L`offerta gratuita di azioni ai dipendenti quale liberalità indeducibile
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L`offerta gratuita di azioni ai dipendenti quale liberalità indeducibile
12/02/2000 PIANI DI AZIONARIATO ASSEGNAZIONE DI AZIONI AI DIPENDENTI n. 6/2000 – Pag. 671 L’offerta gratuita di azioni ai dipendenti quale liberalità indeducibile dal reddito d’impresa di Eleuterio Lancia SOMMARIO Pag. 1. L’offerta gratuita di azioni ai lavoratori intesa come liberalità per lavoro dipendente 671 2. I costi di emissione delle azioni offerte gratuitamente ai dipendenti 672 2.1. I costi di emissione delle azioni offerte ai propri dipendenti 672 2.2. I costi di emissione delle azioni offerte dalla società controllante ai dipendenti della controllata 672 Pag. 3. Il valore delle azioni qualificabile come liberalità per lavoro dipendente 3.1. Azioni emesse dalla società ed offerte ai propri dipendenti 3.2. Azioni emesse dalla controllante ed offerte ai dipendenti della controllata 3.3. Azioni della società controllata offerte ai dipendenti della controllante 673 673 674 675 1. L’offerta gratuita di azioni ai lavoratori dificato, prevede, infatti che non concorre a formare intesa come liberalità per lavoro dipendente il reddito di lavoro dipendente, il valore delle azioni Per i lavoratori dipendenti è prevista dall’art. 48, comma 2, lettera g) del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 una particolare agevolazione fiscale intesa a favorire, tra l’altro, un interesse e un legame più stretto con l’azienda in cui operano, con riflessi presumibilmente positivi sul piano della produttività. La previsione legislativa, nel testo di recente mo- offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 4 milioni di lire, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione. Il beneficio fiscale si applica alle azioni emesse dall’impresa con la quale il soggetto intrattiene il Finanza & Fisco Pag. 672 – n. 6/2000 PIANI DI AZIONARIATO ASSEGNAZIONE DI AZIONI AI DIPENDENTI rapporto di lavoro, nonché alle azioni emesse da società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. Sotto il profilo del reddito d’impresa la questione che si pone è se i costi sostenuti dalla società inerenti alle operazioni di attribuzione dei titoli azionari ai dipendenti siano o meno deducibili dal reddito della società stessa. In merito occorre in primo luogo operare una distinzione tra i costi di emissione delle azioni assegnate ai dipendenti (sostenuti per poter effettuare l’operazione, quali costi notarili, di pubblicità etc.) ed il “valore” delle azioni cedute gratuitamente o a prezzi inferiori a quelli di mercato, che una parte degli operatori fiscali intende come onere deducibile dal reddito d’impresa. In base a tale interpretazione (di cui si parlerà in seguito nei dettagli), la cessione gratuita delle azioni o la cessione a prezzi inferiori di mercato costituirebbe componente negativo del reddito d’impresa, qualificabile come spesa per lavoro dipendente. 2. I costi di emissione delle azioni offerte gratuitamente ai dipendenti 2.1. I costi di emissione delle azioni offerte ai propri dipendenti Ciò posto, per quanto riguarda i costi relativi all’emissione dei titoli, si rileva che trattasi di spese per aumento del capitale sociale, pertanto per gli stessi si rendono applicabili le istruzioni contenute nella circolare del Dipartimento delle Entrate n. 108/E del 3 maggio 1996 (in “Finanza & Fisco” n. 17/96, pag. 1703) in cui è stato precisato che “... in presenza di spese, come quelle relative all’aumento del capitale sociale, per le quali la disciplina civilistica non imponga come obbligatoria l’iscrizione nell’attivo e la conseguente ripartizione in più esercizi, l’eventuale integrale imputazione delle stesse al conto economico dell’esercizio di sostenimento valga anche sul piano fiscale, nel rispetto del principio posto dall’art. 52 del T.U.I.R.” 12/02/2000 2.2. I costi di emissione delle azioni offerte dalla società controllante ai dipendenti della controllata Un discorso a parte meritano i costi di emissione delle azioni nel caso in cui la liberalità viene concessa dalla controllante non ai propri dipendenti, bensì a quelli della controllata, che è pur sempre un soggetto economico e giuridico distinto dalla prima. Alla luce delle istruzioni contenute nella citata circolare n. 108 (che si riferisce agli aumenti di capitale in genere con emissione di azioni da assegnare ai soci o a terzi), parte degli operatori fiscali ritiene che la partecipante può portare in deduzione le spese di emissione dei titoli azionari offerti ai dipendenti della partecipata, anche se si tratta di una liberalità a favore dei lavoratori di una società giuridicamente distinta dalla prima. In realtà si potrebbe sostenere che in tale operazione viene a mancare il requisito dell’inerenza delle spese all’attività d’impresa (quella propria) richiesto dall’art. 75 del DPR. n. 917/1986. Infatti, i costi anzidetti sono sostenuti non per i propri dipendenti, ma per quelli di un’altra impresa e quindi si tratterebbe di una liberalità non ammessa in deduzione in quanto non rientrante neppure nelle previsioni di cui all’art. 62, comma 1, del DPR n. 917/1986, riferibile soltanto ad erogazioni liberali elargite dall’impresa ai propri dipendenti. Si tratta di rilievi che gli uffici tributari potrebbero contestare alle imprese interessate. Se però i costi di emissione vengono riaddebitati dalla controllante alla controllata, la deducibilità degli stessi farà capo a quest’ultima senza tanti problemi. Infatti tali costi costituiscono componenti negativi del reddito d’impresa della società controllata, trattandosi di esborsi corrisposti a fronte di operazioni a favore della stessa ed inerenti all’attività d’impresa, effettuate da parte di un’altra società (quella emittente). E questo anche se la controllante è una società non residente. In quest’ultimo caso i costi riaddebitati sono valutati e ammessi in deduzione dal reddito della partecipata in base al valore normale delle operazioni effettuate alle condizioni previste nel comma 5 dell’art. 76 del DPR n. 917/1986. Finanza & Fisco 12/02/2000 PIANI DI AZIONARIATO ASSEGNAZIONE DI AZIONI AI DIPENDENTI Tuttavia, nel caso in cui la controllante ha la propria sede in uno dei paesi aventi regime fiscale privilegiato, non appartenenti all’Unione Europea, il comma 7-bis dell’art. 76 dello stesso testo unico stabilisce l’indeducibilità, per le imprese residenti, delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra queste ultime e le imprese aventi sede in tali paesi, che direttamente o indirettamente controllano le imprese residenti, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla quelle residenti in Italia. Ciò nonostante, se l’impresa residente in Italia fornisce la prova che la società estera residente in uno dei paesi anzidetti svolge prevalentemente attività commerciale ovvero che l’operazione posta in essere risponde ad un effettivo interesse economico e che l’operazione stessa ha avuto concreta esecuzione, l’amministrazione finanziaria può riconoscere la deducibilità dei costi di emissione delle azioni di cui trattasi. 3. Il valore delle azioni qualificabile come liberalità per lavoro dipendente Più complessa e controversa appare invece la questione relativa alla deducibilità o meno del valore delle azioni attribuite ai lavoratori, gratuitamente o a prezzi inferiori al loro valore, sul presupposto che comunque trattasi di oneri collocabili fra quelli per lavoro dipendente. La fattispecie concerne la possibilità o meno di qualificare come componente negativo di reddito il valore delle azioni offerte gratuitamente. In base ad una interpretazione corrente, tali assegnazioni costituiscono una liberalità nei confronti dei lavoratori dipendenti e di conseguenza sono deducibili dal reddito d’impresa in virtù del disposto di cui all’art. 62, comma 1, del DPR n. 917/1986 il quale stabilisce che le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori. Né può negarsi l’inerenza delle liberalità in esame (azioni attribuite gratuitamente o sottocosto) all’attività d’impresa, atteso che non si tratta di liberalità a favore di soci o terzi (finalità estranee all’eser- n. 6/2000 – Pag. 673 cizio dell’impresa), bensì di erogazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 75, comma 5, dello stesso testo unico, il quale prevede che le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. Le liberalità in esame, riferibili ad attività (quella prestata dai lavoratori dipendenti) da cui derivano i ricavi o i proventi anzidetti, presentano, pertanto, il requisito dell’inerenza. Stabilita in astratto l’inerenza di tali liberalità all’attività d’impresa, occorre però vedere, in concreto, se da essa può derivare la deducibilità delle liberalità stesse, ed all’uopo si rende necessario operare una distinzione tra i diversi casi di attribuzione dei titoli azionari ai lavoratori dipendenti. 3.1. Azioni emesse dalla società ed offerte ai propri dipendenti Nel caso di azioni emesse dalla stessa società con cui i dipendenti intrattengono il rapporto di lavoro, l’assegnazione gratuita dei titoli azionari o a prezzi inferiori a quelli di mercato non può configurarsi, fino a concorrenza del corrispondente valore, come componente negativo del reddito d’impresa. Infatti, l’offerta gratuita ai propri dipendenti avviene tramite l’emissione di nuove azioni, e ciò comporta un aumento del capitale sociale, utilizzando le poste del Patrimonio Netto (ad esempio, le riserve). L’aumento del capitale sociale non fa variare il Patrimonio Netto in quanto si attua tramite la capitalizzazione delle riserve ugualmente appostate nel Netto (si ha un travaso di valori dalle riserve al capitale sociale). E poiché si verifica una permutazione tra parti ideali del patrimonio netto, con l’emissione gratuita di azioni il patrimonio non aumenta e non affluiscono alla società nuove risorse. In seguito alla capitalizzazione delle riserve con emissione di nuove azioni si ha un aumento del numero delle azioni sociali accompagnato da una diminuzione del loro valore corrente: infatti il patrimonio non subisce variazioni, mentre viene frazionato fra un numero maggiore di azioni. In altri termini l’onere è sostenuto non dalla società ma dai soci. Finanza & Fisco Pag. 674 – n. 6/2000 PIANI DI AZIONARIATO ASSEGNAZIONE DI AZIONI AI DIPENDENTI In relazione a quanto sopra non può riconoscersi alle assegnazioni in esame, fino a concorrenza del loro valore, natura di componenti negative del reddito d’impresa, quali liberalità a favore dei propri dipendenti, considerato che l’emissione e l’attribuzione di nuove azioni ai dipendenti si estrinseca in movimentazioni del capitale sociale (aumento dello stesso) nell’ambito del patrimonio netto, movimentazioni queste che non incidono nella determinazione del reddito della società. In sostanza si tratta di una mera riclassificazione delle poste del patrimonio netto. La “neutralità” fiscale del trasferimento di riserve a capitale è sancita, per altro verso, dall’art. 44, comma 2, del DPR n. 917/1986 il quale stabilisce che in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale, le azioni gratuite di nuova emissione e l’aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci. Da quanto sopra detto risulta che ci troviamo di fronte a liberalità a cui da una parte non può essere negata l’inerenza all’attività d’impresa, ma dall’altra rientrano in un meccanismo da cui non si riesce ad evidenziare costi deducibili. A meno che non si voglia sostenere che pur non essendoci, a rigore, un costo contabile e fiscale, lo stesso è rilevabile quale mancato introito che si sarebbe invece verificato nel caso di cessione dei titoli a titolo oneroso. Un costo, cioè, “figurativo”, o “virtuale” al quale solo il legislatore può, però, riconoscerne la deducibilità. 3.2. Azioni emesse dalla controllante ed offerte ai dipendenti della controllata Il caso in esame concerne l’assegnazione di azioni emesse dalla controllante ed attribuite ai dipendenti della controllata, i quali, anche in tale ipotesi, beneficiano dell’agevolazione fiscale recata dall’art. 48, comma 2, lettera g). Nella fattispecie, l’emissione delle nuove azioni ha effetti soltanto sul capitale sociale della controllante nel modo sopra illustrato, tuttavia se tale società riaddebita i costi dell’operazione alla controllata sia con riferimento al valore dei titoli ceduti gratuitamente o sotto costo, sia con riferimento ai costi di emissione dei titoli stessi, è stato detto che la società 12/02/2000 partecipata può invocare anche la deducibilità del valore delle azioni concesse a titolo di liberalità a favore dei lavoratori dipendenti (oltre ai costi di emissione). L’ipotesi parte dalla considerazione che tale operazione si estrinseca in una prestazione di servizi che una società effettua all’altra. Si sostiene, infatti, che tra le due società l’operazione di cui trattasi assume la configurazione di una prestazione di servizi effettuata dalla controllante (emissione ed assegnazione di titoli ai dipendenti della partecipata) dietro pagamento di un corrispettivo da parte della controllata (riaddebito dei costi corrispondenti al valore delle azioni cedute gratuitamente o sotto costo ai dipendenti di quest’ultima). La questione merita un’attenta riflessione. È ben vero che alla partecipata è stato riaddebitato l’onere della cessione gratuita delle azioni, anche con riferimento al valore dei titoli stessi, tuttavia è indubbio che per la società emittente, secondo quanto sopra illustrato, non esistono costi reali, in quanto l’unica conseguenza che deriva dall’emissione di nuove azioni è un aumento del capitale sociale, irrilevante ai fini della determinazione del reddito d’impresa. Insomma, la società controllante riaddebita alla controllata costi che non sono stati da essa sostenuti agli effetti tributari e di conseguenza l’accollo degli stessi non potrebbe trasformare costi figurativi o inesistenti in costi reali e deducibili. Peraltro, il riaddebito di tali oneri potrebbe configurarsi come un’operazione elusiva ai sensi del combinato disposto del comma 1 e del comma 3, lettera f) dell’art. 37-bis del DPR 29 settembre 1973 n. 600, in forza dei quali sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti, con riferimento anche alle operazioni sui titoli in esame. Infatti, soltanto con il riaddebito dei costi di cui trattasi, dall’operazione intercorsa tra controllata e controllante potrebbero scaturire componenti negativi da portare in deduzione che altrimenti sarebbero irrilevanti agli effetti tributari. La tesi appare eccessiva, ma prudenzialmente non ci sentiamo di escluderla a priori, considerato peral- Finanza & Fisco 12/02/2000 PIANI DI AZIONARIATO ASSEGNAZIONE DI AZIONI AI DIPENDENTI n. 6/2000 – Pag. 675 tro l’incerto confine che separa le operazioni qualifi- come rimanenze finali alla formazione del reddito. cabili come elusive agli effetti fiscali da quelle non In questo caso il valore delle azioni offerte graelusive, confine non ancora del tutto chiarito. tuitamente o sottocosto ai dipendenti trova la sua deducibilità. Infatti tale operazione comporta la ri3.3. Azioni della società controllata offerte duzione delle rimanenze finali dei titoli in possesso dell’impresa, con conseguente riduzione del reddiai dipendenti della controllante to imponibile. Dal tenore letterale della norma, così come moC’è tuttavia, ancora un ostacolo da superare. dificata, non è più richiesto, ai fini dell’esclusione Se le azioni di cui trattasi fossero offerte gratuidalla tassazione per il lavoratore dipendente che deve tamente ai soci o a terzi scatterebbe il disposto deltrattarsi di emissione di nuove azioni, come era nel l’art. 53, comma 2, dello stesso testo unico in base al previgente testo con l’espresso riferimento agli arti- quale è considerato ricavo il valore normale dei beni coli 2349 e 2441 del codice civile. ivi elencati (inclusi i titoli) assegnati ai soci o destiQuesto vuol dire che la società partecipante può nati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. offrire ai propri dipendenti, in esenzione d’imposta, Quest’ultima fattispecie riguarda le cessioni grasia titoli già in suo possesso, sia nuove azioni emesse tuite o donazioni dei beni di cui trattasi (è infatti estradalla partecipata ed acquistate dalla partecipante stes- nea all’esercizio dell’impresa la cessione gratuita di sa, sempreché vi sia un rapporto di controllo sulla beni). società partecipata. Ad avviso di chi scrive, per quanto riguarda le Nel caso di specie, sotto il profilo del reddito cessioni gratuite dei titoli in esame ai dipendenti, d’impresa, l’offerta gratuita della controllante ai pro- stante l’inerenza di tale operazione all’attività d’impri dipendenti dei titoli in suo possesso rientra nel- presa, per quanto sopra detto, non dovrebbe verifil’ambito di applicazione dell’art. 6s1 del DPR n. carsi la fattispecie di beni destinati a finalità estranee 917/1986 il quale detta i criteri di valutazione dei ti- all’esercizio dell’impresa, e di conseguenza il valore toli azionari e delle obbligazioni appartenenti all’im- normale dei titoli in esame non assumerebbe natura presa alla chiusura dell’esercizio che concorrono di ricavo. Finanza & Fisco