Anno 1 – 1° numero
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Anno 1 – 1° numero
Shin Bun - NEWS Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo Speciale Quarantennale Sommario Editoriale Speciale Quarantennale: La nascita dell’Aikikai d’Italia Racconti …il Nirvana??? Ultimo Embukai in fondo a sinistra!!! Un allegro ritorno Ed ora...Le Foto! 3 4 6 11 14 16 Senti chi parla Sensei...ci sei? L’intervista al maestro (I parte) Il praticante (si) racconta Bioenergetica: emozioni ed espressione corporea nella teoria olistica (I parte) Lo Spazio dei Piccoli 23 25 Umorismo Lo spirito di Samurai Giochini Zen 26 28 Dall’oriente Storie Zen Ricette dal Giappone 28 34 I pensieri di O’ Sensei Una roccia in mezzo al fiume Il segreto di un cerchio 31 32 20 21 Varie Le regole del dojo Le regole dello Shin Bu Dizionario giapponese-italiano (A...F) La Redazione ringrazia... Responsabile : Fabrizio Ruta Redazione: Vincenza Patruno, Jacqueline Gentile, Gaetano Nevola Foto: Vincenza Patruno, Salvatore Scalise In copertina: Foto di gruppo al Palasavena 29 30 33 36 Shin Bun News Editoriale Dicembre 2004 Eccoci: ci riproviamo! Vista la numerosità, l'eterogeneità e, soprattutto l'armonia tra gli iscritti al dojo, questo sembra il momento giusto per una nuova serie dello Shin Bun - News, ovvero "Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo". Cercheremo di coinvolgere tutti i praticanti (e simpatizzanti) dello Shin Bu richiedendo impressioni, interviste, domande, risposte, riferimenti, approfondendo argomenti (non solo riguardanti l'Aikido) per crescere insieme in questo cammino meraviglioso e cercando di dare, nel nostro piccolo, un valido contributo alla conoscenza di questa arte marziale e di noi stessi. Shin Bun News Sono previste diverse rubriche: da quelle prettamente tecniche (La pratica), alle domande varie al maestro (Sensei...ci sei?), ai racconti personali (Senti chi parla), alla cultura giapponese in ogni sua forma. Non mancherà la rubrica umoristico-satirica dove potremo sbizzarrirci nel raccontare barzellette o, ancora meglio, nel prendere il giro il nostro maestro (sì, si possono prendere di mira anche gli allievi...ma che gusto c'è?). Questo primo numero (numero zero...speriamo superi la prova!) è stato dedicato in particolare al Quarantennale dell'Aikikai in Italia, quindi troverete testimonianze e foto di coloro del dojo che vi hanno partecipato, ma dal prossimo numero, ci aspettiamo la collaborazione di tutti. Questo bollettino parlerà soprattutto di noi, nessuno escluso, del nostro rapporto con gli altri, sul tatami e fuori dal tatami, perché Aikido non è solo imparare ad eseguire tecniche in un determinato modo, ma è anche, e soprattutto, una filosofia di vita, un modo di essere. Buon Keiko a tutti, La Redazione. “Lo scopo dell’Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere” . O' Sensei Speciale Quarantennale: La nascita dell’Aikikai d’Italia In occasione del Quarantennale riportiamo di seguito un articolo del M° Tada apparso con il titolo: ''Italia Aikikai-wo tsukutta hitobito'' sulla rivista Aikido Tankyu. No. 5, 20 gennaio 1993 pp. 28-29. Quando sento parlare di diffusione dell'aikido all'estero, nella mia mente si affollano i ricordi della festa di commiato in cui O sensei sedeva attorniato dai suoi migliori allievi che si apprestavano a partire per l'estero: il Sig. Mochizuki, il Sig. Tohei, il Sig.Abe, il suono del gong e il fischio della sirena che annunciavano la partenza della nave dalla banchina del porto di Yokohama. A queste memorie si sovrappone il ricordo del giorno in cui, agli inizi degli anni '30, mio padre partì per andare in Occidente abordo della ''Tatsutamaru''. Fu in quell'occasione che, mentre mi sforzavo affannosamente di colpire la nave con delle stelle filanti (malgrado i miei slanci non riuscissero minimamente nel loro scopo), ebbi la vaga sensazione che anch'io un giorno sarei andato all'estero. Questo mio sogno si venne a realizzare nel 1964. A quel tempo tutti coloro che si recavano all'estero per diffondere professionalmente l'aikido, erano tenuti a rispettare tre regole: 1) partire da soli; 2) comprare un biglietto di sola andata; 3) non portare con sè soldi, nè farseli spedire o guadagnarseli lavorando. Osservando alla lettera queste tre regole, lasciai la mia casa di Jiyugaoka con 250 dollari in tasca poco prima che finissero le olimpiadi di Tokyo. Partii senza avere programmi ben precisi, la mia idea era, in linea di massima, di andare in ltalia e poi passare per l'America prima di tornare in Giappone. Il primo giapponese che fece conoscere l'esistenza dell'aikido in ltalia fu il Sig. Abe Tadashi, che svolgeva la propria attività aikidoistica in Francia, cui fecero sePagina 4 guito la scultrice, Sig.na Onoda Haru, e il Sig. Kawamukai che si recò a Roma per turismo. Quando arrivai a Roma, il 26 ottobre del 1964 conobbi il Sig. Danilo Chierchini, allora responsabile del club-dopolavoro del Monopolio di Stato dei Tabacchi situato a Trastevere, e iniziai gli allenamenti nel suo Dojo. Un paio di settimane dopo, tenni una dimostrazione presso la Scuola di Pubblica Sicurezza di Nettuno e un corso speciale di aikido, che durò due mesi, promosso dal Ministero degli lnterni. Fu cosi che la mia attivita aikidoistica in Europa ebbe il suo inizio. A quei tempi viveva a Roma il prof.Mergé, che aveva frequentato il ''Ueshiba Dojo''nel periodo in cui aveva lavorato presso L'Ambasciata ltaliana di Tokyo durante la guerra. Alcuni fra i suoi allievi dell'Ismeo di Roma, che avevano sentito parlare del Maestro Ueshiba Morihei dal professore, vennero subito ad iscriversi. Grazie all'aiuto di uno di questi allievi, il Sig. Stefano Serpieri, fu in seguito possibile spostare la sede del Dojo in un edificio di proprietà del demanio. Quest'edificio, circondato sui quattro lati dai resti delle mura dell'antico acquedotto romano, dal Museo Militare e dagli uffici dell'Acquedotto, la sera rimaneva completamente immerso nel silenzio. L'attuale Scuola Centrale dell'Aikikai d'Italia continua ad essere situata ancora oggi nello stesso edificio. In quel periodo io alloggiavo in una stanza adiacente al tatami situata sotto una scala che gli allievi chiamavano “la grotta del Maestro''. L’anno seguente mi venne richiesto di iniziare dei corsi a Napoli e a Salerno, decisi così di chiamare dal Giappone il Sig. lKEDA Masatomi (attualmente 7° Dan - Direttore didattico dell, Aikikai della Svizzera) del Dojo di Jiyugaoka. Un anno dopo il Sig. NEMOTO Toshio, laureatosi presso l’Universita di Waseda, che venne in ltalia al ritorno da un soggiorno di studi in America, accettò l'incarico di seguire la diffusione dell'aikido a Torino, nel nord ltalia, dove ha vissuto per alcuni anni (attualmente il Sig. Nemoto svolge l'attivita di amministratore presso la società giapponese”Akai Denki''). In quel periodo, il Sig. Brunello Esposito, il Sig. Pasquale Aiello e il Sig. Auro Fabbretti, che attualmente posseggono il grado di 5°Dan, iniziarono a praticare. . Nel 1968 tenni il primo raduno lnternazionale di aikido al Lido di Venezia. Tale raduno, durante il quale condussi per la prima volta gli esami di grado Dan, si rivelò un grande successo ma, allo stesso tempo, un notevole disastro sotto l'aspetto economico, a tal punto che non fu possibile neppure sostenere le spese di trasporto per ritornare a Roma e a Torino. Dal terzo anno in poi, dell'organizzazione di questo raduno estivo si venne ad interessare il Sig. Giorgio Veneri di Mantova, che ha conSHIN BUN NEWS tinuato fino ad oggi ad essere il responsabile di tale manifestazione, attualmente svolta ogni estate a Coverciano. Pur avendo sempre cercato di fare del mio meglio, dedicandomi con tutte le mie forze all'attivita di diffusione dell'aikido, occorsero ben sei anni prima che l'Aikikai d'Italia assumesse una struttura stabile e che riuscissi ad acquistare un biglietto aereo per tornare in Giappone. Ciò accadde perché si decise di non appoggiarsi alla federazione del judo, né ad altre organizzazioni sportive per la diffusione dell'aikido. Se l'aikido si fosse diffuso attraverso queste organizzazioni, probabilmente si sarebbe potuto incrementare di molto il numero degli iscritti, ma ciò avrebbe senz'altro comportato la creazione di un'associazione dalle caratteristiche completamente differenti rispetto a quella attuale. Quegli anni furono per me brevi ma allo stesso tempo lunghissimi. Nel frattempo erano scomparsi il Maestro UESHIBA Morihei e l'altro Maestro che aveva fortemente influenzato la mia formazione: NAKAMURA Tempu. Anche mio nonno, al quale ero estremamente legato, scomparve durante lo stesso periodo. In seguito a questa triste circostanza, nel momento stesso in cui arrivai all'aeroporto di Haneda venni assalito da una grandissima emozione. Dopo essere tornato a casa, mi recai subito a visitare la tomba di O Sensei a Tanabe per annunciare al Maestro il mio ritorno in patria. Nel corso dello stesso anno tornai un'altra volta in ltalia ma, in seguito al mio matrimonio con la violinista, laureatasi presso l'Università di Belle Arti di Tokyo (Tokyo Geijutu Daigaku) YAMAKAWA Kumi, celebrato nel dojo di Roma, e in previsione della nascita di nostro figlio, che desideravamo crescesse in Giappone, decisi di fissare stabilmente la mia residenza a Tokyo. Da alPagina 5 lora ho iniziato a trascorrere complessivamente sei mesi all'anno in Europa e, superando tutte le difficoltà che ciò comporta, ho scelto di vivere fino ad oggi un'esistenza scissa a metà fra il Giappone e l'Italia. In seguito, il Sig. FUJIMOTO Yoji, laureatosi presso l'Università Nihon Taiikudaigaku, e il Sig. HOSOKAWA Hideki, del dojo di Jiyugaoka, si recarono rispettivamente a Milano e a Roma, dove, per più di vent'anni, con grande perseveranza hanno dedicato tutta la loro vita, insieme ai loro familiari, alla pratica dell'aikido. Ad entrambi vorrei esprimere la mia riconoscenza per aver sostenuto l'Aikikai d'Italia nel corso di tutti questi anni. Successivamente il Sig. YAMANAKA Kano, il Sig. NOMOTO Jun e il Sig. lMAZAKI Masatoshi hanno soggiornato in ltalia in veste di istruttori in periodi diversi. In seguito decisi di fare dell'Aikikai d’Italia un'associazione che, similmente all'Aikikai giapponese, avesse personalità giuridica e fosse ufficialmente, riconosciuta dallo Stato; a tal fine donai quindi il mio dojo di Roma all’Aikikai d'Italia e iniziai ad interessarmi attivamente affinché tale dojo ottenesse il riconoscimento ufficiale in quanto Scuola centrale. Con la preziosa collaborazione di alcune cinture nere, ma soprattutto grazie agli sforzi durati un decennio dello scomparso avvocato Giacomo Paudice di Roma, l'Aikikai d'Italia, in quanto Associazione di Cultura tradizionale giapponese ottenne la qualifica di Ente Morale, con il decreto del presidente della Repubblica italiana n. 526, l'8 luglio del 1978. Attualmente all'Aikikai d'Italia sono affiliati dojo situati in 80 città italiane, con un numero di circa 4000 iscritti, senza includere le svariate migliaia di persone che hanno praticato nel passato. Il grande impegno con cui queste decine di migliaia di persone si sono allenate nel corso di tutti questi anni, è stato, e continuerà, in futuro, ad essere di forte incoraggiamento per la pratica dell'aikido. TADA HIROSHI Direttore Didattico Aikikai d'Italia SHIN BUN NEWS Speciale Quarantennale: Racconti Alcuni dei partecipanti raccontano, ognuno a modo loro, la propria esperienza Siamo partiti il venerdì sera ed eravamo...tanti! E con tanti bagagli. Abbiamo prenotato le cuccette ma, una volta saliti sul treno, nessuno dava la sensazione di voler andare a dormire. Per la prima ora di viaggio abbondante, sembrava una vera gita scolastica tra chiacchere, risate, e la focaccia di Silvia! Avevo già cenato, avvisate, no? Poi qualcuno ha deciso che era ora di fare nanna: il primo è stato il maestro e, quindi, ci siamo ritirati nelle nostre stanze. Abbiamo dormito? Certo che no: tra le chiacchiere dei ragazzi d’accanto e le capocciate di Valeria che ad ogni fermata decideva di sollevarsi... mah...misteri delle tredicenni! Finalmente il vocio e i “buongiorno” nel corridoio: quasi ci siamo. Siamo tutti pronti tranne....il maestro! Siamo quasi a Bologna e qualcuno pensa di svegliarlo, ma qualcun altro lo sconsiglia. Poi il treno si ferma a Bologna, quindi bisogna tirarlo giù dal letto, ma proprio nel senso fisico visto che si era sistemato nella cuccetta alta! Ma allora qualcuno è riuscito a dormire!? Il primo contatto con la città l’abbiamo avuto con un bar/ tavola calda che si vede appena si esce dalla stazione. L’abbiamo letteralmente invaso:15 persone tutte d’un botto con al seguito bagagli e “pericolose” armi che hanno fatto parecchie vittime all’insaputa di chi le portava a spalla. Il bar era spazioso...prima che entrassimo noi. E visto che venivamo da lontano, hanno pensato bene di darci il benvenuto con un conto salatissimo!!! Poi, visto che era un po’ presto per andare in albergo, abbiamo deciso di dare uno sguardo alla città facendo qualche giro in autobus: 19, 25, poi di nuovo 19 e 25 in direzione opposta. O era il 19 barrato? Ci siamo, poi, ritirati in albergo, ci siamo ammassati Pagina 6 in due stanze (visto che erano le uniche libere), docce, chiacchiere, un panino o un pezzo di pizza e siamo pronti per il Palasavena. Iscrizione (velocissima), spogliatoi e ...tatami!!! Immenso. Almeno in principio. Poi, quando piano piano sono arrivati i partecipanti, la legge delle relatività ha preso il sopravvento. Emozione indefinibile: era arrivato il momento tanto atteso. La pratica è trascorsa velocemente, tranne l’ultima mezz’ora di ogni sessione che sembrava interminabile. Abbiamo praticato seguendo la spiritualità del M° Tada, la pulizia dei movimenti del Doshu, la simpatia del M° Fujimoto e le estrosità del M° Asai. Ognuno di noi ha avuto la sua buona dose di pugni, gomitate e schiacciamento di piedi. Lo spazio era ridottissimo, ma era incredibile come tutti avessero comunque una gran voglia di praticare e di come il tori “proteggesse” l’uke di turno (“non cadere”, “puoi cadere”, “cadi di qua”, ecc., o semplicemente, senza parole, sorreggendolo per il polso). E ora mi vien da ridere quando qualcuno, al dojo, se ne esce con espressioni del tipo “c’è poco spazio!” ...”a da’ vdé!” penso. Un’atmosfera particolare si è sentita la domenica mattina, quando un centinaio di Giapponesi hanno “invaso” il tatami: si è creata una intensa sensazione di internazionalità. Il giorno prima (sabato), ad ognuno di noi, era capitato di praticare con una ragazza francese o un ragazzo tedesco che comunque si confondevano tra la folla, ma 100 Giapponesi sul tatami, be’, un po’ si notano... Al termine dei tre giorni, quando tutto è finito, ero un po’ preoccupata dal lungo viaggio di ritorno ma, a parte una prima parte iniziale in cui abbiamo sonnecchiato un po’ vista la stanchezza, tra chiacchiere e spiluccamenti il tempo è davvero volato. Di cosa si è parlato? Non saprei dirlo, so solo che abbiamo riso in continuazione e che, per almeno dieci giorni, ho usufruito della sensazione benefica di questa grande festa. E’ inutile dire che è stata un’esperienza davvero piacevole da vari punti di vista: ho conosciuto il mondo Aikikai con i suoi maestri, ho conosciuto un po’ meglio i miei compagni di dojo e ho anche conosciuto un po’ di persone di un forum che frequento telematicamente quasi tutti i giorni ma che non avevo mai incontrato di persona. La domenica sera mi sono separata SHIN BUN NEWS dei compagni dello shin bu per p as sare u na s era t a tr a “forumisti”: è stato strano sentire i loro accenti e gradevole assaggiare le specialità dei paesi di origine (Piemonte, Umbria, Toscana). E poi ci siamo dati appuntamento in un angolo del tatami per la mattina seguente ed abbiamo praticato insieme. Avrei ancora tante cosa da raccontare, tanti piccoli dettagli, tante situazioni, ma quando finisco? Ve ne dico solo una. Ho fatto una scoperta incredibile: Tada copia Ruta! Gli stessi movimenti, gli stessi “path path...zut zut”. Vatti a fida’ dei Giapponesi!!! Vincenza Un’esperienza da praticare Premetto che all’inizio non volevo andare al quarantennale dell’Aikikai di Bologna: non mi sentivo pronto dopo solo due mesi d’allenamento. La mia preoccupazione era che avrei fatto fare brutta figura al mio maestro. Siamo partiti in 12 e già alla stazione ci siamo fatti conoscere. Le nostre carrozze (possiamo definirle diligenze di 4° classe) non erano pronte e, per ingannare il tempo, chi era in possesso di macchine fotografiche digitali ha iniziato a fotografare di tutto. Rilevo che non mi sentivo ancora parte del gruppo, quindi, sono rimasto un po’ in disparte anche perché non posseggo una macchina fotografica digitale. Impossessatici del treno, Roberto (il piccolo) si è subito preoccupato di Piero che, essendo solo in un altro scompartimento con un posto a sedere, si poteva addormentare pensando a noi che facevamo baldoria nel nostro scompartimento non facendo dormire nessuno, quindi, ha voluto riunire il gruppo. Le nostre carrozze, in ogni modo, pagate per quattro posti erano da sei (imprecisione della Ferrovia dello Stato), quindi, un posto in più per dormire si trovava. Piero però Pagina 7 (poron poron pompero però), da persona corretta e integerrima (certamente non come me), non ha voluto usufruire della possibilità di dormire comodo e non ha chiuso occhio. Peccato che non ha fatto dormire né me né il maestro, uscendo ed entrando dallo scompartimento timoroso che il bigliettaio gli potesse fare la multa! Figurati se stava pensando a lui… ll viaggio è stato molto stressante: le carrozze erano fatiscenti e scomode. Siamo arrivati alla città di Bologna stanchi ed assonnati. Appena scesi, ci siamo diretti in un bar per fare colazione: 12 cappuccini e 12 cornetti ad un prezzo record di 60€. Il benvenuto non è stato niente male e sicuramente qualcuno ha pensato: “E’ solo l’inizio”. Pertanto, carichi di bagagli, armi (lance, coltelli, canne da pesca, bazooka, ecc...), abbiamo girato per Bologna cambiando quattro autobus, non riuscendo a trovare quello giusto per recarci in albergo. Di questo dobbiamo ringraziare anche un autista molto cortese che ci ha indicato un numero di linea errato (che lo spirito di Ueshiba lo accompagni). Giunti finalmente in albergo, la direzione ci ha messo a disposizione solo due stanze: una per i maschietti ed una per le femminucce. Le altre non erano pronte.. A questo punto, non sapevamo cosa fare: chi voleva riposare, chi voleva lavarsi e cambiarsi, chi voleva mangiare, chi voleva andare al Palasavena per iscriversi e chi voleva liberarsi di cornetto e cappuccino. Siamo riusciti a fare tutto. Alle 12.30 abbiamo ricevuto tutte le stanze.Alle 13:30 eravamo pronti per andare al Palasport. Altra novità: il trasporto fino al palazzetto era a carico dell’Albergo ma il ritorno a piedi. Alle 15:00 eravamo tutti sul tatami pronti per iniziare. Ero molto emozionato perché era la prima volta che mi trovavo ad una manifestazione così importante. Subito l’aria si è riscaldata con un saluto solenne al maestro O’ Sensei Ueshiba Morihei fondatore dell’Aikido, celebrato dal Maestro Tada Hiroshi. Un mare di praticanti tutti in seiza: uno spettacolo solo guardarci. Il maestro Tada ha iniziato la lezione con esercizi di kinorenma. Dopo questa prima fase di riscaldamento, è iniziata la lezione vera e propria: tecniche di base, ikkyo, nikkyo, sankyo in tutte le salse. Così è passata la prima ora. La seconda è stata diretta dal maestro Fujimoto, anche lui con tecniche di base; poi è arrivato il momento del doshu Moriteru Ueshiba ( per chi non lo sapesse è il nipote del fondatore). Per me è stato un momento indimenticabile: prima di allora, lo avevo solo letto sui libri o visto in videocassette e non pensavo minimamente, quando ho iniziato a praticare, che un giorno, così vicino, mi sarei trovato di fronte ad un maestro di questo calibro. La giornata è passata tranquilla, tra una tecnica e l’altra. Finalmente giunti in albergo con un taxi (a nostre spese), dopo esserci riposati, siamo andati in un ristorante vicino per cenare. Tutti abbiamo preso una pizza normale (chi margherita, chi crudaiola, chi ai quattro formaggi, SHIN BUN NEWS ecc.), tranne Francesco che ha preso una pizza extra-large con peperoni, melanzane, carne tritata, fagioli, simmenthal, panna, salame e provolone piccante, frutti di mare, acciughe e capperi, tonno, rape stufate, nutella: una cosa esagerata! Tutti ci siamo chiesti: ”Ce la farà?”. Le scommesse erano 10 ad uno. Non ce la fa, non ce la può fare. Ce l’ha fatta!! Che coraggio… Tutto buono, tranne il conto e un tavolo vicino, stracolmo di bambini che festeggiavano un compleanno. E’ stata evitata una strage, anche perché dovevamo conservare le forze per l’indomani. La notte prometteva bene: a cavallo tra il sabato e la domenica le lancette dell’orologio si mettevano un’ora indietro, si poteva dormire di più, visto che la notte prima in treno, in sostanza, non avevo chiuso occhio. Come non detto, il cellulare del maestro suona verso le cinque per la sveglia, il caldo era eccessivo, dalle finestre lasciate aperte entravano tutti i rumori. Conclusione: un’altra notte in bianco. L’appuntamento per il giorno dopo era alle sette, tutti giù per fare colazione. Posso assicurare che il buffet era di tutto rispetto. C’era ogni ben di dio: cornetti, almeno cinque tipi di torte, frutta, yogurt a volontà, prosciutto, ecc. ecc. Come tradizione vuole, da buoni meridionali, dopo la colazione abbondante ci siamo preparati 6 (sei di numero) panini (diciamo bocconcini, chiamarli panini è troppo). Una cameriera di colore ci ha consigliato, gentilmente, di fornire il numero di camera per addebitarci il costo dei panini. Nessuno, credo, spero (devo ancora indagare) gli ha dato retta. E’ domenica: alle 8:00 eravamo quasi tutti pronti (Francesco aveva dei problemi, chissà perché, forse per la colazione mattutina, mah!) per imbarcarci su splendide auto blu fornite dall’albergo. Tutto procede bene. Pagina 8 Arrivati al Palasavena, il parcheggio era strapieno, gli spogliatoi gremiti. Sul tatami già c’era un gruppo numeroso di giapponesi arrivati direttamente dall’isola di Honshu. In me cresce un po’ di timore, “Vuoi vedere che oggi lascio un arto inferiore o superiore per ricordo a qualcuno?”. La lezione inizia in orario: il primo è il Maestro H. Tada 9° dan che, con la sua veneranda età di 74 anni, dimostra a tutti che l’età è solo un numero impresso sul passaporto. La sua agilità è impressionante. A questo punto, decido di praticare solo con i giapponesi. Penso: “quando mi ricapita di incontrare tanti occhi a mandorla tutti insieme a mia disposizione?”; neanche agli scavi di Pompei ho mai visto tanti giapponesi! La mattinata passa velocemente, tra una tecnica e l’altra, rincorrendoli di qua e di là del tatami. Devo affermare che tutti sono stati molto gentili e delicati nel praticare, o perché si accorgevano che sono un 9° kyu, o perché gli era stato consigliato di trattenersi dal dimostrare quello che veramente sapevano fare. In ogni caso è stata una bell’esperienza. Arrivata l’ora di pranzo, ci siamo rifocillati con i 6 bocconcini al formaggino gentilmente offerti dall’albergo. Nel pomeriggio c’è stata la lezione del Doshu e alle 17:00 la di- mostrazione dell’embukai. Gli spalti del palasport si sono riempiti e, ad uno ad uno, incominciando dalle cinture nere 1° dan e via via fino al maestro Morihei Ueshiba hanno dato dimostrazione al pubblico delle tecniche di aikido. Anche il nostro maestro si è esibito. Lara e Francesco si sono offerti (sotto le minacce delle armi) come uke, sbatacchiati a destra e a sinistra come tradizione comanda. Il pubblico è in delirio. Grida, urla, applausi, qualche ferito; ad un certo punto entra un toro dalle dimensioni impressionanti, ed il pubblico tutto in piedi esclama in coro “ole!”. Un torero agitando un drappo rosso cerca di colpirlo ….. scusate questo è un altro racconto. Ritorniamo a noi. La celebrazione dell’Embu-kai è stata molto interessante e mi ha fatto capire dove un giorno arriverò nella preparazione e nell’esecuzione delle tecniche, almeno mi auguro!!! La serata è trascorsa in pizzeria per alcuni e alla cena sociale per altri. Alla cena sociale, abbiamo conosciuto altri praticanti fino ad allora contattati solo virtualmente sul forum dell’Aikikai. E’ stato molto piacevole; ognuno di noi ha portato qualcosa tipico della propria regione: dalla torta novecento tipica di Ivrea, la cui ricetta è strettamente segreta, ai taralli e vino rosso di Castel del Monte della Pug l i a (indovinate chi li ha portati) offerto al Maestro Fujimoto il quale ha gradito e ringraziato (domo arigato gozaimashita maSHIN BUN NEWS dai nezu posterj – grazie molto sono contento di essere qui con voi, non bevete troppo, cercate di fare i bravi e salutatemi il vostro maestro). Dopo un’altra notte trascorsa insonne, tra caldo, telefonini che squillavano e camion della nettezza urbana che, alle prime luci dell’alba, raccolgono l’immondizia con sirene a tutto spiano (forse per far scappare i gatti), ci accingiamo a raggiungere la sala per fare colazione. Tutto buono come il giorno prima: i soliti panini e poi di nuovo in camera per preparare i bagagli. Ad uno ad uno, ci ritroviamo alla reception per fare i conti ed è a questo punto che iniziamo ad alterarci: nel conto erano stati inseriti ben 17 panini (bocconcini). Non riuscendo a capire chi avesse dato il numero della stanza mia e del maestro (qualche idea me la sono fatta, ma la tengo per me), promettendomi di indagare in un altro momento (bugia, passato il santo passata la festa) ed essendo in ritardo sul piano di marcia, riteniamo sia meglio pagare. Arrivati al Palasevena, ci accorgiamo che la giornata sarebbe stata più faticosa del previsto; ci sono meno persone del giorno prima e la scusa di non poter cadere, perché non c’è posto, non regge. La fortuna è che non solo io mi sento stanco ed esausto ma anche gli altri, quindi si procede in modo calmo e rilassato. Alcuni di noi (senza fare nomi) decidono di praticare con lo spirito dagli spalti. Interessanti sono state le tecniche di proiezione con due uke. Le ore passano e neanche me ne accorgo, la stanchezza no, anzi, inizia proprio a sentirsi. Il treno del ritorno è alle 15:20; restiamo in stazione ad aspettare in piedi per più di un’ora, gustando i panini al formaggino costati 17€, una prelibatezza tipica di Bologna, insieme ai tortellini naturalmente. Pagina 9 Arrivati sul treno, la domanda n a s c e spontanea: “Possiamo finalmente riposare?”. La risposta è: “No!”. I posti sono stati occupati da altri, il treno è strapieno e non ci sono posti liberi. Con lo spirito dell’aikido “che fa la differenza”, il Maestro, Roberto e Francesco cercano di convincere, con le buone, gli attuali occupanti che erano posti prenotati. C’è chi si convince subito e chi dopo un po’, tranne una ragazza che vedendo me, che cedo il posto a Piero che non aveva prenotato, pensa ad una nostra bugia e non si scolla da noi. Il gruppo iniziale si divide. Non avendo prenotato tutti nei medesimi tempi, decine di carrozze ci separano dal terzetto fuori di testa, (A.N.S.) allegro, spiritoso, di compagnia, tranquillo, spensierato, simpatico, gioviale, euforico, divertente, amabile, garbato, cortese (basta, altrimenti si montano la testa). Iniziamo subito a commentare la maratona appena trascorsa: mi sento ancora l’adrenalina per tutto il corpo, è stata un’esperienza unica e, sinceramente, mi dispiace per chi non ha potuto partecipare. Le ore trascorrono felici, cerchiamo comunque di mantenere alto il livello di risate, anche se il triumvirato era lontano. Sembra di ritornare indietro nel tempo, alle gite scolastiche di quando ero ragazzo: manca solo la chitarra. Non ricordo di aver riso così da tempo, da moltissimo tempo. Unica nota negativa: una famiglia confinante, composta da quattro bambini, madri e padri. Hanno dato fastidio per tutto il viaggio, non si poteva neanche riposare. A questo punto, organizziamo un falò al centro della carrozza per cuocere a fuoco lento una bambina scelta tra i quattro, particolarmente piena di “ki”, dalle sembianze tipiche di un maialino obeso. E’ arrivato il momento di salutarci, anche perché nel frattempo il treno è arrivato in stazione. Tutto sommato ritengo di non aver fatto fare brutta figura al maestro: il livello di preparazione era vario e, personalmente, ho avuto i complimenti da un maestro di Napoli. Mi ritengo soddisfatto. Con questo racconto, spero di aver trasmesso sensazioni e stati d’animo. Ciao e buon keiko a tutti. Gaetano SHIN BUN NEWS Pagina 10 SHIN BUN NEWS …il Nirvana??? Ultimo Embukai in fondo a sinistra!!! Ovvero Cronaca semiseria di un viaggio strano tra tortellini, occhi a mandorla, auto blu ed attori di grido con fans al seguito. di Salvatore Scalise Finalmente l’evento tanto atteso sta per arrivare. A fine ottobre, si celebrerà il quarantennale della fondazione dell’Aikikai d’Italia. Saranno presenti le massime personalità praticanti quest’ arte. Al Dojo, prima e dopo le lezioni , non si capisce più nulla. Si sentono le cose più strane : 1 No non vengo! 2 Certo che vengo! 3 Io non so se vengo, ma se vengo non sono sicuro di venire! Al momento, l’unico che mi ha dato la certezza assoluta della sua presenza, confermatami tramite fax, è il M° H. Tada, che vuole approfittare dell’occasione per conoscermi. Sapete, non è da tutti fracassarsi la clavicola in tre parti inciampando nel proprio keikogi: sono cose che passano alla storia ed il Maestro vuole conoscere i particolari. Assodato che l’unica cosa sicura è che nessuno è sicuro di venire a Bologna, si passa alla seconda fase del piano: come , quando e con chi partire. Anche in questa seconda fase, le voci più strane rimbalzano tra gli spogliatoi. C’è chi ha deciso che verrà in auto, chi in treno, chi col camper; qualcuno per risparmiare e, nel contempo tenersi in forma, ha deciso di coprire il percorso BariBologna a “botte di mae-ukemi“; c’e chi gli risponde che sarebbe più sportivo fare almeno il ritorno con le “ushiro-ukemi“ mentre qualcuno che ha appena visto Star Trek ha deciso che si materializzerà direttamente al Palasport la mattina di sabato, in tempo per l’iscrizione. Intanto il tempo passa, Tada telefona e noi non “quagliamo“ nulPagina 11 la. Finalmente un giorno qualcosa comincia a muoversi ed i primi ardimentosi, incuranti del rischio e dei sacrifici, capitolano. Tranne Pasquale e Vito che verranno in auto, i rimanenti scelgono una molto più prosaica corsa in treno. Visto che i carri bestiame non ci sono sul percorso Bari-Bologna, prenotiamo un vagone cuccettecomfort e, come previsto, il giorno della partenza…ci danno un carro bestiame! Comunque ad esser onesti, le cicche,lo sporco e le cartacce sparse dappertutto erano già comprese nel prezzo del biglietto. Dopotutto, per un branco di aspiranti samurai assetati di sangue, cosa vuoi che sia un po’ di disagio e di totale assenza del rispetto di ogni norma igienica a bordo? Ad ogni modo, la sera del 29 ottobre siamo tutti in stazione per la partenza; saliti a bordo accade l’incredibile: nella folla immane che c’è, Alessandro, caso stranissimo, riesce a trovare tre ragazze che “viaggiano sullo stesso treno “. In partenza per Bologna Le ragazze, poverine, non sanno chi hanno incontrato e non sapendo nemmeno quello che si perdono, non se lo filano nemmeno. Mah, segreti della psiche muliebre! Finalmente il treno parte; qualcuno di noi comincia a circuire Silvia che emana uno strano ed invitante odore di focaccia al forno che scopriamo esser stivata in una capace borsa: “sapete, è per una mia carissima amica di Bologna… mi ha chiesto di portargliene un po’. “ Penso che l’amica la stia ancora aspettando. Alcuni furbi, sentendo caldo, spalancano il finestrino che, offeso, si vendicherà rimanendo ostinatamente aperto per tutta la notte. Mai avuto le estremità inferiori così fresche in vita mia! In ogni modo, come Dio volle, giungiamo a Bologna alle 06.30: colazione di rito e poi via a prendere l’autobus diretti all’Hotel Fiera. A bordo del mezzo, l’autista, non sapremo mai se per idiozia a per mero sadismo, ci fa scendere in un posto sbagliato; altri suoi solerti colleghi, per riparare al danno, ci scarrozzano su e giù per la città per oltre un’ora continuando a sbagliare. Cominciamo ad avere il dubbio che qualcosa non quadri ancora una volta quando, in lontananza, scorgiamo la familiare e cara sagoma dello stadio S. Nicola ornata di striscioni biancorossi. Dopo altri tre autobus, imbrocchiamo quello buono. SHIN BUN NEWS Nel salire a bordo,( accidentalmente lo giuro!), meno una mazzata di jo in testa ad una tedeschina stupenda ( manco a dirlo bionda e con gli occhi azzurri ). La bionda Walkiria mi guarda con occhio ceruleo ed estasiato attraverso i serici capelli per tutto il percorso, probabilmente vedendomi come una via di mezzo tra George Clooney, Papa Wojtyla ed uno dei fratelli Marx. Mi sorride rapita e, nelle pause, mi apostrofa dicendomi : “Mein Gott “, ma io ho il dubbio che ciò sia solo dovuto alla recente contusione cranica occorsale. Finalmente giunti in albergo, possiamo prepararci per il pomeriggio. Veniamo accompagnati al Palasport in auto blu ( giuro che è vero ) con autista in giacca e cravatta ( veramente avrei preferito la livrea ). Appena entrati il colpo d’occhio è notevole: una marea di gente, una distesa di tatami ed un’indescrivibile sensazione di fermento dappertutto. Capiamo che le cose sono state fatte in grande e forse neanche gli organizzatori si aspettavano tanti praticanti. Comincia la seduta di allenamento e siamo veramente in tanti, mai viste tante “ hakame “ tutte insieme. All’inizio, come è naturale, ognuno si unisce al proprio gruppo ma, nell’arco di un’ora, tutti praticano con tutti. Devo dire che, dopo la timidezza iniziale, sciolto il ghiaccio, esplode l’eccitazione. E’ bellissimo incontrare così tante persone che condividono le proprie passioni. Le tre ore volano via in un battibaleno. Forse solo un principiante riesce a godere veramente della possib i li tà d i appr ende re d a “conventions“ come queste: l’emozione di incontrare personaggi come Tada, il Doshu e tanti altri è veramente intensa. Concludiamo la serata in pizzeria. SH I N B U N NE W S Domenica mattina alle otto, siamo già pronti per partire alla volta del Palazzetto dello Sport e qui le cose si complicano. Nella notte, sono arrivati oltre un centinaio di giapponesi che si aggiungono a quelli che già erano presenti; è tutto un turbinio di inchini e di volti esotici. In tutto, sono state contate oltre 1100 presenze: sarà dura praticare così numerosi! Sul tatami, siamo circondati da hakame con gli occhi a mandorla di ogni età. Un gruppo dei nostri si infiltra fra le fila dei “japs “ e, credendo di esser protetti dalle difficoltà linguistiche, si lancia in apprezzamenti non del tutto pertinenti l’aikido per esser smentiti, dopo alcuni minuti, da Mikiko Sugawara la quale, in perfetto italiano, ci chiede : “ Venite da Bari? Piacere io mi chiamo Miko. “. Ahem!!! Ma questa è un’altra storia sulla quale sorvolerò per non tediarvi… Iniziamo la pratica e passano in tanti: Kuboi, Yamada, Fushimoto, ecc. ma quello che lascia il segno è il M° Tada. Difficile spiegare la carica che trasmette a tutti, il senso di carisma e profondo rispetto che emana dalla sua persona: freddo e distaccato come un guerriero di tempi passati, marziale e compito, misurato nei gesti e nelle parole, elegante e pulito nell’esecuzione delle tecniche. So di esprimere un giudizio personale, ma a mio avviso è un pianeta a sé. Abbiamo visto diversi stili di aikido, ma il M° Tada Hiroshi è l’aikido. Nel frattempo, praticare è divenuto veramente difficile e pericoloso: siamo veramente tanti e non c’è più spazio nemmeno per le cadute. Io approfitto della ghiotta occasione e agguanto al volo un maestro “made in Japan“ il quale mi spiega ushiro ryotetori shihonage in giapponese stretto: se ricordo bene era un dialetto mi- nore dell’isola di Kyoto. Confesso di non aver compreso una sillaba di quanto il mio logorroico tori andava dicendo mentre mi martirizzava, in compenso il dolore si capiva in pieno. Finisco di praticare con lui con gli occhi umidi, non penso sia per l’emozione, io lo chiamerei dolore, sì esatto, la parola giusta è dolore. Sono deciso a rifarmi ed anche a tirare un attimo il fiato per cui agguanto con fiero cipiglio e sguardo di sfida una nonna giapponese che avrà almeno 55 anni, 80 kilogrammi e secondo me è (lo capirò dopo) cintura nera da novanta. Si parte col ballo: la tecnica in oggetto è ki awase sankyo in suwariwaza. La nonna, dopo il saluto ed il sorrisetto di rito, fulminea mi agguanta, mi tira, mi torce, mi strizza, mi arriccia come un polpo di barese memoria e poi mi inchioda sul tatami peggio di una caccola umana. Alla fine, raccolti i brandelli del mio amor proprio, sorrido, mi inchino, ringrazio e fuggo via lontano da lei a leccarmi le ferite Ad oltre dieci giorni dal nostro primo e mi auguro ultimo incontro, porto ancora i dolori dovuti alle sue amorevoli attenzioni. Si continua la pratica fino alle 12.30: ormai siamo fradici, senza fiato, stremati. Si approfitta delle chiusure delle tecniche per tirare un attimo il fiato. Alle 15.30, comincia l’esibizione prima delle cinture nere, divise per grado, e poi dei maestri giapponesi: i più grandi sono lì davanti a noi è veramente uno spettacolo indimenticabile. Ma quando arriva Lui, Tada, la folla ammutolisce. Sembra fatta come frase, ma, vi assicuro, che è esattamente quello che è successo. Il Maestro saluta ed esegue happo giri col bokken ad una velocità impressionante. A quel punto l’unica cosa da fare Pagina 12 è alzarsi , chiudere ed andar via. Come diremmo noi a Bari: ”avast! “. Ed invece il Maestro continua la sua esibizione; non si può descriverla, bisogna solo vederla: impressionante è l’unico aggettivo che trovo adeguato. Alla fine dell’esibizione, c’è la cena sociale ma alcuni di noi, dopo dodici ore di aikido, sentono il bisogno di cambiare aria. Difatti finiamo in ristorante, gestito da tarantini, insieme ad un altro praticante di Mosca…a parlare di aikido. Memorabile la pizza scelta da Alessandro, come il film “La corazzata Potiomkin“: si rivelerà “una cagata pazzesca” !!!. Esausti, torniamo in albergo: la stanchezza comincia ad esser pressante. Passo una notte fra dolori ai gomiti e strani esseri con gli occhi a mandorla che mi rincorrono, nel sogno, per farmi sankyo. Al mattino balzati, pardon, rotolati cigolando giù dal letto ci rimettiamo in movimento per la tornata finale. Al Palazzetto, finalmente siamo in numero minore rispetto agli altri giorni e la differenza si vede: finalmente c’è spazio per le cadute e volano hakame come se piovesse! Ancora una grande lezione con i vari Maestri ed infine il M° Tada. Che dire? Da godersela un mondo! Ad un certo punto, però, ecco l’imprevisto che rischia di trasformarsi in tragedia. Alessandro viene afferrato ad una spalla, si gira e si trova a guardare l’ombelico di un bulgaro di due metri. Abbozza un sorriso ed alzando lo sguardo si trova davanti un volto alla “ ti spiezzo in due “ con occhi di fuoco. Ancora una volta, e purtroppo non sarà l’ultima, gli occhi da cerbiatto impaurito di Alessandro hanno fatto colpo. Il bulgaro lo prende ( non in senso biblico, beninteso ) e comincia a farlo volteggiare nell’aere. Sarà stata la paura, sarà stata Pagina 13 l’incapacità di reagire, sarà stato amore, fatto sta che i due cominciano una storia che dura un po’. Il nostro Ale non ha il coraggio di interrompere il rapporto, il bulgaro non lo vuole mollare: a voi immaginare cosa sia potuto succedere. C’è stato il lieto fine solo perché, nel frattempo, è terminata l’ultima giornata del raduno. Ci apprestiamo a partire ma, le nuvole bolognesi, incapaci di lasciarci senza un saluto, si radunano all’improvviso rovesciando un diluvio breve ma intenso. Come la storia fra Ale ed il bulgaro o la mia con la nonna-jap. Stanchi ed un po’ tristi ci apprestiamo al ritorno. Saliti in treno, ci dividiamo in tre vagoni differenti. Folla da impazzire, confusione totale,e porte scorrevoli divisorie bloccate che impediscono di raggiungere il vagone ristorante; di- menticavo: siamo quasi digiuni da ieri sera. La monotonia del lungo viaggio viene però interrotta, ad un certo punto, dall’arrivo. nel nostro scompartimento. di due tipe strane: due teen-agers. Le tipe, gettando uno sguardo distratto nel nostro scompartimento, lanciano un urlo. Accade quello che a tutti i costi volevamo non succedesse, quello che in ogni modo abbiamo impedito durante tre giorni di raduno, quello che paventavamo. Le ragazzine, che tanto normali non dovevano essere, riconoscono il famoso attore, Alessan- dro Minerba, indimenticato interprete di Nirvana di Salvatores. Nello scompartimento scoppia il pandemonio: urla, strepiti, baci, abbracci, foto, autografi, pianti, crisi isteriche. Non si capisce più nulla: dal “mi pareva di averlo visto in un film“, della ragazza seduta al mio fianco, al “pensavo all’inizio che fosse uno scherzo“ di un’altra avvenente ragazza seduta di fronte a Nicola, dalla gente che giunge da altri scompartimenti per capire cosa stia accadendo a quelli che in Ale riconoscono addirittura un famoso cantante rock. Meno male che siamo quasi arrivati a Bari e quindi il fenomeno risulta esser contenuto. Scendiamo dal treno stanchi ,ma contenti dell’esperienza vissuta. In strada c’è già chi ci aspetta, dopo i saluti ognuno torna a casa. Conclusioni: Pensavo fosse un‘esperienza non utile per chi è alle prime armi: sarebbe invece stato un errore non esser presenti al raduno. E’ una cosa che da neofita mi sento di consigliare vivamente ad altri. Non penso che abbiamo fatto sfigurare il nostro M° Ruta ed il nostro dojo. Pensavo che non mi sarei divertito molto ma mi sbagliavo perché tante risate non me le facevo dai tempi delle gite al liceo. Ho trovato un calore umano che la vita di tutti i giorni a volte nasconde. E poi “dulcis in fundo” , volete mettere la soddisfazione che c’è a tornare a casa e dire a tua moglie “cara, non indovineresti mai con chi ho viaggiato!!! “. Vostro Kikiyashiashiasi Hashi SHIN BUN NEWS Un allegro ritorno di Maurizia Sforza e Valeria Gambacorta Personaggi (rigorosamente in ordine alfabetico): A: talentuosa ed aitante promessa del cinema internazionale. M e V : teenagers in cerca di un’amica. S : brillante ed affascinate compagno di avventura di A. Signora 1 : passeggera abbondante e gentile Signora 2 : passeggera dall’aria vissuta Signorina : passeggera secca, seccata e seccante In treno. Due ragazze alla ricerca di un’amica. M e V: Anna, dove sei? Anna…? Sei qui…? Entrano in uno scompartimento: M (rivolta ad A) : Scusami…ma sei tu…Alessandro Minerba? A: Io? No, no… V: Hai visto? Lascia perdere… M : Dai, dico sul serio…sei tu? A : No, lasciate stare… Signora 1 (rivolta ad A) : Mè, che stronzo! (rivolta ad M e V). Sì, è lui!! M e V (urletti eccitati) : Sei tu!! Lo sapevo, sei tu! (si fiondano sul sedile) Signora 1 (con aria di vanto) : Io ci ho dormito accanto per ben tre ore; (alzandosi) prego ragazze, sedetevi pure… S : Oh no, ci risiamo! V (rivolta ad A) : Posso toccarti? Posso toccarti? S : State calme, non c’è bisogno di agitarsi! Mò, guarda quella: sta tremando! M : Dio- Dio-Dio-Dio-Dio-Dio… Signorina : Ehi voi, non potreste farlo fuori questo casino? V : Ma come si fa? E’ troppo bello! M : Ma voi sapete chi è lui? E’ l’attore di Nirvana! Quello stupendo che creava i virus!!! (Signora 2 annuisce). E’ vero? Se lo ricorda anche lei, no? Signora 2 : …sì adesso che me lo dici, me lo ricordo. E’ vero…(con fare da donna navigata) Signorina : A dire la verità, io non guardo la televisione…e adesso un po’ mi vergogno di non aver capito chi fosse… Signora 2 : Ah no! A me, invece, è subito sembrato un viso conosciuto. Signora 1 (in piedi) : E io che all’inizio non ci avevo creduto! Invece, è proprio lui! S : Io ve l’avevo detto, belle signore! A : Dai Salvo, non ti ci mettere anche tu…basta! M : Senti Alessandro, posso farti una domanda? (speranzosa) A : No! Signora 1 : Dai, poverina, ci è rimasta male! A : Scherzavo, dimmi pure! M : Ma è vero che farai “Cento vetrine”? A (disgustato) : Chi io? Che schifo! V (subito) : Già, che schifo! M (mesta) : Ma io l’avevo letto su “Cioè”… Signorina :Perché, la fanno ancora quella rivista da scenette? V (sognante) : Com’è bello…Ti prego, fai una foto con noi? M : Sì, ti prego, ti prego! A : No, che cosa? Poi le mettono su internet… S : E su, accontenta queste due fanciulle! Non lo vedi come stanno? A (scocciato) : Ok… S ( rivolto a Signora 2) : Ogni volta è sempre la stessa storia! Foto, autografi…non se ne può più! I tre si mettono in posa. A è al centro. Signora 2 : Bacio, bacio! M si avventa su A, ma il tentativo fallisce. A : Aiuto! M (imbarazzata) : Scusa, scusa, scusa! Signorina : Ma questa è matta… Signora 2 : E io che, fino ad ora, stavo così tranquilla a dormire… V : Ale (con il cellulare) guarda l’obiettivo e dimmi qualcosa, così ti riprendo! A : No, ma che cosa… V : Veramente…dai…qualcosa: “ciao, un bacio”! Signora 2 : Alessà, e dille qualcosa! A : Dai, no no…togli quel cellulare… S (rivolto a M) : Forza, è il momento buono di chiedergli l’autografo! M : Ale, mi fai l’autografo? Pagina 14 SHIN BUN NEWS A : Ok, questo si può fare…Come ti chiami? M : No, non te lo dico…mi vergogno! A (con occhi dolci ed aria affabile) : Coraggio, so che puoi farlo! M : Hermy, cioè Ermenegilda…ma preferisco Hermy, è più elegante. S (soffocandosi per le risa): No, è un bel nome. M : Ecco, tieni, scrivi qua. A : A Hermy… M : Hermy con l’H, Ermenegilda senza! A : Ma su cosa mi hai fatto scrivere? M : E’ la scatola delle medicine, non avevo altro! A ( a V ) : E tu come ti chiami? V : Valeria. Io sì che ho un nome bello! Signora 2 ( a M ) : Scusa, non per sapere, ma mi dici quanti anni hai? M : 18 S : Uno più di me ne ha lei… M : Perché? Signora 2 : Beh, hai 18 anni, allora è normale… Signorina : Io a 18 anni non ero così… V : Infatti, è normale se vediamo un ragazzo che ci piace! S : Invece tu quanti anni hai? V : Anch’io 18 : li ho fatti a maggio. S : Tutti bene li hai fatti? Signora 2 : Anch’io avevo un attore che mi piaceva, ma non è che facevo tutti ‘sti salti mortali! S : See, Totò! M : Ma lui non è solo bello: è anche bravo! S : Però, che noia le ragazzine! Meno male che io, una moglie, me la sono già trovata! V : Io sto riprendendo. Dai Ale, recita una frase come solo tu sai fare… A (inebriato da se stesso) : Va bene, ti leggo qualcosa che ho scritto io… A si alza prendendo qualcosa dal portapacchi: M, agitata, fa cenni col capo a V. Signora 2 : “Prendigli il di dietro”- ti sta dicendo. M : Madò che vergogna, che vergogna…andiamocene! M si fionda fuori dallo scompartimento. A la trattiene per una mano. A : No, non andartene. V : Infatti, io voglio prima un bacio. A : Con piacere! S : Non essere ingiusto! Dallo ad entrambe! A (ad M) : A te, però, lo do sulle labbra… M (tramortita): Sììì…. A : Te lo darei ma ho mangiato la cipolla a pranzo (ridendo). M : Dio che figura, che figura! Andiamocene, andiamocene! V : Ok, che la povera Anna ci sta ancora aspettando. Dalla vetrata sbuca la testa di V. Risate generali. Prima che cadiate in preda alla disperazione, precisiamo che non si tratta del copione dell’ultimo film dei fratelli Vanzina (“Ognissanti a Bologna”), bensì di uno scherzo, alquanto ben riuscito, per giunta organizzato durante il viaggio di ritorno dall’Embukai. Avrete, quindi, intuito che i personaggi coinvolti sono: Alessandro, Maurizia, Salvatore e Valeria. Tutto è nato dal fatto che Alessandro aveva raccontato, alle sue compagne di viaggio, di essere un attore: il gioco ci ha, forse, preso un po’ la mano ma, come potete constatare voi stessi, il risultato è stato esilarante. (V: “Ma che dici: fa schifo!”; M: “Taci che non se ne accorgono!”). Il dialogo riporta fedelmente l’accaduto anche grazie alle riprese effettuate dal cellulare (V: “Se volete vederle: 10 €”; M: “Ma che dici? 20 €”). Forse ci avranno prese per pazze ma, in compenso, Alessandro si è rivelato davvero un ottimo attore: avrà imparato dal suo maestro Salvatore? Ad ogni modo, sono stati davvero bravi. (V: “Ma noi siate molto più brave!!!”; M: “ Sciocca, le grandi attrici sono anche modeste!”) Tutto ciò c’entra ben poco con l’Aikido ma, a ben guardare, in questa vicenda è nascosto un messaggio profondo: a voi il compito di scoprirlo. Buon Keiko , buona cena e buona notte! Maurizia e Valeria V : Ma qual è il messaggio? M : Aspetta…siamo sole? V : Mi sembra di sì! M : Ok, allora…NON C’E’ NESSUN MESSAGGIO! Bello scherzo, vero? V : Già…Eccellente… Pagina 15 SHIN BUN NEWS Ed ora…Le Foto! Il VERO Maestro viaggia leggero... ...ed è sempre vigile! Pagina 16 SHIN BUN NEWS C’è chi sogna la focaccia... ...chi sogna il diploma di shodan ad occhi aperti (e hara scoperto)... ...e chi si dedica alla meditazione profonda…. Pagina 17 SHIN BUN NEWS Nuovi amori nati durante il viaggio Al Palasavena... Pagina 18 SHIN BUN NEWS In pizzeria... Pagina 19 SHIN BUN NEWS Sensei...ci sei? Ovvero L’intervista al Maestro (I parte) a cura di Vincenza Patruno Redazione: Quando e come hai conosciuto l'Aikido? M° Ruta: Il 1° novembre 1980 ho fatto la prima lezione. Appena arrivati, scopriamo che il dojo si era allagato ... per cui ci recammo in un boschetto di Modugno per un allenamento fisico. Ricordo ancora i dolori del giorno dopo … Ho incontrato l'Aikido veramente per un caso fortuito. Il mio insegnante di religione del tempo (andavo al liceo "Fermi") si ammalò e venne a sostituirlo un tale Antonio Bosna :un uomo veramente affascinante, colto e fisicamente molto forte (allora aveva quarant'anni ...). Dopo un po’, scoprii che praticava ed insegnava una disciplina marziale. Andai a vedere e rimasi fulminato e innamorato a prima vista: così iniziò l'avventura ... Redazione:- Come è nato lo Shin Bu? M° Ruta: Da una scissione! Il nostro insegnante voleva uscire dall'Aikikai e creare un suo gruppo mescolando aikido, taichi e filosofia. Noi (io, Domenico Casale, Roberto Nuovo e Antonio Lomonte) avevamo appena conosciuto H. Hosokawa, Y. Fujimoto e ne eravamo rimasti entusiasti .Chiedemmo, così, al M° Hosokawa se potevamo aprire un dojo tutto nostro: disse di sì. sempre di fare aikido; preparai anche una lettera per l'Aikikai e diedi incarico ad un’agenzia di affittare i locali del dojo ( e poi ci ho rimesso 2 milioni ...). Avevo veramente deciso poi, mentre mettevo da parte i miei keikogi, l'hakama e la spada, iniziai a piangere ... Redazione: Perchè "Shin Bu" ? Redazione: Cosa ne pensi dei tuoi allievi? M° Ruta: Scelsi io il nome perché mi piaceva l'idea di praticare e di insegnare un’ arte marziale (bu) all'interno di una prospettiva e di una dimensione spirituale (shin). In una delle sue memorie, O Sensei descrive appunto l'Aikido come uno "shin-bu" e poi… mi piaceva l'assonanza fonetica con Honbu che è il nome del Quartiere generale dell'Aikido a Tokyo! A dire il vero, proposi ai miei compagni anche il termin e "Masakatsu dojo" (il dojo della giusta e vera vittoria) ma, per fortuna, fu scartato perché un dojo che si leggeva come "masacazzo" in via Ricchioni era veramente TROPPO!!! Redazione: Quali sono stati i momenti alti e bassi del dojo? M° Ruta: Sono corrisposti ai miei alti e bassi personali e alle mie crisi nella pratica. Il momento più tragico è avvenuto qualche anno fa. Avevo deciso di chiudere il dojo e smettere per Pagina 20 Il momento più alto: ORA con tutti voi! M° Ruta: Tutto il bene e tutto il male possibile! A volte, penso che siete straordinari e veramente bravi, altre volte che non capirete mai ... ma non si può fare di tutta l’erba un fascio: ognuno ha qualità e difetti esattamente come me! Redazione: C'è un allievo perso che rimpiangi o uno che sei stato contento di perdere? (Questa è un po' cattivella!) M° Ruta: Rimpiango Nicola Lagattolla e Rossana Tursi: due mie cintura nera veramente brave. Sono stato contento di perdere più di un allievo e qualcuno lo vorrei perdere anche adesso (capisci a me!) Continua... SHIN BUN NEWS Il Praticante (si) racconta… Saverio e Jacqueline ci raccontano come hanno conosciuto l’Aikido, le loro esperienze precedenti e i loro progetti per il futuro. Mi piacerebbe parlare delle mie esperienze nell'ambito della pratica delle arti marziali. ma è “meditazione in movimento” come sostiene il mio Maestro Fabrizio Ruta. Grazie a lui e a tutti i praticanti, nel "Dojo" si crea Ho iniziato col praticare il Karate e, dopo alcuni anni, ho pensato di praticare il Kempo: uno stile di Kung-Fu. Praticando il Karate, avevo notato, tra i praticanti, molta voglia di competitività: esso, infatti, dà molta importanza all'agonismo, alle gare e ai risultati che ne derivano. Ho notato che, durante le gare, le "parate" non vengono mai applicate ma viene data molta importanza alla velocita' dei colpi tirati a "molla", al movimento dei piedi ed al mantenere la guardia alta. Quando, poi, ho incominciato a praticare il Kempo, ho notato la differenza di stile: nel kempo, infatti, non si tirano i colpi a "molla", le posizioni sono molto allungate, si da importanza alle parate ed allo studio teorico e pratico della disciplina. Solo per caso ho conosciuto l'Aikido, essendo esso, per me, una disciplina sconosciuta e totalmente diversa dalle esperienze marziali da me praticate precedentemente. Con la pratica dell'Aikido, ho scoperto un nuovo modo di intendere le arti marziali: l'Aikido, infatti, non sottolinea la competitività ma la tranquillità interiore ed il potenziamento dell'energia (ki) che abbiamo dentro di noi e che, di solito, non utilizziamo in quanto si preferisce usare piu' la forza che essa. Molte discipline abituano a "spingere" o ad attaccare invece che a spostare il nostro corpo e lasciare passare l'energia e l'aggressività di chi attacca. L'Aikido non è un’arte marziale Pagina 21 un’atmosfera di lavoro senza competizione dove ognuno di noi aiuta l'altro a migliorarsi e a crescere interiormente. Io sono dell'opinione che il fine ultimo dell' Aikido sia quello di creare un' energia positiva in un ambiente positivo, con lo scopo di stare bene con gli altri ma sopratutto di stare bene con se stessi. Saverio Aikido e Yoga: vie dell’armonia interiore. Ho iniziato la pratica dell’ Aikido da poco tempo per cui sarebbe velleitario da parte mia avere idee chiare in merito ma l’uscita del numero 0 dello Shin BunNews mi dà l’occasione di parlare del mio percorso individuale. Nel corso della mia prima lezione di Aikido, il Maestro ha asse- rito che, a volte, si passa dalla pratica di una disciplina alla pratica di un’altra ma tutto quello che è stato vissuto, durante le esperienze precedenti, non viene cancellato o accantonato ma d i ve n ta p a r t e i n t e g r a n te dell’interiorità di un individuo. Alcuni aspetti dei percorsi effettuati, così interiorizzati, fungono da base per successive esperienze. Molto spesso la conoscenza di un “mondo”, infatti, solleva nuove curiosità ed esigenze che portano a compiere passi in una nuova direzione che può sembrare diversa o distante dalla precedente ma che, in realtà, risulta essere intimamente concatenata ad essa nell’ottica di un cammino personale di evoluzione interiore. Ho immediatamente condiviso quest’opinione in quanto riflettente, non solo quello che è a me stessa accaduto, ma anche quello che le mie esigenze rinnovate mi portano a sentire. Negli scorsi anni, ho praticato dalla ginnastica al tennis, dalla danza moderna al teatro ma la mia esperienza più recente e precedente al mio approccio all’Aikido riguarda la pratica dell’Hatha Yoga durata quattro anni alla quale, negli ultimi due, si è affiancato una sorta di tirocinio realizzato con la mia insegnante mirato ad approfondire le tematiche dello yoga e ad “imparare ad insegnare”. L’Hatha Yoga ha rappresentato un percorso, per me, speciale: credo mi abbia dato molto e di aver imparato tanto; ho praticato con passione e volontà e continuo a farlo nei momenti liberi. Quando ho deciso di avvicinarmi allo yoga, avvertivo la necessità di ritagliare uno spazio esclusivo per me stessa in cui imparare ad ascoltarmi, a conoscermi, a riSHIN BUN NEWS scoprirmi. Le ore di yoga sono, quindi, diventate, per me, momento di raccoglimento in cui, pur essendo circondata da altri praticanti, mi isolavo in deliziosa solitudine attenta ad avvertire il più possibile quello che, di me, andava emergendo: è come se avessi trovato il modo di “coccolare” la mia parte interiore più profonda, l’avessi accarezzata e l’avessi pian piano aiutata ad uscire allo scoperto. Nella pratica delle asanas, mi sono riscoperta testarda e volitiva: alcune posizioni mi erano naturali, altre ho dovuto conquistarle con tenacia e perseveranza. Ho conosciuto le potenzialità ed i limiti del mio corpo e della mia mente: mi sono dovuta mettere in gioco con curiosità, grinta e, soprattutto, umiltà. La pratica dello yoga, infatti, è intimamente connessa alla psiche dell’individuo: a volte, alcune posizioni risultano impraticabili anche se , fisicamente, nulla impedisce la loro realizzazione. Questa forma di “blocco” è legata a paure, emotività, precedenti esperienze spiacevoli, stati d’animo particolari, inibizioni, ansie che prepotentemente emergono nel momento in cui chiediamo al nostro corpo di assumere una postura che non riteniamo essere naturale per esso o che ci crea fastidio. Mantenere un’asana per alcuni minuti richiede, trattandosi di uno stretching estremo, uno sforzo fisico, una resistenza ed una convivenza con il dolore: a lungo andare, il corpo si modifica, diventa più elastico, i muscoli si tonificano e questo si riflette anche sui movimenti della mente. Nella sua apparenza statica, lo yoga possiede, in realtà, una sua intrinseca dinamicità: mantenere una postura per alcuni minuti non implica, infatti, immobilità ma, al contrario, vi è un costante e lento “sentire” la posizione, appropriarsene e migliorarla man mano che il corpo inizia a sciogliersi mantenendo la concentraPagina 22 zione fissa unicamente sul flusso del respiro che, malgrado lo sforzo, deve restare regolare e naturale. Il corpo si stanca ma se ne ricava benessere e, soprattutto, il lavoro fisico viene ad integrarsi con il lavoro (ben più arduo!) della mente. Ho trovato, infatti, molto interessanti anche gli aspetti legati alla meditazione ( la pratica del Vipassana: semplice ascolto del respiro che entra ed esce dalle narici che aiuta a liberare la mente, a svuotarla; lo Yoga Nidra: il “sonno dinamico” che aiuta a rilassare la mente rilassando il corpo; il Pratyahara: il ritiro dei sensi; il lavoro sui chakras) e quelli riguardanti le tecniche di Pranayama cioè esercizi sul controllo ritmico del respiro. Nell’Hatha Yoga, quindi, il lavoro delle asanas serve a liberare il corpo dalle impurità e a renderlo pronto per la meditazione: il corpo diventa, così, veicolo idoneo al proprio spirito. Il mio approccio all’Aikido è, invece, di natura ben diversa. Dopo anni intrisi del silenzio caratteristico dello Yoga, ho piacevolmente scoperto l’allegra atmosfera dello Shin- bu dojo. L’aver oltremodo apprezzato l’aria di amicizia, complicità, solidarietà che si respira all’interno del dojo mi ha portato a riflettere sul fatto che, probabilmente, l’eccessiva disciplina e la solitudine dello yoga avevano risvegliato in me voglia di movimento, di suoni, di interazioni con altri praticanti. Ho avvertito, inoltre, voglia di soddisfare nuove curiosità, desiderio di crescita, di evoluzione interiore. Dell’Aikido mi ha immediatamente colpito l’eleganza dei movimenti, la coordinazione necessaria per attuarli, i ruoli di “tori” ed “uke”, l’assenza di competitività, la complessità delle tecniche. Ritengo personalmente che l’Aikido abbia degli aspetti in comune con lo yoga: la disciplina, il raccoglimento che precede la lezione, gli aspetti meditativi, l’importanza della respirazione e della concentrazione. Nella etimologia stessa di entrambe le parole che danno il nome a queste due discipline sono insiti concetti che fanno pensare ad esse come cammini spirituali finalizzati alla ricerca dell’armonia interiore. La parola “Yoga” deriva dalla radice sanscrita “Yug” che significa unire, legare assieme ma ad essa sono stati attributi altri numerosi significati quali: saggezza, armonia, moderazione nel lavorare, abile modo di vivere o definizioni come ad esempio: “equilibrio dell’anima che rende capace di guardare alla vita uniformemente in tutti i suoi aspetti”. “Quando i sensi si sono calmati, quando la mente riposa, quando l’intelletto non tentenna allora, dice il saggio, il più alto stadio è raggiunto”. Kathopanishad Il termine Aikido, invece, significa letteralmente via (do) dell’armonia (ai) con l’energia assoluta (ki). "Lo scopo dell'Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere." - Morihei Ueshiba Ritengo che, per quanto mi riguarda, l’esperienza dello yoga, nei suoi aspetti positivi e meno, mi abbia dato degli elementi per poter vivere in modo consapevole l’attuale esperienza dell’Aik ido. Sono attratta dall’essenza di questa arte marziale, dal fatto che non venga uSHIN BUN NEWS sata la propria forza ma che, spesso, si sfrutti quella del partner con cui si pratica, dal rispetto esistente tra i praticanti; mi piace il fatto che, contrariamente ad altre arti marziali, esso sia incentrato su un movimento circolare: mi fa pensare all’energia che, partendo dall’individuo, si espande in tutte le direzioni con armonia, fermezza e stabilità al tempo stesso. Quando guardo i praticanti avanzati eseguire le tecniche, ho l’impressione di as- sistere ad una sorta di danza elegante e sinuosa, coordinata e permeata di energia positiva e sono contenta di aver fatto il mio ingresso in questo nuovo mondo, di aver iniziato un nuovo cammino che mi si schiude, lezione dopo lezione, nella sua bellezza, complessità e che lascia scorgere bagliori di un futuro pregno di nuove ed interessanti sorprese. Jacqueline Gentile Bioenergetica:emozioni ed espressione corporea nella teoria olistica Prima puntata. Energia, consapevolezza ed espressione corporea di Maria Martinelli Nella concezione olistica, l’unità corpo-mente-spirito è indissolubile ed è legata a un altro concetto fondamentale, che è quello di energia. Il campo energetico universale era conosciuto, nelle diverse civiltà, circa 5000 anni prima di Cristo. In India, esso veniva definito “fonte che dava origine ad ogni forma di vita” ed era denominato prana; i Greci lo consideravano come un corpo luminoso in grado di curare le malattie e lo chiamavano energia vitale. Nel XIX secolo, Mesmer lo definì fluido magnetico; negli anni '40 Reich lo definì energia orgonica; poi Lowen parlò di bioenergia ed elaborò la terapia detta Analisi Bioenergetica, che è un modo di comprendere la personalità nei termini dei suoi processi energetici. L’energia è la forza su cui poggia lo spirito ed è quindi la base della spiritualità del corpo. Usata consciamente, essa diventa forza. Nell’Analisi Bioenergetica, viene messo l’accento soprattutto sul linguaggio corporeo, sull’espressione e sulla sperimentazione nel presente delle emozioni soffocate e spesso rimosse. Il campo di energia misurabile di un sistema biologico è chiamato campo bioenergetico Pagina 23 dai ricercatori odierni e aura dai terapeuti. La prima definizione è relativa a studi effettuati in laboratorio, la seconda deriva da una conoscenza sensibile ed intuitiva. I processi bioenergetici del corpo sono in relazione con lo stato di vitalità del corpo stesso: più si è vivi, più energia si ha; la rigidità e la tensione cronica diminuiscono la vitalità. Una buona postura è segno che le varie parti del corpo lavorano tra di loro in modo corretto e godono di buona salute. Secondo la teoria sulla quale si fondano sia la tecnica psico-corporea di Integrazione Posturale – sviluppatasi sulla base della Analisi Bioenergetica – sia il Rolfing, dentro di noi c’è un meccanismo di mantenimento della forma e della mobilità fisica, purtroppo poco conosciuto. Esso si chiama fascia: si tratta di un tessuto diffuso in tutto l’organismo che avvolge, separa, nutre, compatta e sostiene ogni parte del corpo. Quando siamo affetti da uno squilibrio di qualsiasi genere (fisico, emozionale, mentale, spirituale), questo si manifesta sul piano somatico con una modificazione della postura: se osserviamo con occhi attenti come si muove una persona, possiamo dire che cosa le sta “succedendo dentro”. Ogni cambiamento posturale, che persista nel tempo o abbia una certa intensità, si trasmette alla fascia, la quale mette in moto processi chimici di densificazione per sostenere il maggiore stress. Essa pare comportarsi come una memoria che sfrutta la percezione del movimento in ogni parte del corpo. I guasti al nostro organismo derivano, in effetti, da un insieme di tensioni che si compensano l’una con l’altra nel tentativo di mantenere la stazione eretta, mentre la spina dorsale perde la sua flessibilità e si accorcia. La scoliosi, l’artrosi cervicale o lombare, l’ernia del disco sono alcune delle conseguenze di uno sviluppo eccessivo, nella nostra civiltà, della funzione pensante a spese di una equilibrata integrazione tra le parti del nostro essere. Simbolicamente, la spina dorsale è il tronco del nostro albero della vita: essa ci sostiene e ci permette di essere di fronte al mondo eretti, ma insieme flessibili, di far fluire tutta la nostra energia vitale adattandoci alle molteplici richieste dell’ambiente. Quando ci irrigidiamo di fronte alla vita, “teniamo duro” per troppo tempo oppure ci lasciamo anSHIN BUN NEWS dare ripiegandoci su noi stessi ed evitiamo di affrontare le cose faccia a faccia, la spina dorsale si indebolisce e perde la capacità di rispondere correttamente alle sollecitazioni. Il mal di schiena, sia esso di origine psicogena o traumatica, si cronicizza nel tentativo disarmonico di rapportarsi alla forza di gravità. La condizione di salute difficilmente si riscontra negli individui, dove per salute si intende non solamente la mancanza di un quadro patologico, ma uno stato positivo di energia fisica, lucidità mentale e pace dell’anima: una condizione “attiva” di armonia con l’ambiente e di piacere per la vita. Il solo crescere e sviluppare un ego porta a una quantità sufficiente di conflitti interiori ed esteriori. La lingua inglese gioca in modo interessante e rivelatore con la parola selfconsciousness nei suoi tre significati: consapevolezza, consapevolezza di sé ed autoconsapevolezza. Sono simili, ma descrivono concetti e stati dell’essere piuttosto diversi. Nasciamo con/come un sé. Il nostro ego, la parte consapevole del nostro sé o il nostro senso del sé (cioè, la nostra percezione di chi siamo), non si è ancora sviluppato. L’ego e il sé non sono separati o divisi, poiché l’ego è radicato nel sé, il che vuol dire che, in questo stadio, la nostra percezione di chi siamo proviene da come ci sentiamo. Col crescere della consapevolezza, l’ego si sviluppa, ma può svilupparsi verso la consapevolezza di sé o verso l'autoconsapevolezza: la consapevolezza di sé si sviluppa quando c’è poco conflitto tra l’ego e il sé; l’autoconsapevolezza, al contrario, si sviluppa quando, piuttosto che provenire dal corpo e dalle sue sensazioni, proviene dall’esterno, come se percepissimo chi siamo attraverso gli occhi di un osservatore esterno; in questo caso, la percezione di chi siamo si trasforma in una immagine - spesso ideale e stereotiPagina 24 pata - che abbiamo di noi stessi. L'esperienza interiore individuale dell'autoconsapevolezza varia, naturalmente; tuttavia, sensazioni di goffaggine, vergogna e incongruenza rispetto al mondo esterno sono comuni. Dall'esterno, l'autoconsapevolezza è anche percepita come goffaggine e come meccanicità nel movimento. La meccanicità proviene da un coinvolgimento della volontà, che rende il movimento volontario. I movimenti spontanei, invece, sono compiuti principalmente dall'impulso e dal sentire, con poco coinvolgimento dell'ego. Movimenti aggraziati sono caratterizzati da un equilibrio tra movimenti spontanei e voluti consciamente. Ciò è descritto benissimo da Lowen: l'ego nella sua relazione al corpo è come un cavaliere sul cavallo; se impone la sua volontà, può far fare all'animale ciò che vuole ma, in quel caso, sacrificherà la grazia naturale del cavallo. Se guida il cavallo, permettendogli di rispondere con le sue sensazioni, cavallo e cavaliere diventeranno tutt'uno in movimenti che sono aggraziati e piacevoli. Ecco perché la terapia bioenergetica insiste sulla necessità del radicamento (grounding), in quanto nelle persone esistono difficoltà, rifiuto e paura ad aprirsi alla dimensione energetica della Terra. L'energia deve venire dal basso ed essere radicata nella metà inferiore del corpo, lontano dalla testa, cominciando dai piedi e fluendo all'insù attraverso la pelvi. Qualsiasi movimento, anche quello della parte superiore del corpo, appare in qualche modo meccanico, a meno che non abbia una connessione con il terreno. Diversamente dai "semplici movimenti", i movimenti radicati forniscono l'esperienza interiore di connessione e gioia che possono spontaneamente mostrarsi nel viso con un sorriso o anche con una soffusa luminosità. Mentre l'autoconsapevolezza tende al trattenimento e all'arrossire, l'energia che fluisce fa risplendere il viso e brillare gli occhi. L'affannarsi, per esempio, è il nemico naturale del fluire dell'energia. Affannarsi implica una tendenza allo sradicamento, a tirarsi via dal terreno, a tirarsi via dalla pelvi. Affannarsi è un risultato di un tratto del carattere o dell'incalzare del tempo. In entrambi i casi l'ego e i pensieri sono già occupati da attività future in competizione e perciò già staccati dal corpo e dai suoi sentimenti. Non c'è tempo per sentire. Spesso questo si mostra fisicamente in una testa che è protrusa in fuori e in avanti rispetto al resto del corpo e in occhi che sembra non stiano nelle orbite, anche essi sono "in fuori" e "in avanti". Per controbilanciare, la pelvi è all'indietro. In altri casi, la testa è "sopra a tutto", che pensa, mentre il corpo sottostante sta correndo e i piedi a malapena toccano il suolo. In queste condizioni il corpo, incluso il collo, deve irrigidirsi. Come l'affannarsi è nemico del flusso energetico, così lo è anche lo sforzo. Nel precipitarsi, la mente va troppo veloce e in troppe direzioni, mentre lo sforzo richiede che la mente si dedichi a un singolo obiettivo. La volontà si fissa su questo obiettivo piuttosto che essere diretta verso di esso. I muscoli volontari seguono la volontà; spontaneità e serenità rimangono soffocati e imprigionati in questa azione muscolare volontaria. La connessione del sentire con l'obiettivo si perde e l'obiettivo diventa un valore dell'ego e, a quel punto, o la persona si fissa nel provare a raggiungerlo o l'obiettivo non dà più piacere. Questo fenomeno viene spesso notato nei ballerini: anche se sembrano aggraziati quando danzano, i loro movimenti di ogni giorno sembrano ripetitivi e controllati, perché i loro muscoli sono stati strutturati dall'eccessivo esercizio e hanno perso l'impulsività e la spontaneità. ( Continua…) SHIN BUN NEWS Lo Spazio dei Piccoli Allegra e Valentina, due giovanissime praticanti di Aikido, raccontano… a cura di Paolo Gissi Le lezioni per i più piccoli nello Shin Bu Dojo. Le lezioni dei bambini, nello Shin Bu Dojo, sono diverse da quelle degli adulti. Appena arrivati ci togliamo le giacche e, negli appositi spogliatoi, indossiamo il kimono, cioè una giacca e dei pantaloni bianchi fermati in vita dalla cintura. Alle 18:00 ci mettiamo in ginocchio sul tatami, una specie di materasso che evita di farsi male durante la lezione, ed eseguiamo il saluto iniziale (diverso da quello finale). Iniziamo con gli esercizi del ri- scaldamento, che ci permettono di aspettare i ritardatari. Di solito, finiti gli esercizi di riscaldamento, eseguiamo la corsa. Prima circa 3 minuti di corsa con esercizi, dopo la corsa ad ostacoli. Il maestro, insieme alla sua aiutante, ci aspetta in un angolo per colpirci col bastone di gommapiuma, che dobbiamo evitare. Dopo ci sistemiamo in ginocchio, nella parte iniziale della palestra dove, in ordine di anzianità di cintura, eseguiamo le cadute in avanti ed all'indietro. Finite le cadute il maestro e la sua aiutante ci mostrano le tecniche, cintura per cintura. Ci dividiamo in coppie di uguali cinture, le eseguiamo, e le mostriamo al maestro. Nella parte finale della lezione giochiamo: il maestro ci fa dividere in gruppi e ci fa scegliere un gioco, fra quelli stabiliti negli anni passati. Alle 19:00 eseguiamo in ginocchio il saluto finale ed andiamo negli spogliatoi per toglierci il kimono. Allegra Braccia aperte all'Aikido. Ciao ragazzi, vi scrivo per informarvi di una bellissima iniziativa: "l'Aikido per bambini"!. Cosa è l'Aikido? Ma come, non lo sapete? L'Aikido è un'arte marziale di difesa, ed è insegnata per i più piccoli in modo divertente e giocoso, in modo da non annoiarsi mai! Naturalmente ci sono dei momenti di tecnica, ma ci sono anche dei momenti di gioco, come ad esempio il gioco del gallo, o la staffetta, ristrutturati a stile… AIKIDIANO! Allora che cosa aspettate, andate ad iscrivervi alla più vicina palestra di Aikido, e ne vedrete delle belle!!! Vostra amica Valentina PS: L'Aikido non è uno sport solo per maschi, quindi femminucce non lasciatevi sfuggire questa opportunità. VI ASPETTO!!! Pagina 25 SHIN BUN NEWS Lo Spirito di Samurai di Roberto Vinciguerra Pagina 26 SHIN BUN NEWS Pagina 27 SHIN BUN NEWS Storie Zen a cura di Vincenza Patruno Gli insegnanti di Zen abituano i loro giovani allievi a esprimersi. Due templi Zen avevano ciascuno un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi bambini, andando a comprare le verdure, incontrava l’altro per la strada. "Dove vai?" domandò il primo. "Vado dove vanno i miei piedi" rispose l’altro. Questa risposta lasciò confuso il primo bambino, che andò a chiedere aiuto al suo maestro. "Quando domattina incontrerai quel bambino" gli disse l’insegnante "fagli la stessa domanda. Lui ti darà la stessa risposta, e allora tu domandagli: "Fa’ conto di non avere i piedi: dove vai, in quel caso?". Questo lo sistemerà. La mattina dopo i bambini si incontrarono di nuovo. "Dove vai?" domandò il primo bambino. "Vado dove soffia il vento" rispose l’altro.Anche stavolta il piccolo rimase sconcertato, e andò a raccontare al maestro la propria sconfitta. "E tu domandagli dove va se non c’è vento" gli consigliò il maestro. Il giorno dopo i ragazzi si incontrarono per la terza volta. "Dove vai ?" domandò il primo bambino. "Vado al mercato a comprare le verdure" rispose l’altro. Giochini Zen a cura di Emanuele Covino 1. . Unisci i puntini 1. Scopri le differenze fra le figure 1. - Quanti maestri zen servono per avvitare una lampadina? -Nessuno, sono già illuminati. Pagina 28 SHIN BUN NEWS Le Regole del Dojo a cura di Gaetano Nevola Regole del Dōjō 1. Conformarsi alle norme della buona educazione, osservare le regole e seguire fedelmente gli insegnamenti dei maestri. 2. Quando si entra nel dōjō, togliersi nell'ingresso cappello, guanti, soprabito, ecc., e, dopo aver eseguito il saluto in direzione del lato principale (shōmen), salutare il maestro e andare a cambiarsi nello spogliatoio. 3. Nel caso si arrivi in ritardo e l'allenamento sia già iniziato, si dovrà attendere ai bordi del tatami finché non siano conclusi gli esercizi di respirazione e torifune. 4. All'interno del dōjō osservare l'armonia reciproca e impegnarsi nella pratica con gioia e serenità. 5. Praticare con serietà e spontaneità, sforzandosi di evitare infortuni. 6. Dedicare sufficiente tempo alla pratica da soli. 7. Non criticare mai le tecniche eseguite da altri praticanti. 8. Nella pratica con le armi (jō e bokken) attenersi correttamente alle regole stabilite. 9. L'abbigliamento usato durante la pratica (keikogi e hakama) deve essere sempre pulito. 10. Prima di iniziare la pratica è opportuno togliersi gioielli, orologi, ecc., legarsi i capelli, se portati lunghi, e assicurarsi che le unghie siano corte, al fine di prevenire incidenti. 11. Al termine di ogni allenamento fare sempre le pulizie del dōjō così da permettere che la pratica si svolga in un ambiente pulito. 12. E' proibito fumare all'interno del dōjō e non sono ammesse persone in stato di ubriachezza. 13. Nel dōjō astenersi dal fare discorsi di natura privata che esulano dal contesto della pratica e possono intrarciarla. 14. I visitatori sono invitati ad osservare l'ordine stabilito all'interno del dōjō e, dopo aver ottenuto il permesso, possono assistere agli allenamenti sedendo in seiza nel posto che viene loro indicato. 15. Quando ci si reca a praticare in altri dōjō, osservare con attenzione le regole in essi stabilite e non toccare assolutamente gli oggetti (armi, ecc.) presenti nel dōjō in cui si viene ospitati. Norme generali di etichetta, regole da osservare sul tatami 1. Cercare di uniformare il modo di esprimersi e di comportarsi nella vita quotidiana alla pratica dell'aikidō. 2. Evitare di passare davanti alle persone. 3. Quando si apre o si chiude una porta, accertarsi che non vi siano persone nelle immediate vicinanze. 4. Nel porgere o ricevere un oggetto utilizzare entrambe le mani. 5. Se ci si rivolge ad una persona seduta sul tatami, sedersi in seiza prima di salutare, parlare o porgere qualcosa. 6. Non soffermarsi in piedi dietro ad una persona che sta seduta sul tatami (tale norma di buona educazione deriva dal fatto che in Giappone tale posizione veniva tradizionalmente assunta da coloro che recidevano il collo a chi commetteva seppuku). Pagina 29 SHIN BUN NEWS Le Regole dello Shin Bu a cura di Gaetano Nevola e Fabrizio Ruta Ferme restando le regole descritte precedentemente 1) Onora maestro e sua famiglia. (Non toccare moglie di maestro). 2) Non avrai altro sensei all’infuori di tuo maestro Ruta. 3) Non desiderare i “kyu” di altri. (I dan poi, scordali proprio). 4) Lava piedi prima di salire su tatami, se vuoi puoi fare doccia completa prima di allenamento. 5) Usa sempre ghi puliti e profumati. (L’omo non addà puzzà) 6) Allenati con Costanza (Maria, Vincenza, Jacqueline, Valeria, Ilaria, Maurizia, Rossella, ecc.). 7) Quando ti lavi non allagare vano doccia. Se proprio non riesci a camminare sospeso nell’aria, cerca almeno di asciugare e non sporcare vano spogliatoio. 8) Se bagno ha luce accesa vuol dire che è occupato, se dopo mezza ora è ancora accesa vuol dire che chi è uscito prima non l’ha spenta. In ogni caso prima di entrare bussa. 9) Non lasciare ciabatte in spogliatoio. Se asciutte riponi in scarpiere. Se bagnate porta via (scarpe no scarpiere). 10) Se esci ultimo da spogliatoio spegni luce. 11) Pratica senza far male uke. 12) Non usare armi altri, se hai tue bene, se no ci sono quelle comuni in rastrelliera. (Se compri meglio). 13) E’ assolutamente vietato usare armi non tue chiuse in foderi. 14) Dopo lezione riponi tutte armi che hai usato al loro posto. 15) Non sottrarre armi da dojo. 16) Tutto ciò che dimentichi in palestra o in spogliatoio diventa di proprietà di maestro. 17) Paga puntualmente mensile: erede cresce e latte costa. 18) Se non hai ancora capito in questo dojo no democrazia: comanda maestro!!! RUTA DIXIT: “Ragazzi...sto una pezza…” LaSpezia 1999 Pagina 30 SHIN BUN NEWS I Pensieri di O’ Sensei a cura di Gaetano Nevola Una roccia in mezzo al fiume Mi chiedono sovente cosa auguro, cosa vorrei veder realizzato per coloro che studiano l'Aikido. Ecco, spero che tutti sappiano guardare con attenta considerazione al mondo che li circonda e con eguale attenzione sappiano ascoltare quello che dicono gli altri facendo tesoro di quanto di buono c'è nelle parole di ognuno. E spero anche che questo atteggiamento sia per ogni allievo una base da cui ampliare il suo punto di vista. Ponete mente al moto dell'universo e fatene fonte di sapere perché solo dopo averne raggiunta una perfetta comprensione si diviene capaci di agire senza esitazioni. Poi, dopo aver agito con immediatezza, bisogna riflettere sull'azione compiuta. Costruite questa sequenza di comprensione/riflessione/azione/riflessione e farete costanti progressi. Per chi pratica o desidera praticare un'arte marziale è importante farsi partecipe del moto dell'universo così che ogni più attento sguardo ne riveli un profondo segreto, Ogni cosa ha una voce per chi voglia intenderne il linguaggio. Osservate, per esempio, una roccia in mezzo ad un fiume. Guardate con quanta destrezza l'acqua fluisce intorno ad essa. Da questo apprendete a regolare i vari spostamenti e movimenti del vostro corpo. Montagne e fiumi, alberi ed ogni cosa sulla terra sono i vostri maestri. Ci sono alcuni che non amano la religione, e questo accade perché non la capiscono o non la conoscono. Per quanto possiate non amare la religione, è per voi un vantaggio accettare quanto la religione può offrirvi ed assimilarlo nell'arte marziale che praticate. Quando ascoltate sutre o sacre scritture fatelo con gratitudine. Adattate all'arte marziale i principi che trovate in esse, avendo sempre presente, nel cominciare i vostri studi, il moto e l'armonia delle cose nell'universo. Così, quando leggete sutre o sacre scritture o qualsiasi altra cosa, ponete tutta la vostra abilità nel cercare di assorbire quanto lo scrittore aveva da dire. Non dovete mai trascurare niente. Comprensione, riflessione, studio devono essere perseguiti costantemente. Ricordo una strofa di un canto della religione cui sono stato convertito " In tutto il mondo, nello stesso tempo, fioriscono i fiori di susino ". Il fiore di susino ha cinque petali che fanno pensare ai cinque elementi terra, acqua, fuoco, vento ed aria. Dunque, anche questo piccolo fiore ci insegna qualcosa dell'armonia dell'universo. Guardando tutte le cose con occhi consapevoli, senza trascurare nulla, tenendo sempre presente nella vostra mente il vario moto delle cose nell'universo, allora la vera essenza, l'anima dell'universo vi si rivelerà. E' vero che il mondo fu fatto e completato nei Cieli, ma siamo noi che dobbiamo conservarlo. Solo osservando attentamente il moto dell'universo intorno a noi potremo scegliere la giusta via per poterlo custodire. Pagina 31 SHIN BUN NEWS Il segreto di un cerchio Le tecniche di Aikido si generano nel momento in cui un cerchio, ruotando, ne incontra un altro e lo spirito del cerchio si determina quando il corpo reagisce ai movimenti delle tecniche. I cerchi sono vuoti. Essere vuoti significa essere libero e senza costrizioni Quando un centro si genera nel vuoto esso produce Ki. Lo spirito sta nel centro del vuoto quando il centro è in accordo con l'universo infinito. Lo spirito è la sorgente dell'intero universo, madre dell'eternità. Con lo spirito nel centro, un cerchio contiene gli elementi capaci di creare numerose tecniche. I cerchi sono pregnanti e densi. Tutte le creature sulla terra possono essere unite fra loro se allevate e protette da cerchi. Tutti gli accadimenti nel mondo si generano dal movimento di cerchi e il Bu (arte marziale) dell'Aikido è uno di essi. E' il cerchio che racchiude in sé lo spirito che aiuta l'uomo a prosperare in unità di corpo e di mente. Nel cerchio dell'Aikido, che ha in sé lo spirito, sono presenti infinite tecniche pronte a prendere forma ad ogni momento. Se non fosse per l'esistenza di cerchi che hanno in sé lo spirito, la prosperità dell'uomo sarebbe difficile da realizzare. Lo spirito del cerchio è la radice del Bu dell'Aikido. Quando riusciamo ad avere un tale spirito dentro di noi, possiamo assorbire ogni cosa come se la tenessimo nelle nostre mani, fronteggiando un attacco. Ciascuno ha un suo proprio spirito. Quando da entrambe le parti gli spiriti sono in armonia fra di loro, producono genuini movimenti di Aikido che risultano inseriti in un cerchio. I cerchi hanno tutto ai loro ordini. Il segreto di un cerchio è di far sì che ogni tecnica abbia origine dal centro del vuoto. Ueshiba Morihei Pagina 32 SHIN BUN NEWS Dizionario giapponese-italiano a cura di Jacqueline Gentile (lettere A … F) A Ai = Armonia,unione. Ai è il principio attivo dell’Aikido Ai hanmi = Posizione reciproca in cui entrambi gli atleti hanno il medesimo piede avanzato Ai hanmi katate dori = Presa con la mano destra sul polso destro e viceversa Aiki = Armonia del ki.Tutti gli elementi dell’universo sorgono attraverso l’armonia del ki positivo e negativo.Chi pratica l’aikido cerca di armonizzare il proprio ki con quello del compagno e con l’ambiente che lo circonda Aikido = L’arte di utilizzare con armonia l’energia interna. Nome che ha scelto il Fondatore dopo decenni di severa disciplina fisico-psichica per definire l’attività che si pratica sul tatami Aiki ken = Tecniche aiki di spada. Arte della spada secondo i principi dell’aiki (che sta alla base dell’Aikido) Aiki otoshi = Lancio con caduta di schiena Aiki taiso = Fare ginnastica per prepararsi alle tecniche dell’Aikido Arigato gozaimashita = Saluto finale (forma elegante e cortese di saluto) e che letteralmente vuole dire “molte grazie” per qualcosa che è stata appena finita. Ashi = Piede, gamba Ashi-Kubi = Caviglia Ashi-Waza = Tecnica dei movimenti di gamba Atemi = Colpo ad un punto vitale del corpo.Il colpo difensivo utilizzato per neutralizzare il ki dell’avversario. Ayumi = Marcia Ayumi-Ashi: Movimenti di spostamento naturale B Barai o Harai = Sgambettare Bokken = Spada di legno ad imitazione del Katana Bogyo = Difesa Boshi = Pollice Bu = Marziale.Valore e spirito indomabile,non rivalità o conflittualità. L’Aikido è l’espressione più alta del Bu. Budo = Arte marziale. Budoka = Praticante di arti marziali Bujin: Guerriero Bushi: Guerriero C Chiara = Forza Chudan = Medio Chudan tsuki = Attacco con pugno,bastone,spada ecc....altezza media D Dan = Gradi delle cinture nere Do = Arte,via.In Giappone viene considerata un Do ogni arte tesa a sviluppare il fisico e lo spirito (via per armonizzare corpo e mente) Dojo = Palestra,locale dove viene praticata un’arte. Dori = Presa Dosa = Esercizi Doshu = Gran Maestro. Seguendo la tradizione Giapponese la posizione del Doshu viene ereditata.Ueshiba Kisshomaru il figlio del Fondatore è l’attuale Doshu E Eri = Bavero (parte alta) Embukai = Manifestazione aperta al pubblico F Fudo no shisei = Posizione immobile.In piedi o seduti occorre rimanere sempre immobili,non rigidi ma imperturbabili Fukka = Posizione seduta a gambe incrociate Pagina 33 SHIN BUN NEWS Ricette dal Giappone a cura di Gaetano Nevola Chawan-mushi Ingredienti Antipasto 90 g di funghi cinesi, 3 uova, 3 tazze di dashi (brodo di pesce) 2, 1 cucchiaino di sale, 1 cucchiaio di salsa di soia, ½ tazza di pollo cotto tagliato a dadini, 6 gamberetti cotti tagliati a pezzetti, 6 castagne d'acqua tagliate a dadini, 1 cucchiaio di mirin (aceto di vino dolce e poco alcolico ricavato dal riso), 4 foglie di spinaci. Preparazione Lavate i funghi e teneteli a bagno in poca acqua per un'ora circa o finché sono morbidi. In una ciotola battete le uova, il dashi, il sale e metà della salsa di soia. In una altra ciotola mescolate, amalgamando bene, i funghi tagliati a dadini, il pollo, i gamberetti, le castagne, il mirin e la salsa di soia. Distribuite il composto nel fondo di 4 tazze da chawan-mushi o in stampini alti da crème-caramel. Nelle 4 tazze, o stampini, versate in parti uguali il composto a base di uova e dashi; posate in superficie lòe foglie di spinaci ben lavate e sgrondate. Portate a bollore, in una pentola a bordi alti, la quantità d'acqua sufficiente per arrivare circa a metà altezza delle tazze; calatevi delicatamente queste ultime, mettete un coperchio alla pentola e cuocete a calore medio per 13-15 minuti(se utilizzate le tazze da chawan-mushi, chiudete bene con i rispettivi coperchi; se usate invece stampini da crème.caramel, copriteli bene con un foglio d'alluminio ma lasciate parzialemnte scoperta la pentola). Per sentire il giusto punto di cottura, pungete la crema con un stecchino di legno: è pronta quando lo stecchino esce pulito. Non cuocete troppo altrimenti impazzirà. Servite caldo nei recipienti di cottura, come portata principale o come accompagnamento a un piatto di carne. Minestra d'uova Ingredienti Zuppe e Minestre 3 cucchiaini di maizena (mais bianco), 2 cucchiai di acqua, 4 tazze di dashi (brodo di pesce) 1, 1 cucchiaino di sale, 3 cucchiai di salsa di soia, ½ cucchiaino di glutammato monosodico, 2 uova, 1 radice di zenzero, 15 g di mitsuba (prezzemolo di palude) oppure 2 cucchiai di porro finemente tritato. Preparazione Diluite la maizena con l'acqua, poi mescolatela al brodo e mettete tutto in una casseruola; aggiungetevi il sale, la salsa di soia, il glutammato monosodico e portate a bollore mescolando. Battete a parte le uova e versatele lentamente, a filo, nel brodo caldo, nello stesso tempo mescolando con un movimento circolare. Cuocete finché le uova salgono in superficie. Versate in coppe individuali da minestra. Spremete lo zenzero con uno spremi aglio e fate cadere in ogni coppa due gocce di sugo; aggiungete il mitsuba, se possibile, oppure cospargete di porro tritato, servite subito. Tempura Ingredienti Secondi Piatti 700 g di gamberetti, 800 g di filetti di sogliola, 1 coda d'aragosta, 2 carote medie, ½ melanzana media, 220 g di fagioline verdi. Per la minestra tensuya: 1 tazza di dashi (brodo di pesce) 2, 1/3 di tazza di mirin (aceto di vino dolce e poco alcolico ricavato dal riso), 1 cucchiaino di zucchero, 1/3 di tazza di salsa di soia, 1/3 di cucchiaino di glutammato monosodico. Per servire: olio abbondante per friggere, daikon (ravanello giapponese), rafano (ravanello) appena grattugiato, zenzero appena grattugiato, succo di limone. Preparazione Lavate, scolate e sgusciate i gamberetti badando a lasciare la coda intatta. Praticate un'incisione nel senso della lunghezza, eliminate la vena e fate un altro piccolo taglio nella parte inferiore, vicino all'estremità, per evitare che i g a m b e r e t t i s ' a r r i c c i n o t r o p p o d u r a n t e l a c o t t u r a . Lavate i filetti di sogliola e tagliateli in quadrati di 6 cm circa di lato; tagliate a pezzetti la coda di aragosta. Asciugate tutto con cura. Raschiate e lavate le carote, tagliatele a fettine lunghe 7 cm circa; lavate e pelate la melanzana, tagliatela a fette spesse ½ cm, e ogni fetta in quarti; nettate i fagiolini eliminando le estremità e, se c'è, il filo, e tagliateli in tronchetti di 7 cm circa. 1 e ½ tazza di farina, 1 uovo, 1 tazza d'acqua. Setacciate la farina. In una tazza battete insieme l'uovo e l'acqua, poi gradualmente unitevi la farina, mescolando Pagina 34 SHIN BUN NEWS molto delicatamente con una forchetta. Non usate assolutamente un mixer elettrico, e badate a non mescolare troppo. Per la minestra tensuya: Riunite tutti gli ingredienti in una casseruola, portate a bollore mescolando, togliete dal fuoco e conservate coperto fino al momento dell'uso. Per servire: Versate 6-7 centimetri d'olio in una padella a bordi alti e scaldatelo a 180° scarsi. Mentre l'olio si sta scaldando versate la salsa in ciotole individuali e distribuitele nei posti riservati ai commensali; mettetevi accanto piattini di daikon, rafano e zenzero. Mettete una piccola brocca di succo di limone in un punto dove tutti la possono raggiungere facilmente. Quando l'olio è pronto, cominciate a friggere; prendete i gamberetti per l'estremità, tuffateli nella pastella poi nell'olio, friggeteli finché sono leggermente dorati da ogni parte, sgocciolateli e immediatamente serviteli; procedete nello stesso modo per gli altri ingredienti, con la sola differenza che per immergerli nella pastella dovrete usare un cucchiaio. Continuate così, sempre servendo ogni cosa non appena dorata e sgocciolata, fino ad esaurimento degli ingredienti; ogni commensale provvederà da sé a condire quel che gli viene servito. Broccolo alla senape Contorni Ingredienti 500 g di broccoli tritati grossolanamente, ½ cucchiaino di sale, 1 tazza d'aceto, ¼ di cucchiaino di glutammato monosodico, 2 e ½ cucchiai di senape, 4 cucchiaini di zucchero Preparazione Nettate e lavate i broccoli, copriteli a filo con acqua salata, portate a bollore; togliete dal fuoco, versate via l'acqua calda e bagnate con altra fredda; scolate bene e mettete in una ciotola. Unite gli altri ingredienti, già mescolati insieme a parte, poi versate tutto in un vaso, coprite e lasciate riposare due giorni. Prima di servire fate ghiacciare in frigorifero. Dolce di Azuki Dolci Ingredienti Per il ripieno: 2 tazze di azuki (fagioli di soia rossi), 2 tazze di zucchero, 1 tazza di castagne. Per la pasta: 2 tazze di farina, 1 tazza di zucchero, ½ cucchiaino di sale, 1 cucchiaino di lievito in polvere, 1 uovo, 2 cucchiai di olio. Preparazione Per il ripieno: Tenete gli azuki a bagno in acqua fredda per almeno 8 ore; bolliteli finché sono teneri, scolateli e passateli al setaccio. Rimettete la purea al fuoco per qualche istante, mescolando senza interruzione perché non bruci, e fatela asciugare bene; togliete dal fuoco, subito aggiungete lo zucchero e mescolate finché è sciolto. Intanto avrete lessato, sbucciato e tritato finemente le castagne; unitele alla purea di azuki, mescolate ancora e lasciate raffreddare. Per la pasta: Setacciate insieme in una terrina gli ingredienti asciutti; aggiungetevi l'uovo leggermente battuto, l'olio e acqua quanta ne occorre per ottenere un impasto piuttosto sostenuto. Lavoratelo bene sulla spianatoia infarinata, poi con il mattarello tiratene una sfoglia spessa 4-5 millimetri, che ritaglierete in forme diverse. Mettete su ogni pezzo di sfoglia un cucchiaio da tavola ben colmo di ripieno, chiudete premendo insieme gli orli e cuocete a vapore per 45 minuti, poi fate dorare rapidamente in forno ben caldo. Buon Appetito!!! Pagina 35 SHIN BUN NEWS La Redazione ringrazia… Ed eccoci qui… Incredibile, ma vero, il numero 0 dello Shinbun -News ha visto la luce. La redazione ha ricevuto una tale quantità di materiale da essere indecisa se pubblicarlo sul bollettino oppure creare il primo numero di un’enciclopedia del dojo. Scherzi a parte, aikidoisti (noi compresi), siete stati GRANDI ad aver messo a disposizione la vostra penna, il vostro umorismo, il vostro estro, le vostre esperienze di vita e, soprattutto, ad aver aderito a questa bella iniziativa con grande entusiasmo e partecipazione. I contribuiti dei praticanti e del maestro hanno solo confermato la splendida atmosfera di complice solidarietà e di amicizia presente nel dojo e la capacità di sapersi divertire con poco ma in maniera genuina e spensierata. Mettere insieme i diversi punti di vista, scrivere, leggere i lavori ha dato l’occasione di conoscerci meglio, di fare ricerche sull’Aikido ed altro e, quindi, allo stesso tempo di soddisfare varie curiosità. La redazione, quindi, ringrazia per aver fatto in modo che l’iniziativa del giornale proposta dal maestro diventasse concreta e che le storie narrate o disegnate che ognuno di noi ha voluto raccontare agli altri si trasformassero in una realtà stampata su carta. Questo ci ha molto entusiasmati e divertiti (ehm…forse un po’ si nota dalla foto, no?). Vi auguriamo, quindi, una buona lettura sperando che il La Redazione riceve i consensi del dojo numero 0 sia solo l’inizio di un percorso che affianchi la nostra pratica al dojo e che la vostra partecipazione sia sempre attiva in modo da rendere continuative ed aggiornate le uscite del bollettino. Vi invitiamo ad esporre i vostri giudizi su questo lavoro, ad apportare critiche costruttive, a segnalare cosa potrebbe essere migliorato: siamo qui per ascoltarvi e per crescere insieme. Speriamo vivamente che questo primo numero sia di vostro gradimento anche perché, se così non fosse, sappiate che…NON AVRETE MAI LE NOSTRE DIMISSIONI! SHIN BUN—NEWS E-MAIL: [email protected] SHIN BU DOJO VIA G. PETRONI TRAV.39 N.5 TEL.:080/5574488 E-MAIL: [email protected] WWW.TANTRA-SEX-LOVE-SPIRIT.COM/SHIN-BU/ Pagina 36 SHIN BUN NEWS