F. MARINI BALESTRA, Manuale di diritto europeo e

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F. MARINI BALESTRA, Manuale di diritto europeo e
F. MARINI BALESTRA, Manuale di diritto europeo e nazionale delle
comunicazioni elettroniche, Padova, Cedam, 20162.
Prefazione
La regolazione delle comunicazioni elettroniche è una spinta alla crescita
economica: promuove la concorrenza in modo angolare, inducendola a conseguire
obiettivi più ambiziosi – che trascendono la mera dimensione economica
Eccone, dunque, la perdurante centralità.
Partiamo dalle tematiche generali, quelle che più sono in grado di arricchire il
dibattito culturale e scientifico. Anche perché sono convinto che, oggi, il Paese abbia
bisogno più che mai di cultura. Prima che di tante altre cose, di cui si dibatte talvolta
futilmente.
Ecco, allora, il primo interrogativo, generale e sistematico.
Vi sono interessi politici nella regolazione? La regolazione si fa, in altri termini,
politica? I due piani devono essere nettamente distinti. Sono convinto che la politica
industriale debba essere rimessa al Governo.
Vi è, però, un però (mi si perdonerà la figura retorica).
Che è questo. Un’autorità indipendente, preposta alla regolazione settoriale, deve
dare segnali chiari. Mentre il Governo compie scelte generali e le attua ad ampio raggio,
con margini di apprezzamento vasti, un’autorità indipendente è più circoscritta. Non
solo dai confini del settore. Ma anche dalle proprie conoscenze tecniche. Perché queste
conoscenze, per la loro natura intrinseca, la fanno muovere in un orizzonte determinato:
ed è proprio la maggiore determinatezza che consente al regolatore di solcare più
profondamente il terreno (ogni riferimento agli scavi per la fibra è puramente casuale…).
Sondando in profondità la sua conformazione, i suoi strati geologici (per richiamare
J.H.H. Weiler e il diritto internazionale), attraverso quelle modalità tecniche che ne
riempiono di senso la sostanza e ne giustificano l’esistenza.
In altri termini, un regolatore può andare a fondo rispetto a quanto deciso a livello
politico perché è giustificato da una competenza molto forte, che poi si traduce in
discrezionalità tecnica tutelata. Anche in sede giurisdizionale (sebbene non sempre). È
questa la sublime natura delle funzioni del regolatore, che a mio parere si manifesta
ancora prima di quella forma di legittimazione procedurale oggi tanto in voga in ambito
nazionale e sovranazionale, nella letteratura scientifica così come nelle Aule delle Corti.
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L’Autorità, dunque, può svolgere una funzione geologica. All’interno dell’area
individuata dall’ordinamento, nazionale ed europeo (non si dimentichino mai i forti
ancoraggi nel diritto dell’Unione, soprattutto nel settore che da quattro anni e mezzo mi
occupa da vicino), il regolatore definisce obiettivi tecnici, li persegue, è in grado di
determinate strategie. Che non sono certo “libere nel fine”, per mutuare la terminologia
politologica e costituzionalistica. Sono, per converso, orientate, in una determinata
misura: misura corrisponde a quella di un sano equilibrio di mercato.
In questo, l’azione del regolatore diviene complementare all’azione governativa.
Non nel senso di optare per una sua attuazione in senso tecnico, che ne snaturerebbe la
funzione, ma nel senso, ben più pregnante, di fungere da volano neutrale e imparziale,
che possa dare vita a scenari conformati dall’esercizio neutrale della sua funzione. E che
possa portare a compimento alcuni sviluppi del settore (e del Paese, a ben vedere), con
una miscela sapiente di competenza e di distacco. Che, proprio per questo, va “oltre”
l’aspetto politico e governativo, riconfigurandosi in modo nuovo, senza esserne mero
strumento attuativo ma comprendendone a volte gli obiettivi generali; in questa fase, si
comporta come il pensiero antico di chi, rinnovandosi, non si bagna mai per due volte
nelle acque dello stesso fiume.
È questa funzione di promozione di determinati settori, del resto, la ragione della
istituzione delle autorità indipendenti, nella “felice” stagione degli anni Novanta. Oggi,
ancora una volta, e nel solco tracciato dalla strada maestra (e in questo caso davvero è
tale), dell’Europa, è importante tornare sulla relazione, talora sottaciuta, o peggio
dimenticata, tra regolatori (forti) e sviluppo economico. Essi sono i custodi di un volano
– destinato ad aprire allo sviluppo segmenti essenziali dell’economia e della vita dei
cittadini. In settori specifici, come è ben chiaro e come è stato anticipato. Ma che, pur
specifici e determinati, sono centrali. Connessi alla dinamica complessiva dei servizi
pubblici e dell’economia delle reti nazionali ad essi correlata. Una lezione che non va
dimenticata.
È da aggiungere che, oggi, i regolatori sono sempre più a presidio, così come
distingueva la prima letteratura che si è occupata del tema, di diritti e libertà
fondamentali. Se solo ci spostiamo di un po’ dal campo di diretta osservazione e vediamo
la tutela della riservatezza, ci accorgiamo di come le recenti novità normative (penso al
regolamento dell’Unione europea n. 679/2016) abbiano fotografato una realtà in cui la
persona e le tecnologie della comunicazione sono in stretto contatto: e in cui il
progressivo affermarsi e diffondersi capillarmente delle prime abbia, oltre ai vantaggi, il
rischio di sovraesporre la prima. Creando una persona digitale alla mercé di chi sappia o
possa acquisire tutti i dati che la caratterizzano.
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La regolazione, dunque, vive una nuova vita. Il testo di Marini Balestra lo dimostra.
E dimostra come, di regolazione, vi sia ancora bisogno.
Il volume conferma, nell’insieme, l’approccio appena descritto. Ritorna con
contenuti aggiornati, ma non per colmare un vuoto rispetto alla precedente edizione,
bensì per gettare nuova luce su un settore che, se sotto molti punti di vista è consolidato,
presenta ancora spunti evolutivi. Basti pensare alla Rete, al suo impatto sui macchinari e
sui dati, e agli scenari che si preparano con la review delle direttive – e, per citare un
dettaglio, alla ridefinizione della nozione di servizio di comunicazione elettronica.
Il volume, per questo, non interviene in un ambito da considerare obsoleto. Al
contrario. Riapre un dibattito generale. Che dovrebbe portare, nell’immediato futuro, a
trattazioni sistematiche e generali, con dibattiti culturali e scientifici di ampio respiro, con
rivitalizzazioni concettuali e teoriche, idonee a restituire un senso all’intera vicenda della
regolazione. In questo percorso, ancora da scrivere, l’attualità del messaggio di Marini
Balestra si fa sentire in modo chiaro.
L’Autore ci offre uno spaccato vivo dell’insieme settoriale, mai appiattito e reso
articolato dagli spinosi e complessi problemi che la prassi ci offre. Lo vediamo con la
felice formula che usa per parlare di interventi ex ante ed ex post, ossia il “matrimonio
difficile”. Formula che mi è piaciuta moltissimo, per il sapore pratico e di vita vissuta che
mi ricorda quanto è delicato essere un regolatore in concreto, e assumere talune decisioni.
Ma lo vediamo anche poco dopo. Con un passaggio che, a mio avviso, indica la
connessione tra temi di dettaglio e temi generali. Marini Balestra richiama la decisione
dell’Antitrust sul “famoso” caso dell’istruttoria A-428, sottolineando che “occorre farsi carico
anche della concorrenza sostenibile nel medio periodo, su nuove infrastrutture” (p. 21). E dunque non
fermarsi a una “piccola” politica. Ma fare una politica di senso, che è policy settoriale con
la “p” maiuscola. In cui – non a caso ho citato proprio la decisione dell’autorità
“generalista” – la concorrenza si somma alla regolazione in un connubio difficile, come
già ricordato, ma vivo.
Ma vedo il percorso illustrato anche in una parte più avanzata del volume, quando
si parla delle nuove reti, della sfida delle NGN. Parlando della regolazione italiana, nello
specifico, Marini Balestra giunge alla conclusione che “anche l’Agcom abbia condiviso la
filosofia comunitaria, secondo cui la regolamentazione non è un ostacolo all’innovazione e agli
investimenti sulle nuove tecnologie” (p. 240).
Questo, a ben vedere, è il punto di vista che affaccia su un’ampia veduta. Non è in
discussione di un singolo aspetto tecnicistico e particolaristico. È sulla stessa linea anche
il caso del rapporto delle reti con l’Agenda digitale, che vede il coinvolgimento di attori
istituzionali a livello nazionale ed europeo. Rete di soggetti istituzionali che,
collaborando, tendono a un unico fine, così passando dal loro specifico ambito a una
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collaborazione di ampio respiro che contribuisce alla realizzazione degli interessi
generali.
Dinanzi agli scenari odierni del mondo digitale, che ci stanno traghettando verso
mondi ancora sconosciuti ed esotici, occorre “saper” decidere. E “poter” decidere,
avendo davanti a sé una visione precisa. Questa visione deve essere ampia, luminosa,
chiara. Solo così si può uscire dai confini del singolo settore e fare in modo che questo
dialoghi con la vita dell’intero ordinamento. È questa la chiave di lettura del volume che
si accinge a offrirci tutte le novità della seconda e arricchita edizione.
C’è bisogno di volumi come questo, che indichino la strada, il significato e il senso
ultimo della funzione regolatoria. Per spiegarla anche ai più, per mostrare ai cittadini la
connessione con l’interesse collettivo, mettendo da parte la sensazione di una cerchia di
tecnici sganciati dalla realtà quotidiana dei singoli. Che, invece, deve sempre essere
valorizzata, accanto al mondo imprenditoriale, come indica chiaramente e
luminosamente il “nostro” art. 8 della Direttiva quadro.
Questo aspetto si ricollega a un altro tema importante, che gioca, anch’esso, in
un’ottica ancor più generale. Quello della politica istituzionale – e anche di diritto
costituzionale, se mi è permesso, perché si connette a un tema a me molto caro. Lo
illustro.
Se è vero che le autorità indipendenti, e i centri di raccordo di livello
sovranazionale, indicano una forma di integrazione amministrativa europea, volta al
rafforzamento del settore, è altrettanto vero che dietro la loro attività coordinata
giacciono interessi di natura costituzionale. Che risiedono, nondimeno, in esigenze di
rappresentanza. In un’epoca di elevato tecnicismo, in cui il singolo afferma la propria
persona (art. 2 Cost.) anche (non solo naturalmente) attraverso gli odierni mezzi della
comunicazione (e nelle forme di tutela che li presidiano), la presenza di una istituzione
competente, che sia in grado di fornire un filtro tra il singolo e poteri economici e
altamente tecnici (e per questo fortissimi) diventa ancora più significativa. Perché va a
posizionarsi in una posizione intermedia che è davvero in grado di traghettare, cum grano
salis, le istanze della cittadinanza all’interno delle istituzioni competenti. Senza
abbandonare le prime, ma anche senza svuotare di significato e di competenze le
seconde.
L’opera di tali corpi e la loro interazione, anche in forma aggregata, svela dunque
la presenza di corpi sociali che stimolano la rappresentanza – anche se in ambiti di
intervento delimitati. Ma, come appena detto, non per questo meno cruciali.
Ecco, dunque, un altro grande tema di riflessione, che può partire da questa
seconda edizione e forse camminare al suo fianco.
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Un elemento, però, va aggiunto a quanto espresso nel volume. Che è quello della
stagione “attuale” della regolazione. Una stagione che, a mio modo di vedere, ha visto la
luce con le delibere 746 e 747 del 2013. Atti regolatori che hanno segnato un turning point.
E che adesso vivono un momento difficile.
Il Tar aveva confermato la necessaria predominanza dell’approccio concorrenziale:
il livellamento deve avvenire mettendo a disposizione risorse a tutti gli operatori, non
concedendo a uno un vantaggio derivante da una stratificazione storica.
Purtroppo, con grande dispiacere, abbiamo visto il cambio di prospettiva del
Consiglio di Stato. Ma è stato un cambio di prospettiva incrociato, in cui i vantaggi degli
uni si sono riversati negli svantaggi degli altri: infatti, in sede di attuazione, si preannuncia
una sostanziale conferma dell’impianto, quantomeno nella sua intima essenza, pur se
alcuni aspetti dovranno necessariamente cambiare per il rispetto della sentenza dei
Giudici di Palazzo Spada.
Peccato, a mio modo di vedere. Poteva esserci un’affermazione ben più netta del
nuovo modo di regolare. Ma impareremo dalle battute di arresto, dagli errori e dalle
esperienze.
Cercando, appunto, di fare della regolazione una ancor più buona regolazione, di
settore e generale.
La strada per continuare a innovare la Rete e la concorrenza dei soggetti che
operano nel mercato italiano è ancora aperta.
E l’augurio che rivolgo all’Autore di questo prezioso volume è di contribuire
all’innalzamento del dibattito culturale e scientifico, necessario ai cambiamenti che
consentano di percorrere tale strada.
PROF. AVV. ANTONIO PRETO
COMMISSARIO AGCOM
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