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S. Di Pietro et al. Large Animal Review 2012; 18: 299-304
Caratteristiche cliniche dell’occhio del bufalo
(Bubalus bubalis): valori di riferimento
299
N
O
S. DI PIETRO, M. PUGLIESE, A. PUGLIESE
Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Sezione di Medicina e Farmacologia,
Polo Universitario Annunziata, 98168 Messina
RIASSUNTO
Il bufalo è una specie animale di estrema importanza per l’economia di vari paesi stranieri e per alcune regioni italiane. Considerate le implicazioni di carattere sanitario, la possibilità di indagare le peculiarità cliniche dell’occhio di questi animali risulta di grande interesse. Obiettivo del lavoro è riportare le caratteristiche oculari morfo-funzionali ed il range fisiologico di
alcuni parametri quali Schirmer Tear Test (STT) e pressione intraoculare (IOP); è stato altresì analizzato l’assetto proteico lacrimale. Lo studio è stato condotto su 40 soggetti: 30 femmine adulte e 10 vitelli, suddivisi in 2 gruppi: il primo, sottoposto a
visita oftalmologica, ed il secondo su cui è stata eseguita la foresi proteica del fluido lacrimale. Gli occhi dei bufali sono caratterizzati da un’orbita cosiddetta chiusa; cornea e pupilla sono particolarmente ampie, con una distanza media tra canto mediale e laterale di 5,6 cm negli adulti e 4,3 cm nei vitelli. Sul margine superiore della pupilla si evidenziano i “corpora nigra”,
che hanno presumibilmente la funzione di “barriera” nei confronti dei raggi luminosi. STT e IOP hanno fornito, rispettivamente, i seguenti valori medi (± DS): 22,37 ± 5,44 mm/min e 20,12 ± 3,44 mm/Hg. Per questi dati non sono emerse differenze significative tra occhio dx e occhio sx, né tra soggetti di diversa età (p > 0,05). Relativamente all’elettroforesi lacrimale, è stata evidenziata una differenza statisticamente significativa tra soggetti di età diversa per le proteine lacrimali a migrazione rapida, addirittura assenti nei vitelli (p ≤ 0,01).
I risultati del presente studio si pongono come valori di riferimento relativi ai parametri oftalmici nella specie bufalina, la cui
conoscenza è molto importante per condurre una buona visita specialistica.
PAROLE CHIAVE
Occhio del bufalo; parametri oftalmici; caratteristiche oculari; elettroforesi proteica lacrimale.
INTRODUZIONE
Nell’ambito della medicina degli animali da reddito l’interesse per le affezioni oculari è piuttosto limitato e subordinato all’impatto economico, sebbene l’occhio con i suoi annessi possa rappresentare spesso un prezioso aiuto nella diagnosi di numerose patologie a carattere sistemico.
Nel corso degli ultimi decenni si è assistito ad un crescente
interesse da parte degli imprenditori zootecnici verso l’allevamento bufalino.
Diversi fattori quali l’aumento della richiesta di mercato dei
prodotti della trasformazione del latte di bufala, unito alla
rusticità di questo animale, ne hanno consentito una notevole espansione, soprattutto nei territori italiani del centrosud. In queste regioni l’allevamento del bufalo è diventato
una realtà sociale e commerciale molto importante, grazie alla produzione di “mozzarella”, formaggio fresco a denominazione d’origine protetta1.
Fino a qualche anno fa, le conoscenze scientifiche su questa
specie animale derivavano da ricerche condotte in gran parte in paesi stranieri (Africa, Asia, Brasile e India), ma è con
una certa prudenza che le conoscenze acquisite in questi paesi possono essere trasferite alla realtà italiana, considerato
che il bufalo mediterraneo, seppur simile costituzionalmen-
Autore per la corrispondenza:
Simona Di Pietro ([email protected]).
te alle razze orientali, è sottoposto a differenti condizioni
ambientali e di management aziendale2.
Nel tempo si sono sviluppati numerosi filoni di ricerca relativi a management aziendale, igiene, salute e produzioni di
questa specie animale, con centri di referenza presenti sul
territorio italiano3. Secondo l’ultimo censimento sull’agricoltura italiana, nonostante l’intero settore zootecnico abbia
subito la negativa influenza della forte concorrenza internazionale, delle regolamentazioni di mercato e delle periodiche
crisi dovute ad emergenze sanitarie, il settore bufalino registra un incremento sia di aziende allevatrici sia di capi allevati rispetto al 2000; il n° totale di capi bufalini nei territori
centro-meridionali ammonta a più di 250 mila, con un’elevata densità di popolazione animale per ettaro4. Il sistema di
allevamento in stabulazione ha permesso di monitorare lo
stato di salute degli animali e di rilevare più agevolmente
eventuali alterazioni patologiche a carico dei diversi organi
ed apparati, tra cui anche quello oculare, ai fini di un miglioramento del welfare individuale che si traduce in aumenti della produttività.
Obiettivo del presente lavoro è quello di riportare le caratteristiche morfo-funzionali dell’apparato oculare dei bufali,
considerato che per effettuare la valutazione clinica di un organo è fondamentale la conoscenza dei parametri fisiologici
specie-specifici. In riferimento al segmento esterno, è stato
altresì analizzato l’assetto proteico delle lacrime, il cui ruolo
difensivo contro eventuali patogeni presenti sulla superficie
oculare risulta di grande importanza ai fini della prevenzione di alcune malattie.
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Caratteristiche cliniche dell’occhio del bufalo (Bubalus bubalis): valori di riferimento
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto su 40 soggetti: 30 femmine di età
compresa tra 6 ed 11 anni e 10 vitelli, 5 femmine e 5 maschi,
di circa 2 mesi di età. Gli animali venivano allevati allo stato
semibrado, in ambiente confinato, presso un’azienda ubicata
nella provincia di Messina, con indirizzo produttivo di latte
destinato alla trasformazione. Al momento dell’esame tutti
gli animali, in buone condizioni di salute, non presentavano
alcun sintomo clinico oculare riferibile a patologie specifiche
d’organo né a lesioni secondarie a malattie sistemiche.
Gli animali sono stati suddivisi in 2 gruppi. Il primo gruppo,
costituito da n° 20 femmine adulte e n° 5 vitelli, è stato sottoposto a visita oftalmologica completa ed utilizzato per ottenere i valori di riferimento dei singoli parametri oculari
considerati; il secondo gruppo, formato da n° 10 femmine
adulte e n° 5 vitelli, è stato impiegato per analizzare, mediante elettroforesi, il contenuto proteico del fluido lacrimale. L’inserimento del singolo soggetto all’interno dei due
gruppi è avvenuto seguendo un metodo random.
Nel primo gruppo di animali, durante la visita oftalmologica, le indagini preliminari per valutare la posizione e la simmetria dei globi oculari, nonché gli annessi quali palpebre,
ciglia, membrana nittitante e congiuntiva sono state condotte in condizioni di luce naturale. Successivamente, gli animali sono stati trasferiti all’interno dei locali mungitura dove,
previo contenimento della testa dell’animale, sono stati rilevati i valori quantitativi della produzione lacrimale, mediante Schirmer Tear Test I, e della pressione intraoculare, tramite tonometria. Il test di Schirmer è stato effettuato utilizzando strisce di carta bibula commerciali (Schering-Plough Animal Health®, Union, NJ, USA), inserite nel fornice congiuntivale inferiore tra il terzo medio e il terzo laterale della rima
palpebrale e lasciate in situ per 60 secondi. Il grado di imbibizione della striscia, espresso in millimetri, è misurato sulla
base di una scala graduata posta su di essa.
La pressione intraoculare (IOP) è stata valutata attraverso un
tonometro per applanazione (Tonopen XL®, Mentor), previa
instillazione nel sacco congiuntivale di un collirio anestetico
- ossibuprocaina cloridrato allo 0,4% (Novesina® - Novartis
Farma). Lo strumento, calibrato all’inizio della sessione di lavoro e successivamente ogni mezz’ora, effettua un certo numero di registrazioni prima di indicare sul display la pressione intraoculare media e il suo coefficiente di variazione. Sono state registrate soltanto le letture con coefficiente di variazione inferiore al 5%. Le misurazioni inoltre sono state
eseguite in un arco di tempo compreso tra le ore 10:00 di
mattina e le 15:00 di pomeriggio.
L’esame oftalmologico è proseguito in ambiente semi-oscuro
valutando: reazione alla minaccia, riflesso all’abbagliamento e
riflesso fotomotore, diretto e consensuale; quindi si è proceduto all’ispezione strumentale del segmento anteriore: cornea, sclera, camera anteriore, iride e pupilla utilizzando transilluminatore di Finoff, oftalmoscopio diretto Heine e lampada a fessura Kowa; infine, dopo midriasi farmaco-indotta con
tropicamide allo 1% (Visumidriatic® - Visufarma), è stato
esaminato il cristallino ed il fondo oculare mediante oftalmoscopia diretta ed indiretta; le immagini del fondo oculare sono state ottenute tramite retinografo portatile Kowa.
Relativamente a secrezione lacrimale e pressione intraoculare, i valori ottenuti sono stati valutati statisticamente calcolando la media e la deviazione standard ed effettuando un’a-
nalisi mediante t-test, per individuare le differenze tra occhio
destro e sinistro e tra soggetti di diversa età.
Sono stati considerati significativi i valori per p < 0,05.
Sul secondo gruppo di bufali è stato effettuato il prelievo di
un’aliquota di lacrime: introdotti all’interno di un travaglio
e previa contenzione della testa, su ciascun soggetto sono stati raccolti circa 30 µl di lacrime da ciascun occhio, utilizzando una pipetta posta a livello del sacco congiuntivale ventrale, tangenzialmente alla mucosa stessa. Il campione, posto in
provette Eppendorf, è stato trasportato in ambiente refrigerato presso il laboratorio dove è stato eseguito l’esame spettrofotometrico, per valutarne il contenuto proteico medio e,
successivamente, l’indagine elettroforetica (FastRep Helena®) al fine di discriminare e quantificare le singole frazioni
proteiche contenute nel liquido lacrimale. La migrazione
anodica su piastra in gel d’agarosio, dopo colorazione della
striscia con blu di metilene, ha consentito di individuare le
proteine lacrimali sotto forma di bande a diversa intensità
cromatica, utilizzando come campione di riferimento il tracciato elettroforetico sierico degli stessi animali. È stata così
ottenuta la concentrazione media (± deviazione standard)
delle singole frazioni proteiche identificate sulla striscia,
espressa in percentuale sulla quantità totale di proteine contenute nel fluido lacrimale.
I dati quantitativi delle singole componenti proteiche sono
stati analizzati statisticamente attraverso la valutazione del t
test di Student, prendendo in esame le differenze tra soggetti
di età diversa e considerando statisticamente significativi i
valori per p < 0,05.
RISULTATI
Dalle valutazioni cliniche effettuate sui bufali appartenenti al
primo gruppo campione si evince che gli occhi di questi animali, posti lateralmente sul cranio, sono caratterizzati da
un’orbita completamente circondata dalle ossa lacrimale,
frontale, temporale e zigomatico (Foto 1).
Le palpebre sono costituite da cute sottile provvista di corti
peli, con il margine libero della palpebra superiore dotato di
ciglia lunghe e robuste, meno evidenti nella palpebra inferiore: la fessura palpebrale risulta particolarmente ampia,
con una distanza tra canto mediale e canto laterale compresa tra 5 e 6 cm negli adulti (media 5,6 cm) e tra 4 e 4,5 cm
nei vitelli (media 4,3 cm).
La congiuntiva palpebrale appare di colorito roseo mentre
quella bulbare, fatta eccezione per la zona perilimbare che
può presentarsi pigmentata, risulta traslucida lasciando intravedere i vasi sottostanti.
La cornea ha una forma ellittica con il diametro maggiore disposto in senso orizzontale (Foto 2).
Il test di Schirmer I ha fornito valori medi di 22,37 ± 5,44
(DS) mm/min, mentre il valore medio della tonometria intraoculare è stato di 20,12 ± 3,44 (DS) mm/Hg.
La valutazione statistica effettuata per secrezione lacrimale e
tonometria non ha messo in evidenza differenze statisticamente significative tra i valori di occhio destro e occhio sinistro, né tra soggetti di diversa età (p > 0,05).
Il riflesso fotomotore, diretto e consensuale, ha mostrato una
pronta reazione della pupilla, nell’ordine di pochi secondi.
L’esame strumentale del distretto anteriore dell’occhio ha
permesso di evidenziare una discreta profondità della came-
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Foto 1 - Occhi di bufalo.
Foto 2 - Segmento esterno.
ra anteriore e le peculiarità morfo-strutturali dell’iride. Questa appare in tutti i soggetti esaminati di colore nocciola-castano, con la zona pupillare solitamente più scura della zona
ciliare; presenta numerose pieghe sulla superficie anteriore,
con il grande circolo arterioso alla periferia ben sviluppato.
Il foro pupillare, in condizioni normali, risulta disposto orizzontalmente rispetto al piano sagittale dell’occhio, mentre
durante la miosi assume una forma “a manubrio” per la presenza, sul margine superiore della pupilla, di strutture globoidi conosciute con il termine di granula iridica o “corpora
nigra” (Foto 3).
A completamento della visita oculistica l’esplorazione del
fondo oculare, previa midriasi farmaco indotta ottenuta in
circa 20 minuti, ha permesso di osservare le strutture tipiche
della specie. La vascolarizzazione retinica è costituita dal circolo venoso posto al centro della papilla, dal quale si dipartono 3 o 4 vene primarie di grosso calibro e di colore rosso
scuro. Dalla periferia del disco ottico emergono altrettante
arterie di calibro minore e di colore più chiaro che, pur decorrendo parallelamente alla rete venosa, assumono una distribuzione più irregolare ed un decorso più tortuoso. La vena e l’arteria superiore si distinguono rispetto agli altri vasi
in quanto decorrono intrecciate; arteriole addizionali si irradiano dal disco ottico, provvedendo all’irrorazione dei diversi settori della retina. Lungo il decorso dei vasi di calibro
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Foto 3 - Aspetto clinico dell’iride di bufalo. Presenza dei corpora
nigra sul margine pupillare superiore.
maggiore si evidenziano anastomosi ad angolo retto, che
contribuiscono all’irrorazione sanguigna dei settori interni
della retina.
La zona tappetale, presente a livello dei quadranti dorsali,
mostra variazioni cromatiche che vanno dal giallo al blu, e
risulta uniformemente costellata da punti rossi ben evidenti,
rappresentanti un numero elevato di sottili capillari.
Nei soggetti da noi esaminati i quadranti retinici ventrali sono occupati dalla zona non tappetale, uniformemente pigmentata e di colore marrone scuro. A questo livello, in posizione eccentrica, si trova il disco ottico, di forma rotondeggiante e di colore giallo più o meno intenso, circondato da un
anello pigmentato completo che ne rende più netti i margini
rispetto al tessuto retinico circostante. Al centro del disco ottico in tutti i soggetti da noi esaminati è stata osservata una
zona di colorito biancastro, procidente nel vitreo, vestigia
dell’arteria ialoidea (Foto 4 e 5).
Relativamente alle valutazioni elettroforetiche eseguite sulle
lacrime prelevate dai soggetti del secondo gruppo, la migrazione su striscia in gel d’agarosio ha permesso di identificare
le diverse frazioni proteiche contenute nel fluido in esame. La
concentrazione media di ogni proteina lacrimale viene
espressa in percentuale sul valore proteico totale, che per tale specie animale è 7 g/dl.
La frazione albuminica lacrimale, di derivazione sierica, ha
una concentrazione media di 6,4 ± 4,36% (deviazione standard) e si presenta sulla striscia sotto forma di una banda
cromatica debolmente colorata a livello della parte anodica
della stessa. In prossimità dell’anodo si evidenziano bande,
in numero variabile da due a tre nei diversi soggetti, corrispondenti a proteine a basso peso molecolare e carica elettrica negativa, indicate come proteine acidiche a migrazione rapida (PMR); la concentrazione media di queste frazioni proteiche si attesta intorno a valori di 2,29 ± 2%. Tra queste viene individuata la frazione leggera della lattoferrina.
Tali frazioni proteiche risultano assenti nei tracciati lacrimali relativi ai soggetti giovani.
In prossimità del punto di semina del campione lacrimale è
presente un’ampia zona relativa alla migrazione delle globuline con una concentrazione media di 71,89 ± 6,86%.
All’estremità anodica della zona di migrazione delle globuline è possibile evidenziare una netta banda cromatica corrispondente alla frazione ad elevato peso molecolare della lat-
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Caratteristiche cliniche dell’occhio del bufalo (Bubalus bubalis): valori di riferimento
Foto 4 - Immagine oftalmoscopica del fundus di bufalo. Particolare della papilla ottica e della vascolarizzazione retinica.
Foto 5 - Fondo oculare di bufalo. Particolare della papilla ottica.
toferrina, con una concentrazione media di 1,88 ± 7,56%.
Nel tracciato elettroforetico lacrimale del bufalo non viene
messa in evidenza, in prossimità del polo catodico della striscia di gel, la banda riferibile al lisozima.
Dall’analisi statistica dei dati relativi alla foresi proteica è stata evidenziata una differenza altamente significativa tra soggetti di età diversa relativamente alle proteine a migrazione
rapida, che risultano addirittura assenti nei vitelli (p ≤ 0,01).
bufalo la pupilla è pressoché di forma ellittica con l’asse
maggiore disposto orizzontalmente, ma con un restringimento laddove sono presenti i corpora nigra. Gli stessi Autori riportano i dati relativi al diametro orizzontale e verticale dell’iride di bufali d’acqua asiatici, con valori medi (±
deviazione standard) di 12,83 (± 1,06) mm e 6,33 (± 0,34)
mm, rispettivamente.
I corpora nigra, proliferazioni tissutali sostenute dallo sfintere dell’iride e costituite da stroma irideo ed epitelio pigmentato, costituiscono una componente normale dell’occhio di
questi animali e hanno presumibilmente la funzione di ridurre la quantità di luce in entrata nell’occhio con una vera
e propria funzione di “barriera” nei confronti dei raggi luminosi; alcuni Autori attribuiscono a tali strutture, nella specie
equina, anche la capacità di produrre umore acqueo9.
È stato dimostrato che la forma, la dimensione e la sede di attacco dei corpora nigra a livello dei margini pupillari dell’iride sono parametri ampiamente variabili nei bufali asiatici,
con il 100% di localizzazione sul margine pupillare superiore e il 30% su quello inferiore8. Nel presente lavoro abbiamo
riscontrato, su un totale di 50 occhi esaminati (gruppo n. 1),
che i corpora nigra, localizzati esclusivamente a livello del
margine superiore della pupilla, mostrano un aspetto
uniformemente globoso.
Ancora, i nostri dati sono in accordo con quanti riferiscono
che le dimensioni del globo oculare del bufalo mediterraneo
aumentano significativamente con l’avanzare dell’età10. Dal
punto di vista comparativo, l’aspetto macroscopico delle singole strutture oculari risulta similare a quanto riportato per
la specie bovina a seguito di misurazioni biometriche ed ecografiche su animali vivi11 e su occhi enucleati12.
È importante rilevare che, nel corso delle nostre indagini,
non sono emerse eterocromie a carico del tessuto irideo, come invece riportato nel bufalo africano8, a testimonianza
della necessaria cautela nell’assumere come attendibili i risultati delle ricerche svolte su razze bufaline orientali, non allevate sul territorio italiano.
DISCUSSIONE
Il significato ontogenetico della posizione laterale dei globi
oculari è da ricercare nella necessità, per gli animali cosiddetti “erbivori da preda”, di avere una visione più ampia possibile per difendersi proprio dai predatori naturali; infatti,
questo ruminante presenta un campo visivo di circa 330° che
gli consente la visione dell’intero arco dell’orizzonte5. Di
contro, la zona visiva binoculare include un punto cieco dove le linee visive non possono convergere a causa del posizionamento laterale degli occhi.
L’ottica “panoramica”, prettamente monoculare e fondamentale nella percezione tempestiva di eventuali predatori, va a
scapito della visione stereoscopica che, con la sovrapposizione dei due campi visivi, permette una migliore valutazione
degli spazi e delle profondità.
Al raggiungimento di un così vasto campo visivo concorrono non soltanto la fessura palpebrale e la cornea particolarmente ampie (lunghezza fessura palpebrale: 5,6 cm negli
adulti e 4,3 cm nei vitelli), ma anche la pupilla, grande e sviluppata orizzontalmente, che permette una visuale più ampia in senso orizzontale, quindi con una visione laterale più
pronunciata rispetto all’occhio umano6.
La forma della pupilla varia nelle diverse specie animali. Gli
erbivori, in generale, presentano una pupilla ovale disposta
in senso orizzontale7. I risultati del presente lavoro sono in
accordo con quanto riferito da Misk et al.8, secondo cui nel
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La scelta operativa di effettuare le misurazioni dei parametri
diagnostici oculari relativi alla produzione lacrimale e alla
pressione intraoculare in un arco di tempo prestabilito si
fonda sulla necessità di eliminare la variabilità di tali parametri, legata ad un ritmo circadiano di tipo fisiologico, presente nelle diverse specie animali.
È stato dimostrato, infatti, in numerose ricerche che la IOP
presenta un ritmo circadiano correlato al fotoperiodo e che
la fase e l’ampiezza di tali ritmi differiscono tra le diverse
specie animali; è stato, altresì, riportato che nel cane e nel cavallo, in condizioni naturali, i valori di STT risultano più alti nel tardo pomeriggio e più bassi alle ore 8:00 di mattina13.
Dall’analisi dei protidogrammi lacrimali effettuati nel secondo gruppo di animali si evince che il pattern proteico lacrimale del bufalo presenta delle differenze significative in relazione all’età.
In particolare, nei vitelli non sono state individuate le bande
cromatiche corrispondenti alle proteine a migrazione rapida.
In accordo con i dati bibliografici, l’assenza di tali frazioni
potrebbe essere spiegata con una comparsa tardiva di tali sostanze a livello del secreto lacrimale. Alla nascita le lacrime
contengono quasi esclusivamente proteine sieriche e soltanto in seguito compaiono le proteine secrete dalle ghiandole
lacrimali14. Questo fenomeno potrebbe comportare una aumentata sensibilità del segmento oculare esterno dei vitelli
rispetto agli adulti.
La concentrazione elevata della lattoferrina testimonia, presumibilmente, l’importanza di tale molecola nella protezione aspecifica della superficie oculare in questi animali, con
una intensa azione batteriostatica e battericida.
Il mancato riscontro sul tracciato elettroforetico di lisozima,
lascia presagire un’azione protettiva vicariante della lattoferrina, supportata da altre sostanze proteiche presenti nel fluido lacrimale, non discriminate singolarmente dalla metodica impiegata in questo studio, quali transferrina, ceruloplasmina, α1-antitripsina, α1-amilasi e α2-macroglobulina, che
conferiscono all’occhio un’ulteriore attività difensiva di tipo
non immunitario, attraverso meccanismi enzimatici o di deplezione di ioni metallici15.
CONCLUSIONI
Stabilire la variabilità dei parametri oftalmici all’interno di
una determinata specie rappresenta una conditio sine qua
non per condurre una buona visita specialistica.
In particolare, per parametri oftalmici quali STT e IOP esiste
una notevole variabilità interspecifica e, di conseguenza, non
è possibile trasferire quanto conosciuto per le specie animali
più studiate ad altre meno indagate.
Ancora, è importante sottolineare come alcune affezioni
oculari che si accompagnano a variazioni nella concentrazione proteica lacrimale, si traducono in modificazioni del
tracciato elettroforetico con incremento, diminuzione o
scomparsa di una o più bande proteiche. La standardizzazione di mappe proteiche lacrimali riproducibili potrebbe consentire di individuare processi patologici a carico del segmento oculare esterno ed effettuare studi patogenetici di alcune entità nosologiche oculari che prevedono nel loro determinismo variazioni quali-quantitative del pool proteico
lacrimale. In tal modo, in ambito clinico, l’esecuzione di protidogrammi lacrimali potrebbe diventare un valido ausilio
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nella diagnosi precoce, nella prognosi e nel follow-up terapeutico delle lesioni del segmento oculare esterno.
I risultati del presente studio si pongono, quindi, come valori di riferimento relativi ai parametri oftalmici nella specie
bufalina. Tali conoscenze risultano fondamentali per i medici veterinari aziendali che si occupano di questi ruminanti, al
fine di esprimere un giudizio clinico appropriato inerente a
patologie d’organo o sistemiche.
❚ Clinical features of normal
buffalo eye (Bubalus bubalis):
reference ranges
SUMMARY
Introduction - The water buffalo (Bubalus bubalis) is a ruminant species important in the economy of several countries, including Brazil, China, India, Vietnam and some regions of central and southern Italy. Considering the health
implications and the economic potential of water buffaloes,
the issue of investigating the clinical characteristics of buffalo eye is of considerable relevance.
Aim - The aim of this study is to report the morphological and
functional features of buffalo eye, in order to know the clinical
aspect of the ocular structures and the normal range of ocular
parameters, such as Schirmer tear test and intraocular pressure. The electrophoresis of tear protein also was investigated.
Materials and methods - The study was conducted on 40
subjects: 30 females aged between 6 and 11 years and 10 calves, 5 females and 5 males, approximately 2 months of age.
At the examination all the animals in good health showed no
clinical symptoms referable to eye disease or a specific organ
injury secondary to systemic diseases. The animals were divided into 2 groups: the first consisting of 20 adult females
and 5 calves was subjected to ophthalmological examination;
on the second consisting of 10 adult females and 5 calve was
performed electrophoresis of the tear fluid.
Results - The buffaloes globes are positioned laterally within
their skull; the cornea and the pupil are very large, with a
mean distance between the medial and lateral canthus of 5.6
cm in adult buffaloes and 4.3 cm in calves. The superior pupil
edge is equipped with some uveal structures called “corpora
nigra”. Schirmer tear test provided these mean values: 22.37 ±
5.44 (SD) mm/min; the IOP (intraocular pressure) evaluation
provided these mean values: 20.12 ± 3.44 mm/Hg (SD).
Discussion - The buffalo cornea is broader than it is high,
which enhances their lateral view of the world. To further increase their panoramic view of the world, buffalo’s globes are
positioned laterally and their pupil is horizontally elongated.
Corpora nigra located on the upper pupillary margin, likely
have the function of “barrier” of solar radiation. The statistical evaluation of STT and IOP values showed no significant
differences between the right eye and left eye, or between
subjects of different ages (p > 0.05). Statistical analysis of data on tear protein electrophoresis was shown a highly significant difference between subjects of different ages on protein migrated rapidly (PMR), which are even absent in
young subjects (p ≤ 0.01).
Conclusions - The results of this study are presented as reference values for the ophthalmic parameters in the buffalo
species; to determine their variability within a given species
is very important to carry out a specialist examination.
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Caratteristiche cliniche dell’occhio del bufalo (Bubalus bubalis): valori di riferimento
KEY WORDS
Buffalo eye; ophthalmic parameters; ocular normal features;
tear protein electrophoresis.
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