Storia di un blog per guarire dal CANCRO
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Storia di un blog per guarire dal CANCRO
TESTIMONIANZA Storia di un blog per guarire dal CANCRO di Nicla Panciera La vicenda di Paolo Crespi, ammalatosi di osteosarcoma all’età di 14 anni, è diventata prima un blog e poi un libro. Nel suo racconto ci sono tutti gli elementi che fanno di una potenziale tragedia come il cancro un evento affrontabile: una famiglia unita, buoni medici, una rete di sostegno ra che la vita ricomin- rivata improvvisa la terribile cia, Paolo non ha pro- diagnosi: osteosarcoma in prio più voglia di par- stadio avanzato, un tumore larne e lascia la parola al raro (100 nuovi casi all’anpadre. A quattordici anni no) e aggressivo, che colpivorrebbe “recuperare il sce soprattutto i giovani (l’età media tempo perduto, lasciarsi Il tumore colpisce dei pazienti è di 19 anni). tutto alle spala tradimento È la tragele”. Quattor“uno dici cicli di al ritorno da una dia, vacanza sbandamento chemio, cinche non fa que interventi in montagna dormire” racchirurgici, ricoveri e visite al reparto di conta il papà di Paolo, che pediatria dell’Istituto nazio- piange “terrorizzato con nale tumori di Milano, al mamma”. Paolino sa già cosa Centro di ortopedia oncolo- è un tumore, ma non ha mai gica del Gaetano Pini e all’o- sentito la parola osteosarcoma e non ha alcuna idea spedale di Tradate. È stato al rientro dal delle conseguenze che quella campeggio, nell’estate di due diagnosi avrà per lui. Se ne anni fa che, nel corso di una fa tuttavia ben presto un’ivisita per un ginocchio inspiegabilmente gonfio, è ar- O 18 Fondamentale dicembre 2009 dea precisa: “Dopo il primo intervento, quello di rimozione del tumore, ci ha chiesto se avrebbe ancora potuto non farcela. Per noi fu un colpo al cuore” continua il papà. UNA RETE DI AMICI Oggi Paolo Crespi può finalmente inseguire il sogno che cova da due anni, quello di fare lo chef sulle navi (frequenta il primo anno dell’istituto alberghiero De Filippi di Varese), ed è di- http://ilpaolino. ventato un esempio di coraggio e forza per pazienti e famiglie di tutta Italia che lo contattano quotidianamente. Infatti, la sua avventura, il suo “gran premio della montagna” come dice scherzosamente ora papà Piercarlo, che non lo abbandona un attimo, è stata consegnata alla pagine di un blog (“I miei racconti… insoliti” http://ilpaolino.blog.tiscali.it), nato per caso con lo scopo di far scorrere più in fretta le interminabili giornate in un letto di ospedale. Un esercizio di scrittura che doveva essere privato, ma che è diventato rapidamente qualcosa di diverso da un semplice diario: il blog è ancora sede di aggregazione per moltissimi giovani nella sua stessa situazione ed è stato fonte di grande motivazione per lo stesso Paolo, sostenuto e incoraggiato senza sosta da sconosciuti, che in alcuni casi sono diventati degli amici veri, con i quali incontrarsi e scherzare. Un complemento indispensabile alla cura, verrebbe da dire, ottenuto grazie anche alla tenacia del padre che si è battuto contro la burocrazia ospedaliera perché il figlio potesse avere un accesso a Internet. Ironia, forza di volontà e coraggio sono gli ingredienti di una esperienza che è diventata anche un libro, Vado a farmi la chemio e torno (Rizzoli), parte del cui ricavato va all’AIRC. La chemioterapia, il ‘port’ per la sua somministrazione, il metotrexate (la ‘gialla’), l’adriamicina (la .blog.tiscali.it Fondamentale dicembre 2009 19 TESTIMONIANZA ‘rossa’), l’intervento di inserimento della protesi in titanio, sono esperienze dure che diventano avventurosi capitoli intitolati “Ferragosto con la gialla”, “Medaglia d’oro alle olimpiadi con il catino”, “Fuga da Alcatraz”, “Dieci scuse plausibili per dare buca alla ‘rossa’ in ogni situazione” e “Titan Paul”, il soprannome che Paolino si è dato in onore del suo nuovissimo ginocchio bionico in titanio. Un mondo diverso, in cui le visite di controllo diventano ‘tagliandi’ da fare e la sua carrozzina una ‘monovolume’. Un testo che si fa divorare e inchioda il lettore alla pagina, incredulo di fronte a tanta energia e sana incoscienza nell’affrontare le avversità dimostrate da un ragazzino che raramente pare lasciarsi andare allo sconforto. E parlarne e scriverne è stato forse un modo di lottare contro la malattia, la ‘bestia’ annidata nel suo ginocchio sinistro. “Bè, no, all’inizio non ridevo molto, anzi ero sempre serio, non avevo mai visto tante persone con malattie così gravi tutte insieme” racconta Paolo, catapultato nel giro di due giorni dal campeggio con gli amici a Clavière al letto di un ospedale. “Non osavo nemmeno fare domande ai medici. Con il tempo, ho iniziato a esprimere dubbi e curiosità come fossero degli amici. Mi sentivo come in una grande famiglia”. IL LEGAME CON LA SCUOLA Se mamma, papà, la sorella Alice, i nonni e gli zii di Bergamo hanno tentato in ogni modo di alleviare il suo dolore, con sorrisi e amore, telefonate e cenette in compagnia, a Paolo non è mancato anche il sostegno degli amici, alcuni dei quali conosciuti in corsia, altri in Rete. Come Antonio il ‘canterino’, suo vicino di letto al Pini, una ‘simpatica canaglia’ con un tumore al femo- re, o come Daniela e Ciccio, giunti dalla Sicilia appositamente per conoscerlo di persona e portargli i golosi cannoli, o come Elisa e Anna, due gemelle di Villabbate, con le quali Paolino passa molto tempo a chiacchierare su Skype. “Per Elisa ci perdo pure la testa” ammette. Un ruolo essenziale lo ha giocato la prosecuzione, per quanto possibile, delle attività scolastiche. Fin da subito, infatti, Paolino si è connesso in classe tramite videoconferenza, diventando l’involontario protagonista delle lezioni e suscitando reazioni diverse nei compagni, alcuni dei quali piangono ed escono dalla classe. Consigliata come espediente contro la solitudine e l’isola- Le sfide da affrontare con l’aiuto di genitori e specialisti “Se, come diceva Freud, la normalità è la capacità di amare e di lavorare, allora il ritorno alla normalità per un ragazzo che ha combattuto contro il cancro è possibile; spesso sono invece i genitori a trovare difficile elaborare l’angoscia e ripartire daccapo”. Parole di Carlo Alfredo Clerici, medico specialista in psicologia clinica, ricercatore presso la facoltà di medicina della Statale di Milano dove svolge da 12 anni attività clinica presso la pediatria dell’Istituto nazionale tumori (INT). “Il tumore per un adolescente è certamente un evento drammatico, che diventa traumatico solo nel caso in cui la mente non riesca ad elaborarlo e la crisi e la vulnerabilità abbiano la meglio. Dopotutto, le risorse di cui un giovane dispone sono enormi, non ultima la mobilitazione dei suoi cari”. Certo, la percezione di una minaccia non scompare mai, complici l’incertezza sul futuro, lo stravolgimento della quotidianità, i segni fisici che rimangono sul corpo durante e al termine dei trattamenti. “Tuttavia, i dati indicano che l’incidenza di malattie psichiche non è maggiore negli adulti che da adolescenti hanno sconfitto un tumore” continua il dottor Clerici che spiega quali sono le sfide che un adolescente si trova ad affrontare quando si scopre malato di cancro e alle quali genitori e ospedali devono trovare una soluzione: 1. Il rischio di rimanere indietro, a causa dell’isolamento, in ogni senso (sviluppo relazionale, adattamento sociale, apprendimento) 20 Fondamentale dicembre 2009 La comunicazione efficace mento, ma anche per non compatta ma attenta a forfargli perdere l’anno scolasti- nirgli il “conforto della sinco, la videoconferenza è di- cerità”, fornendo “risposte ventata un momento di cre- schiette e franche” anche se scita per tutti, docenti e co- spesso spiacevoli e trasmetetanei. È diventato un ‘sec- tendo nello stesso tempo “grande coraggio chione’, la sua pae fiducia” nella gella è davvero Bisogna di farbuona e supera rispondere possibilità cela. brillantemente gli con onestà “Non abbiaesami di terza alle domande mo ancora trovamedia. Un anno in- del paziente to il lato positivo di quanto ci è actenso e faticoso per Paolo, non privo di con- caduto, anche se ci stiamo seguenze, ma che gli ha re- impegnando molto” prova a galato anche alcune cose po- scherzare il papà. “Certasitive, come nuovi amici, mente, abbiamo vinto una l’ondata di solidarietà che battaglia, non la guerra. Tutancora non si è esaurita e la tavia, ci andiamo ripetendo consapevolezza di poter che ora dobbiamo riprendercontare su una famiglia in- ci la vita, trovare altre motivazioni, rientrare per quanto sostituibile. Una famiglia presente e possibile nella normalità”. e, contemporaneamente, quello di impensierirsi e non vivere le esperienze tipiche dell’età. 2. Il corpo, così determinante in un momento cruciale di costruzione della propria identità, si scopre debole, a volte brutto, dolorante. 3. Lo sradicamento dal proprio ambiente (il 40 per cento dei pazienti della pediatria dell’INT viene da fuori regione), a volte di interi nuclei famigliari. 4. Il rapporto coi genitori può diventare molto conflittuale perché il ragazzino, in un momento di crescente autonomia, si trova d’improvviso proiettato indietro, verso un dipendenza totale, fisica e psichica; i genitori sono onnipresenti, disposti ad abdicare a ogni regola pur di compiacere un figlio, spesso in pericolo di vita. 5. L’amicizia dei coetanei è fondamentale così come la frequentazione della scuola. Il ragazzo dovrebbe rientrare in classe e raccontare. Il silenzio non aiuta nessuno; la chiusura rende tutto più difficile. Gli insegnanti sono sempre più preparati a gestire la situazione e l’elaborazione diventa un momento di crescita anche per i compagni. 6. Infine, l’amore è importantissimo per un adolescente per il quale la lontananza dalla persona amata può essere ancora più straziante della malattia. Nonostante la grande disinformazione esistente ancora oggi sull’oncologia pediatrica, bisogna ricordare che in genere i ragazzi hanno una grande consapevolezza della malattia tumorale. Quando diventano pazienti, vanno tuttavia sempre rispettare le loro difese, che sono diverse da individuo ad individuo. C’è chi vuole sapere tutto quanto, e lo trova poi molto inquietante; chi all’inizio non chiede e pare disinteressato. L’unica regola generale da adottare con un adolescente è quella di rispondere sempre con onestà a ogni interrogativo, avendo anche il coraggio di ammettere la propria ignoranza, magari proponendo di andare tutti insieme a chiedere all’oncologo, il quale – quando la relazione funziona – diventa un interlocutore degno di fiducia, in grado di rassicurare più di mamma e papà. “I medici devono essere chiari, usare le parole giuste e infondere fiducia; entrambe le azioni sono ugualmente importanti. È un impegno etico previsto dalla deontologia medica che vale a maggior ragione nel caso della pediatria. Al ragazzo va spiegato in che cosa consiste la sua malattia (abiterai in un’altra città, perderai i capelli, avrai tutti intorno a te); i genitori vanno informati sulla diagnosi, i trattamenti, le statistiche, le procedure”, spiega Carlo Alfredo Clerici, medico specialista in psicologia clinica, ricercatore dell’Università di Milano. La comunicazione con un adolescente è delicata e decisiva anche per un sano superamento del dramma, che consiste “nell’attraversare l’esperienza e riuscire a elaborarla, anche accantonandola o dimenticandola per quanto possibile. Certo, un sano oblio è segno di superamento del problema, ma il rapporto con la malattia prosegue anche a cura terminata per i controlli e le eventuali recidive”. E proprio durante i controlli, oltre alle analisi, è la comunicazione col paziente a essere di nuovo essenziale: il medico si informa sulla vita quotidiana, sul lavoro, l’amore, il tempo libero. Questi sono indicatori importanti di un’elaborazione di successo. Secondo alcuni studi, gli adulti che da ragazzi sono stati accompagnati con attenzione nell’elaborazione dell’esperienza sarebbero addirittura più resilienti degli altri, ovvero più capaci di affrontare difficoltà e traumi. “Di cancro si guarisce sempre di più, è un’esperienza che può portare a un’apertura verso il mondo e non impedire progetti di lungo respiro, come fare figli o chiedere un mutuo” conclude Clerici. “È sempre bello ricevere la visita di ex pazienti, alcuni dei quali sono anche diventati medici, probabilmente proprio a causa del loro passato”. Fondamentale dicembre 2009 21