anniversari - ANPI – Reggio Emilia

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anniversari - ANPI – Reggio Emilia
Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XL - N. 4 Aprile 2009 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.
PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia
03
editoriale
Un 25 aprile
ancora sotto
il Cavaliere
Antonio
Zambonelli
11
politica
La riforma
della Giustizia
Giancarlo
Ruggieri
14
cultura
Reggio-Berlino.
Viaggio della
memoria 2009
Francesco
Pattacini
18
cultura
Strage di
Cervarolo.
I responsabili
a processo
Italo Rovali
LA PACE È UNA BAMBINA
CHE NON VUOLE COSE MATTE
SOLO ALZARSI ALLA MATTINA
NON COL SANGUE, COL LATTE
(BRUNO TOGNOLINI)
04
2009
aprile
discriminate,
04 “Siamo
ma per fortuna ci siamo”.
1° Maggio – Festa del lavoro
Intervista a tre donne,
di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini
la Copertina
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La foto di gruppo
Cervarolo 2009, gli alunni
leggono i loro elaborati
La frase
“La Pace è una bambina”
Nella cartolina di un bambino
Bruno Tognolini, dedicata a Ponte Cantone, riscopriamo il senso
della Pace nella nostra quotidianità... “Mettete dei fiori
nei vostri cannoni” e “Fate
l’amore, non la guerra”.
Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%
Periodico del Comitato Provinciale
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia
Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991
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Direttore: Antonio Zambonelli
Caporedattore: Glauco Bertani
Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi
Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo
Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori,
Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli
Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970
Stampa: Litograf 5 - Reggio Emilia
Questo numero è stato chiuso in tipografia il 1-04- 2009
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sommario
editoriale
di Antonio Zambonelli
Sommario
Editoriale
-Un 25 aprile ancora sotto il Cavaliere, di Antonio Zambonelli ........ 3
Politica
1° Maggio – Festa del lavoro
- “Siamo discriminate, ma per fortuna ci siamo”.
Intervista a tre donne, di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini ..... 4
- Difendere la Costituzione. Intervista a Giliana Galloni, di e.b. ...... 10
- La riforma della Giustizia, di Giancarlo Ruggieri ......................... 11
Esteri
- India-Pakistan, la crisi del Subcontinente indiano,
di Bruno Bertolaso ..................................................................... 12
Cultura
- Reggio-Berlino. Viaggio della memoria 2009,
di Francesco Pattacini ............................................................... 14
- Momenti di Resistenza a Fabbrico,
di Chiara Preti, Fiorenza Bigi e Sezione ANPI Fabbrico ................ 16
- Strage di Cervarolo. I responsabili a processo, di Italo Rovali ..... 18
- 15 marzo 1944. La battaglia di Cerrè Sologno,
di Didimo Ferrari ....................................................................... 20
- “Il Sangue dei vincitori”. Ventinove presentazioni
e si continua..., di g.b. ............................................................... 22
Memoria
- Una legge da cialtroni e un prete di montagna,
di Massimo Storchi .................................................................... 23
- A proposito di equiparazioni..., di Gildo Veroni ............................ 23
- Roncocesi. Per non dimenticare, di Vando Fontanesi .................. 24
- Mussolini e Hitler in bell’evidenza .............................................. 24
- I 96 anni di Gino Longagnani, di a.z. .......................................... 25
L’opinione
- Fini antifascista e antiberlusconiano? di Paolo Tadolini .............. 33
Celebrazioni ..........................................................................34-37
Lutti ............................................................................................ 38
Anniversari ................................................................................. 39
Offerte ........................................................................................ 44
I soggiorni dell’ANPI .................................................................. 48
Le rubriche
- Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 26
- Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 27
- Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 28
- Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli 3................................ 0
- L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 31
- Conosceri gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 32
- Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 45
- La finestra sul cortile, di Nicoletta Gemmi .................................. 47
un
25 aprile
ancora sotto
il Cavaliere
(Ma per fortuna che Gianfranco c’è?)
Forse non basta più “resistere”.
Occorre attaccare, cioè proporre
L’anno scorso preparammo il numero del “Notiziario”
speciale 25 aprile-1° maggio in attesa del 13 aprile, giornata elettorale che produsse il terzo avvento di Berlusconi al governo della Repubblica. Stigmatizzammo, allora,
l’affermazione di Fini in campagna elettorale secondo cui
la vera giornata della Liberazione avrebbe dovuto essere,
con l’auspicata vittoria di Berlusconi, il 13 aprile (sottinteso: non il 25).
Quest’anno non ci sono attese né incertezze: Silvio c’è, e
appare più saldo in sella che mai. Quanto a Fini, che ha
compiuto ulteriori passi nella sua marcia di sganciamento
dal passato neofascista, siamo quasi indotti a ripetere con
Eugenio Scalfari, parafrasando l’inno di Forza Italia, “per
fortuna che Gianfranco c’è”.
Unica voce infatti, quella del Presidente della Camera Fini, a sfidare l’onnipotenza berlusconiana in sede di
fondazione del Popolo della libertà. E insieme a sfidare la
grande platea adorante.
Intanto il vero organo di diffusione d’una “cultura” fascisteggiante, non è più, come un tempo “Il Popolo d’Italia”,
ma “Il Giornale”, il principale house organ stampato della
famiglia Berlusconi.
E lo fa operando in vari modi: paginoni sul preteso superamento della cultura antifascista e di sinistra nei vari
campi (conquista, a ritroso, delle gramsciane casematte);
apparentemente innocenti foto d’epoca (formato 18x24)
sistematicamente e quotidianamente pubblicate a pag.
32, in mezzo ai programmi tv: belle foto, di quelle che
continua a pag. 4
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un
25 aprile
ancora sotto
il Cavaliere
si imprimevano su lastre di vetro;
una volta il duce e D’Annunzio a
colloquio, un’altra volta lo stesso
duce con Pirandello; oggi (31.03)
una sfilza di belle ragazze sorridenti sulle biciclette, davanti a
portici che sembrano bolognesi,
sotto il sole e l’ala protettiva di
due gerarchi fascisti con sul berretto l’aquila imperiale che mia
nonna, vecchia prampoliniana,
mi aveva insegnato a chiamare
“pita”.
Insomma, una ripetuta proposta di immagini di una stagione
felice, quella del fascismo anni
Trenta, quando non c’era un Parlamento a far perdere tempo al
Capo del Governo, ma una Camera delle corporazioni osannante il Capo ed ogni sua decisione.
Un po’ come domenica 29 marzo
2009, quando i 6 o 7000 riuniti a
congresso hanno eletto per acclamazione (voto segreto? Vogliamo
scherzare…) il cavaliere a Capo
del “Popolo della libertà”.
Peccato, appunto, le fastidiose
questioni poste da Fini, giunto ad accusare il decreto berlusconiano sul fine vita come una
misura da “stato etico” di gentilian-mussoliniana memoria. Una
botta non da poco ad uno, come
Berlusconi, che pretende di essere impegnato, nientemeno, in
una “rivoluzione liberale”. Che
fu l’insegna di Piero Gobetti,
una delle prime illustri vittime
del fascismo. E oltretutto antesignano di quel liberal-socialismo
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che attraverso Rosselli sfocierà
in Giustizia e Libertà. I cui eredi culturali (a partire da Bobbio)
sono stati bersaglio privilegiato
della “battaglia culturale” di fogli come, appunto, “Il Giornale”
berlusconiano e “Il Domenicale”
di Dell’Utri.
Il quale “Giornale”, continua da
lunga pezza, o con articoli o con
risposte a lettere di lettori, la sistematica opera di denigrazione
della Resistenza. L’eccidio delle
Fosse Ardeatine colpa dei “vigliacchi” autori dell’attentato di
Via Rasella ( Quelle rappresaglie/
provocate dai vigliacchi, 31.03,
pag. 38).
Insomma, evo berlusconiano vigente, di che doverci impegnare
come resistenti decisi a non demordere.
Ma proprio l’esperienza storica
della guerra di liberazione ha insegnato, tra le altre cose, che talvolta la miglior difesa (e perciò la
migliore resistenza) è l’attacco.
Nel caso specifico, che ci riguarda qui e adesso, l’attacco inteso
soprattutto come proposta politica alternativa: sul piano economico, di fronte alla grave crisi in
atto, sul piano istitutuzionale e,
ancora e sempre, culturale:
Di fare appello al senso di responsabilità delle forze politiche di centro sinistra i partigiani
dell’ANPI cominciano forse ad
essere stanchi. Ma continuano a
sperare. Spes contra spem.
Antonio Zambonelli
Con Ginetta Faietti (“Io sono single, e
felicemente single”); Giuseppina Garino (“Ho un figlio di 8 anni e uno in arrivo”) e Antonella Ghidini (“Ho due figli, una di 27 e l’altro di 16 anni e due
cani’“) parliamo non solo della crisi
nel mondo del lavoro nel Distretto ceramico, ma anche delle conseguenze
che il subbuglio economico ha causato nelle famiglie, nelle relazioni e delle prospettive positive che, paradossalmente, possono derivare da questa nuova e inedita situazione.
Ginetta lavora alla ceramica “Impronta”, Giuseppina era dipendente
dell’Ariana, che ha chiuso i battenti,
Antonella è in mobilità dalla “Optima”,
ex “Magica”.
Le abbiamo incontrate, in un freddo e
piovigginoso mattino di febbraio, alla
Camera del Lavoro di Scandiano.
“Nell’ultimo anno è cambiato molto... ci sono
determinate settimane che la gente, non la
vedi, anche se poi esci il sabato e la domenica. Dove lavoravo prima nel giro di due anni
sono state lasciate a casa 80 persone. Percepisco 850 euro il primo anno, l’80 percento
il secondo anno... sono in una lista d’attesa
da cui le aziende di qualsiasi genere attingono
al comparto che c’è qua. Adesso non c’è pro-
politica
1° MAGGIO - FESTA DEL LAVORO
“Siamo discriminate
discriminate,,
ma per fortuna
ci siamo
siamo””
Da sinistra: Antonella Ghidini, Giuseppina Garino e Ginetta Faietti
Intervista a tre donne
servizio a cura di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini
prio nessuna richiesta!”. Così esordisce
Antonella, con la sua voce acuta e forte.
Interviene Giuseppina, con voce sottile e
pastosa ma ferma, che aggiunge: “E sono
le donne quelle di cui le aziende si vogliono liberare prima, perché mentre un uomo
può imparare a fare il meccanico piuttosto che il pressista quindi anche a livello fisico i carichi di lavoro un uomo se
li assume in un certo modo e corrisponde
a tutte le esigenze dell’azienda”. Mentre
Ginetta, con la sua voce roca, esito di mille battaglie combattute non solo in fabbrica, dice: “Sì, la motivazione è questa ma è
discriminazione, è pura discriminazione,
proprio...”.
Perché vanno in maternità le donne, e
causano dei “problemi” alle aziende, le
donne. E poi per chi non lo sapesse le
donne fanno pure dei figli che possono
ammalarsi e quindi devono rimanere a
casa a differenza degli uomini... “Nonostante la legge conceda i congedi parentali!”, dice Antonella, tra il sarcastico e
l’indignato.
A proposito, il sindacato come agisce,
come fa a districarsi, come si muove?
chiediamo. “Il sindacato è obiettivo – risponde Giuseppina – usa lo stesso metro,
di fronte a questo... Cerca di garantire i
diritti com’è appunto la maternità. In alcune aziende si scontra ancora con questa
realtà, al momento dell’assunzione tentano di farti firmare che t’impegni a non
avere figli... “. “I datori di lavoro – afferma Antonella – hanno già una loro lista di
persone. Viene valutata l’anzianità, i figli
o persone diversamente abili che hai a
carico. Se avessero potuto, nella mobilità
che ho visto, avrebbero scelto solo donne... L’uomo è più libero, non ha orari...
il sindacato fa rispettare la legge, utilizza
tutti gli strumenti che ci sono, fa valere i
diritti del lavoratore”.
Insistiamo sulla crisi. “La crisi c’è sicuramente – afferma Giuseppina – il calo
produttivo c’è stato per tutti anche per le
grandissime aziende, si dice sia intorno al
30-40 percento. Il problema delle grandi
aziende è che adesso l’imprenditore anche quello forte, che dieci anni fa poteva
investire e spendere qualcosa di suo per
migliorare, adesso ha paura. Se deve rischiare soldi suoi non lo fa, e quindi preferisce ricorrere alla cassa integrazione
piuttosto che a una fermata anche piccola
anche solo per vuotare il magazzino, questo potrebbe essere una manovra...”.
All’analisi “oggettiva” fanno eco l’ansia
per il futuro... “Ho uno stipendio – dice
Ginetta – e pago l’affitto, le bollette, faccio tutto io. Con quello stipendio devo andare avanti, ho quasi 50 anni, se mi chiude la ceramica non so dove cavolo andare, non so cosa fare, non so come fare. E’
vero che non devo mantenere nessuno,
ma a me chi mi mantiene? E’ quello il
problema, e questo è un momento un po’
triste per me”... e riflessioni sulle nuove
condizione di vita. “La mia azienda ha
chiuso – afferma Giuseppina – e questo
ti cambia molto la vita giorno per gior-
no, mentre prima uno poteva permettersi di spendere diversamente o progettare
anche solo le vacanze... non è che uno
sia abituato ad andare alle Seychelles,
ma anche fare una settimana al mare... io
l’anno prossimo sicuramente non lo potrò fare... poi uno dice la vacanza non è
importante... ma la vacanza aiuta a vivere
bene. Adesso bisogna essere più oculati e
pensare un po’ di più alle cose più necessarie... in un certo senso è anche un bene,
sì!”. “Io – dice Antonella – a differenza
di loro sono fortunata perché mio marito
è sempre stato molto ‘formichina’. A differenza di lei [indica Giuseppina, NdR]
ho scelto di andare in mobilità. Sono due
mesi che sono a casa e di positivo ho notato che seguo molto meglio la famiglia
e spendo molto meno. Il ragazzino di 16
anni che finirà i tre anni e poi andrà a lavorare... e mi pongo il problema di dove
andrà, cosa farà... Una l’ho sistemata anche se con mille euro al mese...”. Ma ciò
che preoccupa davvero, lo racconta con
semplicità Giuseppina: “E’ il futuro dei
nostri figli per quanto mi riguarda, anche
affrontare le spese della scuola, piuttosto
che del mangiare, dei vestiti...”.
Se queste sono le loro, ma anche le nostre, preoccupazioni, quali sono le cose
che desiderano? Risponde Ginetta: “Se
un giorno potessi permettermi un viaggio
in Australia, che non me lo posso permettere, vuol dire che abbiamo ripreso e che
va tutto bene e che sto mettendo via qualche soldino, cosa che non succede ades-
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so”. Poi Giuseppina: “Il mio desiderio,
finita la maternità è di poter trovare un
altro lavoro anche poco redditizio, anche
se non dovessi più tornare a lavorare in
ceramica. Un lavoro che mi consenta di
vivere dignitosamente la mia vita, niente
di particolare, è un sogno più che un desiderio...”. Infine Antonella: “Io spererei
solamente che mio figlio studiasse un pochino di più a scuola, in questo momento
è il mio grosso pensiero, e se fra un anno,
un anno e mezzo potessi tornare a lavorare... ben volentieri, perché forse sarebbe un segnale che ce n’è ancora per tanta
gente”.
E per quelli che sono in pensione, che
aria tira? “Mia madre è pensionata, poveretta! C’è dentro fino a qua” dice Ginetta
con un gesto eloquente poco sotto la bocca. Dai vecchi ai giovani il passo è breve.
“I giovani – dice convinta Ginetta – non
hanno ancora capito. Non si rendono conto... no, no perché vogliono tutto e subito! Ci stanno togliendo dei diritti che noi
trent’anni anni fa abbiamo acquisito con
delle lotte, perché io c’ero trent’anni fa a
lottare e quindi lo so la fatica che abbiamo fatto e le ore di sciopero che abbiamo
fatto e che ho perso per lottare; sono disposta ancora a farlo ma non toccherebbe
a me, toccherebbe a loro, ma non l’hanno
ancora capito... Finché non ci zuccano
contro non lo capiscono ed è anche colpa
delle famiglie se certe cose ce le hanno
gratis, scontate. E’ colpa della nostra generazione che non avendo avuto niente ai
nostri figli abbiamo dato...”.Sulla stessa
lunghezza d’onda è anche Giuseppina:
“E i nostri diritti nel sociale non ce li ha
regalati nessuno! Abbiamo fatto un direttivo [sindacale, NdR] in cui una ragazza
ha detto che i diritti perché sono scritti
rimangono lì ci sono!”. Beata ingenuità
aggiungiamo noi.
E Antonella: “Diciamo anche che anche
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adesso un ragazzo che si voglia interessare di politica, che voglia entrare nel
sindacato, loro si ricordano che esiste la
politica che esistono i diritti solo quando
gli vengono tolti... mia figlia...”. Una sospensione che vale mille parole. Però “io
sono fiduciosa nel senso che secondo me
sono molto meglio di quello che pensiamo
è vero che una parte è superficiale ma forse lo erano un po’ tutti se ci rapportiamo
alle epoche, ma secondo me voglio essere ottimista”, dice Giuseppina, iniettando
ottimismo nel dilagante pessimismo della
ragione (di noi tutti).
Cambiamo registro. E domandiamo:
come vi vedete in questa società, che
cosa pensate che si possa fare ancora.
Che cosa devono fare le donne? Giuseppina dice: “Le donne devono continuare;
se hanno smesso o se si sono un po’ perse
nel percorso, ritornare ad essere donne, ritornare ad essere madri e mogli, prima di
essere lavoratrici. Anche lavoratrici, però
se il lavoro, come sta succedendo adesso
viene a mancare, credo che la figura della
donna sia non solo quella che esce e porta i soldi a casa, ma principalmente deve
essere madre, così la società sicuramente
può anche migliorare. Se le donne ritornano a fare il loro mestiere di madri, che
non è poco... Non è che hanno smesso,
però... – “Si ‘sono dovute sdoppiare...”
precisa Ginetta – non dico che una donna
debba smettere di lavorare perché non lo
trovo giusto, però anche la parentesi, ad
esempio, della maternità o il poter dire
‘scelgo di lavorare meno tempo, meno
ore, fare il partime’... è vero porto meno
soldi a casa, però sto di più con la mia famiglia. Secondo me, poi, sul piatto della
bilancia anche la società da questa cosa
può trarne dei vantaggi, saremo meno
ricchi ma forse saremo più umani...”. Ma
le donne riescono, senza paura di essere “soggettive”, a mescolare personale
Spesso le donne sono purtroppo costrette a questa
scelta, e non è una scelta
facile, sempre! Anche perché gli ammortizzatori sociali, le istituzioni ci aiutano veramente poco in
un momento di crisi come
questa.
e generale. “Lo vedo, per me – continua
Giuseppina – ho quasi due bimbi. Adesso
che sono a casa, la faccio molto di più la
mamma, sono molto più presente. Riesco
ad ascoltare, a parlare e a stare più con
lui. Era proprio il tempo che mi mancava
quando facevo i turni. Non è che prima
mi sentissi meno mamma di adesso però,
ma ora so di fare meglio il mio mestiere
di mamma”.
Domandiamo: allora tra la famiglia e il
lavoro che nesso c’è? Adesso c’è crisi di
lavoro, e lo stiamo toccando con mano.
Voi dite che si riscoprono i valori della
politica
famiglia ma se il lavoro viene a mancare
in una famiglia non solo alla donna ma
anche ali ‘uomo, come si può conciliare
questo? Che cosa viene prima?
Ginetta: “Bella domanda! Anche perché
la gente si è abituata ad avere delle esigenze che adesso ritengono esigenze che
magari una volta non lo erano, e ci vogliono dei soldi...”.
Giuseppina: “Secondo me bisognerebbe
avere abbastanza per vivere dignitosamente”.
Ancora Ginetta: “La dignità, avere almeno quella. Dove c’è la famiglia e non ci
sono i soldi è un bel problema!”.
Giuseppina centra il punto su cui sono
(siamo) tutte d’accordo: “E avere di che
mangiare, vestirsi, non avere problemi a
pagare la luce, l’affitto... la famiglia sicuramente ha un peso importante, ma ci deve
essere anche il lavoro. Altrimenti diventa
difficile. Le belle parole poi quando non
hai da mangiare, diciamola crudamente
la cosa, tutti qua a dirci che ci vogliamo
bene, sappiamo che la povertà, le ristrettezze economiche ti creano anche degli
ostacoli in famiglia, si litiga più spesso,
ci sono grossi problemi quando non hai
Un altro momento dell’intervista
di che vivere... dopo puoi avere tre figli e
volergli molto bene ma la tua testa è impegnata alla sopravvivenza e in questo altro caso la famiglia ne risentirebbe; quindi l’ideale sarebbe questo equilibrio dire:
va bene, scelgo di non lavorare, di stare
coi miei figli, mio marito guadagna quello che guadagna. Ce lo facciamo bastare,
viviamo tutti felici e contenti. Se uno può
e vuole fare questo tipo di scelta... però è
chiaro che bisogna avere la possibilità di
lavorare...”.
Ma ci sono delle donne che scelgono
il lavoro e non la famiglia oppure che
vogliono’ avere tutte e due... “Sì – dice
Giuseppina – la maggior parte vuole avere tutte e due... ci sono le mamme che
lavorano e che riescono ad essere delle
brave mamme...”. “Ci sono delle super
mamme!” chiosa beffarda Ginetta.
In “soccorso” al diritto delle donne di
essere lavoratrice e madri dovrebbero intervenire i servizi consultori, asili
nido, scuole materne. Ma sono in questo
momento sufficienti?
Giuseppina: “No, assolutamente no! Siamo sinceri non lo erano neanche prima!
Adesso meno che mai. Come si fa? Se
vuoi lavorare, e hai la fortuna di lavorare ancora, devi portare tuo figlio all’asilo
nido, e sai che parte del tuo stipendio o
quasi tutto il tuo stipendio deve andare lì.
E anche qui sei costretta a scegliere tra:
tengo il mio lavoro, do tutti i miei soldi
all’asilo perché mio figlio possa andarci
oppure: smetto di lavorare e tengo a casa
mio figlio e ho meno soldi? Spesso le
donne sono purtroppo costrette a questa
scelta, e non è una scelta facile, sempre!
Anche perché gli ammortizzatori sociali,
le istituzioni ci aiutano veramente poco
in un momento di crisi come questa. Io
mi sento molto abbandonata, nel senso
che ora sarò a casa, però quando mio figlio avrà tre mesi, dovrò tornare a lavorare in ceramica (perché la mia azienda.
l’Ariana, sta facendo un piano di ricollocamento in un’altra azienda del gruppo).
Sé verrò chiamata sarò di nuovo di fronte
alla scelta: vado a lavorare e lascio mio
figlio di tre mesi che magari voglio allattare? O smetto di lavorare e tengo mio figlio? Non ci sarà nessuno che ti dice: ‘Dai
lo porti qua, spendi cento euro’ oppure...
probabilmente io sceglierò di tenere mio
figlio”.
Ginetta: “lo conosco donne che non rinunciano a lavorare, perché non vogliono
rinunciare a tutti gli agi che ciò comporta...”.
Giuseppina: “Io rispetto queste donne,
l’importante, poi, che uno trovi l’equilibrio, che abbia la possibilità di scegliere
quello che vuole fare”.
Ginetta: “Certo...”.
Giuseppina: “Un conto è essere costrette dalla società a dire adesso cosa devo
fare... di fronte a questa scelta devi scegliere dolorosamente, perché a volte qualcuno lo fa in maniera dolorosa e quella
che vuole essere una donna in carriera,
deve sacrificare un po’ i suoi figli...”.
Antonella: “Magari glieli tira su i genitori o... io l’ho fatto con quella grande, purtroppo sono stata costretta a far così...”.
Ginetta: “Una questione è essere costretti... un mutuo da pagare...”.
Apriamo un altro capitolo della discussione. E domandiamo, un po’ sospesi fra
passato presente e futuro: Che rapporto ci può essere fra le donne che hanno
combattuto nella Resistenza e le donne di
adesso. Che cosa possono fare le donne
dell’ANPI per le altre donne, come voi
ad esempio, come possono aiutarvi, darvi messaggi di speranza, di coraggio...
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Ginetta: “La situazione è ancora molto
confusa, si devono prendere... bisogna
prendere delle direzioni... sta cambiando
la vita, sta cambiando da come era prima
a com’è adesso e da come sarà. Bisogna
fare, come diceva lei [indica Giuseppina,
NdR], delle scelte, bisogna arrivare a fare
delle scelte poi, dopo, se ci sarà bisogno
di lottare per ottenere qualcosa, penso che
nessuna donna si tiri indietro. Non l’hanno mai fatto, non credo che lo facciano
ora...”.
Antonella: “Anche perché se sono riuscite, diciamo, a sopravvivere loro a periodi
molto, ma molto più pericolosi, molto più
faticosi... almeno io ho memoria di quello che mi raccontavano i miei nonni. lo
ho avuto la fortuna di averli fmo a 14-15
anni e, comunque, loro ti raccontano e
quando incontri una persona che ha fatto
la guerra o è stato bambino in tempo di
guerra oltre ad essere la nostra memoria...
io dico sempre che è vero sono la nostra
memoria, ma sono anche il nostro futu-
ro perché ti insegnano che, comunque, in
periodi particolarmente pericolosi sono
poi il nostro specchio o qualcosa con cui
confrontarsi: ce l’hanno fatta loro? Non
avevano niente, non avevano nientel”.
Ginetta: “Mia madre ha tirato su tre figli
in miseria, ma ce l’ha fatta è ancora lì”.
Antonella: “Mio marito dice: ‘Ma come
faranno i nostri figli ad arrivare ad avere
quello che abbiamo noi?’ e io: ‘Si tireranno su le maniche!’. Cosa hanno fatto i
nosti genitori? Mio padre aveva tre lavori
per mantenerci. Eravamo in quattro. E’
vero che è cambiata la società...”.
Ginetta: “Bisogna adeguare le esigenze
alla società. Non possiamo parlare delle
stesse cose di allora come adesso. Bisogna adeguare le forze e combattere nella
soceità in cui viviamo...”.
Antonella: “Sai Ginetta cosa bisogna
fare? E’ che la gente spenda quello che ha.
Perché se prendi mille non puoi spendere
milleduecento. Quello che io eliminarei
dalla faccia della terra oltre alle banche
sono tutte queste finanziarie che sono state la rovina del nostro tessuto...”.
Giuseppina: “In alcune aziende erano
stati proposti i famosi contratti di solidarietà: tu lavori meno però lavoriamo un
po’ tutti... ci sono stati dei grossi problemi
e stiamo parlando di noi!”.
Ginetta: “C’è gente che se non fa gli straordinari dice che non riesce a vivere... ma
non è vero che non riesci a vivere... se poi
ti compri la macchina da 40.000 euro...”.
Antonella: “E poi gli straordinari sono
andati lì”.
Giuseppina: “Devono poi scoprire la solidarietà...”.
Ginetta: “Ci sono donne che mi chiedono: ‘ma come fai a fare... ?’, ‘Ma tu
quante volte vai dalla parrucchiera? Dimmi quante volte vai dalla parrucchiera?’.
Mettiamo insieme... io ci vado, quando
va bene, ogni tre o quattro mesi, tu ci vai
ogni tre-quattro mesi o tutte le settimane? ma perché se ci vai tutte le settimane,
allora, devi eliminare quello se vuoi sal-
5x1000
ANTIFASCISMO, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA
C’è bisogno dell’A.N.P.I.
Iscriviti presso i Comitati Provinciali (indirizzi su www.anpi.it)
Destina il 5 x mille.
E’ semplice e non costa nulla
Fai così:
Apponi una firma nel riquadro dei moduli CUD 730-1 e Unico
(detrazione dei redditi)
dove compare la dicitura “Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale,
delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni”
e scrivi il numero del codice fiscale dell’ANPI:
00776550584
Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
politica
Sullo sfondo Loredana Cavazzini
tarci fuori. Come fare? Non è che lo devi
chiedere a me. Devi eliminare quello che
è di più, e certo! A me è venuto a mancare metà dello stipendio però a me piace
fare da mangiare. Faccio la pasta in casa.
Adesso mi sto attrezzando per fare anche
il pane... sembra una stupidata ma stare a
casa ci si arrangia di più con il mangiare, si spende meno, si consuma meno, si
prende meno roba pronta”.
Però dopo le aziende non producono,
provochiamo.
Antonella: “Non è vero perché tu incrementi... cioè se prima prendevi un chilo di
farina ogni morte di papa come facevo io
perché non avevo tempo, ora prendo quattro o cinque chili di farina alla settimana... verdura... frutta. Non è che ne prendi
meno prendi quello che ti serve .... se la
frutta prima ti durava tre giorni perché
non avevi tempo di guardarla e la buttavi
via, adesso mi dura cinque, ma quella che
comincio a vedere la mangio per prima.
Ho modo... cioè i c’onsumi sono uguali
perché essendo a casa ne mangio di più,
ho più tempo... però si modifica la qualità
e la scelta. Si ampia la scelta...”.
Ginetta: “E’ la stessa storia della spesa
dei single. I single spendono di più. Perché i single spendono di più?”.
Antonella: “Perché non hanno le monoporzioni...”.
Risate e tutto si fa più lieve.
Ginetta: “Sì, esatto. Cioè se uno non è
capace di starci attento butta via un sacco
di roba. La butti via proprio. Allora devi
sapere un po’ gestirti. lo, per fortuna, non
sono sempre stata single e ho imparato
a cucinare e a fare tutto il resto, per cui
riesco a gestirmi ma il vero single butta
via metà la roba senza contare che va a
comprare la roba pronta che si fa prima
e... costa tutto di più”.
Giuseppina: “Mangia fuori”.
Antonella: “Una che è a casa... a me piace anche far da mangiare. Per Natale, ho
spignattato in grazia di dio. Ho riempito il
freezer, dunque ho incentivato la vendita
dei contenitori di alluninio [risate, NdR]
che prima non prendevo mai .. bè ho fatto
la pasta...”.
Antonella, Ginetta e Giuseppina dicono:
“La donna è il cardine della società... La
società deve basarsi sulle donne”.
Antonella: “lo so di gente che prende
1200 euro al mese: ci sono in quattro. La
casalinga fa i salti mortali e ci salta fuori
e riesce anche a metterne via... allora se
tutti gli uomini d’affari del mondo ragionassero con la mentalità della donna in
tutto il mondo...”.
“Chi lo sa?” dice ridendo Giuseppina.
Ginetta: “Siamo discriminate, ma per fortuna che ci siamo”.
Antonella: “Ma sai perché siamo discriminate? Perché gli scienziati uomini hanno scoperto che noi donne quando facciamo qualcosa utilizziamo cinque parti del
cervello e gli uomini una...”.
E guardano uno di noi!
(a cura di g.b. e l.c.)
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Inter
aprile 2009
notiziario anpi
9
politica
DIFENDERE LA COSTITUZIONE
antifascista:
una battaglia di civiltà
Intervista
a Giliana Galloni,
presidente reggiano
dell’Associazione
per la difesa della
Costituzione
Il 10 dicembre 2008 è nata a Reggio l’Associazione per la difesa della Costituzione,
che nasce come evoluzione del Comitato
Provinciale costituito in occasione del
referendum del 2006. Quali motivazioni
vi hanno portato a decidere di costituire
un’associazione e quali le sue finalità?
Già dal giugno 2006, alla luce della nostra
vittoria nel referendum contro lo stravolgimento della Carta costituzionale, ci siamo
resi conto che il nostro compito non si
poteva dire concluso. Abbiamo cioè creduto
da subito nella necessità di continuare a sollecitare, come Associazione trasversale ai
partiti, agli enti e alle associazioni, la società
civile e la politica ad una attenta difesa dei
valori della Costituzione e alla cura nella
sua piena conoscenza ed attuazione. Per fare
ciò avevamo bisogno di darci una struttura
riconoscibile sul territorio provinciale e che
ci permettesse di poter realizzare iniziative e
attività legate ai nostri scopi: la difesa della
Costituzione repubblicana, la diffusione
della conoscenza dei suoi principi e valori,
la promozione dell’attuazione della Costituzione, la tutela del risultato referendario
del 25-26 giugno 2006.
10 aprile 2009
notiziario anpi
Chi può aderire all’Associazione e quali le
modalità di adesione?
Chiunque si riconosca nelle finalità di cui
ho detto prima può chiedere di diventare
socio dell’Associazione e contribuire così
alle sue attività. Basta chiedere il modulo
di adesione al seguente indirizzo di posta
elettronica: [email protected] e
pagare la quota annuale (a partire dai 10
euro) con versamento in conto corrente
postale n. 95211926 o bonifico bancario con le seguenti coordinate IT/ 21/ 0/
07601/ 12800/ 000095211926, entrambi
intestati ad Associazione Reggiana per
la Costituzione, via Roma civ. 53, 42100
Reggio Emilia.
Il paese sta vivendo una crisi sociale e civile drammatica. Il tema della difesa della
democrazia e della Costituzione si ripropone con forte attualità. In questo contesto,
qual è il vostro programma di lavoro, che
iniziative intendete assumere?
Come abbiamo avuto modo di ribadire
anche nel nostro appello del 18 febbraio
scorso, è veramente urgente per tutti noi
non perdere nessuna occasione per portare avanti la battaglia di civiltà che ci vede
tutti protagonisti consapevoli che la democrazia costituisce un valore sempre a
rischio e quindi da difendere giorno per
giorno.
Il nostro programma per il 2009, oltre a
comunicati e prese di posizione sui singoli
eventi e problemi contingenti, si focalizza
su tre forum incentrati sui temi dell’uguaglianza, del lavoro e della scuola. Il primo forum “Perché uguali” si svolgerà l’8
aprile, alle ore 15.00, in Sala del Tricolore
a Reggio Emilia e avrà lo scopo di farci
riflettere e discutere intorno alle disuguaglianze dei cittadini e alle continue distorsioni dei diritti inviolabili di dignità e
uguaglianza, ben espressi nell’art. 3 della
Costituzione.
Parteciperemo anche, come già fatto in
occasione del recente presidio davanti
alla Prefettura a sostegno del Presidente
Napolitano, a tutte le iniziative provinciali e nazionali che siano in ordine ai principi dichiarati nel nostro Statuto.
(a cura di e.b.)
LA RIFORMA
politica
DELLA GIUSTIZIA
Un
n articolo di Giancarlo Ruggier
Ruggieri,
ri,
ex magistrato d
di Co
Corte d’Appello
Il più grave problema che affligge la giustizia penale in Italia è costituito dalla durata del processo, tanto
che, per tale disfunzione, il nostro Paese viene spesso condannato dalla Corte europea. Tale problema non
sarebbe di difficile soluzione: in 24 ore di serio lavoro, un giudice, un avvocato ed un cancellerie, chiusi in
una stanza, sarebbero in grado di sfornare un corpo organico di regole, semplici e funzionali, dirette a disciplinare il corso del processo penale.
Un codice di procedura penale snello e
semplificatore con precise e non numerose disposizioni, nell’ambito dei principi
generali sanciti dalla Costituzione, quali il
giusto processo, le garanzie per la difesa e
l’interesse punitivo dello Stato (“ne cives ad
arma veniant”).
Di tutt’altro segno è il vigente sistema processuale, connotato da un barocco orpello
di disposizioni, le quali, da un lato, nulla
aggiungono all’esigenza difensiva di un
giusto processo e, dall’altro, rendono assai
arduo il cammino del processo verso la sua
conclusione.
Due metafore possono ben illustrare tale
sciagurata situazione:
1. Il processo penale è come una corsa ad
ostacoli, riservati, per altro, soltanto agli
organi di giustizia, destinati, sovente, a
cadere rovinosamente su di essi;
2. il processo penale è come il gioco
dell’oca, nel quale, se si capita in certe
caselle, si deve tornare indietro o, peggio,
ricominciare da capo.
E’ fin troppo facile immaginare che, in siffatto sistema, gli imputati facoltosi e potenti
possano, per mezzo dei loro ben remunerati
avvocati, sfruttare ogni insidia contemplata
da norme farraginose e ridondanti, al fine di
ottenere un esiziale rallentamento del processo, fino a beneficiare dell’anelata prescrizione.
Orbene, la riforma voluta dall’attuale maggioranza di governo, lungi dal risolvere tali
problemi, li esaspera, rendendo la giustizia
penale ancora più inoffensiva nei confronti
di chi detiene il potere politico ed economico.
Esaminiamone alcuni aspetti.
Si fa dipendere la perseguibilità dei reati da
una sorta di “editto”, emanato ogni anno dal
Parlamento, così da subordinare alle esigenze (o al capriccio) della maggioranza un
dato prettamente oggettivo, quale è la legge
penale, oggi presidiato dal principio di obbligatorietà dell’azione penale.
La separazione delle carriere, poi, estromette il pubblico ministero dalla giurisdizione,
riducendolo ad organo di polizia, dipendente dall’esecutivo. Di più, lo sganciamento
della polizia giudiziaria da un immediato
e diretto rapporto con l’organo inquirente
renderà il pubblico ministero del tutto impotente, oltre che non più indipendente.
Quanto alle intercettazioni, le quali, nell’attuale temperie costituiscono un insostituibile strumento di indagine, si prevede un
meccanismo normativo fortemente limitativo, atto a renderlo inefficace. Che poi il
contenuto di compromettenti conversazioni
telefoniche, anche di valenza politica, vengano rivelate dalla stampa è solo un bene,
perché l’opinione pubblica deve conoscere
le malefatte dei suoi pubblici amministratori. La stampa – è stato detto – è il cane da
guardia della democrazia.
Il feticcio della privata riservatezza, invero,
deve cedere alle superiori esigenze del democratico e sociale controllo, fermo restando il divieto di pubblicare conversazioni di
carattere prettamente privato e prive di valenza processuale.
La peregrina idea di fare eleggere i giudici dal popolo costituisce una vera è propria
amenità. La scienza del diritto, invero, al
pari di ogni altra branca del sapere umano,
presuppone conoscenza e preparazione, che
soltanto un arduo e pubblico concorso può
verificare e garantire. Che anzi, il sapere
giuridico ha la necessaria presunzione di
estendere il campo della sua ricerca ad ogni
settore dello scibile, dal momento che insegue le azioni degli uomini, le quali possono
coinvolgere le più svariate discipline.
Tali aspetti della riforma vulnerano gravemente principi di rango costituzione, quali l’uguaglianza dei cittadini davanti alla
legge, l’obbligatorietà dell’azione penale,
l’imparzialità della funzione giudiziaria e la
separazione dei poteri dello Stato. Quest’ultimo fondamentale principio anzi, faticosamente emerso dai lumi della rivoluzione
francese, costituisce uno dei cardini dello
Stato di diritto, talché la mortificazione della funzione giudiziaria e la riconduzione di
ogni potere a quello di governo implicherebbero, senz’altro, la fine dello Stato moderno e democratico.
Più che una riforma atta a migliorare e rendere più celere ed incisiva l’amministrazione della giustizia, si tratta di una riforma
punitiva nei confronti dei magistrati, rei di
aver osato, pur fra mille difficoltà, condurre
indagini ed imbastire processi nei confronti
di uomini politici, invece che occuparsi di
immigrati di diverse etnie e colore.
Del resto, quanto questo governo rispetti
la giurisdizione è dimostrato emblematicamente dal fatto che un ministro della Repubblica abbia tenuto in spregio una decisione della Corte Suprema di Cassazione e
che un presidente di regione si sia fatto beffe di una decisione del TAR, presumendo di
saperne di più di tale specializzato organo di
giustizia amministrativo (caso Eluana). Atteggiamenti che sarebbero inconcepibili in
paesi di cultura democratica più radicata nei
quali capi di stato e di governo sono caduti
per molto meno. La strategia politica in atto
nella fattispecie in esame è ormai consueta
ed è quella di matrice craxiana: a fronte di
un problema oggettivo, quale quello della
giustizia penale, invece di risolverlo, lo si
esaspera, onde additare i magistrati come
colpevoli davanti alla pubblica opinione.
E’ appena il caso di rilevare, a tal proposito,
che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, di modo che, se, loro malgrado, operano in modo inefficace, la causa non può che
essere individuata nella cattiva qualità degli
strumenti che essi devono adoperare. Orbene, tali strumenti sono le leggi e le leggi non
le fanno i giudici, bensì il Parlamento.
Per concludere, la riforma del processo
penale voluta dall’attuale maggioranza di
governo renderebbe la giustizia “forte con
i deboli e debole con i forti”.
Giancarlo Ruggieri
aprile 2009 11
notiziario anpi
esteri
India-Paksitan
Paksita
Il 26 novembre scorso ha segnato un
momento di particolare sconvolgimento nei precari equilibri del Subcontinente indiano. L’incredibile assedio di
60 ore, portato a compimento da dieci
giovanissimi terroristi e subito dalla
capitale dello Stato del Maharastra
Mumbai, città di 14 milioni di abitanti, ha
inferto un duro colpo d’immagine non
solo per il governo Singh e per il partito
del Congresso dell’India, ma anche per
la riapertura del dialogo, avente per
tema il destino del Kashmir, ripreso
con il vicino pakistano, dopo l’elezione
del nuovo presidente Asif Ali Zardari.
Il Pakistan, accusato dal governo indiano di essere responsabile di quanto è
avvenuto a Mumbai, respinge le accuse
e precisa che quanto è successo è da
imputare all’inefficienza ed all’incapacità dei servizi segreti indiani (RAW)
e della sua agenzia di intercettazioni
(NSA) che agendo in stretta collaborazione con l’agenzia per lo spionaggio
elettronico degli USA, aveva trascurato
i preavvisi pervenuti a metà ottobre.
In verità le rivendicazioni dell’accaduto,
inviate in via “remaliler” (per mascherare
l’origine dei messaggi), non sono state in
grado di nascondere l’origine dell’emittente. Il RAW, infatti, ha potuto attribuire
i messaggi e quindi gli attentati al gruppo
Deccan Mujahedin, un gruppo terroristico
pakistano legato al SIMI, un movimento cioè degli studenti islamici dell’India,
entrato da pochi mesi in azione e fautore
dei cruenti attentati terroristici ad Ahmelabad
Inoltre Azam Amir Qasab di 21 anni, unico terrorista sopravvissuto, ha dichiarato
che tutti i componenti del gruppo terrorista, che ha messo a ferro e fuoco la città di
Mumbai e in particolare l’hotel Taj Mahal,
erano pakistani, addestrati dal LeT, gruppo terroristico finanziato dall’ISI (servizi
segreti di Islamabad), gruppo che dagli
anni ’90, rivendicando la liberazione del
12 aprile 2009
notiziario anpi
La crisi del Subcontinente Indiano
Kashmir, si attribuì la paternità di svariati
attentati in India, tra i quali il clamoroso
attentato al Parlamento di New Delhi del
2001.
Da tutta questa serie di accertamenti e
dalla ricostruzione dell’evento terroristico, (passato da Brescia?) condotta dei
servizi segreti RAW, è emerso piuttosto
chiaramente il coinvolgimento pakistano,
per cui le accuse di responsabilità rivolte
al vicino governo si facevano più serrate
di giorno in giorno.
Le accuse indiane hanno provocato l’immediata interruzione del processo di pace
con il Pakistan in corso dal 2004, alzando
la tensione tra i due Paesi ad un livello
mai raggiunto negli ultimi quattro anni,
portando a temere l’inizio del quarto conflitto Indo-Pakistano. Se un tale tragico
evento non ha avuto seguito è stato solamente grazie alle dichiarazioni del premier Asif Ali Zardari che da Islamabad
ed a nome del suo governo, ha respinto
le accuse di un diretto coinvolgimento del
suo esecutivo, garantendo, nel contempo,
la piena disponibilità a cooperare per la
cattura dei responsabili, se ancora presenti nel Paese.
Passato il momento di particolare tensione è subentrato poi il rifiuto di consegnare
venti presunti colpevoli, richiesti con un
dettagliato elenco da New Delhi, giustificando il fatto con la mancanza di valide
prove di colpevolezza a carico dei personaggi indicati.
Il primo nome nella lista, che il governo
indiano ha presentato al presidente Zardari, era quello di Dawood Ibrahim, potente
mafioso indiano, ricercato per gli attentati, che nel 1993, sono costati la vita a 250
cittadini di Mumbai e il secondo nome
quello di Hafiz Sace, fondatore del gruppo terrorista Lashkar-e-Toiba (LeT).
La stampa internazionale, trattando con
grande clamore, la vicenda di Mumbai,
ha spesso accostato la stessa all’accaduto
dell’11 settembre in USA, ipotesi ripresa anche dal premier indiano Manmohan
Singh. In effetti, anche se è possibile
ammettere alcune evidenti somiglianze,
l’azione terroristica condotta sul suolo in-
diano non è stata né la più cruenta e nemmeno la più grave nella tormentata storia
dell’India.
E’ certo peraltro, che l’hotel Taj Mahal in
fiamme, la presenza di vittime straniere
ed i continui riferimenti a Al Queda, hanno contribuito ad elevare il livello della
paura tra la popolazione, in grado, quindi,
di ricreare quel consenso pubblico, necessario più che mai al governo indiano, per
rilanciare con durezza e maggiore determinazione la lotta al terrorismo.
Sfruttando la tragica vicenda Mumbai, gli
USA hanno visto l’opportunità di intensificare la propria azione anti-terroristica,
partendo proprio dal Pakistan, accentuando i bombardamenti aerei, utilizzando
i droni per attacchi missilistici “ciechi”,
che non distinguono i talebani dai civili.
L’India ha visto, nel contempo, la possibilità avvantaggiarsi, grazie all’evidente
indebolimento di Islamabad, indotto dalle accuse di terrorismo, per recuperare
punti più favorevoli nella trattativa sul
Kashmir.
Da rilevare, peraltro, che il colpo inferto all’India dall’incredibile successo terroristico degli attentati di novembre, ha
indubbiamente indebolito anche il governo Sing, colpevole di non essere riuscito
a fronteggiare con successo una singola
emergenza terrorista. Le ormai imminenti elezioni politiche, potrebbero favorire,
quindi, il partito nazionalista indù di opposizione Bharatiya Janata Party (BJP) di
Vajpayee, da sempre più attento ai problemi della sicurezza interna.
Il partito del Congresso, quindi, allo scopo di risollevare il proprio prestigio, ha
puntato a scegliere e candidare personalità di grande prestigio. Una prima mossa
è consistita nel nominare Chidambaran,
autore del miracolo dell’economia indiana, al posto del dimissionario ministro
dell’Interno Shivraj Patil. Ha chiesto ed
ottenuto, inoltre, la dimissioni di Vilasrao
Deshmuk, presidente del Maharastra, Stato di cui Mumbai è capitale.
Di certo però l’ultima parola spetterà,
come detto, ai cittadini-elettori, esasperati dall’inefficienza dei servizi anti-terro-
India-P
India
an
n
“India e Pakistan, due potenze militari in possesso
di arsenali atomici, con
politiche, tradizioni e religioni assolutamente tra
loro inconciliabili, sono
oggi il perno, attorno al
quale sta girando tutta la
situazione del Subcontinente indiano.”
esteri
Da sinistra: India, Mumbai - Manmohan Singh
- Il dramma dell’attentato a Mumbai - Asif Ali
Zardari insieme alla moglie Benazir Bhutto, assassinata
rismo del Paese e desiderosi di un vero
cambiamento.
Nel contesto di questa ingarbugliata situazione anche il Pakistan ha i suoi problemi, governato com’è da un presidente,
che viene considerato “dimezzato”, a causa delle estreme ristrettezze in cui svolge
la sua azione istituzionale, stretto com’è
tra le pressioni americane, che vogliono
estendere nel Paese la guerra condotta in
Afganistan, l’insurrezione dei capi tribù
dei territori tribali, l’ondata terroristica, la
quale, con l’attentato all’hotel Marriott in
Islamabad, ha dimostrato la sua efficienza
e, da ultimo, l’inalterato potere dell’esercito.
Il neo-eletto presidente Zardari, quindi,
per affrontare, in queste condizioni, le tre
grandi sfide, alla base del suo programma elettorale – la stabilizzazione della
democrazia parlamentare, la lotta contro
l’estremismo ed il terrorismo e la ripresa
dell’economia in forte crisi – dispone di
ridottissimi margini di manovra.
In effetti, quando Asif Ali Zardari arriva
al potere, sostituendo idealmente la moglie assassinata Benazir Bhutto, trova una
situazione politica del Paese quasi incontrollabile, infilata nella trappola tra India
e Afganistan, nella quale, fino ad allora, il
Pakistan aveva evitato di cadere.
Nel vicino Afganistan i talibani riguadagnano il terreno perduto, nonostante la
presenza della Nato; in territorio pakistano gli insorti interni si rafforzano sempre
più, tanto che nel Waziristan sud a Bajaur,
tutte le agenzie della FATA (Amministrazione federale delle zone tribali) sono più
o meno duramente colpite dalla insurrezione contro il governo, che perde anche
la valle di Swat, dove le milizie vincenti
del maulana Faziullah impongono la sharia, accettata forzatamente dal governo,
con la convinzione che, aderendo al ricatto religioso degli insorti si possa porre
fine all’attività militare nei territori tribali. In parallelo aumentano gli attentati
suicidi nelle città pakistane, che a partire
dal luglio 2007 hanno provocato più di
1200 vittime. Da ultimo si aggiungono
le accuse da parte dell’India di avere favorito l’atto terroristico a Mumbai, che,
di fatto, ha provocato il fallimento della
positiva ripresa del dialogo sul destino del
Kashmir, dopo l’incontro del 24 settembre con il primo ministro indiano Manmohan Singh.
Nel contesto di una siffatta, complessa,
quasi ingovernabile situazione, il notevole talento di negoziatore di Zardari si è
dimostrato insufficiente ad affrontare gli
enormi problemi politici e socioecono-
a-Paksitan
Paksitan
mici del Paese. Gli USA hanno promesso
un incremento dell’appoggio finanziario,
ma con l’aumento del costo del petrolio e
il calo degli investimenti stranieri (con il
PIL in flessione del 50 percento), il Pakistan deve far fronte ad una pesante crisi di
liquidità e alla debolezza delle sue riserve, chiedendo aiuti finanziari ad Arabia
Saudita, Iran, Cina e a tutte le possibili
organizzazioni internazionali più o meno
amiche.
India e Pakistan, due potenze militari in
possesso di arsenali atomici, con politiche, tradizioni e religioni assolutamente
tra loro inconciliabili, sono oggi il perno,
attorno al quale sta girando tutta la situazione del Subcontinente indiano. Il dialogo per trovare soluzioni ai problemi aperti
incontra ostacoli invalicabili e si trascina
ormai da 40 anni senza trovare uno sbocco politicamente degno.
Il terrorismo, inoltre, crea ulteriori e complesse difficoltà, che non possono essere
celate dalla buona volontà dei politici e
dalle conseguenti aperture diplomatiche.
Tutti i problemi di fondo e in particolare “il groviglio del Kashmir”, rimangono
ancora oggi irrisolti, originando di conseguenza una crisi in tutto il subcontinente
indiano, di cui non si vede la fine.
Bruno Bertolaso
aprile 2009 13
notiziario anpi
cultura
REGGIO EMILIAViaggio Nella
Memoria
Due viaggi organizzati
da ISTORECO
in collaborazione con ANPI
La partecipazione sempre crescente di
studenti e di scuole, che per il 2009 supera tutte le precedenti edizioni, fa del
Viaggio della Memoria una grande occasione di formazione, di educazione ai
diritti umani e di preparazione ad essere
cittadini del mondo attivi e consapevoli.
La meta di quest’anno è la città di Berlino un grande museo a cielo aperto che
offre una ricchissima possibilità di studio
della storia contemporanea.
I due turni, in cui era articolato il Viaggio
2009, organizzato da Istoreco in collaborazione con l’ANPI reggiana e il Comune
e la Provincia di Reggio Emilia, hanno
portato a Berlino complessivamente ottocento persone, quattrocento il primo e
quattrocento il secondo.
Il Viaggio ha visto la partecipazione del
sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, dell’assessore alla scuola Gian Luca
Chierici della Provincia di Reggio Emilia
e dell’assessore alla Solidarietà Marcello
Stecco, del presidente del consiglio comunale Nando Rinaldi, degli assessori
ttato
verrà proie ar9
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Piazza M
Il film sul
re 20.30 (o
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p
a
sabato 25 o - Reggio Emilia)
gli
tiri del 7 lu
di Correggio Ilenia Malavasi e Marcello
Bulgarelli e dell’assessore alla Scuola di
Castelnovo Monti Giuliano Maioli.
Ricordiamo, infine, le scuole che hanno “viaggiato” con Istoreco: CattaneoCastelnovo Monti, Russel-Guastalla, ex
Motti convitto Corso-Correggio, EinaudiCorreggio, Gobetti-Scandiano e da Reggio Emilia: Spallanzani, Zanelli, Matilde
di Canossa, Iodi, BUS Pascal, Tricolore,
Filippo Re, Moro, ITI Nobili, Secchi.
Il racconto di chi c’era
È di 1066 chilometri, ossia sedici ore di
pullman, la distanza fra la nostra città e
Berlino, capitale della Germania e del
Ricordo. Non sapevo cosa mi sarebbe
accaduto, non conoscevo quei luoghi e
quegli avvenimenti se non grazie a dei
fogli sparsi di libri o articoli di giornale.
Esserci catapultati, vedere con i propri
occhi e sentire sulla propria pelle quel
vento freddo è tutta un’altra cosa. Ciò che
mi ha segnato maggiormente del campo
di concentramento di Ravensbrück (a
pochi chilometri dal centro della città),
del museo e del monumento alle vittime
dell’olocausto è quel silenzio così doloroso, così carico di solitudine che nessuna
foto, nessun libro di storia può descriverti
o fartelo immaginare. È al tempo stesso
però un rumore assordante da cui non ti
puoi staccare, che ti assorbe e ti consuma, che, se lo sai cogliere (cosa quanto
mai più rara nel tran-tran della società di
oggi, ti cambia profondamente. Molto
spesso, durante quei giorni, mi è capitato
di provare ad “immedesimarmi” in quelle
persone imprigionate e private della propria umanità. È una sensazione strana e
potente, che non avevo mai provato proprio perché non potevo sentirmi vicino a
delle foto o delle descrizioni lontane dalla
mia esperienza. Questo viaggio, questo
percorso nella memoria ha reso tutto ciò
possibile e, probabilmente, è proprio questo il suo significato. Ora posso davvero
sentirmi vicino a quei luoghi e a quei fatti,
posso credere di essere diventato parte di
quella storia. Questo perché i miei occhi
Le foto grandi in alto sono di Francesco Pattacini
14 aprile 2009
notiziario anpi
“Io chiedo come può un
uomo uccidere
un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel
vento, in polvere qui
nel vento...”
cultura
Auschwitz,
Francesco Guccini
-BERLINO
Il Partigiano Francesco Bertacchini Volpe
Il Partigiano Bruno Friggeri
Marcello Stecco, Graziano Delrio
(foto di Gianni Marconi)
hanno pianto le stesse lacrime degli internati senza nome e dignità, perché le mie
mani si sono graffiate con lo stesso filo
spinato che li opprimeva, perché il mio
naso ha percepito lo stesso odore acre del
sudore umano, perché la mia bocca ha
assaporato lo stesso amaro silenzio che li
circondava.
Mi sono iniziato a chiedere al mio ritorno come potevo, prima di visitare questi
luoghi, non sentirmi un uomo a metà, un
antifascista a mezzo servizio non avendo
mai visto o sentito sulla mia pelle sensazioni del genere se non attraverso qualche
racconto di un partigiano o di un libro
particolarmente intenso. Si dice spesso
quando si va a visitare questi luoghi che
la cattiveria umana non abbia “limiti”,
quando ti ritrovi in mezzo a quella desolazione lo credi davvero. Tutto ciò che ti
sta intorno è li proprio a confermartelo. I
luoghi del ricordo sono stati allestiti proprio per questo, affinché nessuno dimentichi ciò che è stato. Il rischio che si corre
però, ed è intuibile in certi posti, è che tut-
to ciò diventi un business sulla memoria,
che tutte queste sensazioni vengano trasportate nel vortice del consumismo sfrenato. Il compito di quelli come me, che
hanno sentito le stesse sensazioni o che le
hanno vissute sulla propria pelle è evitare che accada una cosa del genere così da
estendere i propri sentimenti anche a chi,
nel campo, non c’è mai stato né prima,
né dopo. C’è una camera all’interno dello Jüdisches Museum (museo del ricordo
dell’olocausto ebraico) che mi ha segnato
particolarmente. È chiamata “stanza delle
maschere” perché al posto del pavimento
sono state collocate delle maschere nude,
senza particolari e tutte uguali, che richiamano evidentemente alle vittime, sulle
quali puoi camminare. Ad ogni passo le
maschere si spostano ed ogni movimento
causa un rumore metallico agghiacciante,
che ricorda delle urla strazianti. Mentre
passeggi tra questi visi tutti uguali che urlano, che magari chiedono aiuto capisci di
essere un “sopravvissuto” che guarda gli
avvenimenti dall’alto, distanti e non pro-
va su se stesso il dolore fisico, mentale e
psicologico che hanno provato quelle povere vittime. E tutto ciò è agghiacciante
perché è la condizione in cui la maggior
parte, di cui facevo parte prima di recarmi in quelle zone, vive: estraniato da
certe tematiche perché le sente lontane e
non personali. Per lo stesso motivo, per
un distacco così sottile e invisibile, molti ragazzi si allineano all’ideale fascista.
L’ignoranza li porta a considerare le cose
al di sopra del proprio vissuto e non le fa
sentire sulla propria pelle. Forse è ora che
quelle persone si facciano anche loro un
viaggio nel ricordo, così da fargli riflettere se la loro condotta politica e morale
sia giusta o se non sia nient’altro che un
ulteriore colpo di pistola nel corpo di sei
milioni di persone uccise.
Francesco Pattacini
aprile 2009 15
notiziario anpi
cultura
MOMENTI DI RESISTENZA
Il 27 febbraio e dintorni
Faik aspetta già da un po’, è arrivato presto tra le persone che affollano la piazzetta antistante i locali della mostra, osserva
impaziente il taglio del nastro, poi, mentre la sala si riempie di persone, prende
per mano la moglie e il figlio e si catapulta all’interno. Si guarda intorno e vede
l’oggetto di tanto affanno, tende la mano
all’onorevole Rosy Bindi e finalmente
glielo dice: “Anche io sono italiano!”.
Così il 27 Febbraio a Fabbrico, ogni anno
da 64 anni, oltre che ricordo della liberazione del paese dall’oppressione nazifascista, diviene simbolo di lotta alle nuove
ingiustizie, alle nuove discriminazioni,
simbolo d’identità di un paese che, con i
suoi vecchi e nuovi cittadini, ripropone e
si riconosce, in modi sempre nuovi, nei
valori della Resistenza.
Attorno al 27 febbraio ruota un calendario ricco di appuntamenti. Sabato 21
febbraio presso i locali della biblioteca
”S. Allende” è stato presentato il catalogo della mostra fotografica-documentale,
realizzata nel 2007 dall’ANPI locale, dal
titolo L’altra metà della storia. Il contributo delle donne reggiane dalla Resistenza a oggi. Hanno presenziato il sindaco
Roberto Ferrari e Lella Vinsani, storica di
Istoreco, che ha illustrato la storia delle
donne dal Novecento a oggi mettendo in
risalto il ruolo, tante volte invisibile e non
riconosciuto, delle donne nella Resistenza, nella famiglia e nella società. Un la-
16 aprile 2009
notiziario anpi
voro dedicato alle donne, a quell’universo
femminile che ha tanto sofferto e lottato e
che proprio grazie a questo impegno e a
queste battaglie, ha compiuto importanti
conquiste.
Sabato 28 Febbraio sempre presso la biblioteca, lo storico Massimo Storchi ha
presentato il suo libro Il sangue dei vincitori. “Una puntuale ricostruzione di cosa
è realmente avvenuto a Reggio Emilia
nell’intervallo che va dal 25 luglio 1943,
data della destituzione di Benito Mussolini, fino alla Liberazione d’Italia, e, oltre
l’amnistia del 1946. Ricostruzione basata
su documenti e testimonianze ufficiali,
utilizzando per la prima volta gli atti della Corte d’Assise Straordinaria di Reggio
Emilia”. Storchi nella stessa mattinata
aveva incontrato nella sala A. Moro in
Municipio, gli studenti della Scuola media di Fabbrico.
27 febbraio
La giornata del 27 è stata come sempre
molto partecipata e ricca di eventi. E’
partita con l’inaugurazione della mostra “I valori e la memoria”, di proprietà
dell’ANPI di Modena, allestita da Gianni
Carino in collaborazione con l’ANPI di
Fabbrico, l’amministrazione comunale di
Fabbrico e il gruppo “Cittadini per la pace
di Fabbrico e Rolo”. La mostra ha visto
quindici disegnatori e fumettisti, che si
esprimono attraverso una serie di vignet-
te, sul tema dei valori manifestati dalla
Resistenza, contemplati e garantiti dalla
nostra Costituzione. I diritti e i doveri, il
senso civico del proprio ruolo di cittadino
e non di suddito, sono i paletti in cui si
infila questo slalom di ironia, disegnando
un quadro della realtà italiana pungente e
critico.
Come ogni anno poi dalla piazza è partito
il corteo, sempre più numeroso, vuoi anche per la complicità della bella giornata
di sole, che dalle vie del paese si snoda
fino al luoghi dov’è avvenuta la battaglia.
Come ogni anno hanno sfilato ospiti importanti quali l’onorevole Rosy Bindi, i
sindaci della provincia di Reggio Emilia,
con i gonfaloni dei paesi, rappresentanti
dell’ANPI provinciale, l’ANPI di Campegine e una folta rappresentanza del Museo
Cervi, con il marito e le nipoti di Maria
Cervi. Come ogni anno davanti al monumento simbolo della battaglia partigiana
si ritrova un gruppo sparuto di persone,
simbolo di un’Italia retrograda ed antidemocratica, che la Resistenza pensava
d’aver sconfitta, ma che, in questi tempi di
revisionismo, torna più forte a pretendere
l’assurdità di un’equiparazione tra partigiani e fascisti. Italo Calvino con queste
parole non lasciò spazio a dubbi: “Dietro
il milite delle Brigate nere più onesto, più
in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio,
le camere di tortura, le deportazioni e
l’Olocausto; dietro il partigiano
più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società
pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio
giusta in senso assoluto, che di
queste non ce ne sono”.
Di ritorno dal corteo il sindaco
Roberto Ferrari e l’onorevole
Rosy Bindi hanno ricordato che
la battaglia avvenuta sul suolo
fabbricese 64 anni fa, fu una battaglia dei fabbricesi, che si trasformò in una lotta e in una consapevolezza non solo del nostro
paese, ma di tutta Italia.
Toccante e profonda anche la
presenza di Salvatore Gibiino,
a Fabbrico
presidente della Cooperativa
Pio La Torre, che, durante il
pranzo di beneficenza svoltosi
alla mensa comunale, ha testimoniato le difficoltà quotidiane incontrate nella coltivazione
di terre confiscate alla mafia in
Sicilia, ma accanto ai problemi,
anche l’amore, la dedizione ad
una terra troppe volte violentata
e il coraggio di questi ragazzi a
non lasciarsi vincere dalla paura,
“chi ha paura – diceva Giovanni Falcone – muore ogni giorno, chi non ha paura muore una
volta sola”. La giornata si è poi
conclusa con la Fiaccolata per
la Pace, dedicata alla vittime di
Gaza ed organizzata dai Cittadini per la Pace di Fabbrico e Rolo
e la sezione ANPI di Fabbrico.
Al termine della fiaccolata tante
persone hanno assistito al teatro
Pedrazzoli alla proiezione del
film Sopra le nuvole a cui erano
presenti gli autori Sabrina Guigli
e Riccardo Stefani. Ambientato
nell’Appennino Emiliano, il film
racconta i due episodi realmente
accaduti durante la seconda guerra mondiale: l’eccidio di Monchio del 18 marzo 1944 in cui
morirono 130 civili tra cui donne, bambini e uomini e l’eccidio
di Cervarolo di Villa Minozzo il
20 marzo 1944 con 24 uomini
uccisi, perpetrati dalle truppe tedesche della divisione Hermann
Goering nel tentativo di indivi-
cultura
duare i ribelli e i partigiani. Il
film interpretato da persone del
luogo, attori non professionisti,
non si limita però al resoconto
di quei tragici avvenimenti, ma
descrive la vita, le abitudini e
le tradizioni della povera gente,
raccontando le vicende di varie
famiglie. La Resistenza, la lotta
partigiana diviene ogni anno occasione per non dimenticare, per
riempire di nuova forza i valori
costituzionali scaturiti da questo
momento culminante della nostra storia.
Albert Kesselring, comandante
delle forze tedesche in Italia, mai
pentito per gli eccidi commessi,
dichiarò che gli italiani, per il
bene che aveva fatto loro, avrebbero dovuto erigergli un monumento. E un monumento al comandante, o meglio una lapide,
c’è, a Sant’Anna di Stazzema,
su cui sono impresse per sempre
queste parole:
“Lo avrai/camerata Kesselring/
il monumento che pretendi da
noi italiani/ma con che pietra
si costruirà/a deciderlo tocca a
noi./Non coi sassi affumicati/
dei borghi inermi straziati dal
tuo sterminio/non colla terra dei
cimiteri/dove i nostri compagni
giovinetti/riposano in serenità/
non colla neve inviolata delle
montagne/che per due inverni
ti sfidarono/non colla primavera di queste valli/che ti videro
fuggire./Ma soltanto col silenzio
dei torturati/Più duro d’ogni macigno/soltanto con la roccia di
questo patto/giurato fra uomini
liberi/che volontari si adunarono/
per dignità e non per odio/decisi
a riscattare/la vergogna e il terrore del mondo./Su queste strade
se vorrai tornare/ai nostri posti ci
ritroverai/morti e vivi collo stesso impegno/popolo serrato intorno al monumento/che si chiama/
ora e sempre/RESISTENZA”
(Piero Calamandrei).
Chiara Preti
Fiorenza Bigi
sezione ANPI Fabbrico
Il sindaco Roberto Ferrari, la senatrice Albertina Soliani, Rosy
Bindi, Sonia Masini
Lella Vinsani (a destra)
aprile 2009 17
notiziario anpi
cultura
“Ai famigliari e
a noi giovani è
rimasta la voglia
di giustizia...”
Pubblichiamo l’intervento di Italo
Rovali, presidente del Comitato
famigliari delle vittime della strage
di Cervarolo del 20 marzo 1944,
pronunciato in occasione nel 65°
anniversario dell’eccidio, il 22marzo scorso.
Strage di Cervarolo
A nome mio personale, del Presidente
dell’ANPI Giacomo Notari, del Presidente dell’ALPI Danilo Morini e dei famigliari delle vittime porgo un sincero
saluto e un ringraziamento per essere vicino a noi, alle autorità civili, militari e a
tutti voi che oggi siete presenti in segno di
solidarietà e partecipazione per i fatti che
oggi si vanno a ricordare.
Il giorno 15 marzo 1944 a Cerrè Sologno,
a pochi chilometri da quest’aia, si ha il
primo scontro tra giovani gruppi di partigiani, in fase di formazione e truppe tedesche miste a militari della GNR. Dallo
scontro, aspro e cruento, escono vincenti,
ma con gravi perdite i partigiani.
In settanta, nel loro spostamento, prima di
sciogliersi sul versante modenese, arrivano, laceri, affamati e sfiniti, il giorno 17 a
Cervarolo.
Qui a “Cadgianica” la casa del mezzadro
del prete, al civico 41, si rifocillano e pernottano.
Cervarolo allora era un paese non allineato con il potere fascista, a differenza dei
paesi limitrofi, qui vivevano e avevano la
famiglia antifascisti che si opponevano a
viso aperto al regime; poi passati nei ranghi dei partigiani, come Vincenzo Costi,
Attilio Paini, Attilio Alessandri.
18 aprile 2009
notiziario anpi
La gente non negava a nessuno di passaggio, il pane nero, la polenta di castagno o
di neccio, il latte.
Ciò aveva insospettito il regime fascista
di allora e significativa appare ora la strana visita di un sedicente avvocato che il
primo marzo di quell’anno, al fine di conoscere i nomi degli antifascisti interrogò,
senza risultato il parroco don Pigozzi.
Il giorno 19, domenica di san Giuseppe,
lunghe file di militi fascisti della GNR e
di tedeschi, provenienti da Villa Minozzo,
salirono a Cervarolo.
Non trovarono uomini adulti nel paese,
che impauriti si erano rifugiati nei boschi
circostanti.
Informarono le donne di far tornare gli
uomini, perché se li avessero trovati nei
boschi, li avrebbero considerati tutti partigiani e passati per le armi. Infine lasciarono Cervarolo diretti a Gazzano.
Le donne impaurite, richiamarono in paese gli uomini e scattò così la trappola.
La mattina del giorno 20 dalla “Calcinara” arrivò la Terza divisione corazzata
“Hermann Goering”, comandata dall’ufficiale Hermann von Poschinger.
Furono i militari fascisti della 79a Legione della GNR che diedero i numeri civici
delle abitazioni delle persone da uccidere
per primi, perché l’azione di rappresaglia
fosse ancora più mirata e micidiale.
I fonogrammi con gli ordini, portano le
firme del tenente Galeni, del capitano Pilati, del colonnello Onofaro.
I fascisti, scrissero su un foglio in un italiano corretto il civico 5, dove vennero
uccisi subito, Ennio Costi e il figlio Lino,
padre e nipote del partigiano Vincenzo.
Fu un pregiudicato, il camerata Mauro
Magnani, la spia fascista che lo stesso
giorno guidò il braccio armato tedesco a
Cervarolo.
Furono i fascisti la causa di questo eccidio, i primi ad arrivare e gli ultimi a lasciare il paese.
Abbiamo i nomi degli iscritti, di 63 gerarchi e stiamo studiando la loro responsabilità penale, perché l’amnistia non copre
crimini compiuti “con particolare efferatezza”.
Ricordo che da bambino, uno dei tre
sopravvissuti, zio di mio padre, Olinto
Alberghi, mi raccontava che sepolto dai
corpi, dal sangue e dai brandelli umani
dei morti sopra di lui, sentì chiaramente
pronunciare in dialetto della pianura reggiana, la frase: “Questa volta li abbiamo
sistemati questi partigiani”.
Erano civili inermi, contadini; mio bi-
I responsabili
a processo
cultura
snonno Antonio ottantaduenne, era paralizzato da tre anni, fu buttato giù dal letto
e trasportato a peso davanti al plotone di
esecuzione in barella.
Emilio era incapace di intendere e volere
e aveva preso questo atroce gioco di morte, come una rappresentazione fuori tempo, del maggio popolare. Cesare Borea,
infermo trascinato a peso nell’aia. Armido e Italo, diciassettenni.
Fino al sacrificio di don Giovan Battista
Pigozzi, umiliato, denudato e deriso, perché si rifiutò di firmare un foglio con scritto che quegli uomini erano partigiani.
E le nipoti, che solo dagli interrogatori
arrivati dalla Germania, si è saputo del
grado di umiliazione, che le stesse sono
state costrette a subire.
Razziarono il bestiame, incendiarono il
paese e i corpi nell’aia.
Dopo la strage, la gente visse di elemosina e di pane ammuffito bagnato dalla
neve, in caverne ricavate nella roccia del
sovrastante monte Beccara.
Incendiarono anche Case Pelati nell’agosto 1944. Qui oltre la linea gotica si doveva creare terra bruciata.
Rimasero trenta orfani e quindici vedove,
di cui una sola ancora vivente. Qui sono
mancate due generazioni.
Io non ho mai conosciuto il nonno, altri
il padre, lo zio, il fratello. Cervarolo e la
mia gente è un paese che sta ancora pagando per questo.
Ai famigliari e a noi giovani è rimasta la
voglia di giustizia e di sapere la verità.
Non è mai cessato lo spirito di capire, chi
avesse ucciso e perché.
Io ne ho studiato l’aspetto giuridico. Per
Simona è stata la sua tesi di laurea. Riccardo e Sabrina ne hanno tratto un film
bellissimo Sopra le nuvole, proprio oggi
nel 65° anniversario dell’eccidio, contemporaneamente proiettato a Roma e a
San Francisco.
Per questo sacrificio, il comune di Villa
Minozzo è stato insignito medaglia d’argento al valor militare, il 6 marzo 1950,
dal Presidente del Consiglio dei Ministri
Alcide De Gasperi.
Finita la guerra, il comando dei servizi segreti britannici, raccolse le denunce delle
vittime di questo e di altri 2274 atroci crimini di guerra, compiuti dai nazifascisti
in Italia.
Seicentonovantacinque fascicoli vengono
consegnati ai giudici italiani, con il titolo
“Atrocità in Italia” e con stampigliato il
timbro “Secret”, che nel 1960 la Procura
Militare di Roma pone in “Provvisoria archiviazione”.
Resta da capire, chi abbia deciso quell’archiviazione provvisoria, procedura non
prevista dal CPP. Non esiste oggi e non
esisteva allora la “Provvisoria archiviazione”, quando il c.p.p. del 1930 già prevedeva l’obbligatorietà dell’azione penale.
Il tutto viene chiuso nell’ “Armadio della
vergogna” con l’apertura verso il muro,
protetto da un cancello in ferro, in uno
sgabuzzino di Palazzo Cesi a Roma, cancelleria della Procura Militare.
Siamo al governo Tambroni e ai martiri
del 7 luglio. Questa la dice lunga sull’atmosfera degli anni Sessanta. Solo nel
1994, il Procuratore Antonio Intelisano,
scopre l’armadio.
Oggi, a 65 anni dall’eccidio, questa cerimonia ha un valore molto particolare. Il
Procuratore della Repubblica della Procura Militare della Spezia, Dott. Marco De
Paolis, dopo aver acquisito il fascicolo
su questa strage, occultato nell’Armadio
della vergogna, ha aperto l’istruttoria.
Ha compiuto 50 rogatorie internazionali, trovando la collaborazione della polizia tedesca, che ha sequestrato un diario
di guerra dell’ufficiale Wolfgang Bach,
che ricostruisce con dovizia di particolari, movimenti, azioni di guerra, luoghi e
nomi di persone. Sono state acquisite agli
atti, intercettazioni telefoniche provanti le
responsabilità penali e rinviati a giudizio
sette graduati che costituiscono la catena
di comando. Ma a questi se ne aggiungeranno presto altri.
Ho incontrato per la prima volta il Procuratore dott. De Paolis nel 2006 e da
allora ne vivo l’amicizia. Una persona
eccezionale, un grande tecnico del diritto,
dal quale ho imparato molto. La sua dedizione, professionalità e sensibilità umana,
l’ha portato tre volte a Cervarolo.
Ha voluto fare il percorso fatto dalle truppe, si è fermato negli stessi luoghi, è andato a casa dei testimoni oculari, ormai
vecchi e malati, che hanno riconosciuto le
divise, i distintivi, le armi usate dalla 3a
compagnia Hermann Goering.
Ha saputo toccare con mano il desiderio
di giustizia che ci accompagna. Ha riordinato carte impolverate e ingiallite dal
tempo e costruito intorno a sé una squadra
investigativa efficientissima.
Gli ho fornito documenti, dal 1942 ad
oggi, sono stati verbalizzati venti testimoni che saranno sentiti in aula al processo.
La mia gente gli ha aperto il cuore e i ricordi.
Italo Rovali e Massimo Storchi
aprile 2009 19
notiziario anpi
cultura
Mi sono avvalso dalla collaborazione
dell’amico e storico Massimo Storchi di
Istoreco e del Presidente dell’ANPI Giacomo Notari. Persone e istituti questi, che
oggi una becera destra vorrebbe togliere
dalla faccia della terra, togliendo così la
memoria storica alla gente.
Così la corrispondenza di percorso, luoghi, testimonianze, documenti, intercettazioni e non ultimo il diario, hanno fatto
chiudere a cerchio il quadro accusatorio,
grave, preciso e concordante.
Ora inizia il processo, non un processo
alla storia, a categorie astratte, ma a individui che hanno compiuto delle atrocità
indossando determinate divise. Causando
un danno oggettivo, storico e morale alla
comunità.
Un segno di civiltà da parte di uno Stato, che purtroppo non sempre si dimostra
all’altezza. Alcuni sostengono che si tratti di ordini, eravamo in guerra e nell’esercito gli ordini vanno eseguiti.
Non è vero, lo dice il Codice militare di
guerra del 1941, il militare può rifiutarsi
quando l’ordine è “chiaramente criminoso”.
E poi deve rimanere una memoria autentica, contro tentativi di manipolazione e
di becero revisionismo storico. Un pessimo esempio lo possiamo trovare oggi
nella proposta di legge n. 1360 del giugno
2008, che propone l’istituzione dell’“Ordine del Tricolore”, che vuole parificare i
partigiani agli appartenenti alla repubblica di Salò, alla X Mass, alla brigata nera.
Tutti insieme, vittime e carnefici, chi lottava per i valori scritti con il sangue nella
Costituzione del 1948 e chi a questi valori si opponeva con le armi in pugno.
Sette sono fino ad ora gli imputati, ma
presto se ne aggiungeranno altri. Questi
i capi d’imputazione: violenza con omicidio, art. 185 CPM di guerra e art. 575
c.p. con le circostanze aggravanti degli
artt. 112-577-61 CP per aver determinato i sottoposti a commettere reato; aver
agito per abbietti e futili motivi; con sevizie e crudeltà; approfittando di persone
inermi.
Accuse pesanti come macigni e con aggravanti che trasformano il reato in omicidio volontario, punito con l’ergastolo,
la cui pena è imprescrittibile.
Rimanete vicino a noi, in questa battaglia
di affermazione della giustizia. Grazie a
tutti voi.
Italo Rovali
20 aprile 2009
notiziario anpi
La battaglia di Cerré Sologno
Pubblichiamo la lettera del 16 marzo 1950 di Didimo Ferrari (19121959), il partigiano Eros, inviata dalla latitanza ravennate alle figlie,
Anna e Maura, in cui racconta lo scontro fra partigiani e truppe
nazifasciste il 15 marzo 1944.
Care le mie bambine,
Voi Vi domanderete come e perché il
Vostro papà ha una decorazione, una
medaglia d’argento. Dato che oggi ricorre il sesto anno della battaglia per
la quale sono stato decorato, Vi voglio
raccontare qualcosa in merito.
Dovete sapere che nel 1944 tutti i bravi
italiani lottarono contro i tedeschi ed i
fascisti.
Per i fascisti erano suonate le ultime
ore della loro esistenza, dopo più di
venti anni di ingiustizie e di oppressioni. Era perciò naturale che io fossi tra
coloro che lottarono con le armi contro
i nemici, contro i nemici dei lavoratori;
anch’io volevo lottare con le armi contro questi nemici perché non mi sarei
mai perdonato la qualifica del vigliacco.
Dovete imparare fin da ora che il vigliacco e l’indifferente ai problemi vitali del suo tempo è l’essere più spregevole che possa esistere.
Vi confesso però che non andavo di
fronte al pericolo, di fronte alla morte,
senza timore. Ma era una necessità morale, come è un dovere dare la caccia
ad una belva feroce fuggita da un serraglio.
Dunque anch’io mi sono fatto partigiano ed ho partecipato alla guerra di
liberazione.
Tutti i compagni partigiani mi volevano bene e mi elessero loro commissario
politico.
Era una carica molto importante e vi
confesso che ero orgoglioso, come sono
anche orgoglioso della decorazione; del
resto tutti gli uomini sono orgogliosi
quando ricevono incarichi importanti.
Ma era anche una grave responsabilità e temevo sempre di sbagliare perché
mi sembrava un compito superiore alle
mie forze ed alle mie capacità.
E’ vero che avevo passato tanti anni
di confino e di carcere; ma ero sempre
un bracciante di fronte a dei partigiani
che avevano studiato, che avevano frequentato le scuole superiori e che ora
erano laureati. Io ero solo un comunista
ed un antifascista. Ma poi mi convinsi
che anche i partigiani laureati avevano
fiducia in me, e ciò mi dava maggior
animo. Non dovete credere però che
fossero molti i partigiani laureati o già
ufficiali dell’esercito: si contavano sulle dita, mentre la stragrande maggioranza erano operai o contadini.
Ma io mi dilungo in questioni secondarie, senza entrare nell’argomento.
Ora però vi accontento subito.
Dopo dieci giorni che ero su in montagna si decise di attaccare dei presidi
fascisti.
Quello di Gatta e quello di Ligonchio.
Partimmo dalla nostra base nelle prime
ore della notte e, allo scopo di attaccare contemporaneamente i due presidi,
ad un certo punto ci dividemmo in due
cultura
colonne. Io facevo parte della colonna
più numerosa, quella che avrebbe dovuto attaccare Ligonchio. Mentre però tutto
andò bene per l’attacco di Gatta, la mia
colonna dovette fermarsi a metà strada,
a Cerrè, per causa della troppa neve, non
prevista, e rimandare l’attacco per il giorno dopo. Dovete sapere che Cerrè è un
piccolo paese, sperduto negli appennini
reggiani, privo di strade, con le vecchie
case in mezzo a grossi ed alti castagni.
Metà di queste case sono al piede di un
colle, l’altra metà di sopra. Così gli abitanti hanno diviso il paese in “Cerrè basso” e Cerrè alto”.
Noi ci eravamo fermati a sparpagliati nelle case e nelle stalle di Cerrè alto.
Fu dopo due ore circa, già mattino alto,
che due montanari ci avvertirono della
presenza di tedeschi e fascisti in “Cerrè
basso”.
Dato l’allarme, ci mettemmo in formazione di combattimento. Sia per noi che
per i nazifascisti fu una sorpresa. Noi non
sapevamo in quanti erano, ma anche loro
non sapevano nulla di noi.
Dopo di averli sconfitti sapemmo che
erano una compagnia con più di cento...
ma non voglio anticiparvi le fasi del racconto…
I nazifascisti erano armatissimi, mentre
noi eravamo venticinque partigiani con
poche armi. Dato poi che per molti partigiani era il primo combattimento, come
era per me, potete immaginare in che
condizioni ci trovavamo. Ad aggravare la
situazione avvenne che nella prima ora di
combattimento ci uccisero tre partigiani e
ci ferirono gravemente il comandante e il
vice comandante.
La situazione diventava disperata: subentrò un certo panico tra i partigiani e
qualcuno cercava di scappare. Allora io
ebbi molta paura. Pensai che se fossero
scappati ci avrebbero inseguiti e uccisi
tutti. Visto un gruppo di partigiani che
si allontanava da una postazione, senza
una ragione plausibile, sparai un colpo di
rivoltella per aria e gridai “Fermi tutti”.
Dopo di essermi avvicinato a loro dissi:
“Non dobbiamo fuggire… non dobbiamo
essere dei vigliacchi!… Abbiamo già dei
morti, dei compagni caduti… dobbiamo
vendicarli!!
Si vedeva nei loro volti una grande paura,
ma si capiva che non erano dei vigliacchi.
Sentivo che provavano quello che prova-
vo io. Ma invece di tirare la conclusione
di essere più decisi e di resistere, credevano di fare meglio a scappare.
Convinto di ottenere un ottimo effetto
dissi loro ancora: “Chi si sente comunista
stia qui con me, e chi crede che per fare
un partigiano bisogna scappare se ne vada
via, ma senza armi”.
Quanta gioia provai vedendo che nessuno si allontanava. E’ vero che lo dissi con
fare eccitato; ma capivo che rimanevano
perché erano bravi e non perché avessero
avuto paura della mia rivoltella.
Dato che la situazione non era mutata con
le mie parole, ed i partigiani mi guardavano come per dire. “va bene, noi restiamo
qui; … ma… come pensi di risolvere la situazione!!! “Sempre con energia aggiunsi: Ora dobbiamo snidare quella raganella
(un mitragliatore tedesco) chi viene con
me? Siamo sufficienti in sette od otto. Gli
altri devono stare qui e proteggerci con i
loro fucili.
Ricordo tutto come se ancora ora stessi
per fare la stessa cosa. Capivo che bisognava dare l’esempio e che era il momento di mettere in pericolo la propria vita
per sollevare quella dei miei compagni.
Per salvarci bisognava vincere ad ogni
costo.
Il primo a dire “vengo io” fu il partigiano
“Mollo”, un giovane veramente straordinario, che voi dovete sempre ricordare;
Egli è stato veramente un eroe. Poi altri
seguirono l’esempio di “Mollo”
In quell’attacco furibondo “Mollo” mi
salvò la vita. Per sparare contro una finestra, da dove partivano raffiche di mitraglia, mi ero portato dietro una spigolo
di una casa, ma non avevo visto che un
fascista al mio fianco controllava la zona.
Fu un attimo. “Mollo” mi buttò a terra
con uno spintone, Sentii una scarica sopra
di me e poi lo scoppio di una bomba. Era
stato “Mollo” a gettare la bomba contro il
fascista che mi aveva sparato addosso. Il
fascista non sparò più su nessun partigiano e, dopo una lotta di circa mezz’ora nella quale un altro nostro partigiano rimase
ferito gravemente, noi sette riuscimmo a
far tacere la raganella.
Fu l’inizio della ripresa. I partigiani ripresero fiducia in loro stessi e la compagnia
nazifascista venne distrutta.
E’ stata una bella vittoria, una delle più
belle di tutte la lotta partigiana.
Vedete mie care bambine come bisogna
Nella pagina accanto: 22 marzo 2009 Cerrè Sologno. Corteo verso il luogo della commemorazione.
Da sinistra: Anna Ferrari, Fiorella Ferrarini (ha tenuto l’orazione ufficiale), Giacomo Notari e Paolo
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Quest’anno ricorrerà il 50° della
morte (7 ottobre 1959) di Didimo Ferrari, Eros, il commissario
generale del comando unico delle brigate partigiane reggiane.
Figura assai controversa, meriterà che in occasione della ricorrenza torniamo sulla sua breve
drammatica esistenza anche per
il ruolo di primo piano avuto nella guerra di Liberazione. Quando
morì aveva soltanto 47 anni, dieci dei quali passati tra carcere e
confino per la sua militanza nel
PCI clandestino fin dal 1932.
Su questo numero, dove si ricorda anche la battaglia di Cerré Sologno, pubblichiamo il racconto
(inèdito) che su tale evento Eros
scrisse per le sue bambine quando dovette rendersi latitante per
sottrarsi al mandato di cattura
quale favoreggiatore degli autori
dell’omicidio dell’ing. Vischi.
Guerrino Franzini ci ricordava
come Eros abbia vissuto gli ultimi anni (dopo essere stato amnistiato) “nella speranza, sempre
delusa, di veder riaperto il procedimento e di poter provare la sua
estraneità al fatto”.
aprile 2009 21
notiziario anpi
cultura
sempre avere fiducia di noi stessi
e dei nostri compagni!
Io ho accettato volentieri la decorazione per quella battaglia, ma il
merito della vittoria fu di tutti i
partigiani, perché dopo il superamento del primo smarrimento si
sono comportati tutti bene.
Pensate che ben sette compagni
sono morti e dodici feriti più o
meno gravemente per distruggere
la compagnia nazifascista.
“Mollo” quella volta si salvò, ma
due mesi più tardi, ancora nel
tentativo di aiutare dei compagni,
ci lasciò la vita. L’abbiamo proposto per la “medaglia d’oro”.
Ricordatevi sempre della lotta
partigiana, che è stata una lotta
per la dignità d’Italia, contro i nemici del popolo.
Ancora oggi il popolo lotta perché i principi della liberazione
non siano calpestati e possano
finalmente trionfare.
Quando non sarete più bambine
continuate anche voi su questa
strada, sempre con i lavoratori,
sempre con il popolo.
Vostro papà
Ventinove
presentazioni,
e si continua...
IL
SANGUE
DEI
VINCITORI
Il libro di Massimo Storchi Il sangue dei
vincitori (Editore Aliberti, 2008), a quasi
un anno dalla sua uscita è già arrivato
alla seconda edizione e continua a riscuotere interesse e attenzione. Da Bergamo a Pistoia, da Parma a Imola, da Firenze a Ravenna, le presentazioni sono
sempre affollate e le tante domande del
pubblico, fatto in gran parte da giovani, confermano il bisogno di tornare ad
una storia che riparta dalle fonti, dai
dati di fatto.
Dopo le tante campagne mediatiche
contro l’antifascismo e la Resistenza,
campagne costruite su una lettura parziale e strumentale della vicenda italiana del ’900, il saggio di Storchi riporta il
dibattito storiografico alla realtà, ripercorrendo la tragedia della Repubblica di
Salò, la ferocia della repressione fascista
e nazista nei venti mesi di occupazione, l’impunità riservata ai carnefici con
l’amnistia, la vendetta e il desiderio di
giustizia delle vittime di tanta ferocia.
Per un libro che racconta la storia di una
provincia partigiana, 29 presentazioni
(e saranno oltre 35 a fine aprile) sono
davvero tante, ma è la conferma del desiderio diffuso di riappropriarsi del proprio passato, di uscire dall’uso politico
della storia per tornare alle radici ideali della nostra libertà. Senza censure e
senza silenzi di comodo sull’intero arco
della vicenda del novecento italiano.
(g.b.)
NOVITA’ EDITORIALI
I nuovo libro
Il
d
di Giannetto Magnanini,
lla biografia di Attilio Gombia,
112,00 euro
22 aprile 2009
notiziario anpi
memoria
Una legge da cialtroni
e un prete di montagna
Pensieri di una mattina al Poligono
Il 30 gennaio ricorreva il 65° anniversario
della fucilazione di don Pasquino Borghi e
dei “suoi”. Cerimonia al Poligono di tiro,
intervento del sindaco Delrio che, parlando
a braccio, ha detto cose giuste e sagge. E mi
veniva in mente il progetto di legge n. 1360
che un pugno di “onorevoli” (fra cui anche
un reggiano) hanno presentato alla Camera.
Pacificazione? Certo!Ancora meglio parificazione. Tutti uguali. Stessa dignità a tutti.
A don Pasquino e a chi gli sparò il colpo
di grazia, a Enrico Zambonini, anarchico
di Secchio e a chi andò ad arrestarlo per
portarlo al carcere e alla morte senza uno
straccio di processo, ai padri di famiglia di
Rio Saliceto e Correggio e a chi decise che,
senza colpa, dovessero morire. Purtroppo
una morte violenta ci ha strappato galantuomini come Enzo Savorgnan, Capo della
Provincia, Armando Wender, federale del
PFR, altrimenti anche per loro, finalmente,
sarebbe giunto il momento del riscatto. Tutti
uguali, tutti pari.
Mi chiedo allora in che razza di Stato siamo finiti, a che punto di putrefazione etica e
culturale è giunta questa classe politica che
cancella, rimuove, parifica. Mi chiedo anche che istruzione è stata data in questi anni
e che istruzione i nostri figli trovano nelle
nostre scuole, dove a insegnanti preparati
e motivati al limite del martirio si affiancano altri cialtroni, bigotti, ignoranti. Stessa
paga, parificati anche loro. Da questa scuola
che non insegna valori, etica, che massacra
la nostra cultura antica e moderna, cosa
aspettarci? L’altra mattina guardavo il Poligono di tiro dove i Cervi, don Pasquino e i
suoi chiusero le loro vite. Vite vissute bene,
a schiena dritta, con dignità. Mi chiedevo
anche, da credente, perché con le migliaia
di santi sfornati a getto continuo negli ultimi
anni (anche monsignor Stepinac, il vescovo croato antisemita) a nessuno sia venuto
in mente di proporre un prete di montagna,
nato a Bibbiano e morto lì, 65 anni fa.
Riporto la lettera che sua madre indirizzò al
Presidente del Tribunale che giudicava gli
assassini del figlio:
“Bibbiano, 4 gennaio 1946.
Al Presidente della Corte d’Assise Straordinaria di Reggio Emilia.
In nome di Cristo e della Vergine santissima
sull’esempio eroico dell’amato figlio don
Pasquino ed in sua memoria, per la pacificazione degli animi da Lui auspicata col sacrificio della propria vita, perdono cristianamente all’esecutore materiale dell’iniqua
sentenza il nominato Sergio P.[aderni].
In fede
Del Rio Orsola ved. Borghi”.
Allora ho pensato che i santi esistono lo
stesso, a prescindere dalle convenienze, e
ci sono anche santi “laici”, magari anarchici
o preti di montagna. Senza neppure che ci
sia un posto, nella Reggio antifascista, dove
si possa vedere quella tonaca bucata dai
proiettili dei bravi “ragazzi di Salò”, dove
si possa raccontare ai ragazzi di oggi che,
sempre, in ogni generazione, come c’insegna il Talmud, ci sono almeno 36 giusti nel
mondo, magari senza che neppure loro lo
sappiano. Trentasei giusti che salvano quel
mondo e noi tutti.
Massimo Storchi
(da: http://fortezzabastiani.myblog.it)
A proposito di “equiparazioni”
UGUALE DECORAZIONE A ME E A CHI MI TORTURO’ A VILLA CUCCHI NEL ’45?
Riportiamo di seguito alcuni significativi stralci di una più lunga lettera inviataci
da Gildo Veroni, componente del Comitato provinciale clandestino del Fronte della
Gioventù, in sostituzione di Vincenzo Terenziani, fucilato lungo la Via Emilia per
Parma, al ponte del Quaresimo, il 28 gennaio 1945, “Ispettore di Brigata”, congedato
col grado di capitano.
Sono un partigiano di Reggio Emilia, ho
84 anni e gelosamente custodisco il diploma, la Croce di guerra e tutti gli attestati e
benemerenze che mi sono stati riconosciuti
dallo Stato.
A sentire e leggere che dopo oltre 60 anni
dalla Liberazione c’è chi spudoratamente
ha il coraggio di proporre l’equiparazione
di riconoscimenti tra fascisti repubblichini
e partigiani mi sento rivoltare lo stomaco e
ribollire il sangue. […]
Con questo intervento intendo rendere testimonianza del mio caso, del resto analogo a
tanti altri.
Io sono stato arrestato, imprigionato e
torturato dai fascisti delle brigate nere di
Reggio Emilia. In circostanze drammatiche
sono riuscito ad evadere un mese prima della Liberazione. Al rientro in città, schivando
le pallottole sparate da irriducibili fascisti
dai tetti, lungo la Via Emilia, io e un altro
partigiano abbiamo arrestato uno di quelli che mi avevano torturato a Villa Cucchi
(tristemente nota come luogo di inenarrabili atrocità contro partigiani e partigiane).
In tale circostanza il mio compagno mi disse
più volte che quel fascista dovevamo giustiziarlo subito. Io rifiutai e lo consegnammo
alla caserma Zucchi affidandolo al comando alleato composto da ufficiali americani
e dai massimi dirigenti del Corpo volontari
della libertà di Reggio. Pochi giorni dopo
quel fascista venne mandato, con altri, nel
campo di concentramento di Coltano (Pisa)
in attesa di provvedimenti giudiziari. Vi rimase circa sei mesi poi venne rilasciato e
riprese il suo lavoro precedente d’ufficio
con ricostruzione della carriera e corresponsione degli stipendi arretrati.
Oggi, dopo oltre 60 anni, mi chiedo se deb-
ba essere pentito di non aver dato retta al
mio compagno e di non aver giustiziato il
mio aguzzino. Sarebbe stato un atto di giustizia, sia pure sommaria, dovuto alle tante
vittime partigiane, anche in conformità alle
disposizioni (Arrendersi o perire!) diramate
dal CLN nazionale alla vigilia dell’insurrezione finale.
Invece oggi, se andasse in porto la proposta
di legge equiparante della destra, potrei rischiare di trovarmi a ritirare l’onorificenza
assieme a colui che mi torturò e al quale
nei giorni della Liberazione ho risparmiato
la vita.
Ritengo perciò che tutte le associazioni democratiche, i partiti, i mezzi d’informazione
debbano far sentire la loro voce di disapprovazione di tale proposta.
Anche se, per la mia età, sto andando ormai
verso la fine, non ho perso la voglia di lottare e la speranza, soprattutto per i nostri figli
e nipoti, di vivere un domani in un mondo
migliore, più sereno, più bello, più giusto.
Gildo Veroni
aprile 2009 23
notiziario anpi
memoria
Roncocesi Per non dimenticare
Intitolati dal sindaco Graziano Del
Rio, il sottopasso ciclabile e il piazzale del cimitero della frazione ai partigiani Ivo Guidetti e Gino Davoli.
Il 6 settembre 2008 a Roncocesi sono stati
inaugurati ed intitolati dal sindaco Graziano
Del Rio, il sottopasso ciclabile e il piazzale
del cimitero della frazione ai partigiani Ivo
Guidetti e Gino Davoli.
Ivo Guidetti era nato a Campegine nel 1926,
e deceduto a Reggio Emilia nel 2006. Prima operaio delle Reggiane e poi artigiano,
è stato l’autore del restauro e della progettazione di cippi partigiani, eseguiti con lo
spirito e la creatività di un artista. Entrò a 17
anni nella Resistenza. Nel giugno del ’44,
a Roncocesi, dopo aver sottratto un’arma
automatica ad un tedesco, venne scoperto
ed arrestato. Tradotto nel carcere di Piacenza, fu sottoposto a torture e sevizie, ma non
parlò.
Riuscì poi a fuggire, unendosi alle formazioni partigiane del nostro Appennino.
Nell’inverno ’44-45, divenne caposquadra
dei sabotatori del Cane Azzurro, partecipando a numerose azioni armate contro i
nazifascisti.
Gino Davoli, nome di battaglia Gino, figlio
di n.n., o come si diceva una volta figlio di
nessuno, era nato a Reggio Emilia nel 1890.
Sfollato a Roncocesi ed arruolato nella 76a
brigata SAP, il 1° settembre del ’44, venne
ucciso poco tempo dopo, il giorno 17 dello
stesso mese, insieme al partigiano Fernando
Croci, nel corso di un’azione finalizzata al
recupero di armi, fallita e finita tragicamente.
Oltre al sindaco erano presenti e sono intervenuti: Omar Mezzetti, presidente dell’VIII
Circoscrizione, Giacomo Notari, Presidente
provinciale dell’ANPI, e don Gianni Manfredini, parroco di Roncocesi.
L’iniziativa è stata una vera e propria festa,
che ha visto la presenza di tanti giovani, e
questo ci fa ben sperare per il futuro. Si è
conclusa con un rinfresco al centro sociale “Tasselli”, accompagnato dall’intervento
musicale di Samuele Gallinari, con la sua
splendida voce, e di Marco Mainini alla chitarra.
E’ nostro dovere non dimenticare. Il passato
deve servire come monito, e in tempi diffi-
cili come questi, è necessario riflettere.
Nel 1922, il fascismo, finanziato da industriali ed agrari, sostenuto dalla monarchia,
dai poteri costituiti e dalle gerarchie ecclesiastiche, ha preso il potere fra l’indifferenza e la rassegnazione quasi generale. Le
vicende di Parma e Sarzana, dove i fascisti
andarono per suonare ma furono suonati
e sconfitti, dimostra che contrastare la nascente dittatura era possibile. Vi furono altri
episodi di resistenza avvenuti anche nella
nostra provincia, ad opera degli Arditi del
popolo, organizzati e diretti da Angelo Zanti, Vittorio Saltini, Fortunato Nevicati, e Camillo Montanari.
Esistono oggi mezzi meno brutali dell’olio
di ricino e del manganello per far sì che
l’autoritarismo si affermi, ed è proprio per
questo che dobbiamo vigilare per difendere e salvaguardare i valori democratici che
sono a rischio.
Vando Fontanesi
ANPI di Roncocesi
Mussolini e Hitler in bell’evidenza
Accendini con le loro immagini esposte al Centro sociale di Villa Sesso
Egregio Presidente
dell’ANPI di Reggio
questa mattina mia moglie, recandosi al cimitero di Sesso (ove fra l’altro è sepolto suo
zio, Emore Veronesi, uno dei 14 trucidati del
20 dicembre 1944), si è fermata nel bar del
“Centro sociale”(?) posto proprio di fronte
al monumento ai martiri di Sesso. Alzando
lo sguardo ha notato sugli scaffali, proprio
di fronte all’avventore, e in bell’evidenza,
l’esposizione di accendini con l’immagine
di Mussolini e di Hitler. Il tutto accompagnato con un’altrettanto evidente scritta
“Boia chi molla”. Ovviamente mia moglie
ha chiesto ragione di tale esposizione (per
lei blasfema) proprio nel lcocale posto di
fronte al monumento alle vittime del nazifascismo.
La signora, forse dipendente del locale, ha
risposto che lei non è di Sesso ed ognuno ha
diritto alle sue scelte e se questo non le sta
bene può sempre andare in altro locale.
Come reagire a questo stato di cose, oltre
24 aprile 2009
notiziario anpi
all’indignazione più sentita? L’apologia di
fascismo non è tuttora un reato? Cosa fare
per rimuovere questo sconcio? Com’è possibile che dopo soli 65 anni, ciò sia possibile?
Grato per una sua cortese risposta, con
l’occasione Le inviamo cordiali saluti.
Massimo Valestri
Lisetta Veronesi
I nostri due interlocutori hanno perfettamente ragione ad essere indignati. Soprattutto se
gli oggetti segnalati, recanti immagini che
si configurano come apologia di fascismo e
di nazismo, sono esposti in un “centro sociale”.
Cosa si può fare, chiedono i nostri amici
rivolgendosi all’ANPI. Intanto si deve fare
quello che voi due avete fatto: cioè mettere
nero su bianco ciò che avete visto e rendere
pubblica la vostra protesta.
Infatti non si devono lasciar passare nell’indifferenza gli ormai troppi episodi di pene-
trazione di ideologie nazifasciste anche nel
territorio reggiano.
Casa Pound, e la libreria connessa, ecco un
altro caso di tale penetrazione. E sono casi
tanto più gravi in quanto il capo dell’attuale
governo ha creato e sta ulteriormente sviluppando un’atmosfera di insofferenza verso aspetti fondamentali della democrazia
repubblicana.
Casa Pound? Un’iniziativa culturale, perbacco. Ezra Pound è stato un poeta importante del Novecento. Anche L.F. Céline è
stato un romanziere importante (Voyage au
but de la nuit…) Ma entrambi, politicamente, sono stati fiancheggiatori del fascismo
europeo, propagandisti a favore di Mussolini anche durante la RSI (Pound), sostenitori
del più violento antisemitismo nella Francia
sotto il tallone nazista (Céline).
E non è un caso che Pound, cittadino americano stabilitosi nell’Italia fascista, sia poi
stato arrestato e duramente castigato dagli
USA a guerra finita.
memoria
I 96 ANNI DI GINO LONGAGNANI
“UN EROE NORMALE CHE
HA DIFESO LIBERTA’ E GIUSTIZIA”
Lo scorso 14 febbraio ha compiuto
96 anni Gino Longagnani, nato a
Reggio nel 1913 ma piemontese
d’adozione.
“Un eroe normale che ha difeso
la libertà e la giustizia contro la
dittatura fascista”, come si legge
nella motivazione con cui l’ANPI di
Cuneo gli ha conferito la tessera
ad honorem nel 2008.
Estate 2003. Gino Longagnani (con gli occhiali) e Vivaldo Salsi, si incontrano dopo 60
anni dalla loro partenza dal confino di Ventotene.
E’ uno dei tanti reggiani che negli anni del
ventennio fascista, giovanissimi, seppero
opporsi alla dittatura pagando per questo
persecuzioni e carcere senza mai piegare
la schiena e continuando nel proprio impegno anche durante la Resistenza.
Il padre Adolfo era un socialista prampoliniano. Gino, manovale edile, aderì giovanissimo al Partito comunista clandestino
in contatto, tra gli altri, con Vivaldo Salsi.
I due furono arrestati nella grande retata
del 1932, e furono inviati al confino dopo
un periodo di carcerazione. Longagnani
fu detenuto a Castelfranco Emilia fino
a inizio 1933, poi inviato a Ponza, dove
rimase fino al 1939, quando la colonia
confinaria venne trasferita a Ventotene. In
pratica tornò in libertà soltanto dopo oltre dieci anni dal suo arresto, nell’agosto
1943, dopo la caduta di Mussolini.
Come diversi altri reggiani confinati, ebbe
come compagni Sandro Pertini, Giorgio
Amendola, Altiero Spinelli e diversi altre
figure di intellettuali antifascisti, alcuni
dei quali gli furono anche maestri in quei
corsi di studio che costituirono la cosiddetta “Università del carcere”. Come ricorda lo stesso Longagnani, si studiava
storia, economia politica, letteratura, cioè
quell’insieme di discipline di cui ci ha lasciato documentata testimonianza Didimo
Ferrari, coi suoi “quaderni dal carcere”
densi di appunti relativi a quelle lezioni
ed alle letture individuali che venivano
suggerite.
Quando fu rilasciato, dopo la caduta del
fascismo, Longagnani ebbe l’incarico dai
dirigenti del PCI di stabilirsi a Milano per
lavorare nell’apparato “tecnico” del partito, impegno che mantenne anche durante
il periodo della Resistenza, con funzioni
di supporto logistico alla lotta partigiana.
Tra le altre cose ebbe il compito di preparare le mitiche valige a doppio fondo
che servivano per lo smistamento di documenti, direttive e anche denaro.
Dopo la Liberazione, tramite l’ex compagno di confino Battista Santhià, all’epoca
direttore degli enti sociali della Fiat, poté
lavorare come custode in un asilo nido
aziendale in Toscana, dove conobbe Paola Audisio, che sarebbe poi diventata sua
moglie. I due coniugi lavorarono in seguito, insieme, in un asilo nido a Torino, per
28 anni, fino al pensionamento. Da quel
momento si stabilirono a Racconigi, dove
Longagnani, vedovo da alcuni anni, vive
tuttora in una casa di riposo.
Il 10 ottobre 2008 Longagnani ha avuto
la meritata soddisfazione di poter tornare, 65 anni dopo esserne partito libero,
all’isola di Ponza, dove era stato confi-
nato. Ad attenderlo c’erano dirigenti del
PD di Formia e di Ponza. Con emozione
Longagnani ha visitato i cameroni e i luoghi del suo confino ed è stato ricevuto in
Comune con tutti gli onori.
Il 23 novembre successivo, nel 60° della
Costituzione, Longagnani è stato solennemente festeggiato nella sala del Consiglio comunale di Racconigi con parole di
saluto del Sindaco Adriano Tosello e del
presidente del Consiglio regionale Piemonte Davide Gariglio.
Nell’occasione numerosi messaggi di felicitazioni sono giunti al Nostro da varie personalità istituzionali. A cominciare da quelli del Presidente Napolitano e
del Sindaco della sua città natale, Reggio
Emilia. “Tante storie di grandi personaggi
e di tantissimi ‘eroi normali’ come Gino
Longagnai – scrive tra l’altro Delrio – che
seppero dare dignità all’Italia e gettare le
basi della libertà e della democrazia”.
Lungo gli anni del dopoguerra Longagnani è tornato di tanto in tanto a Reggio,
anche per incontrare la sorella. Una delle ultime visite dalle nostre parti la fece
nell’estate 2003, quando ebbe un affettuoso incontro col suo antico compagno
di confino Vivaldo Salsi. (a.z.)
aprile 2009 25
notiziario anpi
LO STRANO CASO DELLE 8 CIRCRIZIONI
CITTADINE CHE DOVEVANO DIVENTARE 5
E, INVECE, SARANNO 4
Ma questa vicenda, che obbliga ad accorpamenti improvvisati, non può penalizzare la voce
degli abitanti del Centro storico
A
ll’inizio di questa strana vicenda c’è la legge 244/2007
del governo Prodi, la quale,
nell’intento di ridurre i cosiddetti “costi della politica” ha deciso di dare una
sforbiciata alle circoscrizioni dei comuni
italiani. Infatti, per i comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 250.000 la
nuova norma prevede che le circoscrizioni siano facoltative e che, qualora siano
istituite, la popolazione media delle stesse non possa essere inferiore a 30.000
abitanti. Poiché si faceva conto sul fatto
che la popolazione del comune di Reggio
Emilia fosse di circa 162.000 abitanti, il
numero delle circoscrizioni doveva essere ridotto, dalle attuali otto a non più di
cinque. Da questo semplice conteggio
è nato il progetto di prevedere una configurazione con cinque circoscrizioni.
La prima conseguenza dell’aumento a
30.000 abitanti della soglia media delle
circoscrizioni è stata quella di dover ampliare i confini dell’attuale Circoscrizione
1 “Centro Storico”. E’ noto, infatti, che il
numero degli abitanti dentro le mura è di
poco superiore a 12.000. Da qui l’idea di
evolvere, anche mediante un perimetro
più ampio, dal concetto di Centro storico
a quello di Città storica che si estende ben
oltre l’“esagono”, fino a ricomprendere
il Gattaglio, la Gardenia, ecc. Attorno a
questa circoscrizione centrale sono state
previste le altre quattro circoscrizioni,
26 aprile 2009
notiziario anpi
anch’esse frutto di accorpamenti e revisione dei confini.
Reso compatibile il numero delle circoscrizioni comunali alle prescrizioni della
nuova legge, l’amministrazione comunale ha avviato un lungo e impegnativo
progetto riorganizzativo basato sulla realizzazione di quattro “poli” di servizio
sul territorio: uno per ciascuna circoscrizione esterna. Questi poli sono destinati
a divenire sede dei servizi che l’Amministrazione comunale intende decentrare,
a partire da: anagrafe, uffici di relazione
con il pubblico, polizia municipale, servizi sociali.
Dopo lunghi confronti e discussioni, il
tutto sembrava avviato a concludersi con
l’approvazione di questo progetto. Infatti, il Consiglio comunale il 7 febbraio
scorso ha approvato il progetto proposto
dalla Giunta, istituendo cinque circoscrizioni (Centro, Nord, Sud, Est e Ovest)
introducendo il concetto di Città storica,
cioè includendovi anche la città consolidata novecentesca e prevedendo, infine le
Consulte di Villa e di quartiere rinnovabili anche più volte nel corso del mandato
amministrativo. Tutto finito? No.
E’ a questo punto, che il diavolo ha voluto
metterci la coda. Lunedì 2 marzo il vice
sindaco Ferretti è costretto a tornare in
Consiglio e a fare la seguente dichiarazione: “Questa mattina ci è stato comunicato
dalla Prefettura di Reggio Emilia il parere
del ministero dell’Interno che afferma che
il numero delle circoscrizioni va determinato prendendo a riferimento i residenti
alla data dell’ultimo censimento, cioè al
2001”.
In altre parole i conteggi vanno fatti con
25.000 abitanti in meno, quindi le circoscrizioni dovranno essere quattro e non
più cinque. Qualcuno mormora che vi
siano state pressioni politiche da parte di
esponenti politici dell’opposizione locale
sul ministero dell’Interno, affinché pronunciasse un tal parere, ma, comunque
siano andate le cose, non v’è dubbio che
si è determinato un notevole imbarazzo e
l’apertura di un problema politico. A questo punto, la Consigliatura sta per finire e,
con le elezioni alle porte, probabilmente
non c’è più tempo per un ridisegno ragionato con quattro circoscrizioni. Non
resta che accorparne due, almeno fino a
quando il nuovo censimento del 2011
non certificherà che la popolazione di
Reggio è anche formalmente superiore
e, quindi, potrà essere istituita anche la
quinta. Il timore è che in questa vicenda
il Centro storico debba essere accorpato
ad un’altra circoscrizione e, data la sua
esigua popolazione, rispetto a tutte le altre circoscrizioni, i rappresentanti della
nuova, improvvisata circoscrizione, siano
inadeguatamente espressivi degli abitanti
del Centro. A conti fatti, questa è la conseguenza politica da evitare.
di Massimo Becchi
Fusione Enía-Iride:
MA AL CITTADINO CONVIENE?
La fusione fra Enìa e Iride porterebbe alla nascita della seconda multiutility italiana,
servendo una realtà molto vasta, comprendente ampie fette del Piemonte, Liguria ed Emilia.
Q
uesto processo aggregativi è già
in atto da alcuni anni soprattutto
nel nord Italia, con qualche “testa
di ponte” in altre realtà, teso soprattutto a
creare una sinergia fra aziende che spesso
forniscono gli stessi servizi su aree limitrofe o che hanno servizi complementari.
Alla base di questo progetto non può esserci solo la regola o il convincimento
che “grande è bello”, e che, per divenire
grandi senza nulla perdere delle proprie
specificità, sia sufficiente porsi sotto le ali
protettrici di una holding animata da intenzioni regional-patriottiche.
Ogni fusione comunque è un caso a sé
stante, anche se è logico e comprensibile aspettarsi una ricerca dell’aumento del
profitto. I Comuni, i principali azionisti,
si troverebbero così in mano un’azienda
competitiva e con maggiori profitti, che
significano un dividendo maggiore a fine
anno da reinvestire sul territorio.
Ma per il cittadino, meglio forse dire
utente in questo caso, spesso poco o nulla
interessato alla governance della nuova
società, al concambio fra le azioni delle
due società o ai ricorsi e controricorsi del
caso, cosa comporta tutto questo processo
aggregativo? Se ci pensiamo lo abbiamo
peraltro già visto con la nascita di Enìa,
dalle ceneri di AGAC, AMPS e TESA.
La maggior dimensione aziendale non ha
portato ad un abbassamento dei costi per
i cittadini, mentre è sempre più difficile
per un singolo comune, anche se di grosse dimensioni, interloquire con i vertici
aziendali, quindi di fatto i veri detentori
delle scelte politiche strategiche di fondo
sul sistema idrico integrato e sulla gestione dei rifiuti. Se prima AGAC era comunque un’azienda radicata sul territorio, che
quindi permetteva ai Comuni una certa
scelta dei servizio da offrire ai cittadini,
adesso questo rapporto è molto ma molto
più flebile. Lo si è visto piuttosto bene dalla scomparsa pressoché totale di politiche
sulla raccolta differenziata, spesso nate da
idee dei singoli assessori e messe in pratica dall’azienda, che hanno generato fra la
fine degli anni ’80 ed inizio ’90 un fiorire
di esperienze, ora solo un ricordo.
La mission di queste aziende è aumentare
il profitto per i soci e gli amministratori
delegati sono chiamati a questo. Questo
può essere fatto con economie di scala
o molto più semplicemente con un aumento delle tariffe. Mediterranea Acque
del gruppo Iride ha aumentato le tariffe
dell’acqua del 14 per cento per garantire
i dividendi ai soci privati, che non è proprio in linea con il benessere dei cittadini,
così come l’inverno relativamente mite
del 2007 ha ridotto drasticamente i consumi di gas metano, infastidendo sia Enìa
che Iride, che si sono viste mancare una
quota importante del fatturato, questioni
quindi ben al di là delle dichiarazioni di
tono ambientale delle aziende stesse.
E’ inoltre evidente, come già accennato
prima, come in tutte queste fusioni il ruolo
politico forte non è più giocato dai Sindaci delle città capoluogo, ma dal consiglio
di amministrazione e dall’amministratore
delegato. E se la quota del 51 percento
detenuta dagli enti pubblici può sembrare
una garanzia, in realtà è ben lungi dall’esserlo: controllare una multiutilities non è
facile e in pochissimi anni per la necessità
dei Comuni di fare cassa, vendendo loro
quote dell’Azienda si scenderebbe sotto
questa soglia psicologica. Questo venir
meno dei patti para-sociali nel giro di cinque anni, nella migliore delle ipotesi, farà
si che il nuovo gruppo quasi sicuramente
perderà la maggioranza della compartecipazione pubblica per lasciare spazio
ad una maggioranza di azionisti privati.
Come noto la privatizzazione ha sempre
significato per un’azienda la ricerca di un
miglior e massimo profitto a discapito del
servizio offerto e delle tariffe applicate.
Occorre inoltre ragionare sulla proprietà
di un bene fondamentale come l’acqua,
ora delle aziende. Su questa questione,
non certo di lana caprina, è in corso un
ampio dibattito, per portare la proprietà
dell’acqua in mano pubblica, in modo che
non possa essere fonte di profitto, come in
molte parti del nostro Paese accade. Il presupposto è, infatti, che l’acqua è un bene
comune ed è un bene finito indispensabile
all’esistenza di tutti gli esseri viventi. La
disponibilità e l’accesso all’acqua potabile sono diritti umani inalienabili e inviolabili di ciascuno. Per questo è necessario
sottrarre l’acqua alle leggi del mercato e
della concorrenza ed è urgente delineare
politiche pubbliche che garantiscano una
quantità minima vitale di acqua a tutti gli
esseri umani del mondo assieme al diritto
delle persone a partecipare attivamente
alla gestione di questo bene.
Il caso di Veolia (con l’aumento delle bollette del 300 percento) e di Parigi (il 24
novembre 2008 ha votato per una ripubblicizzazione dell’acqua a seguito dell’esperimento di privatizzazione) credo siano
precedenti da tenere bene a mente; infatti
il primo probabile risultato di questa privatizzazione sarebbe proprio l’aumento
dei costi dei servizi, quindi,delle bollette.
E’ fondamentale inoltre procedere pensando all’ammodernamento delle reti che
offrono servizi così importanti, ormai in
molte realtà obsolete, realizzate perlopiù
negli anni ’70 e ’80 e che oggi perdono
circa il 25 percento dell’acqua durante
il percorso. Per fare questo è necessario
che il potere di indirizzo rimanga in mano
pubblica.
In pratica per il cittadino-utente si tratterà
di pagare tariffe più alte per gli allacciamenti, di pagare di più le bollette di utenza, di dover confrontarsi con un’azienda
privata che ha necessità e modi di gestire
il cliente finale in maniera completamente
diversa dall’azienda pubblica o a maggioranza pubblica.
aprile 2009 27
notiziario anpi
COSÌ VA IL MONDO
Gaza 1300 morti – G8 2001, “pest...aggio alla genove
genovese” – le centrali
nucleari
nucleari: il ritorno?
GAZA
– Con comprensibile lentezza, sta ormai diventando ufficiale il bilancio dei 22 giorni
di guerra nella Striscia di Gaza: 1300 morti
e 5430 feriti, di cui 1200 in gravi condizioni rappresentano i cosiddetti “costi umani”
pagati dai Palestinesi. E’ appena il caso di
ricordare che un terzo di queste vittime sono
bambini.
L’area interessata (appena 360 kmq), è praticamente distrutta: 4150 case demolite,
20.000 danneggiate, sedici luoghi di culto
inceneriti, almeno sette scuole rase al suolo, così come sei stazioni radio-TV, mentre
la principale centrale elettrica di Gaza non
esiste più. A tutto ciò occorre aggiungere la
strage di animali da allevamento e l’insieme di magazzini, abitazioni agricole, serre,
coltivazioni di oliveti e di alberi da frutto,
letteralmente spazzati via dai bulldozer e
dai cingolati israeliani.
I danni materiali sono stati stimati ottimisticamente in 1,9 miliardi di dollari e una
economia già povera è sottoterra.
Ed allora, come in tutte le guerre che si rispettino, ecco presentarsi la necessità della
ricostruzione, del ripristino delle condizioni
di vita precedenti, una sorta di ritorno alla
normalità dopo una – come dire – spiacevole interruzione. I Palestinesi ne hanno viste
tante, supereranno anche questa.
Il vertice su Gaza, tenutosi agli inizi di marzo a Sharm El Sheikh, ha ribadito che la
guerra è un grande motore dell’economia:
certo, leggere dei 4,5 miliardi di dollari di
aiuti per i prossimi due anni decisi da 75
donatori può fare scalpore e ridurre a silenzio molte coscienze, ma non può certo far
ignorare che rappresenta un grande affare
per tutte le imprese (alimentari, sanitarie,
edilizie, di infrastrutture, di macchinari e
quant’altro) che di questi aiuti dovranno
farsi carico. Ovvero, distruzione e “business” a braccetto. L’Iraq ne è solo l’ultimo
esempio.
In questo caso, tuttavia, l’aspetto economico va di pari passo con quello politico: la
ricostruzione dovrà passare esclusivamente
attraverso l’Autorità Nazionale Palestinese,
28 aprile 2009
notiziario anpi
l’unica organizzazione ad essere riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre
Hamas, che controlla la Striscia di Gaza dal
2007, non avrà voce in capitolo. La reazione
non si è fatta attendere: secondo Hamas, la
conferenza non ha dato dettagli sui “meccanismi o un calendario” di ricostruzione,
né ha preso “ decisioni concrete per porre
fine alla sofferenza della striscia di Gaza, revocare l’assedio (israeliano) e aprire i punti
di passaggio”. Gli aiuti sarebbero solo uno
strumento di ricatto per rafforzare Abu Mazen e l’ANP anche nella Striscia.
Per la cronaca, occorre segnalare l’appello
rivolto dal ministro degli Esteri egiziano a
nome del vertice ad Israele affinché, per il
futuro, rispetti le leggi internazionali e umanitarie nei confronti della popolazione della
Striscia e si impegni a stemperare lo stato di
tensione. Siamo sicuri che lo farà, nello stesso modo in cui ha ottemperato alle decine e
decine di risoluzioni ONU. E lo farà, magari, iniziando con i 73.000 nuovi alloggi per
gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania,
così come previsto dal progetto preliminare
del ministero per l’Edilizia di Tel Aviv.
DIAZ
– “Ciò che è avvenuto alla Diaz è al di fuori di ogni principio di umanità e di rispetto
per le persone. In uno Stato di diritto non è
accettabile che proprio colo che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalità
pongano in essere azioni lesive di tale entità”. Così si legge nella motivazione della
sentenza che l’11 novembre scorso ha concluso il processo per l’irruzione-massacro
alla scuola dormitorio durante il G8 del
2001. Fin qui, non ci piove: l’hanno visto
tutti ciò che è accaduto. Però, però…è ben
vero che 13 condanne (miti) su 28 richieste
significano – nelle conclusioni dei magistrati giudicanti - qualcosa di altro che lascia
intatta tutta l’insoddisfazione e lo sdegno
scaturiti in modo irrefrenabile alla lettura
della sentenza.
I nodi rimangono irrisolti: per i magistrati
non è del tutto incredibile “che l’inconsulta
esplosione di violenza all’interno della Diaz
abbia avuto un’origine spontanea e si sia
quindi propagata per un effetto attrattivo e
per suggestione tanto da provocare, anche
per un forte rancore sino ad allora represso,
libero sfogo all’istinto determinando il superamento di ogni blocco psichico e morale”. Il che, tradotto, significa esplicitamente
non avvalorare la tesi di un’azione premeditatamente organizzata dai vertici della
Polizia, bensì ipotizzare l’esplosione improvvisa di uno stato di frustrazione latente
in un gruppo di celerini. Significa, altresì,
che i funzionari firmatari dei verbali seguiti
al pestaggio, nei quali senza mezzi termini
si sostenevano balle colossali, tra cui quella delle “famose” bottiglie molotov, “non
erano consapevoli di quanto accaduto”. Si
arriva, cioè al punto di sostenere che avere ruoli di alta responsabilità istituzionale e
sottoscrivere atti non corrispondenti al vero
non sia perseguibile penalmente in mancanza di prove a sostegno della consapevolezza di tali falsità! Una curiosa versione del
concetto di insufficienza di prove a favore
dell’ex direttore dello SCO Francesco Gratteri e dell’ex direttore dell’UCIGOS Giovanni Luperi (entrambi assolti).
A margine, ma significativamente, la Corte
non può fare a meno di sottolineare l’atteggiamento non collaborativo della Polizia
che non ha permesso in buona parte di arrivare alla identificazione dei massacratori.
In nome di un “malinteso senso di tutela
dell’onore della istituzione”, si assistito alla
spregiudicata volontà di nascondere i fatti
quali la mancata trasmissione dell’elenco
dei partecipanti alla irruzione, l’invio delle
foto dei funzionari al momento del loro ingresso in polizia anziché quelle più recenti,
la mancata identificazione dell’agente “con
la coda di cavallo” ripreso a manganellare
selvaggiamente, la sparizione delle bottiglie
molotov e quant’altro.
I Pubblici ministeri hanno confermato che
presenteranno appello.
BERLUSCONI-SARKOZY
– Il fine, per come è uscito dall’incontro
bilaterale Berlusconi-Sarkozy, è dichiarato:
produrre in Italia entro il 2020 circa il 20
percento del nostro fabbisogno energetico
attraverso la costruzione di almeno quattro
centrali nucleari e otto reattori, in un grande lavoro di sinergia con la Francia. Nucleare che gli esperti (ovviamente di parte)
definiscono “quasi pulito”, dai bassi rischi
e una quantità di scorie inferiore a quella
prodotta dalle vecchie centrali. Insomma,
quello che viene chiamato “di terza generazione”. I numeri del progetto prevedono
da sei a dieci anni di tempo per la costruzione di ogni centrale e un costo unitario che
varia da 1,5 a 3 miliardi di euro. La legge
delega per il via definitivo langue ancora al
Senato, ma si può affermare che la strada
intrapresa è quella di mettere nell’albo dei
ricordi i tre referendum che l’8 novembre
1987 portarono allo smantellamento degli
impianti esistenti in Italia. Naturalmente, il
dibattito tra i fautori di questa scelta e quello che Berlusconi ha definito il “fanatismo
ideologico” di una certa parte politica (quel
fanatismo che nel 1987 portò ad esprimersi
contro il nucleare circa 21.000.000 italiani,
ovvero l’80 percento dei voti espressi…)
è riesploso con veemenza e sicuramente
continuerà nei prossimi anni: costi, convenienza, sicurezza, smaltimento delle scorie
e opzione a favore delle energie rinnovabili
sono argomenti troppo importanti per pensare che si possano risolvere con un voto
parlamentare.
Ma è la localizzazione dei siti e il suo legame con il necessario consenso democratico
a rappresentare un problema non eludibile.
Chissà perché più la maggioranza di governo parla di energia pulita più le zone ipoteticamente destinate ad ospitarla si uniscono
in un coro di no che prescinde dall’appartenenza politica di chi le amministra. A
cominciare da quei comuni che già in passato hanno ospitato le centrali. “Abbiamo
già dato”, ha affermato il presidente della
Provincia di Vercelli (Alleanza Nazionale),
unitamente al Consiglio comunale al completo di Trino Vercellese. Chissà quanto ha
inciso in questo pronunciamento il fatto che
le scorie giacciono ancora lì a distanza di
22 anni.
A Caorso, dove ancora sono ancora presenti
130 tonnellate di materiale radioattivo, mettono le mani avanti (“Bisognerebbe prima
coinvolgere la gente, discutere con gli enti
locali, creare il consenso”, dice il Sindaco
di Forza Italia), a Sessa Aurunca, sul Fiume
Garigliano, ancora si discute sulla dismissione della struttura mentre a Latina l’Osservatorio epidemiologico regionale cerca
tutt’oggi di accertare se esistono correlazioni tra le patologie tumorali di cui sono
affetti i residenti del territorio e la centrale
stessa.
Non meglio va in Alto Adige, Toscana, La-
zio e Puglia, dove i governatori si sono già
preventivamente espressi per il no, mentre
il neo Presidente della Sardegna annuncia
bellicoso che “Dovrebbero passare sul mio
corpo”. Possibiliste la Sicilia e la Lombardia.
Vedremo quello che succederà. Vedremo
se l’arguta(?) semplificazione di Bossi
identificherà l’italica sensibilità: “I Padani
sono pronti ad accettare le centrali nucleari
perché sono persone civili e non vogliono
rinunciare al frigorifero e al condizionatore”. Va mo là!
AFGHANISTAN
– Tempo fa, anche in Italia, qualcuno sommessamente ipotizzò la necessità di coinvolgimento dei Talebani “moderati” nel
processo di pacificazione dell’Afghanistan.
Questo qualcuno fu pubblicamente condannato come fiancheggiatore del terrorismo internazionale. Ora che il Presidente
americano Barack Obama ha ufficialmente
parlato della necessità di aprire più fronti
di dialogo con la variegata realtà etnica e
politica di quel Paese, tutti ad applaudire il
nuovo corso.
Chissà, forse sarebbe bastato rendersi conto della situazione reale, che vede oltre il
70% del territorio sfuggire al controllo del
contingente americano ed alleato, per capire che una strategia puramente militare non
avrebbe portato alla fine del conflitto.
Largo, quindi, alla cosiddetta “dottrina Petraeus” di irachena applicazione, ovvero
un’idea che consiste in un’apertura di canali di dialogo con la popolazione e le autorità locali, per ottenere la collaborazione
delle tribù non necessariamente schierate e
spingerle a togliere l’appoggio ad Al Qaida.
Spazio, inoltre, a un massiccio addestramento della polizia e dell’esercito locali, a
un rafforzamento delle strutture civili del
Paese nonché a un incremento delle attività
di ricostruzione volte soprattutto a ricreare
una realtà politica in grado di governare il
paese e gestire autonomamente il conflitto.
Il tutto accompagnato da un considerevole
aumento delle truppe (oltre 12.000 uomini)
per accentuare la pressione militare ai confini del Pakistan e per garantire una maggior
copertura del territorio. Infine, un coinvolgimento vero nel progetto di pacificazione
del Paese di Pakistan e Iran, dei quali è
annunciata la presenza alla Conferenza Internazionale sull’Afghanistan prevista per il
31 marzo 2009 all’Aja.
D’altra parte, i numeri del conflitto hanno
indotto Obama a rispondere seccamente no
a chi gli chiedeva se la guerra fosse stata
vinta: secondo l’Associated Press, dall’inizio della presenza americana il numero del-
le vittime sarebbe già arrivato a quota 5300,
mentre nel solo 2008 i militari USA caduti
sarebbero 61. Continuano ad aumentare gli
attentati suicidi, gli attacchi e le imboscate,
mentre un crescente sentimento antioccidentale sta penetrando persino nel parlamento afghano, anche in considerazione dei
numerosi effetti collaterali dei bombardamenti aerei che fanno strage di civili.
La strategia proposta aspetta, pertanto, un
riscontro dalla popolazione locale, mentre il
portavoce talebano Zabihullah Mujahed, ha
già puntualizzato: “E’ ridicolo distinguere
tra moderati e fondamentalisti. Noi siamo
un movimento unito sotto l’unica guida del
Mullah Omar, il quale ha sempre detto che
nessun dialogo sarà possibile senza il completo ritiro delle truppe straniere”.
L’italiano Ettore Sequi, rappresentante
dell’Unione Europea a Kabul, ha recentemente coniato uno slogan per qualificare
il nuovo corso obamiano: “Conquistiamo i
cuori e lo stomaco degli afghani”.
Per quanto riguarda lo stomaco, prevediamo ci vorrà poco. Per i cuori, il discorso è
un po’ più complesso.
SCARPE A BUSH
– Ha meritato solo qualche marginale trafiletto sui giornali la condanna a tre anni di
carcere di Muntazer al Zaidi, l’indimenticato autore dello storico lancio delle scarpe a
Bush. Come è noto, nella cultura islamica
la suola della scarpa è considerata la parte
più impura al mondo e pertanto il gesto del
giornalista trentenne ha significato ostentare
un disprezzo elevato all’ennesima potenza.
La Corte Federale Irachena lo ha condannato per il reato di “vilipendio a un capo di stato straniero” ma ha concesso le attenuanti
generiche, forse imbarazzata dall’eccezione
sollevata dalla difesa circa l’ufficialità della
visita in questione. “Si tratta di una condanna dura”, ha infatti dichiarato il fratello di
Muntazer, “perché Bush non era un capo di
stato in visita, ma il Presidente di un Paese
occupante”.
Interrogato in aula, Muntazer al Zaidi, si è
sempre dichiarato innocente. La sua, ha affermato, è stata una reazione “naturale” che
avrebbe avuto “qualsiasi iracheno”: “il sorriso glaciale” di Bush lo aveva fatto infuriare pensando al “milione di martiri” dell’invasione americana di cui a suo avviso Bush
è “il primo responsabile”.
Qualche attento osservatore ha rilevato che
vi sono luoghi lontani in cui i giornalisti tirano scarpe ai potenti in segno di disprezzo
e altri luoghi, molto più vicini a noi, in cui i
giornalisti ai potenti le scarpe le leccano.
Così va il mondo.
aprile 2009 29
notiziario anpi
CORREGGIO MON AMOUR
Storia di storie della musica rock in una città della provi
provincia emiliana
P
erché un libro sul rock a Correggio?
Sarebbe lungo elencarne tutte le ragioni. Limitiamoci a dire che avvertivamo
l’esigenza, quasi il bisogno, fisico, di tenere
fra le mani un libro dove fossero presenti tutti
quei gruppi, quei musicisti, quei cantanti che
abbiamo conosciuto o di cui abbiamo tante
volte sentito parlare. E di poter udire, dalla
loro viva voce, le numerose storie che avevano da raccontarci. Per questo ci siamo detti:
facciamolo!
È evidente, infatti, per chiunque conosca un
po’ Correggio, che da diversi anni la nostra
scena musicale si è dimostrata assai ricca,
tanto da farci guadagnare l’appellativo, negli
anni Novanta, di “piccola Seattle emiliana”,
un paragone sicuramente eccessivo ma di
certo emblematico di qualcosa che qui stava
avvenendo.
Fra le nostre intenzioni, tuttavia, non c’è mai
stata quella di sostenere la tesi che Correggio
fosse un posto migliore di altri. Non siamo in
grado di dirlo né è questo che ci preme dimostrare. Più semplicemente, eravamo mossi da
curiosità: quali gruppi si sono avvicendati nel
nostro Comune dagli anni Sessanta a oggi?
Chi ne faceva parte? Cosa suonavano? Quali
erano i generi musicali di riferimento? Quali
gli stili, le influenze?
E inoltre: come vestivano, come pensavano,
a cosa s’ispiravano? E perché tutta questa attenzione verso la musica rock? Da dove nasce, come si sviluppa, quali forme assume nel
tempo questa passione, tipicamente emiliana,
verso questo genere musicale? Una domanda
molto complessa, alla quale speriamo che il
nostro libro riesca a fornire, almeno fra le righe, qualche abbozzo di risposta.
L’intenzione iniziale di effettuare una ricostruzione “enciclopedica” della musica nella nostra città ha lasciato gradualmente il posto alle
storie, ai racconti di vita, che hanno seguito un
loro flusso interno, “emozionale”, in quanto
legato all’esperienza e al vissuto delle persone che avevamo di fronte. Allo stesso modo si
potrebbe vedere questo libro come una sorta di
“storia dei giovani”,un modo per far conoscere ai giovani di oggi chi erano i giovani di ieri.
Far loro sapere che i loro padri e i loro nonni,
sebbene in epoche storiche differenti, hanno
nutrito degli ideali e delle aspirazioni simili
alle loro e talvolta le hanno espresse attraverso
la musica, proprio come fanno loro oggi.
Così nel libro trovano spazio i gruppi, i cantanti (più o meno famosi), ma anche i dj’s, i
locali, le sale prove, le birrerie dove si suona e
si ascolta musica; i negozi di strumenti musicali, i fornitori di service, gli studi di registrazione e le agenzie; poi, ancora, le radio libere,
30 aprile 2009
notiziario anpi
le rassegne musicali (Correggio Mon Amour e
Terremoto Rock soprattutto), le scuole di musica e i concerti alle feste dell’Unità, che negli
anni hanno visto transitare, fra gli altri, artisti
del calibro di Bob Dylan, Neil Young, Jethro
Tull, Patti Smith, Siouxsie and the Banshees,
Sonic Youth, Ramones, Lou Reed, Jeff Buckley, Iggy Pop, solo per citarne alcuni. Senza tralasciare l’importante ruolo svolto dalle
istituzioni – Comune, Istituti culturali e teatro
Asioli in primis – nel rafforzare e diffondere
una cultura musicale nella nostra città.
Dunque, Ligabue ma non solo! Anche Griminelli e le sue frequentazioni rock, gli En
Manque D’Autre e gli Afa, i Black Box, i Rio,
Little Taver, i Mamamicarburo, Stefano Belluzzi, Alfonso Borghi, i Giambattista Vico, la
Gerusalemme Liberata, Betty Vezzani, per ricordare solo i nomi più noti. Con alcune vere
sorprese, emerse di recente, come Frankie Magellano, che negli ultimi anni ha saputo mettersi in evidenza grazie a sicure doti musicali
e compositive, o Patrizio Ligabue, l’originale
suonatore di didjeridoo from Correggio.
Non solo rock, quindi! Forse la definizione più
corretta sarebbe quella di “popular music”, secondo l’accezione di Franco Fabbri, che comprende anche il jazz, l’elettronica, la fusion, il
folk, fino alla canzonetta di San Remo, per intenderci. Ed è quella che, comunemente e con
molti limiti, viene definita “musica leggera”,
sebbene la parte preponderante nel nostro libro spetti al rock in senso stretto. Per questo,
in una prima sezione introduttiva, intitolata
“Brodo primordiale”, abbiamo deciso di inserire cenni a tutto ciò che non rientra strettamente nell’ambito da noi scelto ma costituisce
lo sfondo, il contesto, la radice sulla quale si
sono innestate le esperienze rock del ’900:
la musica bandistica, con l’annessa scuola di
musica, il liscio, le canzoni delle mondine e
l’“altra” musica a Correggio, ossia quella così
detta “colta”, che viene ripercorsa nella sua
evoluzione dal Rinascimento ai giorni nostri
nella documentata sintesi di Sara Dieci.
Un intero capitolo, inoltre, è stato dedicato a
Pier Vittorio Tondelli, lo scrittore correggese
che per primo ha attinto a piene mani dall’immaginario rock trasferendolo nello stile e nei
contenuti dei suoi romanzi, testimoniando,
attraverso un assiduo lavoro di cronaca, il
meglio (e il peggio…) della cultura pop degli
anni Settanta e Ottanta. Di Tondelli abbiamo
l’onore di pubblicare una Sceneggiatura per
videotape, finora inedita, scoperta durante una
delle numerose interviste che hanno costellato
la lunga fase realizzativa del nostro libro.
La grande mole di materiale raccolto e l’argomento trattato, inoltre, ci hanno spinti a pre-
vedere un cd aallegato, dove far confluire tutti
quei materiali che, per esigenze editoriali, non
potevano trovar spazio nella versione a stampa
ma che di sicuro costituiscono un interessante
spunto di approfondimento e di indagine : testi
(articoli, interviste, saggi, racconti), immagini
e, naturalmente canzoni.
Ci piacerebbe che questo libro fosse visto
come il primo tassello di un puzzle che arrivasse ad assumere una dimensione più ampia,
regionale o nazionale, in relazione con tutte le
altre province (“del mondo”…). Per evitare,
dunque, che una visione troppo “ravvicinata” degli eventi offuscasse il nostro sguardo,
rendendolo troppo autoreferenziale, abbiamo
chiesto ad altri, più esperti di fornirci quella
visione d’insieme necessaria per comprendere
lo sviluppo musicale correggese nel contesto
reggiano, emiliano e nazionale. In questo senso, gli interventi, prestigiosi, di Franco Fabbri,
Ernesto De Pascale, Massimo Zamboni, Alberto Cottica, Giuseppe Caliceti, Fulvio Panzeri, Antonio Spadaro e altri, oltre che innalzare il livello della trattazione da un punto di
vista teorico, hanno soprattutto avuto lo scopo
di inquadrare il nostro discorso in un più ampio ambito geografico e culturale con il quale
siamo inevitabilmente interconnessi.
Forse così è stato possibile cercare una risposta alla domanda iniziale e capire un meglio da
dove scaturisca il rapporto fra Emilia e rock,
se questa passione sia prerogativa della nostra
regione o sia presente anche in altre realtà, se
abbia a che vedere con la politica, con una tradizione che possiamo chiamare “di sinistra”,
con una visione ribelle e anarcoide diffusa
dalle nostre parti o con qualche altra causa recondita ancora da scoprire.
Naturalmente, non tutto il merito spetta a noi.
Innanzitutto bisogna ringraziare il Comune di
Correggio, che da subito ha approvato e sostenuto la nostra iniziativa; il centro culturale
Lucio Lombardo Radice, senza il quale questo
progetto non avrebbe mai visto la luce e, soprattutto, tutti i gruppi e i musicisti che con la
loro passione hanno assicurato la buona riuscita del libro, nonché, di nuovo, gli autori, che
hanno saputo arricchire il testo di tutta la loro
cultura e dei loro sguardi particolari.
Per maggiori informazioni: Redazione Correggio
Mon Amour, Lucio Lombardo Radice Editore
335 8176586 - 329 9273805,
www.correggiomonamour.it,
[email protected]
Gli autori del libro: Marco Colarossi, Luigi Levrini,
Lucia Pergreffi, Fabrizio Tavernelli
Artrosi alla mano
Serve una diagnosi precisa
C
aro prof. Iori
Sono una donna di 75 anni e
soffro da tempo di una progressiva deformazione alle dita di entrambe
le mani. Secondo il medico fino ad oggi
consultato mi si dice che, avendo sofferto
di uguali disturbi mia madre (artrosi deformante), si tratta di un fatto ereditario.
Unico rimedio, mi si dice, il trattamento
con cortisonici. Ma siccome soffro anche
di una pur lieve forma diabetica, non vorrei che il cortisone avesse effetti negativi per il diabete. Secondo mia figlia, che
armeggia col computer, su Internet ci sarebbero dei suggerimenti circa medicinali
non cortisonici recentemente sperimentati negli USA che farebbero al mio caso.
Le risulta che ciò corrisponda al vero?
Mi rivolgo alla Sua competenza di specialista in Geriatria sperando di avere un
suggeriemnto che faccia al mio caso.
Grazie per quanto mi potrà dire.
Francesca S.
P
iù d’una, cara Francesca, sono le
malattie reumatiche che possono
provocare progressiva deformazione delle dita delle mani, con danno non
solo estetico, ma soprattutto funzionale, a
questi nostri preziosi strumenti di comunicazione e di lavoro.
Tra queste molto diffusa è la artrosi, caratterizzata dalla lenta e progressiva degenerazione della cartilagine articolare;
esiste una tendenza familiare a sviluppare
l’artrosi delle mani, ma spesso c’è anche
un rapporto con l’attività svolta.
L’artrosi può colpire la mano sia nelle
articolazioni tra il metacarpo (il palmo) e
le falangi, sia tra le falangi medesime; le
articolazioni tra “il palmo e le dita” sono
maggiormente colpite in chi esegue lavori manuali pesanti, nei pugili e anche nei
pianisti, con deformità dell’articolazione
ma scarso dolore; le articolazioni tra le
falangi delle dita sono colpite maggiormente nelle donne, soprattutto in quelle
dedite ai lavori domestici, con frequente
contatto con l’acqua; può dare difficoltà
funzionale soprattutto per quanto riguarda i movimenti fini delle dita con atteggiamento in flessione e nodosità.
I noduli artrosici colpiscono tipicamente le articolazioni distali (le più vicine
all’unghia). Possono essere rigonfiamenti
dolorosi che si sviluppano inizialmente in
modo graduale e di solito colpiscono un
dito alla volta; altre volte invece i sintomi
sono tanto acuti da assomigliare ad una
infezione.
Anche l’articolazione alla base del pollice
(trapezio-metacarpale) può essere colpita
dalla artrosi (rizoartrosi), maggiormente
nelle donne e da un solo lato; provoca deformità e dolore importante, è invalidante
perché impedisce la normale funzionalità
del pollice nella presa e nei movimenti
fini.
L’artrosi della mano inizia con dolori
vaghi alle dita, rigidità ed intorpidimento, soprattutto al risveglio al mattino; il
dolore interessa alternativamente le articolazioni, con rigidità e difficoltà al movimento, la cute può essere calda e arrossata; col tempo arriva a dare deformazioni
articolari.
Per l’artrosi esiste una terapia “di fondo”
farmacologia con FANS (antinfiammatori
non cortisonici) e/o cortisonici per limitare la progressione della malattia; può
anche essere utile la fisiochinesiterapia
(ionoforesi, laser, rieducazione funzionale nella fase acuta, per recuperare la mobilità); in alcuni casi sono utilizzati tutori
per riportare in asse e tenere a riposo le
articolazioni; in rari casi si ricorre anche
alla chirurgia per l’applicazione di protesi
o la sostituzione di un tendine.
Sebbene l’artrosi della mano sia molto
frequente, tuttavia non si deve interpretare come artrosica ogni patologia che provochi nodosità delle dita; esistono anche
le artriti croniche, come l’artrite reumatoide, la gotta cronica o la artropatia pso-
riasica; anche queste malattie presentano
vari tipi di tumefazioni articolari, pertanto il medico dovrà valutare attentamente
ogni elemento utile alla diagnosi.
L’artrite reumatoide è una malattia cronica autoimmune che predilige le donne
di età media: nelle malattie autoimmuni
alcune cellule del sistema immunitario,
che è deputato a difenderci da agenti patogeni, si modificano e attaccano invece
strutture dell’organismo medesimo; in
particolare nell’artrite reumatoide viene
principalmente attaccata la membrana sinoviale che ricopre ossa e cartilagini.
Di solito questa malattia interessa le articolazioni in modo simmetrico, inizialmente le articolazioni intermedie delle
dita e con il tempo provoca gravi deformità articolari; frequente è l’interessamento delle piccole articolazioni appunto
delle mani e dei piedi, ma anche dei polsi,
dei gomiti e delle caviglie.
L’artrite reumatoide viene curata con
FANS e cortisonici, ma anche con i sali
d’oro, il methotrexate, le sulfasalazine,
i farmaci biologici ed altri ancora, tutte
cure naturalmente di prescrizione specialistica.
Nei malati di artrite reumatoide giova poi
anche un idoneo stile di vita con equilibrio tra riposo e movimento, le cure fisiochinesiterapiche (nei periodi di remissione della terapia); in alcuni casi si ricorre
a cure chirurgiche con ricostruzione delle
articolazioni (protesi), dei tendini (prevalentemente delle dita delle mani ) o con
sinoviectomia.
Come vedi, cara Francesca, le possibilità di cura per i disturbi della mano sono
molteplici, ma è importante arrivare prima ad una diagnosi precisa per poter accedere a quelle giuste caso per caso; lo
specialista cui ti consiglio di rivolgerti è
il Reumatologo, al quale riferirai anche le
altre tue problematiche sanitarie, in modo
che possa scegliere lo schema di terapia
più adatto a te.
aprile 2009 31
notiziario anpi
di Riccardo Bertani
ALBANI E ALBANESI
Un solo etnomino
per diverse identita’
A
nche se spesso Albani ed Albanesi sembrano indicare
la stessa identità, in realtà questi due etnonimi hanno
significati che si discostani alquanto l’uno dall’altro, sia
a livello storico che linguistico.
Infatti, quando si parla degli Albani, di solito l’attenzione va
rivolta a quel popolo di origine ibero-caucasica un tempo abitante la cosiddetta Albania caucasica, il cui territorio si estendeva nel Caucaso settentrionale, diviso tra l’odierno Daghestan e
l’Azerbajgian; popolo, questo, considerato ormai completamente scomparso.
Le prime notizie sugli Albani caucasici, il cui etnonimo proviene dall’antico armeno Aluank, che stava a designare l’insieme
delle tribù abitanti un tempo il potente regno dell’Albania caucasica, ci provengono dallo storico Dionigi di Alicarnasso, che
tra l’altro prospettava l’idea che tali genti caucasiche fossero i
fondatori della nostra Alba.
Molto preziose appaiono poi le notizie lasciateci dal grande geografo Stradone il qaule descrive gli Albani caucasici come un
popolo semplice e onesto, adoratore del Sole e della Luna, considerata quest’ultima, come la “Grande Madre Celeste”.
Ma sicuramente le più copiose notizie sugli Albani caucasici le
abbiamo nelle epigrafi risalenti al VI-VIII secolo, perioo in cui
essi si convertirono al cristianesimo, portato tra loro da Bisanzio assieme alla scrittura. Si trattava di una singolare scrittura
composta da 52 segni e due digrammi la cui forma si avvicinava
molto ai segni dell’antica scrittura armena e georgiana. I resti di
tali iscrizioni si possono trovare ancora tra i ruderi delle antiche
chiese.
La scomparsa storica degli Albani caucasici avvenne quando,
alla metà del VII secolo, l’impero persiano dei Sassanidi, di cui
essi facevano parte, venne sconfitto dagli Arabi, e fu in quel
periodo che buona parte degli Albani, convertendosi all’Islam,
finirono ben presto per confondersi con gli Azerbajgiani, mentre quanti di loro rimasero legati alla fede cristiana si fusero totalmente con gli Armeni del Nagorno-Karabah tra il X e l’XI
secolo.
Per quanto riguarda l’origne degli attuali Albanesi balcanici,
il primo a far cenno di loro è stato il geografo greco-egiziano
Claudio Tolomeo che già nel II secolo d.C. segnalava che nelle
regioni dell’attuale Albania centrale viveva a quei tempi la tribù degli Albanoi. Etnonimo del resto confermato anche dagli
antichi storici bizantini i quali chiamavano tale popolo Alban o
Arvani, cioè abitanti di Alvanon o Arbanon, come era chiamata
a quei tempi la regione del loro insediamento.
Nei secoli seguenti tali etnonimi furono poi latinizzati in Albanum e Arvanum, e da qui il npome di Albanesi che noi oggi
32 aprile 2009
notiziario anpi
conosciamo.
In verità nei testi letterari risalenti al medioevo gli Albanesi
venivano di solito menzionti quale Arberor, nome derivato dai
loro vicini slavi che li chiamavano Arbanasi poiché abitavano
la terra di Raban, come essi denotavano il territorio dell’attuale
Albania.
L’etnonimo Arberesh è rimasto è sopravvissuto per indicare le
comunità albanesi che vivono in Grecia e in Italia.
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, con la nascita di
una propria scrittura nazionale, gli albanesi cominciaroo a chiamare se stessi Shipitar, quali abitanti di Shqiperia, come essi
hanno sempre chiamato la loro terra, cioè il paese della “gente
sincera”. Anche se alcuni, ma la cosa resta ancora discussa, vogliono che tale toponimo derivi da Shqniponje, che significherebbe “terra delle aquile”.
Bibliografia
S.K. ALIEV, Kvuprosu o plemenah Kavazkoj Albanii, Mosca, 1960
B. JUBANI, Monnedha ilire me etnikonin “Abiatan”, te zbuluara ne
Kukes (Studime historike), n. 2, 1972
R. BERTANI, Albanesi, un etnonimo alquanto discusso, in “Katundi
Yne”, n. 1 (103), 2001
Costumi nazionali albanesi islamici
F i n i a Re g g i o : s tra t eg i a p e r u n a n u o v a d im e n s io n e
FINI
l’opinione
ANTIFASCISTA
E ANTIBERLUSCONIANO
Sul numero precedente abbiamo accennato ad una lettera di Paolo Tadolini, preannunciandone
la pubblicazione integrale. Lo facciamo di seguito.
Nonostante che il tema della a suo tempo
ipotizzata visita di Fini a Casa Cervi, sia
stato superato dai fatti e dal tempo trascorso, la lettera di Paolo Tadolini (da
non confondere con Luca…) contiene una
serie di stimoli a riflettere che non sono
affatto superati e che si connettono anzi
anche alle più attuali vicende della nascita del PdL e della “opposizione interna”
di Fini al capo carismatico su temi di notevole rilevanza.
L’ipotesi maliziosa di Tadolini è che le
prese di posizione di Fini si inseriscano
nella strategia della nuova destra per
impossessarsi di tematiche peculiari alla
sinistra.
Già anni addietro, un Fini giovane, fu a
capo di quel Fronte della Gioventù che
nel nome e nel simbolo (fiaccola impugnata con fiamma tricolore) occupava
– cancellandola ? – la memoria di Eugenio Curiel, ebreo, scienziato, comunista,
fondatore del FdG, medaglia d’oro della
Resistenza alla m.
Ma venendo all’oggi, il problema è di capire se le prese di posizione di Fini contro
Berlusconi siano qualcosa che segni definitivamente una mutazione completa delle impostazioni politico-culturali dell’ex
pupillo di Almirante.
Lo stato fascista era uno “stato etico”. E
Fini denuncia come scivolamento verso
la stato etico il decreto legge berlusconiano sul fine vita. Afferma, di fronte alle
impazienze del cavaliere (votino solo i capigruppo), la primazia del Parlamento.
Berlusconi non risponde nel merito e tira
dritto per la sua strada osannato dai suoi
adoratori.
Ora alcuni commentatori ipotizzano che
tra i due ci sia una sorta di gioco delle
parti, tendente a far sì che, all’interno
del grande partitone della libertà, ci stia
tutto. La questione è destinata a durare
a lungo. Attendiamo interventi in merito.
(a.z.)
Fini in piazza a Reggio nel segno del Tricolore, Fini in procinto di visitare il museo Cervi. Sono fatti nuovi che irrompono
in un posizionamento delle parti su cui è
vissuta la dialettica politica nazionale per
oltre cinquant’anni. L’episodio reggiano
inoltre si snoda su precedenti “forti” come
la definizione del nazifascismo in “male
assoluto” o la più recente accettazione dei
“valori della resistenza”. Ma cosa significa? Perché un uomo di solide radici fasciste, nonché definito il “delfino” di Almirante, parla in questo modo? E queste
affermazioni saranno realmente bagaglio
per rafforzare la storiografia antifascista?
La prima chiave di lettura mi viene data
dalla strategia della nuova destra per impossessarsi di tematiche peculiari della
sinistra. Con il populismo “berlusconiano” e “tremontiano” sono stati approntati
in campo sociale interventi-regalia che
per tempestività e incisività fanno breccia nel consenso popolare, Fini invece
si è esposto dal punto di vista storico.
Questo però non ha significato aperture
bipartisan, Berlusconi opera quotidianamente un frontismo insolente, mentre
Fini è ben lungi dal distanziarsi dai valori storici della destra. Esiste quindi solo
l’intenzione di invadere un area dove la
sinistra manteneva una autorità culturale
indiscussa. Per restare nel merito si intravede la volontà di “normalizzare” la
Resistenza legandola ad un fattore nazionale piuttosto che ad un risvolto sociale.
Quindi operare un controllo, in quanto
una destra che parla di antifascismo costringe la sinistra a contenere il significato
politico della lotta partigiana, abbassando
quei toni che fungevano da barriera etica
verso ogni forma di autoritarismo. Perché non pensare a Putin che omologa il
suo capitalismo nazionalista allineando
gli zar e Stalin sul percorso utilitaristico
dell’ideale patriottico? La sinistra deve
stare attenta, l’epoca della società del
consumo ha già appiattito molte coscienze, non sono sicuro che giovi togliere gli
ultimi “paletti” seppure in presenza di un
uomo di destra apparentemente redento.
Anche se a tutt’oggi risulta un tema poco
gradito, faccio notare che all’uscita dal
pensiero marxista è seguita una fase di
“fobia ossessiva” verso ogni approfondimento che avesse un retroterra ideologico
al punto che oggi ci troviamo con il fiato
corto nell’esprimere un nuovo pensiero di
grande respiro popolare. Il sindacalismo
ha abbassato il suo profilo, le lotte studentesche sono ondate che non lasciano
traccia, la questione morale mortifica la
partecipazione alla politica. Insomma non
è il momento per generare aperture partendo da punti forza. La destra ha colto
tali affanni e ipotizza varchi per inserirsi
in questi spazi. Di fronte al dilemma se
le aperture di Fini costituiscano un opportunità per ampliare i confini dei valori
antifascisti o siano fonte di strumentali
ed equivoche generalizzazioni, esprimo
massime riserve verso la prima ipotesi.
Se poi Fini verrà al Cervi eviterei contesti solenni e celebrativi e lo accoglierei in
austero e severo silenzio, espressione del
significato, che la paternità di quel luogo
e di ciò che rappresenta, passa primaria
attraverso coloro che di quelle tristi vicende furono partecipi e vittime. Che ne
senta il prezzo e il peso.
Paolo Tadolini
aprile 2009 33
notiziario anpi
commemorazioni
Un momento della cerimonia davanti al Torrazzo, dove vennero fucilati dieci bagnolesi
FEBBRAIO ’45
BAGNOLO
A BAGNOLO DICIOTTO CADUTI SOTTO
IL PIOMBO FASCISTA
Il 14 febbraio u.s. a Bagnolo in Piano è
stato commemorato il 64° anniversario
degli eccidi fascisti del Torrazzo e di San
Michele.
Il 14 febbraio 1945 ai piedi del gonzaghesco “Torrazzo” che sorge nel centro
del paese vennero fucilati per rappresaglia, dopo essere stai brutalmente prelevati dalle loro case, Primo Malaguti,
Evres Lazzaretti, Emilio Mattioli, Otello
e Oreste Gibertoni, Imerio Tondelli, Licinio Tedeschi, Carlo Formentini, Aristide
Carboni e Armando Storchi.
Il 3 marzo successivo, otto giovani imprigionati come ostaggi nelle carceri di
Reggio, vennero prelevati e brutalmente
ammazzati presso il cimitero della frazione di San Michele: Annibale Bruschi,
Renato Corradini, Angelo Grassi, Elio
Sesena, Guido Signorelli, Ottorino Vecchi, Luigi Brandolisio, e un ottavo rimasto sconosciuto.
34 aprile 2009
notiziario anpi
Il palco degli oratori durante l’incontro svoltosi nell’attiguo Teatro sul tema “La
nostra memoria: seme per un futuro di pace”. Da sinistra: Danilo Morini, presidente
ALPI-APC, il sindaco di Bagnolo Giovanni Rossini, l’assessore di La Spezia Cristiano
Ruggia (spezzino era Brandolisio), il rappresentante della Provincia
commemorazioni
Gli scolari della 5a elementare impegnati nella lettura di loro elaborati e nell’esecuzione di un canto della Resistenza
CALERNO
ANCHE GLI ALUNNI DELLE ELEMENTARI A RICORDARE
I 20 MARTIRI
DI CALERNO
Domenica 15 febbraio erano in tanti
al corteo che si è snodato lungo la Via
Emilia e alla cerimonia commemorativa svoltasi davanti al monumento
che a Calerno di Sant’Ilario ricorda
i venti giovani fucilati dai nazifascisti per rappresaglia il 14 febbario
del ’45. Alla cerimonia hanno partecipato anche alunni della 5.a classe
delle locali scuole elementari “Italo
Calvino”, i quali hanno letto gli elaborati da loro prodotti dopo il lavoro
preparatorio di ricerca svolto con gli
insegnanti Spezzani e Caliceti. Quella domenica di 64 anni or sono venti
detenuti furono prelevati dalle car-
ceri di Parma per essere ammazzati
quale rappresaglia per le attività della
resistenza. I cadaveri furono lasciati
a lungo sul posto quale “monito” alla
popolazione. Ricordiamo i nomi dei
caduti, quasi tutti di Parma e Piacenza: Nello e Pierino Avanzi, Corrado
Barresi, Giuseppe Bellini, Giacomo
Bernardelli, Guido Botti, Bruno Faustini, Raimondo Fermi, Antonio Gandolfi, Egidio Gardini, Renzo Melloni,
Franco Molinari, Amos Montecchi,
Aldo Pasqua, Giulio Resini, Salvo
Cosimo, Angiolino Tanzi, Oreste Tosini, Luigi Viglio, Paride Zanatti.
- Al microfono Andrea Fellini, assessore comunale di Salsomaggiore. Alla sua destra, Sveno Ferri, sindaco di Sant’Ilario e Silvia Cabassi, presidente
ANPI di Salso. A destra, giù dai gradini, Rossella Cantoni sindaco di Gattatico
- Un aspetto del corteo lungo la Via Emilia. In testa anche i gonfaloni delle province e dei comuni di appartenenza dei caduti
aprile 2009 35
notiziario anpi
commemorazioni
Villa Cadè, 8 febbraio 2009
CA’ MARASTONI
64°
anniversario
della battaglia
di Ca’
VILLA CADE’
STRAGI
NAZIFASCISTE
Marastoni
Commemorato il 10 febbraio
scorso il 64° anniversario
dell’assassinio di 21 ostaggi
Domenica 29 marzo si è tenuta la commemorazione del 64° anniversario della battaglia di Ca’ Marastoni, avvenuta il 1° aprile 1945, la domenica
di Pasqua. Alla manifestazione hanno partecipato
don Aldo Benevelli, vice presidente della Federazione italiana volontari della Libertà di Cuneo, il
sindaco di Toano Michele Lombardi, l’assessore
provinciale Luciano Gobbi, il presidente dell’ALPI provinciale Danilo Morini. La commemorazione è stata curata dagli studenti della scuola media
di Toano.
A Cerrè Marabino, ricordiamo, è stata deposta una
corona di fiori presso il cippo dedicata alla Partigiana Valentina Guidetti.
La commemorazione del 64° anniversario dell’eccidio si è svolta domenica 8 febbraio alla presenza delle autorità istituzionali. Giorgio
Carpi, dell’ANPI provinciale, ha tenuto l’orazione ufficiale.
Il 9 febbraio 1945 furono fucilati dall’esercito tedesco, nei pressi di
Villa Cadè, 21 ostaggi prelevati dalle carceri di Parma, per reazione
ad attacchi partigiani sulla via Emilia ad una colonna di camion tedeschi avvenuti la sera del 7. I reggiani fucilati furono: Fausto Abbati e
Stefano Mazzacani di Casalgrande, Lino Ghidoni di Albinea; da altre
province vicine: Bruno Affanni, Mirco Andreoli, Athos Bolzani, Lino
Bottali, Marcello Cavazzini, Elio Dresda, Eugenio Fontana, Servente
Gabelli, Arnaldo Ghirelli, Umberto Guareschi, Silvio Monica, Angelo
Padovani, Ettore Plathbec, Flaminio Ragazzi, Paride Sacco, Antonio
Schiavi, Bruno Ghinolfi e un altro senza nome.
36 aprile 2009
notiziario anpi
commemorazioni
BORETTO- CANNETO SULL’OGLIO
“NERO”
il partigiano di 18 anni suicida per
non cadere nelle mani del nemico
Il 5 gennaio i comuni di Boretto e di Canneto sull’Oglio hanno ricordato la figura eroica del partigiano Felice Montanari, Nero, nativo di
Canneto morto suicida in territorio borettese per non lasciarsi catturare dai nazisti che lo assediavano nel casello n. 23.
In mattinata, dopo un corteo per le vie di Boretto, la cerimonia si è
spostata a Canneto, dove si è recato un omaggio floreale alla tomba
del giovane eroe.
Nel pomeriggio un mazzo di fiori è stato deposto presso il casello 23.
Alle 17 commemorazione nella sala consiliare di Boretto. Hanno preso la parola il prof. Galliano Gagnolati e la Sen. Albertina Soliani
Nella foto: un momento della cerimonia nel cimitero di Canneto. Da sinistra: la vice
sindaca di Boretto, Righi dell’ANPI mentre pronuncia un breve saluto, penultima
Adriana Zoboletti, presidente dell’ANPI e consigliera comunale di Boretto.
BOTTEGHE DI ALBINEA
64° anniversario
del fatto d’armi di Villa Rossi
e Villa Calvi
Sabato 28 marzo commemorazione del 64° anniversario del fatto
d’armi di Villa Rossi e Villa Calvi, a Botteghe di Albinea. Dopo la
deposizione di una corona alla lapide che ricorda i tre paracadutisti inglesi caduti (Riccomini, Guscott, Bolden), la cerimonia è proseguita
con parole di saluto del Sindaco Antonella Incerti, di Jochim Schmidt,
consigliere comunale di Treptow (Berlino, gemellata con Albinea) e
del prof. Franco Razzoli, preside dell’Istituto comprensivo albinetano. Conclusione con gli interventi dell’assessore provinciale Luciano
Gobbi e del Vice Presidente del Senato Vannino Chiti.
Foto al centro: un aspetto del pubblico davanti a Villa Rossi
Foto in basso, da sinistra: i due rappresentanti di Treptow, Danilo Morini, Luciano
Gobbi, Lorenzo De Medici, assessore del comune di Quattro Castella, Vannino Chiti,
Antonella Incerti
aprile 2009 37
notiziario anpi
lutti
Un figlio a un padre partigiano
I Montanari di Fabbrico
Gent.le Presidente,
mi chiamo Giancarlo Montanari e sono il figlio di Afro Montanari, mio padre è stato partigiano nella 77a Bgt. SAP ed è purtroppo scomparso il 24 Febbraio c.m. Mi permetto di scriverle
perché vorrei che mio padre fosse ricordato da parte di questa
associazione che ha sempre portato nel cuore, associazione di
cui è sempre stato orgoglioso di essere membro. Mio padre se
n’è andato silenziosamente, logorato dalla malattia che lo ha
spento un po’ alla volta, fino all’ultimo respiro, il 24 Febbraio.
Purtroppo anche quest’anno non è riuscito a partecipare a quella
che per lui era la manifestazione più importante, la ricorrenza
del 27 Febbraio qui a Fabbrico. Negli ultimi tre anni la malattia
PAOLINA LUSUARDI VED.CIGNACCHI
Per ricordare la cognata Paolina Lusuardi
deceduta il giorno 8 marzo 2009, Angelo
Zecchi e Anna Paraluppo di Reggiolo offrono pro “Notiziario”. Le amiche Daniela,
Giuseppina, Zara, Franca, Gina per ricordare con affetto offrono pro “Notiziario”.
BRUNO PONZINI
Il 3 marzo u.s. è deceduto Bruno Ponzini,
partigiano nella divisione “Modena Armando”, Brigata Corsini. Operaio alle Reggiane, nel dopoguerra partecipò alla lotta
per la salvezza del grande stabilimento. In
seguito fu cuoco alla casa di riposo di Ospizio, impegnato politicamente prima nel
PCI e successivamente nel PD, fu fin dal
suo inizio protagonista del glorioso coro dell’ANPI. Lo ricorda
con rimpianto il fratello Aldo, partigiano della 144a Brg.Garibaldi, offrendo pro “Notiziario”.
PRIMO MONTECCHI
Il 6 febbraio u.s. è scomparso Primo Montecchi. L’onestà fu il suo ideale, il lavoro la
sua vita, la famiglia il suo affetto. La moglie, insieme a quanti lo hanno apprezzato,
sottoscrive pro “Notiziario”.
lo ha costretto a non parteciparvi, obbligandolo ad assistere al
corteo dalla finestra della nostra sala; fazzoletto al collo assisteva impotente e con le lacrime agli occhi al passaggio del corteo,
lo stesso fazzoletto tricolore che lo ha accompagnato anche nel
suo ultimo viaggio. Mio padre era un persona speciale, una persona che come tante altre ha contribuito a darci un mondo migliore; con lui non devono morire quei valori e quegli ideali che
ci sono stati trasmessi con tanto amore. Mio padre era questo,
una persona che ha vissuto pienamente la sua vita onorando una
causa e combattendo per il rispetto dei più deboli e della libertà.
Ed è così che oggi vorrei ricordare quella persona straordinaria
che era mio padre.
Grazie. Cordiali Saluti
Giancarlo Montanari, Fabbrico (RE)
Esprimiamo all’amico Giancarlo le nostre più sentite condoglianze e lo ringraziamo per la toccante testimonianza.
FERNANDO IBATICI
Domenica 15 marzo 2009, è deceduto presso la casa protetta “don Cavalletti” di Poiago (Carpineti), l’amico e compagno Fernando Ibatici. Nato a Carpineti il 22 maggio 1920, Ha vissuto assieme alla mamma
fino alla età di anni 33. Una volta rimasto
solo, ha abitato in una modesta residenza di
due locali a Poiago, in via Casa Contino.
Ha vissuto modestamente ma con tanta dignità, rispetto e tanta
benevolenza. La sua vita per certi aspetti è stata anche avventurosa. Basti ricordare che il 30 giugno 1944, durante il grande rastrellamento messo in atto in tutta la montagna dalle truppe nazifasciste, fu catturato assieme ad altri dodici carpinetani e deportato come lavoratore coatto in Germania, nelle vicinanze di
Norimberga, dove lavorò in una fabbrica costruttrice di motori
per aeroplani. Era analfabeta, per molti una “macchietta”, ma riuscì a imparare anche la lingua tedesca, con sorpresa, e rammarico, di persone molto più “intelligenti”, ma che non vi riuscirono. I tedeschi lo presero come loro “jolly” e tre mesi prima della fine della guerra, con un lasciapassare del comando di polizia
giunse a Poiago il 20 febbraio 1945, con somma sorpresa della
mamma, dei parenti e dei tanti amici. Nel giorno della cattura a
Carpineti, le truppe SS di Goering uccisero lungo le strade ben
sette persone, compresa una donna madre di sette figli, Luigia
Dori in Campani. Il documento tedesco sempre tenuto gelosamente in tasca da Ibatici è stato utilizzato come attestato di lavoro nei Campi KZ per ottenere, nel 2006, l’indennizzo concesso
dal governo tedesco a coloro che lavorarono come Deportati.
Lo ricordiamo con affetto e benevolenza essendo stato una persona mite, rispettosa e di ideali progressisti e di libertà.
SECONDO CASTAGNETTI
RENATO ORLANDINI
Dedito alla famiglia e al volontariato nella
cooperazione, la moglie lo ricorda con affetto e rimpianto per la sua scomparsa avvenuta il 2 marzo u.s.
Offre pro “Notiziario”.
38 aprile 2009
notiziario anpi
Il vice presidente dell’ALPI-APC, Terzo
Comi, per ricordare l’amico Socio Benemerito della Resistenza Secondo Castagnetti di Carpineti Valestra, deceduto il 23
febbraio 2009 all’età di anni 74, e nell’esprimere la fraterna partecipazione al grave
lutto della famiglia e le sentite condoglianze anche dagli amici dell’ANPI di Carpineti, offre pro “Notiziario”.
lutti
VALDIMIRO CAMPARI (NINO)
Il giorno 28 marzo scorso è scomparso,
all’età di 85 anni, l’amico e compagno,
collaboratore della Resistenza a Varese,
dove si era trasferito. È stato un instancabile attivista e dirigente della sezione ANPI
“Risorgimento” nonché delle Comitato
provinciale. Il Presidente Giacomo Notari,
l’Associazione tutta e la Redazione del
“Notiziario” si stringono attorno ai familiari in questo momento
di dolore e nel porgere loro le più sentite condoglianze, vogliamo ribadire che Nino sarà ricordato sempre con affetto.
LAURO RIGHI (FILA)
Il 7 febbraio u.s. è deceduto a Roma Lauro
Righi Fila. Nato a Limiti di Carpi (MO),
partigiano nella zona di Montefiorino, nel
dopoguerra fu impegnato, per anni, nel
servizio di vigilanza a Togliatti, Colombi e
infine Berlinguer.
Lo ricorda Lorenzo Rabitti, che gli fu compagno a Roma negli anni Cinquanta.
Offre pro “Notiziario”.
GENOEFFA RICCÒ (NÈNA)
Ci ha lasciato per sempre Genoeffa Riccò,
esempio per tutti di volontariato sociale.
Dalla nascita della Cooperativa Tempo Libero di Bagnolo in Piano, Genoeffa, meglio conosciuta come “Nèna”, ha creduto
fortemente in quel progetto socio/culturale, tanto da farne la sua seconda casa.
Ha dedicato, ininterrottamente, da allora,
la maggior parte del Suo tempo libero in lavori a sostegno delle
molte iniziative svolte dalla Cooperativa, disinteressatamente, e
preoccupandosi che le cose andassero bene. Persona, con valori
sociali radicati, i quali oggi si sono notevolmente affievoliti nella società contemporanea, è giusto ricardarLa per quello che ha
fatto e per quello che ci lascia.
Grazie Nèna
Werther Borelli, presidente CTL Bagnolo
In ricordo di Genoeffa Riccò “Nèna”, da sempre sostenitrice
della Resistenza, scomparsa il 29 gennaio 2009, i parenti tutti
sottoscrivono pro “Notiziario”.
anniversari
MAURA FERRARI
4° ANNIVERSARIO
Il 1° maggio ricorre il 4° anniversario della
scomparsa di Maura Ferrari figlia di Didimo Ferrari Eros commissario partigiano.
Il marito Mario Peca, la sorella Anna con
Attilio, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia
non dimenticheranno mai il suo sorriso, il
suo altruismo, l’amore che dedicava a chi le era vicino e nell’occasione offrono pro “Notiziario”. La sorella Anna, nel rammaricarsi che non si sia ancora avverato quanto papà Eros scriveva
loro durante la lontananza forzata per spiegare i valori della sua
vita, il perché della medaglia d’argento che gli era stata conferita
per la battaglia di Cerrè Sologno, il significato del 25 Aprile, i
valori di onestà e altruismo, la speranza di un mondo migliore;
ne approfitta per dedicarle la conclusione di una lettera del 1950,
scritta dal padre, sul significato del 25 aprile e ancora attuale.
“E poiché dopo la liberazione i partigiani hanno mantenuto fede
a questi principi, come ha fatto il vostro papà continuando a sostenere la lotte pacifiche dei lavoratori e spesso mettendosi alla
loro testa, perché fossero garantite la pace e la libertà, perché
fossero assicurati il pane e il lavoro, ecco che i governanti di
oggi vogliono immobilizzare i partigiani, li vogliono screditare
di fronte all’opinione pubblica, per meglio realizzare gli stessi
scopi del fascismo, guerra, miseria ed asservimento nazionale.
Ma questi governanti non riusciranno nel loro intento. Non riusciranno perché il 25 aprile ha un significato che va al di là
dei calcoli dei signori governanti; esso è radicato nell’animo
dei lavoratori e non sarà mai più cancellato; non riusciranno
perché i partigiani manterranno fede al giuramento fatto sulla
tomba dei loro compagni caduti, malgrado le persecuzioni, non
riusciranno perché il popolo lotterà sempre per mantenere la
pace, e sarà disposto ad insorgere contro la guerra.
Ecco cosa significa il 25 aprile mie care bambine.
Significa inizio di marcia di tutto il nostro popolo verso obiettivi
di giustizia, di pace e di benessere; verso una meta dove splende
perennemente il sole, la primavera e la felicità…”.
FIORINDA CANTONI VED. FERRARI
11° ANNIVERSARIO
Il 10 aprile ricorreva l’11° anniversario del
decesso di Fiorinda Cantoni vedova di Didimo Ferrari Eros. Con tutto l’affetto che
conservano nel cuore per l’altruismo e
l’onestà che la distingueva, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia, la figlia Anna il genero Attilio la ricordano.
aprile 2009 39
notiziario anpi
anniversari
TALINO FIACCADORI (RIBIN)
WERTER BIZZARRI
38° ANNIVERSARIO
11° ANNIVERSARIO
Il 20 gennaio 1971 moriva Talino Fiaccadori Ribin partigiano combattente, decorato di medaglia d’argento al valor militare;
partecipò alla guerra di Liberazione nella
76a SAP concludendo quella esperienza
con il grado di comandante di battaglione.
In occasione dell’11° anniversario della
scomparsa di Werter Bizzarri, ex internato militare, avvenuta il 5 gennaio 1998, la
moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca, per onorare la memoria, sottoscrivono
pro “Notiziario”.
OLIMPIA BENEVENTI VED. FIACCADORI
ATHOS BEDOGNI (VITTORIO)
10° ANNIVERSARIO
5° ANNIVERSARIO
Il 12 febbraio 1999 moriva la partigiana
Olimpia Benedenti ved. Fiaccadori. Il figlio Ermete, a nome delle nuore e dei nipoti, vuole ricordarli con immutato affetto
e sottoscrive pro “Notiziario”.
Per onorare la memoria del partigiano
Athos Bedogni Vittorio, appartenente alla
144a Brigata Garibaldi, scomparso il 23
febbraio 2004, la moglie Adelo Chiossi
sottoscrive pro “Notiziario”.
BRUNO MANZOTTI
VALTER REVERBERI (FRESA)
6° ANNIVERSARIO
5° ANNIVERSARIO
Il 25 febbraio ricorreva il 6° anniversario della scomparsa di Bruno Manzotti, antifascista, deportato nel 1943 in un
campo di prigionia in Germania. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Bruna Pecchini, i figli Marzia e Flavio con le
loro famiglie. Nell’occasione sottoscrivono pro “Notiziario”.
EMILIO MESSORI (TARZAN)
8° ANNIVERSARIO
Il 18 gennaio ricorreva l’8° anniversario
della morte del partigiano Emilio Messori.
La moglie e i figli lo ricordano con tanto
affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”.
Il 7 aprile ricorreva il 35° anniversario della scomparsa di Valter Riverberi Fresa, la
moglie Laura Cavazzoni per onorarlo offre
pro “Notiziario”.
CARLO CAMELLINI
ANNIVERSARIO
La moglie Loredana Reverberi con i figli
in ricordo di Carlo Camellini offrono pro
“Notiziario.
MARIO BAGNACANI
ERO BENADUSI
19° ANNIVERSARIO
Nel 19° anniversario della scomparsa del
compagno Ero Benadusi, la moglie Franca
e la figlia Lorena, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono pro “Notiziario”.
2° ANNIVERSARIO
Il 3 maggio ricorre il 2° anniversario della
scomparsa di Mario Bagnacani. Nell’occasione la moglie Dimma, i figli Claudio e
Silvia, il nipote Simone lo ricordano con
immutato affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”.
GIUSEPPE CARBONI
FRANCESCO NERONI
12° ANNIVERSARIO
La tua scomparsa è avvenuta il 23 marzo
1997, ma la tua memoria è ogni giorno
viva in noi tutti. La moglie Pompilia Ferrari, le figlie, i generi e i nipoti Francesco e
Andrea sottoscrivono pro “Notiziario”.
40 aprile 2009
notiziario anpi
9° ANNIVERSARIO
Sono passati 9 anni dalla scomparsa del
partigiano Giuseppe Carboni, ma nei cuori
di chi lo ha tanto amato, neppure un minuto è trascorso senza la mancanza di quel
sorriso che scaldava, quella voce che guidava e quelle braccia che accoglievano. La
moglie, le figlie, le nipoti Giulia, Elena e il genero lo ricordano
con affetto.
anniversari
IVO GUIDETTI (FERMO)
ROMUALDO SBERVEGLIERI (VIPERA)
3° ANNIVERSARIO
11° ANNIVERSARIO
In memoria del partigiano Ivo Guidetti
Fermo, i famigliari sottoscrivono pro “Notiziario”.
FRINA BASTOLI
ANNIVERSARIO
In ricordo della moglie, Telemaco Arleoni
offre pro “Notiziario”.
Il 7 febbraio scorso ricorreva l’11° anniversario della scomparsa del nostro indimenticabile Romualdo Sberveglieri, il Partigiano Vipera. La moglie Alma, la figlia Ciria,
la nipote Ilenia, con Cristiano,Tommaso
Vilson, per onorarne la memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”.
OLDANO PATERLINI (ENOS)
7° ANNIVERSARIO
Il 12 aprile ricorre il 7° anniversario della
scomparsa del Partigiano Oldano Paterlini
Enos. La moglie Iones Baschieri lo ricorda
con tanto affetto e sottoscrive pro “Notiziario”.
GIUSEPPE BELTRAMI (KRAMER)
ATHOS BRUGNOLI
15° ANNIVERSARIO
ANNIVERSARIO
Il 19 maggio ricorre il 15° anniversario
della scomparsa del compagno Giuseppe
Beltrami Kramer della sezione ANPI di
Cadelbosco Sopra, figura popolarissima
da tutti amata e stimata. La sua immagine
ancora viva è presente in tutta Cadelbosco.
I valori dell’amicizia, della lealtà e della solidarietà sono stati
sempre i tratti che hanno caratterizzato la sua esistenza. Il fratello Amos e la sorella Adelma, ricordandolo con immutato affetto,
sottoscrivono pro “Notiziario”.
SERGIO FERRARINI (SPARTACO)
In memoria dello zio Athos Brugnoli Alvaro, Iolanda Freddi sottoscrive pro “Notiziario”.
SERGIO BEDESCHI
3° ANNIVERSARIO
Nel 3° anniversario della scomparsa di Sergio Bedeschi di Casalgrande, i figli Emanuele e Giuseppe lo ricordano con immutato affetto, offrendo al “Notiziario”.
7° ANNIVERSARIO
Nel 7° anniversario della scomparsa di Sergio Ferrarini Spartaco, la moglie e la figlia
lo ricordano e offrono pro “Notiziario.
“La libertà è come l’aria, ci si accorge di
quanto vale quando comincia a mancare.
Ricordatevi, ogni giorno che sulla libertà
bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita
politica”. (Piero Calamandrei – discorso agli studenti milanesi
nel gennaio 1955)
GINO FURGHIERI (BRUNELLO)
11° ANNIVERSARIO
A 11 anni dalla tua scomparsa, avvenuta
il 13 marzo 1998, il tuo ricordo non è mai
svanito ma soprattutto non sono e non svaniranno mai gli insegnamenti che ci hai lasciato, di onestà, sincerità e pace. Sei stato
e sarai sempre il nostro punto di riferimento e per questo sottoscriviamo in tua memoria pro “Notiziario”.
Dimma, Katia, Nicoletta, Mario
ALDO MUSSINI
7° ANNIVERSARIO
In occasione del 25 Aprile, per onorare,
nel 7° anniversario della scomparsa, Aldo
Mussini, il partigiano Eros, del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi appartenente alla 76a Brg. SAP, e in ricordo del
suo impegno politico e del suo attivismo
sociale, la moglie Velia Verzelloni, la figlia Maela, il genero
Rino e i nipoti Marco e Sofia, con affetto e rimpianto, sottoscrivono pro “Notiziario”.
LINO BERTANI-VINA
CAMPANINI
Per onorare la memoria dei genitori, Carla e
Vera Bertani sottoscrivono pro “Notiziario”.
aprile 2009 41
notiziario anpi
anniversari
MARIA SCHIATTI
VED. BAGNACANI ATTILIO BAGNACANI
ITALO BONEZZI
MIRELLA CODELUPPI
ANNIVERSARI
ANNIVERSARI
Il 6 aprile ricorre il
Per ricordare la mam7° anniversario della
ma Maria Schiatti e il
scomparsa del patriota
padre Attilio BagnaItalo Bonezzi, mentre
cani, i figli Albertina,
il 21 ottobre ricorre il
Arto e Romeo, con
16°
anniversario
della
scomparsa
della
moglie
Mirella Codeluprinnovato affetto, offrono pro “Notiziario”.
pi. La figlia Silvia, il marito, i nipoti li ricordano con affetto e
gratitudine e in loro onore offrono a sostegno pro “Notiziario”.
JAMES MALAGUTI
(SMITH) - IDA DONELLI
ANNIVERSARI
RINA GARLASSI (BARBARA)ERIO CAMELLINI (GEK)
Il 3 aprile ed il 29 marzo ricorrono rispettiLa figlia Ivana Capelvamente il 12° ed il
lini e il nipote Ric2° anniversario della
cardo ricordano con
scomparsa dei coniuimmutato affetto la
gi James Malaguti Smith e Ida Donelli. Lui, noto comandante
generosa disponibilità,
partigiano e uomo politico impegnato nel movimento dell’Anil
rispetto
per
tutti
e
amore
che
i
partigiani
Gek e Barbara hanno
tifascismo della Sinistra e della Democrazia a tutti rivolta e con
ispirato
nella
loro
vita.
tutti condivisa. Lei, staffetta partigiana, che durante la guerra di
Liberazione incontrò James e lo sposò. Papà e mamma carissimi,
sempre impegnati a donare il loro amore con l’entusiasmo di chi
LORIS CONFETTI (GIUlotta per i propri ideali. Sono sempre con noi e ci confortano nei
LIO) - ENERMERE BEGGI
momenti difficili. E li vogliamo ancora insieme a noi, nella festa
più amata, il 25 aprile, la festa della Resistenza, della primavera, della gioventù, con la speranza sempre intatta e rinnovata di
Per onorare la memopoter costruire un mondo migliore. Oggi ce n’è tanto bisogno,
ria dei genitori Loris
come un tempo, tanti anni fa.Il figlio Claudio Malaguti, la soConfetti, il Partigiano
rella Lolita Morici Malaguti ed i parenti tutti, li ricordano con
Giulio, ed Enermere
affetto immutato e nella ricorrenza offrono un contributo pro
Beggi, i figli Ileana e
“Notiziario”.
Mauro sottoscrivono pro “Notiziario”.
ANNIVERSARI
ANNIVERSARI
ADORNO TAGLIAVINI –
ADRIANA ORLANDINI
In ricordo di Adriana
Orlandini deceduta il
28 novembre 2008, e
di Adorno Tagliavini,
Mirca ed Emore offrono pro “Notiziario”.
LIDIA BELLESIA
LINO FERRETTI
ANNIVERSARI
Protagonisti tra quelli
di una generazione che
hanno fatto una scelta
giusta di una lotta che
ha aperto la strada alla
Liberazione, alla democrazia e ai diritti sociali e civili di uomini
e donne per la prima volta sanciti dalla Costituzione.
Matteo, Lorena e Tiziano li ricordano con affetto in occasione
del 25 aprile anniversario della Liberazione.
42 aprile 2009
notiziario anpi
ADELMO BEGGI (PADELLA) - IOLANDA CROTTI
ANNIVERSARI
Valerio Beggi e la famiglia intendono ricordare, sottoscrivendo pro “Notiziario”, la
scomparsa del padre
Adelmo, Partigiano combattente con il nome di battaglia Padella, e della madre Iolanda Crotti, che hanno lasciato un grande
vuoto. L’affetto per loro rimane tuttora immutato.
DINO ROSSI (BOZAMBO)
4° ANNIVERSARIO
Il 9 aprile ricorre il 4° anniversario della
scomparsa del partigiano fabbricese Dino
Rossi Bozambo, appartenente alla 77a brigata SAP “fratelli Manfredi”. Lo ricordano
con immutato affetto la moglie, i figli ed i
nipoti sottoscrivendo pro “Notiziario”.
anniversari
ELENA RICCO (NELLA)
DELFINA SPAGGIARI VED. FRANCHI
4° ANNIVERSARIO
6° ANNIVERSARIO
NELLO LUSOLI
IDIMO LUSETTI (IVANO)
2° ANNIVERSARIO
4° ANNIVERSARIO
Il 4 aprile ricorre il 4° anniversario della
scomparsa di Elena Riccò Nella. Il figlio
Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato
affetto e amore sottoscrivendo pro “Notiziario”.
sociale.
Per onorare la memoria della madre, donna tenerissima, intelligente, giusta e in ricordo dei momenti indimenticabili vissuti,
il figlio Silvano Franchi, fratello di Ovidio
martire del 7 luglio, sottoscrive pro “Notiziario”.
Il 22 giugno ricorre il 2° anniversario della
scomparsa del partigiano senatore Nello
Lusoli. La moglie Liduina, le figlie Zita,
Valeria e i nipoti Tania e Roberto lo ricordano con immutato affetto nel 64° anniversario della Liberazione insieme a quanti lo
conobbero e ne apprezzarono l’impegno
In memoria del padre Idimo Lusetti Ivano
partigiano di Roncocesi, la figlia Ermelinda Lusetti offre pro “Notiziario”.
DINO SASSI
10° ANNIVERSARIO
16° ANNIVERSARIO
Il 15 aprile 2009 ricorre il 16° anniversario della scomparsa del combattente Dino
Sassi. Lo ricordano con tanto affetto la
moglie Ines, i figli con le loro famiglie i
parenti. In suo onore offrono a sostegno
pro “Notiziario”.
GIUSEPPE FERRETTI
34° ANNIVERSARIO
Il 5 aprile ricorre il 34° anniversario della
morte di Giuseppe Ferretti di Villa Cadè.
La moglie Ilde e i figli con le rispettive famiglie, nel ricordarLo, offrono a sostegno
pro “Notiziario”.
EDDA MONTANARI
ANNIVERSARIO
Per ricordare la partigiana Edda Montanari, Marino Signorelli offre a sostegno pro
“Notiziario”.
TINA FERRARINI
4° ANNIVERSARIO
Il 25 aprile di 4 anni fa ci ha lasciato Tina
Ferrarini, partigiana della 76a Bgt. SAP.
La figlia, il figlio, la nipote, il genero e la
nuora ricordano che il suo primo valore fu
la libertà. Per onorarne la memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”.
ADELMO BELLONI (AQUILA)
Il 10 aprile ricorre il 10° anniversario della
scomparsa del partigiano Adelmo Belloni
Aquila. La moglie Maria, la nuora Nicoletta, i nipoti Erik e Greta lo ricordano con
tanto affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”. Nell’occasione, i famigliari uniscono
nel ricordo Gianni Belloni.
GIULIO GUIDOTTI
6° ANNIVERSARIO
Il 16 aprile ricorre il 6° anniversario della
scomparsa del partigiano Giulio Guidotti, appartenente alla Divisione Dalmazia
dell’esercito di liberazione della Jugoslavia. Nel ricordarlo con infinito affetto, la
moglie Selene, il figlio Gianni, la nuora
Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati,
le cognate e i parenti tutti sottoscrivono pro “Notiziario”.
AMARENZIO MONTANARI-MARINA NOTARI
I figli Mirco e Rino,
con le rispettive famiglie e i nipoti Marco,
Sofia e Francesca,
in occasione del 25
Aprile, ricordano
Amarenzio Montanari Mirco, comandante del distaccamento
“Rolando Iotti” di Roncocesi della 76a Brg. SAP, insieme alla
moglie Marina Notari recentemente scomparsa, sottoscrivendo
pro “Notiziario”.
aprile 2009 43
notiziario anpi
Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia.
PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO
- NN – a sostegno Notiziaro ...................................................................... euro 20,00
- SEZ. ANPI CADELBOSCO SOPRA – a sostegno notiziario e a ricordo
dei f.lli Carrettii.......................................................................................... “ 150,00
- JONES BARTOLI – a sostegno Notiziario .................................................... “ 50,00
- ACHILLE CORGINI – a sostegno Notiziario .................................................. “ 20,00
- SEZ. SAN PELLEGRINO – a sostegno Notiziario .......................................... “ 50,00
- POMPILIA FERRARI-GIULIA E GILDA NERONI in ricordo del
marito Francesco nel 12° anniversario decesso......................................... “ 40,00
- IOLANDA FERRETTI – a sostegno Notiziario
in memoria dello zio Athos Brugnoli........................................................... “ 50,00
- SERSE FABBI e ANGELA TELAMI pro-notiziario ........................................... “ 70,00
- DORANDO TURCI – a sostegno Notiziario ................................................... “ 40,00
- UGO GIUDETTI – a sostegno Notiziario ....................................................... “ 20,00
- ELDA CASALI – a sostegno Notiziario......................................................... “ 10,00
- GIACOMINA CASTAGNETTI – a sostegno Notiziario ..................................... “ 30,00
- EMO GHIRELLI – a sostegno Notiziario ...................................................... “ 30,00
- EDDA ROMEI – RENZO SIRONI – a sostegno Notiziario .............................. “ 40,00
- MIRCA E EMORE TAGLIAVINI in ricordo di Orlandini Adriana e Adorno Tagliavini “ 100,00
- VALENTINA RINALDI in ricordo di Bizzarri Werter
nell’11°anniversario decesso con nipote Annusca ..................................... “ 50,00
- MARISA INCERTI – a sostegno Notiziario ................................................... “ 20,00
- SEZ.ANPI BUSANA – a sostegno Notiziario in occasione del tesseramento . “ 92,00
- RAFFAELE CAMPIOLI – a sostegno Notiziario ............................................ “ 25,00
- FERDINANDO CAMPIOLI – a sostegno Notiziario ....................................... “ 30,00
- CARLO GRASSELLI – a sostegno Notiziario ............................................... “ 40,00
- FAM.BENADUSI nel 19° anniversario della scomparsa
del compagno ERO la moglie Franca e la figlia Lorena ............................... “ 50,00
- DIOMIRA MESSORI in ricordo del partigiano Messori Emilio “Tartan” ......... “ 25,00
- ALVINO E LAURA FORNACIARI – a sostegno Notiziario ............................... “ 20,00
- FAM. DINOLFI – a sostegno Notiziario ....................................................... “ 20,00
- GOZZI FRANCA – POVIGLIO – a sostegno Notiziario ................................... “ 30,00
- MARZI E MANZOTTI per ricordare Bruno Manzotti ...................................... “ 30,00
- ALFREDO BERNINI – GUASTALLA – a sostegno Notiziario .......................... “ 10,00
- ENZA MALAGUTI – GUASTALLA – a sostegno Notiziario ............................. “ 10,00
- ALGELO DALL’AGLIO –– a sostegno Notiziario ........................................... “ 10,00
- CLAUDIO MALAGUTI – – a sostegno Notiziario .......................................... “ 10,00
- ANPI GUASTALLA – contributo a sostegno attività provinciale..................... “ 1000
- ALCESTE BASSI – – a sostegno Notiziario ................................................. “ 15,00
- BRUNO Prof. OLIVI – – a sostegno Notiziario ............................................. “ 10,00
- VALTER CROCI in ricordo del padre Giulio ................................................... “ 30,00
- I PARENTI – a sostegno Notiziario in ricordo di Genoeffa Riccò................... “ 100,00
- ORNELLA FERRETTI – a sostegno Notiziario .............................................. “ 25,00
- ALBERTINA, ARTO, ROMEO BAGNACANI per ricordare
il padre Attilio e la madre Maria Schiatti .................................................... “ 60,00
- CLAUDIO MALAGUTI in ricordo del dodicesimo e 2° anniversario
della scomparsa di James e Ida ................................................................ “ 150,00
- ODDINO BENASSI – S.ILARIO – a sostegno Notiziario ................................ “ 25,00
- ERMETE FIACCADORI per onorare la memoria di Italino Fiaccadori e Olimpia
Benedenti ved. Fiaccadori ....................................................................... “ 100,00
- KATIA FURGHIERI E FAM. in memoria del padre Gino Furghieri “Brunello .... ” 50,00
- LAURA CAVAZZONI per onorare la memoria del marito
Riverberi Walter “Fresa” nel 15° anniversario ............................................ “ 50,00
- LOREDANA REVERBERI per onorare la memoria del marito
Camellini Carlo “Disaster” ........................................................................ “ 50,00
- FAM. PINOTTI – per onorare la memoria del partigiano
Mombello Pinotti, la moglie e i figli sottoscrivono....................................... “ 50,00
- GERMANO GAZZINI – Correggio in ricordo del padre Tonino sottoscrivono
– a sostegno Notiziario .............................................................................. “ 20,00
- WILLIAM ING. GORINI contributo a sostegno............................................... “ 50,00
- PAOLO TAMAGNINI contributo a sostegno .................................................. “ 30,00
- IONES BASCHIERI sottoscrizione in onore di Oldano Paterlini ..................... “ 50,00
- SECONDO SPAGGIARI E DELISA FANTUZZI contributo a sostegno ............... “ 30,00
- GELINDO CERVI contributo a sostegno ....................................................... “ 10,00
- CARLO E STEFANIA GOVI – Campegine per onorare
la staffetta partigiana Vanda Conti ............................................................. “ 40,00
- LISETTA GRUZZA – MARINO CERVI a sostegno notiziario............................ “ 100,00
- ALFREDO CAMPIOLI contributo a sostegno ................................................ “ 50,00
- IVO CORRADI contributo a sostegno ........................................................... “ 50,00
- GIUSEPPE CODELUPPI – a sostegno Notiziario .......................................... “ 20,00
- FAM. SASSI – VIANO per onorare Armando Sassi partigiano 76a Brig. SAP . “ 15,00
- FAM. MONTANARI GAUDENZIO – ANPI Scandiano per onorare
i 4 martiri eccidi di Fellegara ..................................................................... “ 50,00
- ENZO RABITTI – ANPI Scandiano – a sostegno Notiziario .......................... “ 20,00
- ANDREA NASCIUTI – ANPI Scandiano – a sostegno Notiziario..................... “ 15,00
- ERIO PRANDI – a sostegno Notiziario ......................................................... “ 20,00
- TILDE VERONA sostegno al notiziario1 ....................................................... “ 00,00
- ILEANA CONFETTI per onorare la memoria del padre Loris
e della madre Beggi Elermere ................................................................... “ 150,00
- ANNA FERRARI E FAM. in ricordo della sorella e della madre ..................... “ 100,00
- BRUNO GRULLI – a sostegno Notiziario ..................................................... “ 30,00
- IVO MAREGGINI E F.LLI per onorare la memoria del padre Primo
e della madre Malvina Benedenti............................................................... “ 50,00
- ANPI SEZIONE SAN POLO contributo a sostegno ........................................ “ 100,00
44 aprile 2009
notiziario anpi
- ALMA MORSIANI per memoria del marito Mario Borselli ............................ “ 50,00
- ANPI SEZIONE SAN PELLEGRINO contributo a sostegno ............................. “ 1000,00
- FAM. GUIDETTI RONCOCESI in memoria del partigiano
Ivo Guidetti “Fermo” – a sostegno Notiziario ............................................. “ 200,00
- SILVIA BAGNACANI per onorare la memoria del padre Mario Bagnacani ..... “ 100,00
- FERDINANDO MANZINI contributo a sostegno ............................................ “ 20,00
- SILVANO FERRARI contributo a sostegno .................................................... “ 20,00
- KATIA CASOLI contributo a sostegno .......................................................... “ 40,00
- ARMANDO GIBERTINI contributo a sostegno............................................... “ 30,00
- ANPI SEZIONE RUBIERA contributo a sostegno ........................................... “ 50,00
- CENTRO SOCIALE RUBIERA contributo a sostegno ..................................... “ 50,00
- LINO VERONI – RUBIERA contributo a sostegno ......................................... “ 25,00
- ARCI MASSENZATICO - LAGHI DEL SOLE - contributo a sostegno ............... “ 50,00
- TELEMACO ARLEONI per onorare la moglie Bastoli Frina ............................ “ 150,00
- ELEONORA OROSEI VED.MASONI in ricordo del marito Mario Masoni ......... “ 100,00
- ANNA FIORANI in ricordo del marito Sergio Ferrarini “Spartaco”................. “ 100,00
- ANGELO ZECCHI, ANNA PARALUPPI – REGGIOLO
per onorare la memoria della cognata Paolina Lusuardi ............................. “ 20,00
- DANIELA, GIUSEPPINA, ZORA, FRANCA, LINA –
- REGGIOLO in memoria dell’amica Paolina Lusuardi.................................... “ 50,00
- MARIO ANDREOLI E DANIELA - Reggiolo - contributo a sostegno Notiziario “ 15,00
- AMOS E ADELINA BELTRAMI nel 15° anniversario scomparsa
del fratello Giuseppe “Kramer” .................................................................. “ 100,00
- LIBERO BONINI in ricordo dei genitori Arturo e Mafalda I Virtus e
Abdon gli amici Zorè Manzotti e Giuseppe Carretti e tutti i partigiani .......... “ 50,00
- FRABRIZIO BOTTAZZI – contributo a sostegno Notiziario ............................ “ 30,00
- UMBERTO ORLANDINI– contributo a sostegno Notiziario ............................ “ 10,00
- SILVANO FRANCHI – in onore di Spaggiari Delfina,
madre anche di Ovidio, martire del 7 luglio 1960....................................... “ 100,00
- ERMELINDA LUSETTI in memoria del partigiano Idimo Lusetti “Ivano” ....... “ 50,00
- LINO CORRADINI in ricordo di Giuseppe Carretti “Dario” ............................ “ 25,00
- LINO CORRADINI in memoria della moglie Maria Attilia Cagarelli ................ “ 50,00
- ERIO LANZONI a sostegno Notiziario .......................................................... “ 30,00
- ARTIOLI in memoria della madre Tina Ferrarini nel 4° ann.rio
della scomparsa ........................................................................................ “ 250,00
- ROMANO CATELLANI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario ..... “ 25,00
- OLIMPIO GIOVANARDI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario ..... “ 25,00
- IDEMMA BARUFFI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario........... “ 50,00
- MARIANO SIGNORELLI per ricordare la compagna partigiana
Edda Montanari a sostegno Notiziario ........................................................ “ 50,00
- ELIO BONACINI – contributo a sostegno Notiziario ..................................... “ 50,00
- REDENTO BERNI – CORREGGIO – contributo a sostegno Notiziario............. “ 25,00
- ANTONIO TIRELLI – contributo a sostegno Notiziario .................................. “ 25,00
- ILDE PASTURINI E FIGLI nel 5° anniversario del marito
e padre Giuseppe Ferretti, Villa Cadè ......................................................... “ 30,00
- SEZ.CITTADINA ANPI – a sostegno Notiziario.............................................. “ 200,00
- RICCARDO TREVISAN-IVANA CAMELLINI per onorare
il partigiano Erio Capellini “jek” la nonna “Barbara” ................................... “ 60,00
- MARISA BONACINI contributo in memoria di Aldo Carpi.............................. “ 25,00
- VANDA CARPI per onorare la memoria del fratello Aldo Carpi ..................... “ 25,00
- ROSANNA CASTELLARI per onorare la memoria del marito
Renato Orlandini ....................................................................................... “ 100,00
- IRIS SASSI in ricordo del marito Dino Sassi ................................................ “ 25,00
- LIDUINA TINCANI in ricordo del sen. Nello Lusoli ........................................ “ 400,00
- LELLI ANGIOLINA per onorare la memoria del marito
Primo Montecchi scomparso il 6 Febbraio 2009 ....................................... “ 100,00
- GIAN PAOLO ARTIOLI – a sostegno Notiziario per anniversario
del decesso di Augustina Ferrarini ............................................................. “ 250,00
- LORENA FERRETTI – a sostegno Notiziario in ricordo
di Lino Ferretti e Lidia Bellesia .................................................................. “ 200,00
- ROSELLA CARBONI E FAM. per onorare la scomparsa del partigiano
Giuseppe Carboni ..................................................................................... “ 50,00
- LORENZO E LEDA RABITTI per ricordare Lauro Righi .................................. “ 100,00
- ALDO PANZINI per ricordare il fratello Bruno deceduto il 4-3-2009 ............ “ 100,00
- RAFFAELLA LONGAGNANI per il 96° completanno del fratello
Gino antifascista, perseguitato e partigiano ............................................... “ 50,00
- MARIA SALTINI in memoria del marito Adelmo Bedogni.............................. “ 50,00
- GIANNI GUIDOTTI in memoria di Giulio Guidotti scomparso il 16/11/2003 .. “ 50,00
- LAILA MALAVASI in ricordo del partigiano dott. Malavasi Ennio “Royal”...... “ 100,00
- GIANFRANCO SARATI – a sostegno Notiziario ............................................ “ 35,00
- SILVIA BONEZZI in ricordo dei genitori offre – a sostegno Notiziario .......... “ 100,00
- MARCO FERRATI nel 4° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella “ 30,00
- PAOLINA DALLARI, i figli Valentino e Willer, in ricordo di
Monbello Pinotti, partigiano di Correggio offrono al Notiziario .................... “ 50.00
GERMANO GAZZINI in ricordo del padre Tonino offre al Notiziario .............. “ 20.00
- ANPI Carpineti in memoria di Fernando Ibatici ........................................... “ 20,00
- TERZO COMI in memoria di Secondo Castagnetti ....................................... “ 10,00
- CARLA E VERA BERTANI in memoria dei genitori Lino e Vina ...................... “ 60,00
- FAM MUSSINI in memoria di Amarenzio Montanari e Marina Notari............ “ 150,00
- SEZIONE ANPI CANOSSA a sostegno Notiziario ANPI .................................. “ 115,00
- FAM BEDESCHI, Casalgrande per onorare la memoria di Sergio Bedeschi . “ 40,00
REGGIOCHEPARLA
Il buon sama...ritano
“A Reggio Emilia questa amministrazione e i Servizi sociali sul territorio si
disinteressano completamente delle
famiglie reggiane bisognose aiutando gli extracomunitari”
(Gianfranco Sammartano, UDC)
21 marzo, san Benedetto le rondini al
tetto...
“L’arrivo della primavera porta alle
persone una frizzante voglia di protagonismo, ma loro parole ci fanno dire
che il vento marzolino ha scompigliato la logica del loro pensiero politico”
(Mario Poli, UDC)
A bé! Sì, bé! (1)
“Ho dato la mia disponibilità a mettermi a servizio per un progetto civico
programmatico e territoriale”
(Antonella Spaggiari)
A bé! Sì, bé! (2)
“Nelle mie parole non c’è rivalsa né
rancore...”
(Antonella Spaggiari)
Gregoriano muto (?)
“Non ho niente da commentare”
(s. Graziano Delrio)
Grillo parlante
“Le scelte sbagliate della Spaggiari
parlano da sole, è una discesa in campo alla faccia del ricambio generazionale”
(Matteo Oliviero, grillino)
Sturm und drang
“Desta in me un grande stupore e mi
lascia profonda amarezza”
Il candore
“Sono sorpresa, non pensavo che si
candidasse”
(Laura Salsi, PD)
Fede, speranza e... carità
“Credo che Delrio uscirà rafforzato da
questa novità”
(Giulio Fantuzzi)
L’ago della bilancia
“Questa candidatura nasce dall’esigenza di coniugare l’innovazione con
la solidità dimostrata negli anni scorsi
dai governi di Antonella”
(Uris Cantarelli, ?)
I riformisti di Lenin
“Giudicheremo dai fatti e ci confronteremo con lei come con gli altri candidati”
Forse...
“Mi chiedo quanti sacerdoti, per
esempio, parlano di ragazzi ma trovano così poco tempo per stare con
loro”
(don Frrrrrrranco RRRRRRRRRanza)
I preliminari
“Diamoci del tu, è giusto che entriamo in confidenza...”
(Emilio De Tata, dottore)
A bé! Sì, bé (3)!
“I pareri che Iride ci ha fornito sul
tema della moratoria fiscale sono
anch’essi tranquillizzanti”
(Andrea Viero, amministratore delegato
Enìa)
(Ildo Cigaririni, Legacoop)
Intingoli
“Una continuità in cui un ex sindaco
si cucina un posto di potere in città
come la Fondazione Manodori e da lì
cerca di continuare a fare in qualche
modo il sindaco”
(Mimmo Spadoni)
Unità nel partito!
“Concordo con le parole di ieri di Fantuzzi”
(Maino Marchi, PD)
Il placido don
“Bullismo stop!”
(don Frrrrrrranco RRRRRRRRRanza)
(Giulio Fantuzzi, PD)
Ohhhhh!?!? Dopo Sophie...
“La scelta di Antonella Spaggiari mi
ha sorpresa e stupita e devo dire anche dispiaciuta”
(Sonia Masini)
...E REGGIOCHEPEDALA
aprile 2009 45
notiziario anpi
IL NOTIZIARIO ANPI – Periodico di politica, storia, memoria, cultura e informazione varia
la finestra
sul cortile
di Nicoletta Gemmi
Hasta la victoria
siempre!
Un progetto titanico. Più di
dieci anni di lavoro di documentazione, sette anni di
letture e indagini, tre di riprese. Queste sono le premesse
per capire la cinebiografia su
Che Guevara, firmata Steven
Soderbergh e interpretata da
Benicio del Toro, Premio come
Migliore Attore a Cannes
2008.
Quattro ore e mezza di film,
divise in due parti, il secondo
arriverà il 1° maggio
CHE – L’Argentino racconta l’ascesa del
Che nella rivoluzione cubana, da medico
a comandante a eroe rivoluzionario. Il 26
novembre del 1956 Fidel Castro salpa per
Cuba con 80 ribelli. Uno di quei ribelli è
Ernesto “Che” Guevara, un medico argentino che condivide il sogno di Fidel: rovesciare la dittatura corrotta di Fulgencio
Batista e creare una società nuova ispirata
a ideali di giustizia e uguaglianza. Come
testimoniano le sequenze che mostrano il
Che all’Onu nel ’64. Il Che si rivela indispensabile come combattente e impara
presto l’arte della guerriglia, diventando il
beniamino dei suoi compagni e del popolo
cubano. La marcia per arrivare all’Avana
dura più di due anni: dopo un lungo periodo sulle montagne della Sierra Maestra,
senza mezzi, armi, tra combattimenti, litigi,
arruolamento e addestramento di volontari,
istruzione minima per gli analfabeti, cura
dei malati, la colonna del Che conquista
Santa Clara. La corruzione del potere locale e la scelta dei soldati di passare nelle fila
dei rivoluzionari si rivelano decisive per i
passi successivi. Le altre fazioni di oppositori, reduci dalla conquista di Santiago e
di Yaguajay, si uniscono a loro. La presa
di Cuba si rivela lunga e faticosa. Solo nel
gennaio del 1959 l’Avana sarà in mano dei
rivoluzionari.
“Il vero rivoluzionario è guidato da grandi
sentimenti d’amore”, diceva Ernesto Che
Guevara. E questi sentimenti di amore hanno anche motivato il regista Steven Soderbergh a intraprendere questa imponente avventura, un biopic per raccontare un mito,
un’icona, un rivoluzionario appassionato e
serio che ha fatto la Storia. Uno dei guerriglieri più amati al mondo e il più emblematico delle tradizioni latino-americane.
“Non ho mai voluto raccontare l’immagine
politica del Che – afferma il regista – né
avvalorare le sue teorie ma solo riportare
sullo schermo il suo percorso umano. E’
questo il lato di Guevara che mi ha sempre
conquistato”.
Il film uscito negli Usa l’anno scorso non
ha sbancato il botteghino, forse per la lunghezza, per la decisione di girarlo in spagnolo e per il tema politico, critico con il
governo americano. CHE ha, invece, trionfato in Spagna e a Cuba. “Ci aspettavamo
– afferma Del Toro (anche produttore della pellicola) – una reazione freddina negli
USA, ringrazio però il mio amico Sean
Penn che ci ha aiutato moltissimo a promuovere il film, dato che lo considera un
lavoro straordinario”. “E’ il ruolo più difficile – conclude l’attore – e ambizioso che
abbia mai interpretato. Ma anche quello
di cui vado più fiero dato che Guevara era
un essere umano con una forza di volontà
eccezionale, una straordinaria capacità di
sacrificio e un grande altruista”.
10 aprile
CHE – L’Argentino
(CHE – The Argentine,
Francia/Spagna/Usa,
2008)
Regia di Steven Soderbergh con Benicio Del
Toro, Demián Bichir,
Santiago Cabrera, Elvira
Mínguez, Jorge Perugorría, Catalina Sandino
Moreno, Rodrigo Santoro - 131’, Bim, storico/
biografico
aprile 2009 47
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