Buonasera e un grazie particolare per questo

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Buonasera e un grazie particolare per questo
Buonasera e un grazie particolare per questo invito che è una splendida occasione per scambiarci
delle opinioni in uno spirito di studio e di dialogo comune , vorrei salutare soprattutto voi presenti.
Ci adoperiamo perché le religioni, in particolare quelle monoteiste (ebrei, cristiani, musulmani)
trovino la via per tornare veramente a Dio, per incontrarsi nel rispetto reciproco, nell’aiuto costante
ai più bisognosi e nello sforzo comune volto ad eliminare le cause di ingiustizia e di povertà.
Il dialogo ebraico - cristiano si sta lentamente consolidando ed è particolarmente importante anche
alla luce di polemiche e fenomeni di antisemitismo che purtroppo ancora stiamo vivendo in questo
periodo.”Citando le argomentazioni di un famoso rabbino che ha così motivato l’importanza del
dialogo:” E’ necessario combattere l’antisemitismo, perché nessuno può utilizzare il nome di D-o
per discriminare o perseguitare chicchessia ”.
I dieci comandamenti(le 10 parole) furono promulgate sul Monte Sinai attraverso una rivelazione
collettiva per tutto il popolo di Israele. Il resto della Torà è stata data, invece, per mezzo di Moshe.
Questo brano, in definitiva, è stato scelto come simbolo del patto tra Kadosh Baruch Hu ed il
popolo di Israele.
Il punto focale dei Comandamenti che troviamo nella tradizione ebraica va cercato nella relazione
dell’uomo con il suo prossimo ed è questo il legame supremo tra religione e morale. Non esiste
nessun senso per una religione senza la morale. Il servizio per Hashem senza morale è una mera
profanazione del nome di Hashem. La parola morale può essere inteso solo attraverso la stessa idea
di Kadosh Baruch Hu, un D-o giusto, D-o del diritto e della pietà. La presenza di Kadosh Baruch
Hu nella nostra vita proviene “dal cielo”. La redenzione, le voci della coscienza derivano dalla
consapevolezza e dalla vicinanza dell’uomo a Dio. La Torà non è stata data in terra di Israele, ma
nel deserto, per meglio rilevare l’universalità che essa possiede: i Dieci Comandamenti sono
un’eredità per tutta l’umanità
Ma i Dieci comandamenti non hanno finito il loro compito al momento della Rivelazione e della
loro accettazione da parte dell’umanità. Saranno rilevanti nel futuro ed eviteranno il deterioramento
dell’uomo. Nei Dieci Comandamenti esiste la lotta all’idolatria, l’onore per i genitori, la protezione
della famiglia, i diritti dell’altro. Il richiamo morale di D-o esiste in Eterno. Siamo usciti dalla
schiavitù per comprendere il senso della libertà umana legata al regno dei Cieli .Prendiamo per
esempio il comandamento di Non rubare.
In questo divieto non c’è solo la proibizione del furto, bensì qualcosa di più profondo, che va dalla
questione sociale a tutto il problema della giustizia umana, della vita e dei rapporti tra gli uomini.È
una sintesi di un programma di giustizia sociale.
Non rubare non è solo una difesa della proprietà ma un incitamento alla coerenza e alla rettitudine a
tutto campo.
Perché questo divieto compare nei Dieci Comandamenti, dato che esso è accettato anche da tutti
coloro che si preoccupano dei valori umani pur essendo atei? Perché Kadosh Baruch Hu è disceso
sul Monte Sinai, si è manifestato a noi con lampi e fulmini e ci ha fatto ascoltare un richiamo che è
accettato anche dai popoli che non hanno legame con la Torà? Qual è il legame tra il divieto di non
rubare e la fede in Hashem? Abbiamo imparato che il divieto di rubare non è solo umano ma è
anche un comandamento religioso. I valori umani hanno posto in un’esperienza limitata. Essi non
possono esistere rispetto alla creatività. La morale umana ha punti deboli. Non rubare, tutti ne siamo
a conoscenza e tutti ne facciamo esperienza: rubare il tempo, rubare per il proprio vantaggio, rubare
la coscienza, il rapimento, l’ingresso in Internet, la copia dei film. Per la morale umana esiste una
caratteristica utilitaristica, ed a sua volta l’interesse utilitaristico ha la meglio sulla morale e questo è
un pericolo. Un pericolo molto forte. Il messaggio generale delle mitzvot tra l’uomo ed il suo
prossimo nella rivelazione sul Sinai unisce l’etica umana con quella divina. L’offesa ad un uomo è
l’offesa a Kadosh Baruch Hu. L’uomo nella rivelazione sul Sinai non è costretto ad essere servo di
D-o, l’uomo diventa un membro del patto. Colui che offende l’uomo, offende Dio. La grande
rivoluzione sul monte Sinai è che il non rubare non è solo un argomento di criminologia. Diventa un
tassello nella relazione tra morale e società, tra azione dell’uomo e tensione verso la Santità, l’Etica
di Dio e la cultura dell’Uomo.Tutte le domande culturali sono di fatto domande religiose e non sono
meno importanti, della carne kasher, del chametz di Pesach e di qualsiasi altro precetto.
I nostri maestri dicono che il non rubare parla anche del rubare la personalità,i titoli,la fiducia, di
chi a te si affida.
Se aggiungiamo ad ogni discorso la parola “per te”, avremmo un significato molto interessante: non
rubare a te stesso, o per te stesso,dobbiamo essere onesti con noi stessi e per noi stessi.Esiste un
famoso racconto di Rabbi Zusia, uno dei saggi del periodo romano, che disse che quando sarebbe
arrivato in Alto non gli avrebbero chiesto perché non sei stato Moshe Rabbenu, ma gli avrebbero
chiesto perché non sei stato Zusia. La maggior parte degli uomini evita con tutte le proprie forze
una offesa fisica al corpo degli altri ma si astengono meno rispetto alla sua proprietà. L’ultimo
capitolo del trattato del Talmud di Bava Kama ci ricorda che la differenza tra l’assassinio e il furto
non è così grande. Disse Rabbi Yochanan “ ognuno che ruba al proprio prossimo il valore di un
perutà(centesimo) è come se gli togliesse l’anima”.
Non rubare, in prospettiva teologica assume ulteriori significati: colui che svergogna il proprio
compagno in pubblico è come se versasse il suo sangue.
Non avrai altri dei all’infuori di me: una persona che sia arrogante e creda che le sue capacità, la sua
creatività, derivino solo da lui stesso commette idolatria.
Il Midrash 'Asseret Hadibberot impartisce un avvertimento severo: non associatevi con i ladri e
state lontano da loro, per paura che i vostri figli imparino da essi. A causa dei furti arriva la carestia
nel mondo. Non tenete strette nelle vostre mani proprietà rubate perché la disonestà porterà lutto ad
ogni parte del vostro corpo. Inoltre, il ladro arriverà a disprezzarsi, come è detto (Proverbi
29:24): Colui che spartisce con un ladro disprezza la propria vita. A causa dei furti case belle
saranno sradicate, come dicono i profeti: la maledizione discenderà sulla casa del ladro e rimarrà
all'interno della casa e consumerà il suo legno e le sue pietre(Zaccaria 5:4)
Rashì commenta a proposito di “non rubbare”: qui le Scritture proibiscono il rapimento, il "furto"
di esseri umani. Più avanti, in Levitico 19:11, la Torà comanda lo thighnòvu, voi (plurale) non
ruberete, e ciò si riferisce al furto di soldi e proprietà.
Più che il furto (vietato in altri versi), viene quindi proibito il rapimento. I Maestri insegnano infatti
(Sanedrin 87a) visto che i precedenti peccati erano l'assassinio e l'adulterio, entrambi offese capitali,
dobbiamo assumere che il comandamento Non rubare implica una forma di furto tale che chi lo
commette è passibile della pena di morte. L'unico tipo di furto punibbile con la pena capitale è il
rapimento, come troviamo in Esodo 21:16: Colui che rapisce un uomo e lo vende ... deve
sicuramente morire (Rambam; Hil. Geneivah 9:2).
I commentatori sollevano un quesito sulla scelta delle parole di questo comandamento. Nell'uso
comune delle Scritture la radice ghimel nun bet (furto), è usata per indicare il furto con scasso o
altri illeciti ottenuti con il furto; mentre la radice ghimel zain lamed (rapina), è usata per descrivere
furti violenti in presenza delle vittime. Il divieto avrebbe quindi dovuto essere espresso con le
parole lo tighzol, non rubare (con la forza) dato che la vittima è sequestrata con la violenza.
R' Bezalel Ashkenazi (Responsa 39) spiega che 'vittima' del rapimento non è soltanto la persona
sequestrata, ma la famiglia, madre, padre, fratelli, sorelle e parenti dai quali si viene strappati.
Poiché essi non sanno del crimine che sta accadendo, la radice ghimel nun bet è appropriata.
Sforno osserva che sebbene il contesto prova che la proibizione si riferisce principalmente al
rapimento, questo comandamento include anche furti ordinari e inganni.
Il Midrash (si veda Torà Sheleimah) spiega il motivo della forma singolare lo tighnov adottata nei
Dieci Comandamenti e la forma plurale lo tighnòvu in Levitico19:11:è che la Torà ci avverte che il
furto non è proibito solo a livello individuale, ma anche collettivo: Dicono i nostri maestri che “se la
disonestà e l’illegalità sono introdotte nella vita commerciale e sociale quotidiana della gente tanto
da diventare la caratteristica nazionale di un popolo, se diventano un comportamento al quale ci si
abitua a tal punto da perdere lo sdegno di qualcosa da evitare, e che potrebbe persino diventare
un’arte commendevole, questo agli occhi di D.o rimane egualmente reprensibile, in quanto furto.
Senza dimenticare che nel pensiero ebraico il fine non giustifica i mezzi. Fini giusti possono essere
perseguiti solo tramite mezzi giusti.
Secondo le Leggi noachiche il furto si riferisce soltanto alla presa di possesso delle proprietà di
un'altra persona o al causargli una perdita monetaria diretta. Lo scopo della proibizione della Torà,
comunque, oltrepassa questi stretti limiti e richiede espressamente agli Ebrei di essere
estremamente scrupolosi nell'uso di beni altrui. Negli affari la Torà richiede una condotta
completamente integra, ponendo precisi divieti e stabilendo chiari comportamenti:
· Non solo è proibito incassare profitti eccessivi, ma è anche proibito prestare soldi con interessi e il
prestatore è chiamato ladro (Bava Metzia 62a).
· L'estrema sensibilità della Torà nel difendere la dignità personale è evidenziata da un detto
Talmudico secondo il quale: se qualcuno ringrazia il suo vicino ed i ringraziamenti non vengono
contraccambiati, il vicino ineducato viene giudicato ladro, per avere privato il suo amico della
risposta cortese che gli era dovuta!
· Noi dobbiamo rispettare le facoltà intellettuali dei nostri vicini. Se una persona presenta l'idea di
qualcuno altro a suo nome, ciò è simile al rubare.
· Infine è proibito "rubare" le opinioni o i sentimenti di qualcun altro. Ciò significa illudere
qualcuno con le parole o con i fatti ad avere una opinione alta di noi, o fare in modo che qualcuno ci
sia grato, mentre noi siamo immeritevoli. Di conseguenza è proibito fare un invito già sapendo che
sarà rifiutato; si tratta infatti di una invito non sincero, fatto solo per cercare di attirare il favore
altrui (Chullin 94a).
Lo Shulchan Arukh ci avverte che è proibito anche comprare beni rubati, poiché se i ladri
sapessero di non poter vendere la refurtiva, non ruberebbero più. Similmente è proibito aiutare
qualcuno a rubare (Choshen Mishpat 356:71). Il Talmud Yerushalmi (Sanedrin 1:5) aggiunge: il
complice di un ladro è anch'esso ladro!
NON RUBARE": non distruggere ciò che un uomo ha costruito ma soprattutto ciò che un
uomo è.
"Non rubare": questo comandamento è formulato in maniera generica senza menzione di qualche
oggetto specifico si tratta. Naturalmente noi pensiamo subito che, originariamente, questo
comandamento proibiva il "furto", cioè l'appropriazione indebita dei beni materiali del prossimo.
Tuttavia questa interpretazione, anche se è quella tradizionale solleva delle obiezioni sul senso
originario di questo comandamento. Si sa che il decalogo proibiva solamente i gravi delitti contro
D. Se il VIII° com. avesse proibito il furto dei beni materiali sarebbe stato necessario restringerlo,
precisarlo su ciò che ne costituisce la materia grave: distinzione poco in accordo con la mentalità
ebraica e con la natura dei comandamenti dimostrativi. Per es.:- a proposito del rapimento di un
uomo (Es 21,16); - del furto di animali (Es 21,37) - del furto con scasso (Es 22, 1-3); dell'appropriazione indebita di un oggetto perduto (Es 22,8); - del furto di una cosa affidata in
deposito (Es 22, 9-12);- a proposito di riparazione di danni e cose pregiudicate.
Ma qui,come già ho accennato ,si tratta solo del rapimento di un uomo e che veniva punito con la
morte.
La pena capitale non c'era mai per il furto di beni, Per Israele la persone umana è troppo sacra
per essere sacrificata per proteggere i beni materiali.
Per questo in Israele la pena di morte era messa in stretta relazione solo con i delitti riguardanti la
vita o la libertà dell'uomo, mentre il danno ai beni materiali era castigato in modo più blando.
D'altra parte anche il luogo occupato da questo Comandamento tra cioè tra l'omicidio, l'adulterio e
la falsa testimonianza, i quali hanno lo scopo di salvaguardare i diritti della persona umana ci
suggeriscono che anche il VIII° comandamento è collegato con la difesa di un diritto di persona e
non di patrimonio.
Pertanto la formula "non rubare" è sufficientemente ampia da inglobare anche il furto. Tuttavia
include la condanna di tutti gli attentati contro la libertà umana, e, in particolare la condanna di tutti
i tentativi moderni, infinitamente vari, di ridurre in schiavitù la persona umana.
L’ottavo Comandamento comprende anche nel pagare salari ingiusti; nello speculare sul valore dei
beni per trarre vantaggio a danno di altri; nel contraffare assegni o fatture. Proibisce inoltre di
commettere frodi fiscali o commerciali, di arrecare volontariamente un danno alle proprietà private
o pubbliche, Proibisce anche l’usura, la corruzione, l’abuso privato di beni sociali, i lavori
colpevolmente male eseguiti, lo sperpero.
Si tratta di una legge spirituale, che mira all’anima, sorgente dei pensieri e dei propositi. La
giustizia deve essere, amata vissuta nell’intimo del cuore, perché sia poi vissuta anche nelle opere.
Occorre amare la giustizia per essere giusti. Il comportamento usuale di questo tempo autorizza ad
approfittare dell’ingenuità, debolezza, distrazione del prossimo per imbrogliarlo, al solo scopo del
massimo guadagno economico.
Il rubare è propriamente un impossessarsi delle proprietà altrui contro la ragionevole volontà del
padrone ed è un'offesa alla giustizia e ancor più alla carità. L’ottavo comandamento proibisce di
prendere o di tenere ingiustamente i beni e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi
modo.
Il furto non è solo di cose, di denaro, di proprietà, di lavoro. Esso può anche riguardare il pensiero,
la libertà, il cuore, la fede, la pace, l'amore. Così è furto levare l'onore a un uomo, la dignità a una
donna, la tranquillità a un familiare, la fede a un credente, l'innocenza a un bambino, la paternità o
la maternità a un nato, la speranza a un anziano, la moglie a un marito e l'affetto a un bisognoso.
Il pentimento implica la restituzione del mal tolto ed è l’unica garanzia del perdono di D-o. Non
soltanto chi ha commesso il furto deve restituire il maltolto a chi ha derubato, ma anche tutti coloro
che hanno partecipato al furto sono obbligati alla restituzione.
Se abbiamo fatto un male a qualcuno, Dio ci ordina di riparare al danno arrecato e di non farlo più.
In questo modo otteniamo perdono dal Signore, perché c'è vero pentimento solo quando c'è buon
proponimento, la teshuvà = pentimento,ma anche ritorno al Signore con animo sincero e onesto.