Incarichi professionali: consulenze o appalto di servizi?

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Incarichi professionali: consulenze o appalto di servizi?
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Molteplici sono stati gli interventi del legislatore resi necessari da un’applicazione “distorta” degli istituti
Incarichi professionali:
consulenze o appalto di servizi?
La questione della distinzione tra incarichi di consulenza di cui all’art. 7 del Dlgs n. 165/2001 e
incarichi riconducibili al contratto di appalto di servizi, assoggettato alla disciplina del codice dei
contratti (Dlgs n. 163/2006), non risulta a tutt’oggi del tutto ancora chiara sia sul piano
normativo che giurisprudenziale.
di ALESSANDRO CAMARDA
Funzionario del Consiglio regionale del Veneto
Incarichi di consulenza:
presupposti e adempimenti
Preliminarmente pare utile soffermarsi
sull’art. 7, commi 6, 6­bis del Dlgs n.
165/2001 e ss. mm. e ii., nonché sulle
più rilevanti pronunce giurisprudenziali
che hanno precisato la portata di tale
disposizione normativa.
L’articolo citato consente alle PA di
ricorrere a professionalità esterne, in
mancanza di adeguate risorse interne,
per fronteggiare temporanee esigenze
che eccedono l’ordinaria attività d’uffi­
cio. Detta possibilità costituisce certa­
mente un’importante opportunità del­
l’Amministrazione laddove questa deb­
ba fronteggiare problematiche che ne­
cessitano di specifiche figure professio­
nali. “È evidente tuttavia che lo strumento
va utilizzato con oculatezza e nel rispetto
delle regole, anche perché (…) è ormai
pacifico che l’attività dell’amministrazione
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deve essere sempre realizzata dai propri
organi e uffici, ammettendo la possibilità
di ricorrere a soggetti esterni soltanto nei
casi previsti dalla legge o per far fronte a
situazioni o eventi non affrontabili con ri­
sorse tecnico­giuridiche disponibili”(1).
I successivi interventi legislativi susse­
guitisi nel tempo hanno sempre più
ridotto i margini di discrezionalità delle
Amministrazioni sia stabilendo presup­
posti di legittimità sempre più rigorosi
sia fissando più stringenti tetti di spe­
sa.
Al riguardo si ritiene utile ricordare la
circolare del dipartimento della Fun­
zione pubblica n. 5/2006 che richiama
le PA a un’attenta e scrupolosa applica­
zione delle norme che disciplinano l’af­
fidamento di incarichi a soggetti ester­
ni, precisando che il ricorso agli incari­
chi in parola deve costituire circostan­
za del tutto eccezionale e temporanea,
senza possibilità di rinnovo né proro­
ga, se non a completamento di un’atti­
vità già avviata.
Al riguardo la giurisprudenza contabile
è intervenuta più volte affermando la
natura eccezionale degli incarichi pro­
fessionali ai quali è possibile ricorrere
“solamente alle condizioni previste dalla
legge (in particolare, l’art. 7 Dlgs n.
165/2001), che esprimono principi di
stretta interpretazione” (Corte dei con­
ti, sez. I giurisdizione centrale, n. 577
del 27 dicembre 2011).
I giudici contabili, in particolare nella
deliberazione n. 6/Contr del 15 feb­
braio 2005, hanno ricondotto le tipo­
logie d’incarichi in parola nell’ambito
del contratto di prestazione d’opera
intellettuale ex artt. 2229­2238 c.c., di­
stinguendo, altresì, i contenuti degli in­
carichi di studio, da quelli di ricerca e
di consulenza:
incarichi di studio: attribuibili in conformità ai criteri previsti dall’art. 5 del Dpr n. 338/1994, per i quali è
prevista la consegna di una relazione scritta finale;
incarichi di ricerca: che presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dell’amministra­
zione;
consulenze: riguardanti le richieste di pareri a esperti.
Rientrano nel novero degli incarichi anzidetti le prestazioni che si sostanziano in:
­ studio e soluzione di questioni inerenti all’attività dell’amministrazione committente;
­ prestazioni professionali finalizzate alla resa di pareri, valutazioni, espressione di giudizi;
­ consulenze legali, al di fuori della rappresentanza processuale e del patrocinio dell’amministrazione;
­ studi per l’elaborazione di schemi di atti amministrativi o normativi.
(1) P. Finelli, Il conferimento di incarichi di collaborazione autonoma, in www.lexitalia.it, n. 12/2008, 2.
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Non rientrano, invece:
­ le prestazioni professionali consistenti in servizi o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici
o strutture interni all’amministrazione;
­ la rappresentanza in giudizio e il patrocinio dell’amministrazione;
­ gli appalti e le esternalizzazioni di servizi necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione, in quanto
manca, “in tali ipotesi, qualsiasi facoltà discrezionale dell’amministrazione”.
La medesima Corte ha, poi, pre­
cisato i presupposti previsti dalla
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normativa succitata necessari
per l’affidamento di incarichi
esterni, che risultano così confi­
gurabili:
rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’amministrazione;
inesistenza, all’interno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dell’in­
carico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico;
indicazione della durata dell’incarico;
proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’amministrazione.
Al riguardo altra giurisprudenza ­ Corte dei conti, sez. I, n. 393 del 2 settembre 2008 ­ ha precisato che:
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il conferimento dell’incarico deve essere legato a problemi che richiedono conoscenze ed esperienze
eccedenti le normali competenze;
l’incarico deve caratterizzarsi in quanto non implicante svolgimento di attività continuativa ma anzi la
soluzione di specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell’incarico del quale
debbono costituire l’oggetto;
l’incarico deve presentare le caratteristiche della specificità e della temporaneità;
l’incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare fittiziamente compiti istituzionali e ruoli
organici dell’ente;
il compenso connesso all’incarico deve essere proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera
forfetaria;
la delibera di conferimento deve essere adeguatamente motivata;
l’incarico non deve essere generico o indeterminato;
i criteri di conferimento non debbono essere generici; ne conseguono l’illegittimità e la sussistenza di un
danno erariale a fronte di un incarico assolutamente generico e non motivato.
In difetto dei suddetti requisiti il
conferimento di incarichi “va rite­
nuto antigiuridico e produttivo di
danno erariale” (Corte dei conti,
sez. II, n. 367 del 24 settembre
2010 e nel medesimo senso Corte
conti Friuli Venezia Giulia, sez.
giurisd., n. 167 del 21 settembre
2011).
Per quanto attiene alle procedure
per l’affidamento degli incarichi, il
comma 6­bis dell’art. 7 del Dlgs n.
165/2001 dispone, in attuazione
del principio di trasparenza, l’ob­
bligo per ciascuna PA di rendere
pubbliche le procedure compara­
tive per il conferimento degli inca­
richi di consulenza e collaborazio­
ne esterna nonché di disciplinare
la materia mediante l’adozione di
apposito provvedimento (nella
forma di regolamento dell’ente).
Circa l’obbligo in parola la giuri­
sprudenza sia amministrativa che
contabile, con un orientamento
ormai consolidato, ha specificato
che:
Tar Piemonte, sez. I, n. 2106 del 29 settembre 2008 “qualsivoglia pubblica amministrazione può legittimamente conferire
a un professionista esterno un incarico di collaborazione, di consulenza, di studio, di ricerca o quant’altro, mediante
qualunque tipologia di lavoro autonomo, continuativo o anche occasionale, solo a seguito dell’espletamento di una procedura
comparativa previamente disciplinata e adottata e adeguatamente pubblicizzata, derivandone in caso di omissione l’illegitti­
mità dell’affidamento” e nel medesimo senso Tar Napoli, Campania, sez. II, n. 1453 del 15 marzo 2010.
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Appare chiaro, dunque, che la necessi­
tà di disciplinare e di rendere pubblica
la procedura comparativa per l’affida­
mento di incarichi esterni costituisce
requisito “di legittimità dell’incarico affi­
dato. È contraria quindi a legge non solo la
mancata previsione di una procedura
comparativa, ma anche la mera previsio­
ne di questa, senza la sua contestuale
disciplina, anche minima” (Corte dei
conti Piemonte, sez. controllo, n. 23
del 15 giugno 2009).
Eventuali deroghe all’utilizzo delle pro­
cedure comparative per la scelta del
consulente, sono identificabili in caso di:
• incarichi “meramente occasionali che si esauriscono in una sola azione o prestazione, caratterizzata da un rapporto
‘intuitu personae’ (…) e che comportano, per la loro stessa natura, una spesa equiparabile ad un rimborso spese, quali
ad esempio la partecipazione a convegni e seminari, la singola docenza, la traduzione di pubblicazioni e simili (…)
Quanto sopra nel presupposto che il compenso corrisposto sia di modica entità, sebbene congruo a remunerare la
prestazione resa.” (dipartimento Funzione pubblica, circolare n. 2 dell’11 marzo 2008);
• procedura concorsuale andata deserta;
• unicità delle prestazione sotto il profilo soggettivo;
• assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione a un termine prefissato
o a un evento eccezionale (Corte dei conti Lombardia, sez. controllo, n. 200/2010/Reg).
La legge finanziaria per il 2008 (art. 3,
comma 54 della legge 244/2007) ha,
inoltre, introdotto l’obbligo per “le
pubbliche amministrazioni che si avval­
gono di collaboratori esterni o che affi­
dano incarichi di consulenza per i quali
è previsto un compenso” di “pubblicare
sul proprio sito web i relativi provvedi­
menti completi di indicazione dei sogget­
ti percettori, della ragione dell’incarico e
dell’ammontare erogato” disponendo
peraltro che l’omessa pubblicazione
“costituisce illecito disciplinare e deter­
mina responsabilità erariale del dirigen­
te preposto” in caso di avvenuta liqui­
dazione del compenso.
Le disposizioni sulla pubblicità degli
incarichi vengono ulteriormente ri­
badite al comma 18 dell’art. 3 della
medesima legge, il quale subordina la
decorrenza degli effetti giuridici dei
contratti relativi ai rapporti di consu­
lenza alla data di avvenuta pubblica­
zione, sul sito istituzionale dell’ammi­
nistrazione, del nominativo del con­
sulente, dell’oggetto dell’incarico e
del relativo compenso.
Per ultimo appare di rilievo richiama­
re gli adempimenti, relativi alla tra­
smissione dei provvedimenti d’incari­
co alla Corte dei conti, previsti al
comma 173 dell’art. 1 della legge n.
266/2005 (Finanziaria 2006), in forza
del quale “gli atti di spesa relativi ai
commi 9, 10, 56 e 57 di importo supe­
riore a 5.000 euro devono essere tra­
smessi alla competente sezione della
Corte dei conti”.
Occorre aggiungere che trattandosi
di un obbligo finalizzato al controllo
successivo sulla gestione è “da esclu­
dere che gli atti trasmessi vadano assog­
gettati singolarmente a una qualsiasi
forma di controllo (preventivo o successi­
vo) di legittimità” e pertanto l’attività
della Corte “riguarderà non già i singoli
atti, bensì l’attività complessiva (…) del­
lo specifico settore, ai fini (…) di una
valutazione delle ricadute delle tipologie
di spese considerate sulla gestione finan­
ziaria negli indicati termini di efficienza,
efficacia ed economicità….” (Corte
dei conti, sez. reg. di controllo per il
Veneto, adunanza del 7 dicembre
2006).
Incarichi di consulenza e appal­
ti di servizi: criteri distintivi
La questione della distinzione tra in­
carichi di consulenza ex Dlgs n.
165/2001 e incarichi di consulenza e
di assistenza riconducibili al contrat­
to di appalto di servizi, come detto,
non risulta a tutt’oggi del tutto anco­
ra chiara sia sul piano normativo che
giurisprudenziale.
La questione è di particolare rilievo
in riferimento agli incarichi da affida­
re “ad avvocati e consulenti in genere
(…) che dovrebbero necessariamente
essere affidati intuitu personae, in via
diretta, tenendo conto di una soglia di
professionalità, ma soprattutto delle ca­
ratteristiche personali dell’incaricato e
della fiducia che il committente ripone
in lui”(2).
A fronte di tali necessità, tuttavia,
“alla luce del codice dei contratti e del
‘pacchetto Bersani’ le argomentazioni
alla base degli affidamenti diretti e fidu­
ciari si annullano radicalmente per il
caso degli affidamenti di incarichi di
consulenza. E si restringono moltissimo
anche nei confronti degli affidamenti di
incarichi legali”(3).
Si pone, di conseguenza, il problema
di comprendere come la nozione di
consulenza elaborata dalla magistra­
tura contabile sopra vista si rapporti
con i concetti di “consulenza gestiona­
le” di cui all’allegato II A e di “servizi
legali” richiamati dall’allegato II B del
codice dei contratti.
(2) L. Olivieri, La configurazione delle consulenze e delle prestazioni d’opera ai fini dell’applicazione del codice dei contratti ­ le procedure
comparative per gli incarichi di collaborazione, in www.lexitalia.it, n. 12/2006, 2.
(3) L. Olivieri, op. cit., 2.
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Al riguardo autorevole dottrina ha
affermato che “si deve ritenere che la
consulenza gestionale sia qualcosa di
diverso dalla consulenza pura e sempli­
ce (…) la prima (…) abbina all’elabo­
razione di valutazioni e soluzioni a pro­
blemi posti dall’amministrazione, anche
la gestione materiale delle azioni neces­
sarie a risolvere i problemi, in base alla
decisione assunta prendendo come ba­
se l’apporto consulenziale fornito (…)
la consulenza vera e propria si ferma,
invece, al primo stadio, come conferma­
no le sezioni unite della Corte dei conti
[delibera n. 6/Contr del 15 febbraio
2005]: si tratta, dunque, dell’emanazio­
ne di pareri, che poi l’ente pubblico
utilizza come base istruttoria per attivi­
tà successive, anche gestionali, che non
coinvolgono ulteriormente il consulen­
te”(4). Il medesimo conclude, per­
tanto, nel senso che le consulenze
vere e proprie non rientrano nella
disciplina posta dal codice degli ap­
palti, ritenendo, invece, che l’affida­
mento delle medesime debba avveni­
re secondo la disciplina posta dal­
l’art. 7 del Dlgs n. 165/2001.
In merito alla distinzione in parola, la
giurisprudenza amministrativa ha
chiarito, altresì, che “mentre l’oggetto
dell’appalto di servizi è una prestazione
imprenditoriale di un risultato, nel con­
tratto d’opera, viceversa, è una presta­
zione intellettuale, senza che sia pre­
supposta un’organizzazione di mezzi o
l’utilizzazione di un lavoro altrui” (Con­
siglio di Stato, sez. III, sent. n. 4573
del 28 agosto 2001).
Sull’argomento la Corte dei conti
(sez. reg. di controllo per la Lombar­
dia nella deliberazione n. 37 del 4
marzo 2008) ha precisato che “se­
condo giurisprudenza amministrativa
consolidata (cfr. da ultimo Cons. di Sta­
to, sez. IV, sentenza n. 263/2008) l’in­
carico professionale (di consulenza, stu­
dio o ricerca) in linea generale si confi­
gura come contratto di prestazione
d’opera ex artt. 2222­2238 c.c. ricon­
ducibile al modello della locatio operis,
rispetto al quale assume rilevanza la
personalità della prestazione resa dal­
l’esecutore. Concettualmente distinto ri­
mane, pertanto, l’appalto di servizi, il
quale ha a oggetto la prestazione im­
prenditoriale di un risultato resa da sog­
getti con organizzazione strutturata e
prodotta senza caratterizzazione per­
sonale”.
Alla luce della giurisprudenza citata
risulta, dunque, che la distinzione tra
appalto di servizi e prestazione pro­
fessionale risiede:
­ nella presenza di un’organizzazione
di mezzi tipicamente necessaria nel­
l’appalto;
­ nella gestione del servizio a rischio
dell’imprenditore.
In merito, peraltro, non si può non
osservare che, soprattutto nell’ipo­
tesi in cui l’appalto abbia a oggetto
una prestazione esclusivamente in­
tellettuale, i requisiti distintivi anzi­
detti sembrano sfumare, rendendo
così estremamente difficoltoso de­
marcare con certezza la distinzione
tra appalto di servizio e consulenza
di cui al Dlgs n. 165/2001.
Al riguardo l’Autorità per la vigilanza
sui contratti pubblici di lavori, servizi
e forniture, nel parere n. 4/2011, ha
affermato che “il patrocinio legale, cioè
il contratto volto a soddisfare il solo e
circoscritto bisogno di difesa giudiziale
del cliente, sia inquadrabile nell’ambito
della prestazione d’opera intellettuale,
in base alla considerazione per cui il
servizio legale, per essere oggetto di
appalto, richieda qualcosa in più, ‘un
quid pluris per prestazione o modalità
organizzativa’ (cfr. Corte dei conti, sez.
reg. di controllo per la Basilicata, delibe­
razione n. 19/2009/Par)”.
Recentemente il Consiglio di Stato,
pronunciandosi in merito all’affida­
mento diretto di un incarico di difesa
legale e ribaltando il giudizio di prime
cure, ha escluso che il singolo confe­
rimento costituisca un appalto di
servizi.
Il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2730 dell’11 maggio 2012, ha ritenuto che “diversamente dall’incarico di
consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate
sulla base dei bisogni dell’ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non
costituisca appalto di servizi legali, ma integri un contratto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in
materia di procedure di evidenza pubblica”.
Precisando più oltre che “Le norme di tema di appalti di servizi, in definitiva, vengono in rilievo quando il professionista
sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro
autonomo, in un servizio (nella fattispecie, legale) da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco
temporale e per un corrispettivo determinato”.
In primo grado, il Tar del Lazio (sez.
Latina, n. 604/2011) si era, in effetti,
espresso nel senso che “il conferimen­
to a un avvocato di un incarico professio­
nale avente a oggetto la difesa in giudizio
di un ente pubblico è riconducibile all’affi­
damento di ‘servizi legali’ nell’accezione
di cui all’allegato II B, Dlgs n. 163 del 12
aprile 2006 (…) tale disposizione è ap­
plicabile non solo al caso di affidamento
di un incarico di tipo generale (cioè aven­
te a oggetto la consulenza e/o difesa in
giudizio dell’ente per un determinato pe­
riodo di tempo) ma anche al conferimen­
to di singoli incarichi professionali, dato
(4) L. Olivieri, op. cit., 6.
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che anche in quest’ultimo caso si tratta
pur sempre di affidamento di un servizio
e la normativa non prevede la limitazio­
ne in questione”.
I giudici avevano, dunque, ritenuto
che sia l’attività di assistenza e di con­
sulenza giuridica di carattere conti­
nuativo sia il conferimento del singolo
incarico di difesa legale fossero anno­
verabili nell’unica categoria dei “servizi
legali” di cui all’allegato II B del codice
degli appalti.
I giudici, nella citata pronuncia, riten­
gono, in particolare, che il giudice di
primo grado non abbia tenuto in con­
siderazione “la differenza ontologica
(...), ai fini della qualificazione giuridica
delle fattispecie e delle ricadute a essa
conseguenti in materia di soggezione alla
disciplina recata dal codice dei contratti
pubblici”: l’attività di assistenza e di
consulenza giuridica si caratterizza,
infatti, per la sussistenza di una speci­
fica organizzazione, dalla complessità
dell’oggetto e dalla predeterminazio­
ne della durata. Pertanto affinché si
possa configurare un “servizio legale”
ai sensi del codice degli appalti è ne­
cessario che la prestazione del pro­
fessionista si caratterizzi per un quid
pluris rispetto al singolo incarico oc­
casionale.
Elemento d’interesse è notare che il
Consiglio di Stato, una volta delineato
il confine applicativo della disciplina
codicistica e affermato che il singolo
ed episodico incarico non costituisce
appalto di servizi, non riconduce l’in­
carico in parola nell’ambito delle con­
sulenze ex art. 7 Dlgs n. 165/2001,
bensì lo ritiene come “una semplice
obbligazione di mezzi ovvero quella di
porre in essere un comportamento teso
al risultato ma non necessariamente, ov­
viamente, a garantirlo/assicurarlo” confi­
gurandolo come “una sorta di tertium
genus (quasi) innestato tra il contratto
d’appalto e la specifica consulenza”(5).
Conclusioni
Da tutto quanto sin qui detto emer­
ge, dunque, che la corretta qualifica­
zione giuridica di un incarico affidato
da una pubblica amministrazione a un
professionista esterno assume fonda­
mentale rilievo in riferimento ai pre­
supposti di legittimità e alle modalità
di affidamento del medesimo.
Si ricorda infatti che, in via generale, il
Dlgs n. 165/2001 prevede, ai fini della
legittimità dell’incarico, molteplici
adempimenti tra i quali si ricordano:
l’espletamento di una procedura
comparativa adeguatamente pubbli­
cizzata, l’obbligo di pubblicazione del­
l’incarico, nonché l’invio dello stesso
alla competente sezione della Corte
dei conti.
Diversamente, qualora si qualifichi
l’incarico professionale quale appalto
di servizi, si osserva che, il codice dei
contratti ammette, nell’ipotesi ex art.
125, comma 11, con modalità certa­
mente più snelle, l’acquisizione di beni
e di servizi mediante affidamento di­
retto, per importi inferiori a
40.000,00 euro e purché le prestazio­
ni risultino incluse tra i servizi indivi­
duati dalla singola PA, con apposito
provvedimento.
Al riguardo è interessante evidenziare
che, nella prassi, molte PA ammetto­
no la possibilità di affidare diretta­
mente incarichi esterni qualora il va­
lore non superi determinate soglie
d’importo ovvero rifacendosi alla di­
sciplina degli appalti in economia. La
tematica è stata affrontata dalla giuri­
sprudenza contabile che ha escluso la
legittimità dell’affidamento senza pro­
cedura comparativa basata sul “riferi­
mento a leggi speciali regolanti settori
diversi dell’azione amministrativa, quali,
ad esempio, i servizi in economia o i
lavori pubblici”, rilevando la non con­
formità di previsioni regolamentari
che “escludano la procedura comparati­
va con riferimento a un compenso ‘non
superiore a (…)’.” (Corte dei conti
Emilia Romagna, sez. controllo, n.
105/2008/G e conforme n. 110/2008/
G). La materia è, infatti, da conside­
rarsi “del tutto estranea a quella degli
appalti di lavori, di beni o servizi, pertan­
to non può farsi ricorso neppure per
analogia a detti criteri” (Corte dei con­
ti Lombardia, sent. n. 37 del 5 febbra­
io 2009).
Alla luce di tale giurisprudenza po­
trebbe considerarsi, pertanto, censu­
rabile l’operato di un’amministrazione
che inquadri un incarico professionale
a un soggetto esterno come appalto
di servizi e proceda all’affidamento di­
retto ­ dunque senza espletamento
dei gravosi adempimenti previsti dal
Dlgs n. 165/2001 ­ in quanto sotto la
soglia dei 40.000,00 euro.
Certamente, se non si vuole svuotare
di significato il comma 11 dell’art.
125, si deve ritenere che il richiamo a
specifiche normative di settore ovve­
ro la previsione di soglie d’importo
possa considerarsi illegittimo allor­
quando si sostanzi in un aggiramento
della normativa di settore e, dunque,
dei principi costituzionali di imparzia­
lità e di trasparenza, nonché delle fi­
nalità di contenimento e di riduzione
della spesa pubblica.
In definitiva, e a parere di chi scrive, è
possibile concludere nel senso che
qualora un incarico a un professioni­
sta esterno ­ a prescindere dalla quali­
ficazione giuridica data al medesimo
dalla PA affidante ­ sia concretamente
riconducibile alla nozione di consu­
lenza, così come elaborata dalla Cor­
te dei conti nella deliberazione n. 6/
Contr/2005, certamente l’ente dovrà
rispettare i presupposti e gli obblighi
previsti dal Dlgs n. 165/2001 e dall’ul­
teriore normativa afferente detta ti­
pologia d’incarichi (ad es. obbligo di
pubblicazione sul sito web aziendale,
invio alla competente sezione regio­
nale della Corte dei conti ecc.).
Diversamente qualora l’incarico con­
sista in un insieme articolato ed ete­
rogeneo di prestazioni privo del re­
quisito della temporaneità ovvero
dell’eccezionalità delle esigenze da
soddisfare, è possibile ricondurre il
medesimo alla nozione di appalto di
servizi e, dunque, ritenendo applicabi­
le la relativa disciplina, che, per servizi
d’importo contenuto, consente mo­
dalità di affidamento più agevoli.
(5) S. Usai, Non è appalto l’affidamento di un singolo incarico legale, Diritto e Pratica Amministrativa, Il Sole 24 Ore, luglio­agosto 2012, 37 e 38.
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