LA NOZIONE DI AREA QUALIFICATA EDIFICABILE AI

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LA NOZIONE DI AREA QUALIFICATA EDIFICABILE AI
LA NOZIONE DI AREA QUALIFICATA EDIFICABILE AI FINI TRIBUTARI
La pluralità intrinseca delle informazioni sostanziali che la nozione di area,
qualificata edificabile ai fini tributari, comporta, impone pregnanti attenzioni a chi
voglia affrontare questa problematica, poiché sia l’attuale normativa sia la
giurisprudenza consolidata offrono non poche soluzioni ad una digressione dogmatica
dell’argomento.
Un suolo, infatti, nel momento in cui è considerato edificabile assume
rilevanza ai fini fiscali.
Il quadro normativo, per i terreni che presentano siffatte peculiarità, prevede,
all’atto del trasferimento della proprietà, la tassabilità sia ai fini IRPEF, gravandone la
plusvalenza realizzata, sia ai fini dell’imposta di registro, nel momento in cui si
realizza l’effetto traslativo.
Una particolare fattispecie ricorre nell’ipotesi in cui il Piano Regolatore
Generale vigente prevede una destinazione agricola, mentre il PRG adottato prevede
una destinazione edificabile: in tal caso l’interrogativo è se considerare la destinazione
urbanistica del PRG adottato o quello vigente.
Un piano regolatore altro non è che un insieme di norme per lo sviluppo
edilizio e stradale dei centri abitati.
L’analisi giuridica, che qui si vuole affrontare, inerisce specificatamente alla
questione circa la determinazione del valore finale di un’area, considerata edificabile in
base ad un PRG adottato ancorché vigente.
Ai fini IRPEF il trattamento tributario è disciplinato dall’art. 67 comma 1 lett
b) del DPR 917/86, così come modificato con la legge n. 413 del 30 dicembre 1991
(art. 81 vecchio Tuir), nel quale il legislatore ha introdotto tra le fattispecie impositive
comprese tra i “redditi diversi” le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo
oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione. Ai fini dell’imposta di registro il
trattamento tributario, relativo alla suddetta cessione, è rilevabile dall’art. 52, comma 4,
DPR 131/1986, in forza del quale “non sono sottoposti a rettifica il valore o il
corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in
misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto
e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito risultante in catasto…. omissis….. la
disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti
urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”. La stessa previsione è ripetuta
nell’art. 34, comma 5, del D.Lgs. 346/90, che riprende l’art. 8 della previdente L.
880/86, ai fini dell’imposta di successione e donazione.
Le suddette disposizioni suscitano non pochi dubbi interpretativi a causa del
riferimento generico a strumenti urbanistici, senza specificarne lo stadio di
approvazione.
Nei due testi normativi, come si vede, la definizione di terreno edificabile è
analoga ma non identica, dando adito ad una elaborazione ermeneutica differente;
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infatti, per il registro è sufficiente la sola previsione di destinazione edificatoria lì dove
ai fini irpef è richiesta l’esistenza di un PRG vigente.
In tema di imposta di registro l’applicazione dell’art. 52, comma 4, DPR
131/86, è strettamente legata alla destinazione urbanistica del suolo, e in particolare,
alla sola previsione di utilizzabilità edificatoria.
Vi è sempre stato un certo contrasto fra prassi ministeriale e giurisprudenza
prevalente.
Il Ministero, prima intervenendo con la circolare 37/86 e successivamente
con la risoluzione 47/E/98, è giunto alla conclusione che il terreno previsto edificabile
in base al Piano adottato, e quindi nella sola previsione di edificabilità, ha perso la
qualità di terreno agricolo e, di conseguenza, non può godere della valutazione
automatica ex art. 52 comma 4, DPR 131/86 (e così dell’art. 34 D.Lgs. 346/90).
In modo specifico la risoluzione su richiamata afferma che: poiché un terreno
ricadente nelle suddette ipotesi, non può essere considerato ancora edificabile, si
reputa che alla eventuale compravendita posta in essere in una data compresa tra
l’adozione del piano regolatore e quella di approvazione dello stesso, sia inapplicabile
la disposizione dell’art. 52, comma 4, del DPR 131/86. Conseguentemente la base
imponibile, nell’ipotesi di cui si tratta, sarà costituita dal valore venale in comune
commercio (art. 51, comma 2, DPR 131/86).
Con questa interpretazione, di fatto, il Ministero non pone alcun rilievo sugli
aspetti formali legati all’iter amministrativo del PRG, pur definendo che in siffatte
ipotesi un suolo non può essere considerato ancora edificabile, ma di contro, non può
essere ritenuto neppure non edificabile.
La prevalente giurisprudenza, fino ad ora, è sempre stata di opposto avviso,
ritenendo che uno strumento urbanistico è efficace solo con la sua approvazione
definitiva e, quindi, un terreno muta la destinazione da agricola ad edificabile solo in
base a un piano perfezionato in tutto il suo iter.
La Commissione tributaria centrale, sezione II, 19 gennaio 1996, con
decisione n. 1411, infatti, determina: in tema di imposta di registro, la valutazione
automatica prevista dall’art. 52, comma 4, DPR 131/86 si applica anche ai terreni per i
quali gli strumenti urbanistici in vigore al momento della vendita non prevedono la
destinazione edificatoria, ancorché edificabili di fatto e successivamente edificati.
La Cassazione, sezione I, 3 dicembre 1994, con sentenza n. 10406 2, riconosce:
l’espressione “terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione
edificatoria” di cui all’art. 52, comma 4, del DPR 131/86, concernente l’imposta di
registro, non può che fare riferimento agli strumenti urbanistici già perfezionati, cioè
agli strumenti urbanistici che siano stati completati in tutto il loro iter.
La Cassazione tributaria 12 novembre 2001, con sentenza n. 139693,
conferma: l’adozione da parte del comune del piano è insufficiente ad assicurare
l’esistenza giuridica dell’atto. L’intervento comunale è utile soltanto alla prima parte
In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria, http://dt.finanze.it
In Il Fisco n. 6/1995, p. 1430.
3 In Banca Dati Il Fiscovideo.
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della fase di decisione del procedimento amministrativo, la cui conclusione si
perfeziona con l’approvazione da parte della regione.
La Cassazione tributaria 27 dicembre 2001, con sentenza n. 162024, riporta:
poiché l’approvazione da parte della regione non è mera condizione di efficacia del
piano, ma è un atto che concorre con quello comunale di adozione, realizzando la
fattispecie di atto complesso, la norma de qua non può che riferirsi agli strumenti che
siano stati completati in tutto il loro iter.
La Cassazione 15 gennaio 2003, con sentenza n. 467 5, in tema di Invim
straordinaria, stabilisce: ai fini tributari debbono essere considerati edificabili
solamente quelle aree la cui destinazione edificatoria sia prevista da strumenti
perfezionati ed efficaci. Rimangono pertanto esclusi da tale nozione quei terreni per i
quali la destinazione edificatoria sia stata prevista da un piano regolatore adottato dal
comune ma non ancora approvato dalla regione.
La Corte di Cassazione 18 febbraio 2003, con sentenza n. 24166, identifica: tra
i due indirizzi (riferito alla Pubblica Amministrazione e all’esegesi giurisprudenziale)
appare da condividere quello che interpreta le disposizioni più restrittivamente, nel
senso, cioè, che gli strumenti urbanistici, cui esse si riferiscono, sono quelli che
abbiano completato il loro procedimento di formazione.
La Corte di Cassazione 26 marzo 2003, con sentenza n. 44267, dichiara: la
“potenzialità” edificatoria di un terreno desunta da certificazione comunale, pur valida
ad altri fini (per es. al fine di escludere la prelazione agraria), non vale ad impedirne la
valutazione automatica, se il piano regolatore non ha percorso tutte le tappe dell’iter
amministrativo, ottenendo anche l’approvazione regionale, e non è entrato in vigore.
Infine la Corte di Cassazione 08 agosto 2003, con sentenza n. 11997 8, in tema
di INVIM, fissa: per considerare edificabile un terreno è necessario che la destinazione
edificatoria della zona in cui esso è ubicato sia prevista da strumenti urbanistici
perfezionati ed efficaci. Pertanto, finché il piano regolatore non è approvato dalla
regione, il terreno, ancorché situato in una zona in esso prevista come edificatoria, va
considerato non edificatorio e quindi la determinazione del suo valore finale va
effettuata con il criterio tabellare, moltiplicazione della rendita catastale con i
moltiplicatoti di legge, e non venale.
In decisa controtendenza rispetto alle pronunce illustrate, la giurisprudenza
oggi sembra abbia definitivamente posto fine all’amletico dubbio, negando la
valutazione automatica per un terreno compreso in zona edificabile. La Corte di
Cassazione, sezione V, 18 settembre 2003, n. 138179, invero, definisce come “un suolo
considerato edificabile da uno strumento urbanistico legittimamente adottato dal
consiglio comunale, anche se non ancora in vigore, costituisce un’entità immobiliare
In Il Fisco n. 20/2002, fascicolo 1, p. 3194.
Tratto da articolo a margine della sentenza su Il Fisco n. 8/2003, fascicolo 1, p. 3450. Sentenza su Il Fisco
n. 6/2003, fascicolo 1, p. 946.
6 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria, htp://dt.finanze.it
7 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria, htp://dt.finanze.it
8 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria, htp://dt.finanze.it.
9 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria, htp://dt.finanze.it
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già fiscalmente valutabile secondo tale destinazione. Pertanto, la delibera di
approvazione da parte dell’organo regionale, sicuramente perfeziona l’iter di
formazione dello strumento urbanistico, ma quest’ultimo ha già impresso al terreno in
esso inserito, con destinazione edificatoria, una qualità recepita dalla generalità dei
consociati come compiutamente definita e difficilmente reversibile, facendo venir
meno, ai fini tributari, ogni possibilità di diversa valutazione”.
Ad onor del vero tale orientamento era già stato espresso dalla Cassazione,
con la sentenza n. 4381 10 del 27/03/2002, in tema Invim, che negava la valutazione
automatica per un terreno compreso in zona edificabile in base ad un PRG adottato.
Sempre in tema INVIM (Imposta comunale sull’incremento di valore degli
immobili, attualmente soppressa dall’art. 8, L. 448/2001 e non più dovuta per i
presupposti d’imposta che si verificano a decorrere dal 01/01/2002) la Corte di
Cassazione ha emanato diverse sentenze che negano la valutazione automatica per
terreni edificabili in base ad un PRG adottato:
La sentenza n. 269211, del 29/04/1982, enuncia che la natura edificatoria di un
terreno può essere ricavata direttamente, dalla circostanza cioè che lo stesso sia
inserito in un piano regolatore, ovvero indirettamente, dalla circostanza cioè della
concreta situazione del terreno, valutata in rapporto ad indici obiettivi, quali lo
sviluppo edilizio della zona, l’esistenza di servizi pubblici, nonché le vie di
collegamento con altri criteri urbani.
La sentenza n. 11356 12, del 04/09/2001, chiarisce come il fatto che non fosse
ancora intervenuta l’approvazione regionale non toglie che, al momento della
compravendita, il terreno che ne era oggetto aveva una potenzialità edificatoria che
incorporava un valore quantificabile in termini monetari.
La sentenza n. 412013, del 22/03/2002, sostiene che ai fini della
determinazione del valore finale degli immobili, l’inserimento di un terreno in uno
strumento urbanistico, con destinazione edificatoria, ancorché detto strumento,
adottato dal comune, non sia stato ancora perfezionato con l’approvazione da parte
della regione, imprime al bene una qualità che è recepita dalla generalità dei consociati
come qualcosa di già esistente e di difficile reversibilità e, quindi, fa venir meno, ai fini
anzidetti, la natura agricola del terreno medesimo.
La sentenza n. 1751314, del 09/12/2002, infine, afferma inapplicabile ai terreni
fatti oggetto, negli strumenti urbanistici, di destinazione edificatoria non perfezionata
mediante approvazione da parte della regione, della valutazione automatica ex art. 52,
quarto comma, del DPR 131/86.
Un PRG adottato certamente interferisce sulla stima del terreno in una libera
contrattazione di mercato, assumendo rilevante influenza nei rapporti negoziali.
In Il Fisco n. 24/2002, fascicolo 1, p. 3926.
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12 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria,
13 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria,
14 In Servizio di Documentazione Economica e Tributaria,
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Anche la Cassazione a Sezioni Unite, sebbene non in ambito fiscale, con
sentenza n. 5900 15 del 01/07/1997, aveva affermato che “un terreno non edificatorio e
compreso però in una zona di espansione edilizia, da uno strumento urbanistico non
in vigore ma già adottato dal Consiglio Comunale, costituisce per l’apprezzamento
della generalità dei consociati un’entità diversa dagli altri terreni non fabbricabili – che
nello strumento stesso abbiano conservato la destinazione originaria – sotto il profilo
funzionale e anche dal punto di vista delle qualità essenziali; la deliberazione di
adozione del PRG o del programma di fabbricazione, come atto collegiale, esprime la
volontà definitiva dell’ente pubblico, conferisce a questi strumenti edilizi un’efficacia
immediata”.
Partendo da questo assunto la Cassazione, con la sentenza n. 4381/02
succitata, si sposta dal lato formale a quello sostanziale, definendo che a prescindere
dall’iter di perfezionamento, la semplice adozione del PRG muta il valore di mercato
del terreno, poiché v’imprime una qualità già percepita come edificatoria dai potenziali
clienti.
Questa recente posizione della giurisprudenza, quindi, conferma, ai fini
dell’applicazione dell’imposta di registro, che l’area edificabile, ancorché tale in base ad
un PRG adottato, è diversa dall’area agricola e, a rafforzamento del vincolo citato, per
i suddetti terreni l’art. 4, II comma, della L n. 590/1965 esclude la prelazione agraria
per i terreni destinati, nello strumento adottato, ad utilizzazione edilizia, industriale o
turistica.
In altre parole, il carattere edificatorio di un terreno non andrebbe inteso
come qualificazione giuridica, ma sotto l’aspetto di mera situazione di fatto, percepita
dai potenziali acquirenti e tale da mutarne il valore di mercato.
Cosiffatto orientamento giurisprudenziale è senz’altro applicabile, per
analogia, alla soluzione di problematiche inerenti la tassabilità della plusvalenza che si
realizzerebbe nel momento della effettuazione dell’operazione di cessione, risultando
indefettibile una diversa esegesi.
Vero è che l’art. 67 Tuir si discosta sostanzialmente dal predetto art. 52 Dpr
131/86, poiché fa espresso riferimento agli strumenti urbanistici vigenti, quindi
definitivamente approvati, lì dove il succitato art. 52 rimanda più genericamente agli
strumenti urbanistici senza specificarne lo stadio.
Unico elemento individuante la fattispecie sarebbe qui solo la natura
edificabile del terreno, a prescindere da ogni attività speculativa posta in essere dal
contribuente.
Sebbene le due espressioni normative, però, appaiono differenti, si
dovrebbero ritenere sostanzialmente identiche, soprattutto in considerazione della
mancanza di valide ragioni per giungere a differenti conclusioni. Una dissimile
soluzione si porrebbe in netto contrasto con quelle esigenze di coerenza e sistematicità
In Banche Dati Giuridiche Info-Utet 1/2004 – DVD e richiamato dalla risoluzione n. 47/E del
27/05/1998 del
Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Entrate su Guida Normativa de Il sole 24
ore del 27/08/1998.
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dalle quali, l’interprete che si muove nell’ambito di un ordinamento unitario, non può
certo prescindere.
L’art. 67 Tuir parla di suscettività edificatoria non già di concreta utilizzabilità
edificatoria.
Per comprendere meglio questo concetto soccorre la sentenza n. 516 del
13/01/2003, della Commissione Provinciale di Modena, che così stabilisce: “la sola
probabilità di una destinazione edificatoria del terreno ne rende imponibile la
plusvalenza. Il legislatore, usando il termine “suscettibile”, ha inteso prevedere la
tassazione non solamente per quei terreni che avessero la destinazione edificatoria già
perfezionata, ma la mera suscettibilità, intesa come possibilità, probabilità, di subire
modificazioni, con lo specifico riferimento (e limiti) agli strumenti urbanistici vigenti o
in corso di definitiva approvazione”.
Entrando nel dettaglio dell’approvazione del Piano Regolatore Generale si
parte dall’assunto che il PRG è un atto complesso, a formazione progressiva, le cui
fasi essenziali, dal punto di vista dell’approvazione definitiva, sono: adozione del PRG
mediante delibera del consiglio comunale, successiva approvazione definitiva della
regione, riapprovazione definitiva da parte del consiglio comunale. Il PRG in itinere,
ovvero sospeso tra la prima e la seconda fase, si dice adottato e ha una valenza limitata
alle misure di salvaguardia più restrittive, cioè misure di salvaguardia previste dal piano
adottato rispetto al vigente, mentre sono prive di effetto le misure più favorevoli, per
la cui valenza è necessaria l’approvazione conclusiva.
L’adozione di un PRG da parte del Comune presuppone, in pratica, nell’iter di
formazione dello stesso, il passaggio alla Regione ( alla quale sono state trasferite le
funzioni amministrative dello Stato in materia urbanistica, così come previsto dal DPR
616/77, in attuazione alla delega di cui all’art. 1 della L. 382/75) per i controlli che
concernono la disciplina dell’uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti
conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di
trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente.
Il PRG così approvato sarà attuato per mezzo di piani particolareggiati di
esecuzione emanati dal Comune, il quale sarà tenuto anche a vergare il regolamento
edilizio, precipuamente sulla materia urbanistica, purché in armonia con le disposizioni
normative in vigore.
Il PRG diventa così vigente e, ai sensi della L. 10/77, sarà possibile esperire
ogni attività di trasformazione urbanistica del territorio previa concessione
all’esecuzione delle opere da parte del sindaco al proprietario dell’area o a chi abbia
titolo per chiederla.
I proprietari dei suoli dovranno osservare le prescrizioni conformi agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e non in contrasto con quelli
adottati.
Nel caso di PRG adottato, quindi, si è in presenza di un atto amministrativo
dotato di efficacia vincolante; se prevede la edificabilità dell’area, non è derogabile da
successivi piani particolareggiati ai quali, in guisa di quanto disposto dalla Legge
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In Il Fisco n. 11/2003, fascicolo 1, p. 1719.
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Urbanistica 1150/1942, non è riconosciuta alcuna potestà derogatoria rispetto alle
valutazioni contenute nel PRG.
Cita, infatti, l’art. 10 della predetta LU, così come introdotta dall’art. 3 della L.
765/1967, che nelle more di approvazione del piano, le normali misure di salvaguardia
di cui alla L. 1902/1952 e successive modificazioni, sono obbligatorie.
La semplice adozione del piano ha di per sè valore conformativo dell’assetto
territoriale, rendendo obbligatoria l’applicazione delle misure di salvaguardia e,
dunque, rendendo già vigente il piano regolatore adottato, seppure non ancora
approvato.
Quanto esposto induce a ritenere che in caso di cessione a titolo oneroso di
terreno divenuto edificabile in base al PRG adottato, il corrispettivo di tale cessione
deve essere dichiarato ai fini IRPEF.
Le misure di salvaguardia, infatti, divengono operanti, ai sensi dell’art. 4, L. n.
291/1971, e conferiscono ai Sindaci dei comuni il potere-dovere di sospendere ogni
decisione sulle domande di concessione e autorizzazione edilizia in contrasto con il
piano adottato.
Pertanto è sufficiente la sola deliberazione del piano da parte del consiglio
municipale per produrre effetti provvisori, come le misure di salvaguardia e, quindi,
incidere sul prezzo di mercato del bene, che non può non scontare la rilevante
aspettativa creata dallo strumento urbanistico in fieri, sebbene tale deliberazione non
comporti edificabilità legale.
L’orientamento della Cassazione è coincidente con quello della Corte
Costituzionale, lì dove si sostiene che non è irragionevole la tassazione delle
plusvalenze derivanti da cessione volontaria, per l’oggettiva lievitazione del prezzo dei
suoli, derivante non da un’attività produttiva del proprietario, ma dalla destinazione
edificatoria in sede di programmazione urbanistica ( ordinanze 10917 e 39518 del 1992).
E’ altresì eloquente che per la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenze
n. 102819 del 10 settembre 1996), le deliberazioni di adozione degli strumenti
urbanistici sono autonomamente impugnabili, prima della approvazione dell’autorità
regionale, per l’idoneità che esse hanno di produrre propri effetti.
Alla luce di quanto indicato deve, pertanto, ritenersi che un suolo considerato
edificatorio in uno strumento adottato, costituisca un’entità immobiliare diversa e
distinta da un terreno al quale non sia attribuita questa destinazione.
In via interpretativa, non sembra possibile giungere a rimedi alternativi posto
che il riferimento al PRG approvato esprime sì una situazione giuridica e fattuale del
tutto diversa da quella riguardante lo strumento urbanistico adottato, ma il chiaro
intento speculativo che si porrebbe in essere al realizzarsi dell’effetto traslativo della
proprietà è lapalissiano.
Volendo affrontare l’argomento da un punto di vista soggettivo, le parti
negoziali sono a conoscenza che il suolo de quo è soggetto ad un PRG adottato e, al
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19 In sito AmbienteDiritto.it, Legislazione giurisprudenza. Vedasi anche sentenze Consiglio di Stato n.
6016/2002, 819/1994, 3341/2001 in sito AmbienteDiritto.it.
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momento traslativo, il compratore si assume l’alea della sua approvazione definitiva,
pagando un prezzo che, seppure di mercato, è sicuramente superiore al valore
agricolo, ma inferiore a quello attribuito a terreni qualificati come edificabili in base ad
un PRG vigente; si ricade, quindi, nella previsione stabilita dalla risoluzione
ministeriale 47/E/98.
E’ possibile, perciò, affermare che a nulla arguisce, ai fini della emersione di
plusvalenze tassabili ex art. 67 Tuir, il rilascio di una concessione edificatoria e
l’inclusione delle aree suscettibili di utilizzazione edificatoria in piani particolareggiati
di attuazione, essendo sufficiente, ai fini della tassazione sul reddito, l’inserimento
delle stesse nel PRG.
Una difforme interpretazione del carico fiscale, che dovrebbe accompagnare
la tassazione al verificarsi delle ipotesi sin qui esaminate, permetterebbe di applicare
una forma di elusione, lì dove si potrebbe pervenire alla vendita di terreni edificabili
nel tempo intercorrente tra l’adozione di un PRG e la sua definitiva approvazione.
E’ facondo come si riuscirebbe così ad evitare sia la tassabilità della
plusvalenza che si realizzerebbe con la vendita, sia l’assoggettabilità alla libera
valutazione di mercato per terreni aventi analoghe peculiarità, essendo sufficiente
rispettare il valore erompente dall’applicazione delle rendite catastali, per la tassabilità
nell’imposta di registro.
Sarebbe in pratica come sfruttare, al limite della legalità, le smagliature delle
norme tributarie, per concretare un consistente risparmio d’imposta.
Per concludere, tassare un terreno e considerarlo edificabile, ancorché
l’edificabilità fosse solo data da un PRG adottato, appare la soluzione più equa, in
guisa della capacità contributiva di un soggetto, restando, comunque, in attesa di un
intervento chiarificatore del legislatore atteso il livello del contrasto che non può
trovare soluzione certa nella sola lettura normativa o nelle pieghe giurisprudenziali.
Antonio Pazienza
Assistente Tributario Agenzia dell’Entrate
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