Jommelli in un ritratto attribuito ad Anton Raphael
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Jommelli in un ritratto attribuito ad Anton Raphael
Jommelli in un ritratto attribuito ad Anton Raphael Mengs Nel museo del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli si conserva un Ritratto di Niccolò Jommelli attribuito ad Anton Raphael Mengs (Aussing 1728 Roma 1779), il grande e poliedrico artista tedesco (fu, infatti, anche storico e critico d’arte) che, rinnegata la tradizione pittorica del Barocco e del Rococò e rivoltosi allo studio dell’antico e di Raffaello, creò composizioni di nobile semplicità, dai colori chiari e brillanti, che gli meritarono la fama di maggiore esponente del Neoclassicismo. Il dipinto, un olio su tela che misura cm. 91 x 72, attribuito all’artista tedesco da Ettore Santagata, fu verosimilmente realizzato a Roma tra il 1751 e il 1752 dove i due ebbero modo d’incontrarsi perché entrambi attivi in quella contingenza nella Città Eterna: l’uno per dipingere a diretto contatto con i capolavori classici la pala con l’Ascensione destinata all’altare maggiore della Katholische Hofkirche (chiesa della SS. Trinità) di Dresda su incarico di Augusto III, di cui era pittore di corte nonché brillante e acuto ritrattista, l’altro, nelle vesti di coadiutore del maestro di cappella di San Pietro in Vaticano, Pietro Paolo Bencini. Nonostante gli impegni assunti con la corte, lungo tutto l’arco del suo soggiorno a Roma, Mengs continuò, infatti, a dipingere ritratti, nei quali ricercò, nevvero, l’essenzialità e l’introspezione, ma anche la perfezione, elegante e semplice allo stesso tempo, dei pittori del Cinquecento. Una straordinaria eleganza e semplicità pervade, infatti, anche il ritratto del musicista aversano, eseguito con mirabile perizia tecnica e raffinatezza pittorica, dove il Nostro è ripreso a figura terzina con una parrucca bianca, nel consueto abbigliamento settecentesco. Grazie a questo ritratto possiamo conoscere il volto di Jommelli prossimo ai quaranta anni; i lineamenti caratteristici sono naturalmente gli stessi dei ritratti precedenti e successivi: l’alta fronte, le sopracciglia folte, il volto carnoso e rubicondo, il collo taurino, il grande naso, la bocca sinuosa, ma l’espressione è ben diversa; in questo volto ci sono forza e decisione unite a orgoglio e compiacimento di sé. Jommelli è reduce dai successi ottenuti negli anni addietro a Napoli, Bologna, Venezia, Padova, Ferrara, Torino, Lucca, Parma, Spoleto e prossimo alla grande avventura a Stoccarda che lo consacrerà definitivamente nell’Olimpo della Musica. Il dipinto in oggetto pervenne alla prestigiosa istituzione musicale napoletana, attraverso una donazione del suo bibliotecario, il cavaliere Francesco Florimo, insieme con altri 17 ritratti di famosi musicisti del passato, a un considerevole numero di cimeli e a 24 voluminose cartelle contenenti musica autografa di Bellini, Verdi e di molti altri maestri. E lo stesso Florimo a informarci della donazione laddove, in appendice alla sua storia sulla scuola napoletana, riporta la relativa corrispondenza. Accreditato maestro di canto, oltre che compositore, critico e studioso dell’arte musicale, Francesco Florimo (San Giorgio Morgeto, Reggio Calabria, 1800 - Napoli 1888) è noto soprattutto per essere l’autore di un manuale di Metodo premiato all’Esposizione Universale di Parigi nel 1877 e in quella Nazionale di Milano del 1881. Membro di molte accademie italiane fu promotore, tra l’altro, di un’accademia di studi e di un Premio dedicato a Vincenzo Bellini, di cui era stato compagno di studi al Conservatorio di Napoli. Devotissimo a questa istituzione, nella quale aveva speso gran parte della sua esistenza, prima insegnando canto e pianoforte e poi esercitandovi la funzione di archivista, mentre era ancora in vita, vi lasciò tutti i suoi cimeli, tra cui una preziosa arpa dovuta alla mano di Antonio Stradivari, un violino costruito da Antonio Galliano con il legno di un cipresso dissotterrato a Pompei, un calamaio di marmo un po’ ingiallito dal tempo, che era servito a contenere l’inchiostro utilizzato per la stesura di alcune delle più belle pagine della storia della musica. L’utensile era, infatti, appartenuto a Scarlatti che l’aveva donato a Durante che a sua volta lo lasciò a Porpora, il quale lo passò a Jommelli che lo diede a Cimarosa; da questi era poi pervenuto a Zingarelli che l’aveva donato a Florimo. Franco Pezzella