24 pp ok - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia
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24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 1 La guerra di liberazione e la sua conclusione vittoriosa, la convocazione della Consulta, il referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea Costitutente ed, infine, la Costituzione, sono le tappe che hanno segnato la rinascita della democrazia nel nostro Paese, dopo vent’anni di dittatura, dopo cinque anni di una guerra disastrosa pagata a carissimo prezzo. La Mostra “La rinascita del Parlamento. Dalla Liberazione alla Costituzione” promossa dalla Fondazione della Camera dei deputati, che presentiamo nella nostra Regione, intende offrire un’esposizione quanto più possibile lineare ed essenziale di questo percorso dell’Italia verso una piena democrazia, e permette la comprensione delle vicende storiche sulle quali si fondano le nostre istituzioni democratiche. La coscienza dei passi compiuti dal nostro Paese ci pone l’obbligo di una riflessione sui valori di libertà, di democrazia, di pace e di civile convivenza tra i popoli, soprattutto in questa nostra tormentata terra di confine, di cui una parte tornerà, mutilata, ad unirsi alla Repubblica italiana solo nell’ottobre del 1954. Le conseguenze delle particolari situazioni storico-politiche determinate ai confini orientali dalla guerra di aggressione alla Jugoslavia, hanno pesato ben oltre il 1945 sulla popolazione giuliana, che ha vissuto ancora momenti altamente drammatici, proprio mentre nel resto del nostro Paese si costruiva la nuova Italia. Questa Mostra, che ha finalità altamente educative e civili, oltre a far comprendere l’importanza fondamentale della democrazia nella vita del nostro come di ogni altro Paese, deve essere per tutti noi e per i nostri giovani un momento di riflessione sull’inestimabile valore della pace e della libertà, di monito a tener cari e a coltivare questi valori che sono la base per ogni progresso e sono i costanti punti di riferimento della vita di una società equa e giusta. Alessandro Tesini Presidente del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 2 Trieste nel dopoguerra Prima del secondo conflitto mondiale Trieste aveva una popolazione di circa 250.000 abitanti, in larga misura occupati nel settore industriale e commerciale e, unitamente a Monfalcone, concentrava il 75% delle imprese industriali della Venezia Giulia. Con l’occupazione tedesca del settembre 1943 e le successive operazioni militari (soprattutto i bombardamenti aerei anglo-americani) l’apparato produttivo triestino venne pesantemente colpito. Dopo la fine del conflitto l’apparato industriale è in ginocchio: il potenziale produttivo è ridotto al 30% rispetto all’anteguerra, il porto ridotto ai soli trasporti di emergenza, la flotta mercantile che vantava oltre 700.000 tonnellate di stazza lorda con l’impiego di circa 10.000 lavoratori, pressoché interamente distrutta. Dall’occupazione jugoslava all’AMG Dal 1° maggio al 12 giugno 1945 Trieste, Gorizia e l’Istria vengono occupate dall’esercito jugoslavo che, anche attraverso una dura repressione, cerca di imporre il fatto compiuto in vista dell’annessione della città alla Jugoslavia. É il triste periodo delle foibe e delle deportazioni. Dopo le circa 500 vittime delle foibe istriane dell’ottobre 1943, ora una nuova ondata di violenze si abbatte su Trieste e sulla Regione Giulia. Nelle prime settimane di maggio probabilmente sono alcune centinaia le vittime degli jugoslavi i cui corpi vengono occultati nelle voragini carsiche. Le esplorazioni delle sole foibe rimaste nel territorio controllato dall’AMG hanno permesso la riesumazione di 464 salme, identificate 217 di civili e 247 di militari, a cui vanno aggiunte quelle del pozzo della miniera di Basovizza il cui numero non è mai stato accertato. Contemporaneamente la IV Armata jugoslava, che occupa Trieste e Gorizia, dà l’avvio ad arresti e deportazioni verso l’interno della Jugoslavia. Vengono colpiti non solo tedeschi e fascisti, ma anche tutti coloro che si oppongono o possono opporsi al nuovo potere popolare. Molti dei militari e dei civili sono uccisi al poligono di Rudnik, nei pressi di Lubiana, ma della maggioranza resta tuttora ignota la sorte. Le vittime sono migliaia: secondo gli elenchi più attendibili arrivano a 4.000/4.500, tra infoibati e morti in deportazione. A giugno, per l’intervento degli alleati, i confini delle zone di occupazione vengono ridefiniti in una Zona A, comprendente Trieste e Gorizia, amministrata da un Governo Militare Alleato (AMG) e in una Zona B amministrata dagli jugoslavi. All’estremità meridionale della penisola istriana la città di Pola e un piccolo territorio circostante forma un’enclave amministrata dagli alleati. A Trieste l’AMG smantella i poteri popolari introdotti dagli jugoslavi e assume direttamente tutte le competenze relative al governo del territorio; le gravi divisioni che dilaniano la città non consentono infatti di seguire il modello di “governo indiretto” utilizzato nel resto d’Italia (e in Friuli), che prevede un’amministrazione locale costituita sulla più ampia base antifascista possibile, a sua volta controllata dall’organo di occupazione militare. Una delle prime preoccupazioni delle autorità alleate è quella della ripresa dell’economia: in primo luogo la città riveste una grande importanza strategica, costituendo il punto più a Nord e più vicino all’Austria e alla Germania meridionale raggiungibile dai rifornimenti trasportati via mare. Il porto si trasforma quindi rapidamente in un’infrastruttura dedicata soprattutto agli sbarchi dei rifornimenti che poi vengono fatti proseguire per le varie destinazioni. Un secondo motivo è di indole prettamente politica: all’interno di una classe operaia fortemente politicizzata si percepisce una diffusa ostilità verso gli alleati, le posizioni comuniste e filojugoslave sono forti, la presenza di una grande massa di disoccupati può provocare seri problemi di ordine pubblico. Le vertenze sindacali sono numerose e si intrecciano alle problematiche politiche. Lo stesso movimento sindacale ben presto si divide: ai Sindacati unici di ispirazione filojugoslava si contrappongono i Sindacati giuliani, sostenuti dai partiti italiani e riconosciuti dalla CGIL unitaria nel gennaio 1946. L’AMG (come risulta da una relazione dell’epoca) si impegna quindi su tre direttrici: “a) procurare sufficienti rifornimenti in modo tale da alimentare ragionevolmente la popolazione; b) mantenere in attività i servizi essenziali; c) assicurare un’occupazione sufficiente per impegnare elementi che altrimenti potrebbero creare disordini”. In questo senso va anche la presa di posizione contro la chiusura del Cantiere di Monfalcone (di gran lunga il più grande stabilimento dell’intera Venezia Giulia) prospettata nell’agosto 1945. A partire da settembre iniziano i licenziamenti degli operai in esubero nelle industrie cantieristiche a cui fa riscontro, di fronte alla mobilitazione di piazza, l’affannosa ricerca da parte dell’AMG di occasioni di impiego alternative che spesso finiscono col riportare i lavoratori nelle stesse aziende di partenza, ma con mansioni diverse. Dal dicembre 1945 la ripresa dell’attività produttiva consente di normalizzare gradualmente l’utilizzo della mano d’opera e di riassorbire almeno in parte i lavoratori disoccupati. Il Territorio Libero di Trieste Le trattative di pace, iniziate a Londra l’11 settembre 1945 e concluse a Parigi il 10 febbraio 1947, sono, per quanto riguarda la frontiera orientale, fortemente penalizzanti per l’Italia, responsabile dell’aggressione al regno di Jugoslavia nel 1941 e, con ciò, responsabile di aver rimesso in discussione i confini italo-jugoslavi stabiliti con il trattato di Rapallo del novembre 1920. Le diverse proposte presentate da Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Unione Sovietica (oltre che da Italia e Jugoslavia) indicano l’ampiezza delle cessioni territoriali italiane, che determinano anche il destino di alcune città come Gorizia, Trieste e Pola. Le decisioni conclusive, molto vicine alle proposte francesi, assegnano gran parte della penisola istriana (con la città di Pola) e la città di Fiume alla Jugoslavia, e quello che era stato fino al 1945 un limite amministrativo tra le province di Gorizia e di Udine (dall’Austria fino alla località di Mernico) viene trasformato in confine di stato; la città di Gorizia viene assegnata all’Italia, ma il confine ne lambisce la periferia nord orientale, in quanto diventano territorio jugoslavo tutto il corso superiore dell’Isonzo e la valle del Vipacco. Dalle zone passate sotto la sovranità jugoslava si determina l’esodo di una parte rilevante della popolazione italiana. La novità più rilevante del trattato di pace è la costituzione del Territorio Libero di Trieste (TLT), cioè di una stretta fascia costiera che si estende dal fiume Timavo, presso Duino, fino al fiume Quieto, presso Cittanova in Istria. Ufficialmente il TLT viene istituito il 15 settembre 1947 (dopo la ratifica del trattato da parte dei parlamenti interessati) e prevede un Governatore nominato congiuntamente da Italia e Jugoslavia, mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ne garantisce l’ integrità territoriale e l’indipendenza. Nei fatti, anche a causa del progressivo deteriorarsi dei rapporti tra USA e URSS, non viene trovato un accordo sulla nomina del Governatore e il TLT rimane, per tutta la sua durata, diviso in due parti: la Zona A sotto l’amministrazione provvisoria dell’AMG e la Zona B, sotto l’amministrazione del Governo Militare Jugoslavo (VUJA). Il confine tra le due zone è fissato lungo la parte meridionale della linea Morgan, poco a Sud del comune di Muggia. Nella Zona A si trova il centro urbano principale, Trieste, e 3 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 4 cinque comuni minori: Muggia, San Dorligo della Valle (Dolina), Monrupino (Repentabor), Sgonico (©gonik), Duino-Aurisina (Devin-Nabre ©ina). Responsabile militare per la Zona A è il generale Terence Sidney Airey, poi sostituito dal generale John Winterton; dal 1948 l’AMG organizza una nuova amministrazione del territorio, con responsabili di zona, di provincia e dei comuni scelti tra personale italiano. Nella Zona B i centri urbani maggiori sono Capodistria (Koper), e Buie (Buje), seguiti da Isola (Izola), Pirano (Piran), Cittanova (Novigrad), Umago (Umag) e Verteneglio (Brtonigla). Il responsabile militare è il colonnello Mirko Lenac, poi sostituito da Milo& Stamatovic; dal 1947 il territorio viene suddiviso amministrativamente in due distretti (Koper e Buje), come parti di un unico circondario, ma dal 1952 vengono istituiti due autonomi Comitati Popolari Distrettuali: uno sloveno (Capodistria/Koper) e uno croato (Buie/Buje). La successiva evoluzione dei rapporti internazionali, con la 4 rottura tra Jugoslavia e URSS, favorisce il superamento del TLT: nella Zona B vengono abolite le barriere doganali e viene estesa la legislazione jugoslava; Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti propongono diverse soluzioni, fino a giungere al Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, cioè ad un accordo tra Italia e Jugoslavia per il trasferimento della Zona A all’amministrazione italiana e della Zona B a quella jugoslava fissata per il 26 ottobre 1954. La scomparsa del Territorio Libero di Trieste viene definitivamente confermata nel 1975 con il Trattato di Osimo. (D. Andreozzi, L. Panariti, L’economia in una regione nata dalla politica, in Storia d’Italia: il Friuli-Venezia Giulia, Torino, Einaudi, 2002 p. 848; Trieste tra ricostruzione e ritorno all’Italia (1945-1954) a cura di A. Verrocchio, Trieste, IRSML FVG, 2004 p. 39 ss; Atlante storico della lotta di liberazione italiana nel Friuli-Venezia Giulia: una resistenza di confine 1943-1945, Trieste, Regione autonoma FriuliVenezia Giulia, 2005) Venezia Giulia, 1945-1947 Trieste, 1947-1954 5 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 6 Il Friuli nel secondo dopoguerra 6 Alla fine della seconda guerra mondiale la provincia di Udine (che comprende anche Pordenone, istituita come provincia nel 1968) conta una popolazione di circa 790.000 abitanti, distribuiti in 173 comuni. Pesante è il bilancio, oltre che delle vittime, delle distruzioni lasciate dal conflitto. L’area che più ha risentito degli effetti devastanti della guerra è sicuramente quella montana, dove spoliazioni, distruzioni, degrado dell’ambiente si assommano all’impoverimento progressivo subito nei decenni precedenti. La ripresa del lavoro nelle industrie è difficoltosa anche a causa dei notevoli danni subiti dalle infrastrutture: ferrovie, ponti, strade, impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Nel primo anno di pace il livello produttivo delle principali industrie non supera il 43% della potenzialità degli impianti, permettendo l’impiego solo del 55% della forza lavoro utilizzabile in condizioni normali. La disoccupazione è molto più elevata rispetto al vicino Veneto e vede circa 55.000 disoccupati (su una popolazione attiva di 348.600 persone). Alla fine del conflitto riprende subito il flusso migratorio, specialmente verso Belgio, Svizzera, Francia e Austria. Secondo i dati ufficiali a metà 1946 risultano emigrati già 1.300 friulani, oltre 10.000 emigrano nella prima metà del 1947, altrettanti nel 1948 e questi dati non tengono conto della cospicua emigrazione clandestina, in gravi condizioni di precarietà e sfruttamento. Se la situazione dei disoccupati è gravissima, neppure per coloro che hanno un’occupazione nell’industria e nei servizi le condizioni di vita sono facili a causa delle forti carenze negli approvvigionamenti di generi razionati di prima necessità. All’inizio dell’inverno 1945 vi è una disponibilità di farina per pane di 17.000 quintali contro un fabbisogno di 35.000, per la pasta e il riso si può contare solo su 1.077 quintali contro i 14.000 che sarebbero necessari, i grassi alimentari sono praticamente inesistenti (80 quintali contro un fabbisogno di 1.560), la legna da ardere disponibile è meno della metà di quella che sarebbe necessaria. La disponibilità di beni aumenta progressivamente nei mesi successivi, ma il forte divario tra prezzi e salari produce nel giugno 1946 un sensibile deficit alimentare nelle stesse famiglie degli occupati. Secondo una stima effettuata dal settimanale comunista friulano “Lotta e lavoro” un operaio qualificato con moglie e due figli a carico riceve (nella migliore delle ipotesi) un salario mensile di circa 9.000 lire, ma dovrebbe spenderne 11.200 al mese solo per generi di prima Udine, 2 maggio 1945 La folla in piazza Libertà Udine, 25 aprile 1947 Secondo anniversario della Liberazione Udine, 2 maggio 1945 Il sindaco del CLN Cosattini parla agli udinesi in piazza Libertà 7 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 8 necessità, luce, gas, affitto, trasporti, né molto migliore è la situazione degli impiegati pubblici e privati. L’insufficienza delle retribuzioni provoca numerose agitazioni, tra queste: scioperi al Cotonificio veneziano di Pordenone (in più occasioni), a Torviscosa (gennaio 1946), alla SAFOP di Pordenone (marzo), tra aprile e luglio 1946 entrano in agitazione i telefonici, gli statali, i camerieri e lavoratori d’albergo, i pensionati manifestano a Udine, i disoccupati a Sacile ed Aviano... La provincia di Udine è comunque prevalentemente rurale e buona parte della popolazione è impiegata in agricoltura. La proprietà fondiaria è però distribuita in modo molto diseguale: 150 famiglie controllano il 34% delle terre, mentre il resto della proprietà risulta estremamente polverizzata e fornisce scarse risorse ai contadini. Su circa 385.000 persone che dipendono dall’agricoltura buona parte appartengono a famiglie proprietarie di modesti appezzamenti di terreno, mezzadri o fittavoli, mentre solo 50.000 fanno capo a famiglie di braccianti e salariati. L’apparato produttivo agricolo friulano, ad esclusione delle poche aziende moderne, è stato sfruttato all’estremo durante gli anni di guerra e paga lo scotto del permanere di condizioni di arretratezza e di carenza di mezzi tecnici, primi tra tutti i fertilizzanti. La produzione è scarsa e buona parte di essa dovrebbe essere conferita agli ammassi per far fronte al fabbisogno alimentare della provincia, comprensibili quindi le resistenze dei contadini che cercano di sottrarsi il più possibile alla consegna. Nel dopoguerra vengono rimessi in discussione i patti agrari imposti dal fascismo e si aprono le grandi vertenze dei mezzadri e dei braccianti. Anche in Friuli i mezzadri hanno visto peggiorare nettamente le loro condizioni contrattuali durante gli anni della dittatura. La vertenza, che vede momenti significativi di agitazione nel Cervignanese, si trascina a lungo trovando parziale composizione con l’intervento del Governo (Lodo De Gasperi, 28 giugno 1946, poi tradotto in legge nel maggio 1947). L’agitazione dei braccianti si sviluppa nella Bassa friulana, e in particolare alla SAICI di Torviscosa, e vede tra i suoi momenti più significativi la partecipazione al grande sciopero del settembre 1947, durato 12 giorni. AMG e CLN Alla fine del 1945 la provincia di Udine, a differenza del resto dell’Italia del Nord, viene esclusa dal rientro a pieno 8 titolo alla sovranità italiana e rimane sottoposta fino al settembre 1947 all’autorità del Governo Militare Alleato (AMG). La misura è dovuta alla delicata situazione dei confini orientali, la cui delimitazione – a fronte delle rivendicazioni jugoslave - è demandata ai trattati di pace. L’AMG è rappresentato da un Provincial Commissioner (il ten. colonnello inglese Bright) che esercita un’effettiva e costante azione di controllo sulla situazione politica e amministrativa locale. Le norme emanate dal Governo nazionale trovano applicazione automatica nella provincia, salva la possibilità per l’AMG di sospenderle o modificarle, in tutto o in parte. Attraverso il Prefetto il Provincial Commissioner (detto comunemente Governatore) esercita un costante controllo sulle amministrazioni locali insediate all’atto della Liberazione, di conseguenza i CLN comunali vengono progressivamente esautorati, mentre il CLN provinciale rimane ancora attivo come luogo di compensazione politica tra rappresentanti dei diversi partiti. Il dibattito politico trova espressione nel quotidiano del CLN “Libertà”, che si pubblica fino al luglio 1947 e che rimarrà l’unico quotidiano locale fino ad un anno dopo la Liberazione. L’unità dei partiti all’interno del CLN si incrina progressivamente dopo la Liberazione ed in particolare dopo la prima tornata delle elezioni amministrative nel marzo aprile 1946; dopo il referendum e le elezioni per l’Assemblea Costituente (2 giugno 1946) i CLN vengono ufficialmente sciolti. L’autonomismo friulano L’idea di formare una regione friulana, comprendente le attuali province di Udine e Pordenone e le altre terre lasciate all’Italia dal trattato di pace, ha origine nell’immediato dopoguerra. Nel luglio 1945 Tiziano Tessitori dà vita all’Associazione per l’autonomia regionale friulana che si propone di raggiungere “L’autonomia regionale amministrativa”, e che giunge a contare quasi mille iscritti prima della fine dell’anno. L’idea trova convinti sostenitori come Gianfranco D’Aronco, Pier Paolo Pasolini, don Giuseppe Marchetti e viene appoggiata dalla Società Filologica Friulana, dalla Camera di commercio di Udine, dal quotidiano del CLN “Libertà”, ma incontra anche diffuso scetticismo e opposizione all’interno dei partiti. I maggiori dissensi si riscontrano nel Pordenonese (tradizionalmente più legato al Veneto) e in provincia di Gorizia (dove forte è la preoccupazione per le rivendicazioni jugoslave). Anche a Trieste si sviluppa un dibattito sul quotidiano “La Voce Libera”, particolarmente intenso nei primi tre mesi del 1946, in cui si ipotizzano diversi scenari per il futuro della Venezia Giulia, tra i quali la concessione di uno statuto di autonomia e la possibilità di una unione con le province di Gorizia e di Udine. La Comunità Carnica Il problema di creare un organo di autogoverno e di coordinamento dei comuni della Carnia si affaccia fin dai primi giorni successivi alla Liberazione. Il dibattito si sviluppa sul settimanale “Carnia” e poi sull’organo del CLN carnico “Lavoro” ad opera soprattutto di Romano Marchetti e Bruno Lepre e si riallaccia direttamente all’esperienza democratica di autogoverno della Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli. L’11 marzo 1946 si tiene a Tolmezzo una riunione dei sindaci e dei presidenti dei CLN della Carnia, alla presenza del vice prefetto e dello stesso Provincial Commissioner alleato, ai quali vengono esposti i gravi problemi della zona, uscita stremata dalle vicende belliche. Dopo una serie di riunioni preparatorie, il 3 settembre 1946 i primi quindici comuni approvano lo statuto della Comunità Carnica (un organismo assolutamente innovativo considerando che le Comunità Montane verranno istituite solo nel 1971). La costituzione del consorzio viene formalmente approvata con decreto del prefetto in data 27 maggio 1947 ed alla presidenza viene chiamato pochi giorni dopo Michele Gortani. (G.C. Bertuzzi, Friuli 1946 il primo anno di pace, Trieste, IRSML, 1999, F. Fabbroni, Friuli 1945-1948 linee di interpretazione, in “Storia contemporanea in Friuli”, n. 7, 1976, L. Banchig, La Regione Friuli-Venezia Giulia nel dibattito costituzionale, in “Storia contemporanea in Friuli”, n. 33, 2002, S. Di Giusto, L’autonomismo friulano 1954-1964 in IRSML FVG, Friuli e Venezia Giulia storia del ‘900, Gorizia, Libreria editrice Goriziana, 1997) Udine, 17 marzo 1946 Comizio dell’on. Scoccimarro 9 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 10 La Consulta Nazionale 10 Convocata dal Governo di Ferruccio Parri, la Consulta Nazionale fu un’assemblea che fece le veci del Parlamento fino alle elezioni nazionali del 2 giugno 1946 quando vennero eletti i membri dell’Assemblea Costituente. La sua prima riunione si tenne il 25 settembre 1945. Composta da 430 membri di nomina governativa e divisa in 10 commissioni, aveva il compito di supportare il governo con pareri in campo fiscale, di bilancio ed elettorale. La Consulta ratificò, fra le altre, la legge che assegnava ad un referendum popolare la decisione tra monarchia e repubblica, votò la legge che introduceva nelle elezioni il metodo di votazione a suffragio universale, introdusse il sistema elettorale proporzionale con un collegio unico nazionale per l’utilizzazione dei voti residui. antifascismo più attivo: intrattiene contatti clandestini con la principessa Maria José e con l’ambasciatore tedesco Von Hassel, si avvicina al gruppo liberal-socialista di Guido Calogero, all’università di Padova collabora con Concetto Marchesi, aderisce (nel luglio 1943) al Partito Liberale. Dopo l’8 settembre 1943 partecipa alla Resistenza e nella sua casa romana si tengono le prime riunioni del CLN centrale. Dopo la Liberazione è membro della direzione del PLI, consultore nazionale, presidente del Comitato giuliano di Roma per gli esuli. Il Friuli e la Venezia Giulia vennero rappresentati da Carlo ANTONI (Trieste), Giovanni COSATTINI (Udine), Antonio DE BERTI (Istria e Dalmazia), Cipriano FACCHINETTI (Trieste), Luciano FANTONI (Udine), Luigi GASPAROTTO (Udine), Mario LIZZERO (Udine), Fausto PECORARI (Trieste), Mauro SCOCCIMARRO (Udine), Fermo SOLARI (Udine). Inoltre vennero nominati come appartenenti alla nostra regione anche Giuseppe BETTIOL (Vicenza), Annibale GILARDONI (Roma) e Ernesto PIETRIBONI (Belluno). ANTONI Carlo Senosecchia (Trieste), 15.8.1896 – Roma, 3.8.1959 Allo scoppio della prima guerra mondiale è deciso sostenitore dell’intervento e fautore di un irredentismo di ispirazione risorgimentale, lontano dai toni esasperati del nazionalismo. Volontario, viene insignito di medaglia di bronzo al valor militare. Vicino alle posizioni politico-filosofiche di Croce, alle quali rimarrà fedele durante tutta la vita, si dedica allo studio e all’insegnamento della filosofia. Tra le sue opere: Il problema estetico (1924), Dallo storicismo alla sociologia (1940), La lotta contro la ragione (1942), Considerazioni su Hegel e Marx (1946). La guerra nazifascista lo spinge ad un GASPAROTTO Luigi Sacile, 31.5.1873 – Roccolo di Cantello (Varese), 29.6.1954 Eletto nel 1913 deputato del Partito Radicale nel collegio di Milano, partecipa come ufficiale di fanteria alla prima guerra mondiale, guadagnandosi tre medaglie d’argento al valore. Viene rieletto deputato nel 1919 e poi nel 1921 e ricopre la carica di Ministro della Guerra nel primo governo Bonomi (luglio 1921 – febbraio 1922). Alle elezioni del 1924 si candida, con altre personalità liberali, nel listone fascista. Dopo il delitto Matteotti passa all’opposizione costituzionale senza però partecipare all’Aventino. Il 9 novembre 1926 con altri FACCHINETTI Cipriano Campobasso, 13.1.1889 – Roma, 17.2.1952 Aderisce giovanissimo al Partito Repubblicano e, dedicatosi all’attività giornalistica, diventa nel 1910 direttore de il Cacciatore delle Alpi di Varese. Fervente irredentista, sostiene attivamente i movimenti indipendentisti delle popolazioni balcaniche contro l’impero ottomano ma, contrario alle avventure coloniali, si schiera nel 1912 contro la campagna di Libia. Interventista allo scoppio della prima guerra mondiale, volontario, viene ferito gravemente in combattimento con perdita dell’occhio destro e lesioni del sinistro. Dopo Caporetto svolge un’intensa attività di propaganda per rinsaldare il fronte interno. DE BERTI Antonio Pago (Dalmazia), 7.9.1889 – Roma, 2.5.1952 Aderisce giovanissimo al movimento mazziniano fondando a Pola il Fascio giovanile istriano e già nell’agosto 1909 viene processato per la sua opposizione al regime asburgico. La sua intensa attività politicoculturale, la collaborazione ai periodici la Fiamma e l’Emancipatore di Trieste gli fruttano tre processi e tre condanne. Allo scoppio della guerra viene richiamato alle armi e tenta due volte inutilmente di attraversare la frontiera per arruolarsi nell’esercito italiano, internato riesce ad evadere. Nel primo dopoguerra si avvicina alle posizioni di Leonida Bissolati e fonda a undici deputati vota contro le leggi eccezionali fasciste. Durante gli anni della dittatura vive in esilio e riprende l’attività politica alla vigilia della caduta del fascismo. È Ministro dell’Aeronautica nel secondo governo Bonomi (dicembre 1944 – giugno 1945) ed in seguito Ministro dell’Assistenza post-bellica e poi della Difesa rispettivamente nel primo e terzo governo De Gasperi. Fa parte della Consulta Nazionale su designazione del Partito Democratico del Lavoro e nelle liste dello stesso partito viene eletto all’Assemblea Costituente, è poi nominato senatore di diritto nel primo Parlamento repubblicano. Nel primo dopoguerra si oppone alle rivendicazioni nazionaliste facendosi sostenitore di una pace democratica. Nel 1924 viene eletto deputato a Trieste, si oppone al fascismo, partecipa attivamente all’Aventino, viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel novembre 1926. Fuoriuscito in Francia è attivo nel movimento antifascista. Il regime di Vichy lo consegna all’Italia; in stato di detenzione fino alla caduta del fascismo, espatria dopo l’8 settembre 1943. Dopo la Liberazione è designato dal Partito Repubblicano nella Consulta Nazionale, eletto alla Costituente e poi senatore di diritto ricopre la carica di Ministro della Guerra (poi della Difesa). Pola il quotidiano l’Azione. Le elezioni del 1921 lo vedono eletto deputato nel Blocco Nazionale ma ne esce ben presto diventando fermo oppositore del fascismo. Durante gli anni della dittatura si dedica all’attività forense. Dopo la caduta di Mussolini viene nominato commissario prefettizio di Pola. Nell’agosto 1944 rifiuta la proposta di rappresentare la minoranza italiana nella Repubblica federale jugoslava. Imprigionato dai nazisti viene rimesso in libertà alla fine del conflitto. Dopo la guerra svolge una frenetica attività in difesa dell’italianità dell’Istria e della Venezia Giulia, è membro della delegazione italiana alla conferenza di pace e consultore nazionale. 11 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 12 SOLARI Fermo Prato Carnico, 22.9.1900 – Udine, 25.6.1988 Socialista negli anni giovanili, impresario edile molto attivo in Friuli ed in Africa Orientale durante gli anni della dittatura, allo scoppio della seconda guerra mondiale si dedica interamente all’attività cospirativa antifascista e nel 1942 è tra i fondatori del Partito d’Azione. Dopo l’armistizio è tra i primi a salire in montagna dando vita il 12 settembre 1943 alla prima formazione Giustizia e Libertà di cui diviene commissario politico (nome di battaglia Somma), nell’ottobre 1943 entra nel Comitato militare veneto e nel CLN PECORARI Fausto Trieste, 18.12.1902 – 27.10.1966 Medico, nel 1935 assume funzioni direttive nell’Azione Cattolica diocesana a Trieste. La caduta del fascismo lo vede tra i fondatori della DC triestina e membro del CLN Giuliano. Arrestato dai nazisti viene deportato l’8 settembre 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald, dove partecipa alla creazione di un comitato di solidarietà clandestina tra gli internati, rientra a Trieste il 29 giugno 1945. Nominato consultore nazionale ed in seguito LIZZERO Mario Mortegliano, 28.6.1913 – Udine, 11.12.1994 Aderisce giovanissimo all’organizzazione comunista clandestina nel novembre 1928, svolgendo un’intensa attività cospirativa. Nel 1933 è arrestato, deferito al Tribunale Speciale e condannato a sei anni di reclusione. Dopo la scarcerazione, nonostante il controllo a cui è sottoposto, riprende l’attività politica clandestina. Nel 1942 prende contatto con la Resistenza slovena che già opera nell’alto Isonzo, arrestato nel maggio 1943 e rilasciato dopo la caduta del fascismo nell’estate del 1943 organizza le prime formazioni partigiane in Friuli. Con il nome di battaglia di Andrea (o Andrea Lima) svolge un’intensissima regionale. Braccato dalla polizia nel marzo 1944 si trasferisce a Milano dove svolge importanti incarichi e in novembre diventa vicecomandante del CVL, incarico che mantiene fino alla Liberazione. Nel marzo 1945 viene arrestato ma riesce ad evadere. Nel dopoguerra dopo aver fatto parte della Consulta Nazionale, torna all’attività imprenditoriale fondando una florida azienda elettromeccanica di orologi. L’attività politica non viene però abbandonata: dopo lo scioglimento del Partito d’Azione milita nel PSI e nel 1958 viene eletto senatore. eletto per la DC alla Costituente nel Collegio unico nazionale si prodiga in ogni modo per preservare l’italianità di Trieste, della Venezia Giulia e di Zara, si fa promotore all’Assemblea Costituente di un raggruppamento parlamentare pro Trieste entrando anche in conflitto, per le sue posizioni irredentiste, con il proprio partito, è attivo nell’assistenza ai profughi giuliani. Non rieletto in Parlamento nel 1948, prosegue la propria battaglia politica a Trieste dove, nel 1958, viene eletto consigliere comunale. attività organizzativa, militare e politica: è commissario politico della prima brigata Garibaldi Friuli (la prima in Italia), dà un contributo rilevante alla costituzione della Zona libera della Carnia, propugna l’unificazione dei comandi delle formazioni Garibaldi e Osoppo, mantiene i contatti con la Resistenza Jugoslava. Dopo la Liberazione ricopre diversi incarichi nel PCI, è nominato consultore nazionale, sostiene l’istituzione della regione autonoma, è eletto deputato nel 1963, 1968 e 1972. Nel 1970 è tra i fondatori dell’Istituto Friulano per la storia del movimento di Liberazione ed in seguito dell’Istituto Gramsci regionale e del Centro di documentazione “L. Gasparini”. * Fanno parte della Consulta anche Giovanni Cosattini, Luciano Fantoni e Mauro Scoccimarro le cui foto appaiono tra i membri dell’Assemblea Costituente. 12 13 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 14 Elezioni amministrative, Referendum e Costituente 14 Nel 1946, dopo la lunga parentesi della dittatura, gli italiani sono chiamati alle urne per esprimere democraticamente il proprio voto; per la prima volta votano anche le donne. In Friuli-Venezia Giulia non partecipano alle diverse tornate elettorali i centri del Goriziano e l’area di Trieste, in quanto i confini orientali non sono ancora definiti. La provincia di Udine (che all’epoca comprende anche Pordenone) è presente con tutti i comuni compresi nei confini provinciali del 1927. Le elezioni amministrative si svolgono in tre fasi: un primo gruppo di 66 comuni (tra cui Udine e Pordenone) vota tra marzo e aprile, altri 96 comuni vanno alle urne tra ottobre e novembre, mentre gli ultimi 20 devono aspettare il giugnoluglio 1947 per eleggere le proprie amministrazioni. Il Referendum istituzionale Il 2 giugno 1946 si tengono contemporaneamente il Referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente. Gli elettori friulani danno nel loro complesso una netta maggioranza alla Repubblica con 265.434 voti (63,3%) contro i 153.760 voti (36,7%) raccolti dalla Monarchia. Il dato è superiore alla media nazionale che vede la Repubblica raccogliere il 54,3% dei consensi (12.718.641 voti) contro il 45,7% della Monarchia (10.718.502 voti) ed è in linea con il voto espresso dalle regioni settentrionali. L’Assemblea Costituente Per le elezioni dell’Assemblea Costituente la provincia di Udine è unita a quella di Belluno in un unico Collegio elettorale. Vengono presentate sei liste, ma solo tre partiti ottengono seggi: sei la Democrazia Cristiana con Guglielmo SCHIRATTI, Giuseppe BETTIOL a cui subentra Michele GORTANI, Tiziano TESSITORI, Luciano FANTONI e Giuseppe GARLATO (più Manlio PAT BORTOLO per Belluno); quattro il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria con Giovanni COSATTINI, Gino PIERI ed Ernesto PIEMONTE (più Oberdan VIGNA per Belluno); uno il Partito Comunista Italiano con Mauro SCOCCIMARRO (che opta per il Collegio Unico Nazionale) a cui subentra Giacomo PELLEGRINI. 15 24 pp ok 16 3-11-2006 10:42 Pagina 16 17 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 18 BETTIOL Giuseppe Cervignano del Friuli, 26.9.1907 – Padova, 29.5.1982 Docente universitario di diritto penale, autore di numerosi saggi giuridici, tra i quali: l’Efficacia della consuetudine nel diritto penale (1931), l’Ordine dell’autorità nel diritto penale (1934), Diritto penale (1950 poi più volte riedito e aggiornato), Aspetti politici del diritto penale contemporaneo (1953). È tra i fondatori delle Università di Mogadiscio e dell’Asmara. Nel 1945 è nominato nella Consulta Nazionale e poi fianco mentre alla Camera denuncia le violenze e i brogli fascisti nelle elezioni del 1924 (a lui Matteotti avrebbe detto dopo il discorso “ed ora preparate il mio elogio funebre”), partecipa alla secessione dell’Aventino e il 9 novembre 1926 il fascismo decreta la sua decadenza da deputato. Lo stesso anno la sua casa e il suo studio vengono incendiati e devastati. Durante la Resistenza rappresenta il Partito Socialista nel CLN di Udine fino all’aprile 1945, i figli Luigi (morto a Buchenwald) e Alberto partecipano attivamente alla lotta clandestina. Dopo la Liberazione è sindaco di Udine per incarico del CLN, membro della commissione Affari Esteri della Consulta Nazionale, deputato alla Costituente e senatore. eletto alla Costituente nelle liste della DC, rieletto deputato nelle successive legislature e senatore dal 1968. Ministro della Pubblica Istruzione durante il breve ottavo governo De Gasperi (luglio 1953) e Ministro per i rapporti con il Parlamento nel secondo governo Segni (febbraio 1959-febbraio 1960). GORTANI Michele Lugo (Spagna), 16.1.1883 – Tolmezzo, 24.1.1966 Geologo e naturalista, docente in diverse università italiane, accademico dei Lincei, svolge una notevole attività scientifica documentata da oltre 250 pubblicazioni nei campi della geodinamica, idrologia superficiale e sotterranea, geomorfologia, geografia fisica, geologia applicata, speleologia; in suo onore una famiglia di fossili ha il nome di Gortanella. Fonda l’Istituto italiano di speleologia e il Museo delle arti e delle tradizioni popolari di Tolmezzo. In campo politico viene eletto GARLATO Giuseppe S. Vito al Tagliamento, 22.12.1896 – Palestrina (Roma), 1988 ? Partecipa alla prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria e ottiene il grado di colonnello di complemento. Laureato in ingegneria civile si occupa in particolare dei problemi relativi all’irrigazione e alla bonifica delle terre friulane. Negli anni della dittatura opera nelle file dell’Azione Cattolica, dove ricopre responsabilità direttive. Dopo la caduta del fascismo partecipa attivamente al movimento deputato nel collegio di Tolmezzo nel 1913 con un programma liberale democratico; volontario nella prima guerra mondiale, dopo Caporetto dedica buona parte delle sue energie all’assistenza ai profughi. Nel 1919 si ricandida nelle liste dei combattenti ma non viene rieletto nonostante le numerose preferenze ottenute, stessa sorte alle elezioni del 1921 quando si ricandida in una eterogenea coalizione liberale. Nel 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente nelle liste della DC e nel 1948 al Senato per lo stesso partito, è tra i fondatori della Comunità Carnica (ora Comunità montana). clandestino. Con la Liberazione è vice sindaco di Pordenone nell’amministrazione del CLN e dopo le elezioni amministrative del 1946 diventa sindaco per la DC (carica che mantiene fino al 1956), eletto all’Assemblea Costituente è poi rieletto deputato nel 1948 e nel 1953, senatore nel 1958 e nel 1963, membro del Parlamento Europeo nel 1960. Ricopre la carica di Sottosegretario all’Agricoltura, ai Trasporti ed alle Partecipazioni statali in diversi governi. COSATTINI Giovanni Cittaducale (Rieti), 5.1.1878 – Udine, 2.8.1954 Avvocato, aderisce al PSI nel 1899, chiamato alle armi come ufficiale di complemento viene degradato per la sua fede socialista. Vicino alle posizioni di Turati è tra i più attivi organizzatori del socialismo friulano, nel 1906 viene eletto membro della direzione del PSI. Nel 1912 prende posizione contro la guerra di Libia e, in seguito, contro l’intervento italiano nel primo conflitto mondiale. Richiamato alle armi torna ad Udine dopo la guerra. Eletto deputato nel 1919 rappresenta il Friuli per tre legislature. Dopo le scissioni del 1921 e 1922 aderisce al PSU, intimo amico di Giacomo MatteottiÈsiede al all’Aventino e, continuamente sottoposto alle vessazioni fasciste, viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel 1926. Negli anni della dittatura non si compromette col regime e nel 1943 entra a far parte, in rappresentanza della DC, del CLN della zona di Gemona. Dopo la Liberazione è sindaco di Gemona (fino al 1963), membro della Consulta Nazionale, deputato alla Costituente, senatore di diritto dal 1948 al 1953. lotta antifranchista. Nel 1939 è arrestato in Italia, dove è rientrato clandestinamente con il compito di contribuire all’intensificazione dell’attività cospirativa, e condannato a venti anni di reclusione. Liberato nell’agosto 1943 è chiamato a Roma dove lavora nella segreteria del partito fino a maggio 1945. Eletto alla Costituente, nel 1948 è senatore di diritto. Viene rieletto senatore nel 1953 e nel 1958, nel 1964 è consigliere regionale, incarico che ricopre anche nella legislatura successiva. FANTONI Luciano Gemona del Friuli, 23.12.1881 – 19.6.1967 Avvocato, attivo nel movimento cattolico friulano, allo scoppio della prima guerra mondiale è sindaco di Gemona e rimane al suo posto anche durante il difficile periodo dell’occupazione austriaca. Nel primo dopoguerra è tra i principali esponenti del Partito Popolare in Friuli e viene eletto nel 1919 alla Camera, dove si prodiga per la ricostruzione del Friuli devastato dal conflitto. È rieletto deputato nel 1921 e nel 1924. Dopo il delitto Matteotti partecipa PELLEGRINI Giacomo Osoppo, 12.8.1901 – Udine, 28.8.1980 Aderisce al Partito Comunista fin dal giugno 1921, svolgendo importanti incarichi in provincia di Udine, nel 1926 è delegato al congresso di Lione. Lo stesso anno viene arrestato e deferito al Tribunale Speciale che lo condanna a otto anni e sei mesi di detenzione per la sua intensa attività propagandistica e organizzativa clandestina. Liberato nel 1932 per amnistia, espatria e prosegue all’estero la propria attività. È in Spagna dal 1936 al 1938 partecipando alla I padri costituenti del Friuli 18 19 24 pp ok 20 3-11-2006 10:42 PIEMONTE Giuseppe Ernesto Canelli (Asti), 28.4.1878 – Udine 17.2.1960 Laureato in scienze agrarie entra nelle file socialiste negli ultimi anni dell’Ottocento; inviato in Friuli nel 1903 dalla Società Umanitaria di Milano diventa uno degli elementi di punta del socialismo udinese: collabora attivamente al Segretariato dell’emigrazione, al periodico il Lavoratore friulano, alla fondazione della Cooperativa carnica. Nel primo dopoguerra è eletto deputato nel 1919 e al congresso di Livorno del 1921 è incaricato di tenere la relazione 28 aprile 1945 a fungere da intermediario con i partigiani friulani. Dopo la Liberazione viene eletto all’Assemblea Costituente nelle liste del Partito Socialista. sulla questione agraria. In quello stesso anno viene rieletto alla Camera e, dopo la scissione socialista, aderisce al PSU. Le persecuzioni fasciste lo costringono ad espatriare a Parigi, dove rimane fino al 1945 militando nelle file del socialismo riformista, della Concentrazione antifascista, della LIDU. Nel dicembre 1945 rientra a Udine dove ricopre la carica di segretario provinciale del PSIUP, eletto all’Assemblea Costituente è in seguito senatore di diritto nella prima legislatura. Nel 1947, in seguito alla scissione del PSI aderisce al PSDI. SCOCCIMARRO Mauro Udine, 30.10.1895 - Roma, 2.1.1972 Volontario nella prima guerra mondiale, viene ferito e decorato. Nel 1917 aderisce al PSI e, dopo il congedo nel 1919, ricopre importanti incarichi nella federazione di Udine. Dopo il congresso di Livorno (1921) aderisce al PCd’I, che, negli anni successivi, rappresenterà in numerose riunioni e congressi internazionali; entra a far parte del comitato centrale e poi dell’ufficio di segreteria del partito. Arrestato a Milano nel 1926 dalla polizia fascista trascorre quasi 17 Pagina 20 PIERI Gino Anagni (Frosinone), 17.11.1881 – Roma, 20.6.1952 Partecipa come volontario alla prima guerra mondiale. Medico chirurgo, primario all’Ospedale di Udine dal 1934, dopo l’occupazione tedesca offre un prezioso contributo alla Resistenza nel curare i feriti, formare a distanza personale infermieristico per aiutare sul posto i malati alla macchia, inviare medici nelle formazioni partigiane. Arrestato dai tedeschi nel marzo 1945 e tradotto nelle carceri udinesi è chiamato il DC friulana. Eletto alla Costituente, viene rieletto alla Camera nel 1948, 1953 e 1958 e ricopre la carica di Sottosegretario al Tesoro (febbraio 1959 – luglio 1960). Abbandonata la politica attiva nel 1963 si dedica prevalentemente all’attività industriale e finanziaria amministrando o presiedendo importanti società come l’Arsenale triestino, la Pertusola, il Mediocredito, la SAFAU. TESSITORI Tiziano Sedegliano, 13.1.1895 – Udine, 19.4.1973 Combatte nella prima guerra mondiale come ufficiale di fanteria. Nel 1919 aderisce al Partito Popolare diventando uno dei principali organizzatori del movimento cattolico in Friuli; è attivissimo in particolare nella costituzione delle leghe bianche contadine. Nel 1921 viene eletto deputato ma l’anno successivo la Camera annulla l’elezione per mancanza dei requisiti di età. Più volte aggredito dai fascisti per la sua attività politica e sindacale si laurea nel frattempo in giurisprudenza e all’avvento della dittatura si dedica esclusivamente all’attività forense. Dopo la Liberazione si iscrive alla DC e viene eletto all’Assemblea SCHIRATTI Guglielmo Maiano, 7.8.1901 – Udine, 15.11.1973 Aderisce giovanissimo al Partito Popolare impegnandosi nell’attività organizzativa e propagandistica. Dal 1923 al 1929 è presidente diocesano della Gioventù Cattolica e dal 1924 al 1926 membro del consiglio della FUCI e Laureati cattolici. Negli anni della dittatura si dedica all’attività forense. Nel 1941 è fra i promotori del comitato udinese di agitazione antifascista e successivamente pertecipa alla lotta clandestina e alla organizzazione della Costituente e poi ininterrottamente al Senato nelle legislature successive. Svolge un ruolo di primo piano nella definizione dello Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia, ricopre diversi incarichi di governo, tra i quali quello di Ministro per la Riforma della Pubblica Amministrazione. Presidente per quasi un decennio (1953-1963) della Società Filologica Friulana, si dedica alla ricerca storica senza escludere la pubblicazione di opere a metà strada tra la saggistica e la narrativa. Tra le sue opere: Storia del movimento cattolico in Friuli 1858-1917 (1964), Fiuli 1866: uomini e problemi (1966), San Paolo (1969), Storia del Partito Popolare in Friuli 1919-1925 (1972). anni tra carcere e confino. Dopo la caduta del fascismo e l’occupazione tedesca rappresenta il PCI nel CLN centrale. Ricopre l’incarico di Ministro per l’Italia occupata nel governo Bonomi ( dicembre 1944giugno 1945) e poi di Ministro alle Finanze nel governo Parri e nel primo e secondo governo De Gasperi (agosto 1945-gennaio 1947). Consultore nazionale, eletto alla Costituente, senatore di diritto nella prima legislatura, è rieletto al Senato nelle successive legislature. 21 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 22 La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia 22 Il 18 dicembre 1946 fu la seconda Sottocommissione dell’Assemblea Costituente a compiere il primo decisivo passo per la nascita della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, approvando la sua istituzione con 17 voti favorevoli e 10 contrari. La deliberazione di aggiungere il Friuli e le terre della Venezia Giulia destinate a rimanere all’Italia all’elenco delle quattro regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige) si basò su varie argomentazioni di natura politica ed economica: il Friuli era terra di confine direttamente coinvolta dal Trattato di Pace, ed aveva l’autosufficienza finanziaria o certamente la avrebbe raggiunta; il carattere linguistico e ‘somatico’ dei friulani; la regione autonoma avrebbe permesso di unire saldamente all’Italia quella parte della Venezia Giulia che col Trattato di Pace sarebbe rimasta all’Italia; l’autonomia avrebbe potuto favorire la ripresa morale e materiale anche delle popolazioni più indigenti e meno progredite e avrebbe potuto dar luogo ad una notevole intensificazione dei rapporti economici con i paesi vicini; ultimo argomento fu che era una zona mistilingue. Vivacissime furono le reazioni in Friuli per la decisione della seconda Sottocommissione, a Udine estremamente favorevoli, a Gorizia e soprattutto a Pordenone fortemente contrarie, i primi preoccupati di essere fagocitati da un Friuli numericamente ed economicamente predominante, i secondi preferendo legarsi ad una grande regione veneta e diventare provincia. Nel frattempo nasceva a Udine il Movimento Popolare Friulano (MPF) per l’autonomia regionale. Il manifesto costitutivo diceva che il riconoscimento della Regione friulana era il coronamento dell’impegno dei friulani, ma che ora, quando la proposta sarebbe passata al vaglio dell’Assemblea Costituente, bisognava far sentire a Roma la voce unita del Friuli. Aderirono al MPF la Democrazia Cristiana, il Partito Repubblicano, il Partito d’Azione, fu contrario il Partito Comunista, mentre il Partito Socialista lasciò libertà di scelta ai propri iscritti. Il 1° febbraio 1947 la Commissione per la Costituzione (la Commissione dei 75), che aveva il compito di vagliare gli articoli stilati dalle Sottocommissioni, di fronte ad alcune perplessità nate nel frattempo sospese, in attesa di approfon- dimenti, la decisione presa dalla seconda Sottocommissione. Negli interventi, in cui in quella seduta si fece menzione della Regione Friuli-Venezia Giulia, si accennò allo storico autonomismo friulano, al carattere mistilingue della regione e al ruolo di ponte verso i paesi limitrofi che la regione nel futuro avrebbe potuto assolvere. Comunque la riunione della Commissione si concluse, per quanto riguarda l’istituzione della nostra regione, in maniera interlocutoria con l’affermazione che “la Commissione si riserva di decidere sull’aggiunta della Regione del Friuli-Venezia Giulia alle quattro cui è attribuita un’autonomia speciale”. Nella seduta del 27 giugno 1947 l’Assemblea Costituente approvò l’articolo 116 che inseriva la Regione Friuli-Venezia Giulia fra quelle a statuto speciale. Prevalsero le scelte dei leaders di alcuni grandi partiti, come Ruggero Grieco, Pecorari, Tessitori, Ruini, Fabbri, Scoccimarro e altri, sulla base del criterio che le regioni mistilingui avrebbero dovuto avere uno statuto speciale per la tutela delle minoranze. Con il Trattato di Pace la città di Trieste non veniva restituita all’Italia, per cui nella seduta del 30 ottobre 1947 si ripresentò il problema se fosse il caso di mantenere il Friuli-Venezia Giulia fra le regioni a Statuto speciale. Si raggiunse un compromesso con la X norma transitoria finale, che venne approvata e rimase valida fino al 21 gennaio 1963. Tale norma diceva “Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’articolo 116, si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della parte seconda, fermo restando la tutela delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6”. Al momento sembrò che l’Assemblea avesse fatto sostanzialmente ritorno sui suoi passi e revocato l’autonomia speciale del Friuli-Venezia Giulia. Bisognerà aspettare il gennaio del 1963 quando, con l’approvazione dello Statuto con legge costituzionale, il Parlamento della Repubblica varò la costituzione della Regione autonoma a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia. 23 24 pp ok 3-11-2006 10:42 Pagina 24 Si ringrazia: Comune di Trieste Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste Questo fascicolo è stato curato dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione Hanno collaborato: Alberto Buvoli, Mario De Agostini e Flavio Fabbroni Foto e documenti: archivio IFSML - Udine Finito di stampare nel mese di novembre 2006 Printed in Italy