adotta l`autore 2013/2014 helga schneider bio/bibliografia 13/18

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adotta l`autore 2013/2014 helga schneider bio/bibliografia 13/18
ADOTTA L’AUTORE 2013/2014
HELGA SCHNEIDER
BIO/BIBLIOGRAFIA 13/18
Per informazioni: www.helgaschneider.com
2013
2014
HELGA SCHNEIDER è nata in Polonia nel 1937. Ha
vissuto in Germania, in Austria e ora vive in Italia a
Bologna dal 1963. Ha pubblicato Il rogo di Berlino,
Porta di Brandeburgo, Il piccolo Adolf non aveva le
ciglia e Lasciami andare, madre. Helga Schneider ha
esordito nel mondo letterario nel 1995 con Il rogo di
Berlino che fu un autentico caso editoriale. Ci aveva
raccontato la storia della sua infanzia trascorsa a
Berlino negli anni bui del nazismo. Nel 1941, quando
aveva 4 anni e il suo fratellino neppure 2, la madre che aveva il marito al fronte li
abbandonò per diventare prima ausiliaria delle SS e poi guardiana al campo
femminile di Ravensbruck e successivamente di Auschwitz-Bierkenau. La
descrizione dei mesi passati nelle cantine del palazzo dove viveva a Berlino, una
città completamente distrutta dalle bombe, la visita nel bunker di Hitler dovuto alla
zia, collaboratrice di Goebbels (il quale ne faceva un'operazione propagandistica)
e la caotica fine della guerra, sono un esempio di alta letteratura libera da ogni
autocompiacimento e di qualsiasi forma di retorica. Quello che Helga vive, è
vissuto anche dal lettore: la guerra, la distruzione, la morte, ma anche la voglia, la
necessità, nonostante tutto, di esserci e di sopravvivere, per raccontarlo. Nel 1963
si stabilisce a Bologna dove vive a lavora, essendo diventata cittadina Italiana. Nel
1971 scopre che la sua vera madre è ancora viva e decide di andarla a trovare.
Seppe che viveva a Vienna, ma quell'incontro durò solo mezz'ora. La madre la
portò in una stanza dove conservava l'uniforme, la divisa nazista che indossava il
giorno in cui venne arrestata ad Auschwitz. A distanza di tanti anni era ancora fiera
di quel passato. Tentò anche di farla indossare ad Helga e di regalarle una
manciata d'oro, forse come risarcimento della sua latitanza materna durata 30
anni. Inorridita, Helga scappa e torna a Bologna con un gran peso nel cuore. Nel
1998 decide su invito di un amica di andare a rivedere la madre anzianissima per
l'ultima volta; ma questo incontro la sgomenta, la fa stare male fisicamente. Helga
vuole sapere, vuole capire come può un essere umano abbandonare due figli
piccoli per inseguire un sogno di morte. Come si può assistere agli orrori che si
svolgono quotidianamente sotto i propri occhi senza alcun turbamento? Insomma
vuole capire a tutti i costi, se è in grado di tagliare definitivamente il legame con lei
o se non riuscirà mai a liberarsene del tutto. Da questo incontro traumatizzante e
lacerante nasce il libro Lasciami andare, madre uscito in Italia nel 2001; stampato
anche in Olanda, in Francia e nel ottobre del 2002 anche in Germania.
HELGA SCHNEIDER, I miei vent’anni oltre “Il rogo di Berlino”, Salani, 2013
Negli anni cruciali del dopoguerra, la giovane Helga Schneider cerca il suo posto
nel mondo. È andata via dalla casa di suo padre e viaggia per l'Europa, guidata da
una sola certezza: la vita che l'aspetta sarà sempre comunque migliore di quella
che ha lasciato. E infatti i vent'anni di Helga, pur tra le difficoltà della ricostruzione
e la conquista della normalità, sono pieni di leggerezza, tenacia e desiderio,
parlano con la voce di una ragazza che ha voglia di mettersi in gioco, di essere
indipendente e di realizzare il suo sogno più importante. Salisburgo, Vienna,
Parigi, l'Italia sono i teatri delle sue esperienze; l'amore, il tradimento, la delusione,
l'entusiasmo, la fatica di guadagnarsi da vivere e la passione per la scrittura, tutto
si mescola in questo memoir dove Helga Schneider racconta se stessa con
l'ebbrezza di chi si abbandona alla narrazione per la prima volta, ed è in grado
quindi di trascinare chi ascolta, contagiare chi legge con il proprio vissuto unico e
universale insieme.
2013
2014
HELGA SCHNEIDER, La baracca dei tristi piaceri, TEA, 2012
"Stava lì, l'aguzzina delle SS, capelli biondi e curati, il rossetto sulla bocca dura,
l'uniforme impeccabile... Stava lì e pronunciò con sordida cattiveria: "Ho letto sulla
tua scheda che eri la puttana di un ebreo. È meglio che ti rassegni: d'ora in poi
farai la puttana per cani e porci". Così racconta l'anziana Frau Kiesel all'ambiziosa
scrittrice Sveva, dando voce a un dramma lungamente taciuto: quello delle
prigioniere dei lager nazisti selezionate per i bordelli costruiti all'interno stesso dei
campi di concentramento, con l'ipocrita e falsa giustificazione di voler limitare
l'omosessualità tra i deportati. Donne i cui corpi venivano esposti ai sadici abusi
delle SS e dei prigionieri maschi - spesso veri e propri relitti umani che malgrado
tutto preferivano rinunciare a un pezzo di pane per scambiarlo con pochi minuti di
sesso. Donne che alla fine della guerra, schiacciate dall'umiliazione e dalla
solitudine, invece di denunciare quella tragedia fecero di tutto per nasconderla e
seppellirla dentro di sé. In questo capitolo della memoria storica personale e
collettiva, Helga Schneider continua, con lucidità e compassione, ma anche con
implacabile giudizio, a dare testimonianza di ciò che è accaduto perché non si
ripeta mai più.
H. SCHNEIDER, Rosel e la strana famiglia del signor Kreutzberg, Salani, 2012
È un viaggio nelle pieghe della storia quello dei lettori di Helga Schneider. Da
sempre attenta alla Germania nazista vista nelle sue lucide e razionali pratiche e
ideologie folli, attraverso gli occhi di adolescenti. È un nuovo tassello di questo
viaggio agli inferi per ragazzi, e la Schneider sa come accompagnarli, come
raccontare l’orrore senza morboso piacere di terrorizzare. Rosel è un’adolescente
orfana di padre e figlia di una donna forte che lavora nell’ufficio del signor
Kreutzberg.Un giorno, la madre non può far affidamento sulla persona che si
occupa della figlia dodicenne, e la porta in ufficio con sé, dove viene subito
adocchiata dal datore di lavoro. È l’inizio del viaggio, durante il quale la madre
finirà in prigione per uno strano caso di furto, Rosel verrà portata in un Centro per
minori senza genitori, dove si crescono ariani per forgiare tedeschi, e dove
incontra un’altra adolescente speciale con storie particolari. Ma è solo l’inizio,
presto sarà affidata a Kreutzberg, che si è sposato con una donna già madre, e
che si rivela molto diverso dalla persona affettuosa e dolce che sembrava essere.
Il viaggio è per i lettori una scoperta continua, come per Rosel: quel mondo, oggi
lontano ma contemporaneo in certe dinamiche, si rivela prima di tutto attraverso
parole e segni da interpretare, capire, decifrare. Le parole costruiscono un mondo,
raccontano prospettive e impongono ideologie. Per fortuna Rosel comincia a
capire la falsità che la circonda. E grazie a un corvo comprende che tutto può
essere osservato sotto prospettive diverse. Il corvo può essere l’uccellaccio del
malaugurio della tradizione europea, ma per gli indiani d’America è l’animale che
indica la giusta via agli smarriti e agli indecisi. Il romanzo per ragazzi della
Schneider si confronta con argomenti per adulti. E non si sottrae all’angosciosa
domanda che la responsabilità impone, ma che l’umano preferisce fuggire: che
c’entro io? si chiede Rosel. Una domanda sempre attuale, anche se qui è posta
negli anni Trenta.
2013
2014
HELGA SCHNEIDER, L’albero di Goethe, Salani, 2012
L'albero di Goethe racconta di un gruppo di ragazzi tedeschi internati nel campo di
concentramento nazista di Buchenwald, legati da un'amicizia salda ma
costantemente minata da mille pericoli. E' doveroso precisare che la loro potrebbe
essere la storia di altre centinaia di migliaia di giovanissimi, che in quegli anni
furono esposti alla violenza e alla barbarie dei campi di concentramento e costretti
a vivere esperienze devastanti per la loro futura maturazione fisica, affettiva,
psicologica, sessuale e morale.Secondo una ricerca di Helena Kubica, dei
1.500.000 internati nel solo campo di Auschwitz, 234.000 furono bambini e
adolescenti delle origini più disparate, tedeschi compresi. Malgrado affronti un
tema molto arduo, ho immaginato L'albero di Goethe per lettori giovani: ragazzi
che non hanno alcuna esperienza diretta della guerra e dei campi di
concentramento. Per me, che da bambina ho vissuto una guerra devastante, è
confortante sapere che i nostri ragazzi non vivono sulla loro pelle gli orrori dei
conflitti armati.Tuttavia, guardando alcuni anni fa le immagini della ex Jugoslavia e
ascoltando chi parlava di "pulizia etnica", di campi di concentramento e di
sterminio, la maggior parte di noi ha pensato: "Quì non potrebbe mai accadere".
Ma da dove viene questa certezza?Willi non sa cosa sia scritto sui volantini che il
fratello tiene nascosti in cantina. Sa solo che suo fratello è malato e che deve
aiutarlo, così distribuisce i volantini al suo posto. Arrestato dalla Gestapo e
deportato a Buchenwald, Willi perde la memoria e riesce a sopravvivere solo
grazie all'amicizia dei suoi compagni di prigionia. Passano i mesi e per Willi si
prepara la prova più difficile: la sopravvivenza nel campo era garantita solo dal
sacrificio di un ragazzo che offriva il proprio corpo a un kapo in cambio di cibo e
piccoli "favori", ma ora quel sacrificio viene chiesto a lui...
HELGA SCHNEIDER, Stelle di cannella, Salani, 2011
È l'inverno del 1932. A Wilmersdorf, un tranquillo e benestante quartiere di una
città tedesca, il periodo natalizio è annunciato dalle grida gioiose dei bambini che
giocano a palle di neve. Fra le famiglie che abitano tre case, i rapporti superano
quelli del buon vicinato: David, figlio del giornalista ebreo Jakoob Korsakov, e Fritz,
figlio del poliziotto Rauch, sono amici per la pelle e compagni di banco alla scuola
elementare; la sorellastra di David è fidanzata con il figlio del noto architetto
Winterloh; persino la gatta di Fritz e il gatto di David sono amici.
HELGA SCHNEIDER, Heike riprende a respirare, Salani, 2008
Berlino, 1945. Heike, dieci anni, vive con la madre nello scantinato della loro casa
distrutta dalle bombe. Il padre è disperso, ma Heike sa che tornerà: non smette di
parlarne al suo più grande amico e confidente, il grande melo che cresce nel
giardino. Attorno, rovine: rovine di edifici, e rovine nelle menti e nei cuori delle
persone. Tante però sembrano voler tener viva la speranza nel futuro... Non la
mamma di Heike: nel suo recentissimo passato c'è una ferita inguaribile. La storia
personale di una ragazzina si mescola con la storia con la S maiuscola. Alla fine di
una guerra non ci sono solo le cose da ricostruire, ma anche le vite e le persone.
Dopo "Stelle di cannella" e "L'albero di Goethe", Helga Schneider riapre per il
pubblico dei ragazzi le pagine del suo personale passato per raccontarlo,
commuovere e far pensare: e stavolta lo fa ritornando al tema del suo primo libro,
"II rogo di Berlino", e alla dimensione collettiva della tragedia di cui è stata
testimone. Una storia delicata, in punta di piedi di bambina, per raccontare una
verità cattiva: nessuno sopravvive alla guerra, neppure i vivi.
HELGA SCHNEIDER, Il piccolo Adolf non aveva le ciglia, Einaudi, 2007
È il 1997 e Grete festeggia i suoi ottant'anni, una vita lunga e ricca di affetti. Ma è
impossibile dimenticare il terribile sopruso subito tanti anni prima: l'infanzia felice, il
lavoro d'impiegata alla Gestapo, il matrimonio con un uomo importante
dell'aristocrazia hitleriana, la gravidanza, la separazione forzata dal bambino e la
sua ricerca disperata... Una tragica esperienza che porterà Grete a prendere
consapevolezza della reale natura del nazismo.
2013
2014
H. SCHNEIDER, L’usignolo dei Linke. Memorie di un’infanzia, Adelphi, 2004
L'autrice continua con questo romanzo a scavare nella memoria personale e
collettiva del Novecento. Questa volta trasmette il racconto affidatole ancora
bambina da un piccolo profugo prussiano nell'estate del 1949. Attraverso le parole
di Kurt rivivremo così la tragedia delle migliaia di tedeschi orientali che nell'inverno
1944-45, fuggendo davanti all'Armata Rossa che avanzava da est, cercavano di
raggiungere il Baltico e da qui la Germania Occidentale. Dopo aver assistito alla
morte del nonno ed essersi trovato a stringere tra le braccia il corpo del fratellino
neonato che credeva di aver portato in salvo, Kurt sprofonda in un "lutto
patologico", ma la simpatia che Helga si ostina a dimostrargli segnerà l'uscita
dall'orrore e l'inizio della guarigione.
HELGA SCHNEIDER, Lasciami andare, madre, Adelphi, 2004
"Dopo ventisette anni oggi ti rivedo, madre, e mi domando se nel frattempo tu
abbia capito quanto male hai fatto ai tuoi figli". In una stanza d'albergo di Vienna,
alle sei di un piovoso mattino, Helga Schneider ricorda quella madre che nel 1943
ha abbandonato due bambini per seguire la sua vocazione e adempiere quella che
considerava la sua missione: essere a tempo pieno una SS e lavorare nei campi di
concentramento del Führer.
HELGA SCHNEIDER, Il rogo di Berlino, Adelphi, 1998
Il progressivo annientamento di Berlino durante la guerra, visto dagli occhi di una
bambina che fu anche portata in visita nel bunker di Hitler.