La pagina del Corriere della Sera con il testo integrale dell`articolo
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Corriere della Sera - NAZIONALE sezione: Eventi - data: 2008-04-19 num: - pag: 54 categoria: BREVI TORINOSTYLE Il capoluogo piemontese è nel 2008 la capitale mondiale del design Da Venaria al Lingotto la città dei progetti riscopre la creatività I Magnifici Sette sono tutti lì, eterogenei e stupefacenti: un'auto, una macchina per scrivere portatile, una poltrona, uno spremiagrumi, un telefono, una caffettiera, una lampada. In comune hanno soltanto tre cose: sono belli, sono discreti (se non li metti uno accanto all'altro non ti accorgi di loro) e ci hanno aiutato a sentirci, e forse a essere, più liberi e più ricchi. Sono il cuore del «Compasso d'oro», la collezione dell'ADI (Associazione per il Disegno Industriale) che racchiude il meglio del design italiano e che dal 24 aprile al 31 agosto sarà in mostra nella scuderie juvarriane della Reggia di Venaria. Ma è soltanto una tappa del viaggio che ha portato Torino prima ad essere scelta e poi a mostrarsi come capitale mondiale del design: non solo auto, ma anche e forse soprattutto oggetti di vita quotidiana legati tra loro da un invisibile filo. La filosofia che ha dato vita al calendario mette insieme i grandi nomi e la vita quotidiana. Alla Pinacoteca Agnelli durerà fino al 6 luglio «Scoprire il design — La collezione von Vegesack », 300 oggetti che raccontano la storia del XX secolo attraverso mobili, tessuti, piatti e bicchieri, mentre a Palazzo Madama, curata da Enrico Morteo, si è appena aperta la rassegna dedicata a Roberto Sambonet e la Promotrice delle Belle Arti sta per inaugurare la più grande mostra sulla storia industriale e umana della Olivetti. Ma i grandi nomi sono soltanto uno degli elementi che hanno fatto scegliere Torino come capitale. Il resto è vita e storia di ogni giorno, e le grandi firme si limitano a prestare il proprio ingegno. Come è accaduto per le nuove quaranta idee nate dai workshop che stanno alla base di Geodesign, la mostra successiva, curata da Stefano Boeri: «Attraverso un concorso — racconta Boeri — abbiamo messo a disposizione di gruppi di cittadini torinesi, dai giovani venuti per studiare agli ambulanti magrebini, dai carcerati agli abitanti di una piazza, un designer e un'azienda che fossero in grado di realizzare le loro necessità». Il risultato è stupefacente e tutto torinese, intriso com'è di buonsenso e ironia: c'è lo stenditoio collettivo dove ciascuno ha la sua quota, pensato dagli studenti Erasmus, ma anche la piccola luce capace di portare l'illusione del sole nelle celle del carcere, la body light chiesta da un gruppo di gay e lesbiche per rendere più sicura la vita notturna e le lampade «leggere» e rimovibili volute dagli abitanti di una piazza di San Salvario, il quartiere multietnico nel cuore della città. La scommessa è quella di far convivere, e dunque di mostrare a chi viene a visitarla, la città viva e vera così come essa si presenta ogni giorno con le cose e i progetti che rappresentano l'eccellenza creativa italiana e mondiale: design e collettività, design e impresa, design e formazione e design e politiche di sviluppo. Così, con oltre 300 eventi, alcuni dei quali, come il XXIII Congresso mondiale degli Architetti — Uia World Congress (dal 29 giugno al 3 luglio, tra Lingotto e Palavela) decisi autonomamente ma strettamente intrecciati al tema, Torino sta realizzando l'ambizione che l'aveva spinta a candidarsi e a vincere la competizione avviata dall'Icsid (l'International Council of Societes of Industrial Design). Ovvero dimostrare di aver fatto leva sul design, sulla ricerca progettuale e sull'innovazione per trasformarsi e trasformare la propria vocazione: dalle fabbriche alle piazze, dalle scuole alle community. Un modo di pensare— ma anche un'eredità materiale, come quella lasciata dagli impianti olimpici disegnati da Isozaki — che da Torino a Ivrea fino al Lago Maggiore, dove sono nate e nascono pentole, forchette e caffettiere cariche di bellezza, che ha già consentito alla città di rinascere e riproporsi più volte, senza paura di contaminarsi. Mentre il centro barocco si fa bello per celebrare il 2011 (150˚ anniversario dell'Unità d'Italia), i nuovi quartieri sono lì, a pochi passi, con edifici dove si comincia a salire solo per il piacere di guardare la città. E dove la creatività del fare continua a produrre, portabiciclette e auto pulite, arredi e food design. P.S. Per chi non può attendere la mostra, i sette oggetti «cult» di Venaria sono: la vecchia Fiat 500 (premiata nel 1959), la Olivetti Lettera 22 (1954), la poltrona «Le Bambole» di Mario Bellini (1979), la «Tina» di Guzzini (2004), il Grillo Siemens (1967), la 9090 di Alessi (1979) e la «Pipe» di Herzog & De Meuron per Artemide (2004). Vera Schiavazzi Corriere della Sera - NAZIONALE sezione: Eventi - data: 2008-04-19 num: - pag: 54 categoria: BREVI Da non perdere Tastiere indimenticabili Si intitola «Olivetti. Una bella Società» la mostra — alla Promotrice delle Belle Arti — sui cent'anni di vita del gruppo di Ivrea che mette in scena nascita, vita e declino di un sogno industriale. Non solo oggetti ma una vera e propria filosofia, dal ruolo degli intellettuali alle politiche sociali. Inventare in libertà Geodesign (al Palafuksas dal 24 maggio al 13 giugno) è, insieme, mostra, progetto e concorso. Al centro dell'attenzione sono le comunità creative «autorganizzate» che nelle città sfuggono al circuito della produzione del lusso per intrecciarsi invece agli stili di vita e ai nuovi bisogni dei cittadini. Prototipi, schizzi e filmati mostreranno i primi risultati di questo confronto corale. Pensare flessibile La «fast-changing society» è il leit motiv dell'anno, e il Design non può certamente ignorarlo. Dal 29 giugno al 12 ottobre, nell'antica e impressionante struttura a bracci delle ex Carceri Nuove, si racconteranno i nuovi modi di progettare città dove, entro il 2050, vivrà il 90 per cento della popolazione: oggetti e soluzioni per la quotidianità urbana raccolti sotto il titolo «Flexibility» . A scuola di progetto Riservate a 180 studenti e suddivise in sette diversi workshop, le summer school dell'Anno del Design si terranno a Pollenzo, all'Università di Scienze Gastronomiche, dal 13 al 29 luglio. Tra i temi, la sicurezza dei luoghi pubblici e la creatività applicata al welfare. I segreti di Revelli Resterà aperta fino al 12 maggio, al Parco Culturale Le Serre di Grugliasco l'esposizione dedicata a un designer, Marco Revelli di Beaumont, che non fece nulla per far parlare di sé ma ideò alcune tra le auto italiane più belle, dall'Isotta Fraschini Trossi alla Fiat 1500 Coupé Bertone. Tutte le mostre su www.torinoworlddesigncapital.it Corriere della Sera - NAZIONALE sezione: Eventi - data: 2008-04-19 num: - pag: 55 autore: di ARTURO CARLO QUINTAVALLE categoria: ALTRI OGGETTI Un altro passo verso il MI-TO Torino capitale mondiale del design? Certo, ma non può esserlo senza Milano. Ed infatti ecco la mostra dell'ADI «L'oro del design italiano» alla Scuderia juvarriana alla Venaria Reale, ecco l'assegnazione della XXI edizione del Compasso d'oro, per la prima volta, a Torino e poi molte altre rassegne, fra cui quella di Roberto Sambonet, -milanese-. Eppure è importante unire Milano e Torino, due storie complementari della progettazione. Torino ha soprattutto operato nel settore del design degli autoveicoli e, da Pininfarina a Giugiaro, ha imposto in Italia e anche nel mondo una linea nuova, anzi diverse linee, da quelle squadrate a quelle filanti, copiate poi un poco ovunque. Ma se il peso di una industria determina il successo, allora Milano, con un gruppo imponente di designer che dominano la scena nazionale e internazionale da almeno tre generazioni, da Giò Ponti a Mari e a Munari , dai Castiglioni e Sottsass a Rosselli, Milano ha costruito un nuovo modo di pensare lo spazio di casa e quello degli uffici e anche l'arredo urbano. E poi ci sono altre storie, quelle delle imprese, la Olivetti da Nizzoli in avanti, la Cassina, la Kartell, la Flos e tante ancora; sono storie di fabbriche, di idee che si sono imposte, e penso ancora alla milanese Lambretta, ma anche alla genovese Piaggio. Insomma la storia del design è di progettisti, ma anche di imprenditori, di capacità di imporre un modello italiano, quindi uno stile di vita, fuori dei nostri confini. E questo i designer milanesi lo hanno fatto un poco ovunque, per non parlare della moda, che è design del corpo, e che ha visto Milano per venti anni imporsi nel mondo. Dunque unire Milano e Torino, MI-TO, potrà dare forza a una immagine-paese che attende un rilancio fuori della stagnazione attuale, non solo economica. Corriere della Sera - NAZIONALE sezione: Eventi - data: 2008-04-19 num: - pag: 55 categoria: REDAZIONALE L'intervista Il più celebre car designer spiega lo «spirito» torinese Giugiaro: per noi la bellezza va a braccetto con l'industria A lla reception un cartello avverte i visitatori: sono vietati i cellulari con possibilità di inviare Mms. Come dire che qui le idee sono un bene prezioso e la creatività viene protetta in modo assoluto. E lui, il «patron », Giorgetto Giugiaro nonostante i 70 anni e l'indiscusso successo mondiale siede ancora al tavolo da lavoro con la matita in mano. Cinque Compassi d'oro per prodotti realizzati in milioni di esemplari, innumerevoli premi e riconoscimenti mondiali, tra cui un posto nella prestigiosa «Automotive hall of fame» parla della «sua» Torino, della progettualità all'ombra della Mole, dei rapporti di amore-odio con la creatività milanese e del futuro della città, capitale mondiale del design 2008. «Torino è ancora legata fortemente all'automobile, anche se oggi in misura minore che in passato. Ma è l'ambiente progettuale ad essere completamente diverso rispetto, ad esempio, a Milano. C'è una creatività che si esprime in modi differenti». Perché? «Milano ha inventato il design e l'auto è sempre stata considerata una risposta ad una necessità, non un prodotto di design. Per tanto tempo le auto sono state realizzate da tecnici, per lo più ingegneri, che si trasformavano anche in stilisti. Qualcuno ha avuto estro e creatività, molti altri no». Quindi… «È stata anche una questione di necessità: nel dopoguerra intorno a Torino esistevano artigianalità che nel resto del mondo erano scomparse da tempo. Milano invece era più internazionale, più variegata. Ci sono stati industriali che sono entrati in contatto con architetti di buon gusto, che hanno avuto idee geniali». Esistono designer torinesi famosi al di fuori dell'auto? «Io ho progettato anche macchine fotografiche, orologi, pasta, bottiglie dell'acqua, cucine per Scavolini e lavatrici per Indesit e molto altro. Il problema è un altro: per come è strutturata la mia organizzazione progettare una lampada o una caffettiera mi costa come un'auto. Per cui val la pena di puntare sulla macchina. È ovvio che se mi propongono un progetto non lo rifiuto, ma certamente non mi metto a inventare qualcosa per andarlo a proporre alle aziende». Allora è solo un problema gestionale? «Anche. Per ideare una vettura esistono decine di leggi, regolamenti e normative da rispettare; per un divano, un tavolo o una lampada, no. Questo ha sviluppato due culture completamente diverse». Si spieghi meglio «Per noi non esiste solo la cultura del bell'oggetto ma anche di come produrlo industrialmente, a costi accettabili. Non possiamo permetterci di avere solo belle idee». E Torino che ruolo ha in tutto questo? «Torino è una città incredibile, molto ricca culturalmente. Ha avuto la prima cinecittà, la sede Rai, tutte cose che poi sono state portate altrove. La città è molto ricca del passato ma anche il futuro si presenta interessante». Cioè? «Circa 10 anni fa, in periodo di crisi, sono state esplorate nuove strade, quella degli eventi sportivi, culminata con le Olimpiadi, quella congressuale. Ora abbiamo anche una ricettività di alto livello». Tutto qui? «La città sta uscendo da quella monoculturalità che l'ha contraddistinta per molto tempo e il design può essere un elemento forte di questa trasformazione. Il titolo di capitale mondiale del design 2008 sancisce questa svolta. Qualcuno l'ha già capita, ad esempio la Motorola, che qui ha impiantato un laboratorio di ricerca. E la Microsoft che sta aprendo una sede per la ricerca e lo sviluppo. Quali sono i «luoghi del progetto» di Torino? «Oltre alle strutture realizzate per le Olimpiadi, sorgeranno il grattacielo di Renzo Piano, la nuova biblioteca-centro culturale di Mario Bellini. Noi stiamo lavorando al campus Universitario sulla ex sede Italgas. È un progetto di Norman Foster, che ci ha chiamati a collaborare». E i suoi «luoghi del progetto»? «Come ho già detto, sono legato alla città ma soprattutto al suo hinterland, perché è animato da una artigianalità, da una professionalità che non esiste altrove. Non un luogo specifico ma una galassia di tante piccole eccellenze. Lo sapeva che i carrelli che vengono usati nelle missioni spaziali della Nasa, li fanno vicino a Cuneo? Però...» Dica «Nel campo del design e del progetto, non è tanto importante definire le caratteristiche della scuola lombarda o piemontese, quanto lavorare sul complesso del design italiano, sulla sua salvaguardia». In che modo? «Ad esempio, non abbandonando il progetto per Il Consiglio Nazionale del Design voluto dal ministro Rutelli, che ha come consulenti/promotori l'Adi, Andrea Granelli e Giuliano da Empoli. Si tratta di un'iniziativa tesa a salvaguardare la progettualità e la creatività italiane, non solo milanesi o torinesi». Marco Vinelli