24 pp ok - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia

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La guerra di liberazione e la sua conclusione vittoriosa, la convocazione
della Consulta, il referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea
Costitutente ed, infine, la Costituzione, sono le tappe che hanno segnato
la rinascita della democrazia nel nostro Paese, dopo vent’anni di dittatura, dopo cinque anni di una guerra disastrosa pagata a carissimo
prezzo.
La Mostra “La rinascita del Parlamento. Dalla Liberazione alla Costituzione” promossa dalla Fondazione della Camera dei deputati, che presentiamo nella nostra Regione, intende offrire un’esposizione quanto più
possibile lineare ed essenziale di questo percorso dell’Italia verso una
piena democrazia, e permette la comprensione delle vicende storiche sulle
quali si fondano le nostre istituzioni democratiche.
La coscienza dei passi compiuti dal nostro Paese ci pone l’obbligo di una
riflessione sui valori di libertà, di democrazia, di pace e di civile convivenza tra i popoli, soprattutto in questa nostra tormentata terra di confine, di cui una parte tornerà, mutilata, ad unirsi alla Repubblica italiana
solo nell’ottobre del 1954. Le conseguenze delle particolari situazioni
storico-politiche determinate ai confini orientali dalla guerra di aggressione alla Jugoslavia, hanno pesato ben oltre il 1945 sulla popolazione
giuliana, che ha vissuto ancora momenti altamente drammatici, proprio
mentre nel resto del nostro Paese si costruiva la nuova Italia.
Questa Mostra, che ha finalità altamente educative e civili, oltre a far
comprendere l’importanza fondamentale della democrazia nella vita del
nostro come di ogni altro Paese, deve essere per tutti noi e per i nostri
giovani un momento di riflessione sull’inestimabile valore della pace e
della libertà, di monito a tener cari e a coltivare questi valori che sono la
base per ogni progresso e sono i costanti punti di riferimento della vita di
una società equa e giusta.
Alessandro Tesini
Presidente del Consiglio regionale
del Friuli-Venezia Giulia
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Trieste nel
dopoguerra
Prima del secondo conflitto mondiale Trieste aveva una popolazione di circa 250.000 abitanti, in larga misura occupati nel
settore industriale e commerciale e, unitamente a Monfalcone,
concentrava il 75% delle imprese industriali della Venezia Giulia. Con l’occupazione tedesca del settembre 1943 e le successive operazioni militari (soprattutto i bombardamenti aerei
anglo-americani) l’apparato produttivo triestino venne pesantemente colpito.
Dopo la fine del conflitto l’apparato industriale è in ginocchio:
il potenziale produttivo è ridotto al 30% rispetto all’anteguerra, il porto ridotto ai soli trasporti di emergenza, la flotta
mercantile che vantava oltre 700.000 tonnellate di stazza lorda
con l’impiego di circa 10.000 lavoratori, pressoché interamente distrutta.
Dall’occupazione jugoslava all’AMG
Dal 1° maggio al 12 giugno 1945 Trieste, Gorizia e l’Istria vengono occupate dall’esercito jugoslavo che, anche attraverso
una dura repressione, cerca di imporre il fatto compiuto in
vista dell’annessione della città alla Jugoslavia.
É il triste periodo delle foibe e delle deportazioni. Dopo le
circa 500 vittime delle foibe istriane dell’ottobre 1943, ora
una nuova ondata di violenze si abbatte su Trieste e sulla
Regione Giulia. Nelle prime settimane di maggio probabilmente sono alcune centinaia le vittime degli jugoslavi i cui
corpi vengono occultati nelle voragini carsiche. Le esplorazioni delle sole foibe rimaste nel territorio controllato dall’AMG hanno permesso la riesumazione di 464 salme, identificate 217 di civili e 247 di militari, a cui vanno aggiunte
quelle del pozzo della miniera di Basovizza il cui numero
non è mai stato accertato.
Contemporaneamente la IV Armata jugoslava, che occupa
Trieste e Gorizia, dà l’avvio ad arresti e deportazioni verso
l’interno della Jugoslavia. Vengono colpiti non solo tedeschi e
fascisti, ma anche tutti coloro che si oppongono o possono
opporsi al nuovo potere popolare. Molti dei militari e dei
civili sono uccisi al poligono di Rudnik, nei pressi di Lubiana,
ma della maggioranza resta tuttora ignota la sorte. Le vittime
sono migliaia: secondo gli elenchi più attendibili arrivano a
4.000/4.500, tra infoibati e morti in deportazione.
A giugno, per l’intervento degli alleati, i confini delle zone di
occupazione vengono ridefiniti in una Zona A, comprendente
Trieste e Gorizia, amministrata da un Governo Militare
Alleato (AMG) e in una Zona B amministrata dagli jugoslavi.
All’estremità meridionale della penisola istriana la città di Pola
e un piccolo territorio circostante forma un’enclave amministrata dagli alleati.
A Trieste l’AMG smantella i poteri popolari introdotti dagli
jugoslavi e assume direttamente tutte le competenze relative al
governo del territorio; le gravi divisioni che dilaniano la città
non consentono infatti di seguire il modello di “governo indiretto” utilizzato nel resto d’Italia (e in Friuli), che prevede
un’amministrazione locale costituita sulla più ampia base antifascista possibile, a sua volta controllata dall’organo di occupazione militare.
Una delle prime preoccupazioni delle autorità alleate è quella
della ripresa dell’economia: in primo luogo la città riveste una
grande importanza strategica, costituendo il punto più a Nord
e più vicino all’Austria e alla Germania meridionale raggiungibile dai rifornimenti trasportati via mare. Il porto si trasforma
quindi rapidamente in un’infrastruttura dedicata soprattutto
agli sbarchi dei rifornimenti che poi vengono fatti proseguire
per le varie destinazioni.
Un secondo motivo è di indole prettamente politica: all’interno
di una classe operaia fortemente politicizzata si percepisce una
diffusa ostilità verso gli alleati, le posizioni comuniste e filojugoslave sono forti, la presenza di una grande massa di disoccupati può provocare seri problemi di ordine pubblico.
Le vertenze sindacali sono numerose e si intrecciano alle problematiche politiche. Lo stesso movimento sindacale ben presto si divide: ai Sindacati unici di ispirazione filojugoslava si
contrappongono i Sindacati giuliani, sostenuti dai partiti italiani e riconosciuti dalla CGIL unitaria nel gennaio 1946.
L’AMG (come risulta da una relazione dell’epoca) si impegna
quindi su tre direttrici: “a) procurare sufficienti rifornimenti in
modo tale da alimentare ragionevolmente la popolazione; b)
mantenere in attività i servizi essenziali; c) assicurare un’occupazione sufficiente per impegnare elementi che altrimenti
potrebbero creare disordini”.
In questo senso va anche la presa di posizione contro la chiusura del Cantiere di Monfalcone (di gran lunga il più grande
stabilimento dell’intera Venezia Giulia) prospettata nell’agosto
1945. A partire da settembre iniziano i licenziamenti degli operai in esubero nelle industrie cantieristiche a cui fa riscontro, di
fronte alla mobilitazione di piazza, l’affannosa ricerca da parte
dell’AMG di occasioni di impiego alternative che spesso finiscono col riportare i lavoratori nelle stesse aziende di partenza,
ma con mansioni diverse.
Dal dicembre 1945 la ripresa dell’attività produttiva consente
di normalizzare gradualmente l’utilizzo della mano d’opera e
di riassorbire almeno in parte i lavoratori disoccupati.
Il Territorio Libero di Trieste
Le trattative di pace, iniziate a Londra l’11 settembre 1945 e
concluse a Parigi il 10 febbraio 1947, sono, per quanto
riguarda la frontiera orientale, fortemente penalizzanti per
l’Italia, responsabile dell’aggressione al regno di Jugoslavia
nel 1941 e, con ciò, responsabile di aver rimesso in discussione i confini italo-jugoslavi stabiliti con il trattato di
Rapallo del novembre 1920.
Le diverse proposte presentate da Gran Bretagna, Stati Uniti,
Francia e Unione Sovietica (oltre che da Italia e Jugoslavia)
indicano l’ampiezza delle cessioni territoriali italiane, che
determinano anche il destino di alcune città come Gorizia,
Trieste e Pola.
Le decisioni conclusive, molto vicine alle proposte francesi,
assegnano gran parte della penisola istriana (con la città di
Pola) e la città di Fiume alla Jugoslavia, e quello che era stato
fino al 1945 un limite amministrativo tra le province di Gorizia e di Udine (dall’Austria fino alla località di Mernico)
viene trasformato in confine di stato; la città di Gorizia viene
assegnata all’Italia, ma il confine ne lambisce la periferia
nord orientale, in quanto diventano territorio jugoslavo tutto
il corso superiore dell’Isonzo e la valle del Vipacco.
Dalle zone passate sotto la sovranità jugoslava si determina
l’esodo di una parte rilevante della popolazione italiana.
La novità più rilevante del trattato di pace è la costituzione
del Territorio Libero di Trieste (TLT), cioè di una stretta
fascia costiera che si estende dal fiume Timavo, presso
Duino, fino al fiume Quieto, presso Cittanova in Istria.
Ufficialmente il TLT viene istituito il 15 settembre 1947
(dopo la ratifica del trattato da parte dei parlamenti interessati) e prevede un Governatore nominato congiuntamente da
Italia e Jugoslavia, mentre il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite ne garantisce l’ integrità territoriale e l’indipendenza.
Nei fatti, anche a causa del progressivo deteriorarsi dei rapporti tra USA e URSS, non viene trovato un accordo sulla
nomina del Governatore e il TLT rimane, per tutta la sua
durata, diviso in due parti: la Zona A sotto l’amministrazione provvisoria dell’AMG e la Zona B, sotto l’amministrazione del Governo Militare Jugoslavo (VUJA). Il confine tra
le due zone è fissato lungo la parte meridionale della linea
Morgan, poco a Sud del comune di Muggia.
Nella Zona A si trova il centro urbano principale, Trieste, e
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cinque comuni minori: Muggia, San Dorligo della Valle
(Dolina), Monrupino (Repentabor), Sgonico (©gonik),
Duino-Aurisina (Devin-Nabre ©ina).
Responsabile militare per la Zona A è il generale Terence Sidney Airey, poi sostituito dal generale John Winterton; dal
1948 l’AMG organizza una nuova amministrazione del territorio, con responsabili di zona, di provincia e dei comuni
scelti tra personale italiano.
Nella Zona B i centri urbani maggiori sono Capodistria
(Koper), e Buie (Buje), seguiti da Isola (Izola), Pirano
(Piran), Cittanova (Novigrad), Umago (Umag) e Verteneglio (Brtonigla).
Il responsabile militare è il colonnello Mirko Lenac, poi
sostituito da Milo& Stamatovic; dal 1947 il territorio viene
suddiviso amministrativamente in due distretti (Koper e
Buje), come parti di un unico circondario, ma dal 1952 vengono istituiti due autonomi Comitati Popolari Distrettuali:
uno sloveno (Capodistria/Koper) e uno croato (Buie/Buje).
La successiva evoluzione dei rapporti internazionali, con la
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rottura tra Jugoslavia e URSS, favorisce il superamento del
TLT: nella Zona B vengono abolite le barriere doganali e
viene estesa la legislazione jugoslava; Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti propongono diverse soluzioni, fino a giungere al Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, cioè ad
un accordo tra Italia e Jugoslavia per il trasferimento della
Zona A all’amministrazione italiana e della Zona B a quella
jugoslava fissata per il 26 ottobre 1954. La scomparsa del
Territorio Libero di Trieste viene definitivamente confermata nel 1975 con il Trattato di Osimo.
(D. Andreozzi, L. Panariti, L’economia in una regione nata
dalla politica, in Storia d’Italia: il Friuli-Venezia Giulia,
Torino, Einaudi, 2002 p. 848; Trieste tra ricostruzione e
ritorno all’Italia (1945-1954) a cura di A. Verrocchio, Trieste, IRSML FVG, 2004 p. 39 ss; Atlante storico della lotta di
liberazione italiana nel Friuli-Venezia Giulia: una resistenza
di confine 1943-1945, Trieste, Regione autonoma FriuliVenezia Giulia, 2005)
Venezia Giulia, 1945-1947
Trieste, 1947-1954
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Il Friuli
nel secondo
dopoguerra
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Alla fine della seconda guerra mondiale la provincia di
Udine (che comprende anche Pordenone, istituita come provincia nel 1968) conta una popolazione di circa 790.000 abitanti, distribuiti in 173 comuni.
Pesante è il bilancio, oltre che delle vittime, delle distruzioni
lasciate dal conflitto. L’area che più ha risentito degli effetti
devastanti della guerra è sicuramente quella montana, dove
spoliazioni, distruzioni, degrado dell’ambiente si assommano all’impoverimento progressivo subito nei decenni precedenti.
La ripresa del lavoro nelle industrie è difficoltosa anche a
causa dei notevoli danni subiti dalle infrastrutture: ferrovie,
ponti, strade, impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Nel primo anno di pace il livello produttivo
delle principali industrie non supera il 43% della potenzialità degli impianti, permettendo l’impiego solo del 55% della
forza lavoro utilizzabile in condizioni normali.
La disoccupazione è molto più elevata rispetto al vicino
Veneto e vede circa 55.000 disoccupati (su una popolazione
attiva di 348.600 persone). Alla fine del conflitto riprende
subito il flusso migratorio, specialmente verso Belgio, Svizzera, Francia e Austria. Secondo i dati ufficiali a metà 1946
risultano emigrati già 1.300 friulani, oltre 10.000 emigrano
nella prima metà del 1947, altrettanti nel 1948 e questi dati
non tengono conto della cospicua emigrazione clandestina,
in gravi condizioni di precarietà e sfruttamento.
Se la situazione dei disoccupati è gravissima, neppure per
coloro che hanno un’occupazione nell’industria e nei servizi
le condizioni di vita sono facili a causa delle forti carenze
negli approvvigionamenti di generi razionati di prima necessità. All’inizio dell’inverno 1945 vi è una disponibilità di
farina per pane di 17.000 quintali contro un fabbisogno di
35.000, per la pasta e il riso si può contare solo su 1.077
quintali contro i 14.000 che sarebbero necessari, i grassi alimentari sono praticamente inesistenti (80 quintali contro un
fabbisogno di 1.560), la legna da ardere disponibile è meno
della metà di quella che sarebbe necessaria.
La disponibilità di beni aumenta progressivamente nei mesi
successivi, ma il forte divario tra prezzi e salari produce nel
giugno 1946 un sensibile deficit alimentare nelle stesse famiglie degli occupati. Secondo una stima effettuata dal settimanale comunista friulano “Lotta e lavoro” un operaio qualificato con moglie e due figli a carico riceve (nella migliore
delle ipotesi) un salario mensile di circa 9.000 lire, ma
dovrebbe spenderne 11.200 al mese solo per generi di prima
Udine, 2 maggio 1945
La folla in piazza Libertà
Udine, 25 aprile 1947
Secondo anniversario della Liberazione
Udine, 2 maggio 1945
Il sindaco del CLN Cosattini
parla agli udinesi in piazza Libertà
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necessità, luce, gas, affitto, trasporti, né molto migliore è la
situazione degli impiegati pubblici e privati.
L’insufficienza delle retribuzioni provoca numerose agitazioni, tra queste: scioperi al Cotonificio veneziano di Pordenone (in più occasioni), a Torviscosa (gennaio 1946), alla
SAFOP di Pordenone (marzo), tra aprile e luglio 1946
entrano in agitazione i telefonici, gli statali, i camerieri e
lavoratori d’albergo, i pensionati manifestano a Udine, i
disoccupati a Sacile ed Aviano...
La provincia di Udine è comunque prevalentemente rurale e
buona parte della popolazione è impiegata in agricoltura. La
proprietà fondiaria è però distribuita in modo molto diseguale: 150 famiglie controllano il 34% delle terre, mentre il
resto della proprietà risulta estremamente polverizzata e fornisce scarse risorse ai contadini. Su circa 385.000 persone
che dipendono dall’agricoltura buona parte appartengono a
famiglie proprietarie di modesti appezzamenti di terreno,
mezzadri o fittavoli, mentre solo 50.000 fanno capo a famiglie di braccianti e salariati.
L’apparato produttivo agricolo friulano, ad esclusione delle
poche aziende moderne, è stato sfruttato all’estremo durante
gli anni di guerra e paga lo scotto del permanere di condizioni di arretratezza e di carenza di mezzi tecnici, primi tra
tutti i fertilizzanti. La produzione è scarsa e buona parte di
essa dovrebbe essere conferita agli ammassi per far fronte al
fabbisogno alimentare della provincia, comprensibili quindi
le resistenze dei contadini che cercano di sottrarsi il più possibile alla consegna.
Nel dopoguerra vengono rimessi in discussione i patti agrari
imposti dal fascismo e si aprono le grandi vertenze dei mezzadri e dei braccianti. Anche in Friuli i mezzadri hanno visto
peggiorare nettamente le loro condizioni contrattuali
durante gli anni della dittatura. La vertenza, che vede
momenti significativi di agitazione nel Cervignanese, si trascina a lungo trovando parziale composizione con l’intervento del Governo (Lodo De Gasperi, 28 giugno 1946, poi
tradotto in legge nel maggio 1947). L’agitazione dei braccianti si sviluppa nella Bassa friulana, e in particolare alla
SAICI di Torviscosa, e vede tra i suoi momenti più significativi la partecipazione al grande sciopero del settembre 1947,
durato 12 giorni.
AMG e CLN
Alla fine del 1945 la provincia di Udine, a differenza del
resto dell’Italia del Nord, viene esclusa dal rientro a pieno
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titolo alla sovranità italiana e rimane sottoposta fino al settembre 1947 all’autorità del Governo Militare Alleato
(AMG). La misura è dovuta alla delicata situazione dei confini orientali, la cui delimitazione – a fronte delle rivendicazioni jugoslave - è demandata ai trattati di pace. L’AMG è
rappresentato da un Provincial Commissioner (il ten. colonnello inglese Bright) che esercita un’effettiva e costante
azione di controllo sulla situazione politica e amministrativa
locale. Le norme emanate dal Governo nazionale trovano
applicazione automatica nella provincia, salva la possibilità
per l’AMG di sospenderle o modificarle, in tutto o in parte.
Attraverso il Prefetto il Provincial Commissioner (detto
comunemente Governatore) esercita un costante controllo
sulle amministrazioni locali insediate all’atto della Liberazione, di conseguenza i CLN comunali vengono progressivamente esautorati, mentre il CLN provinciale rimane ancora
attivo come luogo di compensazione politica tra rappresentanti dei diversi partiti. Il dibattito politico trova espressione
nel quotidiano del CLN “Libertà”, che si pubblica fino al
luglio 1947 e che rimarrà l’unico quotidiano locale fino ad
un anno dopo la Liberazione.
L’unità dei partiti all’interno del CLN si incrina progressivamente dopo la Liberazione ed in particolare dopo la prima
tornata delle elezioni amministrative nel marzo aprile 1946;
dopo il referendum e le elezioni per l’Assemblea Costituente
(2 giugno 1946) i CLN vengono ufficialmente sciolti.
L’autonomismo friulano
L’idea di formare una regione friulana, comprendente le
attuali province di Udine e Pordenone e le altre terre lasciate
all’Italia dal trattato di pace, ha origine nell’immediato
dopoguerra. Nel luglio 1945 Tiziano Tessitori dà vita all’Associazione per l’autonomia regionale friulana che si propone
di raggiungere “L’autonomia regionale amministrativa”, e
che giunge a contare quasi mille iscritti prima della fine dell’anno. L’idea trova convinti sostenitori come Gianfranco
D’Aronco, Pier Paolo Pasolini, don Giuseppe Marchetti e
viene appoggiata dalla Società Filologica Friulana, dalla
Camera di commercio di Udine, dal quotidiano del CLN
“Libertà”, ma incontra anche diffuso scetticismo e opposizione all’interno dei partiti.
I maggiori dissensi si riscontrano nel Pordenonese (tradizionalmente più legato al Veneto) e in provincia di Gorizia
(dove forte è la preoccupazione per le rivendicazioni jugoslave). Anche a Trieste si sviluppa un dibattito sul quotidiano
“La Voce Libera”, particolarmente intenso nei primi tre mesi
del 1946, in cui si ipotizzano diversi scenari per il futuro
della Venezia Giulia, tra i quali la concessione di uno statuto
di autonomia e la possibilità di una unione con le province di
Gorizia e di Udine.
La Comunità Carnica
Il problema di creare un organo di autogoverno e di coordinamento dei comuni della Carnia si affaccia fin dai primi
giorni successivi alla Liberazione. Il dibattito si sviluppa sul
settimanale “Carnia” e poi sull’organo del CLN carnico
“Lavoro” ad opera soprattutto di Romano Marchetti e
Bruno Lepre e si riallaccia direttamente all’esperienza democratica di autogoverno della Repubblica partigiana della
Carnia e dell’Alto Friuli.
L’11 marzo 1946 si tiene a Tolmezzo una riunione dei sindaci
e dei presidenti dei CLN della Carnia, alla presenza del vice
prefetto e dello stesso Provincial Commissioner alleato, ai
quali vengono esposti i gravi problemi della zona, uscita
stremata dalle vicende belliche. Dopo una serie di riunioni
preparatorie, il 3 settembre 1946 i primi quindici comuni
approvano lo statuto della Comunità Carnica (un organismo
assolutamente innovativo considerando che le Comunità
Montane verranno istituite solo nel 1971). La costituzione
del consorzio viene formalmente approvata con decreto del
prefetto in data 27 maggio 1947 ed alla presidenza viene
chiamato pochi giorni dopo Michele Gortani.
(G.C. Bertuzzi, Friuli 1946 il primo anno di pace, Trieste,
IRSML, 1999, F. Fabbroni, Friuli 1945-1948 linee di interpretazione, in “Storia contemporanea in Friuli”, n. 7, 1976,
L. Banchig, La Regione Friuli-Venezia Giulia nel dibattito
costituzionale, in “Storia contemporanea in Friuli”, n. 33,
2002, S. Di Giusto, L’autonomismo friulano 1954-1964 in
IRSML FVG, Friuli e Venezia Giulia storia del ‘900, Gorizia,
Libreria editrice Goriziana, 1997)
Udine, 17 marzo 1946
Comizio dell’on. Scoccimarro
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La Consulta
Nazionale
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Convocata dal Governo di Ferruccio Parri, la Consulta
Nazionale fu un’assemblea che fece le veci del Parlamento
fino alle elezioni nazionali del 2 giugno 1946 quando vennero eletti i membri dell’Assemblea Costituente. La sua
prima riunione si tenne il 25 settembre 1945.
Composta da 430 membri di nomina governativa e divisa in
10 commissioni, aveva il compito di supportare il governo
con pareri in campo fiscale, di bilancio ed elettorale.
La Consulta ratificò, fra le altre, la legge che assegnava ad un
referendum popolare la decisione tra monarchia e repubblica,
votò la legge che introduceva nelle elezioni il metodo di votazione a suffragio universale, introdusse il sistema elettorale
proporzionale con un collegio unico nazionale per l’utilizzazione dei voti residui.
antifascismo più attivo: intrattiene contatti
clandestini con la principessa Maria José e
con l’ambasciatore tedesco Von Hassel, si
avvicina al gruppo liberal-socialista di Guido
Calogero, all’università di Padova collabora
con Concetto Marchesi, aderisce (nel luglio
1943) al Partito Liberale. Dopo l’8 settembre
1943 partecipa alla Resistenza e nella sua
casa romana si tengono le prime riunioni del
CLN centrale. Dopo la Liberazione è
membro della direzione del PLI, consultore
nazionale, presidente del Comitato giuliano
di Roma per gli esuli.
Il Friuli e la Venezia Giulia vennero rappresentati da Carlo
ANTONI (Trieste), Giovanni COSATTINI (Udine), Antonio
DE BERTI (Istria e Dalmazia), Cipriano FACCHINETTI
(Trieste), Luciano FANTONI (Udine), Luigi GASPAROTTO
(Udine), Mario LIZZERO (Udine), Fausto PECORARI
(Trieste), Mauro SCOCCIMARRO (Udine), Fermo SOLARI
(Udine).
Inoltre vennero nominati come appartenenti alla nostra regione
anche Giuseppe BETTIOL (Vicenza), Annibale GILARDONI
(Roma) e Ernesto PIETRIBONI (Belluno).
ANTONI Carlo
Senosecchia (Trieste), 15.8.1896 – Roma,
3.8.1959
Allo scoppio della prima guerra mondiale è
deciso sostenitore dell’intervento e fautore di
un irredentismo di ispirazione risorgimentale,
lontano dai toni esasperati del nazionalismo.
Volontario, viene insignito di medaglia di
bronzo al valor militare. Vicino alle posizioni
politico-filosofiche di Croce, alle quali
rimarrà fedele durante tutta la vita, si dedica
allo studio e all’insegnamento della filosofia.
Tra le sue opere: Il problema estetico (1924),
Dallo storicismo alla sociologia (1940), La
lotta contro la ragione (1942),
Considerazioni su Hegel e Marx (1946). La
guerra nazifascista lo spinge ad un
GASPAROTTO Luigi
Sacile, 31.5.1873 – Roccolo di Cantello
(Varese), 29.6.1954
Eletto nel 1913 deputato del Partito Radicale
nel collegio di Milano, partecipa come
ufficiale di fanteria alla prima guerra
mondiale, guadagnandosi tre medaglie
d’argento al valore. Viene rieletto deputato
nel 1919 e poi nel 1921 e ricopre la carica di
Ministro della Guerra nel primo governo
Bonomi (luglio 1921 – febbraio 1922). Alle
elezioni del 1924 si candida, con altre
personalità liberali, nel listone fascista. Dopo
il delitto Matteotti passa all’opposizione
costituzionale senza però partecipare
all’Aventino. Il 9 novembre 1926 con altri
FACCHINETTI Cipriano
Campobasso, 13.1.1889 – Roma, 17.2.1952
Aderisce giovanissimo al Partito
Repubblicano e, dedicatosi all’attività
giornalistica, diventa nel 1910 direttore de il
Cacciatore delle Alpi di Varese. Fervente
irredentista, sostiene attivamente i movimenti
indipendentisti delle popolazioni balcaniche
contro l’impero ottomano ma, contrario alle
avventure coloniali, si schiera nel 1912 contro
la campagna di Libia. Interventista allo
scoppio della prima guerra mondiale,
volontario, viene ferito gravemente in
combattimento con perdita dell’occhio destro
e lesioni del sinistro. Dopo Caporetto svolge
un’intensa attività di propaganda per
rinsaldare il fronte interno.
DE BERTI Antonio
Pago (Dalmazia), 7.9.1889 – Roma, 2.5.1952
Aderisce giovanissimo al movimento
mazziniano fondando a Pola il Fascio
giovanile istriano e già nell’agosto 1909 viene
processato per la sua opposizione al regime
asburgico. La sua intensa attività politicoculturale, la collaborazione ai periodici la
Fiamma e l’Emancipatore di Trieste gli
fruttano tre processi e tre condanne. Allo
scoppio della guerra viene richiamato alle
armi e tenta due volte inutilmente di
attraversare la frontiera per arruolarsi
nell’esercito italiano, internato riesce ad
evadere. Nel primo dopoguerra si avvicina
alle posizioni di Leonida Bissolati e fonda a
undici deputati vota contro le leggi
eccezionali fasciste. Durante gli anni della
dittatura vive in esilio e riprende l’attività
politica alla vigilia della caduta del fascismo.
È Ministro dell’Aeronautica nel secondo
governo Bonomi (dicembre 1944 – giugno
1945) ed in seguito Ministro dell’Assistenza
post-bellica e poi della Difesa
rispettivamente nel primo e terzo governo De
Gasperi. Fa parte della Consulta Nazionale
su designazione del Partito Democratico del
Lavoro e nelle liste dello stesso partito viene
eletto all’Assemblea Costituente, è poi
nominato senatore di diritto nel primo
Parlamento repubblicano.
Nel primo dopoguerra si oppone alle
rivendicazioni nazionaliste facendosi
sostenitore di una pace democratica.
Nel 1924 viene eletto deputato a Trieste,
si oppone al fascismo, partecipa attivamente
all’Aventino, viene dichiarato decaduto dal
mandato parlamentare nel novembre 1926.
Fuoriuscito in Francia è attivo nel movimento
antifascista. Il regime di Vichy lo consegna
all’Italia; in stato di detenzione fino
alla caduta del fascismo, espatria
dopo l’8 settembre 1943. Dopo la Liberazione
è designato dal Partito Repubblicano
nella Consulta Nazionale, eletto alla
Costituente e poi senatore di diritto
ricopre la carica di Ministro della Guerra
(poi della Difesa).
Pola il quotidiano l’Azione. Le elezioni del
1921 lo vedono eletto deputato nel Blocco
Nazionale ma ne esce ben presto diventando
fermo oppositore del fascismo. Durante gli
anni della dittatura si dedica all’attività
forense. Dopo la caduta di Mussolini viene
nominato commissario prefettizio di Pola.
Nell’agosto 1944 rifiuta la proposta di
rappresentare la minoranza italiana nella
Repubblica federale jugoslava. Imprigionato
dai nazisti viene rimesso in libertà alla fine
del conflitto. Dopo la guerra svolge una
frenetica attività in difesa dell’italianità
dell’Istria e della Venezia Giulia, è membro
della delegazione italiana alla conferenza di
pace e consultore nazionale.
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SOLARI Fermo
Prato Carnico, 22.9.1900 – Udine,
25.6.1988
Socialista negli anni giovanili, impresario
edile molto attivo in Friuli ed in Africa
Orientale durante gli anni della dittatura,
allo scoppio della seconda guerra mondiale
si dedica interamente all’attività cospirativa
antifascista e nel 1942 è tra i fondatori del
Partito d’Azione. Dopo l’armistizio è tra i
primi a salire in montagna dando vita il 12
settembre 1943 alla prima formazione
Giustizia e Libertà di cui diviene
commissario politico (nome di battaglia
Somma), nell’ottobre 1943 entra nel
Comitato militare veneto e nel CLN
PECORARI Fausto
Trieste, 18.12.1902 – 27.10.1966
Medico, nel 1935 assume funzioni direttive
nell’Azione Cattolica diocesana a Trieste. La
caduta del fascismo lo vede tra i fondatori
della DC triestina e membro del CLN
Giuliano. Arrestato dai nazisti viene
deportato l’8 settembre 1944 nel campo
di concentramento di Buchenwald, dove
partecipa alla creazione di un comitato
di solidarietà clandestina tra gli internati,
rientra a Trieste il 29 giugno 1945.
Nominato consultore nazionale ed in seguito
LIZZERO Mario
Mortegliano, 28.6.1913 – Udine, 11.12.1994
Aderisce giovanissimo all’organizzazione
comunista clandestina nel novembre 1928,
svolgendo un’intensa attività cospirativa. Nel
1933 è arrestato, deferito al Tribunale Speciale
e condannato a sei anni di reclusione. Dopo la
scarcerazione, nonostante il controllo a cui è
sottoposto, riprende l’attività politica
clandestina. Nel 1942 prende contatto con
la Resistenza slovena che già opera nell’alto
Isonzo, arrestato nel maggio 1943 e rilasciato
dopo la caduta del fascismo nell’estate del
1943 organizza le prime formazioni partigiane
in Friuli. Con il nome di battaglia di Andrea
(o Andrea Lima) svolge un’intensissima
regionale. Braccato dalla polizia nel marzo
1944 si trasferisce a Milano dove svolge
importanti incarichi e in novembre diventa
vicecomandante del CVL, incarico che
mantiene fino alla Liberazione. Nel marzo
1945 viene arrestato ma riesce ad evadere.
Nel dopoguerra dopo aver fatto parte della
Consulta Nazionale, torna all’attività
imprenditoriale fondando una florida
azienda elettromeccanica di orologi.
L’attività politica non viene però
abbandonata: dopo lo scioglimento del
Partito d’Azione milita nel PSI e nel 1958
viene eletto senatore.
eletto per la DC alla Costituente nel Collegio
unico nazionale si prodiga in ogni modo per
preservare l’italianità di Trieste, della
Venezia Giulia e di Zara, si fa promotore
all’Assemblea Costituente di un
raggruppamento parlamentare pro Trieste
entrando anche in conflitto, per le sue
posizioni irredentiste, con il proprio partito,
è attivo nell’assistenza ai profughi giuliani.
Non rieletto in Parlamento nel 1948,
prosegue la propria battaglia politica
a Trieste dove, nel 1958, viene eletto
consigliere comunale.
attività organizzativa, militare e politica: è
commissario politico della prima brigata
Garibaldi Friuli (la prima in Italia), dà un
contributo rilevante alla costituzione della
Zona libera della Carnia, propugna
l’unificazione dei comandi delle formazioni
Garibaldi e Osoppo, mantiene i contatti con
la Resistenza Jugoslava. Dopo la Liberazione
ricopre diversi incarichi nel PCI, è nominato
consultore nazionale, sostiene l’istituzione
della regione autonoma, è eletto deputato nel
1963, 1968 e 1972. Nel 1970 è tra i fondatori
dell’Istituto Friulano per la storia del
movimento di Liberazione ed in seguito
dell’Istituto Gramsci regionale e del Centro
di documentazione “L. Gasparini”.
* Fanno parte della Consulta anche Giovanni Cosattini, Luciano Fantoni e Mauro Scoccimarro
le cui foto appaiono tra i membri dell’Assemblea Costituente.
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Elezioni
amministrative,
Referendum
e Costituente
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Nel 1946, dopo la lunga parentesi della dittatura, gli italiani
sono chiamati alle urne per esprimere democraticamente il
proprio voto; per la prima volta votano anche le donne. In
Friuli-Venezia Giulia non partecipano alle diverse tornate
elettorali i centri del Goriziano e l’area di Trieste, in quanto i
confini orientali non sono ancora definiti. La provincia di
Udine (che all’epoca comprende anche Pordenone) è presente
con tutti i comuni compresi nei confini provinciali del 1927.
Le elezioni amministrative si svolgono in tre fasi: un primo
gruppo di 66 comuni (tra cui Udine e Pordenone) vota tra
marzo e aprile, altri 96 comuni vanno alle urne tra ottobre e
novembre, mentre gli ultimi 20 devono aspettare il giugnoluglio 1947 per eleggere le proprie amministrazioni.
Il Referendum istituzionale
Il 2 giugno 1946 si tengono contemporaneamente il Referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente.
Gli elettori friulani danno nel loro complesso una netta maggioranza alla Repubblica con 265.434 voti (63,3%) contro i
153.760 voti (36,7%) raccolti dalla Monarchia.
Il dato è superiore alla media nazionale che vede la Repubblica raccogliere il 54,3% dei consensi (12.718.641 voti)
contro il 45,7% della Monarchia (10.718.502 voti) ed è in
linea con il voto espresso dalle regioni settentrionali.
L’Assemblea Costituente
Per le elezioni dell’Assemblea Costituente la provincia di Udine
è unita a quella di Belluno in un unico Collegio elettorale. Vengono presentate sei liste, ma solo tre partiti ottengono seggi: sei
la Democrazia Cristiana con Guglielmo SCHIRATTI, Giuseppe BETTIOL a cui subentra Michele GORTANI, Tiziano
TESSITORI, Luciano FANTONI e Giuseppe GARLATO (più
Manlio PAT BORTOLO per Belluno); quattro il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria con Giovanni COSATTINI,
Gino PIERI ed Ernesto PIEMONTE (più Oberdan VIGNA per
Belluno); uno il Partito Comunista Italiano con Mauro SCOCCIMARRO (che opta per il Collegio Unico Nazionale) a cui
subentra Giacomo PELLEGRINI.
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BETTIOL Giuseppe
Cervignano del Friuli, 26.9.1907 – Padova,
29.5.1982
Docente universitario di diritto penale,
autore di numerosi saggi giuridici, tra i quali:
l’Efficacia della consuetudine nel diritto
penale (1931), l’Ordine dell’autorità nel
diritto penale (1934), Diritto penale (1950
poi più volte riedito e aggiornato), Aspetti
politici del diritto penale contemporaneo
(1953). È tra i fondatori delle Università
di Mogadiscio e dell’Asmara. Nel 1945 è
nominato nella Consulta Nazionale e poi
fianco mentre alla Camera denuncia le
violenze e i brogli fascisti nelle elezioni del
1924 (a lui Matteotti avrebbe detto dopo il
discorso “ed ora preparate il mio elogio
funebre”), partecipa alla secessione
dell’Aventino e il 9 novembre 1926 il
fascismo decreta la sua decadenza da
deputato. Lo stesso anno la sua casa e il
suo studio vengono incendiati e devastati.
Durante la Resistenza rappresenta il Partito
Socialista nel CLN di Udine fino all’aprile
1945, i figli Luigi (morto a Buchenwald) e
Alberto partecipano attivamente alla lotta
clandestina. Dopo la Liberazione è sindaco
di Udine per incarico del CLN, membro
della commissione Affari Esteri della
Consulta Nazionale, deputato alla
Costituente e senatore.
eletto alla Costituente nelle liste della DC,
rieletto deputato nelle successive legislature
e senatore dal 1968. Ministro della Pubblica
Istruzione durante il breve ottavo governo
De Gasperi (luglio 1953) e Ministro per
i rapporti con il Parlamento nel secondo
governo Segni (febbraio 1959-febbraio
1960).
GORTANI Michele
Lugo (Spagna), 16.1.1883 – Tolmezzo,
24.1.1966
Geologo e naturalista, docente in diverse
università italiane, accademico dei Lincei,
svolge una notevole attività scientifica
documentata da oltre 250 pubblicazioni nei
campi della geodinamica, idrologia
superficiale e sotterranea, geomorfologia,
geografia fisica, geologia applicata,
speleologia; in suo onore una famiglia di
fossili ha il nome di Gortanella. Fonda
l’Istituto italiano di speleologia e il Museo
delle arti e delle tradizioni popolari di
Tolmezzo. In campo politico viene eletto
GARLATO Giuseppe
S. Vito al Tagliamento, 22.12.1896 –
Palestrina (Roma), 1988 ?
Partecipa alla prima guerra mondiale come
ufficiale di artiglieria e ottiene il grado di
colonnello di complemento. Laureato in
ingegneria civile si occupa in particolare dei
problemi relativi all’irrigazione e alla
bonifica delle terre friulane. Negli anni della
dittatura opera nelle file dell’Azione
Cattolica, dove ricopre responsabilità
direttive. Dopo la caduta del fascismo
partecipa attivamente al movimento
deputato nel collegio di Tolmezzo nel 1913
con un programma liberale democratico;
volontario nella prima guerra mondiale,
dopo Caporetto dedica buona parte delle sue
energie all’assistenza ai profughi. Nel 1919 si
ricandida nelle liste dei combattenti ma non
viene rieletto nonostante le numerose
preferenze ottenute, stessa sorte alle elezioni
del 1921 quando si ricandida in una
eterogenea coalizione liberale. Nel 1946
viene eletto all’Assemblea Costituente nelle
liste della DC e nel 1948 al Senato per lo
stesso partito, è tra i fondatori della
Comunità Carnica (ora Comunità montana).
clandestino. Con la Liberazione è vice
sindaco di Pordenone nell’amministrazione
del CLN e dopo le elezioni amministrative
del 1946 diventa sindaco per la DC (carica
che mantiene fino al 1956), eletto
all’Assemblea Costituente è poi rieletto
deputato nel 1948 e nel 1953, senatore nel
1958 e nel 1963, membro del Parlamento
Europeo nel 1960. Ricopre la carica di
Sottosegretario all’Agricoltura, ai Trasporti
ed alle Partecipazioni statali in diversi
governi.
COSATTINI Giovanni
Cittaducale (Rieti), 5.1.1878 – Udine,
2.8.1954
Avvocato, aderisce al PSI nel 1899,
chiamato alle armi come ufficiale di
complemento viene degradato per la sua
fede socialista. Vicino alle posizioni di
Turati è tra i più attivi organizzatori del
socialismo friulano, nel 1906 viene eletto
membro della direzione del PSI. Nel 1912
prende posizione contro la guerra di Libia
e, in seguito, contro l’intervento italiano
nel primo conflitto mondiale. Richiamato
alle armi torna ad Udine dopo la guerra.
Eletto deputato nel 1919 rappresenta il
Friuli per tre legislature. Dopo le scissioni
del 1921 e 1922 aderisce al PSU, intimo
amico di Giacomo MatteottiÈsiede al
all’Aventino e, continuamente sottoposto alle
vessazioni fasciste, viene dichiarato decaduto
dal mandato parlamentare nel 1926. Negli
anni della dittatura non si compromette col
regime e nel 1943 entra a far parte, in
rappresentanza della DC, del CLN della
zona di Gemona. Dopo la Liberazione è
sindaco di Gemona (fino al 1963), membro
della Consulta Nazionale, deputato alla
Costituente, senatore di diritto dal 1948 al
1953.
lotta antifranchista. Nel 1939 è arrestato in
Italia, dove è rientrato clandestinamente con
il compito di contribuire all’intensificazione
dell’attività cospirativa, e condannato a venti
anni di reclusione. Liberato nell’agosto 1943
è chiamato a Roma dove lavora nella
segreteria del partito fino a maggio 1945.
Eletto alla Costituente, nel 1948 è senatore
di diritto. Viene rieletto senatore nel 1953
e nel 1958, nel 1964 è consigliere regionale,
incarico che ricopre anche nella legislatura
successiva.
FANTONI Luciano
Gemona del Friuli, 23.12.1881 – 19.6.1967
Avvocato, attivo nel movimento cattolico
friulano, allo scoppio della prima guerra
mondiale è sindaco di Gemona e rimane al
suo posto anche durante il difficile periodo
dell’occupazione austriaca. Nel primo
dopoguerra è tra i principali esponenti del
Partito Popolare in Friuli e viene eletto nel
1919 alla Camera, dove si prodiga per la
ricostruzione del Friuli devastato dal
conflitto. È rieletto deputato nel 1921 e nel
1924. Dopo il delitto Matteotti partecipa
PELLEGRINI Giacomo
Osoppo, 12.8.1901 – Udine, 28.8.1980
Aderisce al Partito Comunista fin dal giugno
1921, svolgendo importanti incarichi in
provincia di Udine, nel 1926 è delegato al
congresso di Lione. Lo stesso anno viene
arrestato e deferito al Tribunale Speciale che
lo condanna a otto anni e sei mesi di
detenzione per la sua intensa attività
propagandistica e organizzativa clandestina.
Liberato nel 1932 per amnistia, espatria e
prosegue all’estero la propria attività. È in
Spagna dal 1936 al 1938 partecipando alla
I padri costituenti del Friuli
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PIEMONTE Giuseppe Ernesto
Canelli (Asti), 28.4.1878 – Udine 17.2.1960
Laureato in scienze agrarie entra nelle file
socialiste negli ultimi anni dell’Ottocento;
inviato in Friuli nel 1903 dalla Società
Umanitaria di Milano diventa uno degli
elementi di punta del socialismo udinese:
collabora attivamente al Segretariato
dell’emigrazione, al periodico il Lavoratore
friulano, alla fondazione della Cooperativa
carnica. Nel primo dopoguerra è eletto
deputato nel 1919 e al congresso di Livorno
del 1921 è incaricato di tenere la relazione
28 aprile 1945 a fungere da intermediario
con i partigiani friulani. Dopo la Liberazione
viene eletto all’Assemblea Costituente nelle
liste del Partito Socialista.
sulla questione agraria. In quello stesso anno
viene rieletto alla Camera e, dopo la
scissione socialista, aderisce al PSU. Le
persecuzioni fasciste lo costringono ad
espatriare a Parigi, dove rimane fino al 1945
militando nelle file del socialismo riformista,
della Concentrazione antifascista, della
LIDU. Nel dicembre 1945 rientra a Udine
dove ricopre la carica di segretario
provinciale del PSIUP, eletto all’Assemblea
Costituente è in seguito senatore di diritto
nella prima legislatura. Nel 1947, in seguito
alla scissione del PSI aderisce al PSDI.
SCOCCIMARRO Mauro
Udine, 30.10.1895 - Roma, 2.1.1972
Volontario nella prima guerra mondiale,
viene ferito e decorato. Nel 1917 aderisce al
PSI e, dopo il congedo nel 1919, ricopre
importanti incarichi nella federazione di
Udine. Dopo il congresso di Livorno (1921)
aderisce al PCd’I, che, negli anni successivi,
rappresenterà in numerose riunioni e
congressi internazionali; entra a far parte del
comitato centrale e poi dell’ufficio di
segreteria del partito. Arrestato a Milano nel
1926 dalla polizia fascista trascorre quasi 17
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PIERI Gino
Anagni (Frosinone), 17.11.1881 – Roma,
20.6.1952
Partecipa come volontario alla prima guerra
mondiale. Medico chirurgo, primario
all’Ospedale di Udine dal 1934, dopo
l’occupazione tedesca offre un prezioso
contributo alla Resistenza nel curare i feriti,
formare a distanza personale infermieristico
per aiutare sul posto i malati alla macchia,
inviare medici nelle formazioni partigiane.
Arrestato dai tedeschi nel marzo 1945 e
tradotto nelle carceri udinesi è chiamato il
DC friulana. Eletto alla Costituente, viene
rieletto alla Camera nel 1948, 1953 e 1958
e ricopre la carica di Sottosegretario al
Tesoro (febbraio 1959 – luglio 1960).
Abbandonata la politica attiva nel 1963
si dedica prevalentemente all’attività
industriale e finanziaria amministrando
o presiedendo importanti società come
l’Arsenale triestino, la Pertusola, il
Mediocredito, la SAFAU.
TESSITORI Tiziano
Sedegliano, 13.1.1895 – Udine, 19.4.1973
Combatte nella prima guerra mondiale come
ufficiale di fanteria. Nel 1919 aderisce al
Partito Popolare diventando uno dei
principali organizzatori del movimento
cattolico in Friuli; è attivissimo in particolare
nella costituzione delle leghe bianche
contadine. Nel 1921 viene eletto deputato ma
l’anno successivo la Camera annulla
l’elezione per mancanza dei requisiti di età.
Più volte aggredito dai fascisti per la sua
attività politica e sindacale si laurea nel
frattempo in giurisprudenza e all’avvento
della dittatura si dedica esclusivamente
all’attività forense. Dopo la Liberazione si
iscrive alla DC e viene eletto all’Assemblea
SCHIRATTI Guglielmo
Maiano, 7.8.1901 – Udine, 15.11.1973
Aderisce giovanissimo al Partito Popolare
impegnandosi nell’attività organizzativa
e propagandistica. Dal 1923 al 1929 è
presidente diocesano della Gioventù
Cattolica e dal 1924 al 1926 membro del
consiglio della FUCI e Laureati cattolici.
Negli anni della dittatura si dedica
all’attività forense. Nel 1941 è fra i
promotori del comitato udinese di agitazione
antifascista e successivamente pertecipa alla
lotta clandestina e alla organizzazione della
Costituente e poi ininterrottamente al Senato
nelle legislature successive. Svolge un ruolo di
primo piano nella definizione dello Statuto
speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia,
ricopre diversi incarichi di governo, tra i
quali quello di Ministro per la Riforma della
Pubblica Amministrazione. Presidente per
quasi un decennio (1953-1963) della Società
Filologica Friulana, si dedica alla ricerca
storica senza escludere la pubblicazione di
opere a metà strada tra la saggistica e la
narrativa. Tra le sue opere: Storia del
movimento cattolico in Friuli 1858-1917
(1964), Fiuli 1866: uomini e problemi
(1966), San Paolo (1969), Storia del Partito
Popolare in Friuli 1919-1925 (1972).
anni tra carcere e confino. Dopo la caduta
del fascismo e l’occupazione tedesca
rappresenta il PCI nel CLN centrale. Ricopre
l’incarico di Ministro per l’Italia occupata
nel governo Bonomi ( dicembre 1944giugno 1945) e poi di Ministro alle Finanze
nel governo Parri e nel primo e secondo
governo De Gasperi (agosto 1945-gennaio
1947). Consultore nazionale, eletto alla
Costituente, senatore di diritto nella prima
legislatura, è rieletto al Senato nelle
successive legislature.
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La Regione
Autonoma
Friuli Venezia Giulia
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Il 18 dicembre 1946 fu la seconda Sottocommissione dell’Assemblea Costituente a compiere il primo decisivo passo per la
nascita della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia,
approvando la sua istituzione con 17 voti favorevoli e 10
contrari.
La deliberazione di aggiungere il Friuli e le terre della Venezia Giulia destinate a rimanere all’Italia all’elenco delle quattro regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta
e Trentino-Alto Adige) si basò su varie argomentazioni di
natura politica ed economica: il Friuli era terra di confine
direttamente coinvolta dal Trattato di Pace, ed aveva l’autosufficienza finanziaria o certamente la avrebbe raggiunta; il
carattere linguistico e ‘somatico’ dei friulani; la regione autonoma avrebbe permesso di unire saldamente all’Italia quella
parte della Venezia Giulia che col Trattato di Pace sarebbe
rimasta all’Italia; l’autonomia avrebbe potuto favorire la
ripresa morale e materiale anche delle popolazioni più indigenti e meno progredite e avrebbe potuto dar luogo ad una
notevole intensificazione dei rapporti economici con i paesi
vicini; ultimo argomento fu che era una zona mistilingue.
Vivacissime furono le reazioni in Friuli per la decisione della
seconda Sottocommissione, a Udine estremamente favorevoli, a Gorizia e soprattutto a Pordenone fortemente contrarie, i primi preoccupati di essere fagocitati da un Friuli
numericamente ed economicamente predominante, i secondi
preferendo legarsi ad una grande regione veneta e diventare
provincia.
Nel frattempo nasceva a Udine il Movimento Popolare Friulano (MPF) per l’autonomia regionale. Il manifesto costitutivo diceva che il riconoscimento della Regione friulana era il
coronamento dell’impegno dei friulani, ma che ora, quando
la proposta sarebbe passata al vaglio dell’Assemblea Costituente, bisognava far sentire a Roma la voce unita del Friuli.
Aderirono al MPF la Democrazia Cristiana, il Partito Repubblicano, il Partito d’Azione, fu contrario il Partito Comunista, mentre il Partito Socialista lasciò libertà di scelta ai propri iscritti.
Il 1° febbraio 1947 la Commissione per la Costituzione (la
Commissione dei 75), che aveva il compito di vagliare gli
articoli stilati dalle Sottocommissioni, di fronte ad alcune
perplessità nate nel frattempo sospese, in attesa di approfon-
dimenti, la decisione presa dalla seconda Sottocommissione.
Negli interventi, in cui in quella seduta si fece menzione della
Regione Friuli-Venezia Giulia, si accennò allo storico autonomismo friulano, al carattere mistilingue della regione e al
ruolo di ponte verso i paesi limitrofi che la regione nel futuro
avrebbe potuto assolvere.
Comunque la riunione della Commissione si concluse, per
quanto riguarda l’istituzione della nostra regione, in maniera
interlocutoria con l’affermazione che “la Commissione si
riserva di decidere sull’aggiunta della Regione del Friuli-Venezia Giulia alle quattro cui è attribuita un’autonomia speciale”.
Nella seduta del 27 giugno 1947 l’Assemblea Costituente
approvò l’articolo 116 che inseriva la Regione Friuli-Venezia
Giulia fra quelle a statuto speciale. Prevalsero le scelte dei
leaders di alcuni grandi partiti, come Ruggero Grieco, Pecorari, Tessitori, Ruini, Fabbri, Scoccimarro e altri, sulla base
del criterio che le regioni mistilingui avrebbero dovuto avere
uno statuto speciale per la tutela delle minoranze.
Con il Trattato di Pace la città di Trieste non veniva restituita
all’Italia, per cui nella seduta del 30 ottobre 1947 si ripresentò il problema se fosse il caso di mantenere il Friuli-Venezia Giulia fra le regioni a Statuto speciale. Si raggiunse un
compromesso con la X norma transitoria finale, che venne
approvata e rimase valida fino al 21 gennaio 1963. Tale
norma diceva “Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui
all’articolo 116, si applicano provvisoriamente le norme
generali del Titolo V della parte seconda, fermo restando la
tutela delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6”.
Al momento sembrò che l’Assemblea avesse fatto sostanzialmente ritorno sui suoi passi e revocato l’autonomia speciale
del Friuli-Venezia Giulia.
Bisognerà aspettare il gennaio del 1963 quando, con l’approvazione dello Statuto con legge costituzionale, il Parlamento della Repubblica varò la costituzione della Regione
autonoma a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia.
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Si ringrazia:
Comune di Trieste
Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste
Questo fascicolo è stato curato dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione
Hanno collaborato:
Alberto Buvoli, Mario De Agostini e Flavio Fabbroni
Foto e documenti: archivio IFSML - Udine
Finito di stampare nel mese di novembre 2006
Printed in Italy