N. 4-5/2013 - UOEI Bergamo
Transcript
N. 4-5/2013 - UOEI Bergamo
N. 4 5 LUGLIO-OTTOBRE 2013 POST. IL S.p.A. - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (conv. il L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, comma 2 D.C.B. Bergamo ANNO LXIV PER IODICO BIMESTRALE - Autorizzato Tribunale di Bergamo n . 190-23-3 -1950 Direzione e Redazione: 24122 BERGAMO - Largo Porta Nuova, 10 - Tel. e Fax 035 -239405 Internet: bergamo.uoei.it - e-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Giuseppe Dossi Stampa Grafica Monti - Bergamo Gita nel Parco delle Foreste Casentinesi, Camaldoli Dall’ 1 al 3 novembre 2013 Programma delle celebrazioni per i cento anni della fondazione della sezione U.O.E.I. di Bergamo Dal 7 al 12 settembre 2013 Trekking del Centenario, 6 giorni sull’alta via delle Dolomiti n°2 Domenica 6 ottobre si svolgerà la Marcia di Regolarità in montagna a coppie, sul Canto Alto. 1° giorno - Da Bergamo a Chiusi La Verna. Ascensione al monte della Verna e all’“abetone” e visita completa al santuario e dei luoghi francescani de La Verna (pranzo al ristorante del pellegrino); partenza per Badia Prataglia e alloggio al Rifugio “Casanova” (camere doppie e multiple con letti normali o a castello). 2° giorno - Camaldoli. In escursione a piedi Camaldoli attraverso la foresta del Parco, visita all’Eremo, alla cella di San Romualdo e al Monastero di Camaldoli (pranzo al sacco). Visita al “Miraglia”, il famoso (e gigantesco) Castagno cavo. In alternativa con il pullman da Badia Prataglia all'Eremo di Camaldoli (a piedi Eremo - Monastero - Eremo (pranzo possibile all’albergo “Camaldoli”). In pullman visita al Castello di Poppi e alla Pieve romanica di Romena. Rientro a Badia Prataglia per la cena. 3° giorno – Vallombrosa, Bergamo Da Badia Prataglia al passo della Consuma e al Monastero di Vallombrosa (pranzo in ristorante a Vallombrosa). Rientro a Bergamo. Prenotatevi subito! Ulteriori dettagli disponibili in sede. Sono aperte le iscrizioni alla marcia sociale di regolarità a coppie per il Centenario della Nostra Sezione! La competizione sarà aperta a tutte le sezioni UOEI e quest’anno si terrà sul Canto Alto, dove nel 1913 venne effettuata la prima escursione della Sezione di Bergamo. Partenza e arrivo saranno presso il Centro Polifunzionale del Comune di Nese dove sarà organizzato anche il pranzo al termine della gara (che si raccomanda di prenotare per tempo). Partenza da Bergamo ore 7:30, inizio della gara ore 8:30. Ulteriori dettagli possono essere richiesti in sede. 1913-2013: Un secolo di attività Sabato 12 ottobre, nella Sala degli Angeli della Casa del Giovane, in via Gavazzeni: alle ore 16,00 verrà presentato il libro “DEL RODODENDRO UN FIOR, Cento anni dell’U.O.E.I. a Bergamo” di Alberto Benini. alle ore 17,30 l’esibizione del Coro Alpino Orobico alle ore 19,00 seguirà un simpatico buffet. La mostra fotografica sarà cornice dell’avvenimento. Domenica 13 ottobre, una breve escursione, Santa Messa e un pranzo sociale, presso il ristorante “Luisella” di Valpiana di Serina, occasione per premiare i soci che si sono distinti nelle varie attività dello scorso anno. Dal 14 al 19 ottobre, nella sala esposizioni dell'Associazione Generale del Mutuo Soccorso, in via Zambonate n°33, sarà esposta la mostra fotografica dei cento anni di vita dell'U.O.E.I. di Bergamo. Orari della mostra: mattino 10-12; pomeriggio 16-18.30 Quest’anno festeggiamo il Centenario della sezione UOEI di Bergamo Gita alle gole del Verdon Per la gita alle gole del Verdon, in Provenza, si era creata molta aspettativa tant’è che in breve tempo si è riusciti a riempire completamente il pullman e si è dovuto aprire una lunga lista d’attesa. Si parte speranzosi anche se le previsioni metereologiche non lasciano ben sperare. Prima tappa San Raphaël, stupenda località balneare del sud della Francia, per percorrere il sentiero dell’Estérel, tracciato sulle rocce rosse in riva al mare. Purtroppo l’asperità della prima parte del percorso ha indotto molti a percorrerne solo un breve tratto e poi tornare a gustarsi un gelato in riva al mare. Raggiungiamo finalmente Brignoles per sistemarci in hotel, luogo base per la partenza delle escursioni successive. Alla cena della sera, in un ristorante vicino, ha partecipato anche la rappresentante della Provence Verte in Italia, che aveva supportato gli organizzatori nella definizione della gita in terra francese. Il giorno successivo ci svegliamo con la pioggia. A colazione ci si confronta sul che fare. La maggioranza dei gitanti opta per la visita guidata ad Aix en Provence, città d’arte e capitale storica della Provenza. Particolarmente interessanti la cattedrale di San Salvatore (Saint Sauveur), il centro storico ed il Cours Mirabeau. Un ridotto numero di temerari invece decide di affrontare la montagna di Sainte Victoire, dorsale montuosa di calcare, molto caratteristica. Il percorso si sviluppa prevalentemente sulla dorsale della montagna. Incontriamo a metà strada un gruppo di Genova che risale la montagna nel verso contrario al nostro. Date le condizioni atmosferiche non particolarmente favorevoli non incontriamo molti altri escursionisti. Il percorso, al di là del suggestivo panorama, è stato interessante anche per ammirare la diffusa fioritura di specie a me sconosciute; fiori rigorosamente fotografati e commentati. La montagna è celebre per le sue numerose apparizioni nei dipinti di Paul Cézanne (1839- 1906), che aveva casa da quelle parti. I due gruppi si ritrovano davanti alla villa di Le Tholonet per proseguire, in autobus, verso Saint Maximin-La Sainte Baume per visitare la cattedrale in cui sono conservate le reliquie di Maria di Magdala (Maria Maddalena). La leggenda narra che, dopo la morte di Gesù, gli Ebrei imbarcarono alcuni apostoli e Maria Maddalena su una nave priva di vele e di remi. La nave approdò in Provenza e Maria Maddalena, dopo an- ni di solitudine e penitenza, morì tra le braccia di Saint Maximin, e qui venne sepolta. La sera ceniamo in un ristorante diverso. L’atmosfera di cameratismo tra di noi si manifesta in tempi brevi, forse complice l’aperitivo alcolico e il vin rosè della zona. Anche il terzo giorno piove, ma il programma viene rispettato. Con il bus percorriamo un lungo tratto per raggiungere le nostre mete. Attraversiamo Cotignac, suggestivo villaggio che conserva resti di abitazioni scavate nelle pareti di tufo, risalenti a tempi remoti. Attraversiamo un territorio prevalentemente agricolo, caratterizzato da innumerevoli filari di viti di altezza inconsueta per noi: i vitigni sono molto bassi. Ci viene spiegato che per le condizioni climatiche e per la siccitosità del clima le piantine devono ottimizzare e non disperdere quanto traggono di vitale dal terreno. Clima siccitoso? Sono tre giorni che piove a dirotto. Probabilmente siamo capitati qui negli unici giorni dell’anno in cui si fa scorta d’acqua. Raggiungiamo Moustiers Sainte Marie, meraviglioso villaggio arroccato nel mezzo di due maestose rupi e attraversato da un vivace ruscello di montagna. Passeggiando tra le viuzze in salita, si possono ammirare le botteghe di faïences, ovvero maioliche smaltate che divennero di moda ai tempi di Luigi XIV, quando il sovrano, per risanare le finanze della corte, decise di sostituire il vasellame d’oro con le più economiche ceramiche. Qui lasciamo il gruppo turistico. Il numeroso gruppo di escursionisti raggiunge con il pullman, grazie all’abilità di Giuseppe, lo chauffeur, il rifugio La Maline percorrendo una strada stretta e tortuosa che ci permette la vista di un panorama mozzafiato sulle gole del Verdon. Le gole del Verdon formano il più grande Canyon d’Europa. Le plasma il fiume Verdon, celebre tra i viaggiatori per il suo incredibile colore smeraldo. Le gole del Verdon furono scoperte e proposte come itinerario turistico escursionistico da Martel, geologo e geografo, che diresse la prima spedizione di discesa del canyon nel 1905. Affrontiamo, sotto la pioggia, il sentiero Martel, che inizia con una discesa verso il fiume per un dislivello di circa 700 metri. Camminando a lato del fiume il sentiero si sviluppa di seguito in un continuo saliscendi. Ad una particolare ripida salita corrisponde una vertiginosa scala metallica in discesa di 252 gradini. Ognuno immagini esseri goffi, impediti da mantelline in cui inciampano, cappelli che scivolano sugli occhi, quasi a balzo su uno strapiombo di 150 metri circa, sotto una poggia battente, chi impaurito, imprecare sottovoce contro i capogita che li hanno portati fin lì. I luoghi sono impressionanti, le pareti maestose, pareti che ammiriamo sollevando di tanto in tanto la testa permettendo all’acqua di poter scivolare lungo il coppino, giù giù per i canaletti fino ai calzini. Finalmente attraversiamo le due gallerie e con un ulteriore sfiancante strappo arriviamo a Point Sublime dove ci aspetta il pullman. Ormai collaudati dalle intemperie e dalla pioggia, il prossimo anno potremmo proporre la discesa del Verdon con le canoe. L’acqua non ci spaventa più. Rido tra me e me, se lo proponessi non riceverei molti consensi, probabilmente molti improperi. La cena, consumata seppure in ritardo, riaccende la convivialità e per un po’ ci fa dimenticare la fatica. L’ultimo giorno si torna verso casa, rigorosamente sotto la pioggia. Ci fermiamo per visitare il complesso monastico di Thoronet, abbazia cistercense tra le più importanti della Provenza. L’abbazia di Thoronet esprime l’essenza stessa dell’arte cistercense fatta di povertà estrema, purezza delle linee, semplicità dei volumi: elementi dettati dall’organizzazione della vita in comune. Proseguiamo per Fréjus, città del Var, con un importante centro storico che vive di luce riflessa, al servizio delle rinomate località balneari vicine. Per la cronaca, la pioggia ci accompagna e precede fino a Milano. In complesso una gita interessante, decisamente non siccitosa. Lorenzo A Santiago de Compostela Il Cammino di Santiago di Compostela è il lungo percorso che i pellegrini fin dal Medioevo hanno intrapreso, attraverso la Francia e la Spagna, per giungere al santuario di Santiago di Compostela, presso cui ci sarebbe la tomba di Giacomo il Maggiore. La leggenda riporta che, S. Giacomo, dopo l’ascesa di Gesù al cielo, iniziò la sua opera di evangelizzazione spingendosi in Galizia, una remota regione all’estremo ovest della penisola iberica. Terminata la sua opera Giacomo ritornò in Palestina dove fu decapitato per ordine di Erode Agrippa nell’anno 44. I suoi discepoli, con una barca guidata da un angelo, ne trasportarono il corpo nuovamente in Galizia per seppellirlo in un bosco vicino ad Iria Flavia, il porto romano più importante della zona. Nei secoli le persecuzioni e le proibizioni di visitare il luogo fanno sì che della tomba dell'apostolo si perdano memoria e tracce. Nell'anno 813 l'eremita Pelagio, preavvertito da un angelo, vide delle strane luci simili a stelle sul monte Liberon, dove esistevano antiche fortificazioni probabilmente di un antico villaggio celtico. Il vescovo Teodomiro, interessato dallo strano fenomeno, scoprì in quel luogo una tomba, probabilmente di epoca romana, che conteneva tre corpi, uno dei tre aveva la testa mozzata ed una scritta:"Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé". Per questo motivo si pensa che la parola Compostela derivi da Campus Stellae (campo della stella) o da Campos Tellum (terreno di sepoltura). Ancora oggi, nel secolarizzato XXI secolo, i pellegrini arrivano da tutto il mondo e in ogni periodo dell'anno, diretti a una sola meta: Santiago de Compostela. Che arrivino a piedi, a cavallo, in bicicletta, i pellegrini hanno tutti in comune il desiderio di vedere stagliarsi nel cielo le guglie del duomo di Santiago e poco importa che a motivare il viaggio sia il perdono dei peccati, il desiderio di compiere una ricerca interiore o, più semplicemente, il piacere di andare. C'è chi si accontenta di percorrere a piedi gli ultimi 100 km, sforzo sufficiente a ricevere la Compostela (che certifica l'arrivo a Santiago) e chi inizia il viaggio molto più lontano, partendo da Saint Jean Pied de Port a quasi 800 km di distanza, all’inizio del cammino francese. Tutto questo è nulla, in confronto all'epica impresa dei pellegrini medievali, che si mettevano in cammino da paesi per l'epoca molto lontani, come le Isole Britanniche o la Scandinavia, affrontando la pericolosa traversata in nave, o dall'Italia, lungo la via Francigena e la via Tolosana, con indumenti, scarpe e borse sicuramente non moderni e raffinati come quelle dei nostri giorni. Il tracciato del Camino è contrassegnato da frecce gialle dipinte su pali del telefono, pietre, alberi, ma il "sentiero" vero e proprio è formato da percorsi nei boschi, stradine di campagna, piste nei campi che corrono parallele alla statale, arterie secondarie asfaltate e strade cittadine. Oltre alle frecce gialle, indicano la via da seguire anche le conchiglie di capesante, inserite su supporti di cemento o stilizzate su cartelli metallici. Per affrontare il Camino de Santiago occorre la credenziale del viaggiatore. Oggi i pellegrini si spostano con una Credencial del Peregrino che fanno timbrare quotidianamente in chiese, bar e refugios per avere accesso alla rete di accoglienza notturna e ottenere il certificato di completamento del percorso, la Compostela. Il nostro Cammino, mio, di Elisa e Mariangela, inizia da St. Jean Pied de Port, sotto i Pirenei dal lato francese e termina a Estella, per Mariangela, e a Burgos per la sottoscritta ed Elisa, dopo 290 chilometri percorsi rigorosamente a piedi. Non ci è mai venuta la tentazione di fare qualche pezzetto in bus, ci siamo attenute rispettosamente alle regole. Che dire di questo viaggio? È stata un’esperienza esaltante anche se, non nascondo, faticosa e con qualche inconveniente, ampiamente ripagata da quanto visto e fatto durante il percorso. E che ci ha esaltate tantissimo. Le cose che ricordo con più piacere, elencate in ordine sparso, sono le uscite all’alba dai rifugi, nei mattini bui e silenziosi, con la consapevolezza di essere “padrone” delle città e dei paesi attraversati, anche se a volte era fin troppo buio, si faticava a individuare i segnavia e si pensava: ma sarà giusto da questa parte? Non è che tra un’ora ci troveremo a peregrinare su una strada sbagliata e poi ci tocca tornare indietro? L’attesa dell’alba, con la macchina fotografica in mano, per non perdere nemmeno un secondo di questo spettacolare evento che si manifesta ogni giorno. La sorpresa dei paesaggi stupendi che si aprivano davanti a noi, pieni di fiori di ogni genere, colori, animali (a volte pecore rinchiuse nei recinti, a volte cavalli lungo il sentiero, a volte scoiattoli in un parco, per non parlare delle numerose lumache mattiniere che si doveva stare attenti a non spiaccicare sull’asfalto, a volte cicogne sulle mura della città), che ti aprono il cuore e ti colmano di contentezza. Gli oceani sterminati di grano e orzo, colorati con tutte le sfumature del verde, il giallo delle ginestre, il rosso purpureo dei papaveri, il blu profondo dei fiordalisi (ma allora esistono ancora!!), il bianco delle margherite, il lilla della malva, il giallo tenue del caprifoglio e le mille rose in fiore. E a questo si sono aggiunti i cieli azzurri con cumuli di cirri, il verde scintillante delle vigne, il colore della terra riproposta nei mattoni delle case, dei ponti e delle chiese. Il profilo dei moderni mulini a vento posti lungo il crinale della collina in lontananza davanti a noi. La facilità di dialogare con gli altri pellegrini nonostante la difficoltà della lingua. Il piacere di rivedere a sera, giorno dopo giorno, gli stessi volti con cui condividere l’esperienza della giornata. La soddisfazione di avere camminato ogni giorno, nonostante il tempo (pioggia, sole a picco o neb- bia), portando a termine la tappa pianificata, spesso camminando più velocemente di quanto preventivato. La possibilità di avere del tempo solo per te stesso perché, nonostante le compagne di viaggio, ognuno poteva cercare e trovare durante la giornata, il tempo in cui era solo con sé stesso e aveva la possibilità di fare correre i pensieri, di riflettere e, perché no, di pregare. Oppure di parlare con qualche nuovo amico. Le colazioni sedute al sole per prendersi una meritata pausa e ritemprarsi per affrontare i chilometri ancora da percorrere. Le cene alla scoperta delle specialità regionali consumate per intero, perché 25 chilometri camminati ogni giorno generavano una fame incredibile, alla faccia della dieta. L’avere spazzolato dal piatto, con molto gusto, degli ottimi spaghetti al ragù, presi più per sfida con il gestore del ristorante (l’abitudine è di non prendere piatti italiani fuori dall’Italia per non avere delle delusioni), che per scelta consapevole. Ma aveva ragione: gli spaghetti erano buonissimi come lui sosteneva e la cuoca ci ha pure ringraziato per averle dato la soddisfazione di non avere avanzato nulla. La scoperta dei paesi e delle città attraversate, ognuna con la propria particolarità (perfino Zubiri paese di quattro anime in croce). La soddisfazione di togliere scarponi e zaino al termine della camminata e di godersi una doccia che ritemprava le forze e riconciliava con il mondo. Il sorriso e il “Buen Camino” che ogni pellegrino ti rivolgeva ad ogni incontro. La possibilità di pernottare in un rifugio gestito da francescani laici con regole un po’ diverse, che ci ha consentito, durante un significativo momento di preghiera, di conoscere alcuni dei motivi per i quali una persona decide di intraprendere il Cammino e di realizzare che al mondo accadono delle cose terribili. La partecipazione alla Messa del Pellegrino nell’antica chiesa Roncisvalle: un momento ricco di emozione che ci ha toccato il cuore. Le chiacchierate durante il cammino, immerse nell’ombra e nel verde, che consentivano di coprire chilometri velocemente, senza renderci conto del tempo che passava. La meraviglia di scoprire posti mai visti o di rivedere monumenti già incontrati in passato che però, nella collocazione del viaggio, acquistavano più sapore, come la bella cattedrale di Pamplona e quella stupefacente di Burgos. L’accoglienza della gente che ti faceva sentire una persona speciale e mentre sei pellegrino probabilmente lo sei veramente. Il sentire che, mentre cammini, appartieni a un gruppo molto più grande, che aveva la tua stessa meta, e che ti faceva sentire parte di un progetto comune a prescindere dall’età, dalla nazione, dalla cultura, dalla religione, dalla motivazione personale. Lo stupore di incontrare i volontari nei vari ostelli sempre disponibili e sorridenti, pronti per soddisfare ogni tua esigenza. La possibilità, una volta riposate, di scoprire cittadine e luoghi dove facevamo tappa. Il sentirsi dei privilegiati per avere la possibilità di fare qualcosa di così ordinario come camminare, ma allo stesso tempo di così esaltante, appagante e straordinario. La cosa più buffa e strana che abbiamo visto, che probabilmente aveva una spiegazione seria, ma ovviamente noi abbiamo solo colto quello divertente, è stato un cartello posto al di fuori di una dimora storica a Puente la Reina, che la segnalava come “CASA VÌNCULO” che probabilmente riportava solo un antico luogo, dato che poi a Pamplona abbiamo trovato anche l’Ottica Vìnculo. Abbiamo subito pensato che come slogan non era granché appetibile, almeno per qualcuno! Per altri invece poteva essere anche interessante. Le difficoltà, scartando la pioggia che ogni camminatore conosce, sotto la quale abbiamo pensato solo a mettere un piede dietro l’altro per arrivare prima possibile alla meta, hanno riguardato le vesciche ai piedi, che tutti avevano messo in conto, ma ognuno spera di non avere mai e tutti minimizzano: ma prova a camminare per 25 chilo- metri tutti i giorni e poi mi racconti se non fa male! Ovviamente qualcuno è stato più fortunato di altri per questa piaga, non ne ha assaporato nemmeno un attimo e non ha dovuto farsi bucare i piedi per tentare di limitare i danni. La fatica dell’ultimo chilometro, arrancato sotto il sole cocente, avendo davanti il miraggio dell’albergo del pellegrino, con la tentazione di fermarsi a riposare e la consapevolezza che, se ti fermi, poi non ti alzi più. Il freddo della notte, perché all’ostello non sempre c’erano coperte e noi non avevamo il sacco a pelo, per cui, in quelle occasioni, abbiamo dormito come delle accampate, coperte per metà dalla giacca a vento e per metà dal pile. Il russare dei vicini di letto, i cigolii delle porte aperte e chiuse nella notte, anche se nel proseguo del viaggio acquistavano sempre meno importanza, forse perché pian piano ci si abituava. Lo zaino che tagliava le spalle e a volte avresti voluto abbandonare ma non era possibile, né volevamo “abbassarci” a farlo portare a destinazione, dietro compenso, dai molti taxi che offrivano questo servizio, perché “non è così che si fa”, noi non ci pieghiamo. La mancanza di vegetazione quando la natura chiamava, per cui ti dovevi arrangiare mentre gli altri pellegrini erano abbastanza lontani, oppure dovevi forzare il passo per avvicinarti il più possibile alla civiltà e raggiungere il primo bar disponibile. E vi assicuro che non è stato sempre facile. L’invidia nel guardare gli zaini piccoli e presumibilmente leggeri di qualche pellegrino più accorto di noi. La fatica di alzarsi tutti i giorni alle 5 per evitare il sole (quando c’era) e il caldo delle prime ore del pomeriggio. L’impossibilità di vedere un tramonto perché a quell’ora eravamo già in branda tra le braccia di Morfeo. Tirando le somme sono stati di gran lunga più gli aspetti positivi delle difficoltà. Con il tempo poi, le negatività vengono rimosse, mentre le cose positive si ricordano più facilmente, più a lungo e con maggior forza. Siamo state tutte estremamente soddisfatte di questo cammino e attendiamo con impazienza di poter concludere il prossimo anno questa magica esperienza. Buen Camino a tutti!! MG Gita alla Malga Lunga In una fredda domenica di marzo raggiungiamo con il pullman Gandino, in Val Seriana, località Opifici a 525 metri di altezza. Nel tragitto una nostra socia ci confida di aver avuto fortuna nel trovare parcheggio nei pressi della stazione. Non è proprio fortuna, l’area è libera perché in zona rimozione. Oggi in città c’è la sfilata dei carri di mezza quaresima. San Marcello, con le sue innumerevoli risorse, provvederà alla rimozione un momento prima dei vigili urbani. Noi intanto si sale sulla strada di Valpiana, segnavia 544, slargo innevato che raggiungiamo dopo circa un’ora. La valle è ancora in ombra e la neve ai lati del percorso aumenta di altezza man mano che saliamo. Il sole si stabilizza in cielo e l’aria è ora meno gelida. Raggiungiamo la Malga Longa (m. 1.270) poco prima di mezzogiorno. Il rifugio Museo Malga Longa è situato sul monte di Sovere con bella vista panoramica sulla val Borlezza, la val Cavallina e i laghi di Iseo e di Endine. Nei locali del rifugio è stato ricavato unmuseo che conserva le testimonianze della lotta partigiana: foto, lettere, manifesti, proclami e alcuni oggetti. All’esterno dell’edificio ci sono cippi e targhe commemorative dei partigiani caduti. Su una lastra di marmo è inciso: “In questo luogo il 17-11-1944 un gruppo di partigiani della 53a Brigata Garibaldi venne catturato dalla famigerata Tagliamento fascista. Il sovietico Efanov (Starik) e Mario Zedurri (Tormenta) vennero immediatamente uccisi. Giorgio Paglia (Giorgio) comandante del distaccamento, Guido Galimberti (Barbieri), Andrea Caslini (Rocco) e i sovietici Donez, Molotov Copenko Noghin vennero fucilati alcuni giorni dopo al cimitero di Costa Volpino. Ricordiamo che il loro sacrificio rappresenta il duro prezzo pagato per la conquista della libertà e della democrazia. Malga Longa 1981”. Va ricordato anche Giuseppe Brighenti (Brach), comandante partigiano, che ha amato queste valli e queste montagne, e ha voluto far rinascere la Malga Lunga , affinché diventasse un museo, per ricordare quegli anni tristi, difficili e di grande dolore. Durante il pranzo ci raggiunge, inaspettato, Ferruccio in abbigliamento primaverile. Festa. Dopo pranzo sul piazzale esterno innevato, alcuni cominciano timidamente a lanciare palle di neve a chi è spaparanzato al sole. Come ragazzi, nonostante l’età media ci annoveri tra i salariati INPS, si scatena una battaglia sulla neve che si attenua solo quando non c’è più neve da raccogliere a terra. Si riparte, già sudati, sul sentiero innevato n° 547 Domenica 27 ottobre 2013 La Sezione organizza, presso la Casa della Gente, di Monasterolo del Castello, la tradizionale… Come da consolidata tradizione, domenica 27 ottobre, presso la Casa della Gente di Monasterolo, si terrà l’annuale festa delle castagne. La giornata, proposta ed organizzata da Gildo, con la discreta consulenza esterna di “Zia Terry”, si svolgerà secondo il seguente programma: - Partenza dalla sede: h 08:00 - Arrivo alla Casa della Gente: h 08:45 - Mattinata libera per escursioni: a) di poca fatica, sul lungolago, con possibilità di raggiungere Spinone al Lago; b) c) d) breve, alla località Le Piane: h 1:00; media, al Bivacco “Camillo e Giacomo”: h 1:50; impegnativa (giro ad anello), con risalita lungo la Valle Torrezzo, al Bivacco “Camillo e Giacomo” – al Monte Gremalto – alla Stampa dei Pagà: h 5:00; Partenza ed arrivo per tutte le escursioni: Piazza IV novembre (a pochi passi dalla casa della Gente); per ognuna, sarà disponibile una breve descrizione. - Pranzo: h 13:00; due le opzioni: a) al sacco b) prenotando il pranzo al costo di circa 15,00 €; menù in via di definizione con i gestori. Per i dettagli del menù sentire più avanti in sede. - Borölada: h 15:30 - Rientro a Bergamo: al termine della castagnata. Vi aspettiamo numerosi !!! Lutti È deceduta Grazia Carminati moglie di Giuseppe Arienti, nuora del Socio Enrico Arienti. A tutti i parenti sentite condoglianze. che taglia a mezza costa il Monte Sparavera, il lago di Endine in basso a sinistra, sino a Monticelli. Qui noi pieghiamo a destra verso Peja, Ferruccio a sinistra verso casa, sopra il lago. La lunga coda di signore per baci e abbracci si scioglie solo dopo risoluti richiami. Dopo una discesa nel bosco calpestando alternativamente neve o fango, scivolando e sottoponendoci a vere e proprie acrobazie per non andare a sbattere, raggiungiamo Peja. Merenda per festeggiare il compleanno di Marilisa e ritorno a casa. Gaio Omaggio a Francesco Nullo Nuova pubblicazione del nostro Direttore. Dopo “I fatti di Sarnico” del 1862, di cui ricorreva l’anno scorso il 150° anniversario, Giuseppe Dossi ha curato la stampa di “Omaggio a Francesco Nullo” in occasione del 150° della morte dell’eroe garibaldino (05.05.1863). Il saggio, edito da Sestante edizioni, con il patrocinio del Comune di Bergamo, è stato presentato il 16 aprile scorso al Teatro Donizetti e contiene interventi di Paolo Merla, Umberto Zanetti, Franco Nicefori, Anna Tola, Silverio Signorelli, Francesco Ghidotti, Mario Sigismondi, Rosanna Casari e Andrea Trovesi. Il volume, che può essere acquistato presso le librerie della città e della provincia o ordinato sul sito www.sestanteedizioni.it, è disponibile anche presso la sede U.O.E.I. al prezzo speciale di 10 euro. Paolo Simone Copie del volume sono disponibili in sede Vuoi passare una domenica lontano dal caos e dallo smog della città? Vieni con noi dell’U.O.E.I. Garantiamo viaggi in pullman o mezzi pubblici collettivi, Nascite E’ nato qualche mese fa Leonardo, lo annunciano i nonni, i soci Alessandro Ginammi e Gianna Rottoli. E' nato Matteo, lo annunciano i nonni, i soci Piero Rottoli e Elena Lozza. Auguri vivissimi e felicitazioni. luoghi immersi nella natura e paesaggi straordinari, compagni di viaggio simpatici. Visita il nostro sito: www.bergamo.uoei.it.