Nella distribuzione tradizionale ed in quella moderna sono state osservate notevoli differenze di prezzo, così come anche in passato erano state messe in luce in diversi lavori (D’Amico, La Via, 1998; Pellegrino, 1998); nello specifico, sono stati osservati valori medi stabilmente superiori in corrispondenza degli esercizi commerciali appartenenti al dettaglio tradizionale ed inferiori nei punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata. Nel corso dell’elaborazione è risultata facilmente intuibile l’influenza, sul livello medio dei prezzi, indotta dalla distribuzione moderna i cui prodotti passano dal produttore al dettagliante finale; questo fa ipotizzare che l’approvvigionamento diretto presso le imprese produttrici insieme con la capacità contrattuale inevitabilmente connessa agli elevati volumi di merce commercializzati dalla stessa, consentano di avere costi approvvigionamento di gran lunga inferiori 159 rispetto a quelli degli esercizi commerciali di tipo tradizionale. Questi ultimi, infatti, acquistano piccole quantità di merce mediante varie figure economiche intermediarie (agenti, rappresentanti, mediatori) con la conseguenza che il prezzo che l’acquirente paga per un certo bene aumenti notevolmente. In complesso l’indagine effettuata, pur considerando i limiti connessi al ridotto numero di prodotti esaminati ed alla contenuta consistenza del campione analizzato, ha fornito utili indicazioni sulla differenziazione dei prezzi al consumo, rinvenibili nell’ambito del territorio urbano di Catania, dipendenti sia dalla localizzazione degli esercizi commerciali, sia dalla tipologia di struttura distributiva sia, ancora, da altri fattori (titolo di possesso del locale,forma di approvvigionamento, posizione dell’esercizio commerciale rispetto alle vie di comunicazione, ecc.) consentendo di analizzare il ruolo e l’azione che gli stessi svolgono nel determinare il valore unitario finale e di esaminare l’influenza che presentano sulle strategie dell’imprenditore commerciale. L’indagine, poi, ha anche consentito di mettere in luce le variazioni dei prezzi avutesi con l’introduzione dell’euro. Come termine di confronto ci si è serviti dei prezzi dei prodotti “lattiero-caseari” e degli “olii e grassi vegetali” rilevati nell’anno 1998 (D’Amico, La Via, Pellegrino, 1998). Le informazioni emerse sono apparse di grande interesse perché hanno permesso di individuare quei prodotti per i quali il cambio monetario ha avuto più o meno evidenti ripercussioni sul prezzo sia in relazione alla localizzazione degli esercizi commerciali sia in relazione alle due grandi tipologie di strutture commerciali considerate. In particolare, nel corso elle elaborazioni è apparso evidente che per i beni standardizzati le variazioni dei prezzi sono state lievi e per lo più costanti nel corso dell’intervallo considerato, mentre le variazioni percentuali dei prezzi di beni quali olii di oliva, di semi, ecc., si sono mantenute perfettamente in linea con l’inflazione (variazione percentuale + 12 %). Circa la localizzazione degli esercizi commerciali nelle quattro aree oggetto d’indagine, è emerso che le maggiori variazioni dei prezzi dal 1998 al 2004, rispetto alle medie cittadine, si sono registrate, anche in questo caso, nell’area “A” (centro storico) e nell’area “B” (quartieri residenziali). Per alcuni prodotti le variazioni nell’intervallo temporale considerato si sono attestate su valori di molto maggiori rispetto al dato medio, mentre per altri sono state osservate variazioni negative; quest’ultima situazione 160 è ascrivibile principalmente ai beni “lattiero-caseari”, sia in ambito della distribuzione tradizionale che della GDO 18. Analisi precedenti condotte su un vasto gruppo di beni agroalimentari, includenti sia i prodotti freschi sia quelli trasformati, hanno dimostrato che le variazioni più accentuate, tra valori minimi e massimi, tra scarti ed indici sono maggiori per i prodotti freschi, soprattutto se non standardizzati, mentre per quelli altamente standardizzati si sono registrati, in molti casi prezzi, sostanzialmente stabili dalle imprese produttrici (La Via, 1995). In complesso, l’indagine effettuata ha fornito utili indicazioni sulle differenziazioni dei prezzi al consumo rinvenibili nell’ambito del territorio urbano di Catania e sulle differenze avutesi prima e dopo l’introduzione dell’euro. Dal presente studio è emerso che l’aumento è stato in media di 0,20 – 0,30 € per i prodotti lattiero-caseari e maggiore (0,40- 0,50 €) per le due categorie merceologiche di olio (di oliva e di semi). Si ritiene che per una completa analisi del fenomeno sia necessario considerare altri intervalli di tempo in cui verranno svolte analoghe indagini, che potranno fornire risultati di largo volume operativo circa le differenziazioni dei prezzi al consumo sia sulle cause che la determinano sia sulle strutture distributive esistenti e sulla relativa localizzazione, nonché sul grado di efficienza della distribuzione e sui possibili scostamenti dagli indici usati per l’analisi dei prezzi dei beni del settore agroalimentare nell’area urbana studiata anche alla scopo di individuare quegli interventi di politica economica, commerciale ed urbanistica in grado di migliorare l’efficienza del mercato non soltanto nell’area urbana di Catania, ma anche nell’ambito delle sub-aree individuate. In ogni caso, stime sufficientemente attendibili dalla dispersione spaziale dei prezzi della distribuzione commerciale nell’area considerata e della loro evoluzione, costituiscono indubbiamente un notevole elemento di conoscenza che può condurre, mediante adatti interventi, ad impostare una corretta politica delle licenze commerciali in grado di contenere il livello complessivo dei prezzi, al fine di potere impostare una corretta politica che abbia l’obiettivo di frenare il livello complessivo dei prezzi ed evitare sperequazioni a discapito delle famiglie meno abbienti che vivono in aree caratterizzate da un livello dei redditi medio-alto. Questo potrà certamente contenere le 161 “stangate” che le famiglie italiane hanno sopportato e ancora sopportano in termini di caduta del potere d’acquisto. 18 Anche l’Istat ha assicurato che l’inflazione dal 1999 (anno in cui fu fissato il controvalore di 1.936,27 lire per 1 euro) nel settore agroalimentare dei prodotti trasformati è aumentata di un 10 per cento per cui, quello che allora valeva 1.000 lire, oggi dovrebbe costare 1.100 lire o, più precisamente, 0,57 euro (Indaginemultiscopo, Istat, 2003). 162 BIBLIOGRAFIA ANCARANI F., BUSACCA B., COSTABILE M. (2004), Prezzo e valore per il cliente – Tecniche di misurazione e applicazioni manageriali, Etas, Milano. BACCARANI C. (1997): Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economica-manageriale, Giappichelli, Torino. BAIN J. (1956): Barriers to New Competition, Harvard University Press, Cambridge. BARBARITO L. (1998): L’analisi di settore – Metodologia ed applicazioni, Franco Angeli, Milano. BELLIA F. 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(1984): Definizione e segmentazione del mercato, Giuffrè Editore, Milano. 167 APPENDICE SCHEDA DI RILEVAZIONE SUI PREZZI AL CONSUMO DEI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI NEL CENTRO URBANO DI CATANIA (2004) AREA: A - Centro storico B - Quartieri residenziali C - Periferia Nord/Ovest D - Periferia Sud/Ovest QUARTIERE: ................................................................................... UBICAZIONE DEL PUNTO VENDITA: ......................................... 168 1. CARATTERI GENERALI DELL’ESERCIZIO COMMERCIALE TIPOLOGIA DI STRUTTURA DISTRIBUTIVA Distribuzione tradizionale - Macelleria - Pescivendolo - Rivendita ortofrutticoli - Generi alimentari - Altro.................... Distribuzione moderna - Minimercato - Supermercato - Altro.................. Altro ............................ IMMOBILE (Titolo di possesso) Proprietà Locazione Altro AMPIEZZA DELLA SUPERFICIE DI VENDITA mq: ........ 169 2. CARATTERI GENERALI DELL’IMPRESA Anno di fondazione Forma giuridica Impresa individuale Impresa familiare Società di fatto Società di persone Società di capitali Cooperativa Numero di unità locali: ....................... % attività del titolare (o del gestore) nell’ambito dell’impresa Altre attività del titolare L’amministrazione dell’impresa è svolta: Part-time Full-time Lavoratore subordinato Pensionato Casalinga Altro ........................ Dal titolare (o socio titolare) Da amministratori dipendenti Per mezzo di consulenza esterna 170 3. IMPIEGHI DI LAVORO, CAPITALI E SERVIZI LAVORO Addetti subordinati, n. ................................ Addetti autonomi, n. ................................... di cui titolari, n. ....................... e familiari dipendenti, n. .......... CAPITALI L’impresa è dotata di self-service? Grado di self-service si no ............% SERVIZI L’impresa acquisisce servizi forniti da imprese specializzate? si Se si, quali? no Contabilità Assistenza fiscale Assistenza legale Altro .................. Appartiene a una catena di supermercati Altro .................. Se no, perché 171 4. FORME DI APPROVVIGGIONAMENTO DEI PRODOTTI DAL PRODUTTORE ................................% mediante DAL GROSSISTA ................................% mediante Società di acquisto Altro..................... AUTOPRODUZIONE si no Rappresentante Direttamente dal produttore Con mezzo del produttore 5. ALTRI FATTORI CONDIZIONANTI Presenza di un parcheggio nelle vicinanze si no Possibilità di acquistare si no Consegna a domicilio si no Presenza di ambulanti o fiere nelle vicinanze si no Altro ................................................................................................ 172 6. I PREZZI AL CONSUMO DEIPRODOTTO LATTIERO-CASEARI RILEVATI (1*) 6.1. LATTE 6.1.1. Latte a lunga conservazione 6.1.1.1. Latte intero (1 litro) - Parmalat - Sole - Giglio - SMA - Polo - Polenghi - Stella Prezzo ........... ........... ........... ........... ........... ........... ........... ........... ........... 6.1.1.2. Latte parzialmente scremato (1 litro) - Parmalat - Sole - Giglio - SMA - Polo - Polenghi - Stella (bottiglie) ........... ........... ........... ........... ........... ........... ........... 6.1.1.3. Latte scremato (0,5 litri) - Parmalat - Sole - Giglio ........... ........... ........... 6.1.2 Latte fresco 6.1.2.1 Latte intero - Sole - Zappalà ........... ........... 6.1.2.2. Latte parzialmente scremato - Sole - Zappalà ........... ........... 1 I prezzi sono riferiti al chilogrammo di prodotto (€/Kg), eccezion fatta per quei casi in cui il riferimento è esplicitamente legato alla confezione. 173 6.2. YOGURT (2 x 125g.) 6.2.1. Yogurt intero - Parmalat - Nestlè (3 x 100g.) - Danone - Yomo - SMA - Ala - Sole Prezzo ........... ........... ........... ........... ........... ........... ........... 6.2.2 Yogurt magro 2.2.1 Yogurt naturale - Parmalat - Sole ........... ........... 2.2.2.Yogurt addizionato alla frutta - Parmalat - Yomo - Danone Vitasnella ........... ........... ........... 6.2.3. Yogurt addizionati 2.3.1. Yogurt con frutta - Parmalat - Nestlè (3 x 100g.) - Danone - Yomo - SMA - Ala - Fattoria scaldasole .......... .......... .......... .......... .......... .......... .......... .......... 174 2.3.3. Altri yogurt 6.3.BURRO E PANNA 6.3.1. Burro - Sole - Galbani - Zappalà - Invernizzi - Polenghi - Giglio - SMA (gr. 250) Prezzo ........ ........ ........ ........ ........ ........ ........ 6.3.2. Panna (gr. 200) 6.3.2.1. Panna da cucina - Optimus - Parmalat - Sole - SMA - Ala ........ ........ ........ ........ ........ 6.3.2.2. Panna per dolci (0,5 litri) - Sole ........ 6.4.FORMAGGI A PASTA MOLLE 6.4.1. Creme spalmabili (gr. 200) -(Kraft) Dover -( Kraft) Philadelphia - (Galbani) Certosino - (Locatelli) Fiorello Prezzo ........ ........ ........ ........ 6.4.2. Creme spalmabili con fermenti lattici(gr.200) - Belgioioso ........ 6.4.3. Altri formaggi a pasta molle - Belpaese (gr.250) ....... 175 - Camoscio d’oro (gr. 200) 6.5.FORMAGGI A PASTA FILATA 6.5.1. Mozzarella (gr. 250) - Zappalà - Sole - Galbani - Latterie riunite Ragusa 6.5.2. Scamorza - Zappalà - Latterie riunite Ragusa 6.5.3. Scamorza affumicata -Zappalà -Latterie riunite Ragusa ....... Prezzo ....... ....... ....... ....... ....... ....... ....... ....... 6.5.4. Caciocavallo fresco - Zappalà - Latterie riunite Ragusa ....... ....... 6.5.5. Provola dolce - Zappalà - Latterie riunite Ragusa. ...... ...... 6.5.6. Provola affumicata - Zappalà - Latterie riunite Ragusa ...... ...... 6.5.7. Provolone dolce - Zappalà - Latterie riunite Ragusa ...... ...... 6.5.8. Altri formaggi a pasta filata - Galbanino - Sikanino ...... ...... 6.6.FORMAGGI A PASTA DURA 176 6.6.1. Parmigiano: Ferrari 6.6.2. Grana: Ferrari 6.6.3. Pecorino 6.6.4. Provolone piccante: Ferrari, Auricchio, Zappalà Prezzo ...... ...... ...... 6.7.RICOTTA 6.7.1. Ricotta fresca (di pecora e di vacca) - Zappalà 6.7.2. Ricotta salata - Zappalà Prezzo ..... ..... 6.8.FORMAGGI FUSI 6.8.1. Formaggini - Galbani - Locatelli Prezzo ..... ..... 7. I PREZZI AL CONSUMO DEI PRODOTTI OLII E GRASSI RILEVATI (2*) 7.1. OLIO Prezzo 7.1.1. Olio di oliva 7.1.1.1. Olio di oliva extra-vergine (1 litro) - Dante - San Giorgio - Sasso - Bertolli ….. ...... ….. ….. 7.1.1.2. Olio di oliva vergine (1 litro) - Dante ...... 2 I prezzi sono riferiti al chilogrammo di prodotto (€/litro), eccezion fatta per quei casi in cui il riferimento è esplicitamente legato alla confezione. 177 - San Giorgio - Carapelli - Sasso 7.2. OLIO DI SEMI (1 litro) 7.2.1. Olio di semi vari - Olita Star 7.2.2 Olio di arachidi - Oio 7.2.3. Olio di mais - Cuore - Maya 7.2.4. Olio di soia - Valsoia ….. ...... ....... Prezzo ….. ...... ...... ...... ..... 7.3. GRASSI VEGETALI Prezzo 7.1.1. Margarina - Foglia d’oro - Vallè ….. ...... 178 INDICE DELLE FIGURE Fig. 1 – Modello gerarchico delle aree di mercato di Christaller 10 Fig. 2 – Distribuzione degli insediamenti secondo Lösch 12 Fig. 3 – Localizzazione delle dieci municipalità in cui risulta organizzato il territorio urbano di Catania 40 Fig. 4 – Localizzazione delle aree d’indagine e dei relativi quartieri nel “centro urbano” di Catania 47 Fig. 5 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 80 Fig. 6 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 83 Fig. 7 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 85 Fig. 8 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 87 Fig. 9 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 89 Fig. 10 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di oliva rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 91 Fig. 11 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 93 Fig. 12 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania (2004) 93 Fig. 13 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione tradizionale nel “centro urbano” di Catania (2004) 98 Fig. 14 – Scarti percentuali dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione moderna nel “centro urbano” di Catania (2004) 98 Fig. 15 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Latte rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 123 Fig. 16 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dello Yogurt rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 126 Fig. 17 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo del Burro e panna rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 129 179 Fig. 18 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 132 Fig. 19 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 135 Fig. 20 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di oliva rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 138 Fig. 21 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo degli Olii di semi rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 142 Fig. 22 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali rispetto ai valori medi nelle aree individuate nel “centro urbano” di Catania 142 Fig. 23 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione tradizionale nel “centro urbano” di Catania (2004) 144 Fig. 24 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi al consumo per grandi gruppi merceologici della distribuzione moderna nel “centro urbano” di Catania (2004) 144 180 INDICE DELLE TABELLE Tab. 1 – Distribuzione del campione delle imprese commerciali rilevate nel “centro urbano” di Catania (2004) 45 Tab. 2 – Distribuzione per classi d’ampiezza delle imprese commerciali rilevate per tipologia di struttura distributiva (2004) 56 Tab. 3 – Distribuzione delle imprese rilevate per forma giuridica e tipologia di struttura distributiva nel “centro urbano” di Catania (2004) 57 Tab. 4 – Distribuzione delle imprese in relazione alla figura degli amministratori (2004) 57 Tab. 5 – Campi di variazione dei prodotti campionati per gruppi merceologici (2004) 60 Tab. 6 – Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) 61 Tab. 7 – Grado di variabilità dei prezzi al consumo dei beni agroalimentari (olii e grassi vegetali) rilevati nel “centro urbano” di Catania (2004) 61 Tab. 8 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania (2004) 64 Tab. 9 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania (2004) 67 Tab. 10 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania (2004) 69 Tab. 11 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania (2004) 72 Tab. 12 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania (2004) 72 Tab. 13 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania (2004) 74 Tab. 14 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania (2004) 75 Tab. 15 – Campi di variazione, valori medi, valori modali e indici di variabilità dei prezzi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania (2004) 75 Tab. 16 – Prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 79 Tab. 17 – Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 82 Tab. 18 – Prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 84 181 Tab. 19 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 86 Tab. 20 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 88 Tab. 21 – Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 90 Tab. 22 – Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 92 Tab. 23 – Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati (2004) 95 Tab. 24 – Prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 99 Tab. 25 – Prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 101 Tab. 26 – Prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 103 Tab. 27 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 105 Tab. 28 – Prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 106 Tab. 29 – Prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 108 Tab. 30 – Prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 109 Tab. 31 – Prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate (2004) 111 Tab. 32 – La spesa delle famiglie italiane dal 2002 al 2004 (variazione %) 117 Tab. 33 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 122 Tab. 34 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 125 Tab. 35 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 128 Tab. 36 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 131 Tab. 37 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 134 182 Tab. 38 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 137 Tab. 39 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 140 Tab. 40 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo la localizzazione degli esercizi commerciali esaminati 141 Tab. 41 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Latte nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 146 Tab. 42 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dello Yogurt nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 147 Tab. 43 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo del Burro e panna nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 149 Tab. 44 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta molle nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 150 Tab. 45 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Formaggi a pasta filata nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 151 Tab. 46 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di oliva nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 153 Tab. 47 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo degli Olii di semi nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 154 Tab. 48 – Scarti percentuali 2004-1998 dei prezzi medi al consumo dei Grassi vegetali nel “centro urbano” di Catania, secondo le grandi tipologie di strutture commerciali esaminate 156 183 184