Resoconto stenografico della seduta - Camera dei deputati

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Resoconto stenografico della seduta - Camera dei deputati
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XCVII.
TORNATA DI VENERDÌ 11 MAGGIO 18i
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BIANOHER .
SOMMARIO. Il deputato Trompeo presenta un elenco dì petizioni già esaminate. — Seguito della
discussione sulle mozioni relative alla questione africana — Schiarimenti dati dal ministro della
guerra e dal deputato Ricotti al deputato Bacearini, ed osservazioni di questo in proposito —
Discorsi dei deputati Marselli, Martini F., Toscanelli, Riccio, Fortis, Giusso ed Arnaboldi.
L a seduta commoia alle 2 . 3 5 pomeridiane.
Pllllè, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che è approvato;
quindi legge il seguente sunto di
onoro di presentare alla Camera una tabella di
56 petizioni, sulle quali la Giunta stessa è pronta
a riferire.
Presidente. Questa tabella sarà stampata e distribuita.
4 2 4 6 . L a deputazione provinciale di Treviso j
chiede che sia provveduto all'allacciamento a Casarsa della ferrovia trasversale Treviso-Motta,
inscrivendo il nuovo tronco nella 3 a categoria.
P r e s i d e n t e . Hanno chiesto un congedo per motivi di famiglia, gli onorevoli: Marcora di giorni
15 ; Toaldi di 3(\; Francica di 10.
(Sono
conceduti),
Presentazione di. un elenco di petizioni, già esaminale dalla Giunla.
P r e s i d e n t e . Invito l ' o n o r e v o l e Trompeo a recarsi
alla tribuna.
Trompeo. ( P r e s i d e n t e della Giunta per le petizioni). A nome della Giunta per le petizioni, mi
Segnilo della discussione sulle mozioni dei depiilaccarini e l u s s i .
L'ordine del giorno reca: Seguito
della discussione sulle mozioni dei deputati Bacearini e Mussi intorno alla questione africana.
L'onorevole ministro della guerra ha facoltà di
parlare.
Bertolè-Vìale, ministro delia guerra. Nella seduta di ieri l'onorevole deputato Bacearini citò
alcuni fatti relativi alle pensioni dei superstiti
di Dogali. Certamente l'onorevole Bacearini fu
male informato a quei riguardo. Io quindi credo
mio dovere oggi di dichiarare le cose come sono.
Già nella seduta di ieri io dissi che il Ministero della guerra, in fatto di liquidazione di
pensioni, non è che un ufficio di trasmissione
fra gli aventi dritto e la Corte dei conti, giacche quando le formalità sono a termini di leggo
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compiute per constatare il diritto a pensione il
Ministero trasmette tutti gli atti alla Corte dei
conti, alla quale appartiene di assegnare la pensione.
E quando si tratta di ferite, specialmente
quando sono incontrate in guerra, come era il caso
dei superstiti di Dogali, per le quali non nasce
alcun dubbio circa alla loro causa, i direttori degli
ospedali nei quali i feriti furono curati, fanno la
dichiarazione della natura delle ferite esprimendo
il loro parere circa alla categoria a cui esse ferite
possono appartenere»
Queste dichiarazioni vengono trasmesse, dopo
essere passate ancora per il tramite del direttore
di sanità di corpo d'esercito, al Ministero, e questo le manda all'ispettorato dì sanità militare
clie, come ho detto, è il giudice supremo in fatto
di parere medico-legale.
L'ispettorato esamina i documenti avuti e stabilisce la categoria secondo la quale deve poi essere assegnata la pensione vitalizia, se di pensione vitalizia è il caso.
Poi il tutto viene rimandato al Ministero della
guerra che le rimette alla Corte dei conti. Questa è la procedura che è stabilita dalla legge, e
dai regolamenti.
In generale la Corte dei conti si attiene al parere dell' Ispettorato. Ne! caso del Oannas, che
fu il primo citato dall'onorevole Bacearini, l'Ispettorato aveva proposto la seconda categoria non
potendo altrimenti, perchè la ferita del Cannas
non era contemplata fra quelle di prima categoria
tassativamente descritte dalia legge sulle pensioni
militari. Il Ministero tentò bensì di intendersi con
la Corte dei conti per classificare l'evirazione in
prima categoria; ma essa osservò, e giustamente,
che ciò non poteva farsi se non con apposita modificazione di legge, sicché l'evirazione che fino
ad ora non era contemplata nell'elenco delle ferite
di guerra, si dovette per necessità assegnare soltanto nella seconda categoria.
Poi la Corte dei conti si Umanizzò e contro
la sua prima dichiarazione accordò al Cannas la
prima categoria, conforme le ne era stato espresso
il desiderio, come ho detto, dal Ministero della
guerra. Vede dunque l'onorevole Bacearini che
la burocrazia non è stata tanto crudele.
Ho già detto ieri che il Ministero della guerra
intendeva di venire ancora in aiuto di questi pensionati mediante le somme che furono generosamente offerte all'uopo.
Ora posso aggiungere, parlando sempre del è
Cannas, che certamente è quello che si trovava
in condizioni più infelici, eh' egli ebbe già due ,
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sussidi! di 200 lire ciascuno, oltre la pensione d:
675 lire ed il soprasoldo per la medaglia al valore
militare che è di altre cento lire-, senza contare una
cartella di rendita di lire 75, che gli fu assegnata
dal Ministero sulla somma donata dall'Associazione
della stampa perchè fosse erogata in favore di
coloro che avevano ricevuto le ferite maggiori.
L a sottoscrizione pubblica a favore dei feriti e
delle famiglie dei morti a Dogali, ascende a lire
583,000.
Di queste vennero già distribuite in sussidii
alle famiglie dei morti 343,000 lire, e ai feriti
lire 36,000, il che costituisce una somma di lire
379,000. Rimangono quindi ancora disponibili 204
mila lire.
Ora la mia intenzione è questa : I o che ai feriti
la cui infermità viene giudicata di seconda categoria, sia conceduta una somma rappresentata
da una cartella nominativa di rendita 5 per
cento, gli interessi della quale equivalgano alla
differenza, fra ìa pensione di 2 a categoria e quella
di Xa; cioè 160 lire di rendita per i caporali,
135 lire di rendita per i soldati; 2° che a quelli
pensionati per infermità dichiarata di terza categoria, venga concesso ai caporali un titolo di rendita di 120 lire, e ai soldati un titolo di rendita
di lire 100; 3° poi che sulla somma che rimarrà
disponibile venga accordato a tutti indistintamente i feriti un terzo sussidio, nelle medesime
proporzioni dei primi due, che furono di lire 800
ai sott'ufficiali, di 300 ai caporali, di 200 ai soldati. Finalmente a quelli che riportarono ferite
non gravi che non danno diritto a pensione, sarà
dato un titolo di rendita corrispondente presso a
poco alla pensione di 3 a categoria.
Se poi sopravanzeranno ancora, come sopravanzeranno certo, dei fondi, questi saranno distribuiti fra le famiglie più bisognose dei morti.
Dopo queste dichiarazioni, che spero varranno
a tranquillare l'animo dell'onorevole Bacearini,
io deporrò presso la Presidenza della Camera, i
documenti i quali comprovano come furono liquidate le pensioni dalla Corte dei conti alle famiglie dei morti, ed ai feriti di Dogali; come
pure tutto il reparto delle oblazioni che pervennero al Ministero; e dei sussidi che furono dati;
così ciascuno potrà prenderne cognizione.
Presidente. Onorevole Baccarini, ha facoltà di
parlare.
Baccarini. Io l'ingrazio l'onorevole ministro
della guerra delle spiegazioni, date così opportunamente, intorno alla liquidazione delle pensioni
ai superstiti di Dogali.
Mi astenni ieri dal parlare di altre cose, e>
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più chiaramente, mi astenni dal parlare del modo
con cui furono distribuite le decorazioni 5 perchè
appunto, checche ne pensi l'onorevole Ricotti, io
non volevo e non voglio fare recriminazioni sul
passato.
Mi auguro che l'onorevole ministro della guerra
abbia dato informazioni più esatte delle mie ; me
lo auguro perchè egli espone le informazioni che
ha ricevuto, e che gli saranno state date certamente in perfetta buona fede ; ma siccome tra
codesti pensionati ce ne è qualeheduno di cui
personalmente mi sono interessato, mi permetta
l'onorevole ministro della guerra che, fino a do cumenti pubblicati, io non escluda l'attendibilità
delle informazioni mie anche in quella parte che
discordano dalle sue. Ma io debbo oggi ripotere
che non ho voluto accusare nessuno, e, molto
meno, l'onorevole ministro della guerra-, ho riferito soltanto dei fatti per concludere che alcuni
feriti di Dogali erano stati trattati crudelmente.
L a crudeltà, 0 signori, consiste in questo, che
la legge si applica secondo i criteri più 0 meno
larghi di chi deve interpretarla.
Ora, la legge delle pensioni per i superstiti di
Dogali era uguale tanto per i sanitari dell'ospedale militare di Napoli, quanto per quelli dei
distretti delle singole provincie; i quali tutti la
interpretavano favorevolmente ai superstiti; ma
la stessa legge era interpretata troppo ristrettivamente alla sede centrale, Ecco quello che ho detto.
Io non ho detto che sia più giusto il giudizio
dell'uno o il giudizio dell'altro ; ma ho detto che
quello dell'amministrazione centrale, anche se
giusto, è crudele.
Ho detto, e ripetuto, che troppe volte si chiudono gli occhi; e che questa volta, che bisognava
chiuderli, si sono tenuti troppo aperti.
L'onorevole ministro (e me ne dispiace) ritorna
a riversare sulla Corte dei conti l'applicazione
crudele della legge. Ciò non è esatto, onorevole
ministro.
L a Corte dei conti fa il suo dovere. Essa è
sempre inesorabile, perchè non fa che applicare
la legge. Se la legge è troppo crudele, bisogna saperla temperare; ma la Corte dei conti non fa il
medico: essa non fa che giudicare sui documenti,
che le sono trasmessi dalle amministrazioni.
In quanto all'amministrazione centrale ripeto
che non mi passa per la mente di farle nessuna
colpa; perchè, se avessi inteso di fargliene, avrei
dovuto dire che troppe volte si fanno registrare
decreti con riserva alla Corte dei conti, e che in
questo caso si poteva ben ricorrere a questo
mezzo. E Io avrebbe fatto certamente l'onorevole
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Bertolè-Viale, se gli fosse caduto sotto gli occhi
tutto quello che è avvenuto a riguardo di queste
pensioni.
Io quindi ringrazio l'onorevole ministro delle
spiegazioni date e più, ancora, di aver depositato
anche i documenti relativi alle pensioni, perchè
ciascuno di noi possa vedere in quale proporzione
siano state ad ognuno assegnate. Ma non basta,
onorevole ministro; perchè, se non ho inteso male,
non si tratta che della produzione dell'elenco nominativo, con l'indicazione delle somme proposta
e deliberate; mentre Ella dovrebbe far qualche
cosa di più che sarebbe degna di lei ; vale a dire
una porzione di quell'inchiesta che io insisto nel
ritenere sempre più necessaria.
Depositi i documenti; stampi i certificati per
tutti i 47 superstiti di Dogali ; stampi i documenti
degli uffici sanitari di Napoli, degli uffici sanitari
dei distretti, degli uffici sanitari del Ministero.
Ciascuno allora potrà farsi un esatto e proprio giudizio.
Nè si lasci trattenere dall'obbiezione che questi
documenti siano troppo voluminosi. Si stampano
tante carte inutili, che si possono bene stampare
quelle che toccano il cuore delia nazione.
Io poi ringrazio l'onorevole ministro per le notizie che ha date, perchè almeno la nazione saprà
come Governo e Parlamento, che intendono di poter
liberamente disporre della vita della gioventù
italiana, si ricordino dei morti ed abbiano pietà
dei feriti.
Presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
ministro.
Berlolè-ViaSe, ministro della guerra. Debbo due
parole di risposta all'onorevole Baccarini riguardo
a quel che ha detto circa la Corte dei conti.
Io non ho mai inteso di dire che la Corte dei
conti agisca illegalmente 0 inumanamente, come
del resto non agisce illegalmente e inumanamente neanche il Ministero; se ne persuada l'onorevole Baccarini. L a Corte dei conti applica la
legge la quale stabilisce che il parere sul quale
essa deve fondarsi per liquidare la pensione è
il parere medico legale dell'ispettorato di sanità
militare. Il Ministero per parte sua cerca, quando
vede che questo parere qualche volta dà motivo
a reclami, (giacché ogni individuo ha diritto a
reclamare) cerca, dico, di riportare il reclamo'davanti all'ispettorato di sanità militare. Quindi
non c'è crudeltà nè da una parte, nè dall'altra.
Ritenga l'onorevole Baccarini che tanto l'amministrazione centrale, quanto la Corte dei conti
amerebbero essere pietose, ma debbono seguire
inflessibilmente le norme stabilite dalla legge.
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L'onorevole fiaccarmi poi mi chiese se io avessi
Voci a sinistra. Facciamola!
difficoltà di presentare i pareri dei medici diviAltre voci. Basta! basta!
sionali e quelli dell' ispettorato di sanità militare ;
Presidente. I documenti, che furono presentati
ebbene, io non ho nessuna ^difficoltà a comuni- dall'onorevole ministro della guerra, saranno decare alla Camera anche quei pareri.
positati nella segreteria della Camera, affinchè
Può ben capire l'onorevole Baccarini che nes- ogni deputato possa prenderne cognizione.
suno ha interesse di nascondere niente.
Baccarini. Chiedo di parlare. {Rumori).
Ricotti. Chiedo di parlare per un fatto perPresidente. Onorevole Baccarini, non si può
sonale. (Rumori a sinistra).
protrarre una discussione che è estranea all'orPresidente. L'onorevole Ricotti ha facoltà di dine del giorno.
parlare, ma io lo prego di non allargare i conBaccarini. Ma io non voglio fare nessuna difini di un incidente che parmi già esaurito.
scussione, onorevole presidente...
Ricotti. M i spiace che la mia domanda di par
Presidente. Allora su che cosa vuol parlare ?
lare per un fatto personale abbia sollevato i ruBaccarini. L'onorevole ministro della guerra
mori di una parte delia Camera, perchè non era
ha
detto che presentava i documenti, ma non ha
certamente mia intenzione di intervenire nuovadetto
che li avrebbe pubblicati.
mente in questa discussione dopo le spiegazioni
Presidente. Ha dichiarato che li avrebbe deche ho dato ieri all'onorevole Baccarini.
Ma l'onorevole Baccarini oggi mi ha nuova- positati.
Baccarini. Ed io propongo che si pubblichino.
mente attribuito un pensiero contrario a quello
Presidente. Faccia la sua proposta e la Cache ieri ebbi ad esprimere,
mera
la esaminerà.
Io non mi sono punto lagnato che l'onorevole
Baccarini.
Quei documenti appartengono al
Baccarini volasse recriminare sul passato ; anzi,
paese,
onorevole
presidente, e non devono essere
ho detto che lo desidero più di lui; che desidero
che si faccia un'inchiesta; che si faccia la mag- comunicati soltanto ai deputati.
Presidente. Se Ella intende di proporre che
gior luce possibile. Invece l'onorevole Baccarini
ripete oggi che io non voglio che si recrimini sul questi documenti siano pubblicati, troverà nel
passato. Ciò non è esatto. Quindi prego l'onore- regolamento un articolo apposito. Lo consulti, e
se ne valga.
vole Baccarini di rettificare questa asserzione.
Ed ora ha facoltà di parlare l'onorevole Marselli.
Quello di cui mi sono lamentato ieri fu che
l'onorevole Baccarini, dopo aver detto che non
Marsellì. ( S e g n i di attenzione) Parmi che non
voleva recriminare, abbia dichiarato che il fatto sia inopportuno, e neanche superfluo, di traspordi Dogali era dovuto all'imprudenza del Mini- tare la discussione su di un terreno, che non è
stero. A me pareva che quest'accusa, fatta senza è stato, forse, abbastanza percorso.
prove, fosse una recriminazione gravissima, e
Io comprendo, onorevoli colleglli, le difficoltà,
quindi che si dovesse o tacere interamente o che si oppongono a fare una discussione molto
darne ragione.
positiva, ed a venire, per parie della Camera, a
Oggi egli ha affermato che erano state mal deliberazioni molto precise. Poiché, non giova disdistribuite le ricompense per il fatto di Dogali ; simularlo ; la Camera non si può trasformare in
della qua! cosa io solo sarei responsabile, avendo una specie di ambasciata che fissi le condizioni
io appunto come ministro proposto tali ricom- di pace, ne in un comitato tecnico che studi le
pense all' approvazione del Re ; ma poi non ha cose della guerra, in modo particolareggiato.
sviluppato la sua tesi.
Ma, d'altra parte, è appunto quando la soluOra queste affermazioni, fatte senza nessuna zione della questione che ci occupa non è inteprova, non mi paiono eque, perchè contro di ramente pregiudicata, che giova ai singoli depuesse l'accusato non può difendersi; e frattanto tati di esprimere liberamente la propria opinione,
la Camera e il paese le accettano come verità. e all'Assemblea di manifestare una tendenza preEcco quello, di cui ho ragione di lagnarmi valente. Oltre di ciò, è il Governo stesso che ci
verso l'onorevole Baccarini.
ha invitati a questo; in quanto che ha desideIo ho voluto dire queste poche parole, sperando rato di conoscere le correnti eli idee, che agitano
che l'onorevole Baccarini non voglia persistere questa Assemblea. Epperò, io mi son fatto ardito
nell'attribuirmi il pensiero che io non voglia che d'imprendere a parlare, per esporvi alcuni pochi
si faccia la luce; perchè nessuno più di me de- concetti, modesti sì, ma che io reputo chiari e
, determinati. E lo farò, senza ritornare sul passidera che la luce sia fatta ed intera.
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sato, ne prossimo, ne remoto, altrimenti che per
trarne qualche lume per la soluzione di questioni
pratiche.
I diversi oratori che mi hanno preceduto, han
compreso che, a risolvere adeguatamente la questione politica, faceva mestieri sgombrare il terreno dalla questione militare, cioè dalle considerazioni attinte nel prestigio delle nostre armi ; e
mi pare che qui tutti coloro che han discorso, si
siano mostrati concordi in questo pensiero: che
il risultamento delle operazioni militari in Africa,
senza essere splendido per gloriosi e vittoriosi
combattimenti, è stato però tale, da porci in grado
di risolvere la questione che ora ci occupa, con
libertà di giudizio, senza considerazioni, come dicevo, attinte nel prestigio delle armi, che è salvo»
L'Italia ha dimostrato la volontà di rioccupare le posizioni che fummo costretti ad abbandonare e la potenza di mantenerle, a tanta distanza, dinanzi a tutto l'esercito abissino, che è
stato obbligato a ripiegare; per il che noi possiamo ora attendere alla soluzione della questione
africana ispirandoci solamente agli interessi ed
agl'ideali della patria nostra.
Questo, dal lato dei pensiero dell'uomo politico.
Ma se la mente dell'uomo politico è ora sgombra da preoccupazioni estranee, il cuore dei cittadini comincia a sentirsi alleggerito dal peso
dei giusti rancori che nutriva contro il popolo
abissino. Lasciate che io lo dica francamente:
codesto Negus, che alla testa di tutto il suo esercito ci chiede la pace, sconfessa il suo generale,
il qual fatto ha non piccolo valore, ed invocala
nostra amicizia, codesto Negus che ci dice, lasciatemi la terra che Dio mi ha dato, state voi
al mare, io ai monti, comincia a destare nell'animo
nostro quei sentimenti di simpatia, che nei cuori
generosi dei soldati francesi svegliava la nobile
e cavalleresca figura di Abd-el Kader, che al pari
di re Giovanni era astuto nelle trattative, valoroso in guerra, e fervido nella fede religiosa.
Ciò posto, la prima questione che si presenta è
quella se dobbiamo noi abbandonare Massaua.
Io dirò francamente che con mi fermo a cosiffatta
questione; non già perchè io non rispetti l'opinione
di coloro che sostengono che si possa abbandonare
Massaua, ma perchè in verità mi pare che questa opinione abbia in sè qualcosa che contraddica alla mente della, gran maggioranza degli uomini politici, e qualcosa d'altro che ripugni al
séntimento delia gran maggioranza della nazione.
Piuttosto vengo alla questione che a me pare
più importante, cioè qua! politica dobbiamo fare
a Massaua e in qua! modo dobbiamo occupare
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i possedimenti africani. Ora siffatta questione non
si può risolvere di per sè; rua fa mestieri collegarla con la politica europea & colla situazione
dell'Italia in Europa.
E vano dissimularlo, onorevoli colleglli : gii
Stati di Europa non sono divisi da questioni secondarie che si possano facilmente risolvere : sono
divisi da antagonismi profondi, non conciliabili
se non con una soluzione mediante la lotta armata: lotta nella quale saremo necessariamente,
trascinati. Ora siamo noi in condizioni da potere;
con l'animo sgombro di inquietudine, attendere,
ad imprese che possono impegnare ìa patria nostra in una larga azione militare in terre assai
lontane ?
Ragioniamo con calma, onorevoli colleghi. Altri
sacrifizi dovremo chiedere al contribuente italiano
quasi esausto : quasi tutte le principali città marittime nostre sono assolutamente indifese, così
perchè mancano di fortificazioni, come perchè difettano di mezzi locali per la difesa marittima.
Non è in queste condizioni dell'Europa e nostra, che noi possiamo fare una politica la quale
potrebbe trascinare l'esercito in una larga azione
militare, e lo indebolirebbe; non dobbiamo fare
una politica la quale potrebbe distrarre 1' attenzione e la forza delia nostra patria dai .suoi principali obiettivi, i quali sono ne! bacino del Mediterraneo. (Benissimo!)
Intorno a questo primo punto di partenza che
è necessario per risolvere la questione che vi sta
dinanzi, io trovo un primo punto di contatto*
anzi dirò d' accordo, colle dichiarazioni dell'onorevole presidente del Consiglio, il quale ha trovato la formula dicendo : noi d o b b i a m o concentrare le nostre forze nel bacino del Mediterraneo. Il Mar Eosso pertanto va lasciato in seconda linea, nell'ombra. Quanto all'altro punto,
cioè, della nostra posizione, non in r e l a z i o n e con
l'Europa, ma con i'Abissinia, io vi chiedo licenza
di fare un piccolo ricordo storico.
Ma prima di tutto debbo dichiarare che quando
parlo de! programma delle nostre relazioni con
I'Abissinia, intendo accennare ad una situazione
normale. Non è necessario neanche il dire che non
sarò io certamente che proporrò ai Governo di far la
pace ad ogni costo ; che non sarò io certamente che
suggerirò al Governo di correr dietro al Negus
per ottenere questa o quella condizione di pace»
L a pace la voglio, bensì, ma con dignità. E quella
certa simpatia di cui ho fatto cenno pel Negus, e
che mi pare un nobile sentimento civile e militare, non esclude, che qualora questa pace non si
possa aver con dignità, debbasi preferire la lotta,
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Ma qui si parla, ripeto, della situazione normale, qui si tratta di esaminare quale debba essere
il nostro obiettivo, quale il nostro programma,
nelle relazioni coll'Abissinia. Ora io non so,
onorevoli colleglli, se tutti abbiate letto un pregevolissimo libro Una missione in Abissinia e
nel Mar Rosso „ del capitano di fregata della
marina francese Stanislao Russel ; missione accaduta dal 23 ottobre 1859 al 7 maggio 1880.
Io parlo liberamente su questo argomento, imperocché dal Libro Verde si scorge che intorno ad
esso non havvi conflitto tra la nostra politica in
Africa e l'attitudine del Governo francese. Del
resto ciò che io dico corrisponde a quello che
si trova di già scritto in uno dei documenti pubblicati nel Libro Verde.
Ebbene, in quel libro sulla missione in Abissinia „ e nella prefazione, anch'essa molto pregevole,
si traccia il programma che la Francia avrebbe
dovuto seguire se avesse potuto avere una stazione
intermedia, nel Mar Rosso, cioè Zula. Si dice in
quel libro : Tutti hanno oggidì gli sguardi rivolti al Mar Rosso, questa grande strada del commercio dell'estremo Oriente che il genio di. un
francese ha aperto al mondo col taglio dell'istmo
di Suez. „ E, dopo di aver dimostrato che la occupazione di Oboi;, non è sufficiente per entrare
direttamente in relazione coll'Abissinia, vi si vagheggia una posizione nel centro del Mar Rosso,
che allora avrebbe potuto essere Zula e l'isola di
Disseh. E con quale programma? " Essa sarebbe stata (sono parole della prefazione) il principale sbocco dell'Abissinia, e le relazioni commerciali, che con questa avremmo annodate, sarebbero divenute gradualmente e fatalmente
relazioni politiche. Noi saremmo divenuti gli
istruttori ed i protettori di questo piccolo popolo
così ben disposto a ricevere io civiltà. „ Ed altrove aggiunge che " mediante PAbissinia si può
esercitare un'azione sul Sudan e sull'Egitto. „
Ora a me pare che questo possa e debba essere il programma delle nostre relazioni normali
coll'Abissinia, sostituendo, però, il protettorato
commerciale, al protettorato politico. Noi possiamo
scambiare i nostri prodotti coll'Abissinia, che può
così facilmente accedere al porto di Massaua;
noi possiamo mandare là i nostri industriali, i
nostri ingegneri, i nostri medici," noi possiamo
anche mandare al Negus le nostre macchine per
la luce elettrica, poiché questa, pare, gli abbia fatto
molta impressione; noi possiamo in somma stabilire le relazioni commerciali come fondamento di
feconde relazioni di amicizia.
Dalla nostra posizione in Europa, e dalla nou
u
w
stra posizione rispetto all'Abissinia, segue come
logico corollario che la politica che dobbiamo fare
nel Mar Rosso è una politica di raccoglimento
militare e di espansione commerciale. Ora le dichiarazioni che ha fatto l'onorevole presidente
del Consiglio nella tornata di giovedì, in risposta
all'onorevole Bonghi concordavano anche in questo
che ora ho detto e che dev'essere uno dei capi
saldi, uno dei punti di partenza della nostra politica nel Mar Rosso.
Mi resta ad esaminare se, dimostrato l'accordo
sui punti di partenza, si possa riuscire a trovarlo
sui i punti di arrivo, sulle modalità, mediante le
quali noi possiamo, o avvicinarci, od allontanarci
da questo sistema politico che ho tracciato con
poche linee. E qui brevemente mi fermerò su
tre punti principali che panni sieno gii argomenti pratici delia questione cioè, l'occupazione
di Senahit, la frontiera militare, Yuti possidetis.
L'occupazione di Senahit o dei Bogos è abbandonata nelle trattative di pace, ma vive nelle
aspirazioni di molti.
E viva pure! Ma come un lontano ideale da
conseguirsi co' modi e nei momenti opportuni, a
due condizioni; cioè che le correnti commerciali
precedano l'occupazione militare, e che questa
occupazione se debba accadere, possa farsi quando
le condizioni dell'Europa co lo consentano ; quando,
cioè, la nostra posizione nei bacino del Mediterraneo siasi fatta più sicura.
Io non posso lodare abbastanza il Governo per
aver resistito ai suggerimenti di coloro che volevano trascinarci sulla via di Keren e per avere
subito desistito dal porre il Senahit come imprescindibile condizione di pace.
L'onorevole ministro della guerra vi ha già
dimostrato quali fossero le difficoltà di una spedizione militare con Keren per obbiettivo.
Aggiungerò una sola osservazione. Lo studio di
tutte le guerre africane porta a questa conseguenza: che se è difficile il raggiungere l'obiettivo, è difficilissimo il conservarlo; ed è quasi
impossibile il conservarlo senza lasciarsi trascinare in una via che inghiottisce uomini, armi e
danaro.
Ora io non sono eertamente alieno dal vedere
la nostra patria entrare in una via di espansione
coloniale sulla via Keren-Cassala-Cartum : credo
però che, trattandosi di operazioni ed occupazioni militari nel Mar Rosso, convenga non solo
scegliere bene il momento, ma anche calcolare
molto positivamente le ultime conseguenze della
via in cui si entra. Nell'attuale momento storico
non può l'Italia chiudere la porta del tempio della
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guerra che guarda Asmara per aprir quella che
guarda Cartum; si debbono trovare il momento ed
i mezzi opportuni per raggiungere questo scopo.
Ne le converrebbe allearsi coi Dervisci contro
l'Abissinia, perchè la nostra politica nel Mar
Rosso non può essere opposta a quella dell'Inghilterra. Io incoraggio pertanto il Governo a persistere nella via in cui si è messo; e non già perchè
gl'italiani debbano essere alieni dal combattere,
ma perchè possano combattere meglio nel bacino
del Mediterraneo.
Chi ha l'onore di parlarvi ora, nella tornata
del 9 marzo 1883, si dimostrò caldo fautore di
una larga azione militare dell'Italia nell'Egitto ;
ma con la base del Mediterraneo.
.Quanto al Mar Eosso, nel 1885 fui sostenitore
di una ristrettissima occupazione militare, gravitante verso la costa, ed ora sono del medesimo
parere; perchè qualsiasi larga occupazione ed
azione militare nel Mar Rosso ci farebbe deviare
dai nostri obiettivi, dai principali fini della nostra politica generale e militare.
Dirò poche parole sulla frontiera militare; questione assai importante, e sulla quale richiamo
l'attenzione del Governo e della Camera. E ne
discorrerò solo per accennare alla relazione che
passa fra essa e la politica che dobbiamo seguire
laggiù.
A contatto con un popolo barbaro, la frontiera
deve essere molto forte, o topograficamente o artificialmente; o per ostacoli naturali o per fortificazioni. Una frontiera topograficamente forte, è
costituita o da alte montagne, o da larghi fiumi,
o da deserti.
Non è il caso qui, pel territorio che si stende
tra Sabati e ì'Asmara, di parlare di larghi fiumi
o di deserti; l'ostacolo che potrebbe costituire
una vera frontiera militare, è quello delle montagne.
Ora per trovare questa vera frontiera militare,
noi dovremmo giungere sull'altipiano d'Asmara ;
il che equivale a dire che per ottenere una forte
frontiera dovremmo fare una campagna poderosa
e vittoriosa. Qualunque posizione intermedia fra
Ì'Asmara e Sabati costituisce un mezzo termine,
una frontiera imperfetta, la quale ci lascerebbe
dinanzi la stretta che conduce alle porte del Diavolo, l'ascesa di Asmara, ossia avremmo dinanzi la
parte più difficile a sormontare di questo territorio, nel caso volessimo prendere la offensiva,
Nel caso poi che invece di prendere l'offensiva credessimo di dover restare sulla difensiva, saremmo
obbligati ad abbandonare questa frontiera inter-
Camera dei
TORNATA D E L L ' I !
MAGGIO
Deputati
1888
media per ripiegare nel raggio di azione del campo
trincerato di Massaua, ove troveremmo la fron
tiera artificialmente forte.
Ora io non nego i vantaggi di una frontiera
intermedia, perchè capisco che a noi è necessario
muoverci con libertà attorno a Massaua; e certamente, una volta che dobbiamo rimanere in
quello che è stato chiamato il pozzo di Sabati,
converrebbe occupare le creste dei così detti monti
Digdigta e Taranka. Ma quello solamente che
voglio dire, si è che i vantaggi di questa frontiera
intermedia, di questo mezzo termine, non sarebbero poi tali, che valga la pena, per essi, di compromettere il buon successo delle trattative di pace.
E vengo da ultimo all'uti possìdetis, che a me
sembra il vero terreno sul quale si debba rimanere.
Quale che sia il giudizio che ciascuno si formi
circa l'importanza militare delle posizioni di Sahati
e di Uaà, certo è che bastano le considerazioni
politiche per impedirci di fare un passo indietro.
Questo sarebbe dagli abissini interpretato come
un atto di debolezza, la quale non è il mezzo più
acconcio per mantenere relazioni pacifiche con
popoli che non rispettano se non coloro di cui
temono. Non ostante ciò, i fatti accaduti nel passato mi obbligano a fare una sola considerazione
nella posizione di Sahati. Ed anche questa osservazione militare io faccio in relazione alla politica clie intendiamo eseguire a Massaua. Le osservazioni dell'ex ministro della guerra quanto alla
posizione di Sahati, contenute nei documenti del
Libro Verde, si può credere che ora non abbiano
quel valore che un tempo avevano, perchè Sahati
è fortificato e congiunto con una ferrovia; gli
sbocchi delle valli del Desset e del Tagbat, che
cadono appunto tra Sahati e Monkullo sono trincerati; dunque sembra che la posizione sia buona
sotto ogni aspetto. Ma ciò ò vero solo in apparenza.
Io spero che il Governo riesca a fare la pace
con dignità; ma è necessario, onorevoli colleghi,
che noi facciamo anche quest'altra ipotesi : che la
pace non si riesca a fare. In questo caso la questione del modo di occupare Sahati si farebbe
grave. Badate che io non discuto l'occupazione,
ma accenno ai modo, il quale dev'essere diverso
secondo i casi.
Certo se le ostilità nella stagione propizia si
dovessero ripigliare, non credo che noi potremmo
fare un'altra campagna come quella di quest'anno,
la quale è andata e riuscita bene per un complesso di circostanze che difficilmente si ripeteranno un'altra volta.
Atti Parlamentari
LEGISLATURA
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XYI
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2
a
SESSIONE
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2492
DISCUSSIONI
Io credo che allora si porrebbe questo dilemma:
o un'offensiva più spinta, o una difensiva più
raccolta. Nel primo caso la posizione di Sabati,
occupata come ora, sarebbe una buona posizione
militare, perchè da Sabati partono più strade per
l'interno. Ma nel caso che non si credesse di fare
una campagna offensiva, nel caso che alia politica di raccoglimento nel Mar Rosso si credesse
di coordinare un'azione militare difensiva ristretta
al campo trincerato dì Massaua, o in altri termini
che le condizioni dell'Europa e nostre ci costringessero a fare una simile guerra difensiva, allora
la posizione di Sabati, lontana 18 chilometri da
Monkullo e fuori del raggio d'immediata azione
del campo trincerato di Massaua, potrebbe dovere
essere abbandonata a se stessa, per ragioni tatti cbe. E, dico tattiche, perchè dal punto di vista politico Sabati non si può abbandonare; esso è divenuto
m nome che ha un valore morale. Ora dalla necessità di mantenere Sabati per ragioni politiche e
commerciali, e dalla possibilità di doverla temporaneamente abbandonare a se stessa per ragioni tattiche, se vuoisi fare una difesa più raccolta, segue
la necessità di pensare al modo più acconcio a tenerla, un modo cioè ebe non ci possa attirare e
spingerci a spiegare una azione militare che per
molte ragioni po irebbe non convenirci. Ma non
scendo a particolari, perchè allora sì che scivolerei in una discussione eccessivamente tecnica.
A me basta di avere esposto concisamente
l'indirizzo che io credo debba prevalere nelle
relazioni con l'Abissinia e circa il modo di conservare l'uti jpossidetis ; a me basta di avere accennato che, nella presente situazione nostra in
Europa, il miglior modo di occupazione militare
sul Mar Rosso consiste in un sistema il cui centro ili gravità cada piuttosto verso la base, cioè
la costa, che non verso l'interno.
Noi, onorevoli colleghi, dobbiamo fare una politica di raccoglimento nel Mar Rosso ed una politica di vigilanza nel Mediterraneo, per apparecchiarci a farla d'azione quando saremo trascinati
nella lotta.
L'organamento delle nostre spedizioni e le virtù
dimostrate dalle nostre truppe hanno giovato assai
a fortificare l'Italia, quale potenza mediterranea,
nella coscienza dell'Europa; e basterebbe questo
solo per non farci considerare come infeconda
l'occupazione di Massaua e come improduttivi i
sacrifici sostenuti ; ma, dopo ammessa questa influenza della nostra azione nel Mar Rosso sulla
nostra posizione nel Mediterraneo, io debbo pur
dire che i destini di quello si decidono in questo.
Fra il Mar Rosso ed il Mediterraneo corrono
Camera dei Deputati
—
—
TORNATA
DELL' I l
MAGGIO
1888
quegli stessi rapporti che tra i bacini fluviali
dell'Europa centrale e la valle dol Po, tra la valle
del Po e la penìsola italiana.
Noi abbiamo osservato nella storia delle campagne, eia quella della rivoluzione francese a quelle
più recenti dei prussiani, che ìa vittoria di uno
dei belligeranti nelle valli del Reno, del Danubio
e dell'Elba, hanno neutralizzato le sconfìtte di
questo belligerante o di un suo alleato nella valle
del Po ; e non abbiamo veduto il viceversa.
E così noi possiamo dire che, se usciremo vittoriosi dalle lotte che dovremo combattere nel
bacino del Mediterraneo, la nostra posizione nel
Mar Rosso si farà di per sè stessa più forte.
Dunque raccogliamo le nostre forze; prepariamoci piuttosto a vincere le battaglie nel bacino del Mediterraneo, se saremo obbligati a combattere, come io credo, in un tempo non lontano;
e quanto al resto, rimaniamo là dove ci ha lanciati la mano del destino; rimaniamo in quelle
posizioni che ci pongono in grado di trarre partito delle occasioni che l'avvenire ci potrà offrire;
ma restiamoci in modo da non compromettere i
più vitali interessi della nazione, in modo da conservare la nostra libertà d'azione in Europa. (Bene!
Benissimo!)
Presidente. Ha facoltà di parlare 1' onorevole
Martini Ferdinando.
Martini Ferdinando. La mia opinione intorno
alla politica africana è nota. Ebbi occasione di
manifestarla quando si discusse, l'anno decorso,,
il bilancio del Ministero della guerra. Non debbo
ripetere il mio discorso d'allora ; e anzi il desiderio mio sarebbe stato di non infastidire la Camera intrattenendola un'altra volta dì questo argomento. Difatti, io non mossi interpellanze, non
presentai mozioni, e mi restrinsi a domandare la
pubblicazione dei documenti diplomatici, i quali
oggi ringrazio l'onorevole presidente del Consìglio di averci forniti, checché altri ne dica, in
assai larga copia.
Dofiiandai di parlare dopo aver sottoscritto
l'ordine dèi giorno dell'onorevole Baccarini, perchè, nelle condizioni particolari mie che la Camera intende, mi parve necessario di chiarire
per quali ragioni io mi era indotto a sottoscriverlo. Dico " necessario „ ed è così; altrimenti
io mi sarei oggi molto volentieri astenuto dall'interloquire, perchè è penoso parlare quando
non si può commuovere e non si spera di persuadere; perchè è ingrato parlare quando la massima parte degli uditori è avversa alla tesi che
si sostiene; perchè è arduo finalmente quando
nell'aura mormorano e vibrano tuttavia le onde
Atti Parlamentari
LEGISLATURA
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XVI
2a
SESSIONE —
DISCUSSIONI
sonore di un discorso come quello pronunziato
ieri dall'onorevole D e Zerbi.
Io non seguirò l'onorevole D e Zerbi sui culmini
della sua eloquenza, smagliante di tutti gli splendori dell'iride e popolata d'immagini. Non lo
posso e potendolo non vorrei. Già, per l'indole
modesta e temperata dell'intelletto mio, io ammiro l'eloquenza, ma ne diffido. Alcibiade diceva
che i bambini si pigliano coi trastulli e i popoli
coi discorsi. E se è vero che alte parole possono
ispirare alti sentimenti, è vero altresì, io credo,
che, sui danni della parola presso i popoli liberi,
si potrebbe scrivere un libro assai utile e profondo.
S e si riandasse, ad esempio, la storia politica
di un popolo vicino, della F r a n c i a , io credo che,
dietro ad ognuno dei g r a v i errori commessi da
quel popolo, si troverebbero due o tre discorsi,
da proporsi come modello agli artefici della parola. ( B e n i s s i m o ! — Bar ita).
" Paullo canamus, „ onorevole D e Zerbi !
Per esempio, ieri l'onorevole D e Zerbi, per
opporsi a coloro i quali propongono il rimpatrio
delle nostre truppe, descriveva un'Italia prostrata
innanzi al Negus e chiedente mercè.
Perchè o signori non si potrebbe piuttosto descrivere un'Italia che abbandona, altera e dispregiatrice, ai propri destini un R e africano,
pavido e spavaldo ad un tempo; che, posto f r a
due eserciti, il proprio e l'altrui, li paventa ambedue, e non osa la guerra, per timor del nemico, e non osa la pace, per timor del suo popolo? {Bene!)
Il disegno sarebbe storicamente più vero; ma
noi non siamo qui, onorevole D e Zerbi, per scambiarci vicendevolmente soggetti di litografìe. {Ilarità —- Approvazioni).
D'altra parte, o signori, noi che proponiamo
il rimpatrio, siamo, animoso forse, ma, certo,
scarso drappello; voi siete numerosi, come l'esercito del R e dei R e ; non pretendete almeno debellarci con violenze oratorie! {Bravo! — Ilarità).
Eppoi, se noi battessimo questa strada, io
credo che, appassionando la Camera, perderemmo
il benefizio acquistato in un anno, e del quale
parlarono ieri l'onorevole D i Camporeale e l'onorevole Baccarini e l'onorevole F e r r a r i ; vale a
dire, la facoltà di giudicare con più serenità, di
esaminare con maggior pacatezza di quello che
non potessimo avanti d'oggi, questa questione
africana.
Camera
—
dei
T O R N A T A B E L L ' 1 1 MAGGIO
Deputaci
1888
posero, primi e pochi, il rimpatrio delle nostre
truppe Tanno decorso; e che, se avessero avuto
sott'occhio i documenti che oggi ci stanno davanti, sarebbero stati forse meno recisi nelle loro
conclusioni.
10 non voglio rivangare il passato; m a pure
da un punto qualsiasi bisogna muovere.
11 concetto di coloro che, l'anno passato (ed
erano pochissimi), proponevano il rimpatrio delle
nostre truppe, era questo: non f u compromesso
l'onore militare, perchè il sacrificio di 500 vite
fiorenti crebbe nella estimazione del mondo civile
il nostro esercito; non f u compromessa la dignità
nazionale, perchè Dogali f u un agguato, e non
si chiede riparazione a chi, per aggredirvi, vi
aspetta dietro una cantonata.
Ma i fatti non avvennero precisamente così.
Dogali un agguato non fu.
F i n dal 1885, quando si costrussero a Sahati
alcune capanne per ricoverarvi gli irregolari, R a s
Alula domandò che si sgombrassero; e, più tardi,
nel 12 gennaio 1887, quindici giorni avanti il
combattimento di Dogali, intimò e disse: se l'amicizia ci fosse, dovreste sgombrare ; se questo
non fate, sappiate che l'amicizia è rotta.
Non vi fu dichiarazione di guerra, nelle forme
consuete ai popoli europei (e sarebbe assurdo
aspettarle dall'Abissini a), ma noi eravamo avvertiti.
Non avevamo ceduto alle istanze del 1885 non
cedemmo, e s'intende, alle intimazioni del 1887.
Il combattimento di Dogali avvenne. S i volle
una riparazione. Q u a l e ?
A questo proposito, alcuni si lagnano che i risultati della nostra campagna di quest'anno, siano
stati troppo scarsi. Certo, l'onorevole D e Zerbi,
riferendo l'anno passato sulla legge dei 20 milioni, ne lasciava sperare dei più larghi. Io non
mi meraviglio che non si siano ottenuti; si v a
più spediti coi discorsi in Italia, che con gli
eserciti in A f r i c a ; {Si ride) io li reputo nondi• meno risultati soddisfacenti.
Di questo si lagnò nella sua interpellanza anche l'onorevole D e Renzis: ma, o signori perchè
lagnarsi? Noi abbiamo conseguito il fine che ci
eravamo proposti.
L'anno passato coloro i quali propendevano a
spingersi verso l'interno dell'Abissinia furono
pochi in quest'aula e non ebbero l'approvazione
de' più. L'onorevole Crispi disse chiaro quali fossero gli intendimenti del Governo. L a somma
E tanto più io desidero di mantenere questa stessa domandata dal Governo, e consentita dalla
serenità e questa pacatezza, inquantochè i primi Camera, determinava, si può dire, quali dovessero
a giovarsene saranno coloro che, come me, prò- essere i fini e i confini della nostra azione militare.
m
"
KEai^LATUB.A
XVI —
2
a
SESSIONE —
2494
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Camera dei
DISCUSSIONI —- T O R N A T A DELL'' 1 1
Inoltre: -corno qualche volta l'aspetto dì un
nomo vi i\j G 0 pi^ c]-ie n o n v j d i c a n o ] e 8 U e stesse
parole, e,osi il giorno di quella discussione la fision^jffi'xa della Camera disse assai più che non
die ¿ensero i ministri o i singoli deputati.
10 ricordo ancora gli applausi coi quali i colleglli salutarono le parole del mio amico persomale e politico, in Europa soltanto, l'onorevole
Branca, il quale proponeva di fortificarsi a Massaua, e, tutt'al più, di riconquistare Sabati.
11 Governo si conformò sin da principio, bisogna dire il vero, senza titubanza, senza esitazione,
senza mezzi termini, a questo concetto. E basta
leggere la nota scritta il 26 ottobre, subito che fu
incominciato l'imbarco dei nostri soldati, dall'onorevole ministro della guerra al comandante delle
truppe \TL Africa, per persuadersi che l'intento
dell'azione nostra doveva essere la riconquista di
Sabati, appunto perchè l'occupazione di Sahati
e1.'®, stata occasione all'aggressione degli abissini.
À Sahati ci siamo; sicché se anche una questione di dignità nazionale ci fu, oggi il disegno
nostro, il disegno riparatore è compiuto. Ohe faremo d'ora in poi?
Ecco il quesito, Prima di passare a discorrere
dell'avvenire, io desidero di dire una parola relativamente alla condotta del Governo, contro il
quale, per una situazione molto singolare, è molto
probabile che io sia condotto a votare, mentre
esso ha intera la mia fiducia; dappoiché, se io
esamino il contegno del Governo in questa questione, sia nella parte militare, sia nella diplomatica io non posso che aver parole di lode sincera.
Io lodo il ministro della guerra il quale provvide con la possibile prontezza a ogni maniera di
servigi molteplici e malagevoli; lo lodo dello
avere lasciato libertà piena d'azione al generale
di San Marzano, non disgiunta però da quei consìgli di prudenza, i quali se debbono a parer mio
esser lodati da tutti, saran lodati tanto più da
coloro i quali (la vigorosa baldanza dell'onorevole
De Zerbi consenta questa parola che gii saprà di
pusillanime) 'paventarono le conseguenze politiche
di un insuccesso delle nostre armi, anche se facilmente, prontamente e certamente riparabile.
All'onorevole Cri spi debbo dar lode di fermezza, d'abilità, e d'accorgimento, i tre requisiti
principali dei buoni negoziati diplomatici.
Io lodo la fermezza, per esempio, con cui furono condotte le lunghe e non facili trattative con
l'Inghilterra per la sorveglianza reciproca sulla
costa da Massaua a Suakim,
Lodo la dignità con cui fu respinta la proposta dell'arbitrato, e accettata poi la mediazione
MAGGIO
Deputali
1888
del Governo della Regina; lodo Faccorgimento
con cui si impedì ad italiani di andare dallo Scioa
al campo del Negus, dove avrebbero potuto» rinnovarsi con molto danno nostro i guai toccati già al
Savoiroux e al Salimbeni; lodo infine la fermezza
e la dignità insieme con cui si impedì d'impacciarsi delle cose nostre a quel Re Menelik del
quale, per non provocare una guerra con lo Scioa,
non dirò la schiatta opinione mia. (Si ride).
Questo per il passato.
Che faremo dunque per l'avvenire? Qui si entra
in un pelago senza fine.
Il Libro Verde, che non è una lieta lettura e
che dice molte cose gravi, e altre più gravi ne
lascia supporre, il perchè siamo andati a Massaua non dice.
Io non so, o signori, se avvenga nella vita
dei popoli quello che nella vita degli individui«.
Certo è che quando un uomo, che s ; è cacciato in
una impresa senza sapere troppo il perchè, si accorge dell'errore suo e de' pericoli, e gli è grave
per una ragione qualsiasi di abbandonarla, allora
egli immagina, egli inventa i fini reconditi, gli
intenti utili; e per ogni ragione che gli consiglia
di ritirarsi, cento sofismi lo sospingono a progredire. {Commenti e approvazioni).
Io spiego così un fenomeno che osservo da tre
anni. Da tre anni sento parlare continuamente
dei guai, dei pericoli, dei danni, dei fastidi, che è
destinata a procurarci quest'impresa d'Africa.
Si scopron le tombe,
Si levano i morti,
per gettare loro in faccia l'accusa di avere iniziata una politica oziosa, dispendiosa, malaugurata.
Io ho visto venir fuori tutto l'attiraglio delle
vecchie citazioni classiche; epiteti del Petrarca,
emistichi di Lucano e 1' u Africa di mostri ultrice
e d'infeconde arene „ e poi? Poi quando siamo
qui, io non odo che paralleli con gli altri popoli,
che dati statistici, che citazioni in tutte le lingue
conosciute sul continente europeo, per dimostrarci
che noi abbiamo bisogno di possedimenti territoriali in Africa. A me pare che l'onorevole De
Zerbi solo sia logico. Egli dice che se non fossimo
a Massaua dovremmo andarci. Egli dice agli italiani: " L'Italia in Africa si sdoppierà, io vi domando danari non per dissanguarvi, ma per metterli ad interesse. Dalle vostre spese presenti
avrete larghi frutti più tardi. „ Io non esamino
adesso il valore di questo argomento, lo accenno;
ma l'onorevole De Zerbi non c'infastidisce di
quotidiane querele, non si lagna dei gravami fi-
Atti Parlamentari
LEGISLATURA XVI —
— 2495 —
2 a SESSIONE
—
DISCUSSIONI
naiiziari; non fa un'accusa all'onorevole Depretis
o all'onorevole Mancini di averci condotti in
Africa. E l'onorevole De Zerbi, dunque, io lo capisco; non capisco invece molti altri i quali affermano che ìa politica del Depretis fu cattiva,
che in Africa non ci si può far nulla e poi dimostrano la necessità di rimanervi. {Bravo!)
Ad ogni modo noi siamo a Sabati. Ma Sahati
o signori, non basta! Io non insegno strategia ad
alcuno ed ormai non sono neanche in grado d'impararla; ma io che ho fiducia nel Governo, credo
alle sue affermazioni. Ora l'onorevole Crispi, in
un'occasione solenne, quando s'iniziarono le trattative per la mediazione inglese, quando si parlò
per la prima volta della missione Portai ; in una
nota al nostre incaricato d'affari a Londra del 12
ottobre 1887, esponendo le condizioni sulle quali
sarebbe stato possibile discorrere di pace coll'Abissinia, scriveva:
" Il Governo italiano intende soltanto essere
rispettato nei territori che esso occupa e loro dipendenze, e procurarsi in tale intento tutte le garanzie strategiche necessarie. „ Questo al paragrafo quarto della nota. Al quinto poi è detto :
w
L'occupazione di Sahati ed Uaà ed il loro possesso non bastano a costituire le garanzie sufficienti di cui è parola nel paragrafo che succede. „
Dunque Sahati non basta. Bisogna andare oltre. Fin dove?
Io non sono ne soldato, ne figlio di soldato;
ma a voi un soldato parlò pochi momenti fa>
l'onorevole Marselìi; il quale vi ha detto, che quando
si tratta di strategia, non è questione di maggiore o minore ampiezza di territorio, ma è questione di date condizioni topografiche. Quindi vi
diceva: bisogna andare ad occupare l'Asinara per
avere la chiave dell'altipiano etiopico.
Andare ad occupare l'Asinara! ma come? Colle
forze presenti? Evidentemente no; i soldati che
abbiamo lasciati in Africa bastano appena a custodire e guardare i trinceramenti ed i forti colà
costruiti. E bisognerà progredire a quel modo che
abbiamo fatto, con quella prudenza che abbiamo
adoperata sin qui, vale a dire seminando di forti,
di zeribe, ogni chilometro di strada percorsa.
Dunque altri milioni, e un'altra spedizione in
autunno! Orbene, o signori, io che non porto in
questo dibattito se non un grande amore per il
mio paese, come ve lo portate tutti voi, non ho
nessuna difficoltà a confessare che, quando l'anno
scorso sostenni primo la tesi del rimpatrio, non
rappresentavo l'opinione di 5000 persone in Italia. Ma con la stessa schiettezza credo di poter
Camera dei
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TORNATA BELL* 1 1
MAGGIO
Deputati
1888
asserire che, se voi volete fare una nuova spedizione in autunno, il paese non è disposto a
seguirvi, e non l'approverebbe. (Bene! a sinistra)
E d'altra parte percorrete ancora il Libro Verde,.
e udite che cosa occorra per andare all'Asinara..
Non ascoltate me che non me ne intendo, ma.
ascoltate gli uomini tecnici ed i nostri capi militari in Africa.
Per andare all'Asinara, oltre una spedizione
numerosa di soldati, vi propongono insieme questi due espedienti: sollevare le popolazioni dell' Hamasen stanche delle violenze di Ras A lui a,
e - spingere contro gli. Abissini i Dervisci del
Sudan.
Lasciamo da parte il primo mezzo che può?
sebbene con difficoltà gravi e dispendi! gravissimi, essere adoperato; il secondo dubita ch«e non
ci porterebbe ad altro (the a guastare, le nostre
relazioni coll'Inghilterra, le quali è vanto diel presente Gabinetto aver fatto più cordiali e più
intime.
Ma non ci perdiamo in particolari. Si dice d a
alcuni: se c'è bisogno di occupare l'Asinara andiamo all'Asinara: e se dovremo far ìa guerra
tanto meglio: quanda non fosse altro sarà una
guerra pedagogica: cattivo argomento per me che
non voglio la guerra, e non credo alla pedagogia.
{Ilarità). No, o signori, non la voglio la guerr a
e precisamente consiglio di venir via da Saha ti,
perchè Sabati è la guerra, e una guerra coli'Aia issinia, per le ragioni che ho detto l'anno scorso,
e che io non desidero di ripetere, e qualche cosa
di così grave, e un'impresa così sterile., così priva
di ogni utilità che il fa rla mi pare ui\ rischio ed
un errore.
Ho affermato che, a senso mìo, l'occupazione;
di Sahati ci condurrà necessariamente alla guerra.
Vi dirò ora il perchè.
La nostra politica in Africa sino al 1887 firn
dopo Dogali, quale si manifesta nel Libro Verde y
è meravigliosamente contradittoria; poiché non
sapevamo che cosa fossimo andati a fare a Mas»
sana, così non sapevamo neppure che cosa volessimo, rimanendovi. Da un luto mandiamo il
capitano Ferrari con lettere auguste e con doni
al Negus di Abissinia, dall'altro inviamo armi al
re Menelik, che il Negus reputa nemico, e di cui.
conosce le mire ambiziose contro di lui ; da un latofacciamo proteste di amicizia a Ras Àlula, dall'altro accogliamo nel nostro campo Eantibai eh©
Ras Alula ci ha già dipinto come il peggiore dei
suoi nemici.
Che ne ò avvenuto? Che il Negus il quale da
3 principio aveva più fiducia negli Italiani ohe
Atti
Parlamentari
LEGISLATURA XVI — 2 a SESSIONE
2496
DISCUSSIONI
negìi Inglesi, e che desidèrava gli fossero da noi
confermati i patti del trattato di Adua, ora è insospettito e crede che noi vogliamo conquistare
l'Etiopia. Questo stato d'animo del Negus, del
quale si persuade chiunque legga il Libro Verde,
è già una pericolosa condizione morale: ma vi è
inoltre la ragione politica.
lì Negus crede che Sahati sia suo. Inutile star
qui a discutere se abbia o no ragione; lo crede.
Il trattato di Adua non traccia confini tra gli antichi possedimenti egiziani e l'Abissinia propriamente detta. Se si dovesse badare a certi documenti del Blue hook, al discorso dell'ammiraglio
Hewett che negoziò il trattato, si dovrebbe credere
che veramente l'ultimo confine assegnato agli egiziani, ai quali ci sostituimmo, fosse Monkullo.
Ma del resto, ripeto, non si tratta di ciò; l'importante è questo: il Negus crede che Sahati sia
suo, lo credono i suoi ras, lo crede il suo popolo.
Così essendo le cose, vogliate voi o non vogliate,
voglia o non voglia il Negus, Sahati vi condurrà
alla guerra; basterà l'incontro di due pattuglie
per rinnovarla.
La storia si ripete.
Se guardate, o signori, alle istruzioni date
dal Governo di Luigi Filippo al generale Clauset,
quando andò in Algeria con ordini di fare il
meno possibile, le istruzioni del generale BertolèViale al generale Di San Marzano vi parranno
calcate su quelle; e nonostante la prudenza consigliata, la guerra scoppiò e voi sapete quanti anni
durasse.
Non mi dite che grazie alla guerra fu conquistata l'Algeria; perchè io non mi oppongo a
ogni politica coloniale, mi oppongo a questa: mi
ci oppongo perchè credo, giacche appunto sì parla
dell'Algeria, credo coli'onorevole Marselli che
ostinandoci a restare nel Mar Rosso noi disperdiamo inutilmente le nostre forze, compromettiamo
i nostri interessi sul Mediterraneo.
Comunque sia, determinate per lo meno che
cosa rimaniamo a fare a Sahati: quali intenti vi
proponete.
Sento dire che noi rimarremo là simbolo e
strumento di civiltà. Simbolo può darsi, strumento no; perchè, che io sappia, la civiltà o si
porta, o si irradia o si infiltra.
Per portarla ci vogliono le armi e siamo daccapo
alla guerra; irradiarla non si può da centri come
Sahati o come Massaua, lontani dai centri maggiori dell'Abissinia e quando questa vi è chiusa.
Per infiltrarla ci vogliono le relazioni quotidiane
dei traffici e dei commerci.
Per avviare questi è necessaria la pace. Volete
Camera dèi
Deputati
TOBìiATA DELL' 11 MAGGIO 1888
la pace? Intendete prepararla? Ditelo; se il
Governo ci porterà proposte di pace dignitose
certamente io sarò il primo ad approvarle; appunto per questo io vi consiglio ad astenervi da
tutto ciò che può essere occasione alla guerra.
Poi lasciamo stare quest'argomento della civiltà; non voglio discutere: mi basta notare che
intanto oggi noi siamo gli alleati, sebbene indiretti, del Madhi e gli aiutatori dell'islamismo.
L'onorevole De Zerbi diceva: Ma non pensate
voi al domani? Io domando alla mia volta: Quale
domani ? L'onorevole De Zerbi ci magnificava i
vantaggi, che debbono derivare dalla nostra occupazione di Massaua.
Ma egli dice di sì, ed io no, e le nostre due
affermazioni, salvo la sua maggiore autorità, hanno
lo stesso valore. Di Massaua l'Inghilterra non ne
ha voluto sapere; ed ha sempre considerato che
se Massaua poteva dare qualche frutto, lo avrebbe
dato a patto che chi la occupasse fosse amico
dell'Abissinia.
La Germania, anche nel tempo in cui fu presa
dalla febbre dell'espansione fuori d'Europa, non
pensò ad occuparla; la Spagna che pure ha nel
Mar Rosso il transito verso i suoi maggiori possedimenti extra europei si contentò di porre sulla
spiaggia un deposito di carbone. E l'hanno lasciato a noi, proprio a noi tutto questo paradiso?
(Ilarità).
Io mi permetto di dubitarne. Comunque sia,
onorevole De Zerbi, quando si tratta dell'avvenire di un popolo, ci vuol altro che una affermazione, o un apoftègma; ci vogliono dimostrazioni e calcoli molto più precisi, di quelli che io
abbia sentito fare sin qui.
L'onorevole De Zerbi dice: Ricordatevi che
cosa era l'India prima della occupazione inglese.
Onorevole De Zerbi, io non capisco perchè lei che
sa tanto bene la storia, la voglia far disimparare
a me.
Ma l'India ha sessanta secoli di civiltà, e fu
conquista facile in tutti i tempi. E per giunta
terreno fertilissimo. E poi F India è stata conquidall'Inghilterra, oppure dai commercianti
che l'Inghilterra ha protetti ? L'Inghilterra ha
tratto dall'India assai più, che non vi abbia speso.
Dunque l'esempio dell'India non calza.
L'onorevole De Zerbi domandava ancora: Ma
che direbbe l'Europa, se noi ammainassimo la bandiera? Dirà che siamo un popolo sans esprit de suite.
Onorevole De Zerbi, dovrei dire, se giudicassi
da certi fatti, che noi siamo affetti da una morbosa e fantastica mobilità. Cinquanta anni fà,
quando l'Italia era sotto la soggezione straniera,
Atti Parlurmntari
LEGISLATURA XVI —
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2 a SESSIONE —
DISCUSSIONI —
noi non vantavamo che le grandi memorie degli
avi nostri ; e a dire la verità, nell'umiltà nostra
d'allora, poteva parere superbo quel vanto.
Oggi ci ha preso il male opposto; noi vogliamo
calunniarci ad ogni costo. Come volete che l'Europa dica che siamo un popolo sans esprit de
unite ?
Un popolo che, per secoli non ha avuto mai
che un solo intento, quello di comporsi in nazione; che, per 50 anni, ha visto e patiboli e
mannaie, e l'esodo continuo e doloroso dei suoi
cittadini migliori; e ha fatto sacrifizi di vite e
di sostanze, unicamente inteso a conseguire quell'intento; un popolo che, in momenti difficilissimi, ha, per far fronte ai propri impegni, quasi
essiccate le sorgenti del suo lavoro, sarà giudicato dall' Europa un popolo sans esprit de sùite ?
Il giudizio sarebbe leggero, e l'Europa non dà
di tali giudizi. Poi su questo che cosa dirà l'Europa? bisogna intenderci.
Un popolo, come un individuo, deve sentire
da se la propria dignità e in essa trovare le norme
alla propria condotta, non aspettare o invocare
i suggerimenti degli altri.
Che cosa è questa Italia, la quale prima di
determinare il proprio contegno porge l'orecchio
a Londra ed a Berlino? Io non la capisco. Se l'Italia doveva finire per imporsi questa servilità
spontanea intellettuale, non valeva la pena di costituirla in nazione. (Bene ! a sinistra).
Del rimanente nessuno ha proposto di ammainare la bandiera. L a proposta dell'onorevole fiaccarmi non ha questo significato, ne così suonano le
parole colle quali l'onorevole Baccarini la svolse.
Io, per conto mio, vado più in là dell'onorevole
Baccarini, e dico chiaramente e nettamente : avete
una colonia incipiente a Massaua. Volete proteggerla? Proteggetela. Lasciatevi la nostra bandiera e quel poco presidio che basti a custodirla;
e l'onorevole De Zerbi, stia tranquillo che gli altri
Stati ci stimano tanto, che se a Massaua sventola
la nostra bandiera, io sbarco che egli mostrava di
temere non avverrà.
Finalmente l'onorevole De Zerbi diceva anche
un'altra cosa, che non posso a meno di confutare, perchè mi parve che facesse una certa impressione sulla Camera.
L'onorevole De Zerbi disse: ma come, non pensate, che se non fate qualche cosa di grande, il
Quirinale sarà sempre minore del Vaticano?
Senta, onorevole De Zerbi, se Ella ha detto
ciò per chiudere il suo discorso felice, Ella ha
ottenuto l'intento; ma la sua frase abile non è se-
Camera dei
Deputati
TORIATA DELL' 1 1 MAGGIO 1 8 8 8
ria, ne rispetto alla politica, ne rispetto alla storia. E a me quella frase sembra un'eresia.
Ma come, il Quirinale più piccolo del Vaticano? No, l'onorevole De Zerbi non l ' h a detto
sul serio, me lo perdoni, od almeno la frase gli
è sfuggita nel calore della rapida improvvisazione; s'io non credessi così bisognerebbe dire
che le necessità della polemica sono tali, da costringere a capovolgere ogni retto criterio, a
smozzare le proporzioni della storia, e per crescere importanza a un fatto mediocre, come è
poi finalmente questa nostra spedizione in Africa,
a diminuire il significato del più alto fatto della
storia moderna.
No, il Quirinale sta allato al Vaticano; non
può essere, non gli sarà minore. Se non intendete che dietro a noi a Roma è venuto lo spirito nuovo, se non intendete che cosa significhi
il Quirinale, se non intendete che la storia la quale
tralascia, ne'secoli, i fatti che non servono a significare il progresso delle idee e sintetizza in una
linea quello che già si contenne in migliaia di
volumi, la storia scriverà nella stessa pagina il
nome di Costantino e di Vittorio Emanuele, che
vinse anche lui nel suo segno e nella sua croce,
simboli di un mondo che si rinnova; {Bravo!
Benissimo!) se voi non intendete tutto questo,
allora contendete pure per una landa arenosa
dell'Africa dove si perde con vergogna, ma nonsi vince con gloria.
Io aspetterò le dichiarazioni del Governo. Mi
dorrebbe se egli ponesse una questione di fiducia. Quando si tratta di patria e di ragione militare, e io veggo là l'onorevole Bertolè-Viale e
l'onorevole Crispi, i quali mi rappresentano le
forze più balde, più valide tra quante fecero
l'Italia, il vecchio nucleo dell'esercito piemontese, e la schiera gagliarda dei Mille, io non ho
bisogno che alcuno mi consigli ad avere in loro
fiducia.
Ma qui la questione non è di uomini. Ho fede
intera negli uomini, non la ho nelle cose.
E qui non si tratta oramai della responsabilità
collettiva di un Ministero, ma di quella individuale
che ognun di noi sente di avere innanzi alla
propria coscienza ed al proprio paese. (Bene!
Bravo! —• Applausi).
Presidente. H a facoltà di parlare l'onorevole
Toscanelli.
Toscane!!!. Nella lontana Etiopia le truppe di
Italia si trovano in guerra con l'Abissinia. Difronte a questo fatto che ha spiccatamente il
colore e l'impronta di un fatto che interessa il
nostro paese, lo spiritosi partito, le piccole lotte
Atti
Parlamentari
LEGISLATURA
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XVI
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2a
SESSIONE
—
DISCUSSIONI
che qui si combattono debbono scomparire completamente; è soltanto degl'interessi del paese
che noi ci dobbiamo occupare.
Ed io, da vecchio patriota, non posso mancare
a questo mio dovere e completamente mi dimentico se, al Governo, vi siano uomini nei quali
io abbia o non abbia fiducia; mi basterebbe di
poterla avere in questa questione, se essi mi dessero le assicurazioni clrare intorno a ciò che
intendono di fare.
In Inghilterra il Gladstone, avversario di Salisbury, è completamente d'accordo con lui nell'indirizzo della politica estera e lo sostiene.
Dai banchi di estrema sinistra l'onorevole Bovio, con nobile ed elevata parola, vi disse : ai
confini non vi sono partiti.
Parole d'oro! Nò io oggi voglio esaminare
quanto e come queste parole siano osservate da
quel lato della Camera. (Accenna all' estrema sinistra).
Non voglio farlo perchè là vedo una face di
libertà e di progresso, perchè là si trova il mio
cuore, sebbene non vi sia sempre la mia intelligenza. {Commenti).
Però vi è una cosa detta dall'onorevole Mussi
che io non posso lasciare senza risposta. Parve
a me che egli accennasse al desiderio che il diritto di pace e di guerra fosse deferito all'Assemblea; ora prego l'onorevole Mussi di considerare che l'ostacolo maggiore che impedisce oggi
al Governo francese di trovare alleati è precisamente ciò che egli desidera si faccia in Italia.
Perchè non è possibile che un Governo stipuli, anche avendone voglia, un trattato d'alleanza
con la Francia, quando spetta poi all'Assemblea
di deliberare se quel trattato debba essere eseguito, se la guerra si debba o non si debba fare.
Ora io non voglio davvero ridurre in quelle condizioni il mio paese.
L'onorevole De Zerbi, umano com'è, parve ritenere che, da questa parte della Camera, si fosse
antropofagi, si avesse un gran desiderio di spargimento di sangue. No, onorevole De Zerbi ; però
io la prego di considerare che se, oltre quello
che è stato fatto e che io approvo, il nostro esercito fosse uscito fuori dalle fortezze, avesse dato
battaglia, l'avesse vinta, avesse occupato stabilmente l'altipiano dell'Abissinia, grande gioia questo fatto avrebbe destato nelle nostre città, nei
nostri borghi e nei nostri casolari. Perchè, o
signori, l'umanità, specialmente l'umanità africana, si lascia molto affascinare dalla forza, e si
lasciano affascinare dalla forza ancora le assemblee. Perchè, non ostante le antiche avversioni,
Carnea dei
—
T0K3ATA
DELL'11
MAGGIO
Deputati
1888
che verso l'onorevole Crispi covano da quella parte
della Camera... (Accennando a sinistra).
Voci. Dove?
ToscasielSì. ... noi vediamo che esso, con la
forza, sa imporsi. (Si ride).
Io non ne ho affatto di avversioni, e sarei ben
lieto di poterlo sostenere; combatto soltanto i
suoi odierni atti, perchè non mi sembrano conformi al concetto della libertà e della moderazione, la quale deve essere, della libertà, compagna costante.
L'onorevole mio collega ed amico Martini, distintissimo letterato, pare che si compiaccia più
a cantare gl'innocenti trastulli delle pastorelle,
anziché i fatti forti di Marte. (Si ride).
Esso, ai tempio di Giano Gemello, preferisce
il tempio di Giano Bifronte; quel piccolo tempio di bronzo, ove la statua del nume guardava
ad oriente e ad occidente. Ma però questo oriente
e questo occidente l'onorevole Martini desidera
guardarlo e non toccarlo (Si ride), sebbene,
questa regola di guardare e di non toccare, egli
non la segua costantemente, in tutte le occasioni.
( Viva ilarità).
Oggi l'Inghilterra è alleata con 1' Abissinia,
nella guerra contro i Sudanesi: noi, alleati con
l'Inghilterra, combattiamo FAbissinia e la paralizziamo nella sua azione contro i Dervisci.
Perciò, o noi faremo guerra all'Abissinia, che
non sia efficace, e i risultamenti saranno ben piccoli ; o noi faremo all'Abissinia, guerra efficace,
ed allora correremo pericolo di rendere meno efficace l'alleanza coli'Inghilterra, che (nona mio
giudizio soltanto, ma a giudizio della grande
maggioranza della Camera e del paese) deve essere la principale base delle nostre alleanze con
le potenze estere,
L s onorevole Mussi ha creduto, leggendo il
Libro Verde, di trovarvi delle tracce di questo
concetto, e se n'è doluto; io3 invece, lodo grandemente il Governo, per aver seguita questa
via. Che se seguita non l'avesse, avrebbe mancato ai suoi doveri, avrebbe fatto un grandissimo danno al nostro paese.
Sì, o signori: desideriamo l'amicizia con l'Inghilterra; ma, fra amici, bisogna farsi dei piaceri
reciproci; e quando, in date eventualità, noi possiamo esser certi che la flotta inglese arriverà alla
Spezia ed a Genova, è dovere per noi, in altre
eventualità, usare degli atti di amicizia e di
deferenza verso il popolo ed il Governo inglese.
Così che, senza entrare in particolari, la campagna che è stata fatta, a me non pare che possa
battezzarsi col nome di campagna militare. No,
Atti Parlamentari
LEGISLATURA XVI —
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2
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DISCUSSIONI —
o signori, ò una campagna politico-militare, e,
se si considera dal punto di vista politico, è una
campagna clie è ben poco censurabile; se, invece, si guardasse soltanto dal lato militare, vi
sarebbero molte cose a ridire. Ma, dopo che il
Negus aveva offerto, con le sue lettere, la pace,
aveva rinnegato Ras Alula, aveva deplorato il
fatto di Dogali, aveva espresso il desiderio di
essere alleato con noi contro i Dervisci, sarebbe
stato atto politico uscir fuori dai trinceramenti,
e, mentre si ritraeva, aggredirlo ?
Se questo si fosse fatto, potrebbe oggi parlarsi
di pace? Potrei io oggi parlare di alleanza?
Dunque il generale San Marzano, che aveva
un incarico militare, ed un incarico diplomatico,
secondo me, ha perfettamente adempiuto ai doveri che gli spettavano.
Capisco che il mio argomento del doversi fare
alleanza con l'Àbissinia ha fatto l'impressione
d'una cosa eccentrica, d'una cosa strana. Ebbene,
io assicuro la Camera che sono venuto in questa
conclusione dopo lunghi studi, e lunghe meditazioni.
E prego la Camera di avere la bontà di ascoltarmi.
Anche quando si cominciò a parlare di alleanza
con l'Austria, questa proposta fece cattiva impressione, specialmente agli uomini che avevano
combattuto con l'Austria. Ma a poco a poco si
comprese che l'alleanza fra l'Italia e l'Austria
era pienamente conforme ai nostri interessi ; salvi
sempre i compensi che possono esserci dati in
caso di guerra combattuta insieme.
Sento parlare di tenere soltanto Massaua. Ma
dagli studi che io ho fatto su questa questione,
mi risulta che dalla parte ricca dello Scoa... (Si
ride).
Voci. Scioa.
Toscane!!!. Pigliatelo per Scioa (Ilarità), e dei
Galla, non vengono merci, per la troppa distanza,
a Massaua ; e dal Goggiam non ne vengono per
la difficoltà dei trasporti: quindi tutto il commercio di Massaua si riduce al Tigre, alla parte
più povera dell'Abissinia.
Per conseguenza, Massaua, come porto commerciale, anche ammesso che l'Italia sia in pace
con l'Àbissinia, ha un avvenire ben piccolo, ben limitato. Ad ogni modo una stazione navale l'abbiamo ad Assab e mi pare che sia sufficiente.
Punto d'onore!.., ma l'onore, se non è completamente soddisfatto, siamo vicini ad appagarlo completamente.
Io ho sempre sostenuto la politica coloniale,
ma l'ho sempre sostenuta ritenendo che questa
Camera dei Deputati
TORNATA DELL' 1 1 MAGGIO 1 8 8 8
politica non abbia la sua ragione di esistere se
non si fonda sopra il concetto dell'espansione coloniale. Ora questa espansione coloniale, siccome
il nostro territorio a Massaua è completamente
circondato dal territorio Abissino, non può ottenersi che facendo la guerra all' Abissinia, o facendo alleanza con l'Àbissinia, la quale dichiara
di concederci dei territori purché, insieme con.
essa, facciamo la guerra ai Dervischi.
Costretto a scegliere fra questi due sistemi,
dichiaro che, per le ragioni che esporrò fra poco,
il sistema dell'alleanza con l'Àbissinia a me
sembra assai preferibile. ( Commenti).
E verissimo che il paese dei Bogos è un Eden
è un Eldorado; si chiama in Arabo bel paese;
là il clima oscilla fra 14° e 29°; là vegetano
tutte le piante d'Europa e dei tropici; là vi sono
delle memorie italiane; là vi fu una ricca coloIonia fondata dal padre Stella; là infine per parecchi anni ha dimorato uno zio del nostro presidente, l'onorevole Biancheri (Si ride) ; e se un
giorno arrivati in quei paesi, dicessimo che il
presidente della nostra Assemblea è il nipote di
quell'uomo tanto benemerito di quei paesi, basterebbe questo a renderci simpatici. (Ilarità).
Ma a questo paese dei Bogos non ci si va volando come gli uccelli.
In quali condizioni si trova la strada che si
chiama buona ?
Fino a mezza strada non c' è acqua ; da Amba
fino ad Ain c'è un deserto, che si chiama il deserto di Sheb: questo deserto è lungo 30 chilometri (e noti bene la Camera che è la strada
buona) e non può esser traversato che di notte.
Da Ain a Herein vi sono delle vallate che,
nei punti più larghi misurano una larghezza
di 40 metri; poi si trova il monte Mohaber
dove v'è un viottolo tortuoso (Siride) il quale,
in un punto, secondo ciò che dice il Pernazzi,
ha la larghezza di soli 60 centimetri; bisogna
quindi levare il basto ai camelli per poterlo traversare.
Se tale è la strada buona, comprenderà la Camera quanto sia più difficile la strada cattiva.
Io non dico che, militarmente parlando, non
si possa, con la forza, conquistare l'altipiano dell'Asinara. Ma le difficoltà militari, ma i sagrifici
che dovremmo sostenere per arrivare a quest'obbiettivo, sono così forti, così rilevanti, che non
ne varrebbe la spesa. Quando possiamo avere
quei paesi consentendo all'alleanza che il Negus
ci offre, e quando noi, arrivati nel paese dei
Bogos, possiamo colà stabilire quello che si chiama
in linguaggio militare una base secondaria, non
Atti Parlamentari
LEGISLATURA XVI —- 2 a SESSIONE —
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DISCUSSIONI —
Camera dei
TORNATA DELL' 1 1 MAGGIO
Deputati
1888
so capire perchè non si debba accettare questa I potuto oggi l'onorevole De Zerbi fare il discorso
alleanza.
I che ha fatto, e dire che noi ci possiamo chiaE perchè la Camera comprenda tutta l'impor- mare pienamente soddisfatti ?
tanza della difficoltà delle strade le dirò che
No, non lo potremo dire. Dunque noi ci troquando gii egiziani s'impadronirono di Keren viamo in queste condizioni : dobbiamo mantenere
andandovi dal Sudan e di Massaua dal mare, la fede ad un trattato che abbiamo stipulato, e
per quattro anni continui, comunicazioni per terra, che, pubblicato nel Libro Verde, abbiamo fatto
fra Keren e Massaua, non vi furono, appunto per conoscere a tutta l'Europa (cosa che non fa mai
la difficoltà delle strade. (Interruzione).
l'Inghilterra, perchè nel Libro Azzurro trattati
All'interruttore che parla degl'inglesi rispondo : con le tribù Egiziane non si sono mai pubblil'Inghilterra si alleò con metà dell'Abissinia e con cati); perchè quando gli impegni sono presi si
questa metà, aggiunta alle sue truppe, vinse l'altra devono mantenere e non si deve far differenza
metà. In questo caso per vincere basta una com- fra gli impegni presi in Europa od in Africa e
pagnia : con metà dell'Abissinia e con una com- cogli Habab, quando questi portano la firma
pagnia italiana si vince l'Abissinia. (JSi ride). Ma della nazione.
le condizioni oggi sono molto mutate.
Circa un mese e mezzo fa (la Camera ramBisogna considerare che se si segue il concetto menterà che ne parlavano i giornali) gli Habab
dell'onorevole Marselli, e se si vuole militarmente minacciati da Osman-Digna avevano ritirate le
occupare l'altipiano, noi andiamo incontro ad una loro donne e i loro armenti sopra le loro mongaerra eterna con l'Abissinia, perchè, per quanto tagne; ora, se Osman-Digna li avesse attaccati
si fortifichi i valichi, è molto difficile impedire cosa avrebbe fatto il Ministero ? Avrebbe ademche uomini i quali si arrampicano come i gatti, pito, io domando, ai patti del trattato ?
passano dapertutto, traversino le nostre linee.
Certamente devo ritenere di sì; dunque oggi
Bisognerebbe che potessimo disporre di forze mi- l'Italia ha impegni tali che, volere o non volere,
litari molto rilevanti per difendere i nostri pos- con grandissima facilità ci possono portare, oltre
sessi.
che con l'Abissinia, ad avere una guerra coi SuCon mia grandissima meraviglia il documento danesi.
Tuttoeiò, confesso che costituisce una grande
più importante del Libro Verde, fino ad ora almeno, è passato inosservato tanto nella Camera, imprudenza, da parte nostra, a meno che non
quanto nei giornali ; accenno al trattato stabilito siamo disposti a cambiare politica, ed allearsi
con gli Habab. Altro che occupazione di Saati! con uno di questi due popoli.
Il capitano Ferrari, mandato presso il Negus,
10 richiamo l'attenzione della Camera su questo
punto. In quel trattato gli Habab si impegnano 45 giorni dopo il nostro sbarco a Massaua,
a fornirci quadrupedi e soldati, e lo hanno pun- scriveva così in data 23 marzo :
u
tualmente fatto. E posto in essere che gli Habab
Debbo aggiungere che il colore principale
diventano sudditi italiani. L'Italia per contro si . della politica abissina è un odio profondo e conimpegna formalmente a fornire agli Habab armi, vinto contro l'elemento musulmano, e specialmente
munizioni e soldati, noti bene ciò la Camera. un desiderio vivo di entrare in una azione colNoi, dinanzi all'Europa, ci siamo impegnati a lettiva con potenze amiche contro l'avanzarsi del
difendere il territorio degli Habab coi nostri sol
Mahdi. „
dati, da qualunque parte esso venga attaccato.
Il Negus, (leggo una parte della sua lettera)
Ora io credo che la responsabilità del Ministero,
dice
r
per questo atto, sia enorme, giacché esso non potrebbe giustificarsi qualora il Ministero non avesse
" Se Dio mi dà la forza, voi da una . parte ed
11 concetto della espansione. Io faccio una sola io dall'altra potremo combattere questi Dervisci
domanda. Generalmente i popoli giudicano le cose selvaggi e li distruggeremo allargando il nostro
dal loro successo. Io invece voglio vedere ed ap- paese. Ciò sarebbe preferibile. Io sono cristiano
prezzare la prudenza con la quale le cose pub- come voi (credo che lo sia anche più di noi).
bliche vengono condotte.
Siamo fratelli, la discordia nostra serve a far
Se, quando l'esercito del Negus era dinanzi ai ridere gli altri. „
nostri forti, avesse distaccata una colonna di 8000
Sento il mio vicino che dice che il Negus è un
o 10,000 uomini, e li avesse mandati contro gii
furbone.
Assaorta o contro gli Habab nostri alleati, ed
Il principe di Bismarcknon è forse un furbone?
avesse devastati i loro paesi r io domando : avrebbe !
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Parlamentari
LEGISLATURA XVI —
2 a SESSIONE —
DISCUSSIONI —
Io preferisco avere alleanza con i furboni che ?
non c®n i minchioni.
j
L'Inghilterra quando fece la guerra a re Teodoro si alleò col Negus attuale che era re del
Tigre ; ma Giovanni, patriota, si univa agli inglesi a patto che essi si impegnassero, a guerra
finita, di sgombrare interamente il territorio abissino; perchè egli non voleva associarsi a chi
fosse contrario agli interessi del suo paese.
Teodoro era un gran tiranno odiato da una
gran parte del suo popolo; ed accadde appunto
a lui quello che dissi quando sono stato interrotto; che, cioè, metà dell'Abissinia insorse contro l'altra metà. Invece il Negus attuale, la vinse
con 12,000 uomini, vinse uno dei suoi Ras che
ne aveva 60,000. Ha vinto due volte gli egiziani;
ed oltre il trattato concluso con gii inglesi, finita la campagna, ha concluso, poco tempo fa,
il trattato di Adua, trattato che eseguì fedelmente.
Ora se l'Inghilterra non ha avuto difficoltà ad
allearsi due volte con l'Abissinia non comprendo
in verità come per noi debba essere difficile,
molto più che il Debeb, membro della famiglia
del Negus, quando questi gli dette parola, che non
gli avrebbe fatto nulla di male, si affidò interamente a lui.
Dagli abissini noi fummo aggrediti; ma fu completamente ingiusta codesta aggressione? Esaminiamo un poco questa questione, perchè se io
dovessi ritenere assolutamente ingiusta l'aggressione che abbiamo avuto, avrei una grande ripugnanza a parlare.
Col trattato Hewett i confini non erano ben
definiti. E bene che la Camera conosca questa
questione dei confini. L'ammiraglio Hewett arrivò presso il Negus (Rumori), ciò risulta dalla relazione.
Voci. L'abbiamo letta.
Tosoanelii. No, non l'avete letta. (Si ride).
Arrivò presso il Negus, ed il Negus cominciò
a dire che voleva andare fino a Massaua; poi
dopo aver discorso molto, si adattò a lasciare
Monkullo, ma con grandi difficoltà. L'ammiraglio
Hewett, che aveva premura di concludere la liberazione delle guarnigioni egiziane, che si trovavano nell'alto Sudan, capì che, volendo definire
i confini, non poteva concluder nulla; perciò lasciò
indefinita la questione dei confini, con una parola
generica : paese dei Bogos.
L'onorevole De Zerbi, quando l'onorevole Martini disse che esso aveva asseverato che i confini
erano definiti, interruppe dicendo: no; ma una nota
del libro del Ghiaia, conferma l'affermazione dell'onorevole Martini.
352
Camera dei
TORNATA DELL' 1 1 MAGGIO
Deputati
1888
Dunque, onorevole De Zerbi, se la sbrighi con
l'onorevole Chiala. (Si ride).
L'onorevole Bonghi disse che i confini erano
mal definiti ; il nostro ambasciatore a Parigi, Menabrea, parlando con Flourens, disse che erano
definiti.
L'articolo 6 del trattato di Adua stabilisce, che, in
caso di lotta fra l'Egitto e l'Abissinia (noi eravamo
succeduti nei doveri e nei diritti dell'Egitto) in
caso di lotta si sarebbe dovuto ricorrere all'arbitraggio della Gran Brettagna.
Se a Ras Alula, che, 14 o 15 giorni prima del
fatto di Dogali diceva, con buone maniere: intendiamoci, voi occupate il paese del Negus, si
fosse risposto noi crediamo di avere il diritto di
star dove stiamo e se egli avesse insistito, dicendo che il territorio da noi occupato era territorio del Negus, si doveva invocare l'articolo 6
del trattato di Hewett e domandare l'arbitraggio
dell'Inghilterra ; se tutto ciò si fosse fatto, vi assicuro che l'eccidio di Dogali non sarebbe avvenuto.
Si duole il Negus perchè in quel trattato era
stabilito che il commercio doveva esser© libero,
ed ora non lo è.
Io, certamente, non voglio esaminare chi abbia ragione, o chi abbia torto, ma voglio solo
notare, che, dalla parte del nostro avversario,
perchè anche le cose, che riguardano gli avversari, vanno riguardate con imparzialità, ci sono
delle attenuanti e si possono anche trovare delle
scuse. (Si ride).
Io dichiaro che, per queste ragioni, ho fiducia
nel Negus, non meno che nel principe di Bismarck.
Poiché l'onorevole Crispi è tanto amico del
gran cancelliere, credo sarebbe bene fosse amico
anche del Negus. (Si ride).
Io faccio una domanda: se si fosse accettata
l'offerta che l'Inghilterra 4 o 5 anni fa ci faceva
di unirsi a lei in Egitto, si sarebbe, o no, fatta
questa guerra al Sudan?
La Camera allora si lamentò che in Egitto non
fossimo andati.
Se fossimo andati, la guerra si sarebbe fatta
certamente.
Per qual ragione la guerra col Sudan allora
sarebbe stata un bene, ed oggi non lo sarebbe?
Confesso che non arrivo a comprenderlo.
Alla caduta di Carthum ci fu un entusiasmo
generale nella Camera e nel paese. Si pensò di
offrire la nostra alleanza all'Inghilterra, ma essa
non la credette opportuna in quel momento ; però
credo, che, siccome l'Inghilterra si trova in guerra
Atti
— 2502 —
Parlamentari
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DISCUSSIONI —
col Sudan, essa eertamente non domanderebbe
di meglio che un'allenza fra l'Italia e l'Abissinia,
stabilendo bene le parti die ciascheduno dei
due popoli dovrebbe avere, e specialmente facendoci cedere dall'Inghilterra il porto di Suakim,
perchè il vero porto del Sudan non è Massaua,
ma Suakim.
Questa sarebbe una buona espansione coloniale che certamente otterremmo non senza sacrifici, ma con sacrifici minori che facendo guerra
all'Abissinia.
Se poi l'Inghilterra della nostra alleanza non
ne volesse sapere, questo, secondo me, non sarebbe
un ostacolo a che l'Abissinia e noi facessimo la
guerra al Sudan, molto più che, regalando dei
fucili all'Abissinia, con munizioni e cartuccie,
offrendo dei talleri e delle campane e promettendo di trasportare, ogni anno, in Terra Santa
un migliaio di pellegrini, io credo che l'Abissinia farebbe dei grandi sacrifici, e darebbe,
per la guerra del Sudan, urna quantità di soldati
molto superiore a quella che daremmo noi» In
una parola vi sono dei mezzi di compenso che
per noi hanno un valore limitato, e che per gli
abissini lo hanno grandissimo.
Ho dimenticato di porre, fra le offerte, il vino
per la messa, al quale tanto tiene il Negus. (Si
ride),
I® non descriverò il Sudan, ma tutti coloro
che si sono occupati di cose africane, sanno che
il Sudan è un paese fertile, dove si può estendere la nostra influenza, e fondare una colonia
veramente seria ed efficace,
Ma si oppongono le condizioni dell'Europa.
Prima di tutto, queste condizioni dell'Europa
sono curiose. Si dice, che mai da noi muoveremo
guerra alla Francia o alla Russia.
La Francia e la Russia, alla lor volta, dicono
che mai muoveranno guerra a noi. E dal 1884
che ci troviamo in queste condizioni. Queste
condizioni si possono protrarre per molti anni.
Ebbene, per queste condizioni che possono durare indefinitamente, noi rinunzieremmo alla nostra espansione e rischieremmo per una serie di
anni di rimanere addormentati e nell'inerzia?
Perchè, onorevole Martini, sta bene che noi abbiamo fatto cose grandi col risorgimento italiano,
ma appunto perchè siamo nazione giovane abbiamo bisogno di affermarci.
Ad ogni modo alleati dell'Inghilterra, che male
vi sarà se, in caso di una guerra, dovremo richiamare i nostri soldati che possono tornare in Italia
in 15 giorni.
Non ci vedo alcun male e nessuno inconve-
Camera dei
TORNATA DELL' 1 1 MAGGIO
Deputati
1888
niente. Così facendo, l'alleanza nostra coli'Inghilterra si consoliderebbe grandemente ed avremmo
confinanti i possedimenti inglesi coli' Egitto.
D'altronde piaccia o non piaccia, nell'anno decorso la popolazione, non tenendo conto dell'emigrazione, aumentò di 320,000 abitanti. Siccome
noi abbiamo tante statistiche e da altre statistiche
risulterebbe diversamente, io rn' attengo a quelle
del commendatore Bodio, del Ministero di agricoltura e commercio.
Dunque, dicevo, dalle statistiche risulta che ìa
emigrazione fu nel 1887 di 154,000 italiani- Ma
mandiamone 100s000 in quei paesi, e dopo 10
anni diventeranno un milione. Allora la colonia
potrà mantenersi da sè, e non aver più bisogno
dell'aiuto nostro, E l'onorevole Magli ani potrebbe
allora cominciare a far pagare la ricchezza mobile anche agli abitanti della colonia.
Sono lieto di poter dire questo all'onorevole
Magli ani che con grande piacere è tornato fra
noi, e che io, nella prossima discussione finanziaria, mi propongo di difendere, pure, dichiarandogli, per ragioni di prerogative parlamentàri, che
sarò costretto a votargli contro. ( Viva ilarità).
Non è possibile pensare ad un forte sviluppo
del nostro commercio e della nostra marina senza
dare al paese uno sviluppo coloniale. Sono due
questioni insieme strette e connesse. E una marina forte e potente, se non si parla di espansione
coloniale, noi non la possiamo assolutamente avere.
Si parla sempre dell'Agro romano. Ma io credo
d'intendermene un po' di agricoltura, e posso assicurare la Camera che, dal punto di vista del
tornaconto, i possessori attuali dell'Agro romano,
se si propongono di renderlo fertile come la Toscana e come le valli della Lombardia (Interriizioni), vi avranno una grandissima perdita; e pretendere che chi possiede un terreno, per la gloria
per il benessere generale, faccia dei sacrifizi economici, è una idea che può aversi, ma che in realtà
è molto difficile di ridurre in pratica.
Ad ogni modo è verissimo quello che disse l'onorevole De Zerbi : lo sviluppo economico non è mai
in rapporto con lo sviluppo delle popolazioni. Bisogna, per conseguenza, fare quello che fanno tutti
gli altri popoli; e quando noi vediamo che la Francia, la Germania, l'Inghilterra, l'Olanda, il Belgio,
la Danimarca, la Spagna, il Portogallo hanno tutti
colonie (Rumori)..,, C' è poco da dire, è proprio
così! Perchè dobbiamo credere che tutti facciano
male, che tutti facciano una politica falsa e che soltanto abbiano ragione coloro i quali vorrebbero che
ci rinchiudessimo dentro noi stessi come la chiocciola, e che non ci espandessimo? Capisco che le co-
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Camera dei
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Deputati
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Ionie fatte da chi ci precedette erano in condizioni | montagna, ma dove il terreno è ondulato, i canmolto migliori delle nostre. Si trattava di andare noni da montagna vi si trasportano con molta
a trovare degli indiani e delle pelli rosse, e ora si difficoltà.
tratta di dover colonizzare in mezzo a popoli molto
Dunque questa nostra superiorità ha un valore
guerrieri. Ma, nonostante questo, non soltanto molto minore di quello che, generalmente, si vuole
l'Italia, ma tutto il mondo tende a colonizzare assegnare.
l'Africa. L'Africa, dal punto di vista coloniale, è il
Io. credo che, se il Negus si è indotto a doproblema coloniale del secolo a cui sono rivolti gli mandare la pace, vi si è indotto specialmente
sforzi di tutte le nazioni.
a cagione del blocco, il quale fa un danno enorme
E non so assolutamente capire perchè anche al Negus, perchè rinchiude l'Abissinia ed impenoi, che oramai abbiamo fatto dei sacrifizi, che disce ad essa qualunque commercio; ed anche pel
ormai possediamo un punto importante nell'Africa, desiderio di fare alleanza con noi.
di questa questione coloniale non ci dobbiamo ocPer queste considerazioni, la Camera comprencupare.
derà che io sono contrarissimo al concetto di
Per queste considerazioni ritengo che rifiu- restare soltanto a Massaua, ed anche all'altro
tare l'alleanza che offre l'Abissinia, sia un grande concetto patrocinato dall'onorevole Martini e da
altri (mi pare anche dall'onorevole Baccarini), di
errore politico.
Credo che l'unico modo di espandere le nostre lasciare Massaua quasi o del tutto indifesa, tanto
colonie, o almeno il migliore, sia quello che ho da poter essa diventare, da un momento all'altro,
la preda del primo occupante.
teste patrocinato.
Se la Camera me lo permette, mi riposerei per
Perciò io non ho approvato il Governo, che,
scrivendo al Negus, risponde soltanto all'offerta cinque minuti. (Ooh! ooh!)
di pace, e non ha nemmeno una parola di rinPresidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
graziamento per l'offerta fatta con tanto bel garbo Riccio.
di amicizia e alleanza.
Toscane!!!. Se dà facoltà di parlare ad un'altro,
L'anno decorso negai i fondi, che erano ri- allora continuo. {Ilarità)*
chiesti, perchè mi parve che si volesse fare una
Presidente. Doveva rivolgersi al presidente,
politica poco efficace e poco razionale.
per chiedere di riposare.
Io dissi, allora, che gli abissini non ci avrebToscanelli. Chiedo scusa all'onorevolissimo prebero attaccati; mi pare di averlo indovinato! sidente. {Ilarità).
Dissi che un esercito piccolo era insufficiente:
Domanderei un pò di riposo.
mi pare di avei'lo indovinato! Dissi che un eserPresidente. Riposi, riposi pure; ne ha diritto
cito grosso non si poteva mantenere, e il mini- come gli altri. {Breve pausa).
stro della guerra ci ha detto che un esercito
L'onorevole Toscanelli ha facoltà di continuare
europeo, per ogni giorno di marcia, ha bisogno il suo discorso.
di 8,000 quadrupedi, e per dieci giorni e per
Uno voce. Abbrevia più che puoi.
30,000 uomini di marcia, siccome gli abissini
Toscane!!!. Abbrevia più che puoi? Quando ho
hanno l'abitudine di fare il vuoto e ritirarsi, ci fatto un disegno non posso abbreviare.
vogliono 80,000 quadrupedi.
Adesso viene la parte brillante. {Viva ilarità).
Dunque il mio dilemma: esercito piccolo non
Passiamo all'esame di quel che fece il Governo,
basta, esercito grosso è impossibile approvvigio- e di quel che si propone di fare. Militarmente,
narlo, è stato provato completamente esatto dai l'ho beilo e detto, non si è fatto abbastanza. L a
fatti.
campagna, come campagna politica-militare, non
L e forze dell'Abissinia, ci ha detto il presi- può essere censurata.
dente dei Consiglio, che ammontano a 100,000
Però non si sono tirate fucilate ; e questo dà un
uomini, quelle spiegate contro di noi, quelle dello gran prestigio al nostro genio militare. Tutto il
Scioa, l'Antonelli riferisce ammontare a 120,000, mondo si meraviglia della celerità con cui il nosenza contare le truppe del Goggiam che sono stro genio militare costruisce delle fortezze ; ma,
impegnate contro i Dervisci.
francamente, se questo prestigio 7del genio miliDunque si tratta di fare la guerra contro un tare si fosse esteso alle altre armi dell'esercito, sapaese molto forte, e, militarmente considerato, rebbe stata una gran bella cosa.
assai temibile.
Certamente è stata una fortuna che le cose di
Africa
fossero affidate ad un uomo esperto come
E vero che noi abbiamo la superiorità in parecchi punti, e specialmente per i cannoni da il ministro della guerra; esso le ha condotte con
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Parlamentari
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molto sapere, e chi sa, se fra iì ministro della
guerra ed il presidente del Consiglio si barattassero i portafogli, forse ci potremmo anche intendere. (Ilarità).
Certamente l'onorevole Crispi ha dei meriti in
tutta questa faccenda, ma i meriti suoi sono molto,
molto minori.
L'altro giorno, il presidente del Consiglio, rispondendo all'onorevole Bonghi, che aveva parlato del discorso di Torino, disse: non si usa di
rispondere delle cose che avvengono fuori della
Camera. Questi sono momenti nei quali si vuole
inaugurare un sistema di governo diretto a paralizzare i diritti e le attribuzioni della Camera.
Questo concetto che non si possa discorrere del
programma fatto a Torino io non posso assoluta»
mente adottarlo, molto più che il presidente del
Consiglio, quando era deputato le mille volte ha
parlato del programma di Stradella.
Nel Parlamento inglese le mille volte si discutono i discorsi fatti dai ministri al banchetto del
lord mayor, si discutono i discorsi fatti dai ministri dinanzi ai loro elettori.
Questa teoria io non l'accetto.
Pigliamo le cose come sono. Non facciamo una
Inghilterra che non esiste.
Tutti gli atti perpetrati (Ilarità),
sì perpetrati dai ministri hanno carattere di pubblicità,
e noi abbiamo il diritto di discuterli, di esaminarli, e questo nostro diritto non può essere oppugnato in modo alcuno.
Presidente. Questo non ha a che fare con la
questione.
Toscanelii. Ma sì che ci ha a che fare, poiché
l'onorevole presidente del Consiglio ha detto che
non vuole che si parli del discorso di Torino, ed
io credo di aver diritto di parlarne.
Presidente. Ma venga alla questione!
Toscanelii. Quanto fu detto sull'Africa nel discorso di Torino, fa molto imprudente-, perchè
quando un paese si trovava in istato di guerra
guerreggiata con un altro paese, il Governo doveva dire: " Avete fiducia? votate per me-, se
non l'avete, mandatemi via „ ma quel che intendeva fare non doveva dire: ecco quale doveva
essere il linguaggio del Governo! (Bene!)
Dicevo poc' anzi che ora è sistema di Governo di voler restringere le nostre attribuzioni
e mi pare di aver ragione; non si vogliono accettare le interpellanze, non si tiene conto delle
cose dette in occasione della discussione dei b i lanci ; i voti segreti non valgono; i voti pubblici valgono per mandar via noi e non per man-
TORNATA DELI,' 1 1 MAGGIO
1888
dar via i ministri... ma che sistema di libertà è
questa? (Bene! — Ilarità).
Il Negus non ignora affatto le cose nostre, e
tutto quel che diciamo qui lo sa benissimo; ci
sono i nostri avversari che hanno cura di farglielo conoscere e non mancano le ragioni per tenerlo ben informato.
Perciò l'aver detto quel che fu detto a Torino, lo ripeto, non fa completamente conforme
al senno politico
Farò un rapido esame (Oh!)... rapido, rapidissimo, del Libro Verde ; ma v'è una parte che
riguarda un mio carissimo amico che non posso
assolutamente lasciare senza risposta.
E uso diplomatico che, quando si pubblicano
dei documenti diplomatici, si consulta iì ministro
al quale questi documenti si riferiscono.
Io sono stato assicurato che l'onorevale Mancini non fu consultato per sentire se consentiva
0 no, che fossero pubblicati quei documenti e
ne fossero omessi altri : ora questo è contrario
a tutte le regole diplomatiche, e specialmente,
contrario a tutte le regole seguite in Inghilterra.
E quei riguardi dovevano aversi specialmente
verso l'onorevole Mancini, il quale il 28 giugno 1884 rispondendo all'onorevole Crispi aveva
detto: " ...ed io penso che se un giorno potrebbe
esservi in cui l'Italia dovrebbe temere di essere
umiliata, sarebbe quello in cui la politica estera
fosse affidata ai consigli dell'onorevole Crispi. „
(Viva ilarità).
Dopo questo precedente bisognava avergli un
riguardo speciale, come è dovuto a me, quale opsitore.
In questo Libro Verde e riprodotta una lettera
che il Negus scrisse alla regina d'Inghilterra,
e che ufficiosamente il Governo inglese a noi
trasmise. Ma il ladd, l'ho proprio imparato a
mente quel suo libro, per vedere se le costumanze
inglesi sono osservate, nel tomo 1° a pagina 605
scrive :
" E contrario all'etichetta che si osserva verso
1 principi sovrani, comunicare al Parlamento
lettere ^autografe, da essi indirizzate al Monarca
della Gran Bretagna; si usa invece che il segretario di Stato riferisce la sostanza di tali lettere
in un dispaccio ufficiale accusandone ricevuta, nel
qual modo si conserva un ricordo ufficiale del
loro contenuto. „
Se non si pubblicano nel Parlamento inglese,
a maggior ragione quella lettera non doveva essere pubblicata e comunicata al Parlamento i t a '
liano.
Atti
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Parlamentari
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2a
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-
DISCUSSIONI —
Con alcuni di questi dispacci pubblicati, è
stato compromesso Re Menelick, Meri ab rea ed
il compianto mio amico Depretis.
Non citerò altro, perchè'le Camere vogliono
la sintesi e voi tutti l'avete letto il Libro Verde;
il presidente del Consiglio dirà di no, come disse
interrompendo l'onorevole Pozzolini, ma voi apprezzerete se quello che dico è o no vero.
10 confesso francamente, non ostante che sia
oppositore dell'onorevole Crispi, di riconoscere
che egli ha molte delle qualità dell'uomo di Stato,
ma credo anche che manchi di alcune più essenziali, che deve avere appunto l'uomo di Stato
(Si ride); tuttavia ritengo che ne possegga abbastanza per comprendere benissimo la sconvenienza di pubblicare nel Libro Verde questo
dispaccio. La Camera lo conosce ; ma qui parliamo anche al paese che non lo conosce, e perciò
lo cito :
u
Roma, 3 gennaio 1888,
a
Rispondo al telegramma da Lei inviatomi
la notte scorsa. Il marchese di Sahsbury ha ragione : se i negoziati fossero stati iniziati a tempo
opportuno, avrebbero potuto avere un esito favorevole. Faccia notare però al nobile lord che
al mese di giugno io non ero ministro degli affari esteri; se lo fossi stato, non avrei esitato, e
infatti, appena ebbi la direzione della politica
estera, mi affrettai di dare seguito alle amichevoli propeste dell'Inghilterra, che il mio predecessore, di già gravemente infermo, aveva lasciate senza risposta, nonostante le premure del
ministro della guerra. La mia coscienza mi è testimonio che non ho colpa alcuna nel ritardo.
tó
Ringrazi Sua Signoria dei suoi preziosi consigli, dei quali il ministro della guerra terrà il
maggior conto.
u
Crispi. „
Ebbene, bisogna che la Camera abbia un po'
di pazienza : si tratta di un mio amico carissimo, che in questa Assemblea aveva una grande
maggioranza, e soltanto due gli facevano opposizione, l'onorevole Bonghi ed io; ebbene noi due
soli, ora, siamo rimasti a difenderlo ! (Ilarità).
11 30 giugno lord Salisbury parla vagamente
di mediazione al nostro incaricato di affari a
Londra; il 4 luglio arriva il dispaccio che dava
questa notizia. Il 4 luglio, pagina 127 del Libro
Verde, il Depretis risponde e dice che, trattandosi non di una offerta concreta, ma di un'offerta vaga, la nostra risposta era intempestiva,
e che perciò era inutile qualunque nostra enunciazione.
Camera dei
T O R N A T A DELL* 1 1
MAGGIO
Deputati
1888
Il 16 luglio il Catalani avverte che era arrivata
una lettera del Negus alla Regina d'Inghilterra,
e il Depretis eoa suo telegramma del 17 luglio la
richiede.
Il 21 luglio accetta la mediazione purché la
pace sia chiesta dal Negus e questi si sottometta
a giuste esigenze.
Dal 21 luglio al 29 luglio stesso non c' e nessun dispaccio.
Il 29 Depretis muore; e come si fa a dire che
questo pover'uomo, che avrà avuti dei torti, ma
che pure ha resi tanti servigi al paese e, se non
fosse altro, quello di aver resa possibile la sinistra
al potere, abbia fallito; comesi fa ad accusarlo così,
per accusarlo, senza giusto motivo? Io capisco
che quel dispaccio è stato scritto in fretta, e probabilmente il presidente del Consiglio non avrà
avuto tempo di esaminare i dispacci che erano
pubblicati nel Libro Verde, altrimenti sono sicuro
non l'avrebbe lasciato pubblicare, e sono certo
che esso stesso ne sia dolente. Ma questo che cosa
prova? Che ha troppe cose da fare, e non può
badare a tutto. (Ilarità).
E non è assolutamente possibile pensare diversamente ove si rifletta, e si consideri che precisamente l'anno scorso nella seduta del 25 giugno il
presidente del Consiglio rispondendo all'interpellanza Cavallotti che temeva che le nostre cose
estere non fossero abbastanza accuratamente affrettate rispondeva : " E poiché il nome venerato
del nostro capo è uscito dalla mia bocca dirò anzitutto che anche dal letto del dolore egli continua ad occuparsi degli affari, e che le relazioni
della politica internazionale sono ancora da lui
trattate. „
E più sotto.' " Io potrei più lungamente e fortemente rispondore all'onorevole Cavallotti, ma
da questo posto è necessaria una parola franca ed
insieme tranquilla, l'uomo di Governo che si appassiona è indegno del posto che dal Re gli fu
confidato. „ Parole d'oro che non furono molto ricordate quando fu redatto quel dispaccio.
Nel libro del Iadd tomo 2° pagina 213 è
scritto (usi parlamentari inglesi), che nel 1850
la Regina Vittoria con sua lettera diretta a lord
John Russel presidente del Consiglio relativamente alla condotta di lord Palmerston ministro
degli affari esteri, scriveva così: " La Regina
si attende di essere informata di ciò che si è
concertato tra lord Palmerston e l'ambasciadore
francese prima che si prendano importanti decisioni, e di ricevere i telegrammi esteri in
tempo utile che il testo dei telegrammi le sia
inviato in tempo per modo che essa possa apprez-
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LEGISLATURA XVI —
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a
SESSIONE —
zarne il contenuto prima che siano inviati
Governi esteri. „
DISCUSSIONI —
ai
Essendo tali le abitudini inglesi ed il presidente del Consiglio dicendo sovente che le segue,
mi pare che sarebbe molto più opportuno che in
questo caso dichiarasse che se ne è allontanato,
altrimenti resta sempre il dubbio che quel telegramma sia stato fatto vedere a chi di diritto,
prima eli essere stato inviato. E giacche non sono
stato capito mi spiegherò bene.
10 credo che la Corona non avrebbe mai permesso che quel telegramma fosse inviato.
11 2 dicembre 1851 lord Palmerston si permise
di fare una conversazione fuori della Camera
su certi fatti di politica estera; e per questa
conversazione fu invitato da lord Russel, per incarico della Regina, a dare le sue dimissioni; e
si dimise. Cosicché se il presidente del Consiglio
fosse stato ministro in Inghilterra, dopo la prima
intervista sarebbe stato invitato a dimettersi.
(Ooh/)
Mi pare dunque che da tutto questo risulta
che i dispacci messi nel Libro Verde non sono
stati abilmente scelti, che i tre dispacci del Depretis non furono preventivamente letti, che la
redazione dei dispacci del ministro Crispi, lascia
molto a desiderare.
II presidente del Consiglio rispondendo all'onorevole Bonghi chiamò gli Abissini selvaggi mentre assolutamente non lo sono.
E come si può chiamarli tali mentre le due
lettere del Negus, nel Libro Verde, appaiono
brillanti e perle, che si trovano ascose in mezzo
a delle amatiste, che di tutte le pietre sono le
più triste; ( S i r i d e ) e questo accade sebbene noi
siamo padroni dell' isola di Dahlac el Bebi situata dirimpetto a Massaua, ricchissima di perle
e per questo cantata nei canti popolari delle muse
Abissine. (Si ride).
L a questione d'Africa io non sono arrivato a
comprenderla altrimenti che per due interrogazioni
che mi ha fatto una mia contadina.
Questa mia contadina aveva un figlio in Africa
e mi domandò: Signor padrone, cosa ci siamo
andati a fare? Mi trovai molto imbarazzato a
rispondere: ma per il momento alla meglio ri
sposi. Poi mi disse: Ma, signor padrone, cosa si
guadagna quando si è presa quella roba che vuol
prendere il Ministero ? Qui poi dichiaro, che
non fui più al caso di rispondere. (Ilarità).
Ora se noi guardiamo le condizioni, alle quali
il Ministero è pronto a fare la pace, cioè una giornata di cammino al di là di Sahati e di Uaà ;
Camera dei
TOKNATA DELL' 1 1 MAGGIO
Deputati
1888
quando incontrerò la mia contadina gli dirò: ab*
biamo fatto la politica coloniale d'espansione.
Ma questa espansione l'abbiamo fatta in un
paese, dove c'è pochissima terra e molta rena;
dove manca l'acqua, dove per far da cucina bisogna portar le legna dall'Italia; dove c'è un numero infinito di mosche, di tafani, e di iene; ed
io sono sicuro che la mia contadina non rimarrà
appagata, di questa politica coloniale d'espansione.
Cosicché venendo alla conclusione, noi abbiamo
una guerra coll'Abissxnia; abbiamo contratto impegni che molto facilmente condurranno alla guerra
col Sudan.
Per compiere felicemente questa guerra, e per
fondare in Africa, fra i Bogos una vera colonia,
occorre l'alleanza con l'Abissinia.
Capisco che si possono fare molte obbiezioni a
tutto questo ; specialmente obbiezioni finanziarie;
però a ciò mi pare di aver già risposto. Io credo
che dopo pochi anni, la colonia potrebbe mantenersi da sè; e che di qui a 20 anni, in caso di
guerra in Europa, la colonia potrebbe essere in
grado, di mandare un corpo d'esercito in Europa
a combattere. (Ehee!).
C'è poco da dire: Ehee! (Siride).
Basta saper fare, e fare.
Ora questa campagna che si dovrebbe fare contro il Sudan, a mio parere, non presenta gran pericolo, non presenta grandi difficoltà.
Credo che si debba circondare il nostro esercito di prestigio e di tradizioni militari.
Io non nascondo che Machiavelli l'ho studiato
un poco; e Machiavelli dopo aver analizzato e
parlato di tutti i sistemi, e di tutte le forme dì
Governo, conclude che il Governo misto è il
migliore di tutti. Noi abbiamo la Camera che
rappresenta il popolo, abbiamo rappresentati nel
Senato gli ottimati, abbiamo nella Corona rappresentato il principio monarchico. Dunque a b biamo Governo misto, e dobbiamo fare politica
mista.
Certamente la politica, che io desidero, non è
la politica borghese, non è la politica del quarto
stato, è la politica romana.
A Roma, durante mille anni, solo otto volte, e
per piccolo spazio di tempo, si tennero serrate le
porte del tempio di Giano gemello, che sedeva ai
piedi del Capitolino, di faccia al teatro di Marcello.
È perchè i romani fecero così furono grandi.
Siamo venuti a Roma, vogliamo stare a Roma,
facciamo dunque la politica romana.
Questa è la mia opinione. (Bene! Bravo!)
Atti Parlamentari
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Camera dei Deputati
LEGISLATURA XVI — 2 SESSIONE — DISCUSSIONI — TORNATA DELL' 1 1 MAGGIO 1 8 8 8
a
onorevole ogni soldato speciale costa circa due volte e mezzo
un soldato ordinario; e che per conseguenza per
Riccio. Dopo lo splendido discorso dell'onore- cinque mila soldati speciali si paga il corrispetvole Martini, rinunziò a parlare: poiché non tivo di circa 12 mila soldati ordinarli, mentre la
potrei che ripetere malamente ciò che egli tanto forza effettiva resta sempre di cinquemila. (Coneloquentemente ha detto. Dirò soltanto alcune versazioni). In tal modo è vero che non si depauparole per dichiarare il significato del voto che perano i 10 reggimenti, ma è vero altresì che si
depaupera invece la scarsella dei contribuenti) ;
sarò per dare.
5° La possibilità di complicazioni future che
Io ho fiducia nel Ministero Crispi, non sono
potrebbero
imporci gravissimi sacrifizi. „
un oppositore. Ma se l'onorevole Crispi mette la
questione di fiducia sulla continuazione dell'occuE le complicazioni vennero, ed i sacrifizi
pazione militare in Africa, sarò costretto a votargli pure !
contro per non mettermi in contradizione con me
E soggiungeva:
atesso: giacche io sono staio sempre avverso a
Ma ammaineremo la nostra bandiera?
quella occupazione, e nel 2S gennaio 1886, cioè un
Vi rispondo, che v'ha due modi di ammainar
anno e tre giorni prima dell' infausta giornata di
Dogali, ebbi l'onore di rivolgere un' interpellanza la bandiera; l'uno vergognoso, e l'altro doveroso.
Quando si ammainasse innanzi ad un nemico
al ministro della guerra, ed a quello degli esteri
per
fuggirlo, o dietro le ingiunzioni di qualche
nella quale m'ingegnava a dimostrare la inutiprepotente,
sarebbe vergognoso il ripiegarla.
lità, ed i danni di quella occupazione; inutilità
Ma quando la si ammaina per propria voe danni che si son poi tutti verificati. Infatti ò evidente ornai la impossibilità della esistenza di una lontà, perchè così consigliano gl'interessi del Paese,
colonia italiana ivi, e l'assurdità della espansione è doveroso il farlo. „
verso l'interno: colonie italiane non esistono a
Queste mie povere parole restarono disperse
Massaua, salvo che non si voglia intendere per co- nella
del Mar Rosso; se fossero state
lonia la truppa che vi abbiamo spedita; ed espan- ascoltatesabbia
si
sarebbero
risparmiati qualche centisione non ve n' è stata punto, salvo che non vo- naio di milioni sciupati inutilmente,
la vita di 500
gliate ritener per tale il nostro felice arrivo fino soldati sacrificati senza vantaggio ealcuno
del Re,
a Saati, nostra colonna d'Ercole !
e della Patria.
E conchiudeva così la mia interpellanza:
Avvenuta la catastrofe di Dogali non era più
Tornata 3 gennaio 1888, Atti parlamentari, pa- possibile lo ammainare la bandiera a Massaua,
gina 16115:
poiché facendolo allora, dallo stato doveroso, si sarebbe
passati allo stato vergognoso.
" Sicché il distaccamento di Massaua non dà
Votai quindi tutte le spese che il Governo rioggi alcun utile al paese, né ci dà speranza di
alctin utile futuro, perche non possiamo muoverci chiese per l'Africa; feci plauso a tutte le forze
senza andare incontro a gravissime spese, ed a che ivi si spedivano, sol dubitando che la richiesta
dei fondi non fosse scarsa, e le forze che si spedigravi pericoli.
vano
insufficienti. (Conversazioni).
Presenta poi all'opposto i seguenti darmi :
Occorreva
una riparazione all'oltraggio fattoci.
1° Una spesa di parecchi milioni all'anno
Ora,
voi
dite,
che tale riparazione l'abbiamo otsenza compenso ;
tenuta,
con
l'occupazione
di Saati. Sicché la que2° Il deterioramento della salute dei nostri
stione
dell'occupazione
militare
di Massaua risoldati senza alcuna necessità ;
torna
nello
stato,
in
cui
si
trovava
prima della
3° Una sottrazione di quattro mila uomini
catastrofe
di
Dogali.
dalle forze della Nazione (tante erano allora);
E siccome io era allora pel ritiro delle truppe
4° Un depauperamento di 10 reggimenti dai
da
quel posto per le ragioni che a suo tempo
quali si prescelgono gli individui che compongono
ho
esposto
e che tuttavia sussistono, non potrei
detto distaccamento. „ (Ciò non avviene più, dacché
ora
votare
in
senso diverso.
fu creato il corpo speciale d'Africa: ma con ciò
Presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
non abbiamo migliorato la nostra condizione, perchè ogni soldato speciale d'Africa costa alla Na- Fortis, cui ha ceduto la sua volta l'onorevole
zione cinquecento lire all'anno di più che il sol- Ghiaia.
dato ordinario, oltre la paga di guerra, per il | FortÌS. {Segni di vivissima attenzione — Molti
premio che gli viene accordato. Vale a dire, che deputati s'affollano a sinistra). Signori! Io non
Presidente.
Riccio.
Ha facoltà di parlare
1'
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u
u
u
Atti
Parlamentari
LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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—
TORNATA DELL' i l
MAGGIO
Deputati
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dimentico che la Camera dove ormai esser stanca » gridò — ritirate le truppe) — e l'onorevole Mardì questa discussione, e voglio quindi assicurarvi I tini, e che la stessa idea di un'azione continuata
che compendierò nei più stretti confini il mio I e pacifica germoglia nella mia testa e nella testa
dire.
dell'onorevole Bonghi. Ebbene io penso che nesUn obbligo, prima di tutto, m' incombe ; ed è suno che non sia semplice, crederà che l'onorequello di esaurire un fatto personale implicito, vole Martini e l'onorevole Costa procedano poliPer molte circostanze che hanno preceduto ed ticamente per la stessa via; nessuno che non sia
accompagnato questa discussione sulla nostra po- semplice, crederà che io mi accosti all'onorevole
litica in Africa, quasi si potrebbe supporre che Bonghi o che l'onorevole Bonghi venga a me.
L'onorevole Bonghi persuaso dello stesso conio intorno ad essa abbia cambiato d'opinione.
cetto
che io ho teste espresso, mi ha telegrafato
Certo sarebbe lecito farlo, poiché una questione
come questa può avere tali vicende impreviste da Torino in questi termini:
da consigliare a qualunque uomo politico un cambiamento d'opinione. Ma la verità è che il mio
modo di vedere su questo argomento non è mai
cambiato,
u
Pregoti sottoscrivere mio nome tuo ordine
del giorno, appunto perchè appartenendo diverso
partito, unire / mio nome tuo significa questione
africana non trattarsi persone o fiducia, ma della
cosa Camera dovere esprimere concetto in cui si
possa convenire da ogni parte. „
I
L'ordine del giorno che io svolgo a nome an •
che degli amici miei Panizza, Pais e Mellusi,
accenna alla necessità della pace ed agli intendimenti di civiltà che devono guidare la nostra
azione in Africa, Queste due idee io manifestai
sin dal 1885, molto tempo prima degli eventi militari che poi hanno resa grave la situazione.
Ieri l'onorevole Baccarini mi fece l'onore di citare, certo non per ragione di confutazione, alcune mie parole di quel tempo.
Non aggiunsi il suo nome al nostro ordine del
giorno, perchè ciò sarebbe stato, a dir vero, troppo
onore per me o per i miei amici: ma volli manifestare alla Camera il suo concetto che risponde
esattamente al mio.
Ciò premesso, rispondendo, come è debito mio,
ad un gentile rimprovero del mio amico Luigi
Ferrari io dico : qui non si tratta di quella unaQuello che dissi allora, dico adesso : e se, come nimità dell'Assemblea, che significa confusione
credo, l'onorevole Baccarini ricordando quelle dei partiti e dalla quale l'estrema sinistra debba
parole, pensava che potessero convenire anche al rifuggire. -(Interruzione dell' onorevole Ferrari).
suo concetto, io dubito che debbano considerarsi
Tale fu, se ben compresi, il concetto genuino
come la stessa cosa le due mozioni Mussi e Bac- del mio amico F e r r a r i : l'estrema sinistra non potrà
carini; e d'altra parte è manifesto che non io giammai confondersi e mescolarsi
all'unanimità,
sono in contradizione, non io debbo giustificare dell'Assemblea. No?
un cambiamento d'opinioni. E qui finisce il mio
Ferrari Luigi. In tesi generale.
fatto personale... (.Interruzione a bassa voce vicino
Fortis. Qui non è il caso, onorevole Ferrari, di
all'oratore) ...dissi implicitamente personale, peruna tesi generale ed astratta.
chè il rimprovero tacito ed indiretto risulta dal
Io capisco perfettamente che nelle questioni
fatto dal disaccordo, non già dalla viva voce di
d'ordine politico, che nelle questioni di principio
alcuno degli oratori.
e di dottrina, il Governo non deve, non può cerLa natura della questione è tale, secondo me, care nè desiderare che i partiti abdichino in alcun
che la ragion di partito dovrebbe tacere per ' caso alla loro essenza, alla loro stessa vita.
tutti. Quando una questione si riferisce ai grandi
In quelle questioni intendo il concetto dell'onointeressi del paese, alla sua dignità, alla sua revole Ferrari. Ma quando si tratta di provvedere
grandezza, alla sua politica influenza, parmi ad interessi generali e comuni a tutti i partiti,
ebe una tale quistione sovrasti alle lotte dei l'accordo universale può essere invece un nobilispartiti; i quali anziché armeggiare intorno ad simo esempio di quella unità del sentimento naessa, dovrebbero unirsi per consigliare al Governo zionale in cui sta la forza di un paese...
del loro paese la miglior soluzione, per dargli
Ferri Enrico. Son sempre interessi generali.
tutta la forza di cui abbisogna. (Bene!)
Fortis. Saranno sempre interessi generali, ma
Del resto, che essenzialmente questa non sia non di eguale natura, onorevole F e r r i : oltre i
una questione di partito, lo prova il fatto che sono confini della patria le ragioni di parte si modid'accordo intorno all'abbandono dell'impresa l'ono- ficano o scompaiono interamente. (Nuova interrevole Costa (il più logico di tutti, che dopo Dogali ruzione dell'onorevole Ferri).
Atti Parlamentari
LEGISLATURA XVI —
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2 a SESSIONE —
2509
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DISCUSSIONI —
Per quanto Ella voglia contradirmi, non potrà I
negare che ciò avvenga in altri paesi, in Inghil- |
terra per esempio, dove spesso l'opposizione e la |
maggioranza sono pienamente d'accordo nella
politica estera.
Ferri Enrico. È un fenomeno.
Fortis. Sarà un fenomeno... ma è un fenomeno
ordinario e normale.
Io non so quali ragioni speciali c'impongano di
non imitare siffatto esempio: io non so capacitarmi che ciò che avviene in altri Paesi piti
grandi, più provetti del nostro, più educati alla
vita ed alla lotta dei partiti, non possa verificarsi
anche presso di noi. (Benissimo !)
E se anche piena concordia non potrà ottenersi nella quistione che ci occupa, essa ad ogni
modo non è atta nò a scomporre ne a ricomporre i partiti, nè a dar loro carattere e nome
nuovo.
Ed io son d'avviso che ciascuno possa e debba
intorno ad essa manifestare liberamente la propria opinione anche in contradizione di antichi
amici di parte e di fede.
Quando del resto la quistione si voglia con
sereno apprezzamento considerare in se stessa,
spoglia di ogni apparato di artifizi e recriminazioni partigiane, diviene semplice e chiara.
L'onorevole Martini ha rimproverato all'onorevole De Zerbi la sua bella e fulgente rettorica :
ma non si è accorto di averla combattuta con
gli stessi mezzi oratorii e di aver contrapposto
l'arte all'arte, e di aver riscosso gli applausi da
tutta intera la Camera solo quando, con fine magistero, ricorse alla rettorica...
Crlspi, 'presidente del Consiglio. E purtroppo
vero.
Fortis. Ammettiamo di non doverci affidare
alla rettorica.
Affidiamoci invece al sentimento ed al ragionamento. Interroghiamo il nostro cuore di patrioti,
affrontiamo con sereno ed imparziale giudizio i
termini della controversia.
Restare o non restare in Africa: questa è la
sola quistione che noi dobbiamo nettamente risolvere.
Io credo di essere d'accordo con tutti nel porre
così la quistione. Così ponendola soltanto noi
eviteremo l'equivoco.
Nostro supremo dovere è quello di non ingannare il Paese.
Abbandonare Massaua e le coste del Mar Rosso,
dopo tutto quello che è avvenuto, dopo i sacrifizi
di uomini e di danaro che abbiamo sopportati,
mi parrebbe una confessione di debolezza, di leg-
Camera dei
TORNATA DELL' 1 1
MAGGIO
Deputati
1888
gerezza, di impotenza, supremamente disdieevole
all'autorità ed al prestigio del nome italiano, che
dobbiamo mantenere incolumi.
Se ciò vi sembra esagerato e troppo sentimentale, mi limiterò a dire che l'abbandono dell'impresa africana non gioverà a rialzare il nostro
credito nè in Oriente nè in Europa: mentre di
rialzarlo sentiamo universalmente il bisogno urgente.
Questa verità ammetteranno i più freddi, i più
positivi, tutti coloro che della patria e della sua
grandezza sentono ugualmente.
Non si dica che noi abbiamo già ottenuto
quella rivendicazione dell'onore nazionale che volemmo, non si dica che noi abbiamo avuto una
sufficiente riparazione dell'offesa di Dogali.
Io non voglio contradire a ciò che è stato
detto in proposito.
Credo che quello che si è ottenuto sia un buon
risultato, ma per me non è sufficiente.
Sento che ci resta ancora qualche cosa da
fare laggiù. Questo qualche cosa può essere anche la pace; una pace, s'intende, che convenga
alla nostra dignità ed alla nostra sicurezza e
non sia in opposizione cogli intenti che ci siamo
proposti in Africa.
Una pace siffatta, mi sia concesso di dirlo, sarebbe il coronamento, la integrazione dell'opera
dei nostri valorosi soldati.
Allora soltanto noi potremmo dire a fronte alta
di aver provveduto all'onor nostro ed agli interessi della patria.
Per ottenere questa pace noi dobbiamo essere
disposti alla guerra.
Invece, l'abbandono dell' impresa, comunque
fosse motivato, farebbe anche più manifesta la insufficienza della riparazione, e renderebbe politicamente e moralmente peggiore la nostra situazione.
(Approvazioni).
Noi abbiamo sfidato il nemico. Egli dirà di
avere sfidato noi. Noi abbiamo rioccupato e fortificato Sahati, che era, come si dice, il punto
d'onore della , questione, e dopo averlo tenuto
pochi mesi, senza contrasto, lo abbandoneremo
di nuovo al nemico? E ci ritireremo anche da
Massaua e dalle coste dell'Eritreo, confessando la
inanità dei nostri sforzi e dei nostri propositi ?
A questo io sento di non potermi rassegnare.
E poiché il Governo confida di ottenere una
pace utile e decorosa, noi dobbiamo secondare
l'opera sua ed astenerci da qualsiasi deliberazione
che possa anche indirettamente paralizzarla... (Interruzione a bassa voce dell' onorevole Odescalchi).
Che cosa faremo dopo la pace?
Atti Parlamentari
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2a
SESSIONE —
DISCUSSIONI
L'onorevole Odescalchi s'incarica di suggerirmi
l'ordine del mio discorso ed io lo ringrazio. Io
debbo dir tutto il mio pensiero.
Vorrei restare a Massaua se anche potessimo
ritrarcene vittoriosi, senza scapito del nostro credito e della nostra influenza internazionale. Non
credo che l'occupazione di Massaua, non credo
che la nostra modesta iniziativa coloniale sia un
errore madornale come si vuol rappresentare.
Osservo che nessuno può dubitare dell'importanza di Massaua, dal punto di vista marittimo
e commerciale. Osservo che Massaua è collocata
sopra una delle più grandi linee della navigazione mondiale. Osservo che una stazione navale
ottima, un sicuro punto d'approdo nel Mar Rosso,
deve essere tenuto in gran conto da un paese
come l'Italia, che, malgrado quello che si è detto
in quest'Aula, non può rinunziare all'idea di un
grande avvenire commerciale. L'Italia non ha solamente un avvenire agricolo. Essa che si protende in mezzo al mare Mediterraneo, per la felice sua positura, per la sua gloriosa tradizione, per
le sue tendenze, per una fatale necessità economica,
dovrà ridivenire potente sui mari, ricca di scambi
e di commerci.
Per conseguenza, abbandonare Massaua, il porto
principale del Mar Rosso mi sembra incomprensibile : come il sostenere che le possessioni del
Mar Rosso sono di ostacolo e di pregiudizio alla
nostra influenza nel Mediterraneo, mi par cosa
così paradossale ed assurda, che non so persuadermi come abbia potuto essere enunciata in quest'Aula.
E non dovrà forse Massaua considerarsi come
punto importantissimo anche per i commerci dell'interno dell'Africa?
Tutti siamo d'accordo nel ritenere che Massaua
presenta uno sbocco naturale al commercio dell'Abissinia e dell'Africa del centro. L'Abissinia
stessa lo vede e intende di profittarne, come
chiaramente appare anche dal Libro Verde. Tutto
il commercio dell'interno dell'Africa che si volge
al Mediterraneo, dovrà coll'andar del tempo prendere, per la maggiore brevità e facilità, la via di
Massaua, anziché quella del Nilo. Ciò non mi sembra dubbio dopo il taglio dell' istmo di Suez.
Or dunque vi par cosa così strana il concepire
che Massaua, possa, sebbene in proporzioni modeste, divenire per l'Italia uno scalo importante,
come per le altre nazioni lo divennero in Asia,
in America, in Australia, altri luoghi un tempo
sconosciuti e trascurati?
Ed io non voglio nemmeno escludere la possibilità della occupazione di altri territori, i quali
Camera dei
—
TORNATA DELL' 1 1
MAGGIO
Deputati
1888
checche se ne dica, potrebbero essere per la loro
fertilità, capaci di ricevere la nostra emigrazione. (Benissimo!)
Tutto questo è un sogno? Io non lo credo.
Sa voi ponete in bilancia i dati che stanno
per la possibilità e verosimiglianza di tali vantaggi e quelli che la escludono, non esiterete a
riconoscere che un grande fondamento di ragione
sta dalla mia parte.
Riepilogo. Nell'ipotesi che sia stato un errore
l'occupazione di Massaua, questo errore ci impone
ancora delle obbligazioni e dei doveri.
L'abbandono dell'impresa e della costa africana, lo ha ammesso anche il mio amico Ferrari,
rappresenterebbe indubbiamente un danno morale. L'onorevole Ferrari, nella dura alternativa,
ai danni materiali, ai pericoli dell'intrapresa, preferisce il danno morale dell'abbandono.
Io non so sopportare questo danno morale che
si risolve in un discredito, in un abbassamento
del nome italiano, e vado incontro ai pericoli dell'impresa, che non sono ne ignoti ne incalcolabili,
e dai quali potremo e sapremo guardarci.
Valutando quello che Massaua può essere per
noi, io non posso ammettere che la nostra iniziativa sia del tutto sbagliata.
Non si tratta di un' impresa ne immediatamente
gloriosa, ne immediatamente utile, ma certo è tale
da poterne trarre profitto. Non è il caso di dire,
abbandoniamo un terreno ingrato e sterile che
non è suscettibile di coltivazione. Io a questa
sterilità dell'impresa non credo per le ragioni superiormente esposte. Dunque restiamo a Massaua.
Ma qui torna in campo il concetto del nostro
ordine del giorno; qui tornano in campo i principi! che debbono informare la nostra politica,
la nostra espansione coloniale.
Noi non dobbiamo avere il proposito nò di opprimere, né di conquistare colle armi. Ma l'onorevole Martini mi dice: vi proponete la pace ed
avrete la guerra.
Non lo sappiamo. Egli, che ha mostrato nel
Governo e negli uomini che lo rappresentano
tanta fiducia, dovrebbe tener conto della dichiarazione fattaci che il Governo spera di ottenere
una pace utile e decorosa per l'Italia. Noi non dobbiamo fare una politica essenzialmente militare,
sono d'accordo in ciò con l'onorevole Baccarini,
ma dobbiamo anche saper incontrare la guerra,
quando si renda necessaria, quando i nostri legittimi obiettivi ci siano contrastati.
Se, restando, si deve cercare la pace, volete
voi prescrivere al Governo il tempo, i modi, le
condizioni della pace? Io non so come si possa
Atti Parlamentari
— 2511 —
LEGISLATURA XVI —- 2 a SESSIONE -— DISCUSSIONI —
ritenere competente un'Assemblea a discutere e
giudicare di siffatte particolarità. Dovete lasciare
al Governo una certa libertà di apprezzamento,
una certa libertà d'azione, se non volete distruggere la sua stessa responsabilità. (Approvazioni).
E d'altra parte vi par cosa savia il pregiudicare colle vostre deliberazioni le trattative di
pace e di accordo coll'Abissinia? Se voi decretate che la nostra occupazione deve limitarsi a
Massaua, il Negus saprà troppo bene a che tenersi
trattando col Governo italiano.
Propositi sinceri di pace congiunti ad intendimenti civili : è questa la seconda parte dell'ordine
del giorno che ho avuto l'onore di svolgere. L ' E u ropa ed il Negus debbono sapere che noi non vogliamo ne invadere, nò soggiogare l'Abissinia,
che noi non vogliamo far valere la nostra influenza colle armi, pur sapendole adoperare in
difesa dei nostri legittimi interessi.
L'Abissinia deve imparare a temerci ed al
tempo stesso acquistare la certezza che il suo
maggior vantaggio è quello di essere in buoni
rapporti con l'Italia. Noi dobbiamo amicarci e
p r o t e g g e r e efficacemente le popolazioni che ci sono
vicine: noi dobbiamo far loro sentire i vantaggi
della nostra presenza.
Noi insomma dobbiamo esercitare una missione
di civiltà. Noi dobbiamo occupare e governare
nel modo che un paese civile sa farlo e deve
farlo. Nessuna violenza, nessuna prepotenza.
Noi non dobbiamo essere un pericolo nò una
minaccia permanente ai confini dell' Abissinia,
L'Abissinia deve avere la sua sicurezza, noi dobbiamo avere la nostra. Ecco in qual modo io intendo che debbano essere attuati i due concetti
che espressi nel mio ordine del giorno. Al tempo
stesso dobbiamo proporci di trarre dalla nostra
occupazione i maggiori vantaggi economici.
Un' ultima considerazione prima di finire. L'occupazione di Massaua è un fatto politico, un fatto
di un valore internazionale. Anche qui ricorrerebbero molti argomenti per provare che non possiamo, senza danno dei nostri rapporti internazionali, abbandonare quei lidi. Ma io vi dico soltanto:
meglio noi useremo della nostra posizione e della
nostra influenza, più si consoliderà il nostro credito anche in Europa, poiché si vedrà che l'Italia,
quando si accinge a qualche intrapresa, ancorché
non sia la più felice, sa condurla a termine con saviezza, con perseveranza, con tenacità di propositi.
Non ho altro da dire per giustificare il mio ordine
del giorno. (Bravo! Benissimo! — Molti deputati
varino a stringere la mano all' oratore).
Voci. La chiusura ! la chiusura !
Camera dei
TO&NATA DELL* 1 1
MAGGIO
Deputati
1888
Presidente È inutile che si chieda la chiusura
se il Governo non ha parlato. E presente l'onorevole Giusso ?
Voci. Ai voti! Ai voti!
Presidente. Ripeto ancora che è inutile che domandino la chiusura; perchè, a tenore del regolamento, se i ministri parlano dopo chiusa la discussione, questa si riapre.
L'onorevole Giusso ha facoltà di parlare.
GiliSSO. Sebbene abbiano già parlato oratori eloquenti ed autorevoli, purnonclimeno, o signori, io
oso di prendere a parlare, perchè il sentimento del
dovere mi impone di manifestare chiaramente la
mia opinione. Dopo la splendida frase dell'onorevole Martini, che ancora mi risuona all'orecchioi
occorre che qui ciascuno assuma la responsabilità
di ciò che dice, e di ciò che propone; ed io per la
mia parte dichiaro che questa responsabilità intendo di assumerla intera.
Io lodo assai il presidente del Consiglio dei ministri, il quale, un giorno della passata settimana, disse alla Camera: si faccia una discussione, larga quanto si vuole ; ma che il voto sia
netto, sia chiaro, sia preciso. Questo io credo che
noi oggi dobbiamo volere; e questa è la ragione
vera, per la quale io ho preso a parlare. P u r troppo, o signori, noi abbiamo a dolerci delle
passate incertezze! Se fossimo stati più risoluti,
se avessimo lesinato meno, forse, a quest'ora, la
nostra supremazia nel Mar Rosso sarebbe assicurata.
Quasto voto chiaro e preciso gioverà assai a
noi italiani; perchè se finora il commercio nostro
non ha preso la via del Mar Rosso, ciò è accaduto
appunto perchè il voto della Camera non è stato
mai così chiaro, da far cessare negli animi i dubbi
che si potessero nutrire sulla stabilità della nostra
politica africana.
Togliamo di mezzo queste dubbiezze, e vedremo
ss gli Italiani si lasceranno sfuggire la occasione
propizia di una utile espansione coloniale.
E se il nostro voto sarà tale, quale io lo desidero, ritenete per fermo che ne ritrarremo ancora
un altro vantaggio. (Conversazioni).
Presidente. Facciano silenzio li prego, onorevoli deputati!
GÌUSS0. Quando gli Abissini (che sono così profondi conoscitori delle cose eli Europa, come si
vede dalla lettera del Negus al Re Menelik, documento 204, da sapere perfino in chi essi debbano
avere fiducia) sapranno che la Camera, con un
voto, se non unanime, almeno a grande maggioranza, ha incoraggiato il Governo a mantenere
alta la nostra bandiera là dove così saldamente la
Atti Parlamentari
LEGISLATURA X V I — - 2 a
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SESSIONE —
Camera
DISCUSSIONI — - TORNATA DELL* 1 1
piantarono i nostri soldati, impareranno sempre ;
più a rispettare il nome italiano.
E , detto ciò, entro in argomento. (Conversazioni animate).
Noi non solo non dobbiamo abbandonare ne la
costa del Mar Rosso ne Massaua, roa neanche Saati.
E non dobbiamo abbandonare Saati, principale j
mente per rispetto a noi stessi. Ritirare da quei
luoghi la nostra bandiera non è possibile. No, onorevole Martini, in questo modo l'Italia scapiterebbe non solo agli occhi dell'Europa, ma ai nostri,
Ma poi, perchè dorremmo noi abbandonare
Saati, e tutto ciò che abbiamo acquistato, proprio nel momento in cui, se non si è ottenuto
un trionfo, abbiamo però visto 100,000 uomini
voltarci le spalle?
E notate, o signori che lo sforzo fatto dal popolo abissino, è il maggiore che esso possa fare.
Ebbene; un esercito così numeroso, condotto da
un re guerriero come il Negus, si avanza fin
presso ai nostri forti, ed e costretto a ritirarsi ;
e questo vi pare che sia per noi una ragione per
andar via? Ma questa è una ragione per restare.
Un'altra considerazione che si dovrebbe fare,
e che non è stata fatta in quest'aula, è questa:
siamo noi liberi di andare via? Possiamo noi abbandonare nelle mani di quei selvaggi ras abissini quelle popolazioni che si sono ricoverate all'ombra della nostra bandiera ?
Questa è una considerazione della più alta importanza. Si tratta di gente che si è rivolta a
noi, che si è posta sotto la nostra protezione, e
noi avremo il coraggio di abbandonarla? Abbandoneremo noi gli Assaortini, gli Habab e tutti
coloro che ci hanno reso dei servigi, e che perciò si sono inimicati i loro feroci vicini ?
Il giorno in cui l'Italia commettesse, questa
colpa imperdonabile, decreterebbe di non aver
mai più colonie in nessuna parte del mondo ; perchè nessuno oserebbe affidare la propria vita,
la propria famiglia, le proprie sostanze, il proprio paese ad una nazione come la nostra.
Ma resta a farsi una terza considerazione che
è anche più grave. Se noi non abbiamo colonie, abbiamo però cittadini italiani sparsi per tutto il
mondo: ora credete voi, che questi nostri concittadini, che ascendono a più di un milione e che
posseggono una proprietà di parecchi miliardi di
lire, credete voi che costoro saranno lieti il giorno
in cui vedranno tornare indietro la bandiera italiana? Si sentiranno essi più tranquilli, si sentiranno più protetti? No, o signori. La nostra
bandiera ripiegata a Saati sarebbe come ripiegata in tutto il mondo,
dei
Deputati
MAGGIO
Tolto di mezzo il ritorno, che resta? Resta, secondo alcuni ìa pace, secondo áltri non solo la
pace, ma l'alleanza coli' Abissinia; e io dico: può
essere l'una cosa, e può essere l'altra, ma a
quali condizioni ?
Noi potremo avere la pace, e, se vogliamo, anche l'alleanza coli'Abissinia; ma ad un patto: cioè
che noi ci mostriamo degni di essere gli amici
e gli alleati di quel popolo forte. Se questo noi
non dimostriamo, e non lo dimostreremmo certamente abbandonando Saati, non i sperate di avere
pace o alleanza.
In un paese come l'Abissinia, dove il solo Dio
che si venera è la forza, il nostro ritiro da Saati
sarebbe la prova più evidente della nostra debolezza, ; e gli abissini, che oggi ci hanno volto le
spalle, domani verrebbero ad assalirci.
Noi invece avremo pace ed alleanza coli'Abissinia quando avremo dimostrato che non solo rimarremo a Saati, ma che andremo ancora più
innanzi.
Parecchi in Italia, e in quest'aula, hanno manifestato una certa simpatia sentimentale pei Negus, per questo Re dei Re. Io non ne ho alcuna
per lui ; che alle parole ed alle frasi cristiane,
10 preferisco gii atti cristiani, le azioni cristiane.
Un uomo come il Negus, il quale disapprova sì
11 Ras che proditoriamente ci assale, ma non lo
punisce, è un uomo verso il quale io non sento
alcuna simpatia.
I nostri conti oggi colì'Abissinia non sono pari;
e quindi non ci può essere ancora pace ed amicizia.
Ma molti trovano belle ed utili le lettere del
Negus che sono nel Libro Verde.
Signori, io mi fermo dinanzi al documento col
quale il nostro Governo pone le condizioni della
pace; e fra le condizioni vi è questa: una marcia
in avanti. Sì, questa frase mi par bella, e per
me vale tutto il libro. Questa frase, che il presidente del Consiglio ha ripetuta giorni sono ¡in
quest'aula, deve essere la nostra bandiera.
Una marcia in avanti è il grido della civiltà;
una marcia in avanti sarà il motto d'Italia!
Ma come faremo, o signori, a rimanere nei
luoghi che avremo occupati, e che profìtto ne
trarremo ?
Lo dirò, o signori, brevemente, e senza consigliare un piano od un'impresa militare troppo
vasta.
Rimanendo a Saati, ed allargandoci intorno in
guisa da potere restare colà in ogni tempo, sia
d'inverno che di estate, noi ci fortificheremo come
abbiamo fatto sinora; e quando ci saremo messi
Aiti Parlamentari
LEGISLATURA XVI —
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2a
SESSIONE —
DISCUSSIONI —
in condizione da non avere più nulla a temere,
noi inizieremo l'opera nostra che è opera di civiltà.
Noi apriremo liberamente Massaua a tutti i commercianti dell' interno dell'Abissinia o meglio
dell'Africa; e quando avremo assicurate le vie
e dato un ricetto sicuro a tutti coloro che teumido l'ira feroce dei popoli vicini si ricovereranno all'ombra nostra, quando avremo accordati
aiuti a tutti gli oppressi e resa tranquilla e sicura la vita, sicure tutte le vie, Massaua che oggi
contiene cinque o seimila abitanti ne verrà ad
avere dieci volte di più, e così da quel centro
importante noi potremo irradiare nell'interno la
nostra civiltà.
E poiché noi italiani oggi abbiamo bisogno di
provvederci di sbocchi per le nostre industrie e
principalmente pei prodotti del nostro suolo, il
problema della nostra colonia a Massaua si collega indissolubilmente con quello dell'avvenire
economico del nostro paese.
Dobbiamo quindi rimanere laggiù; e per rimanervi bisogna andare più innanzi. Ma si dirà :
questa via può essere utile e feconda di buoni
frutti, ma sarà lunga e faticosa; e con un nemico
sempre ai fianchi come l'Abissinia si dovrà stare
sempre all'erta e non saremo mai tranquilli e sicuri. Questo è vero, ma è proprio questo che io
desidero, anzi voglio. Questa impresa nostra è
grave, ansi difficile; ma appunto per questo è
degna di un popolo forte; e quanto all'Abissinia
essa sarà per noi la cote durissima che farà più
salda la tempra del carattere italiano.
Io non saprei comprendere, o signori, un' Italia
la quale si appagasse della contemplazione dell'azzurro del suo cielo e delle sue Alpi di argento.
Noi dobbiamo portare lo sguardo al di là dei
nostri mari e dei nostri monti, se vogliamo essere
davvero un gran popolo.
Ma, dice l'onorevole Martini : noi Italiani abbiamo mostrato di saper esser grandi; noi che,
per 50 anni, non abbiamo pensato ad altro che a
costituire l'Italia.
Ed io applaudo. Mai sono state pronunciate parole più splendide delle sue ! Ma io domanderei all'onorevole Martini : credete voi che questi 50 anni
di sacrifizi, questi 50 anni di gloria non debbano
servire che a formare una Italia, la quale si accontenti della sua unità? Io non Io credo. L'unità
della patria non può essere l'ultima meta del nostro cammino. Se la generazione che ci ha preceduto ha compiuto un'opera gloriosa riunendo in
un sol corpo le membra sparse d'Italia, la nostra
ne ha una assai più modesta da compiere, quella
di fare l'Italia economica; ma, nel porre mano a
Camera
TORNATA D E L L ' 1 1
dei
MAGGIO
Deputati
1888
quest'opera, spianiamo la via all'azione delle generazioni future, con utili iniziative, educando e
fortificando l'animo degli Italiani. Chi pensa che
l'Italia debba rimanere rinchiusa in se stessa e
godersi in pace i beni che Dio le ha dati, mi
sembra come colui che in arte si contenta del quadro di genere o di una scena di famiglia. No;
l'arte nostra è la più grande arte; è quella che
c'insegnarono Amalfi e Pisa e Grenova e Venezia,
e che ci additarono Marco Polo e Colombo.
Ogni popolo civile tende ad espandersi; più è
civile un popolo, più ha natura privilegiata e più
esso si espande, perchè la civiltà è luce che irradia. Obbligate il popolo italiano a non espandersi, e voi lo avrete, come bene ha detto l'onorevole DeZerbi, prima rimpicciolito, e poi spento.
Ma questo non avverrà ; perchè io non credo
che la Camera vorrà votare il ritiro delle nostre
truppe da Massaua. No; il voto di questa Camera
non sarà per il ritiro. Noi non lasceremo nè Massaua, nò Archico, nè Otumlo, nè Saati.
No; non lascieremo nelle mani degli abissini la
strada ferrata, che, con tanti sforzi e con tant
sudori dei nostri bravi soldati, abbiamo costruito
laggiù.
No; noi non permetteremo che una strada che
deve essere via di civiltà, serva invece a far venire comodamente un Kas abissino fin sul lido
di Massaua a schernirci, dopo aver fatto la più
crudele carneficina delle popolazioni che hanno
avuto fede in noi.
E voi stessi, o signori, che siete i firmatari
della mozione, voi stessi non osereste, ne sono
sicuro, con le vostre mani strappare dal quel forte
di Saati la nostra bandiera.
Nè tanto meno, o signori, voi osereste ripassare
con la bandiera piegata dinanzi alle tombe gloriose dei caduti di Dogali. (Bene!
Bravo!).
Voci. A domani, a domani.
Presidente. Onorevole Arnaboldi, desidera parlare ora, o domani?
Voci. A domani! a domani ! (Rumori).
Arnaboldi. Sono agli ordini della Camera.
Presidente. Siccome sono le sei e mezzo, abbiamo ancora tempo. Dichiari dunque se vuol parlare ora, o no.
Arnaboldi. Dopo i discorsi degli oratori che mi
hanno preceduto, credo di far cosa grata alla
Camera risparmiandole il mio.
Mi permetterà però la Camera che io faccia
una breve dichiarazione.
|
Io, per il passato, ho sempre votato contro le
spedizioni africane, anche quando si trattava di
' voti, che avevano carattere di fiducia nel Go-
Atti Parlamentari
LEGISLATURA SVI —
— 2514 —
2
a
SESSIONE —
DISCUSSIONI —
verno, non ammettendo come massima una espansione coloniale viste le condizioni generali ma specialmente finanziarie del Paese«
Oggi, dopo tre anni, la situazione e gli avvenimenti hanno affatto mutato la condizione delle
cose, e la ragione mi obbliga a considerazioni che
devono pesare anche sulla mia coscienza. Io non
potrei quindi in alcun modo accettare le mozioni
che vennero presentate dagli onorevoli Mussi e
Baccarini. Io intendo, che dopo i fatti avvenuti,
la nostra bandiera debba rimanere sulle posizioni
che furono da noi fino ad oggi occupate. Questa
bandiera deve essere per il Negus un simbolo di
pace, di protezione, di commercio, e per noi segnacolo che chi muore per la patria, anche in lontani lidi, non è dimenticato ; agire diversamente,
dopo Dogali, sarebbe un esautorarsi completamente in faccia a tutto il mondo.
Io quindi, in questa questione, approvo la condotta del Governo, che è ispirata da un altissimo
sentimento di patriottismo e di dignità nazionale.
Voterò contro tutte le proposte di ritiro definitivo o parziale dalle posizioni occupate finora
nel Mar Eosso, augurandomi che la pace e l'attività commerciale, molto dubbia ma da parecchi
assicurata, possano far diminuire la responsabilità
grave, che per questa malaugurata spedizione,
pesa su di coloro che l'intrapresero per i primi.
Presidente. Rimetteremo a domani il seguito
della discussione.
La seduta termina alle 6.40.
Camera dei
TORNATA D E L L ' 1 1 MAGGIO
Deputati
1888
Discussione dei disegni di legge:
2. Stato di previsione della spesa del Ministero delle finanze per l'esercizio finanziario 1888
e 1889. (45)
3. Modificazioni alle leggi postali. (87)
4. Acquisto di un terreno per la costruzione
di un palazzo a Pechino per la regia legazione
in Cina. (117)
5. Stato di previsione della spesa del Ministero di agricultura, industria e commercio, per
l'esercizio finanziario 1888-89. (53)
6. Riforma sulla legge di pubblica sicurezza —
Istituzione delle guardie di città. (86)
7. Concessione della naturalità italiana a Luigi
Teodoro e Francesco Di Kossuth, (120)
8. Facoltà al Governo di pubblicare il nuovo
Codice penale per il regno d'Italia. (28)
9. Deferimento alla Cassazione di Roma della
cognizione di tutti gli affari penali del Regno. (147)
10. Modificazioni alla legge 16 dicembre 1878,
concernente il Monte delle pensioni per gli insegnanti nelle scuole elementari. (3)
11. Domande per autorizzazione a procedere
contro i deputati Diligenti e Cucchi Francesco.
(152-149)
12. Leva militare sui giovani nati nel 1868.
(138)
13. Stato di previsione del Ministero del tesoro
per l'esercizio finanziario 1888-89. (44)
CAV. EMILIO PIOVANELLI
Ordine del giorno per la tornata di domani.
1. Seguito della discussione sulle mozioni dei
deputati Baccarini e Mussi intorno alla questione
africana.
/
Per il Capo dell'ufficio di
revisione.
Roma, 1888. — Tip. della Camera dei Deputati
(Stabilimenti del Fibreno).