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L’ O S S E R V A T O R I O I N T E R N A Z I O N A L E S U L L E T E N D E N Z E D E L R E T A I L E D E I C O N S U M I a cura di Thomas Bialas numero_sei Forecasting Scenari a confronto 4 Fast economy Tirare le somme 6 China connection Provate a (L)imitarci 8 Survival kit 1 Cavalcare la Tigre 10 Survival kit 2 Lezioni di cinese 12 Miao Mao Comunisti per caso consumisti per forza 14 Progetto grafico Walter Tinelli 2 Via Brescia 53/65 Cernusco s/Naviglio Dragon앲Mart La (di)sacra alleanza Stampa Rotolito Lombarda Direttore Responsabile Luigi Rubinelli I CONTENUTI scenari contaminati 2 nextfuture china update Dragon앲Mart La (di)sacra alleanza Dragon Mart, inaugurata lo scorso 7 dicembre nella disneyiana Dubai, non è solo una gigantesca piattaforma commerciale B2B lunga 1,2 chilometri e a forma di drago minaccioso, ma anche, o soprattutto, un simbolo e monito allusivo: chi di walmartizzazione ferisce di wal-martizzazione perisce. Cheap economy. Cheap competition. Cheap shopping. Cheap jobbing. L’era del costa meno è l’era dell’impero del drago, che in futuro detterà le regole del commercio, anche se solo indirettamente per osmosi e contaminazione. Un filo sottile lega discountizzazione, polarizzazione, wal-martizzazione e smartizzazione, con la globalizzazione made in Cina. Ovviamente, la cheap mania si paga a caro prezzo, poiché, come facilmente intuibile, i prezzi sempre più bassi sono semplicemente la risposta ai redditi sempre più bassi e viceversa. Ma anche per i cinesi il gioco delle reciproche contaminazioni è assai pericoloso. Sintomatico, in Cina WalMart incarna il paradosso della crescita economica: chi lavora nelle fabbriche dei suoi fornitori non guadagna abbastanza per comprare la merce nei suoi negozi. Aumenta il benessere, ma anche il gap, in perfetto stile americano, fra ricchi e poveri. Un gatto, o meglio un drago che si morde la coda. nextfuture 3 Da impero celeste a impero del kitsch. La Cina è come un’immensa Las Vegas? I segnali non mancano. La prima generazione di super-ricchi cinesi fa il verso ai tycoon Usa anni Venti, fra cavalcate nei ranch, macchinone e falsi castelli stile Versailles o Neuschwanstein, ma c’è anche lo stile da vero impero capitalista: veni, vidi e Visa. I cinesi fanno shopping di imprese e marchi. Il computer Ibm, icona delle tecnologia Usa nel mondo è passato alla Cina (Lenovo, ora la terza azienda di Pc nel mondo). La MgRover sta per fallire e finire nelle mani della Shanghai Automotive. In Italia la Meneghetti ha ceduto il ramo che produce frigoriferi al colosso cinese Haier. Parte anche la sfida a Bill Gates e Windows con Asianux. Ormai è scritto: la Cina ruberà il primato all’Occidente in moltissimi e impensabili settori: dalle automobili, all’alta moda (come Shanghai Tang, un marchio con negozi di fascia alta già presenti in Europa), al Web (alibaba.com fa già tremare Ebay e Amazon e presto sarà leader nel mondo) fino alle sofisticate nano e biotecnologie. Poi c’è l’impero dei falsi (+1.700% dal 1993 ad oggi): dalle borse ai medicinali fino ai ricambi per auto, praticamente tutto e, ironia della sorte, sono proprio i delocalizzatori occidentali ad avere fornito le macchine che poi i terzisti sfruttano per i side business. Infine, c’è l’impero decadente, già contaminato dalle cattive abitudini, dunque oscurato da scandali stile Enron. Casi come China Aviation Oil o China Construction Bank travolti da furti dei dirigenti e buchi da centinaia di milioni di dollari sanno già di capitolazione per un paese che in passato metteva “maoisticamente” all’indice i ricchi sfruttatori. Non solo. La Cina riesce anche ad avere contemporaneamente l’economia più dinamica e la Borsa più depressa del mondo (Shanghai è in perdita da quattro anni). Gli americani presidiano il territorio cinese con 40 superstore Wal-Mart e con un altro centinaio previsto nei prossimi 5 anni. I cinesi presidiano, secondo un dossier di Repubblica, i pdv WalMart con circa l’80% dei prodotti Gli americani sommergono i cinesi con abitudini ad alto rischio: i McDonlad’s in Cina sono già 600 e prima delle olimpiadi del 2008 ne verranno aperti altri 400, i supermercati abbondano di invitante cibo spazzatura. Risultato? I magrolini cinesi subiscono le prime mutazioni: ci sono già 200 milioni in sovrappeso, 20 milioni di diabetici e 160 milioni che soffrono di ipertensione. I cinesi sommergono gli americani con prodotti a basso prezzo e con una crescita del Pil e dell’esportazione paurosa (+ 40% nel 2004). Negli ultimi quattro anni il made in Cina ha distrutto 1,5 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti (principale importatore di prodotti cinesi nel mondo). La strategia degli americani è nota e collaudata: contaminare con l’irresistibile american way of life, attuando dirompenti operazioni di marketing. Più sottile l’approccio cinese: attirare il nemico sul tetto e poi togliere la scala. Detto altrimenti: usa (il know how Usa) e getta. Gli americani puntano sul “WTORDINE”: imbrigliare il nemico nella ragnatela delle asfissianti regole del commercio mondiale. I cinesi più che ai ragni si ispirano alla polarità della tigre e del drago e al logoramento tattico: nel gioco delle ombre cinesi nulla è come appare. Gli americani abituati a mostrare i muscoli accusano i cinesi di ogni nefandezza nel rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa sui diritti umani. I cinesi rispondono per le rime con un durissimo e documentatissimo rapporto intitolato Human Rights Record of the United States dove dimostrano, dati alla mano, che l’America è violenta, corrotta e razzista. Gli americani sono sicuri di vincere la partita. I cinesi pure. Ma a dar retta al profetico capolavoro Blade Runner, la sceneggiatura del futuro è già stata scritta. Contaminazione e confusione. Stile impero 01 Ping Pong 02 4 nextfuture china update Forecasting Scenari a confronto Scenario segreto La Cia nel suo recente scenario “Mapping the future” mette in guardia gli Stati Uniti dal pericolo giallo. La globalizzazione cambia volto: meno americana e sempre più asiatica. Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Taiwan. Nel 2020 la Cina farà il grande sorpasso sulle vecchie potenze industriali, diventando la seconda del globo. Gli Usa rischiano di perdere la loro leadership tecnologica, scientifica e in campo finanziario. Anche il dollaro potrebbe perdere il suo primato per gli scambi. Scenario virulento Polli al virus mutante che contagiano e uccidono l’uomo, virus vivo dell’asiatica spedito per errore in 3.700 laboratori sparsi in 18 paesi. L’ossessione per un’era virus free resta un miraggio (vedi computer), mentre all’orizzonte si materializza lo spettro di una tragica epidemia mondiale preannunciata dalla Sars nel 2003 e che la Cia considera inevitabile, tant’è che anche l’OMS prevede una ondata di influenze letali, globalmente distribuite. Scenario italiano Secondo l’Ice di Pechino, il Pil della Cina raggiungerà nel 2010 i 2.151 miliardi di dollari, posizionandosi davanti a Italia, Francia e Gran Bretagna, ma ancora dietro a Giappone, Germania e Usa, mentre i consumi cresceranno a ritmi annui del 10%. Scenario ridotto Le riviste specializzate sono piene zeppe di “dritte enfatiche” per conquistare il nuovo Far East dalle mille opportunità. Invece, come fa notare il rapporto Global scenario Shell 2020, per i grandi gruppi internazionali si aprono grandi spazi per nuovi affari, ma per quelli con le spalle meno forti e i piccoli partecipare al gioco diventa sempre più difficile e il rischio di illudersi o di fare viaggi a vuoto è molto elevato. Scenario cheap L’Europa vola basso. Euro uguale a zeuro. Decadente e latente non manifesta propositi di rinascita. Fra i vari scenari, il Zukunftsinstitut tedesco ne vede uno all’orizzonte estremamente cheap: discountizzazione coatta dell’esistenza dei cittadini europei, vita e lavoro precari. Molto crepuscolare. In quest’ottica va anche vista l’elezione di Ratzinger a Papa, ma basterà il pensiero discutibile ma forte dell’intellettuale di ferro per strappare il vecchio continente dall’oblio? Scenario appaltato L’era dell’impero del drago è l’era dell’outsourcing estremo. Delocalizzare per restare a galla. Per molti imprenditori è una cosiddetta scelta obbligata (alla competitività non si comanda), per il sistema economico italiano nel suo complesso è una funesta dieta dimagrante ,che ora mette a regime anche i servizi e i colletti bianchi. Dopo l’autsourcing produttivo arriva l’offshoring, ovvero la delocalizzazione dei servizi anche qualificati (informatica, servizi finanziari e addirittura medici). Basti pensare che le scuole inglesi iniziano, per risparmiare, a far correggere i compiti via e-mail da insegnanti indiani. Forrester Research calcola che nel 2008 il giro d’affari globale dell’offshoring quintuplicherà. Come fa notare l’Economist Intelligence Unit, l’offshoring è rimbalzata dall’India, prima destinazione, in Cina, nelle Filippine a Singapore. Non ci resta che tornare alla terra, ma seriamente. Scenario importato Secondo lo studio Capturing global Advantage del Boston Consulting Group (BCG) le importazioni dai paesi low cost raddoppieranno entro il 2015. La Cina diventerà il più grosso produttore mondiale, mentre gli altri paesi asiatici e quelli dell’est europeo contribuiranno a togliere ulteriore ossigeno a Italia, Francia e Gran Bretagna. Scenario sportivo Il medagliere delle ultime Olimpiadi di Atene sembra rispecchiare l’economia globale: gli Stati Uniti al primo posto e i cinesi secondi distanziati di poco per medaglie vinte. La ricerca della Deutsche Bank “Asia: lo sprint finale” parla chiaro: per l’Occidente inizia l’era della rincorsa. Scenari collaterali Che aria tira? Pessima. La Cina inquina. Una foto impressionante raccolta dal satellite Envisat dell’Agenzia spaziale europea, ci mostra come l’impero del drago faccia già parte delle zone più inquinate della terra. È solo l’inizio, le imponenti dighe della Cina stanno uccidendo il fiume Mekong e la pesca locale dei paesi confinanti. Aumentano tempeste di sabbia, siccità e desertificazione: le stime ufficiali rivelano, fa notare il WWF, che 2.330 chilometri quadrati di terra si trasformano ogni anno in deserto. Un’area altrettanto vasta produce sempre meno, a causa dello sfruttamento intensivo, mentre i satelliti degli Stati Uniti, che hanno monitorato l’uso della terra in Cina per circa 30 anni, documentano la sparizione di migliaia di laghi nel nord. Anche il World Watch Institute lancia l’allarme: il pianeta non può reggere un altro miliardo e mezzo di consumatori con un tenore di vita occidentale. La salvezza potrebbe chiamarsi etica della sufficienza. Ma siamo in grado di digerire idee così sobrie? Scenario consumato Globalizzazione surriscaldata. L’annuale State of the future del Millennium Project, che coinvolge analisti e futurologi di tutto il mondo, disegna uno scenario “consumato” e pieno di sfide. Nel 2050, più di 2 miliardi di persone vivranno in zone semi desertiche e lotteranno quotidianamente per la pura e semplice sopravvivenza. La scarsità di acqua e cibo fa prevedere un’ondata di migrazioni senza precedenti nella storia dell’umanità. In futuro, mutamenti climatici e ambientali saranno una delle principali cause di conflitti internazionali. Scenario sorpassato Cina nella corsia di sorpasso. Secondo lo studio “Dreaming with BRIC’s, The Path to 2050” di Goldman Sachs, l’economia cinese supererà quella britannica nel 2007 e quella tedesca nel 2010 per diventare entro il 2041 la prima nel mondo. Ma attenzione a non trarre conclusioni sbagliate: potere economico e potere d’acquisto non vanno di pari passo. Il volume del mercato cinese è interessante, ma non la capacità di spesa effettiva del cinese medio. Scenario mobile Grandi manovre e movimenti. Secondo lo studio Global Footprint Design (Rolandberger) nei prossimi 5 anni il 90% delle società europee sarà impegnata nella ridefinizione dell’assortimento prodotti e dei relativi mercati di sbocco. Per esempio, la tendenza di molte aziende è di inseguire la propria clientela negli spostamenti (Asia e paesi dell’est). La ragione: molte imprese industriali occidentali faticano a trovare in loco fornitori qualificati per i loro processi produttivi. L’altro trend: studiare nuove linee di prodotto, sia per i neoconsumatori dei paesi emergenti sia per i consumatori interni, che ora hanno nuove esigenze. Scenario finale Nostradamus diceva nelle sue profezie che il mondo sarebbe finito con l’elezione di un Papa nero. Ma no, sarà il Papa giallo il vero segnale. 6 nextfuture china update Fast economy Tirare le somme 1 la Cina è al primo posto nella produzione di giocattoli, cellulari, dvd e tv 60 miliardi di euro i capitali stranieri affluiti nel 2004 in Cina 180 50 per cento del cemento mondiale è stato usato dalla Cina nel 2003 69 i reati punibili con la pena di morte per un totale di 10 mila esecuzioni l’anno 420 milioni gli utenti di telefonia mobile previsti nel 2005 milioni i cinesi che nel 2007 avranno un reddito di 3.000$ 10 gli anni che registrano in Cina tassi di crescita fra i più alti del pianeta. 500 mila gli ingegneri che ogni anno escono dalle università cinesi 80 per cento dei giocattoli venduti a Natale nel 2003 erano made in Cina 60 40 miliardi di dollari l’anno necessari per riequilibrare il sistema bancario 230 mila i titoli esposti nella più grande libreria della Cina 236 miliardi di dollari il valore degli scambi fra Cina e Ue 120 milioni il numero degli utenti internet a fine 2005 mila gli episodi di protesta da parte della popolazione cinese nel 2003 Cina. Secondo la Banca mondiale, già oggi il vero Pil cinese (adeguato al potere d’acquisto) la classifica come seconda potenza economica mondiale dietro gli Stati Uniti e davanti a Giappone e Germania. 9,5 500 la crescita percentuale del Pil cinese nel 2004 mila le aziende straniere operanti in Cina 9 il tasso di crescita percentuale annuale dell’industria dell’It 700 63 mila i cinesi morti sul posto di lavoro nei primi 6 mesi del 2004 50 65 milioni i cinesi che possono già permettersi l’acquisto di un auto 7 3 miliardi di dollari la cifra che la Cina investirà nel 2005 per i trasporti aerei milioni di cinesi nel 2015 faranno la spesa come un europeo salari di operai cinesi equivalgono al salario di un italiano euro la paga mensile di un operaio nordcoreano che lavora in subappalto per i cinesi 485 miliardi di dollari il volume complessivo di esportazioni cinesi 230 mila i nuovi Paperon de Paperoni 103 per cento l’aumento di imprenditori cinesi in Veneto in tre anni 25 i funzionari del governo giustiziati negli ultimi 4 anni per corruzione 8 nextfuture china update China connection Provate a (L)imitarci Limitare l’invasione Imitare l’invasione Tessile: 80 mila posti di lavoro persi solo nel nostro paese in appena quattro anni e la prospettiva di perderne altri 100 mila a breve. C’è ancora spazio per il concetto di dazio? No, perché ciò significherebbe rinnegare in blocco anche il concetto di globalizzazione dei mercati chiamandosi fuori, ma per andare dove? Il boom dell’importazione del tessile nei primi tre mesi del 2005 (per esempio + 732% per maglie e pullover secondo la commissione UE) ha scatenato il panico, tardivo, a Bruxelles, che ora minaccia clausole di protezione. I cinesi, però, non stanno facendo dumping, come insinuano politici e molti giornali, poiché non vendono in massa prodotti sottocosto, ma vendono a prezzi bassi perché i loro prezzi sono bassissimi. Poca ipocrisia: le aziende gradiscono i grandi profitti e i consumatori i grandi affari come un Pc superdotato a meno di mille euro (salvo poi stupirsi che i figli non trovano lavoro e la busta paga si restringe). La giapponese Sony è prodotta in Cina, l’olandese Philips pure, come anche l’americana Black&Decker. Difficile oggi comprare qualcosa non prodotto dalla fabbrica del mondo. Non solo: i cinesi cominciano a invadere i mercati anche con i loro vini pregiati (manca solo il Brunello di Pechino). In pratica: ogni prodotto immaginabile. Per finire, l’invasione territoriale: iniziano (per esempio in Italia) le operazioni per rastrellare punti di vendita e aziende in difficoltà e le licenze del commercio ambulante. Cina no limits. Erickson, Nokia, P&G, l’Oreal, Ikea, Volkswagen, Auchan, Metro, ma anche aziende italiane come Merloni, Perfetti o Armani, più che dell’invasione cinese, si preoccupano e si occupano della loro invasione. Centinaia di milioni di consumatori affamati si stanno per affacciare sul mercato e nei pdv. Reclamano un’auto, uno stereo, un frigorifero, un televisore, una cena al ristorante. Certo, per ora hanno ancora le tasche vuote, ma la globalizzazione dal basso è comunque iniziata. I poveri di oggi sono i consumatori di domani e viceversa. Si stima che, nella sola Cina, ci saranno, nel 2010, circa 50 milioni di persone con un reddito annuale di 50 mila dollari. Nelle vie commerciali delle grandi metropoli cinesi si trovano tutti i negozi e le marche più famose dell’Occidente. La concentrazione dei big retailer -da Carrefour a Tesco- e delle catene di franchising, a sua volta, è impressionante. Nanjing Road a Shanghai sta mutando da caotica arteria stradale a isola pedonale e paradiso dello shopping. Conquistare i mercati locali si può e, in un certo senso, a volte, si rende pan per focaccia (anche se involontariamente). Ad esempio: Carrefour importa l’80% dei prodotti alimentari che ha sugli scaffali cinesi. nextfuture 9 Produttività più ricca, display più bello. System25 ottimizza il display della merce sullo scaffale, grazie all’asola passo 25 mm, al piano h. 25 mm e alle mensole raccordate. Con la base extrabassa Cefla, offre 15 cm (*) in più in altezza, ovvero un piano in più di esposizione, per molti packaging. SPAZIO EXTRA Limitare i danni L’Italia è piccola e deve puntare sul piccolo (utile rileggere Piccolo è bello dell’economista Schumacher). Un’iniziativa che d’istinto va nella direzione giusta (almeno nelle intenzioni) è Symbola, la neonata fondazione per la qualità italiana promossa da Ermete Realacci, che si pone come missione l’esaltazione delle vere vocazioni del nostro paese (vocazionale, una via d’uscita alla crisi che Nextfuture suggerisce fin dal primo numero). Cinesi e asiatici sanno e possono, oramai, produrre tutto, servizi inclusi. L’Italia deve fare un patto con se stessa e con tutti i suoi cittadini, ricompattarsi e abbandonare l’ottusa rincorsa alla competizione e innovazione, puntando alla creazione di differenziazioni e posizionamenti inaspettati. Per esempio, sostituire il Pil (prodotto interno lordo) con il Qil (qualità interna lorda). O contrapporre lo slow tech all’high tech. Il declino si evita solo con visioni audaci. Il resto è patetica concorrenza e, come ricorda giustamente la recente cover story del settimanale economico Il Mondo su “l’Italianità senza gli italiani”, le grandi aziende nostrane si contano sulla punta delle dita e non sono attrezzate per reggere le sfide del mercato globale. Il resto è stato o sta per essere svenduto agli stranieri. Lo schienale centrale opzionale, grazie ad un sistema brevettato Cefla, offre un aumento di spazio su ogni piano che equivale a +10% (**) di produttività (fatturato/mq) dello scaffale o +12% di confezioni in display (media pesata, LCC supermarket). Cefla ha sempre la soluzione giusta per voi, dagli alimentari al bricolage, dal tessile all’elettronica, dal bazar al PoP, e vi segue in ogni momento, dal progetto del layout personalizzato al montaggio, all’assistenza post-vendita. Cefla è leader nella produzione di arredamenti per la distribuzione moderna. Il Gruppo Cefla fattura più di 250 milioni di Euro, con oltre 1200 addetti, sede in Italia e filiali in Europa, America e Asia. (*) rispetto al Modular System36 h. 220 mm con base bassa a parità di volume e portata. (**) rispetto ai normali scaffali 25 mm senza schienale centrale, a parità di volume e portata. Cefla s.c.r.l. Via Selice Prov.le 23/a • I-40026 Imola (BO) Italy Tel. (+39) 0542 653111 • Fax (+39) 0542 653128 www.ceflaarredamenti.com • [email protected] Vision 2000 Certified Quality System 10 nextfuture china update Survival kit 1 Cavalcare la Tigre “Non abbiamo bisogno di niente, possediamo già tutto”. Con queste secche parole, nel lontano 1793, l’imperatore cinese Chien Lung respinse le offerte di collaborazione commerciale degli inglesi. Fu una delle ultime volte che i cinesi difesero il loro dorato isolamento. Da lì a poco (1841) avrebbero perso la guerra dell’oppio, l’isola di Hong Kong e il loro millenario modus operandi e vivendi. I cinesi, però,hanno una concezione ciclica del tempo. Attesero con pazienza il divenire dei mutamenti in corso. Oggi, dopo due secoli di umiliazioni, il goffo gigante ha messo in pista danzatori sfrenati che impongono un ritmo che ci coglie impreparati (anche in termini di produttività e dedizione al lavoro). È un boomerang che ci torna indietro. Che fare dunque? Assecondare il passo o osare e quindi domare? Il detto orientale cavalcare la tigre significa -come ricorda il filosofo italiano Evola- non farsi travolgere e annientare da quanto non si può controllare direttamente. Sopravvivere, dunque, in un’epoca di dissoluzione del mercato interno con nuove soluzioni e spirito da pioniere. Perché una cosa è chiara. La Cina è una palestra che mette ogni impresa a dura prova: chi si impone lì, si impone ovunque. Less oblige Produrre a meno diventa un must. Il settore automobilistico preannuncia i tempi a venire: i fornitori vengono “invitati” dagli uffici acquisti a praticare prezzi cinacompatibili. Mediamente fa risparmiare dal 30 al 50% spostare la produzione in Cina, ma non è una passeggiata e non bisogna mai fidarsi delle apparenze: molti certificati Iso esposti nelle fabbriche sono falsi. I siti produttivi devono essere nelle vicinanze dei porti, poiché i collegamenti sono ancora pessimi. Richieste di produzioni just-in-time non sono realistiche, poiché una spedizione dalla Cina richiede mediamente sei settimane più due di dogana, quando tutto fila liscio. Meglio programmare con largo anticipo. Rischio black out energetico: molte fabbriche restano mediamente senza corrente per due o tre giorni la settimana. Burocrazia, regolamenti, restrizioni, corruzione e furti di brevetti e/o know how rendono la vita difficile e spesso fanno lievitare i costi. Sembra inverosimile, ma le risorse umane iniziano a scarseggiare, aumenta la resistenza dei contadini ad abbandonare i campi. Mercato iper competitivo: su questo terreno di gioco si scontrano le imprese di mezzo mondo, ricordando molto la corsa all’oro in Alaska. Chi opera in regime di semi monopolio o con brevetti e tecnologie sofisticate ha più convenienza a rimanere a casa, come dimostrano i casi delle aziende tedesche Tesa e Varta tornate a produrre in Germania. Ok il prodotto è giusto L’errore più diffuso è voler rifilare al consumatore cinese i format, i prodotti, il packaging e la pubblicità negli stessi termini con cui tutto ciò viene proposto in Occidente. Come ha scritto il direttore di GDOWEEK, Luigi Rubinelli, dopo il suo viaggio in Cina, “il Natale, che in Cina non significa alcunché, vede Decathlon far fare il salto con l’asta nella neve a Babbo Natale sia a Milano sia a Shanghai”. Non è l’unico esempio. Ai cinesi piace Ikea, ma non il do it yoursef. Solo oggi, dopo 6 anni dal suo ingresso in Cina, la società svedese riprova a convincere i consumatori che il “porta a casa e monta” conviene. BMW e Mercedes hanno imparato a loro spese che conviene ribattezzare le auto con nomi cinesi: rispettivamente Bao Ma (cavallo pregiato) e Ben/che (galoppare). Lo stesso hanno fatto Siemens e Coca Cola. La catena Kentucky Fried Chicken è arrivata molto dopo McDonald’s, ma è molto più diffusa grazie a una maggiore attenzione al local ed a una minore rigidità sui format. Creare prodotti e servizi appositamente studiati per il mercato cinese, come in parte stanno già facendo Unilever, Ericsson o Danone che propone biscotti che vanno incontro ai vari gusti regionali, è forse la strada giusta. Buone prospettive anche per i prodotti alimentari che in Cina, a causa dell’industrializzazione, cominciano a scarseggiare (superficie coltivata solo 13,31%) e, all’estremo opposto, per Bentley, BMW, Rolex, Armani, Veuve Cliquot e Nokia, che sono alcune delle marche amate dai nuovi milionari comunisti. Adattarsi agli usi e costumi: i cioccolatini alla menta After Eight potrebbero far breccia, poiché il numero 8 porta fortuna e lunga vita, il contrario del 4 simbolo di morte. Nuovi mercati: il prossimo boom potrebbe essere quello del turismo medico low cost: rifarsi i denti, il seno o un’operazione al cuore mentre si è in vacanza. Ottime chance in futuro per le agenzie che propongono viaggi nei paesi asiatici con “cure incluse nel prezzo”. Produttività più ricca, display più bello. System25 ottimizza il display della merce sullo scaffale, grazie all’asola passo 25 mm. Con la base extrabassa offre un piano in più di esposizione per molti packaging. Lo schienale centrale opzionale, grazie ad un sistema brevettato Cefla, offre un aumento di spazio su ogni piano che equivale a +10% (*) di produttività (fatturato/mq) dello scaffale o +12% di confezioni in display (media pesata, LCC supermarket). SPAZIO EXTRA Cefla s.c.r.l. Via Selice Prov.le 23/a • I-40026 Imola (BO) Italy Tel. (+39) 0542 653111 • Fax (+39) 0542 653128 www.ceflaarredamenti.com • [email protected] (*) rispetto ai normali scaffali 25 mm senza schienale centrale, a parità di volume e portata. Vision 2000 Certified Quality System Cefla è leader nella produzione di arredamenti per la distribuzione moderna e ha sempre la soluzione giusta per voi, dagli alimentari al bricolage, dal tessile all’elettronica, dal bazar al PoP. Il Gruppo Cefla fattura più di 250 milioni di Euro, con oltre 1200 addetti, sede in Italia e filiali in Europa, America e Asia. WE SHOPFIT YOUR SALES ™ 12 nextfuture china update Survival kit 2 Lezioni di cinese Lesson 1 Lesson 2 Tutto è possibile Niente è facile Lesson 14 Quando siete disperati pensate alla regola numero 1 Auguri! Lesson 3 Lesson 13 Quando siete euforici pensate alla regola numero 2 Lesson 12 La logica aziendale occidentale non è applicabile A grandi linee “nessun problema” significa “grande problema” Lesson 4 Un progetto senza timing preciso è un progetto morto in partenza Lesson 11 “Disposizioni interne” significa che hanno le scatole piene di voi Lesson 5 La Cina esaspera i difetti di un impresa straniera ed esalta i suoi pregi Lesson 10 Lesson 6 “Nuove disposizioni” significa che si è trovato il modo di evitare di fare qualcosa Mai abdicare, la Cina richiede pazienza e perseveranza Lesson 7 Lesson 9 In Cina la fiducia conta più di un buon contratto Lesson 8 Il fallimento è spesso la levatrice del futuro successo “Lei non conosce la Cina” significa che non si è d’accordo con voi nextfuture 13 Trattare con il Tao Se non si comprende il Tao non si può comprendere l’uomo d’affari cinese. Se dice di sì, può voler dire di no, se dice di no, può voler dire di sì, o entrambe le cose simultaneamente. O, detto con il Tao: se si vuole ottenere una cosa bisogna iniziare dal suo opposto. Lo ying e yang non è un giochino new age per perditempo. La condotta cinese si ispira sempre alla fluida contaminazione degli opposti che convivono sincronicamente. Come il comunismo con il capitalismo. Non c’è da studiare e ragionare da bravi occidentali, c’è da contemplare (come i koan Zen) il simbolo, per cogliere l’essenza della trattativa cinese, abbandonando l’occidentale dualismo che tutto separa e nulla unisce. Dica 36 Il business che non vacilla Chi ben comincia è già a metà dell’opera. I fondamentali sono il Tao Te Ching, il Libro della Via e della Virtù di Lao Tzu (edizione Adelphi); il Zhunag-zi, un altro dei grandi classici del taoismo, (edizione Adelphi); Confucio, studio integrale e l’Asse che non vacilla, magari nella versione curata da Ezra Pound (ed. All’insegna del Pesce d’oro); l’antica bibbia cinese I Ching, il libro dei mutamenti (edizione Adelphi) da cui deriva ogni tipo di pensiero e saggezza cinese; Storie da proverbi cinesi (Mondadori) e per finire anche l’Antologia di Mao Tse Tung (Edizioni Oriente): perché lo stesso comunismo cinese si riferisce con allusioni più o meno chiare alla logica dello ying e yang. Secondo gli antichi strateghi cinesi, la miglior vittoria si raggiunge con l’astuzia e gli stratagemmi. Ai 36 stratagemmi derivati dall’arte della guerra cinese Harro von Senger, sinologo svizzero e docente universitario, ha dedicato parecchi libri. L’ultimo appena uscito si chiama 36 Stratageme für Manager (a breve l’edizione italiana) ed è un adattamento ad uso e consumo dei manager. Ottimo anche l’ormai classico When yes Means no di Laurence Brahm. Da non snobbare: in Cina la saggistica economica conta circa 50 titoli dedicati al management con i 36 stratagemmi. Entrare nel giro Attenzione ai cliché. Agopuntura, Fengshui, Tai Qi, meditazione e arti marziali, o film come L’anno del dragone e più in generale Chinatown, danno un’immagine distorta del cinese, che oscilla fra sofisticati valori spirituali e brutali violenze da triade mafiosa. C’è, ovviamente, dell’altro. Per esempio, il cinese ama il successo e la bella vita, solo che a differenza dell’occidentale la vuole e la deve (per confuciana moralità) condividere con famiglia, parenti e amici stretti. Per questa (e altre) ragioni, il networking è obbligatorio per operare, anche se dal primo gennaio di quest’anno non è più necessario fare joint-venture con i cinesi per aprire un’attività. La società cinese ha una complessa struttura a clan e chi la vuole bypassare affonda nella giungla dei regolamenti locali e cade in trappole ostili. Meglio far parte della famiglia. Cosa che a molti italiani non dovrebbe riuscire difficile. 14 nextfuture china update Miao Mao Comunisti per caso/consumisti per forza 01_Piccola parentesi Da taoismo a maoismo e poi a consumismo, a tempo di record. A Shanghai il comunismo è nato e a Shanghai il comunismo è stato ibernato. I monumenti e gli edifici sono stati cancellati, o hanno subito restyling “consumistici”. La prima sede del partito comunista è diventata un ristorante, mentre il palazzo della Cultura Popolare che ospitò Mao è ora un albergo a cinque stelle. Paragonato alle millenarie dinastie dell’impero celeste questa è solo una piccola parentesi di storia. 02_Marketing basic I consumatori cinesi sono attratti dalle novità, soprattutto la fascia che va dai 25 ai 34 anni, che risulta assai vorace. Come hanno già notato le grandi multinazionali di marca, il neoconsumatore è sprovvisto di difese, vergine e sempliciotto, malleabile alle lusinghe del sofisticato marketing stile americano. Un mercato che attualmente si fonda sul branding più che sul contenuto intrinseco. La marca batte nettamente la qualità. 03_ Liberi di consumare I cinesi non consumano ancora abbastanza? La trovata del governo di Pechino è Jiari Jingji, espressione impronunciabile che significa “liberi di consumare”. Tre volte all’anno i cinesi ricevono in omaggio una settimana di ferie. L’invito è perentorio: fare shopping o spendere i soldi in viaggi. 04_ Cyber china Dominare il mondo reale e quello virtuale. Gli americani hanno inventato Internet, il transumanesimo, le biotecnologie, gli ogm e tutto ciò che è davvero high-tech. Ma i cinesi si stanno appropriando velocemente degli skills per controllare il cyberspazio del futuro. 05_Dai Lama Arrenditi alla storia. Il Tibet, uno degli ultimo luoghi sacri della Terra, sta per capitolare e arrendersi alla modernità e al consumismo. È in atto una colonizzazione strisciante: strade, ferrovie sopra i 4 mila metri per portare merci, turisti e ricchezza. Lhasa come futuro parco divertimenti dello spirito? 06_Riso amaro Orari massacranti, salari miseri, pochi diritti. In Cina, il sindacato unico ha un unico ruolo: controllare gli operai e verificare il rispetto delle regole. Di rivendicazioni neanche a parlarne. Si dorme in fabbrica, o accanto alla fabbrica. Chi protesta rischia il licenziamento se non peggio. Urbanizzazione selvaggia, centinaia di milioni di contadini espropriati della terra, destinata ad uso industriale o commerciale, completano il quadro della vita da boom e preannunciano futuri disordini e instabilità sociale. 07_ Vuoto a perdere Cautela. È vero che ci sono potenzialmente 1,3 miliardi di consumatori, ma è altrettanto vero, come ha rilevato Luigi Rubinelli nel suo viaggio in Cina, che i negozi dei grandi mall sono vuoti tutta la settimana, o con scontrini talmente bassi da escludere affari d’oro nel breve periodo. La conferma: molti centri commerciali stanno chiudendo i piani alti per assenza di domanda, mentre a Pechino e a Shanghai interi nuovi palazzi sono vuoti. nextfuture 15 08_Hong Tong Le terribili tong e le gang affiliate sono nate verso la fine del 1800 in Usa dalla prima generazione di emigrati (deportati) cinesi. Oggi, la mafia cinese può ringraziare la tossicodipendenza indotta dagli inglesi nella Cina ottocentesca, che il tempo ha trasformato in una curiosa e forzata forma di pagamento per i debiti commerciali della corona con l’impero celeste. Chi semina vento raccoglie tempesta? 09_Sade in Cina Sadismo allo stato puro. A leggere il libro del padre missionario Cervellera “Missione Cina – Viaggio nell’impero tra mercato e repressione” si rimane perlomeno perplessi: accusati di cospirare contro il regime, i cristiani cinesi vengono perseguitati e volentieri bastonati. Niente di isolato. A leggere i rapporti di Amnesty International o Human Rights Watch sugli abusi di violenza, torture e repressioni viene voglia di restare a casa a curare il proprio piccolo orto. 10_Crescere in fretta Anche il tasso di crescita fisica tende al rialzo: sempre più cinesi si sottopongono a spericolate e dolorose operazioni (rottura e allungamento delle ossa) cercando di diventare più alti per emulare uno dei tanti aspetti del benessere occidentale e per trovare migliori occasioni di lavoro. 11_Conti sospesi La guerra dell’oppio, la rivolta dei boxer, le spedizioni punitive delle potenze europee, l’occidentalizzazione coatta, il saccheggio e smembramento dell’impero celeste definito dagli storici inglesi “break-up of China”, dovrebbero far riflettere sui conti in sospeso con le vecchie potenze industriali. 12_Segnali di fumo Per i fumatori il paradiso della libertà individuale è la Cina. Una volta tanto niente repressioni. Si fuma liberamente nei taxi, nei ristoranti, negli uffici pubblici, negli ospedali e, soprattutto, si fuma tanto. Non stupisce che le multinazionali del tabacco sbadiglino di fronte alla crociata antifumo nel mondo occidentale. È la Cina la nuova Marlboro country. 13_(Di)soluzione finale “L’idiozia del commercio ha sostituito l’idiozia dell’ideologia” scrive in Sipario (edizione Adelphi), Milan Kundera, a proposito dell’involuzione del regime comunista. È così? Può esserci sostituzione, dove in realtà vige unione? Liberalismo e marxismo, consumismo e comunismo, destra e sinistra. Figli entrambi della Rivoluzione industriale sono solo due facce della stessa medaglia. Entrambi sono modernisti, illuministi, progressisti, ottimisti, razionalisti, materialisti, economicisti, tecnoeuforici, succubi delle crescita infinita e infantilmente aggrappati alla bella favoletta dello sviluppo sostenibile (allo stato attuale un’ossimoro più paradossale del ghiaccio bollente). Questo drago che incombe -salutato dalla business community come immenso paese della cuccagna e ignorato per i suoi devastanti effetti sull’ecosistema- richiama cupamente la bestia dell’Apocalisse? La soluzione finale è una dissoluzione stile Atlantide? Una tabula rasa del pianeta? Già trent’anni fa il Club di Roma di Aurelio Peccei lanciò l’allarme sui limiti dello sviluppo e non aveva visto ancora il rullo compressore della globalizzazione dei consumi. Etimologia docet: consumare significa distruggere. Qualcosa vorrà pur dire. 01 cover e quartanew 6-05-2005 10:02 Pagina 2 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE SULLE TENDENZE DEL RETAIL E DEI CONSUMI ????_Nasce il retail politically correct “Il futuro è già scritto. Leggetelo in anteprima” Firmato