Matrimonio gay a Oslo del capogruppo Pd: “Poi

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Matrimonio gay a Oslo del capogruppo Pd: “Poi
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Matrimonio gay a Oslo del capogruppo Pd: “Poi battaglia
alla Corte europea”
Lo Giudice è anche il presidente onorario
dell'Arcigay: "Una cerimonia simbolica, la Norvegia
è l'unico paese che permette le nozze senza essere
residenti. Ma subito dopo ci batteremo perché
l'unione venga riconosciuta legalmente anche in
Italia"
A Bologna è il capogruppo in consiglio comunale del Partito democratico ed è anche il presidente onorario
dell’Arcigay. Stiamo parlando di Sergio Lo Giudice, 50 anni, che a fine estate andrà in Norvegia a sposare il
suo compagno, l’avvocato Michele Giarratano, 29, responsabile dello sportello legale del Cassero di
Bologna. Ma l’annuncio – bruciato dalla stampa locale quando i diretti interessati avevano deciso di
diffonderlo fra un paio di giorni – rende pubblico non solo il prossimo matrimonio, la cui cerimonia si terrà
alla presenza delle due testimoni, amiche di lungo corso degli sposi, il prossimo 27 agosto a Oslo.
Questo matrimonio riporta d’attualità anche il tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, non
riconosciute in Italia. “Abbiamo scelto Oslo”, ha detto Giarratano, “perché la Norvegia èl’unico Paese in
Europa dove ci si può sposare senza essere residenti. Molti vanno in Spagna fingendo di esserlo, ma noi non
volevamo questa forzatura”. E al rientro in patria, dopo una festa per il 2 settembre con gli amici e i parenti
fissata che non avranno potuto seguirli in Scandinavia, annunciano battaglia perché la loro unione – così
come quella di tanti altri – venga riconosciuta legalmente anche qui”.
“C’è il valore simbolico nella nostra decisione”, dice il consigliere Lo Giudice, “ma non solo. C’è anche un
valore che va oltre e che vogliamo estendere a tutte quelle persone che già da tempo lottano perché la loro
unione venga riconosciuta”. Le parole del capogruppo del Pd lasciano intendere che la linea per arrivare a
dare valore legale al matrimonio tra gay sia già tracciata. “Arriveremo fino alla corte europea”, aggiunge
infatti Sergio Lo Giudice.
Del resto per entrambi l’impegno per l’affermazione e la promozione dei diritti Lgbt è tutt’altro che una
novità. C’è stato in Emilia Romagna il caso di Alessandra Bernaroli, la trentanovenne modenese divenuta
donna dopo aver contratto matrimonio quando ancora era un uomo e che si è vista imporre il divorzio per
vie burocratiche. Era ricorsa al tribunale di Modena che, in primo grado, aveva dato ragione a lei e alla
moglie annullando lo scioglimento del matrimonio, ma poi la corte d’Appello di Bologna qualche settimana
fa aveva sentenziato in modo diametralmente opposto. Che divorzio sia.
In questa vicenda, non ancora chiusa dato che manca un grado di giudizio, riguarda Michele Giarratano
perché ha fatto parte del collegio di avvocati che ha seguito l’iter processuale. “È una vicenda che mi ha
molto colpito”, ha racconta il promesso sposo del capogruppo Pd in Comune. “In Italia, pur di non
permettere a due omosessuali di essere sposati, si costringe a un divorzio”. Di qui la decisione della coppia
bolognese di farsi apripista nel riconoscimento legale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
In merito invece alla recente polemica che ha coinvolto il sindaco di Bologna, Virginio Merola, Lo Giudice fa
delle puntualizzazioni. La bufera del dopo voto sul primo cittadino era scoppiata quando era stata riportata
la sua intenzione di introdurre nei regolamenti comunali sistemi premianti per le coppie sposate perché –
si è scritto – “si prendono più impegni e responsabilità, quindi meritano di essere ricompensate”.
Per il capogruppo del Pd si sarebbe trattato di un “attacco mal diretto” a Merola, accusato di favorire le
unioni tra eterosessuali. “Il sindaco ha sempre detto che vanno riconosciute le responsabilità di chi si
prende impegni che comprendono sì il matrimonio, ma anche la convivenza (e dunque le coppie di fatto) e
chi decide di fare figli al di fuori dei vincoli matrimoniali”. Inoltre, ha aggiunto Lo Giudice, “il sindaco di
Bologna ha già dichiarato di volersi fare promotore presso l’Anci (associazione nazionale comuni italiani) di
una linea politica che faccia pressione sul governo perché le unioni tra gay vengano riconosciute
legalmente”.