Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio

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Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
Carlo Frenquelli*
Università degli Studi di Macerata
Questo articolo si pone l’obiettivo di fornire al lettore una esposizione grafica per la comprensione del fenomeno del Pricing-toMarket (PTM) sia da un punto di vista micro che macroeconomico. L’oggetto principale dell’analisi è mostrare quali sono le condizioni microeconomiche necessarie affinché le imprese attuino tale strategia e come cambiano i meccanismi di trasmissione della
politica monetaria quando l’economia è caratterizzata da PTM, volgendo particolare attenzione all’impatto del fenomeno sul tasso di
cambio e sulle altre variabili reali. Si tenta, infine, di capire se in
presenza di PTM, la politica monetaria sia uno strumento beggarthy-neighbor o prosper-thy-neighbor. [Codici JEL: D21, D42, E52,
F41, F42]
1. - Introduzione
Ogni giorno su quotidiani, telegiornali e siti internet ci viene
comunicato con quanti dollari viene scambiato un euro sul mercato dei cambi. Perché mai questa informazione è così importante
da dover essere monitorata così frequentemente? La risposta è
semplice: ognuno di noi può, sempre più spesso, acquistare un
bene prodotto in una qualsiasi parte del mondo e denominato in
una qualsiasi valuta. Le fluttuazioni del tasso di cambio possono,
di conseguenza, far variare il prezzo di un bene semplicemente
* <[email protected]>. L’Autore desidera ringraziare il suo relatore, Prof.
Luca De Benedictis, per la sua continua disponibilità e per i suoi preziosi suggerimenti nelle tante discussioni intervenute durante la stesura del presente lavoro.
Ringrazia inoltre i referee della Rivista di Politica Economica per la lettura attenta e le utili indicazioni. L’Autore rimane il solo responsabile per le opinioni espresse e per gli eventuali errori contenuti nel presente lavoro.
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perché è diventata più o meno costosa la valuta nella quale lo
stesso bene è denominato. Ma siamo certi che le fluttuazioni dei
tassi di cambio siano sempre capaci di alterare i prezzi dei beni?
Il primo obiettivo del presente articolo è dare una risposta a
questa domanda. Allo scopo di rimanere competitive, infatti, spesso le imprese operanti sui mercati internazionali, seguono delle
politiche di prezzo orientate a mantenere concorrenziali i prezzi
dei beni esportati, nonostante le variazioni dei tassi di cambio. A
tal fine esse attuano — contemporaneamente su più mercati —
una strategia di pricing caratterizzata da una politica di discriminazione di prezzo del terzo grado, fondata su aggiustamenti del
mark-up indotti da variazioni del tasso di cambio: quello che Paul
Krugman (1987) ha chiamato pricing-to-market (PTM). Mediante
tale atteggiamento le imprese realizzano strategie di local currency
pricing stability (LCPS), cioè fissano, e mantengono costante, il
prezzo di vendita nella valuta del mercato di sbocco del bene stesso. Vedremo che ciò può indurre un incompleto pass-through del
tasso di cambio, cioè una variazione dei prezzi delle importazioni meno che proporzionale rispetto la variazione del tasso di cambio.
I concetti di PTM, pass-through e LCPS, nei tempi recenti,
hanno attirato l’attenzione degli economisti non soltanto dal punto di vista della «teoria dell’organizzazione industriale», ma anche
per quel che riguarda la macroeconomia internazionale1. La mancanza di un completo pass-through, infatti, può alterare i meccanismi di trasmissione delle politiche monetarie e fiscali e, di conseguenza, avere implicazioni non irrilevanti sulle variabili macroeconomiche quali il consumo, la produzione, il saldo del conto corrente, oltre che sulla volatilità stessa del tasso di cambio.
Si è così assistito, negli ultimi dieci anni, alla nascita di un
nuovo e crescente filone di letteratura che tenta di risolvere le
1
Tale cambiamento di prospettiva ha ancora un’influenza ridotta sulla gestione della politica economica e le teorie macroeconomiche classiche rimangono tuttora a fondamento delle scelte dei responsabili delle stesse. Eppure tali teorie hanno mostrato i loro limiti nello spiegare fenomeni di non poca importanza come,
ad esempio, la scarsa incidenza della politica di deprezzamento del dollaro nella
riduzione del deficit di bilancia commerciale statunitense.
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questioni di macroeconomia aperta nel contesto di modelli di
equilibrio dinamico generale con espliciti fondamenti microeconomici, rigidità nominali e concorrenza imperfetta: la New Open
Economy Macroeconomics2. L’inizio di questo nuovo filone di pensiero viene, di solito, fatto coincidere con la pubblicazione dell’articolo Exchange Rate Dynamic Redux di Obstfeld e Rogoff
(1995). Il modello presentato in tale pubblicazione rappresenta,
dunque, il modello base della nuova macroeconomia ed è stato
seguito da numerosi altri studi che hanno cercato di apportare
contributi aggiuntivi a tale impianto teorico. In particolare, Betts
e Devereux (1996 e 2000) e Otani (2002) estendono il Redux Model con l’obiettivo di esplorare le implicazioni macroeconomiche
del PTM.
Il secondo obiettivo di questa dissertazione è proprio quello
di indagare, mediante lo studio di tali modelli, se le teorie macroeconomiche tradizionali (che non prevedono PTM) cambiano,
in presenza di pricing-to-market e local currency pricing stability
che inducono un incompleto pass-through del tasso di cambio, e
se si come. L’oggetto principale dell’analisi sarà capire come cambiano i meccanismi di trasmissione della politica monetaria quando l’economia è caratterizzata da PTM, nell’intento di prevedere
la possibile reazione del tasso di cambio e delle altre variabili reali quando l’economia è colpita da uno shock monetario. Particolare attenzione sarà rivolta anche agli effetti “esterni” delle politiche monetarie. Si cercherà, in sostanza, di capire se, in termini
di welfare, la politica monetaria sia uno strumento beggar-thy-neighbor o prosper-thy-neighbor, cioè, rispettivamente, se un’espansione monetaria abbia effetti negativi o positivi sui paesi-partner
commerciali.
Questo lavoro si presenta dunque come una rassegna dei principali aspetti del fenomeno del Pricing-to-Market. L’aspetto innovativo che si è tentato di introdurre è stato quello di andare oltre
la risoluzione di complessi modelli matematici ed offrire, invece,
2
Si veda LANE P.R. (2001) per un quadro generale della letteratura sulla New
Open Economy Macroeconomics e il sito internet www.geocities.com/brian_m_doyle/open.html per una raccolta aggiornata di tutti gli articoli di questa area di ricerca.
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strumenti di analisi più semplici ed intuitivi. Ciò che contraddistingue questo articolo è dunque la metodologia utilizzata nella
rappresentazione di fenomeni a volte complessi: il percorso di studio svolto consente infatti di offrire una chiarificazione grafica
delle principali implicazioni del PTM.
L’articolo procede nel modo seguente: nel paragrafo 2 viene
svolta un’analisi microeconomica del pricing-to-market. Si analizza, cioè, il fenomeno considerando il tasso di cambio come variabile esogena. Si studia quali sono le condizioni affinché la discriminazione di prezzo possa essere attuata dalle imprese e quale sia il comportamento delle stesse quando l’economia è colpita
da uno shock del tasso di cambio. Nel paragrafo 3 lo studio del
PTM diventa di tipo macroeconomico. È il PTM stesso che diventa variabile esogena, mentre la variabile endogena principale
sarà il tasso di cambio. Il paragrafo 4 conclude il lavoro.
2. - Analisi microeconomica del PTM
2.1 Il Pass-Through del tasso di cambio
Il pass-through del tasso di cambio (ERPT) misura l’intensità
con cui una variazione del tasso di cambio si trasferisce ai prezzi delle importazioni denominati nella valuta del mercato locale;
è, dunque, la percentuale di cambiamento dei prezzi delle importazioni in valuta locale risultante da un cambiamento dell’1% del
tasso di cambio tra il paese che importa e quello che esporta. Colombo e Lossani (2002) considerano la relazione che descrive la
legge del prezzo unico estesa all’insieme dei beni importati, espressa in termini di tassi di variazione percentuale:
(1)
P *
PIM E
= + IM
PIM E P*
IM
La variazione percentuale del prezzo in valuta locale delle importazioni è riconducibile alla variazione del tasso di cambio e
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del prezzo in valuta estera dei beni importati. I produttori esteri
fissano i prezzi in base a costi unitari di produzione aumentati
per un margine di profitto unitario k* (il mark-up), secondo una
relazione del tipo:
(2)
* =
PIM
(
w*
1 + k*
A*
)
dove w* e A* misurano rispettivamente il salario e il livello di produttività nell’economia estera. Utilizzando la (2) possiamo dunque
riscrivere la (1) nel seguente modo:
(3)
* A * k * 
PIM E  w
= + * − * + *
PIM E  w
A
k 
Assumendo per semplicità che salari e produttività all’estero
·
siano costanti (w· * = A* = 0) la (3) si riduce semplicemente alla:
(4)
PIM E k *
= +
PIM E k*
in cui entrano in considerazione due soli elementi: il tasso di variazione percentuale del cambio nominale e quello del mark-up
dei produttori esteri.
Definiamo ora il coefficiente di pass-through γ, come la misura della variazione dei prezzi delle importazioni, espressi in valuta locale (o del consumatore estero), a seguito di una variazione del tasso di cambio. In termini analitici:
(5)
dPIM
dE
=γ
dt
dt
A questo punto è possibile analizzare il comportamento dei
prezzi delle importazioni, espressi in valuta locale, e del mark-up
in tre possibili scenari alternativi:
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1. Prezzo delle importazioni fissato nella valuta del produt·
tore e mantenuto costante: P*IM /P*IM = 0.
La variazione del tasso di cambio si riflette in una variazione proporzionale del prezzo in valuta locale dei beni importati:
·
·
PIM/PIM = E/E. In questo caso γ = 1, il pass-through è completo e
si ricade nello scenario contemplato dall’approccio delle elasticità
(di Alfred Marshall ed Abba Lerner): la svalutazione della moneta locale implica una maggior onerosità dei beni importati per i
consumatori locali.
2. Prezzo delle importazioni fissato nella valuta del consu·
matore e mantenuto costante: PIM /PIM = 0.
L’invarianza dei prezzi delle importazioni, denominati nella
valuta locale, presuppone una riduzione percentuale dei prezzi in
valuta estera uguale al deprezzamento del tasso di cambio. Avendo ipotizzato costi unitari costanti, tale condizione può essere ottenuta solo mediante una compressione del mark-up. Ciò richiede:
P *
P
E
dk *
= − * = − IM ⇒ IM = 0
E
P*
PIM
k
IM
In questo caso si ha assoluta mancanza di pass-through, γ = 0.
3. Reazione meno che proporzionale dei prezzi delle importazioni nella valuta del consumatore alle variazioni del
·
cambio: 0 < (PIM /PIM) < 1.
La variazione del tasso di cambio incide solo parzialmente sul
livello del mark-up e dei prezzi espressi nella valuta del produttore:
·
·
·
P*IM /P*IM = k*/k* = –(1 – γ)E/E. Di conseguenza comporta una varia·
zione ridotta del prezzo in valuta locale dei beni importati: PIM /PIM
·
= γE/E. In questo caso si ha pass-through incompleto3, γ < 1.
3
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In questo caso 1 – γ misura il cosiddetto mark-up adjustment.
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Nel caso di pass-through incompleto o nullo sono i margini
di profitto unitari a sostenere l’onere residuale del processo di aggiustamento, al fine di controbilanciare gli effetti della variazione
del tasso di cambio sui prezzi all’import espressi nella valuta del
consumatore. Nei libri di testo4, i modelli relativi alla bilancia dei
pagamenti assumono una reazione uno a uno dei prezzi alle importazioni al tasso di cambio (infatti, le industrie sono perfettamente concorrenziali e i mark-up sono costanti e pari a zero); questo significa, allora, che vi è un completo (o pieno) ERPT e γ =
1. Due condizioni sono richieste per questo risultato:
— costanti mark-up di prezzo sul costo;
— costi marginali costanti.
2.2 Il comportamento di un’impresa PTM
Negli ultimi venti anni, le imprese esportatrici nei paesi industrializzati hanno dovuto far fronte a cambiamenti senza precedenti nei tassi di cambio reali. È diventato, così, sempre più di
primaria importanza per tali imprese valutare in che modo mantenere concorrenziali i prezzi dei beni esportati nonostante le variazioni dei tassi di cambio.
Una prima possibile soluzione è porre in essere strategie di
hedging mediante l’utilizzo dei ForEx Derivatives. Per un esportatore, infatti, un apprezzamento della valuta nazionale comporta
una riduzione dei ricavi di vendita (in valuta nazionale) dei beni
venduti in paesi esteri e denominati in valuta estera. Mediante l’utilizzo di Currency Future o Currency Option un’azienda esportatrice potrebbe così coprirsi da tale rischio rispettivamente fissando o determinando un livello massimo del tasso di cambio a cui
convertire in valuta nazionale i ricavi ottenuti in valuta estera. Ma
4
Ad esempio GANDOLFO G. (1994) esamina l’equilibrio macroeconomico in un
modello aperto di tipo keynesiano standard; HALLWOOD P.C. - MACDONALD R. (1994);
DE GRAUWE P. (1997); COLOMBO E. - LOSSANI M. (2002) utilizzano il modello Mundell-Fleming, vale a dire il modello IS-LM esteso ad un’economia aperta; KRUGMAN P. - OBSTFELD M. (2003) utilizzano il modello DD-AA, che si basa, comunque,
sul modello Mundell-Fleming e che sarà preso come riferimento nel presente lavoro.
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l’utilizzo di tali strumenti derivati non è privo di costo: l’impresa
è infatti costretta a rinunciare ad eventuali benefici derivanti da
un movimento favorevole del tasso di cambio nel caso dei Currency Future; può beneficiare di movimenti favorevoli del tasso di
cambio ma ha l’onere del pagamento del premio nel caso dei Currency Option. Non bisogna, inoltre, trascurare il fatto che le imprese non sono in grado di negoziare derivati Over-the-Counter e
per usufruirne devono necessariamente ricorrere ad intermediari
finanziari sostenendo, di conseguenza, i costi di commissione insiti a tale attività di negoziazione.
Molte imprese hanno quindi preferito perseguire strategie di
pricing piuttosto che strategie di hedging. Così, ad esempio, in
reazione ad un apprezzamento della valuta domestica, queste imprese hanno ridotto i prezzi in valuta interna dei beni destinati
ai mercati di esportazione con il fine di limitare la crescita dei
prezzi in valuta estera degli stessi prodotti. Tale comportamento
di Pricing-to-Market (PTM) avviene quando le imprese esportatrici fissano il prezzo delle loro esportazioni nella valuta del mercato locale applicando un mark-up ai loro costi marginali di produzione specifico per ogni singolo mercato locale di sbocco (destination-specific). In questo modo le imprese sono in grado di
attuare — contemporaneamente su più mercati — una strategia
di pricing caratterizzata da una politica di discriminazione di
prezzo del terzo grado, fondata su aggiustamenti del mark-up indotti da variazioni del tasso di cambio. Affinché le imprese possano perseguire tale strategia devono essere soddisfatti almeno
due requisiti:
— i mercati devono essere geograficamente segmentati;
— le imprese devono godere di un certo potere di mercato.
Poiché il PTM implica l’adozione di una strategia su più mercati, sarà utile specificare qual’è il comportamento di un’impresa
in tale contesto.
Consideriamo un’impresa che vende la sua produzione in N
mercati esteri, indicati da i. Assumiamo che la domanda, in ciascun mercato, abbia la forma generale:
qit = fit (Eitpit)vit
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con
i = 1,…,N
e
t = 1,…,T
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dove qit è la quantità domandata dal mercato di destinazione i nel
periodo t, p è il prezzo nella valuta dell’esportatore, E è il tasso
di cambio nominale (valuta del mercato di destinazione per unità
di valuta dell’esportatore) e v è una variabile casuale che può spostare la domanda. I costi dell’esportatore sono dati da:
Ct = C (∑ qit) δt
dove Ct misura i costi in unità di valuta domestica e δt è una variabile casuale che può spostare la funzione di costo (per esempio, cambiamenti nei prezzi degli input) nel periodo t. Il profitto
dell’impresa esportatrice nel periodo t è:
∏= ∑ p q
it it
t
−C
(∑ q ) δ
it
t
Le condizioni di primo ordine per la massimizzazione del profitto implicano che l’impresa eguaglierà il ricavo marginale derivante dalla vendita in ciascun mercato al costo marginale comune. Sostituendo le funzioni di domanda nella funzione di profitto
e massimizzando rispetto al prezzo praticato in ciascun mercato,
in ciascun periodo, si ottiene un insieme di condizioni di primo
ordine:
 ε 
pit = ct  it 
 ε it − 1
con i = 1,…, N
e
t = 1,…, T
dove ct è uguale a C'δt, ovvero, il costo marginale di produzione
nel periodo t ed εit è l’elasticità della domanda, rispetto al prezzo
in valuta locale, nel mercato di destinazione i5. Tale formula ci dice che il prezzo nella valuta dell’esportatore è un mark-up sul costo marginale, con il mark-up che è determinato dall’elasticità del5
In genere noi pensiamo che tale condizione di primo ordine sia valida per
un monopolista. Tuttavia possiamo interpretarla con una maggiore generalità se
consideriamo le elasticità come associate con una curva di domanda residuale che
tenga conto della percezione dell’impresa delle reazioni dei concorrenti ai cambiamenti del prezzo da parte dell’impresa stessa.
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la domanda nei vari mercati di destinazione. Minore è l’elasticità6,
maggiore è il mark-up (per ε → 1, εit/(εit – 1) → ∞). Maggiore è
l’elasticità della domanda, minore sarà il mark-up. La stessa equazione può infatti anche rappresentare il comportamento dell’esportatore in mercati perfettamente concorrenziali. In questo caso le elasticità della domanda sono infinite (e indipendenti dalla
destinazione) e l’impresa sceglie il livello di produzione in corrispondenza del quale il costo marginale è uguale al prezzo mondiale (per ε → ∞, εit/(εit – 1) → 1).
Per capire meglio questo concetto osserviamo il grafico 1 che
mostra due curve di domanda le cui elasticità sono diverse; in parGRAF. 1
L’INCIDENZA DELL’ELASTICITÀ DELLA DOMANDA SUL MARK-UP
P
Cma
P'
B
Rma
mark-up
D
P
A
Cme
Rma'
Q*
D'
Q
6
L’elasticità deve essere comunque maggiore di uno perché sappiamo dalla
teoria del monopolio che un monopolista che massimizza il profitto non produrrà
mai una quantità corrispondente al tratto inelastico della curva di domanda.
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ticolare D' è più elastica di D. Queste curve di domanda sono state appositamente costruite in maniera tale che le rispettive curve
di ricavo marginale, Rma' e Rma, incontrino la curva di costo marginale (CMa) dell’impresa nello stesso punto. Come sappiamo dalla teoria microeconomica, il monopolista che massimizza il profitto produrrà la quantità (Q*) in corrispondenza della quale il
Rma = CMa. A questo punto il mark-up che potrà caricare sul costo marginale dipenderà dall’elasticità della curva di domanda. Nel
mercato in cui fronteggerà la curva più elastica (D') potrà caricare un prezzo pari a P e di conseguenza un mark-up, dato dalla
differenza tra il prezzo e il costo medio (CMe), pari al segmento
tratteggiato indicato dalla parentesi graffa piccola. Nel mercato in
cui fronteggerà, invece, la curva di domanda meno elastica (D)
potrà caricare un prezzo pari a P' e di conseguenza un mark-up
pari al segmento tratteggiato indicato dalla parentesi graffa grande.
È dunque evidente come in presenza di una curva di domanda
più rigida l’imprenditore monopolista possa caricare un mark-up
maggiore. Si noti, infine, che l’extra-profitto, nel mercato in cui
la domanda è più elastica è dato dall’area corrispondente al rettangolo A, mentre laddove la domanda è meno elastica è dato dall’area corrispondente alla somma dei rettangoli A e B.
2.2.1 Gli effetti di una variazione del tasso di cambio
Per capire qual è il comportamento di pricing di una impresa, a seguito di variazioni del tasso di cambio, è utile esaminare
i lavori di Marston (1990) e Knetter (1989). Entrambi mostrano
che la reazione del prezzo delle esportazioni ad una variazione
del tasso di cambio dipende da due fattori:
— dalla convessità della curva di domanda nel mercato delle
esportazioni;
— dai cambiamenti nel costo marginale.
Analizziamo ora il primo aspetto. L’esportatore massimizza i
profitti in unità di valuta nazionale mentre la domanda di importazioni, da parte del paese che importa, dipende dallo specifico
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prezzo in valuta locale. Variazioni del tasso di cambio generano
un gap tra il prezzo pagato dal compratore e il prezzo ricevuto dal
venditore nelle rispettive valute. Dato il prezzo di un certo bene,
espresso nella valuta del venditore/esportatore, un deprezzamento
della valuta del compratore/importatore fa aumentare il prezzo in
valuta locale pagato da quest’ultimo. A questo punto, il venditore
ridurrà il prezzo espresso in valuta nazionale dei beni destinati all’esportazione al fine di contrastare l’aumento del prezzo che ha
subito l’importatore a causa del deprezzamento della propria valuta? In poche parole, l’esportatore sarà incentivato ad effettuare
un local currency pricing stability (LCPS), cioè una politica volta a
stabilizzare il prezzo nella valuta del compratore? Il comportamento del venditore, e, di conseguenza, la risposta alle nostre domande, dipenderà dalla convessità delle curve di domanda che si
trova a fronteggiare su ciascun mercato di sbocco. La convessità
della domanda determina come l’elasticità della domanda cambia
al variare del prezzo. Consideriamo i due casi seguenti.
— Caso 1. Curva di domanda con elasticità costante rispetto al
prezzo (curva isoelastica). Nel momento in cui il venditore fronteggia una simile curva di domanda, nonostante la variazione del
prezzo indotta dal deprezzamento (o apprezzamento) della valuta
del compratore, il mark-up ottimale caricato dall’esportatore non
cambierà. Ciò implica che il prezzo caricato in ciascun mercato
sarà un mark-up fisso sul costo marginale e non vi saranno aggiustamenti di prezzo a seguito di fluttuazioni nei tassi di cambio. In poche parole, non si è nel caso del LCPS e il pass-through è completo.
— Caso 2. Curva di domanda con elasticità non costante rispetto al prezzo (quindi che varia al variare del prezzo in valuta locale). In questo caso i prezzi delle esportazioni caricati dall’impresa dipenderanno dal comportamento del tasso di cambio. La
regola è la seguente: se, a seguito del deprezzamento della valuta
del compratore, la domanda diviene più elastica, cioè meno convessa, all’aumentare del prezzo in valuta locale, allora il mark-up
ottimale caricato dall’esportatore diminuirà. Viceversa, se la domanda diviene meno elastica, cioè più convessa, il mark-up ottimale aumenterà. Ne deduciamo che soltanto nel caso in cui la
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curva di domanda diviene più elastica rispetto ad una curva isoelastica si avrà LCPS che genererà un incompleto pass-through,
mentre nel caso in cui essa sia più convessa non si avrà LCPS e
il coefficiente di pass-through sarà addirittura maggiore di 1 (γ >
1); il comportamento dell’esportatore, in sostanza, amplifica l’effetto della variazione del tasso di cambio.
Dunque, l’aggiustamento di prezzo a seguito di una variazione del tasso di cambio, dipende, in ultima analisi, dalla percezione dell’impresa di come le elasticità della domanda cambiano rispetto al prezzo in valuta locale. Il grafico 2 illustra il risultato
appena ottenuto. Nel grafico sono presenti tre diverse curve di domanda: una isoelastica, una con elasticità maggiore rispetto alla
precedente ed una con elasticità minore. Sull’asse delle ordinate
GRAF. 2
AGGIUSTAMENTO DI PREZZO DA PARTE DI UN’IMPRESA PTM
DOPO UN DEPREZZAMENTO DELLA VALUTA DEL COMPRATORE
P
P''2
P2
curva meno elastica
P'2
A
P1
curva più elastica
curva isoelastica
E
Q2
Q1
Q
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indichiamo il prezzo in valuta locale (del consumatore/importatore) e sull’asse delle ascisse la quantità domandata. A questo punto assumiamo che in un certo istante di tempo t la quantità fornita dall’impresa (nel mercato estero) sia nel punto di equilibrio
A, ovvero la quantità Q1 al prezzo P1. Supponiamo ora che al tempo t + 1 vi sia uno shock del tasso di cambio che induca un deprezzamento della valuta del consumatore. Questo provoca un aumento del prezzo in valuta locale ed una conseguente diminuzione della quantità importata da Q1 a Q2. Nel caso in cui l’impresa
percepisca una curva con elasticità costante, come abbiamo avuto modo di vedere, il pass-through è completo e di conseguenza
l’aumento di prezzo, da P1 a P2, è esattamente proporzionale alla
variazione del tasso di cambio. Tuttavia, se all’aumentare del prezzo in valuta locale (muovendoci cioè dal punto A verso l’alto) la
domanda diviene più elastica, il prezzo in valuta locale crescerà
ma meno che proporzionalmente e non sarà più P2 ma P'2 < P2.
Dunque l’impresa riduce i margini di profitto per controbilanciare l’aumento di prezzo indotto dal deprezzamento della valuta del
consumatore e il pass-through è incompleto. Ragionamento opposto nel caso in cui all’aumentare del prezzo in valuta locale la
domanda è meno elastica. Nonostante il deprezzamento l’impresa aumenta i margini di profitto e il prezzo sarà P''2 > P2. Si noti, infine, che un ragionamento analogo può essere fatto anche nel
caso in cui la valuta del consumatore si apprezza. In questo caso, l’apprezzamento riduce il prezzo del bene nella valuta dell’importatore. Di conseguenza se la curva diviene più elastica l’impresa aumenterà il mark-up, mentre se diventa meno elastica lo
ridurrà.
Come abbiamo detto ad inizio paragrafo, la reazione dei prezzi delle esportazioni ad una variazione del tasso di cambio può
dipendere anche da cambiamenti nel costo marginale. Marston,
infatti, fa notare che una variazione del tasso di cambio può anche avere effetti retroattivi sui prezzi perché può indurre una variazione del costo marginale. Questo si potrebbe verificare quando le imprese esportatrici utilizzano materie prime (o altri fattori produttivi) che sono prezzati in una valuta diversa da quella
nazionale. Si consideri, ad esempio, un’impresa giapponese che
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produce beni utilizzando come materia prima il petrolio, il cui
prezzo, nei mercati internazionali, è espresso in dollari. Quest’impresa vende sia sul mercato nazionale che negli Stati Uniti.
Nel caso in cui vi fosse un apprezzamento del dollaro rispetto lo
yen, aumenterebbe per l’impresa il costo del petrolio e di conseguenza ciò indurrebbe un aumento dei costi marginali di produzione; in particolare si avrebbe uno spostamento della curva che
li rappresenta. A fronte di tale aumento di costo, l’impresa rivedrà al rialzo sia il prezzo praticato nel mercato nazionale che
quello caricato nel mercato di esportazione statunitense; tale aggiustamento di prezzo dipenderà, anche in questo caso, dalle curvature delle curve di domanda nei rispettivi mercati. Questo significa che anche gli shock di costo faranno variare il prezzo relativo del bene solo se le curve di domanda, nei due mercati,
avranno diverse convessità. Nel caso in cui, invece, le curve di
domanda avranno identiche curvature, i prezzi, nei singoli mercati, aumenteranno della stessa percentuale e il prezzo relativo
del bene non cambierà. Lo stesso apprezzamento del dollaro potrebbe avere, inoltre, un ulteriore effetto sul costo marginale: riducendo il prezzo in dollari dei beni esportati dal produttore giapponese (eccetto nel caso in cui vi sia assoluta mancanza di passthrough e quindi γ = 0) aumenterebbe la domanda statunitense
di tali beni e di conseguenza la produzione per l’impresa. Ora, se
i costi marginali sono crescenti al crescere della produzione, tale aumento della produzione genera un aumento dei costi marginali che può essere letto, questa volta, lungo la curva di costo
marginale.
3. - Le implicazioni macroeconomiche del PTM
Fino ad ora è stata svolta un’analisi microeconomica del Pricing-to-Market. Abbiamo, infatti, esaminato il comportamento di
un’impresa considerando il tasso di cambio come variabile esogena.
Il nostro studio diviene ora di tipo macroeconomico; l’obiettivo è capire quali possano essere le implicazioni del Pricing-to129
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Market sulle variabili macroeconomiche (quali, ad esempio, la produzione, il consumo, il saldo del conto corrente) e sulla volatilità
stessa del tasso di cambio. In sostanza, dunque, la nostra analisi
si rovescia: considereremo questa volta come variabile esogena la
presenza del PTM e cercheremo di scoprire in che modo cambiano i meccanismi di trasmissione delle politiche monetarie a livello internazionale, rispetto al caso in cui non vi sia PTM. Per
far ciò dovremo analizzare un importante contributo dato da Betts
e Devereux (2000), i quali sviluppano, sulla base del modello di
Obstfeld e Rogoff (1995), un modello del tasso di cambio assumendo che ci siano delle imprese che fissano il prezzo nella valuta locale di vendita.
3.1 DD-AA vs Obstfeld-Rogoff
L’approccio della New Open Economy Macroeconomics si discosta notevolmente rispetto al modello classico DD-AA. In tale
modello, ad esempio, si può concludere che la moneta è neutrale nel lungo periodo e che un incremento (permanente) dell’offerta di moneta genera un overshooting del tasso di cambio. Al
contrario, Obstfeld e Rogoff sostengono che la moneta può non
essere neutrale e che un’espansione monetaria non comporta un
iper-reazione del tasso di cambio. Cerchiamo di capire perché.
Il grafico 3 raffigura il modello DD-AA. La curva DD rappresenta il luogo dei punti in cui il mercato reale è in equilibrio per
ciascuna combinazione di tasso di cambio nominale, E, e livello
di reddito, Y. La curva DD ha una pendenza positiva; ciò significa che vi è una relazione positiva tra il tasso di cambio nominale e il livello di reddito in ragione del fatto che un deprezzamento del tasso di cambio (un aumento di E) favorisce le esportazioni che a loro volta inducono un aumento del livello di produzione. La curva AA, invece, mostra tutte le combinazioni di E e Y in
cui si trovano simultaneamente in equilibrio il mercato monetario e quello dei cambi. La curva AA ha una pendenza negativa. Vi
è, dunque, una relazione negativa tra il tasso di cambio nominale ed il livello del reddito; infatti, se aumenta il reddito ciò de130
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
GRAF. 3
IL MODELLO DD-AA
E
DD
e
Eº
AA
Yº
Y
terminerà un aumento della domanda di moneta per transazioni
che, data l’offerta di moneta, genera un aumento del tasso d’interesse, R. A questo punto, dato il tasso d’interesse estero e le aspettative sul tasso di cambio, la valuta nazionale deve necessariamente apprezzarsi per poter riportare il mercato dei cambi in equilibrio7. Ovviamente, si avrà l’equilibrio simultaneo di entrambi i
mercati soltanto nel punto e, in corrispondenza del quale il livello di produzione è Y° e il tasso di cambio è E°.
Consideriamo ora gli effetti di breve periodo di una politica
monetaria espansiva rappresentata nel grafico 4. Supponiamo che
il livello di produzione (Y°) corrispondente al punto di equilibrio
7
Questo ragionamento deriva dalla condizione fondamentale di equilibrio del
mercato dei cambi detta “condizione della parità dei tassi di interesse” secondo
cui il mercato valutario è in equilibrio quando i rendimenti attesi sui depositi denominati in tutte le valute sono uguali secondo una relazione del tipo R = R* +
(Ee – E)/E.
131
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
GRAF. 4
EFFETTO DI BREVE PERIODO DI UNA POLITICA MONETARIA
ESPANSIVA SUL TASSO DI CAMBIO E SULLA PRODUZIONE
IN UN REGIME DI CAMBIO FLESSIBILI
E
DD
e'
E'
e
Eº
AA'
AA
Yº
Y'
Y
dell’economia (e) sia quello di piena occupazione. L’incremento
dell’offerta di moneta determina uno spostamento della curva AA
verso destra8 (AA'). Come possiamo vedere dal grafico l’equilibrio
si sposta da e ad e', in corrispondenza del quale il tasso di cambio si è deprezzato (da E° a E') e la produzione è aumentata (da
Yº a Y'). Questo accade perché l’aumento dell’offerta di moneta
produce un eccesso di offerta nel mercato monetario che fa diminuire il tasso d’interesse. Quest’ultimo genera un consistente deflusso di capitali che induce un deprezzamento della valuta domestica. A sua volta il deprezzamento (nominale e reale) del tas8
Questo spostamento risulterà maggiore rispetto al caso di un’espansione monetaria temporanea, in quanto l’aumento dell’offerta di moneta influenza il tasso
di cambio atteso.
132
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
so di cambio rende i beni domestici maggiormente competitivi
causando un aumento della produzione e di conseguenza un aumento delle esportazioni.
Nell’equilibrio di breve periodo mostrato nel punto e' del grafico 4 la produzione è al di sopra del livello di piena occupazione, così che la manodopera e il capitale sono utilizzati troppo intensamente. Vi è, quindi, una pressione verso l’alto sul livello dei
prezzi, in quanto i lavoratori richiedono maggiori salari e gli imprenditori aumentano i prezzi per coprire i loro maggiori costi di
produzione. Nel lungo periodo, la pressione inflazionistica che segue l’aumento di carattere permanente dell’offerta di moneta spinge il livello dei prezzi al suo nuovo valore di lungo periodo e riporta l’economia al pieno impiego. Il grafico 5 ci aiuta a visualizzare l’aggiustamento verso la piena occupazione. L’economia si
trova inizialmente nel punto di equilibrio simultaneo 1. L’aumenGRAF. 5
EFFETTO DI LUNGO PERIODO DI UNA POLITICA MONETARIA
ESPANSIVA SUL TASSO DI CAMBIO E SULLA PRODUZIONE
IN UN REGIME DI CAMBIO FLESSIBILI
E
DD'
DD
E'
E''
2
3
Eº
1
AA'
AA''
AA
Yº
Y'
Y
133
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
to dell’offerta di moneta fa spostare la curva AA fino ad AA' così
che l’economia passa al punto 2.
Nel punto 2 il livello di produzione è maggiore di quello di
piena occupazione e i fattori produttivi sono sovraoccupati. Come abbiamo spiegato sopra, il livello dei prezzi comincia a crescere. Poiché un livello di prezzi crescente riduce continuamente
nel tempo l’offerta di moneta reale, la curva AA' si muove verso
sinistra al crescere dei prezzi. Ma al tempo stesso la crescita dei
prezzi rende i beni nazionali più costosi rispetto quelli esteri, ostacolando in tal modo le esportazioni ed incoraggiando le importazioni. Dunque anche la curva DD si sposta verso sinistra fino ad
DD'. Le curve DD ed AA' terminano le loro traslazioni solo quando si intersecano al livello di pieno impiego Y°. Questo avviene
nel punto 3 (curve DD' e AA''), in cui il tasso di cambio ed il livello dei prezzi sono aumentati in misura proporzionale alla crescita dell’offerta di moneta.
A questo punto devono essere fatte due considerazioni fondamentali:
1. La moneta, dunque, nel lungo periodo, è neutrale; essa non
influisce sulle variabili reali di lungo periodo come, ad esempio,
il reddito.
2. Si verifica un fenomeno di overshooting; la reazione iniziale del tasso di cambio è maggiore della reazione di lungo periodo. Si noti, infatti, che durante il percorso di aggiustamento dall’equilibrio iniziale di breve periodo (punto 2) all’equilibrio di lungo periodo (punto 3), la valuta nazionale in realtà si apprezza (da
E' a E''), dopo l’iniziale iper-reazione (da Eº a E').
Si noti infine che se i prezzi fossero stati liberi di muoversi
istantaneamente a seguito dell’espansione monetaria, l’economia
salterebbe direttamente dal punto 1 al punto 3 e non si verificherebbe il fenomeno dell’overshooting. Il tasso di cambio, in sostanza, passerebbe direttamente al suo livello di lungo periodo. Ne
deduciamo, quindi, che l’iper-reazione del tasso di cambio è una
conseguenza della rigidità dei prezzi di breve periodo.
Il modello di Obstfeld e Rogoff si discosta dall’approccio classico innanzitutto per quanto riguarda le assunzioni. In primo luogo, basa i propri ragionamenti su regimi di mercato imperfetta134
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
mente concorrenziali; poiché il mercato non è perfettamente concorrenziale il livello di produzione è sub-ottimale. In secondo luogo assume fondamenti microeconomici. In particolare, ipotizza
che gli individui massimizzino la seguente funzione di utilità intertemporale:
Utj =
(6)


Mj k
β s − t  log Csj + χ log s − ys j2 
Ps 2

s= t

∞
( )
∑
L’equazione (6) mostra che l’utilità dipende positivamente dal
consumo, C, e dai saldi monetari reali, M/P, ma negativamente
dal lavoro, il quale, a sua volta è positivamente correlato con la
produzione, ys. Infatti, il termine –k/2ys(j2) cattura la perdita di
utilità in cui incorrono gli individui nel dover produrre maggior
output.
Obstfeld e Rogoff, risolvendo il sistema di breve periodo alle
differenze tra le variabili nazionali ed estere, giungono a dimostrare che il tasso di cambio può essere espresso nei due modi seguenti9:
(7)
E = (m–m*) – (c–c*)
e
E=
(8)
δ (1 + θ ) + 2θ
(
)
δ θ2 − 1
( c − c *)
dove m e m* rappresentano rispettivamente l’offerta di moneta nazionale ed estera, mentre c e c* rispettivamente il consumo nazionale ed estero. Le equazioni (7) e (8) sono rispettivamente rappresentate graficamente dalle curve MM e GG nel grafico 6. La
curva MM interseca l’asse delle ordinate a (m – m*), ovvero la reazione del tasso di cambio d’equilibrio se i prezzi fossero completamente flessibili; ha una pendenza pari a –1, e di conseguenza
9
Per la dimostrazione si veda OBSTFELD M. - ROGOFF K. (1996, cap. 10).
135
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
GRAF. 6
EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO NEL MODELLO
DI OBSTFELD E ROGOFF
variazione percentuale
del tasso di cambio, E
G
M
pendenza = –1
m–m*
pendenza =
δ (1 + δ ) + 2θ
(
)
δ θ2 − 1
M
variazione percentuale del
consumo relativo, c–c*
G
esprime una relazione negativa tra E e c – c*, cioè rispettivamente
la variazione percentuale del tasso di cambio e del consumo relativo (tra due ipotetici paesi). La curva GG ha invece una pendenza positiva, pari a
δ (1 + θ ) + 2θ
(
)
δ θ2 − 1
Il grafico 7 mostra l’effetto di un’espansione monetaria. L’equilibrio iniziale si trova all’incrocio degli assi cartesiani dove si incontrano la curva GG e la curva MM antecedente lo shock, in cui
m – m* = 0. La curva tratteggiata M'M' è, invece, quella successiva allo shock monetario. Il tasso di cambio e il differenziale di
136
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
GRAF. 7
UN AUMENTO DELL’OFFERTA DI MONETA RELATIVA NAZIONALE
NON ATTESA E L’INCIDENZA DELL’ELASTICITÀ DELLA DOMANDA
SULLA VARIAZIONE DEL TASSO DI CAMBIO
variazione percentuale
del tasso di cambio, E
G
M'
m–m*
θ→∞
G'
M
M'
variazione percentuale del
consumo relativo, c–c*
G'
M
G
consumo d’equilibrio di breve periodo giacciono all’intersezione
delle curve M'M' e GG. A seguito dell’espansione monetaria, poiché i prezzi sono fissi, si verifica una caduta del tasso d’interesse
e, di conseguenza, un deprezzamento del tasso di cambio (in quanto l’arbitraggio nel mercato dei cambi opera in modo tale che la
condizione della parità scoperta dei tassi d’interesse sia verificata). I beni esteri diventano più costosi rispetto quelli nazionali, generando una temporanea crescita della domanda per beni nazionali ed inducendo una crescita nella produzione. Di conseguenza,
lo shock monetario genera effetti reali sull’economia. Ma come si
137
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
può essere certi che i produttori sono disposti ad aumentare la
produzione? Quando i prezzi sono fissi la produzione è determinata dalla domanda e poiché il monopolista determina sempre un
prezzo superiore al costo marginale, è profittevole per lo stesso
fronteggiare una maggiore domanda anche allo stesso prezzo ed
aumentare la produzione.
È interessante notare, inoltre, che in questo modello la valuta nazionale si deprezza meno che proporzionalmente rispetto la
crescita relativa dell’offerta di moneta nazionale anche nel lungo
periodo. La motivazione è la seguente: il deprezzamento di breve
periodo, spostando la domanda mondiale verso i beni nazionali,
fa aumentare temporaneamente il reddito reale nazionale rispetto quello estero così che i residenti nazionali, in quanto più ricchi, consumeranno parte del maggior reddito ma, poiché desiderano smussare il consumo, essi ne risparmieranno una parte10.
Perciò, mentre nel lungo periodo il saldo del conto corrente è in
pareggio, nel breve periodo la bilancia dei pagamenti nazionale
registra un surplus del current account. Poiché gli individui desiderano massimizzare la funzione di utilità intertemporale espressa dall’equazione (6), con una maggiore ricchezza di lungo periodo (indotta dal surplus del current account) gli individui nazionali
sostituiranno lavoro con tempo libero (lavoreranno di meno), riducendo, di conseguenza, la produzione nazionale e generando,
inoltre, un miglioramento della ragione di scambio (ragionamen10
In realtà un deprezzamento del tasso di cambio può anche generare un effetto depressivo sull’economia nazionale, poiché riduce il potere d’acquisto dei residenti nazionali in termini di beni esteri. In un’economia non in piena occupazione l’impulso al ciclo economico derivante dalla crescita delle esportazioni è tendenzialmente prevalente sull’effetto determinato dalla perdita di potere di acquisto internazionale: il deprezzamento del tasso di cambio, verificata la condizione
delle elasticità critiche, aumenta la domanda aggregata (aumentano le esportazioni) e determina una convergenza della produzione verso la piena occupazione. Ne
deriva che il deprezzamento ha effetti reali. Se, invece, l’economia è in piena occupazione, un’espansione monetaria che disturbi quell’equilibrio avrebbe un effetto opposto: essendo l’economia al suo livello di occupazione naturale, lo shock monetario genera esclusivamente una pressione all’aumento dei prezzi dei beni, compresi i prezzi in valuta nazionale dei beni esteri, generando un deprezzamento del
tasso di cambio. In questo caso, il deprezzamento del tasso di cambio ha un effetto depressivo sull’economia nazionale, non determinando effetti reali (espansivi) sull’economia ma esclusivamente una diminuzione del potere d’acquisto di beni esteri.
138
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
to opposto per gli individui esteri). Tuttavia, poiché il reddito reale ed il consumo degli agenti nazionali cresce nel lungo periodo,
il tasso di cambio nominale non necessariamente si deprezza come nel contesto di prezzi completamente flessibili. Dunque, diversamente dal modello DD-AA, per il modello di Obstfeld-Rogoff
valgono le seguenti considerazioni:
1. La moneta, anche nel lungo periodo, non è neutrale. Shock
monetari possono avere effetti reali che durano oltre l’arco di tempo in cui sussistono le rigidità nominali, grazie all’accumulazione
di ricchezza di breve periodo indotta via current account.
2. Non si verifica un fenomeno di overshooting. Il tasso di cambio a seguito di un’espansione monetaria di carattere permanente non iper-reagisce. Inoltre, osservando nuovamente il grafico 7
è possibile notare come la reazione del tasso di cambio, in questo modello, è tanto minore quanto maggiore è l’elasticità di prezzo della domanda aggregata θ. Come θ → ∞, la curva GG tende a
divenire più orizzontale (si veda nel grafico la curva G'G'). In pratica, come θ → ∞ i beni nazionali ed esteri diventano più stretti
sostituti e, con prezzi predeterminati, piccole variazioni del tasso
di cambio inducono spostamenti molto ampi nella domanda.
3.2 L’impatto del PTM sul tasso di cambio
Sia nell’approccio classico che in quello di Obstfeld e Rogoff,
i prezzi dei beni erano determinati nella valuta del produttore
/esportatore e non in quella del consumatore/importatore. In sostanza, non si aveva local currency pricing (LCP), bensì semplicemente product currency pricing (PCP); di conseguenza la legge del
prezzo unico era sempre verificata per tutti i beni commerciabili. Così Betts e Devereux (2000) ed altri11, sulla base di ricerche
che hanno mostrato come le deviazioni dalla LOP (law of one price) erano troppo ampie per essere giustificate soltanto dalle di11
Il modello di BETTS C. - DEVEREUX M. (2000) è considerato come quello rappresentativo di questa classe di modelli con PTM. Altri esempi di modelli che adottanto PTM sono BETTS C. - DEVEREUX M. (1996, 1997, 1999a,b); CHARI V.V. - KEHOE
P.J. - MCGRATTAN E.R. (1998, 2000) e BERGIN P.R. - FEENSTRA R.C. (2000a,b).
139
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
stanze geografiche o dai costi di trasporto (si veda, per esempio,
Engel, 1993; Engel e Rogers, 1996), hanno esteso il modello di
Obstfeld e Rogoff combinando la segmentazione internazionale
dei mercati con imprese imperfettamente concorrenziali e local
currency pricing (essenzialmente, Pricing-to-Market). Tali studi trovano che il PTM potrebbe giocare un ruolo centrale nella determinazione del tasso di cambio e nelle fluttuazioni macroeconomiche internazionali. Questo accadrebbe poiché il PTM limita il
pass-through delle variazioni del tasso di cambio sui prezzi, riducendo, in tal modo, l’expenditure-switching-effect (cioè l’effetto di
spostamento della spesa) che le stesse variazioni indurrebbero e
generando, potenzialmente, una maggiore variabilità del tasso di
cambio rispetto quella che si avrebbe in modelli senza PTM.
Quando infatti non vi è PTM, come nel modello di Obstfeld
e Rogoff, l’entità del deprezzamento a seguito di uno shock monetario è tanto minore quanto più grande è l’elasticità della domanda θ. Perché? La ragione è la seguente: il deprezzamento del
tasso di cambio, facendo variare i prezzi relativi, produce il cosiddetto expenditure switching effect, vale a dire la domanda mondiale si sposta dai beni esteri a quelli nazionali. Più alto è θ maggiore è la sostituibilità tra beni nazionali ed esteri e, di conseguenza, minore il deprezzamento stesso. Ma con un completo
PTM, la sostituibilità dei beni tra i due paesi è immateriale, poiché i prezzi relativi dei beni nazionali ed esteri fronteggiati dai
consumatori non cambiano dopo uno shock del tasso di cambio;
così, il PTM indebolisce l’effetto allocativo delle variazioni del tasso di cambio rispetto ad una situazione in cui i prezzi sono mantenuti nella valuta del venditore (e in cui il pass-through è immediato). Poiché il PTM riduce l’expenditure switching effect la reazione del tasso di cambio d’equilibrio è amplificata.
Pur consapevoli che il modello di Betts e Devereux parta da
premesse teoriche differenti è possibile rappresentare graficamente questo effetto ricorrendo al modello DD-AA. Si osservi il
grafico 8 che mostra le consuete curve DD e AA e una nuova curva DD che è stata chiamata DDptm. La curva DDptm mostra come la presenza del PTM annulli l’expenditure switching effect. Nell’esaminare l’approccio classico è stato mostrato che la curva DD
140
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
GRAF. 8
L’IMPATTO DEL PTM SUL TASSO DI CAMBIO
DDptm
E
DD
E''
E'
E
AA'
AA
Y1
Y2
Y
ha una pendenza positiva in quanto un deprezzamento del tasso
di cambio (un aumento di E) rende più a buon mercato i beni
del paese la cui valuta si è deprezzata; ciò favorisce le esportazioni che a loro volta inducono un aumento del livello di produzione. Nel modello DD-AA, infatti, i prezzi sono espressi nella valuta del venditore e non vi è PTM. Tuttavia, quando vi è PTM variazioni del tasso di cambio non comportano un cambiamento dei
prezzi relativi. Come cambierà la curva DD? Essa diventerà rigida, ossia verticale12. Il motivo è semplicemente il seguente: il livello di produzione non dipende dal tasso di cambio. Una varia12
Si tenga presente che la curva DDptm è inelastica poiché stiamo assumendo che vi sia un completo PTM, ossia che tutte le imprese presenti nell’economia
adottino una strategia di PTM tale per cui vi sia un assoluta mancanza di passthrough. Più in generale, la curva sarà tanto meno elastica quanto minore è il passthrough del tasso di cambio e dunque quanto maggiore il grado di PTM.
141
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
zione del tasso di cambio non rende più conveniente acquistare i
beni del paese la cui valuta si è deprezzata in quanto non variano i prezzi relativi. Di conseguenza, non si verifica l’aumento di
esportazioni che fa aumentare la produzione. Quindi in presenza
di un completo PTM l’equilibrio del mercato reale non può più
essere letto sulla curva DD; il luogo dei punti di equilibrio sul mercato reale, in presenza di PTM, è rappresentato dalla curva DDptm.
Facile è allora vedere cosa accade quando l’economia è colpita da
uno shock monetario. Supponiamo infatti che sia nel caso in cui
vi sia PTM, sia nel caso in cui manchi, il mercato monetario e
quello reale si trovino contemporaneamente in equilibrio al livello di produzione Y1. L’espansione monetaria sposta la curva AA in
AA'. Se non vi è PTM il tasso di cambio si deprezza (da E a E')
e la produzione aumenta (da Y1 a Y2). Con PTM, invece, il livello di produzione non cambia ed il deprezzamento del tasso di
cambio è amplificato (E'' > E').
Bisogna, infine, precisare che il fatto che la produzione non
aumenti senza PTM, non implica un’invarianza del consumo. Il
deprezzamento, infatti, aumenta i profitti delle imprese PTM nazionali con conseguente redistribuzione del reddito verso il paese
nazionale che induce un aumento del consumo interno rispetto
quello estero.
Il perché di questo effetto non dovrebbe sorprendere. Facendo riferimento a quanto mostrato nel grafico 2, il deprezzamento
del tasso di cambio in questo caso corrisponderebbe, per l’impresa PTM nazionale, ad un apprezzamento della valuta del consumatore/importatore (quindi ci si muoverebbe da A verso destra);
l’apprezzamento riduce il prezzo del bene nella valuta dell’importatore e poiché noi stiamo sempre assumendo che l’elasticità della domanda sia maggiore di uno, l’impresa PTM nazionale aumenterà il proprio mark-up. Per il paese estero, invece, la valuta
del consumatore/importatore si è deprezzata; questo deprezzamento rende il prezzo del bene nella valuta dell’importatore più
caro e l’impresa PTM estera ridurrà il proprio mark-up per controbilanciare tale aumento di prezzo.
Così, un deprezzamento del tasso di cambio genera una redistribuzione del reddito che favorisce il paese nazionale; di con142
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
seguenza, il consumo nazionale cresce rispetto a quello estero.
Questo accade, nonostante l’inerzia dei prezzi relativi a seguito
della variazione del tasso di cambio. Quindi, la redistribuzione del
reddito non è indotta da uno spostamento della domanda da parte delle famiglie verso i beni nazionali, bensì da una variazione,
opposta e simmetrica, dei profitti delle imprese PTM che è positiva per quelle nazionali e negativa per quelle estere.
3.3 L’incidenza del PTM sulla ragione di scambio
Ma il PTM non gioca un ruolo fondamentale solo nella determinazione del tasso di cambio, bensì anche nelle conseguenze
di una variazione del tasso di cambio sulla ragione di scambio.
Siamo infatti abituati a pensare che un deprezzamento del tasso
di cambio, incrementando il prezzo dei beni importati e riducendo quello dei beni esportati, comporti un peggioramento della ragione di scambio. In realtà, in presenza di PTM un deprezzamento
del tasso di cambio può comportare un miglioramento anzichè un
peggioramento della ragione di scambio. Betts e Devereux (2000),
infatti, giungono a dimostrare che la ragione di scambio, ^
τ t, può
essere espressa nel seguente modo:
(9)
^
^
τ t = (2s–1) · E
t
^ il tasso di cambio. Dunque,
dove s esprime il grado di PTM e E
t
se ne deduce che la direzione dei movimenti della ragione di scambio dipende, in modo cruciale, dal grado di PTM. Si considerino
i tre seguenti casi:
— Caso 1. Assenza di PTM. Quando s = 0, la ragione di scambio si deteriorerà. Infatti, poiché in questo caso i prezzi sono fissati nella valuta dell’esportatore, il deprezzamento del tasso di
cambio farà aumentare il prezzo in valuta nazionale delle importazioni, lasciando, tuttavia, inalterati i prezzi delle esportazioni.
— Caso 2. Esclusiva presenza di PTM. Quando s = 1, la ragione di scambio deve migliorare. Quando, infatti, i prezzi sono
determinati nella valuta dell’importatore, un deprezzamento del
143
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
tasso di cambio farà aumentare il prezzo in valuta nazionale delle esportazioni, lasciando, tuttavia, inalterati i prezzi delle importazioni.
— Caso 3. Parziale presenza di PTM. Quando s = 1/2, la ragione di scambio rimane inalterata. In questo caso, infatti, a seguito del deprezzamento del tasso di cambio, la crescita dei prezzi delle esportazioni è esattamente annullata dalla crescita del
prezzo delle importazioni. Se ne deduce, dunque, che la ragione
di scambio a seguito di un deprezzamento migliorerà per ogni valore di s > 1/2.
I grafici 9 e 10 mostrano, rispettivamente, come varia la ragione di scambio a seguito di un deprezzamento (∆+E) ed un apprezzamento (∆–E) del tasso di cambio per i diversi livelli di PTM.
Si noti come le variazioni del tasso di cambio hanno effetti opGRAF. 9
EFFETTI DI UN DEPREZZAMENTO DEL TASSO DI CAMBIO SULLA
RAGIONE DI SCAMBIO PER DIVERSI GRADI DI PTM
variazione percentuale
della ragione di scambio per ∆+E
^
τt
E
migliora
1/2
peggiora
–E
144
1
s,
grado di PTM
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
GRAF. 10
EFFETTI DI UN APPREZZAMENTO DEL TASSO DI CAMBIO
SULLA RAGIONE DI SCAMBIO PER DIVERSI GRADI DI PTM
variazione percentuale
della ragione di scambio per ∆–E
^
τ
t
E
migliora
1
1/2
s,
grado di PTM
peggiora
–E
posti sulla ragione di scambio in base alla prevalenza del PTM
nell’economia o meno. Quando 0 < s < 1/2 la ragione di scambio
migliora a seguito di apprezzamento del tasso di cambio e peggiora a seguito di un deprezzamento del tasso di cambio. Quando, invece, 1/2 < s < 1 la ragione di scambio migliora a seguito
di un deprezzamento del tasso di cambio e peggiora a seguito di
un apprezzamento del tasso di cambio. Quando s = 1/2, la ragione di scambio non varia a seguito di un deprezzamento/apprezzamento del tasso di cambio.
I due grafici consentono anche di capire che non soltanto la
direzione (miglioramento/peggioramento) del cambiamento della
ragione di scambio dipende dall’entità del PTM, cioè da s, ma anche la stessa percentuale di variazione. In particolare, come si può
notare graficamente, quando vi è assenza di PTM (s = 0) e quando vi è esclusiva presenza di PTM (s = 1) la variazione della ra145
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
gione di scambio è esattamente proporzionale alla variazione del
^ a seguito di un detasso di cambio: infatti, se s = 0, ^
τt = – E
t
^
prezzamento del tasso di cambio e ^
τ t = E t a seguito di un apprezzamento del tasso di cambio; in modo analogo, ma di segno
^ a seguito di un deprezzamento del tasopposto, se s = 1, ^
τt = E
t
^ nel caso di un apprezzamento.
so di cambio e ^
τt = – E
t
Nel caso, invece, di parziale presenza di PTM, 0 < s < 1, la
variazione della ragione di scambio è meno che proporzionale alla variazione del tasso di cambio; più precisamente la variazione
è tanto minore quanto più s si avvicina a 0,5. Così, come è già
stato detto, per s → 1/2, ^
τ t → 0. Questo risultato è riassunto dal
grafico 11. Se, infatti si effettua la derivata parziale del valore assoluto della ragione di scambio rispetto al tasso di cambio, osserviamo che si ottengono due punti di massimo in corrisponGRAF. 11
IMPATTO DEL PTM SULLA PERCENTUALE DI VARIAZIONE
DELLA RAGIONE DI SCAMBIO A SEGUITO
DI UNA VARIAZIONE DEL TASSO DI CAMBIO
variazione infinitesimale
della ragione di scambio rispetto ad E
d|τ^ |
t
dE
variazioni
esattamente
proporzionali
1
variazioni
meno che
proporzionali
0
1/2
146
1
s,
grado di PTM
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
denza di s = 0 ed s = 1, ed un punto di minimo in corrispondenza
di s = 1/2. Ovviamente, i valori di massimo e minimo sono, rispettivamente, 1 e 0.
3.4 Shock monetari e variabili reali
Cercheremo ora di capire qual è l’impatto dei disturbi monetari sul livello di consumo, produzione e reddito di ciascun paese. Il nostro fine ultimo è capire se, in presenza di PTM, la moneta sia neutrale o meno, come nel modello di Obstfeld e Rogoff
in cui non vi è PTM.
Analizziamo innanzitutto il breve periodo. In assenza di PTM,
a seguito di un’espansione monetaria non anticipata, il consumo
tende ad aumentare in entrambi i paesi. Intuitivamente, con un
elevato pass-through del deprezzamento della valuta nazionale,
l’indice del livello dei prezzi estero tende a diminuire, inducendo
una crescita nel consumo estero attraverso l’equilibrio del mercato monetario. Inoltre, il deprezzamento indotto dall’espansione
monetaria nazionale, genera un expenditure switching effect verso
i beni nazionali, generando una crescita della produzione (e quindi del consumo) nazionale e una diminuzione della produzione
estera. Di conseguenza, in assenza di PTM, i disturbi monetari
tendono a generare un alto e positivo comovimento di consumo
tra i paesi, ma un ampio e negativo comovimento di produzione.
In altre parole, mentre c’è una positiva trasmissione internazionale degli shock monetari sul consumo, c’è una negativa trasmissione internazionale degli stessi sulla produzione.
Lo scenario cambia quando vi è PTM (quando, cioè, s → 1).
Al crescere di s, infatti, il pass-through del deprezzamento del tasso di cambio diminuisce e l’impatto dello shock monetario sul consumo estero è attenuato, mentre l’impatto sul consumo interno è
intensificato. In altre parole, maggiore è s e minore è il pass-through del tasso di cambio sui prezzi relativi fronteggiati dai consumatori in entrambi i paesi. Di conseguenza, l’impatto sulla produzione, in entrambi i paesi, è determinato principalmente dalla
crescita diretta della domanda derivante dai consumatori nazio147
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DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2006
nali. Infatti, come è stato mostrato sopra, quando vi è assoluta
mancanza di pass-through (s = 1), non si verifica l’expenditure switching effect e la domanda nazionale (cioè il consumo) aumenta rispetto a quella estera grazie all’aumento di reddito indotto dalla
variazione positiva dei profitti delle imprese. Inoltre, quando s =
1, la crescita della domanda nazionale è identica sia per i beni nazionali che per quelli esteri. Di conseguenza la produzione reale
cresce in entrambe le economie, per un ammontare pari alla crescita del consumo mondiale. Questi risultati implicano che, in un
ambiente colpito da disturbi monetari internazionali, la presenza
del PTM dovrebbe ridurre le correlazioni di consumo tra i paesi
ma, al tempo stesso, dovrebbe aumentare le correlazioni di produzione. Quindi, mentre senza PTM vi è un positivo comovimento di consumo tra i paesi e negativo comovimento di produzione,
in presenza di PTM l’ordine è invertito: le deviazioni dalla PPP (parità dei poteri d’acquisto) generate dal PTM fanno diminuire i comovimenti di consumo; al tempo stesso, però, la mancanza dell’expenditure switching effect a seguito di variazioni del tasso di
cambio, intensifica i comovimenti di produzione tra i paesi.
I movimenti della produzione e del consumo possono, a questo punto, anche essere interpretati alla luce degli aggiustamenti
della ragione di scambio per ottenere l’impatto degli shock monetari sui livelli di reddito. Nel caso limite in cui s = 1 (ed anche
ε = 1)13, è vero che uno shock monetario nazionale fa aumentare
anche la produzione estera, ma è altrettanto vero che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il disturbo monetario comporta un deterioramento della ragione di scambio estera (in quanto lo shock di moneta nazionale comporta un apprezzamento della valuta estera, dunque, quando s = 1, un peggioramento della
^ , si veda il grafico 10). Tale
ragione di scambio poiché ^
τt = – E
t
deterioramento della ragione di scambio, di conseguenza, controbilancia la crescita della produzione estera; il risultato finale, allora, è che il reddito estero non varia. Al contrario, nell’economia
nazionale la combinazione dell’aumento della produzione e del
miglioramento della ragione di scambio, indotto dal deprezza13
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Dove ε è l’elasticità della domanda di moneta al consumo.
C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
mento della valuta nazionale e dalla presenza del PTM (si veda il
grafico 9), genera un aumento del reddito.
A questo punto analizziamo il lungo periodo. Per derivare l’effetto dei disturbi monetari sul consumo e sulla produzione di lungo periodo è necessario tenere conto della reazione della bilancia
commerciale. Betts e Devereux arrivano a dimostrare che essa
 β d Ft 
 PC
ˆ ˆ W 
è data da:
(10)
β d Ft
(θ − 1) (1 − s) ˆ
= (1 − n) σ / r ⋅
⋅ Et
W
ˆ
ˆ
1+ σ / r
PC
In generale un’espansione monetaria migliorerà la bilancia
commerciale del paese che la produce. Il miglioramento, comunque, è tanto minore quanto maggiore è s. Al limite, come s → 1,
tutto il lato destro dell’equazione è pari a zero. Dunque, il saldo
del conto corrente non è influenzato da variazioni del tasso di
cambio indotte da shock monetari. In questo caso, il reddito ed il
consumo nazionale crescono della stessa percentuale. Sebbene generalmente i consumatori desiderano utilizzare un po’ del loro
maggiore reddito per aumentare il consumo futuro (cioè, desiderano smussare il consumo), in realtà la caduta del tasso d’interesse reale li incoraggia a consumare subito tutto il loro maggiore reddito. Poiché, invece, il tasso d’interesse reale estero non cambia a causa della segmentazione nazionale dei mercati14, esso ri14
Nel loro modello, Betts e Devereux dimostrano che i tassi d’interesse reale
possono differire tra i paesi a causa di deviazioni dalla PPP indotte dalla segmentazione internazionale dei mercati. In particolare fanno notare che a seguito
di un’espansione monetaria nazionale, il tasso d’interesse reale nazionale cadrà
sempre, mentre la direzione del tasso di interesse reale estero è ambigua. Però,
nel caso in cui ε = 1 ed s = 1, il tasso d’interesse reale estero non varia a seguito
di un shock monetario nazionale. Quindi, in presenza di PTM, i tassi di interesse
reali ex-post nazionale ed estero non coincidono.
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mane ad un livello più alto rispetto quello nazionale; questo scoraggia i residenti esteri a contrarre prestiti. Di conseguenza, in
presenza di un completo PTM, disturbi monetari non hanno effetti sulla bilancia commerciale. Ne deriva che, l’impatto di uno
shock monetario sul consumo e sulla produzione futura, cioè di
lungo periodo, sarà tanto minore quanto maggiore sarà s.
Nel modello di Obstfeld e Rogoff abbiamo visto che la moneta non è neutrale in quanto a seguito di un’espansione monetaria non anticipata il saldo del conto corrente migliora e di conseguenza il consumo cresce anche nel lungo periodo. Ma con un
completo PTM, l’impatto di un disturbo monetario è sentito soltanto nel primo periodo in quanto non influisce sul current account. Ne concludiamo che, nel lungo periodo, il PTM genera una
completa neutralità della moneta.
3.5 Beggar-thy-neighbor o Prosper-thy-neighbor?
Qual’è l’impatto sul welfare degli shock monetari? Nell’approccio classico, principalmente nel modello Mundell-Fleming, la politica monetaria favorisce il paese la cui valuta si è deprezzata, in
quanto il deprezzamento rende più a buon mercato i prezzi dei suoi
beni favorendo, di conseguenza, un aumento delle esportazioni. Tuttavia, l’altro paese ne subisce le conseguenze. L’apprezzamento della sua valuta, infatti, rende più costosi i propri beni nei mercati internazionali e ciò comporta una riduzione delle esportazioni.
Utilizzando la nomenclatura utilizzata in questo tipo di letteratura, diremo che la politica monetaria è, in questo caso, uno
strumento prosper-thyself e beggar-thy-neighbor, proprio perché una
politica monetaria espansiva migliora le condizione del paese che
intraprende una simile azione e peggiora le condizioni dei partner commerciali.
Il nostro obiettivo è capire che tipo di strumento sia la politica monetaria quando si ipotizza la possibiltà che l’economia sia
caratterizzata da imprese che attuano strategie di PTM. Cerchiamo cioè di capire se un’espansione monetaria sia beggar-thy-neighbor o prosper-thy-neighbor.
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C. FRENQUELLI
Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
Per raggiungere questa finalità è utile esaminare il modello di
Otani (2002). Infatti, Otani estende il modello di Betts e Devereux
con il fine di studiare l’incidenza delle asimmetrie di price-setting
sulla volatilità del tasso di cambio e sulla trasmissione internazionale della politica monetaria. L’utilità di questo modello risiede nel fatto che esso consente di considerare il modello di Obstfeld e Rogoff, nonché quello di Betts e Devereux come casi estremi del modello stesso. È possibile, in questo modo, esaminare
qual’è l’effetto della politica monetaria in presenza di diversi gradi di PTM nazionale ed estero. Si osservi il grafico 12. Sull’asse
delle ordinate leggiamo il grado di PTM nazionale, s, mentre sull’asse delle ascisse il grado di PTM estero, s*15. Così, l’incrocio degli assi cartesiani rappresenta il caso del modello di Obstfeld-Rogoff i quali escludono la presenza di imprese PTM e per cui, dunque, s = s* = 0. Il caso contemplato da Betts e Devereux, invece,
può essere letto lungo la retta tratteggiata a 45° in quanto nel loro modello essi prevedono la presenza di imprese PTM ma escludono la possibilità di asimmetrie di price-setting (tali per cui s ≠
s*) e, dunque, s = s* > 0.
Otani dimostra che tutti i punti al di sopra della retta A rappresentano combinazioni di s e s* in cui un’espansione monetaria estera è beggar-thy-neighbor, mentre i punti al di sotto della retta tutte le combinazioni di s e s* in cui un’espansione monetaria estera è prosper-thy-neighbor. Analogamente dimostra
che tutti i punti al di sopra della retta B rappresentano combinazioni di s e s* in cui un’espansione monetaria nazionale è beggar-thy-neighbor, mentre i punti sottostanti tutte le combinazioni di s e s* in cui un’espansione monetaria nazionale è prosperthy-neighbor.
Come si può notare, dall’incontro delle due rette si generano 4 regioni. Nella regione (I) sia un’espansione monetaria nazionale che estera è prosper-thy-neighbor. Al contrario, nella regione (IV) incrementi nell’offerta di moneta sia nazionale che
15
s e s*, infatti, possono assumere nel modello valori che variano da 0 a 1,
in quanto rappresentano la percentuale di imprese che attuano la strategia di PTM.
Quindi s e s* rappresentano le percentuali di imprese PTM (nazionali ed estere),
mentre 1 – s e 1 – s* la percentuale di imprese non PTM (nazionali ed estere).
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GRAF. 12
TRASMISSIONE INTERNAZIONALE DELLA
POLITICA MONETARIA NAZIONALE ED ESTERA CON PTM
(il caso di Betts-Devereux)
s = s*
s
la politica monetaria estera è
beggar-thy-neighbor
(IV)
(II)
la politica monetaria nazionale è
beggar-thy-neighbor
(I)
(III)
s*
0
(il caso di Obstfeld-Rogoff)
A
B
estera sono del tipo beggar-thy-neighbor. Si noti che il modello di
Obstfeld e Rogoff, che esclude il PTM, rientra nella regione (I).
Nel Redux model, infatti, si dimostra che sia shock monetari simmetrici (crescita equiproporzionale dell’offerta di moneta) che
asimmetrici aumentano il welfare di entrambi i paesi. Questo accade perché il livello di produzione in un regime di mercato imperfettamente concorrenziale, come quello ipotizzato nel modello, è inefficientemente basso e, di conseguenza, l’espansione monetaria ha come unico effetto di primo ordine quello di aumentare la produzione e di farla convergere verso il livello socialmente ottimo, cioè corrispondente alla concorrenza perfetta. Si
noti al contrario, che il modello di Betts e Devereux, che include il PTM, cade nella regione (IV). In questo modello, infatti,
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Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
quando il grado di PTM è sufficientemente elevato la politica
monetaria è uno strumento beggar-thy-neighbor; il perché non dovrebbe sorprendere se si ricorda qual’è l’impatto del PTM sulla
ragione di scambio. Quando s > 1/2, dunque quando il PTM è
prevalente nell’economia, un deprezzamento migliora la ragione
di scambio ed un apprezzamento la peggiora. Quindi una politica monetaria nazionale espansiva, deprezzando la valuta interna ed apprezzando quella estera, peggiora la ragione di scambio
estera. Di conseguenza, i residenti esteri ottengono meno benefici in termini di consumo dall’espansione mondiale di produzione ed aumentano la loro offerta di lavoro per soddisfare l’espansione della domanda derivante dall’altro paese. Tutto ciò
comporta che i residenti esteri si trovino in una situazione peggiore.
Il nuovo contributo apportato da Otani deriva dall’esistenza
delle regioni (II) e (III). In queste due regioni, infatti, gli effetti
delle politiche monetarie sono asimmetrici. Nella regione (II), ad
esempio, in cui è relativamente alto il grado di PTM nazionale
e basso quello estero, un’espansione monetaria nazionale è beggar-thy-neighbor mentre un incremento dell’offerta di moneta
estera è prosper-thy-neighbor. Il contrario accade quando è relativamente alto il grado di PTM estero e basso quello nazionale
(regione (III)): un’espansione monetaria nazionale è in questo caso prosper-thy-neighbor mentre un’espansione estera beggar-thyneighbor.
Si noti che gli effetti esterni delle politiche monetarie sono
asimmetrici purché la percentuale di imprese PTM nazionali è
contenuta all’interno di una certa banda. Il caso in cui la percentuale di imprese PTM estere è bassa e la percentuale di quelle interne è estremamente alta, corrisponde alla regione in cui entrambe le politiche monetarie hanno effetti beggar-thy-neighbor.
Si può dunque concludere che quando si assumono asimmetrie di price-setting, non si può affermare che tipo di strumento
sia la politica monetaria. È necessario conoscere il grado di PTM
non solo nazionale ma anche dei paesi partner commerciali per
poter dare una risposta adeguata.
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4. - Conclusioni
Considerando gli obiettivi che ci si erano posti all’inizio di
questa dissertazione, è possibile trarre le seguenti indicazioni conclusive.
In presenza di mercati segmentati e di curve di domanda con
elasticità variabile, è probabile che, al fine di mantenere quote di
mercato acquisite, i produttori/esportatori attuino strategie di
PTM e LCPS, assorbendo le fluttuazioni del tasso di cambio mediante variazioni nei margini di profitto (mark-up) e generando,
di conseguenza, un pass-through incompleto. Dunque possiamo
concludere che, sebbene una variazione del tasso di cambio comporti una variazione del prezzo dei beni importati, tale variazione è, spesso, meno che proporzionale.
Inoltre, dal confronto tra le teorie classiche della macroeconomia in economia aperta, i cui ragionamenti si basano su regimi di mercato perfettamente concorrenziali, e quelle della New
Open Economy Macroeconomics che, al contrario, prevedono fondamenti microeconomici e concorrenza imperfetta, si può concludere quanto segue:
— il PTM induce un overshooting del tasso di cambio. Si è dimostrato che mentre in un ambiente in cui la PPP è verificata (assenza di PTM) l’expenditure switching effects indotto dalle variazioni del tasso di cambio riduce la variazione del tasso di cambio
stesso, in un ambiente caratterizzato da PTM l’expenditure switching effect è indebolito e di conseguenza la variazione del tasso
di cambio viene amplificata;
— in presenza di PTM, un deprezzamento del tasso di cambio
genera una redistribuzione del reddito che favorisce il paese nazionale; la redistribuzione del reddito non è indotta da uno spostamento della domanda da parte delle famiglie verso i beni nazionali, bensì da una variazione, opposta e simmetrica, dei profitti
delle imprese PTM che è positiva per quelle nazionali e negativa
per quelle estere;
— in presenza di PTM la politica monetaria, nel lungo periodo,
è neutrale. Nel modello di Obstfeld e Rogoff abbiamo visto che la
moneta non è neutrale in quanto a seguito di un’espansione mo154
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Il Pricing-to-Market e il tasso di cambio
netaria non anticipata il saldo del conto corrente migliora e di
conseguenza il consumo cresce anche nel lungo periodo. Ma con
un completo PTM, l’impatto di un disturbo monetario è sentito
soltanto nel primo periodo in quanto non influisce sul current account. Ne concludiamo che, nel lungo periodo, il PTM genera una
completa neutralità della moneta;
— a seguito di un deprezzamento del tasso di cambio, il PTM
può comportare un miglioramento, anzichè un peggioramento, della ragione di scambio. Quando, infatti, i prezzi sono determinati
nella valuta dell’importatore, un deprezzamento del tasso di cambio farà aumentare il prezzo in valuta nazionale delle esportazioni, lasciando, tuttavia, inalterati i prezzi delle importazioni;
— il PTM inverte l’ordine dei comovimenti di produzione e consumo. In assenza di PTM i disturbi monetari tendono a generare
un alto e positivo comovimento di consumo tra i paesi, ma un ampio e negativo comovimento di produzione. In presenza di PTM,
invece, le deviazioni dalla PPP generate dal PTM fanno diminuire
i comovimenti di consumo; al tempo stesso, però, la mancanza dell’expenditure switching effect a seguito di variazioni del tasso di cambio, intensifica i comovimenti di produzione tra i paesi;
— non si può dire, a priori, se in presenza di PTM la politica
monetaria sia beggar-thy-neighbor o prosper-thy-neighbor. Si è visto che gli effetti esterni delle politiche monetarie nazionali ed
estere possono essere asimmetrici quando i comportamenti di price-setting delle imprese nazionali ed estere sono differenti. Per
esempio, se la percentuale di imprese PTM nazionale è alta mentre quella delle imprese estere è bassa, un incremento dell’offerta
monetaria nazionale può avere un effetto beggar-thy-neighbor,
mentre un’espansione monetaria estera può migliorare il benessere del paese nazionale, cioè può essere prosper-thy-neighbor.
È evidente dunque che quando in un’economia è riscontrabile una presenza sostanziale di PTM gli effetti delle politiche monetarie sulle variabili macroeconomiche potrebbero divergere da
quelli previsti dalle teorie classiche di macroeconomia aperta. La
verifica empirica del livello di PTM diventa così indispensabile per
qualsiasi policymaker e, di conseguenza, lascia spazio ad un ampio campo di ricerca.
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