prevenire per promuovere: come videogiocare in

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prevenire per promuovere: come videogiocare in
Caterina Cangià
PREVENIRE PER PROMUOVERE:
COME VIDEOGIOCARE
IN MODO EDUCATIVO
Roma, 15 novembre 2008
INTORDUZIONE
«il videogame è il primo medium della simulazione a tre dimensioni: coinvolge
l’occhio con le immagini, l’orecchio con la musica e soprattutto con gli effetti
acustici simulati, e coinvolge […] il tatto, prolungando i nostri piedi e le nostre
mani nello spazio oltre il video» (Carlà, 1996, 13).
Numerose sono le polemiche e gli interrogativi sull’uso dei videogiochi da parte di
bambini e adolescenti. Pedagoghi, psicologi, insegnanti, educatori e genitori si interrogano
costantemente sulla positività di un rapporto così stretto e ripetuto dei ragazzi con tale
strumento ludico.
Le posizioni che sono state assunte dagli studiosi di questo settore sono discordanti:
c’è chi condanna l’uso dei videogiochi e chi, invece, li riconosce come valido strumento
educativo.
I primi sottolineano come il videogioco rappresenti un momento di isolamento per i
più giovani e come esso abbia ricadute negative sulla salute, provocando un abbassamento
della vista e favorendo uno stile di vita sedentario che potrebbe indurre all’obesità. Inoltre
essi mettono sotto accusa anche i contenuti dei giochi stessi, che istigherebbero alla
violenza. La seconda ottica, più ottimista, vede nel videogioco delle potenzialità educative,
proprio in virtù del grande interesse che esso suscita nelle giovani generazioni.
Il videogioco diviene, allora, uno strumento da affiancare alle tante strategie che già
utilizziamo per educare. Ma in che modo? Il primo passo è farsi un’idea precisa di quello
che ci troviamo di fronte.
Una recente campagna di sensibilizzazione per un corretto uso delle nuove
tecnologie promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle
Comunicazioni si occupa proprio di tale problema. Il target a cui si rivolge è quello di
genitori con figli tra i 9 e i 14 anni. Una mamma alle prese con il pranzo trova sul frigo un
messaggio del figlio: «la ricetta è nel computer». La signora, allora, inizia a sollevare
tastiera, mouse e quant’altro senza ottenere nulla. L’immagine finale mostra madre e figlio
intenti a navigare in Internet. L’invito rivolto ai genitori è proprio quello di non essere
sprovveduti di fronte a figli che mangiano pane e tecnologia.
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Da qui lo scopo di questo incontro: saperne di più per agire con più
consapevolezza. Conoscere per prevenire, prevenire per promuovere. Ovvero sapere quali
sono le opzioni possibili per poter scegliere in maniera autonome e ragionata.
Ma prima di soffermarci sull’ottica educativa, tentiamo di capire come e quando i
videogiochi sono nati e quali sono le tipologie esistenti.
Parte prima
BREVE STORIA DEI VIDEOGIOCHI
Il videogioco è un maturo signore di circa sessanta anni.
Il primo prototipo creato - Tennis for two - nasce, infatti, nel 1958 ad opera del fisico
Willy Higinbotham del Brookhaven National Laboratory. Concepito per stimolare alcuni
disinteressati studenti intervenuti ad un convegno di fisica, questo gioco utilizzava un
oscilloscopio come schermo e permetteva a due giocatori di sfidarsi. Tennis for two
simulava le leggi fisiche di una vera partita di tennis e fu ideato con uno scopo non ludico,
ma didattico: per tale motivo non fu brevettato e, solo in apparenza, non ebbe gran seguito.
Le università americane furono le prime a pensare di applicare all’intrattenimento le
capacità dei computer.
Nel 1962 presso il M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology) Steve Russell crea
Spacewar: per alcuni il primo, per altri il secondo vodeogioco della storia. La grafica era
essenziale, con dei puntini luminosi che si muovevano sullo schermo: un puntino era
l’astronave, il cui scopo era abbattere altri puntini che rappresentavano gli alieni invasori,
tramite l’uso di puntini-proiettile (Poole, 2001). Ha inizio lo sviluppo dei new media, con
la trasformazione del computer da calcolatore ad elaboratore.
Due ingegneri, Nolan Bushnell e Ralph Baer, captarono subito le potenzialità
commerciali delle due invenzioni appena descritte. Il primo nel 1971 dà vita a Computer
Space, versione aggiornata e rifinita di Spacewar, mentre l’anno successivo Baer confeziona
Pong, migliorando Tennis for two.
Nel 1977 l’Atari, fondata da Bushnell, lanciò VCS (Video Computer System): questo
sistema offriva l’opportunità al consumatore di videogiocare comodamente in casa, senza
doversi recare nelle apposite sale giochi. L’idea viene accolta con entusiasmo.
Accanto allo sviluppo del mercato del videogioco si registrò un miglioramento delle
tecniche grafiche dei videogames: venne introdotta la grafica vettoriale, che descrive gli
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oggetti secondo formule matematiche e li rappresenta tramite segmenti monocromatici
(Poole, 2001).
Il miglioramento tecnologico permise di realizzare giochi più sfaccettati e
coinvolgenti: nel ’78 Spacewar diventa Space Invaders, da cui si svilupparono
velocemente altri successi come Asteroids e Defender. Quest’ultimo fu particolarmente
interessante in quanto utilizzava per la prima volta la tecnica dello scrolling orizzontale,
che diventerà in seguito la caratteristica di un’intera famiglia di videogiochi, i giochi di
piattaforma.
Sempre nel ’78 Richard Garriot creò Akalabeth, il precursore di Ultima: nasce il
primo gioco di ruolo.
Ancora all’Atari si deve la realizzazione di Asteroids, il primo videogioco in cui era
possibile segnare il punteggio in una classifica. La Namco produsse il primo arcade a
colori, Galaxian. Il 1980 segna un ulteriore passo in avanti: dopo l’“invasione” di giochi
con astronavi e motociclette, il Giappone impazzisce per Pac-man (nome originale
Puckman), videogioco che cattura anche il pubblico femminile. È un gioco di riflessi ma
allo stesso tempo di strategia. Viene proposto nella doppia versione arcade1 e consolle
(Mencarelli, 2007).
L’apparente fioritura del mercato, nasconde, però, una crisi profonda che culminerà
nel 1983 con la bancarotta di numerose aziende produttrici. A cosa si deve tale tracollo?
Le case che producono videogiochi (Atari, Nintendo), sono, negli anni ’80, più
attente alla produzione dell’hardware che non a quella dei software: ad una cura estrema
per l’aspetto grafico corrisponde una disattenzione per i contenuti, l’interattività e la
facilità di gioco. L’instabilità dei supporti insieme a tali carenze rendono i prodotti poco
apprezzati dal pubblico. Inoltre il mercato è saturo di un elevatissimo numero di cloni
(Mencarelli, 2007).
La crisi si è protratta fino al 1987, periodo in cui si è registrata una ripresa, grazie
anche alla diffusione sempre più capillare del personal computer2.
I ’90 sono anni in cui si assiste a una nuova crescita nel mercato dei videogiochi,
dovuta soprattutto al passaggio dalla sala giochi ad un consumo domestico. Accanto alla
sempre più massiccia diffusione del PC, che va a sostituire i mitici Commodore e
Spectrum, le consolle, soprattutto Nintendo e Sega, continuano a migliorare le proprie
prestazioni; le sale giochi, al contrario, vedono diminuire progressivamente il loro ruolo.
Tra il 1993 e il 1995 i videogame divengono un fenomeno di massa a pieno titolo,
grazie anche all’introduzione sul mercato della PlayStation di Sony Computer
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contrazione dall’inglese “penny arcade”, ossia sala giochi – si riferisce ai videogiochi collocati in un
contesto pubblico come il bar o, appunto, la sala giochi; un sinonimo di arcade è coin-op, contrazione di
coin-operated, letteralmente, “funzionante a moneta”.
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Da ora in poi PC.
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Entertainment, consolle a 32 bit. È un cambiamento epocale. I videogiochi in 3D hanno
una grafica coinvolgente e favoriscono l’immedesimazione completa del giocatore.
La contemporanea diffusione del sistema operativo progettato dalla Microsoft di Bill
Gates, Windows, e l’avvento di Internet aprono le frontiere della comunicazione e dei
videogiochi. Si diffonde il gioco online (Poole, 2001).
Il fenomeno del multiplayer permette ai giocatori di tutto il mondo di sfidarsi dal
divano di casa propria; inoltre l’interazione fa approfondire i metodi di approccio ai
videogame preferiti.
Quindi anche se distanti, gli individui interagiscono tra loro ed emergono le
caratteristiche fondanti del gioco: «la cooperazione, il senso del viaggio e dell’avventura,
la collaborazione narrativa, la creazione di uno spazio immaginativo comune e la
ricostituzione dei legami primari, il senso del gruppo e dell’identità collettiva» (D’Andrea,
1998; cit. in Mencarelli, 2007, parte I).
Il presente vede protagonisti PS2, X-box (di Microsoft, neoentrata nel mondo delle
consolle) GameCube e GameBoy Advance (di Nintendo). Ma non solo. La nuova
avanguardia è la simulazione totale. In apposite sale atte allo scopo, monitor, mouse e
tastiera sono sostituiti da occhiali, sofisticati controller e “armi” la cui interazione con il
nostro corpo è tale da permetterci di essere in tutto e per tutto il nostro alter-ego virtuale.
Inoltre giochi come Ultima Online, non solo permettono un’immersione totale, ma
“escono” dallo schermo irrompendo nella vita reale, magari tramite SMS che compaiono
sul nostro cellulare (Piccoli, 2006). Inoltre è doveroso menzionare la neonata PlayStation
3, uscita nel marzo scorso.
Dalla storia sopra riassunta possiamo comprendere come i videogiochi siano
costantemente in evoluzione. È difficile, allora, star dietro a tutti i cambiamenti e capire
come orientarsi. Ma quando vediamo una pubblicità o captiamo qualche informazione è
buona regola documentarsi per capire di cosa si sta parlando. Internet può essere un’ottima
risorsa in tal senso. Sapere a cosa videogiocano i più giovani significa non solo conoscerli
meglio, ma anche essere più consapevoli di cosa implica dire «sì, ti compro questo gioco».
Oggi accompagniamo i nostri figli al cinema, domani magari potremmo giocare con loro in
una sala per la realtà virtuale.
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Parte seconda
TIPOLOGIE DI VIDEOGIOCO
Conoscere quali sono i tipi di videogiochi esistenti permette di dialogare con i propri
figli. Così come consigliamo loro di coprirsi dopo che hanno sudato giocando fuori casa,
così dobbiamo essere una guida nell’intricata foresta dei software esistenti.
Una prima distinzione viene dalla constatazione che i videogiochi possono essere
giocati su una vasta gamma di dispositivi hardware. Si hanno in questo caso videogiochi
per Playstation (1, 2 e 3), per GameCube, X-Box, GameBoy Advance, per PC, per telefoni
cellulari, e così via (Cangià, 2006b). Perchè introdurre la differenza tra i supporti laddove
sono i programmi ad essere più spesso messi in discussione? Il tipo di hardware determina
un’interazione diversa. Se per giocare alla Playstation sono costretto a rimanere a casa, il
GameBoy e il cellulare sono oggetti che porto sempre con me. Il videogioco diviene così
potenzialmente fruibile in ogni circostanza di vita. Ecco dove l’intervento limitante del
genitore potrebbe essere, allora, un ottimo modo per il ragazzo di valutare come e quando
giocare.
A livello di software, invece, possiamo individuare le seguenti tipologie (Cangià,
2006b): arcade games, board games, adventure games, simulation games.
Gli arcade games (letteralmente "giochi da portico") o videogiochi di abilità e
destrezza si basano sulla velocità di comprensione/reazione alla situazione. Il piacere che
suscitano sta sì nell’arrivare alla fine del gioco, ma anche nel progressivo miglioramento
che ottengo. Arcade è il nome collettivo dei giochi cosiddetti “sparattutto”, ma in realtà a
tale tipologia appartengono altre innumerevoli sottocategorie. Accanto ai “picchiaduro”,
troviamo giochi di “scorrimento orizzontale” e di “salto agli ostacoli”. Per giocare non
occorre essere riflessivi o studiare complesse strategie: il mio scopo è solo quello di
abbattere il nemico prima che lui sconfigga me. Eppure la tipologia vanta anche la
presenza di prodotti più costruttivi come il tranquillo Plumber. La partecipazione del
giocatore è totale, tanto che questi giochi sono stati definiti, con un neologismo,
“immersivi”.
I board games, ovvero giochi da tavolo o rompicapo, annoverano tra le loro file,
videogame di successo come Tetris. Comprendono sia versioni al computer dei più diffusi
giochi da tavolo come dama, carte, scacchi, sia tipi come Pac-Man. Si può sfidare il
computer, ma anche gli amici attraverso competizioni a squadre. Di solito preferiti dagli
adulti, sono ideali per le famiglie (Cangià, 2003; 2006b).
Gli adventure games sono ricchi di narratività e interattività. Il giocatore è immerso
in una storia, generalmente fantastica, e deve accumulare tutta una serie di oggetti che
utilizzerà per risolvere rompicapo comprendenti testi e dialoghi. Sono giochi che
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coniugano insieme abilità, avventura e simulazione (Bruschi - Parola, 2005). Tali
videogiochi stimolano capacità di riflessione, ragionamento, osservazione e arguzia
(Broken Sword, Zork, Myst).
Simili agli adventure, ma meno ripetitivi e astratti sono i “giochi di ruolo” (GdR o
CRPG dall’inglese Computer Role Playing Game), che consistono in lunghe e complesse
narrazioni di gesta epiche. Sono caratterizzati dalla crescita dinamica del personaggio, che
presenta abilità e qualità specifiche a seconda del tipo di gioco di ruolo (per esempio: forza,
destrezza, intelligenza, carisma e così via). Il giocatore si trova a dialogare con i personaggi,
a risolvere enigmi e a effettuare scelte morali. L’ambientazione è generalmente quella del
fantasy, ma non mancano prodotti collocati nel futuro o con diverse atmosfere (Bruschi Parola, 2005). Tramite questi giochi (Dangeons & Dragons, Final Fantasy Guest, Ultima
Adventure), il ragazzo impara divertendosi, poiché i GdR racchiudono le caratteristiche dei
giochi di avventura e quelle dei giochi di strategia (Cangià, 2006b).
Nei simulation games il giocatore si immerge nella riproduzione di situazioni reali, in
cui la simulazione non serve a raggiungere uno scopo, ma è fine a se stessa. Essi
consentono di valorizzare le proprie competenze sia a livello rappresentativo, attivando
nella mente percezioni ed azioni, sia a livello operatorio, attraverso la formulazione di
ipotesi e la capacità di fare inferenze. Il videogiocatore progetta e realizza una realtà
funzionante: una città, una famiglia, una squadra, una civiltà, un’industria, e così via. Scopo
del gioco è far funzionare il sistema e migliorare le proprie competenze organizzative
(Bruschi - Parola, 2005). Sono utilizzati anche in ambito lavorativo (simulatori di volo,
di guida, di navigazione). Tra i più noti troviamo Sim City e, in generale, tutte le serie dei
Sim.
I videogiochi di strategia si dividono in due sottocategorie: in tempo reale o a turno.
Quando si gioca in tempo reale la sfida è dinamica e ogni scelta deve essere effettuata
rapidamente, mentre quando si gioca a turni esistono delle tappe da rispettare e il tutto
diviene meno frenetico: «La maggior parte delle volte, i giochi di strategia sono complicati
e richiedono riflessione, la difficoltà d’approccio è abbastanza elevata, soprattutto per chi
non ha pazienza» (Cangià, 2006b, 19).
Molto diffusi on line sono i MUD (Multi-User Dungeon), ovvero giochi di ruolo
particolari: un programma server permette a più utenti di interagire in uno spazio virtuale,
descritto di solito mediante brani di testo. Esistono, però, anche MUD grafici. Uno dei
primi passi è quello di crearsi un avatar, ovvero un personaggio che abbia caratteristiche
scelte da noi, tra quelle possibili nel gioco. Utenti che si collegano dai più disparati angoli
della terra si trovano in questo mondo virtuale per vivere un’avventura collettiva. Non c’è
chi vince e chi perde. È un gioco di narrazione e di cooperazione. Lo scopo è divertirsi a
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inventare tutti insieme una storia. Ecco, allora, che l’esperienza ludica si trasforma in
scambio e crescita.
Parte terza
CARATTERISTICHE DEI VIDEOGIOCHI: PERCHÈ I RAGAZZI LI TROVANO
COSÌ ATTRAENTI?
Una volta conosciute le tipologie di videogioco saremo in grado di privilegiare quelle
che sviluppano maggiormente le abilità cognitive e sociali. Eppure questo ancora non ci
offre la spiegazione alla domanda: «perchè i ragazzi passano gran parte del tempo a
videogiocare?». Scopriamo, allora, cosa c’è di così irresistibile nell’intrattenimento
elettronico.
Il videogioco non solo conserva l’aspetto del divertimento e del piacere suscitato
dall’attività ludica, ma coinvolge il giocatore offrendogli stimoli che impegnano più livelli
sensoriali: «i videogiochi utilizzano l’elemento visivo dinamico della televisione, ma sono
anche interattivi: quanto accade sullo schermo, cioè, non è interamente determinato dal
computer, ma è influenzato anche dall’azione del giocatore» (Greenfield, 1985, 124).
Il ragazzo, allora, tocca con mano il mondo in cui gioca, è rapito dalle immagini, dai
suoni e impegnato a livello tattile. Si immerge in un contesto che fa leva sulle sue risposte
fisiologiche agli impulsi e che gli richiede un grosso impegno: per raggiungere il traguardo
a cui ambisce egli deve mettere in atto tutta una serie di strategie (Cangià, 2001).
Inoltre il gioco presenta una struttura di tipo narrativo che è tipica della fiaba. C’è
una situazione iniziale, un elemento che la complica, uno sviluppo ulteriore della vicenda e
un esito finale. Fiabe e videogiochi sono accomunati, quindi, dall’immedesimazione, dalla
presenza di personaggi principali o protagonisti, il tipo di ambiente in cui si svolge
l’azione, la capacità di fare leva su determinati bisogni e l’efficacia nello sviluppare alcune
abilità nel fruitore (Cangià, 2003).
Ma il videogioco ha un’attrattiva in più: permette di intervenire e di modificare
l’esito della narrazione! Il finale è aperto. Man mano che procede il giocatore sceglie una
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strada o l’altra, determinando una fine sempre diversa. Quindi si può giocare più volte allo
stesso videogioco, senza che esso sia identico alle precedenti. Inoltre va sottolineato lo
stimolo cognitivo offerto da un apprendimento costante: gli errori sono utili per arrivare
prima o poi, all’ultimo livello del gioco (Cangià, 2003).
Ciò che è stato sopra esposto ci permette di comprendere meglio anche quale sia
effettivamente l’organizzazione di un videogioco. Naturalmente non tutti i giochi hanno
una struttura libera, alcuni non presentano neanche una vera e propria scala di livelli, ma,
in genere, l’orientamento dato al videogioco è quello del superamento di sfide ed ostacoli.
Tale presenza di “prove” non è casuale e segue una logica derivante dalle fondamenta che
il programmatore ha voluto fornire al software in questione (Cangià, 2003).
Possiamo capire, allora, quale sia l’attrazione che si determina in un ragazzo: la
maggior parte dei sensi è coinvolta in un’azione che io stesso posso guidare e determinare.
Inoltre il videogioco soddisfa molteplici esigenze. Il bisogno d’informazione. Inteso sia a
livello sensoriale, sia come necessità di avere un adeguato quadro di riferimento per
collocare, sistemare e integrare i significati delle esperienze in un contesto. Il bisogno di
sicurezza, in quanto bisogno di sentirsi adeguati nel contatto con l’ambiente, che si
esplicita nel bisogno di percepire chiaramente la situazione, nel disporre dei mezzi
necessari, nell’avere un concetto positivo di sé e della propria competenza è anch’esso
soddisfatto. Inoltre, spesso i videogiochi attendono anche a una serie di motivi detti sociali,
per la possibilità che offrono di giocare in coppia o in gruppo, interagendo con gli altri
“contro” il computer: i motivi sociali riguardano l’aspetto conoscitivo - perché il contatto
con gli altri aiuta a costruire un quadro di riferimento - e l’aspetto comunicativo, per la
necessità di confronto con il gruppo. Si esplicano nel bisogno di amicizia, di stima sociale,
ma anche di dominio sugli altri.
Inoltre il videogioco mette in campo sia motivazioni estrinseche che intrinseche. In
generale, la spinta motivazionale dei fruitori di videogiochi è data dalla ricerca di una
soddisfazione intrinseca, che scaturisce semplicemente dal piacere del gioco o dallo
svolgimento dell’attività, e anche da eventi esterni quali, per esempio, il sentirsi
ricompensati dal successo, dal punteggio e dalla riuscita nel gioco, accrescendo così il
concetto e la stima di sé (Malone - Lepper, 1987).
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Parte quarta
VIDEOGIOCHI: LE RICADUTE POSITIVE
Gee, nell’introduzione al libro citato, sorprende il lettore con l’affermazione: «Voglio
parlare di videogiochi - sì, anche di videogiochi violenti - e voglio dire alcune cose positive
a loro riguardo». Una tendenza - quella di considerare i videogiochi al positivo - che ha
caratterizzato alcuni contributi di riflessione educativa al riguardo (Cangià 1996; 2003).
I videogiochi contribuiscono allo sviluppo. Gli studiosi sono unanimi nel riconoscere che
si può imparare molto videogiocando. In prima istanza, la manipolazione del mouse, della
tastiera e dei diversi sistemi di interazione con il software è propedeutica all’uso del
computer tout-court. Buona parte dei videogiochi – in assoluto i videogiochi in Rete –
usano l’inglese, che diventa lingua veicolare ed è così un’occasione eccezionale di
apprendimento o di perfezionamento. Competenze quali la rapidità di reazione, l’azione in
multi-tasking, la velocità nella raccolta e manipolazione di informazioni, l’esercizio della
decisionalità e dell’elaborazione di strategie sono un dato di fatto. La cosa più straordinaria
è che i videogiocatori sviluppano queste competenze senza rendersene conto.
Altra straordinaria valenza positiva è il contatto sociale. I ragazzi giocano raramente
da soli. La pratica dei videogiochi è un’opportunità di contatto sociale e di interazione con
gli altri. Le comunità cosiddette «gaming communities» o comunità di gioco si stanno
moltiplicando sulla Rete e la gran parte dei videogiochi è multiplayer. I videogiochi sono
un argomento di discussione molto frequente nelle scuole o nei luoghi di aggregazione
fuori dalla scuola, con la felice conseguenza di rinforzare le reti di socializzazione. I giochi
della tipologia partygames sono inoltre appositamente studiati per essere giocati con amici,
esempio prototipale è SingStar.
L’uso dei videogiochi forma a un pensiero associativo, reticolare; apre a una visione
pluriprospettica e multidimensionale; favorisce l’approccio multi-interdisciplinare ai
domini di conoscenza, la riflessione, l’autocontrollo, l’autonomia, l’intenzionalità, la
flessibilità cognitiva, il lavoro collaborativo-cooperativo, nonché l’opportunità di
sviluppare tutte le dimensioni «meta» del pensiero (Cangià, 2001).
Riflettendo sul contenuto dei videogiochi, sì, spesso è formativo. Accenno ai giochi che
utilizzano tecniche di Intelligenza Artificiale come il progetto virtuale sul restauro di
monumenti artistici storici, affascinante e tutto italiano. Si prova e si riprova finché il
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monumento non è perfetto (questo lavoro è stato svolto, in fase prototipale, all’Università
di Bari, precisamente nel corso di laurea in ingegneria. Non è attualmente più reperibile la
documentazione necessaria). Così la messa in scena teatrale di uno spettacolo attraverso
l’implementazione di fasi sperimentali per le luci, il suono degli effetti: The Mixed Reality
Stage (anche per questo prodotto al momento non sono reperibili le fonti).
Con il miglioramento dell’attenzione visiva, delle abilità iconiche e spaziali, con
l’affinamento del coordinamento occhio-mano, delle competenze di problem-solving e
dell’interazione sociale, viene velocizzata l’attività dei percorsi neurali. In una tipica
sessione di gioco il giocatore raccoglie informazioni sull’ambiente, le analizza e prende
decisioni basate sulle proprie analisi, poi agisce cambiando lo status dell’ambiente di gioco
e iniziando un nuovo ciclo interattivo (Cangià, 2003).
Il videogioco, inoltre, mettendo i giovani a contatto con modelli simulativi, li abitua
ad avvicinarsi ai fenomeni secondo un approccio complessivo e sintetico, e, in alcuni casi,
stimola all’uso di immaginazione e fantasia; abitua infine alla logica, al rigore e anche alla
serietà. Questi oggetti complessi - i videogiochi appunto - estremamente interessanti dal
punto di vista cognitivo e motivazionale, partecipano simultaneamente, integrandoli, tanto
al mondo degli oggetti fisici quanto a quello degli oggetti simbolici. Consentono ai ragazzi
una reale partecipazione in prima persona, attraverso la propria azione, sia a livello fisico
che a livello simbolico. Fanno apprendere e comunicare. Sono state qui elencate solo
alcune delle valenze positive dei videogiochi. Altro si potrebbe approfondire in contesti di
ricerca.
Una delle potenzialità maggiori dei videogiochi è legata all’apprendimento. Esistono,
sostanzialmente, due processi di apprendimento: quello simbolico-riproduttivo basato sulla
decodifica di simboli a cui attribuire, mentalmente, i loro significati, e quello percettivomotorio caratterizzato dalla percezione e dall’azione sulla realtà. Il primo, faticoso, in
quanto basato sulla volontà e sulla consapevolezza, è manifestabile verbalmente, ma è
anche facilmente labile nel tempo. Il secondo, percettivo-motorio, in larga misura
inconscio e naturale, consente una conoscenza interiorizzata, concreta e duratura, anche se
difficilmente dichiarabile. L’apprendimento, seguendo il secondo processo, avviene
quando un compito è ripetuto nel tempo e quando è piacevole. Un’altra potenzialità
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consiste nella presenza della multimedialità nei videogiochi con la sua valenza didattica.
L’organizzazione delle informazioni in un prodotto multimediale è simile a quella che
avviene nella memoria umana. Come affermano Jonassen e Grabinger (1990),
l’apprendimento è la riorganizzazione delle strutture di conoscenza che avviene in base
all’organizzazione delle idee nella memoria semantica. Le strutture sono organizzate in una
serie di concetti interrelati chiamati “rete semantica”. Un pacchetto multimediale ben
strutturato è composto di nodi e di link o relazioni ordinate che li mettono in relazione e si
avvicina molto all’organizzazione della rete semantica. Di per sé, un ambiente virtuale
ricco di stimoli uditivi e visivi e potenzialmente interattivo offre un approccio decisamente
arricchito all’istruzione perché permette di trasmettere conoscenze utilizzando canali
multipli di apprendimento. Paivio (1986) afferma che l’informazione è assimilata
attraverso due canali cognitivi. Un canale elabora le informazioni come testo o audio;
l’altro canale, invece, elabora le informazioni non verbali come immagini e suoni.
L’apprendimento risulta migliore quando l’informazione è elaborata (interattivamente)
attraverso i due canali rispetto a un unico canale. Questo processo, conosciuto con il nome
di “doppia elaborazione” o dual processing, produce un effetto di rinforzo
sull’apprendimento, nel senso che aiuta il soggetto a costruire diversi percorsi cognitivi che
possono essere seguiti per recuperare le informazioni (Yildrim, Ozden, 2001). L’uso dei
videogiochi, oltre ad aumentare la destrezza manuale del videogiocatore e il suo
coordinamento occhio-mano, velocizza l’attività dei neuroni, incoraggia l’apprendimento,
la soluzione di problemi e le interazioni sociali. I videogiochi insegnano! Conducendo
osservazioni qualitative sul comportamento dei bambini e dei ragazzi con i videogiochi si
nota che i bambini e gli adolescenti imparano molta conoscenza dichiarativa e procedurale
proprio perché il gioco lo richiede e si impegnano in compiti cognitivi (riporto spesso frasi
del tipo: «No, adesso non corriamo, ragioniamo invece...»). I dati da raccogliere, analizzare
e poi scegliere sono direttamente legati al campo delle conoscenze e vengono letti, capiti e
memorizzati proprio perché entrano automaticamente nella dinamica del gioco, senza
fatica. Ci vuole una buona dose di creatività per non creare una barriera che separa
l’apprendimento dal gioco, anzi, per servirsi delle dinamiche interne del gioco per far
accadere apprendimento (Crawford, 1982).
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Parte quinta
LE POSSIBILI RICADUTE NEGATIVE
Oltre alle citatissime sindrome del tunnel carpale, obesità, fissità del cristallino,
eccessivo senso di potere/controllo e compulsività, una riflessione particolare merita la
presenza della violenza nei videogiochi. Gli atti di violenza rappresentati sono grafici, anzi,
fotorealistici. Includono vittime sparate, picchiate a morte, decapitate, bruciate vive.
Presentano con leggerezza piaghe sociali quali la prostituzione, il razzismo, la misoginia e
l’abuso di sostanze. Ora, i giovani utenti apprendono per osservazione e imitano ciò che
osservano sviluppando degli script o «copioni di comportamento». (Bandura, 2003).
I videogiochi creano dipendenza? Nella migliore delle situazioni, i videogiocatori
giocano per ore e ore per migliorare le loro abilità di gioco e la ripetizione rinforza
l’apprendimento! Può diventare una procedura ossessiva e pericolosa volere più «punti di
esperienza» per il proprio avatar così come l’acquistare materiale virtuale. Altra possibile
ricaduta negativa è il tempo speso a videogiocare, in particolare nella tipologia roleplaying online multiplayer. Questa abitudine potrebbe distruggere le relazioni sociali, far
saltare impegni di lavoro (Ciofi e Graziano, 2003). I mondi virtuali estensivi come Star
Wars Galaxies, EverQuest Online Adventures, Second Life, World of Warcraft, e
EverQuest II sono sì ambienti tridimensionali popolati da migliaia e migliaia di
videogiocatori, ma il contatto «reale» con chi ci vive davvero accanto viene sacrificato.
Come fare a cogliere i comportamenti che indicherebbero dipendenza? In primo
luogo notare se il pensiero del ragazzo è sempre rivolto al gioco, se lo stesso è irrequieto e
irritabile quando non gioca, se utilizza il gioco come fuga dalla tensione o dai problemi che
non riesce a risolvere; se inganna in famiglia per potersi dedicare al gioco e se si ripetono
con frequenza i litigi, sia in famiglia sia con gli amici, in riferimento al gioco. Tali segni si
possono presentare con i sintomi caratteristici di dipendenza da computer quali la
regressione e la sindrome corrispondente è chiamata trance dissociativa da videoterminale.
L’aumento dell’attività sensoriale a scapito dell’attività simbolica, tipica situazione che si
presenta quando si videogioca in maniera eccessiva, porta anche alla percezione di un
rallentamento del tempo mentale rispetto alla durata del tempo reale con conseguenze non
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solo sul piano cognitivo ma altresì sul piano affettivo. Difatti, la relazione con il
videogioco è carica di aspetti affettivi, oltre che cognitivi, come l’identificazione proiettiva
con i personaggi del videogioco (eroi e mostri, buoni e cattivi).
Ricadute negative possibili anche a livello dei contenuti. Se i videogiocatori di ieri
usavano Ultima Online per crearsi un’identità, quelli di oggi entrano e abitano il mondo di
Warcraft per imparare la sottile arte della guerra. L’episodio Vice City della serie Grand
Theft Auto è gioco esemplare dal punto di vista della programmazione, ma è diseducativo.
Invita i giocatori a ritagliarsi il proprio posto ai vertici del crimine guadagnando sempre
più potere, infamia, rispetto e soldi attraverso la consegna di carichi di droga o di danaro
sporco, attraverso il contrabbando, i rapimenti, la distruzione di edifici e l’uccisione di
persone. E queste sono solo alcune delle 200 e più «missioni» del gioco.
Il vecchio studio di Bandura, Ross e Ross (1961) circa il modellamento
dell’aggressività nei bambini ha mostrato che l’esposizione a modelli aggressivi può
portare a un aumento di aggressività. Anche se non c’è consenso sugli effetti dei
videogiochi in riferimento alla violenza (Griffiths, 1999), è indispensabile riflettere sulle
interrelazioni che ci potrebbero essere tra le due realtà. Per valutare gli effetti della
violenza dei videogiochi nei ragazzi è indispensabile tenere in considerazione le
caratteristiche personali degli utenti come l’età, il genere e il livello culturale. Ci si chiede
spesso se i videogiochi creino dipendenza. La risposta è sì. Occorre, ovviamente,
differenziare i videogiochi che si basano sulla vincita e che determinano una dipendenza
del tutto simile a quella del gioco d’azzardo. Il videogioco d’abilità può costituire un
pericolo per l’emulazione dei personaggi virtuali e perché favorisce la fuga dalla realtà.
Parte sesta
PREVENIRE PER PROMUOVERE
Dei videogiochi non si può fare a meno. Questo non perché sono un medium
onnipresente, ma perché sono un elemento fondamentale della cultura. Influenzano ciò che
sappiamo (il know what) e il nostro modo di pensare e di vedere la realtà (il know how).
Per questa ragione è opportuno affrontare con saggezza la loro presenza. Saggezza che si
14
traduce nel
«prevenire per promuovere». Prevenire, nella sua accezione più diffusa,
significa «arrivare prima» per difendere o proteggere. Prevenire per promuovere significa
invece aiutare affinché il bambino, il ragazzo, l’adolescente operino le proprie scelte in
maniera illuminata dopo aver considerato una gamma sufficientemente ampia di
possibilità. Il «promuovere» è da intendersi come invito ad agire in libertà per la propria
crescita, secondo un progetto personale propulsivo che porta alla piena realizzazione di sé.
Ai primi livelli, prevenire per promuovere si traduce con l’essere a conoscenza dei
descrittori di età e di contenuto di un gioco. La raccomandazione PEGI (Pan-European
Game Information o Informazione Paneuropea sui Giochi), praticata in 25 paesi d’Europa,
informa sull’età a partire della quale un videogioco può essere utilizzato e indica anche
qualcosa a proposito del contenuto.
Prevenire per promuovere si traduce, in seconda battuta, nella conoscenza delle
tipologie di videogiochi e del loro contenuto. Quanti bei giochi ci sono! Pensiamo a Food
Force, un gioco educativo gratuito sull’alimentazione creato dalle Nazioni Unite.3 Penso ai
giochi in Rete organizzati su basi di economia, dove vengono realizzati e venduti oggetti
virtuali. Penso al sito, anshechung.com, dedicato allo sviluppo e alla vendita di proprietà
virtuali. È indispensabile conoscere per scegliere. A questo fine si possono consultare
riviste specializzate.4 Indicazioni preziose si trovano sul sito ludologica.com che
comprende monografie e antologie di testi critici sui videogiochi.5 Pubblicazioni del 2006,
non ancora tradotte in italiano, ci aiuterebbero a capire dall’interno il fenomeno dei
videogiochi.6
3
Cf. l’URL http://www.food-force.com/
Cf. a proposito di videogiochi e educazione, la rivista Game Studies; consultare anche Game research, che
offre una panoramica sugli sviluppi e sulle ricerche consacrati ai videogiochi.
5
Cf. l’URL http://www.ludologica.com
6
Vedi i testi citati negli approfondimenti.
4
15
Parte settima
COME UTILIZZARE I VIDEOGIOCHI IN UN’OTTICA EDUCATIVA
Una pianificazione delle attività della settimana con i propri figli in riferimento al
consumo dei videogiochi, (oltre che della televisione e di Internet) risponde alla domanda:
quanto tempo e quando? La pianificazione è necessario farla fare ai ragazzi e se non siamo
d’accordo con le loro scelte spieghiamo il perché. Dialoghiamo lontani dalla console o dal
computer, decidendo insieme e in anticipo il tempo massimo da trascorrervi.
Interessiamoci alla descrizione del gioco, alla sua trama, al suo livello di giocabilità.
Se non conviene scegliere un gioco spiegare il perché. Giocare insieme ai piccoli nella
misura del possibile o guardarli giocare e parlarne insieme. Possibilmente sistemare il
computer in un luogo «di passaggio» dove la famiglia intera si raccoglie. Dare sempre e
comunque prova di buon senso e di dialogo. Se i ragazzi ci chiedono: «posso giocare?»,
non rispondiamo «sì» o «no», ma chiediamo: «a cosa vuoi giocare?». Parlare e ascoltare.
Soprattutto ascoltare. Lasciare esprimere il punto di vista dei ragazzi sui giochi. Questo ci
permetterà di verificare se mantengono sufficientemente le distanze dal gioco o se si
sentono esageratamente coinvolti. Chiediamoci infine «chi sono» gli altri giocatori che
giocano con i nostri ragazzi. I figli degli amici e i parenti li conosciamo. I compagni di
scuola anche. Ma i ranghi sempre più compatti di videogiocatori che popolano la Rete
giocando ai MMOGs (Massively Multiplayer Online Games)?
L’ottica non è affatto quella di impedire o proibire di videogiocare. Al contrario. È
quella di aiutare a non cadere nell’abuso del videogiocare. Prevenire per promuovere
implica «allevare» i bambini-ragazzi-giovani a capire le relazioni interpersonali e a mettere
in atto quelle abilità pratiche che consentono di vivere una vita soddisfacente e
significativa, iniziando da una «buona comunicazione» o buon rapporto con se stessi.
Occorre pensare a un’educazione sulla falsariga di attività e strategie modulari in relazione
alla conoscenza psicomotoria del sé corporeo come respirazione, equilibrio, espansione del
corpo, coordinazione dinamica, pratica sportiva, danza, ginnastica artistica, espressione
corporea (Iacomino, 1992). La pedagogia steineriana ha sviluppato una teoria dei dodici
sensi (Steiner, 2002) che include, fra altri, il senso del ritmo e del colore che si affinano nel
momento in cui i piccoli entrano in contatto con la musica o con la pittura. I sensi, tutti i
sensi, vanno coltivati precisamente per l’uso e l’abuso della vista e dell’udito, stimolati
dalla frequentazione dei nuovi media.
16
La comunicazione intrapersonale può venire facilitata da situazioni che
accompagnano la mente in uno stato meditativo leggero, di ricettività e calma. Musiche
elaborate allo scopo favoriscono la produzione di onde alfa7, che dominano nei momenti
introspettivi o nei momenti in cui più acuta è la concentrazione in vista di raggiungere una
lettura delle proprie motivazioni interne, delle intenzioni nascoste, delle reazioni inconsce.
La comunicazione intrapersonale porta all’automotivazione e questa a sua volta alimenta la
tendenza a reagire alle frustrazioni con un atteggiamento positivo e con una buona carica di
spirito di iniziativa, con la capacità di perseverare negli sforzi, di escogitare piani di azione
alternativi per raggiungere un obiettivo.
I videogiochi possono favorire la comunicazione interpersonale, è vero, ma è
opportuno affinare le competenze che aiutano a iniziare e mantenere amicizie significative,
a comunicare in modo diretto e autentico, a sviluppare attitudine all’ascolto e a gestire i
conflitti in modo efficace e senza che ci siano perdenti. Attraverso la promozione
dell’incontro facendo vivere meglio l’appassionante avventura del rapporto quotidiano nel
superamento di paure, timidezze e delusioni. Attraverso l’invito a conoscersi, a vivere in
gruppo, a credere nella propria capacità di relazione.
L’educazione alla comunicazione interpersonale aiuta a capire la relazione tra
sentimenti e comportamento, fa capire l’importanza dell’autorivelarsi per prevenire e
risolvere i conflitti, aiuta a entrare in contatto con i propri bisogni e a esprimerli in maniera
congruente, aiuta a riconoscere gli effetti del comportamento altrui e a essere consapevoli
degli ostacoli alla comunicazione.
In una società che videogioca vanno fatti sforzi massicci nella direzione di una
migliore comunicazione interpersonale, concentrati attorno allo sviluppo dell’intelligenza
emotiva dei bambini e dei ragazzi. (Greenspan, 1997; Kindlon e Thompson, 2002).
Parte ottava
ALTERNATIVE «TERAPEUTICHE» AL VIDEOGIOCARE
Prevenire per promuovere nei confronti del videogiocare chiede di appassionare i
ragazzi alla realtà dinamica che li circonda. Il territorio, il paesaggio e l’ambiente sono tre
straordinari contesti di riferimento che prevedono tempi di «ascolto», esperienze concrete
7
Le onde alfa hanno una frequenza che varia da 7 a 13 Hz e sono associate a uno stato di coscienza vigile,
ma rilassata.
17
di percezione e di esplorazione, che affinano il gusto della scoperta. Ascoltare il proprio
ambiente – anche urbanistico –, è un mettersi in contatto diretto con i contesti naturalistici
e paesaggistici, è una vera e propria terapia preventiva all’abuso dei videogiochi. È
soprattutto una straordinaria esperienza. Ascoltare la natura e rispondervi con la passione
per le camminate, per la quiete dei laghi, per i colori del tramonto e dell’alba, per la
raccolta dei mirtilli8, fa nascere un rapporto emozionale che spesso si conclude con
l’impegno per la cura e la conservazione dell’ambiente (Cangià, 2002; 2006a). Di fronte a
una distesa di papaveri, di girasoli, a un cielo azzurro, si vive la magia di un mondo in un
certo senso depredato della sua interiorità perché è stato virtualizzato.
Prevenire per promuovere considera fra le sue pratiche l’attività manuale che
avvicina alla materia informe, alle cose, ai colori e ai profumi. Una vecchia scopa, un
barattolo di latta, un contenitore di detersivo, uno scatolone, cento tappi di bottiglia,
possono trasformarsi fra le nostre mani in qualcosa di magico. La pratica della manualità è
finalizzata alla consapevolezza di sé e delle proprie possibilità. ed è una delle frontiere più
avanzate per bilanciare l’uso eccessivo dei videogiochi. Attraverso l’attività manuale,
l’individuo impara gradualmente il rispetto dei volumi e delle proporzioni e la giusta
relazione tra realtà e mondo della fantasia.
La manualità, oltre a consentire l’esplorazione di tutti e cinque i sensi, contribuisce
all’affermazione della propria personalità, si fonda sulla contemporaneità delle situazioni
di lavoro, sperimentazione e osservazione. Ha come ricaduta positiva l’emozione della
scoperta, l’attenzione e la curiosità verso le piccole cose, uno stupore più profondo e pieno
nei confronti degli eventi e dei fenomeni e una maggiore fiducia nella propria creatività. La
manualità, che è autentica «comunicazione con le cose», insegna il silenzio, la sintonia, il
tempo, lo spazio, il luogo, porta alla sensibilità estetica, all’accettazione dei limiti, alla
partecipazione alla vita delle cose.
Prevenire per promuovere vede la pratica del teatro come una stupenda alternativa
all’uso eccessivo dei videogiochi. Nel teatro corpo, gestualità, posa, movimento,
sentimenti, emozione e voce sono tutti considerati strumenti di supporto di un unico,
grande processo comunicativo. Nel «fare teatro» vengono vissuti: l’empatia, la
consapevolezza di sé e dell’altro, la flessibilità di ruolo, i conflitti e le loro risoluzioni.
Mettere in scena uno spettacolo o semplicemente praticare laboratori di drammatizzazione
8
L’esperienza di due decenni di campi-natura nelle montagne italiane e nelle Highlands scozzesi è una
conferma dell’impatto positivo che l’ambiente può avere sui bambini e sugli adolescenti.
18
incentiva la cooperazione con il proprio gruppo, è un’occasione per l’espressione delle
emozioni; offre la percezione della riuscita (Bräuer, 2002) e sviluppa l’immaginazione.
Il teatro è di per sé altamente motivante. Sul versante del semiotico, il fare teatro,
unendo alle parole le espressioni del viso, i gesti, gli oggetti, i tratti melodici della voce, e
facendo accadere il tutto in un contesto strutturato e identificabile (grazie alla scenografia,
ai costumi e al trucco) è un contesto di immersione totale nella comunicazione... quasi un
essere «dentro» il videogioco.
Dal teatro di narrazione al teatro delle ombre, passando per il teatrodanza, si arriva al
teatro musicale che assume un valore altamente comunicativo perché coinvolge nel canto,
nella danza e nella recitazione. I bambini che videogiocano non si gelano più le mani
nell’acqua dei ruscelli e non si lasciano pizzicare la pelle dall’erba dei prati. Conoscono
poco la fisicità del gioco perché hanno poco tempo da spendere a contatto diretto con
l’esperienza. Il teatro può supplire alla mancanza di esperienza invogliando a viverla in
prima persona perché è un gioco serio per raccontare se stessi attraverso la finzione
scenica. Attraverso la parola, il gesto, il corpo, il silenzio, il rumore, si attiva un percorso di
narrazione in cui il gruppo possa manifestarsi e riconoscersi, e in cui ognuno possa
affermare la propria identità (Mirabella, 1983). Il teatro favorisce una maggiore attenzione
ai bisogni di comunicazione e di espressione. La realizzazione dello spettacolo è
un’occasione continua di comunicazione. Il teatro non si può fare da soli! Il teatro forma i
ragazzi per lo sviluppo di competenze comunicative/relazionali e creative, per il
potenziamento della dimensione del sé come l’acquisizione di autostima e di fiducia in se
stessi. Il teatro migliora la comunicazione verbale e non verbale e con essa anche la
comunicazione dinamico-relazionale dei soggetti educativi delle diverse fasce di età di
sviluppo evolutivo.
Il teatro si caratterizza come linguaggio del corpo, della parola, della mente, della
sensorialità, dell’affettività, della creatività, dell’immaginazione, della dimensione estetica.
Il teatro è rapporto interattivo-comunicativo tra gli spettatori che trascorrono una tranche
de vie come realtà più vera e non come mimesis. Tra spettatori e attori avviene una
comunicazione silenziosa. I giovani che fanno teatro, nel rappresentare un personaggio si
liberano dei loro blocchi emotivi e migliorano la loro comunicazione relazionale e la
fiducia in se stessi. La pratica del teatro, con l’immersione totale nelle sue strategie
comunicative, va iniziata in teneressima età, in una stagione evolutiva nella quale è in fase
19
di completamento l’architettura genetica neurocognitiva ed emotiva del soggetto (Cangià,
2002; 2006b).
CONCLUSIONI
Concludendo l’incontro invito a mantenere una posizione di critica costruttiva verso i
videogiochi. Anche se in alcuni il contenuto è particolarmente diseducativo, altri possono
essere strumenti formativi eccelsi, perchè coinvolgono i ragazzi a più livelli. A chi educa
spetta, allora, il compito di vigilare sul modo in cui i giochi vengono attuati. Monitorare
significa avere chiara la situazione di vita del ragazzo e capire quale è l’incidenza dei
videogiochi sullo scorrere delle giornate, al fine di comprendere se esiste il pericolo di
alienazione. Laddove il videogioco è accompagnato da un sano rapporto con il reale - in
cui il ragazzo esce con gli amici, fa attività extrascolastiche, interagisce con il mondo che
lo circonda - esso diviene solo uno strumento di apprendimento e di crescita in più.
Ecco che il videogioco diviene allora un altro momento da vivere con i più piccoli, in
un’atmosfera divertente, ma consapevole!
20
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23
INDICE
INTRODUZIONE .............................................................................................................. 2
Parte prima .......................................................................................................................... 3
BREVE STORIA DEI VIDEOGIOCHI ............................................................................. 3
Parte seconda ...................................................................................................................... 6
TIPOLOGIE DI VIDEOGIOCO ........................................................................................ 6
Parte terza ........................................................................................................................... 8
CARATTERSISTICHE DEI VIDEOGIOCHI: PERCHÉ I RAGAZZI LI
TROVANO COSÌ ATTRAENTI?...................................................................................... 8
Parte quarta ......................................................................................................................... 10
VIDEOGIOCHI: LE RICADUTE POSITIVE ................................................................... 10
Parte quinta ......................................................................................................................... 13
LE POSSIBILI RICADUTE NEGATIVE ......................................................................... 13
Parte sesta ........................................................................................................................... 14
PREVENIRE PER PROMUOVERE.................................................................................. 14
Parte settima ........................................................................................................................ 16
COME UTILIZZARE I VIDEOGIOCHI IN UN’OTTICA EDUCATIVA ...................... 16
Parte ottava ......................................................................................................................... 17
ALTERNATIVE «TERAPEUTICHE» AL VIDEOGIOCARE ........................................ 17
CONCLUSIONI ................................................................................................................. 20
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 21
APPROFONDIMENTI ....................................................................................................... 23
INDICE ............................................................................................................................... 24
24