Una sezione più attenta ai problemi ambientali

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Una sezione più attenta ai problemi ambientali
CLUB ALPINO ITALIANO
SEZIONE DI CEDEGOLO
VALLECAMONICA
“Battistino Bonali”
Anno 30 - n. 2 - luglio 2014 - Poste Italiane spedizione in A.P. - art. 2, comma 20/d, legge 662/96 - 70% - P.T. Brescia - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 27/86 del 28.10.1986
Una sezione più attenta ai problemi ambientali
Nei giorni 27 e 29 marzo 2014 i soci del CAI Cedegolo hanno
eletto i nuovi consiglieri, mentre nella prima riunione del Consiglio Direttivo del 17 aprile, i soci eletti mi hanno confermato per
un secondo mandato da presidente della sezione. Ritengo doveroso ringraziare i soci e i consiglieri per la fiducia accordatami, e
credo sia opportuno da parte mia promettere il massimo impegno
per la sorte della nostra sezione. In questi primi mesi ho potuto
apprezzare il desiderio e la voglia di alcuni dei nuovi eletti di
mettersi in gioco e di assumersi delle responsabilità nell’ambito
della vita di sezione. Parlando con i consiglieri più anziani invece,
abbiamo condiviso la necessità di un parziale ricambio generazionale che porti idee e proposte nuove. Le premesse ci sono.
listico, oppure di effettuare centinaia di captazioni idriche che portano guadagno a pochi a
scapito di un bene che è proprietà di tutti. E spesso noi non ce ne
accorgiamo. Troppo presi ad usufruire della montagna in maniera distratta, o troppo veloce. Magari portando in quota comportamenti tipici del fondovalle o comunque caratteristici di questa
nostra società egoistica, ma che stridono fortemente con l’etica
della montagna e con lo statuto della nostra associazione.
Ecco, in questi tre anni di mandato vorrei una sezione più attenta al territorio, proiettata verso progetti di salvaguardia della
montagna e attenta, in tutti i suoi organi, a insegnare l’etica della
montagna alle nuove generazioni, ma anche ai vecchi alpinisti
distratti.
I mezzi li abbiamo. Le scuole di alpinismo, scialpinismo e alpinismo giovanile, la commissione TAM intersezionale e le centinaia di soci che quotidianamente frequentano la montagna e che
potrebbero diventare delle vere e proprie sentinelle del territorio.
Basterebbe segnalare gli abusi, magari corredati da fotografie o
da qualche filmato, e la situazione potrebbe migliorare a scapito
dei pochi arroganti che credono di poter spadroneggiare impunemente.
Dobbiamo smetterla di far finta di niente e di girarci dall’altra
parte. La posta in gioco è troppo alta.
Anche stavolta come tre anni fa, vorrei iniziare con l’auspicio che
tutti i volontari della nostra sezione continuino a svolgere il solito grande lavoro di volontariato con la consueta professionalità.
Senza il loro impegno il CAI non avrebbe motivo di esistere. Mi
rivolgo in particolare ai consiglieri, ai direttori delle scuole, agli
istruttori, a coloro che si occupano dei sentieri, ai volontari che
lavorano sul territorio, ai redattori di Tracce e dell’Isiga notizie
e a tutti i soci che si impegnano per la sezione e per la difesa
dell’ambiente.
Davide Sapienza, scrittore e filosofo della montagna afferma che
camminare ossigena il cervello e ci fa pensare meglio. Spesso seguo il suo consiglio e mi accorgo che durante alcune camminate
solitarie i pensieri scorrono meglio e riesco a elaborare concetti
spesso inafferrabili quando
sono sul fondovalle, preso dai
mille pensieri quotidiani. A
volte mi capita di pensare ai
tanti problemi che attanagliano la montagna di questi tempi, magari spintovi dai segni
che trovo sul territorio. I segni vandalici dei quad e delle
motoslitte, le tracce dei cinghiali abusivamente introdotti
che segnano indelebilmente il
territorio, certe costruzioni di
forte impatto ambientale e la
sempre minor presenza di talune specie faunistiche, sono
annunci della scarsa considerazione che l’uomo nutre verso la montagna. Un rapporto
spesso basato sull’egoismo,
dal desiderio di trarre profitto a scapito di un bene che è
proprietà di tutti. E’ in questa
ottica quindi che possono venire avanti idee bizzarre come
quella di praticare l’Heliski in
zone di grande pregio natura-
Paolo Turetti
LUGLIO 2014
Catena Monte Avio - Baitone
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Elezioni 2014
Verbale della terza riunione della commissione elettorale
La Commissione Elettorale si riunisce il giorno 29 MARZO 2014 alle ore 19.00 presso La Pieve a Capo di Ponte.
Presenti: G.Franco Franzoni, G.Andrea Panizzoli, Gaudenzio Tosini,
Claudio Giuseppe Belotti, Giuseppe Gasparini, Dario Lascioli e Laura Avanzini.
1° punto: Allestimento del seggio elettorale con spazio per i votanti, biro nere, urna chiusa a chiave,
elenco degli aventi diritto al voto e schede stampate.
2° punto: alle ore 22.30 si procede alle operazioni di scrutinio.
Aperta l’urna si estraggono n. 160 schede votate che risultano così suddivise:
- schede bianche n. 0
- schede nulle
n. 4
- schede valide
n. 156
Al termine delle operazioni di scrutinio si contano le seguenti preferenze:
Baccanelli Roberto
Bettoni Antonio
Bona Giovanni
Bonafini Alberto
Calvetti Elisa
Canossi Franco
Domenighini Zelindo
Facchini Caterina
Gelmini Claudio
Maffeis Luca
Moscardi Aldo (1993)
Pogna Domenico
Ronchi Stefano
Salvetti Diego
Scolari Alessandro (1988)
Turetti Paolo
Bienno Bienno Capo di Ponte
Niardo Paisco Loveno Piancogno
Ossimo Cedegolo (Grevo) Darfo B.T. Cedegolo (Grevo) Piancogno Sellero Cevo (Andrista) Malonno Esine Capo di Ponte zona 6 zona 6 zona 3 zona 3 zona 1 zona 5 zona 4 zona 2 zona 7 zona 2 zona 5 zona 2 zona 1 zona 1 zona 5 zona 3 voti 78
voti 52
voti 66
voti 46
voti 56
voti 46
voti 52
voti 111 voti 40
voti 24
voti 64
voti 33
voti 60
voti 65
voti 64
voti 84
3°
4°
1°
6°
5°
2°
Proclamazione del Consiglio Direttivo:
Facchini Caterina
Turetti Paolo
Baccanelli Roberto
Bona Giovanni
Salvetti Diego
Scolari Alessandro
Ronchi Stefano
Pogna Domenico
Bonafini Alberto
Domenighini Zelindo
Moscardi Aldo
Bettoni Antonio
Gelmini Claudio
Voti fuori lista:
Ercoli Giacomo voti 3 - Balzarini Sabrina voti 2 - Ercoli Giovanni voti 2 - Gasparini Giuseppe voti 1
In data 17 aprile 2014 il nuovo Consiglio Direttivo del CAI Cedegolo Vallecamonica, ha nominato all’unanimità i seguenti
soci per il triennio 2014-2017.
Presidente della sezione: Paolo Turetti
Vice Presidente: Caterina Facchini
Segretario: Giovanni Bona
Tesoriere: Franco Canossi
Delegati presso la Sede Centrale del CAI: Claudio Gelmini, Paolo Turetti e Caterina Facchini.
Commissioni:
- Alpinismo: Aldo Moscardi
- Scialpinismo: Giuseppe Gasparini
- Escursionismo: Domenico Pogna, Diego Salvetti, Roberto Baccanelli
- Alpinismo Giovanile: Alberto Bonafini
- Sentieri: Domenico Pogna, Diego Salvetti, Roberto Baccanelli e Antonio Bettoni
- TAM: Domenico Pogna e Sandro Gianni
Ispettori dei Rifugi: Domenico Pogna (Rif. Colombé), Zelindo Domenighini (Bivacco Val Baione), Maurizio Pedretti (Rif. Laeng)
Redazione “L’Isiga Notizie”: Claudio Gelmini, Caterina Facchini, Giovanni Bona, Paolo Turetti, Gianandrea Panizzoli e Maura
Beatrici.
Redazione “Tracce”: Caterina Facchini, Paolo Turetti, Giovanni Bona.
Responsabili della Biblioteca Sezionale: Stefano Ronchi e Giuseppe Belotti.
Responsabile dei materiali di Sezione: Stefano Ronchi.
Rappresentane presso il Comune di Cedegolo: Caterina Facchini.
Rappresentante per i rapporti con la Comunità Montana di Valle Camonica: Paolo Turetti.
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LUGLIO 2014
Ambiente
CAI e ambiente
L’articolo 1 dello Statuto del CAI - costituzione e finalità - così recita: “Il Club Alpino Italiano (CAI), fondato in Torino nell’anno
1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente quelle italiane, e
LA DIFESA DEL LORO AMBIENTE NATURALE”. Nel 1981
nasce il BIDECALOGO, codice di autoregolamentazione che
traccia le linee guida della politica ambientale del CAI. Nel 1987
il CAI viene riconosciuto come “ASSOCIAZIONE DI PROTEZIONE AMBIENTALE” ai sensi del DM 20-02-1987. Seguono integrazioni e aggiornamenti, l’ultimo dei quali è dell’anno
scorso, dove, in riferimento alla CHARTA DI VERONA (1990),
si ribadisce che le norme del Bidecalogo sono vincolanti per
ogni socio CAI. Ne deriva che la tutela dell’ambiente montano,
non è attività secondaria per il CAI, non è in subordine ad altre,
ma di primaria importanza e non eludibile. Nel distretto Valcamomica -Sebino esiste da tempo una commissione TAM (Tutela
Ambiente Montano) intersezionale che opera per conto delle sezioni e sottosezioni locali del CAI. Attualmente l’impegno della
commissione è rivolto in particolare al problema delle centraline
idroelettriche. Vista l’entità della questione è nato il Comitato di
Vallecamonica, che raduna varie sigle di associazioni ambientaliste allo scopo di proteggere il bacino superiore dell’Oglio da
quello che ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio assalto. Le iniziative del Comitato sono numerose; convegni pubblici in vari centri della valle, raccolta di firme a sostegno di una
richiesta di moratoria delle concessioni di derivazione a scopo
idroelettrico, richiesta del bilancio idrico, comunicati stampa, incontri con gli Enti Pubblici preposti. Lo scopo di tutto questo
non nasce da preconcetti o chiusure ideologiche, ma dalla necessità di utilizzare in modo corretto e sostenibile una risorsa come
l’acqua, tanto importante sul piano naturale, quanto come bene
comune. La rivista del CAI-Montagne 360 del mese di Maggio
2014 dedica ampio spazio all’argomento “Acque fragili della
montagna” e dall’articolo “Ladri d’acqua” ricavo quanto segue:
“La privatizzazione delle acque con evidenti fini di profitto provoca danni immensi. La desertificazione di un percorso fluviale
annulla di fatto l’esistenza di quello che in precedenza era un rio o
un torrente, oltre a causare la distruzione totale del suo ecosistema
e a determinare un netto peggioramento della qualità delle risorse
idriche. Com’è facile immaginare, basta poco per spazzare via
tutte le forme di vita acquatica. Ma sovente si dimenticano i gravi
danni che riguardano anche tutte le altre componenti ambientali
del territorio. Non bisogna dimenticare che, in condizioni di normalità, fiumi e torrenti funzionano come “depuratori naturali” e
che le loro sponde, sempre che non siano cementificate, ricoprono
il ruolo strategico di veri e propri corridoi ecologici. Una delle
conseguenze peggiori del prelievo insensato riguarda la qualità
delle acque. Quando la portata di un torrente si riduce in maniera
sensibile, si assiste a un immediato aumento della temperatura
dell’acqua e a un conseguente abbassamento del tasso di ossigeno, ma si registra anche una fortissima diminuzione della sua
capacità autodepurativa, un forte tasso di mortalità delle specie
ittiche e un possibile sviluppo di agenti patogeni. Inoltre aumenta
notevolmente la concentrazione degli agenti inquinanti (fosfati,
nitrati, pesticidi, diserbanti,ecc.) che a causa della loro tossicità
possono interferire, in maniera diretta o indiretta, sugli ecosistemi acquatici e sulla salute umana”. Oltre al danno ambientale
non si può ignorare quello economico che presenta aspetti a dir
poco assurdi. La produzione di energia idroelettrica tramite centraline viene incentivata con denaro che si paga in bolletta; in
pratica questi soldi transitano dalle tasche dei cittadini a quelle
dei privati titolari di concessione di derivazione idrica. Inoltre, la
produzione energetica nazionale deve fare i conti con la crisi in
corso e con altre fonti energetiche rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico notevolmente cresciuti. Tant’è che una centrale
idroelettrica potente com’è quella di Sonico, viene tenuta ferma
per non immettere in rete energia in eccesso. Questa situazione
si estende purtroppo all’intero arco alpino, dal Piemonte alla Venezia Giulia, e un po’ ovunque sono nati Comitati di cittadini a
difesa dei locali corsi d’acqua. Da questi sono partite segnalazioni e denunce che hanno ottenuto l’intervento della Direzione
Generale Ambiente della Commissione Europea, intervenuta a
sua volta presso le autorità italiane. Sabato 10 Maggio, a Edolo,
si è tenuto un importante incontro di numerosi Comitati dell’arco alpino per un confronto sull’argomento centraline al fine di
trovare una comune strategia.
Di seguito si propone la lettura del documento redatto in quella
occasione.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Dipartimento per le Politiche Europee
MINISTERO DELL’AMBIENTE
Direzione generale per la tutela del territorio
e delle risorse idriche
AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME ADIGE
AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO
AUTORITÀ DI BACINO DEI FIUMI ISONZO
TAGLIAMENTO LIVENZA
PIAVE BRENTA BACCHIGLIONE
REGIONE LOMBARDIA
Direzione Generale Ambiente, Energia, Sviluppo sostenibile
REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Direzione centrale Ambiente ed Energia
REGIONE PIEMONTE
REGIONE VENETO
Dipartimento ambiente Palazzo Linetti Calle Priuli
e p.c. COMMISSIONE EUROPEA
DIREZIONE GENERALE AMBIENTE
Sabato 10 maggio si sono incontrati a Edolo (Bs) i seguenti comitati dell’arco alpino per parlare del problema comune piccole
e medie centrali idroelettriche:
1. Comitato centraline idroelettriche di Vallecamonica (Bs).
2. Comitato Bellunese Acqua Bene Comune.
3. IAPS Valtellina (So).
4. Movimento Tutela Arzino (Pn e Ud)
5. Comitato Premana (Lc)
6. Comitato torrente Varroncello (Lc)
7. Comitato Acque Comasche
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I Comitati unitisi in modo informale, per ora, nel ”Comitato Acque delle Alpi Italiane” esprimono la loro grande preoccupazione
per il continuo rilascio di concessioni per la costruzione di nuove
centrali idroelettriche, medie e piccole, non solo nel loro territorio, ma nell’intero arco alpino, soprattutto in relazione e in seguito
all’avvio della procedura della Commissione Europea, EU Pilot
6011/14/ENVI, aperta dopo quattro denunce, relative ai bacini
dei fiumi Tagliamento, Oglio e Piave. La Commissione Europea,
Direzione Generale Ambiente, con lettera del 15/01/2014 richiede
al Governo Italiano di fornire risposte ben precise in ordine alle
denunce ricevute; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento per le Politiche Europee, in data 15/01/2014 richiede al
Ministero per l’Ambiente le stesse precisazioni di cui sopra da
fornire entro il 17 marzo 2014. Il Ministero per l’Ambiente, a sua
volta fa richiesta di dette informazioni a: Autorità di Bacino del
fiume Adige e del fiume Po, Regione Lombardia, Friuli Venezia
Giulia e Piemonte, informazioni da inviare entro il 7 marzo 2014.
Infine: con la Procedura EU Pilot in corso perché Regioni e, soprattutto, Province continuano a rilasciare nuove concessioni?
Alla luce di quanto esposto sopra, nell’attesa degli esiti della procedura aperta ed alla luce dell’estrema gravità della situazione acque, si chiede con forza agli enti/autorità di riferimento
1. La sospensione/moratoria immediata di tutte le domande di derivazione idroelettrica, presentate ed in istruttoria e di tutte le
autorizzazioni già rilasciate ma i cui lavori non abbiano ancora
avuto inizio.
2.La revoca delle concessioni rilasciate per le quali la società
richiedente non abbia ancora ottemperato agli obblighi previsti
dalla concessione stessa (espropri, convenzioni, ecc.)
3. La sospensione immediata degli incentivi agli impianti idroelettrici ad acque fluenti.
4.L’immediata realizzazione del BILANCIO IDRICO INTEGRATO dei bacini dei fiumi Po, Adige, Piave e Tagliamento.
5.La trasmissione al comitato scrivente (per comodità al solo
indirizzo [email protected] che si farà carico di trasmettere gli esiti a tutti gli altri comitati firmatari) copia delle
relazioni richieste ed elaborate dalle province e regioni interessate, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Veneto,
ed inviate al Ministero per l’Ambiente e, da quest’ultimo, alla
Commissione Europea per l’Ambiente.
6.Il controllo rigoroso di tutti i DMV esistenti garantendo che
siano congrui alle reali esigenze vitali e naturali degli alvei
sottesi alle captazioni, la diffusione dei dati per via telematica,
e che sia data priorità alle funzioni ecologiche, idrogeologiche
e paesaggistiche e di sicurezza.
Panna
e
Cioccolato
Il Gelato
soft
artigianale
Sandro Gianni
di Edoardo Balotti & C. snc
Edolo (BS) - Via Marconi, 256 - Tel. 3282490996 - 320.2319227
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Sicuri che tutti gli Enti in indirizzo siano consapevoli che l’aspetto puramente economico sia subordinato alla VITA dei corsi
d’acqua, perché essi stessi sono la VITA dell’uomo, restiamo in
attesa di conoscere le risposte che verranno date, con urgenza,
alle sei richieste sopra presentate.
Altro fronte caldo che vede l’impegno del CAI e in particolare
della Commissione Centrale TAM proviene dalla costante minaccia di motorizzazione della montagna. Senza ovviamente dimenticare le immancabili motoslitte , quad, moto, fuoristrada sono
i mezzi con i quali qualcuno vorrebbe “ immergersi nel fascino
della natura” tra boschi e vallate. A tale fine preme sugli Enti
pubblici locali. Ecco cosa sostiene al riguardo la CCTAM: ”A
parte il problema sicurezza sui sentieri, oltre ai danni strutturali
ad essi arrecati, ed il grave disturbo provocato dal rumore alla
fauna locale, rimane forte un interrogativo etico che dovrebbe
coinvolgere ogni persona, legata anche professionalmente, alla
montagna. Ha senso svendere un territorio ricco di natura, storia e cultura come un “non luogo” finalizzato alla prestazione di
un mezzo meccanico? E’ questo l’approccio consumistico della
montagna che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni? Il
CAI è sempre stato chiaro su questi temi .”Anche in Lombardia
si corre questo rischio. E’ soprattutto grazie al decisivo intervento del CAI regionale e altre associazioni, se il Consiglio Regionale ha rinviato al mese di giugno 2014 il disegno di legge grazie
al quale i mezzi motorizzati potrebbero accedere alla montagna.
Le locali sezioni CAI e naturalmente la Commissione TAM hanno preso una ferma posizione nei confronti di un simile rischio ,
inviando al Consiglio Regionale il seguente appello: ”Ci corre
l’obbligo di ricordare che la montagna non è un bene di consumo. Non può e non deve essere adibita a pratiche che ne compromettano l’integrità. Chiunque si avvicini alla montagna è tenuto
ad un comportamento responsabile e soprattutto rispettoso.
L’ambiente montano basa il suo fragile equilibrio ecologico su
processi evolutivi in corso da milioni di anni. L’uomo è parte
di questo processo, ma non il padrone. La lunga fase critica che
stiamo attraversando richiede scelte coraggiose e lungimiranti
soprattutto per quanto attiene al rilancio della montagna. Qualunque progetto in tal senso deve essere subordinato al rispetto
dell’ecosistema in tutte le sue componenti: geologiche, idriche,
forestali, faunistiche, del suolo. La salvaguardia dell’ambiente
montano è indispensabile premessa alla prevenzione del dissesto
idrogeologico dell’intero panorama regionale, delle sue molteplici sfaccettature storiche, economiche, sociali, culturali.”
Quanto qui riportato rappresenta solo una piccola parte dei problemi ambientali che ci stanno di fronte. Siamo tutti chiamati a
confrontarci con situazioni sempre più complesse e di difficile
soluzione. Il CAI può dare un considerevole contributo, è scritto nel suo DNA, a condizione che non trascuri l’educazione dei
soci, in particolare i più giovani, fornendo loro quel bagaglio di
conoscenze, sensibilità, formazione, di quella cultura fatta anche
di emozioni e passione, condizione necessaria alla conservazione
e valorizzazione di quel grande patrimonio ambientale costituito
dalla montagna e per un nuovo, più profondo e consapevole rapporto fra uomo e natura.
LUGLIO 2014
Concorso fotografico
“Montagne di luce”
Si è concluso anche quest’anno il concorso fotografico che la redazione dell’ISIGA ha voluto organizzare per il 2014. Il titolo conduttore
di questo quarto concorso è stato: “Montagne di luce”. Un’alba, un tramonto, un raggio di sole o un’ombra, i chiaro scuri che arricchiscono le nostre montagne e i nostri paesaggi.
Ringraziamo i fotografi che hanno voluto partecipare con le loro foto, i premiati dalla commissione sono stati:
1° premio Giovanni Bona
2° premio Giandomenico Bressanelli
3° premio Davide Gheza
Abbiamo voluto chiedere al vincitore, Giovanni Bona, partecipante “affezionato” dei nostri concorsi e pluripremiato, di trasmetterci la
sua passione per la fotografia e la montagna. A seguire il suo articolo.
Negola - foto Giovanni Bona
Primi raggi (Musna) - foto Giandomenico Bressanelli
LUGLIO 2014
Passi nella neve - foto Davide Gheza
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Fotografia e montagna
La fotografia, uno strumento per rivivere posti ed emozioni
Da qualche anno ormai giro per le montagne camune in compagnia della mia macchina fotografica (e degli amici, ovvio!). Non è
una macchina ultracomplessa con obbiettivi intercambiabili e dal
peso superiore al chilo, è una semplice compatta che mi permette
di conciliare la passione della montagna con quella della fotografia senza dover portare con me attrezzatura troppo ingombrante.
Amo fare foto, immortalare i paesaggi che vedo, catturare le luci
e le ombre, le nuvole e le tormente sulle creste. Non pretendo di
essere ai livelli di fotografi professionisti ma provo a cercare di
trasferire all’osservatore la stessa forza e la stessa emozione che
la montagna infonde in me. Talvolta diventa quasi una malattia,
lo ammetto. Mi capita a volte di essere talmente concentrato a
guardare lo schermo della macchina che perdo di vista l’obiettivo
principale per cui cammino e vado per monti: trovare un rapporto di equilibrio con me stesso all’interno di quegli ambienti per
me così familiari. Fortunatamente dopo qualche passo (e qualche
stompellata!) rinsavisco e riprendo la retta via del sentiero godendomi la passeggiata. Fotografare in montagna a mio parere ha due
aspetti principali che nel mio caso si conciliano perfettamente. Il
primo riguarda me: il fatto di fare foto mi permette di rivivere gli
ambienti, i profumi, le luci e i rumori di una gita in montagna; il
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secondo riguarda gli altri in quanto trovo una grande soddisfazione nel mostrare dove sono stato e cosa sono riuscito a cogliere
da una “semplice salita”. Raramente ritorno a casa, scarico le
foto e sono soddisfatto del risultato. Le macchine fotografiche
per quanto professionali e costose siano non riusciranno mai a
eguagliare la sensibilità dell’occhio umano, ed è per questo che
trovo necessario regolare, anche di valori minimi, contrasto e colori in modo da renderli più vicini possibile a ciò che io ho visto e
percepito. Qualche consiglio da amatore che posso dare? Prendete una macchina semplice (non scadente come prestazioni), ricercate l’inquadratura che volete realizzare pensando alla macchina
come al vostro occhio, adattate il vostro corpo all’ambiente: non
tutte le foto devono essere per forza orizzontali, zoommate, riprese dall’alto in basso, scattate la foto e verificate se il risultato
è quello che vi aspettavate. Spesso sarete insoddisfatti (come lo
sono anche io molte volte) ma non demoralizzatevi. Il segreto
è la calma e la tranquillità in ciò che fate, cosa assai difficile da
ricercare nella nostra vita così frenetica! Almeno in montagna,
lasciamo a casa la fretta!
Giovanni Bona
Levade - foto Giovanni Bona
Val Miller - foto Giovanni Bona
Val Adamè - foto Giovanni Bona
Panoramica da Cima Bagozza - foto Giovanni Bona
LUGLIO 2014
Box
Giornata del CAI di Vallecamonica
Domenica 15 giugno era in programma la tradizionale giornata
organizzata dai CAI di Vallecamonica e del Sebino. La scelta di
quest’anno è ricaduta sulla Val Adamè e come tema della giornata
è stato scelto l’alpinismo giovanile, demandando l’organizzazione alle scuole e ai gruppi che organizzano le attività di alpinismo
giovanile all’interno delle sezioni.
Purtroppo il meteo non ci ha voluto bene e la mattina di domenica,
nubi plumbee correvano nel cielo della Val Saviore. Trattandosi di
un’iniziativa dedicata ai più piccoli, le defezioni sono state molte,
ma un gruppo di coraggiosi ha imboccato ugualmente il faticoso
sentiero delle “Scale” di Val Adamè. Tutto sommato la giornata è
stata migliore di quanto annunciato dai vari meteorologi e, a parte
un po’ di freddo e una fastidiosa pioggerella durante la salita, le
attività si sono svolte quasi regolarmente.
I ragazzi della scuola di Alpinismo Giovanile del CAI Cedegolo,
unico gruppo presente in buon numero si sono quindi cimentati
nell’attività di orienteering, nell’attraversamento del torrente Poia
con il ponte tibetano e nella discesa con la carrucola. Alle 12.30
una buona pasta preparata dall’ottimo rifugista Domenico Ferri e
dal suo staff e la consegna dei gadgets ai ragazzi, ha consentito di
chiudere in bellezza la giornata alle circa ottanta persone presenti.
Un ringraziamento a Francesco Cominardi direttore della scuola di Alpinismo Giovanile del CAI Cedegolo, a tutti gli istruttori
presenti, al Soccorso Alpino e a tutti coloro che hanno sfidato il
maltempo per essere ancora una volta presenti a questa importante iniziativa organizzata dalla Conferenza Stabile dei CAI della
Valcamonica e del Sebino.
Valdajone: un rifugio per la conferenza stabile
del CAI di Vallecamonica e del Sebino
Tutto è nato quasi per caso in occasione dell’inaugurazione del
Belvedere che l’amministrazione comunale di Bienno ha voluto
dedicare a Battistino Bonali.
Parlando con il sindaco si considerava che per ricordare la figura
del forte alpinista biennese sarebbe stato importante fare qualcosa
che avrebbe potuto portare i giovani alla montagna.
Da lì nacque la proposta, da parte dell’amministrazione, di offrire
in gestione la colonia Valdajone alla conferenza stabile dei CAI.
La storia potrebbe essere lunga da raccontare, ma per farla breve,
decidemmo di accettare la sfida e ci mettemmo al lavoro.
La struttura oggetto di numerosi investimenti e dell’instancabile
opera di volontariato del Gruppo Alpini di Bienno, è un piccolo
gioiello situato tra i boschi della Valdajone a 1615 metri di quota. Dispone di circa 40 posti letto, di docce e corrente elettrica.
Tutt’attorno vi sono alcune ampie radure, ottimali per attendamenti e per l’accoglienza di gruppi giovanili.
L’intenzione della Conferenza Stabile dei CAI di Vallecamonica e del Sebino è quella di adibire la struttura, cedutaci a titolo
gratuito dall’amministrazione comunale di Bienno, alle attività di
alpinismo Giovanile e per l’accoglienza dei Grest e dei gruppi
oratoriali. Dovrebbe divenire un punto di riferimento per l’alpinismo giovanile a livello regionale. Per il primo anno di attività, il
rifugio verrà gestito da Mario Scalvinoni di Borno.
Dall’anno prossimo si procederà, se gestore e Conferenza Stabile saranno reciprocamente soddisfatti, alla stesura di un contratto pluriennale. Punto nodale per l’esplorazione di buona parte
dell’area vasta Valgrigna, il rifugio è già entrato in funzione ed è
fruibile da tutti. Lo si può raggiungere da Bienno in fuoristrada
o, preferibilmente, a piedi in circa 3 ore di cammino. Oppure da
Campolaro, località Ponte del Fontanazzo in poco meno di 2 ore,
con sentiero semipianeggiante. Sarà aperto fino alla fine dell’estate. Telefono gestore 3420226242.
Frutta e Verdura
Picen Roberto
MALONNO (BS)
Via Nazionale, 133
Telefono 0364.65343
Rifugio di Valdajone
LUGLIO 2014
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Eventi
Franco Perlotto
“Non chiamatelo alpinista: la verticale non gli basta. E’ un
gaucho inquieto, disattento al proprio ombelico, che divora
orizzonti a morsi. Evaso presto dalla sua valle, ha consumato
una vita oltremare costruendo ponti tra gli uomini”.
Paolo Rumiz
Venerdì 20 giugno, prima serata della Fiera della Montagna 2014.
Come da tradizione si apre con un ospite alpinista. Sono alpinisti
particolari quelli che di solito aprono questa rassegna dedicata al
mondo della montagna e del volontariato. Non ci si rivolge a nomi
altisonanti, da sempre sulla cresta dell’onda, ma ad amici con una
visione dell’alpinismo particolare, legati al mondo del volontariato e soprattutto disposti a proporre una serata senza troppe pretese
finanziarie. Così nel corso degli anni, si sono alternati sui palchi
di Pianborno, Cogno e Bienno personaggi come Adriano Greco,
Mario Merelli, Oliviero Bellinzani, Andrea Sarchi, il trio camuno
Taboni, Comensoli, Ducoli, Cristian Brenna e le scuole di alpinismo e scialpinismo del CAI Cedegolo che hanno ricordato Attilio
Gheza. La figura scelta quest’anno per aprire la manifestazione
non poteva incarnare meglio lo spirito di questa iniziativa, trattandosi del vicentino Franco Perlotto, personaggio poliedrico,
dapprima alpinista classico, poi stella del nuovo mattino, quindi
giramondo avventuroso nello stile di Walter Bonatti e infine cooperante in una dozzina di paesi e di nuovo alpinista, nella sua
terza o quarta vita.
Personaggio schietto, sincero e, per rubare una battuta al grande Riccardo Cassin, uno dei pochi veneti astemi in circolazione.
Perlotto, classe 1957, è stato uno degli idoli della mia “gioventù”
alpinistica. Conservo ancora gelosamente il suo libro “Dal freeclimbing all’avventura” (Dall’Oglio editore, 1985), un concentrato di imprese tra il bizzarro e l’estremo, e ne ricordo a memoria
interi passaggi. Il viaggio in Inghilterra con l’ormai settuagenario
Riccardo Cassin, le imprese a Yosemite con Marco Preti e Alessandro Gogna, la Devil’s Tower, la solitaria al Trollryggen in Norvegia, la via più lunga d’Europa con i suoi 2400 metri di sviluppo.
E poi le foto che mi facevano sognare. Lui, coi capelli lunghi, i
baffoni, bandana colorata, maglietta Think Pink e un armamentario infinito di nuts e friends appesi, spesso in spaccata o in dulfer,
mentre arrampica su pilastri e fessure di granito.
La serata procede veloce. Nella prima parte scorrono le immagini delle sue imprese alpinistiche. Le solitarie, le vie classiche
sulle Alpi e poi la scoperta del freeclimbing e di un nuovo mondo
di avventure che si spalanca davanti a lui. Quindi la sua indole
giramondo che prende il sopravvento, dapprima con le grandi
imprese alpinistiche, poi con l’esplorazione di alcuni dei posti
più misteriosi della terra. Nella seconda parte esce il Perlotto cooperante, le sue missioni in giro per il mondo per aiutare i più
bisognosi. Otto anni in Brasile a inseguire progetti umanitari di
grande respiro, poi il Ciad, il Congo, il Sudan, lo Sri Lanka, la
Palestina, la ex Jugoslavia e l’Afganistan, sempre alla ricerca di
uno sviluppo sostenibile, rispettoso delle persone e dell’ambiente. C’è spazio anche per una breve presentazione del suo ultimo
romanzo: Indio, Alpine Studio editore.
La serata è finita. Siamo ai saluti, Franco sale sulla sua vecchia
auto e riparte verso Recoaro Terme, domattina alle 5.30 dovrà
essere al lavoro nel suo bar. Ci lascia la buona sensazione di
qualcuno che ha saputo trasmettere tante emozioni e un messaggio positivo, cosa assai rara tra i grandi dell’alpinismo.
Paolo Turetti
Franco giunge all’appuntamento con la sua vecchia Seat. Io e
Aldo lo accogliamo e ci intratteniamo con lui a cena per circa
un’ora e mezza. Il personaggio è simpatico, chiede del cibo locale, si offre di pagare, racconta storie, avventure e di come l’anno
scorso si sia salvato miracolosamente da un infarto maligno. Si
entra subito in empatia, mette le persone a proprio agio, non fa
pesare il suo nome e la sua celebrità. Racconta le circostanze da
cui è nato il marchio Think Pink e di come lui sia riuscito a non
ricavarci neppure una lira. Anche con il prototipo delle scarpette
a suola liscia, che oggi tutti i climbers indossano, non andò molto
diversamente. Il tempo a tavola passa veloce e in breve ci troviamo al Teatro Simoni Fè, per l’inizio della serata. Peccato per la
non eccessiva presenza di pubblico, sintomo forse di un personaggio molto coerente, ma forse un po’ demodè, nell’attuale mondo
alpinistico molto legato all’immagine.
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Isole Lofoten - 1980
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Storia dell’alpinismo
L’esplorazione del Gruppo dell’Adamello tra gli
albori dell’alpinismo europeo e ricerca scientifica
val Rendena. Freshfield dal canto suo si prese la rivincita sulla
vicina Presanella arrivando sulla vetta 20 giorni prima di Payer.
Grazie a questi ed altri numerosi esploratori la conoscenza del
Gruppo dal punto di vista alpinistico giunse a livelli elevati e
fu gioco forza l’assegnare ad alcune cime o località il nome di
questi illustri stranieri. Ecco quindi emergere dalle carte toponimi
forestieri quali Passo degli Inglesi o Cima Payer che diventò
famoso più che per le avventure in Adamello per la scoperta
delle nordiche terre di Francesco Giuseppe. Gli alpinisti di casa
seguirono l’esempio e figure come l’avvocato di Breno Paolo
Prudenzini (1855-1907), Arrigo Giannantoni, Walter Laeng…
solo per citarne alcuni, svolsero una intensa attività esplorativa
documentando ampiamente le loro conquiste sulla rivista del
Club Alpino Italiano. Dettagliati ed interessantissimi sono gli
articoli sull’Adamello, sulla conca del Lago d’Arno e sul Gruppo
del Baitone, sempre corredati da schizzi e da stupende cartine
topografiche.
Julius Payer
Fin dall’inizio del 1800 le spedizioni volte all’esplorazione del
Gruppo dell’Adamello furono numerose e specialmente rivolte
alla conoscenza della sua struttura geolitologica in quanto
esempio singolare di intrusione di rocce magmatiche terziarie
al di sotto di una spessa coltre sedimentaria mesozoica, per
maggior parte di natura carbonatica. Al margine di questo grande
bacino magmatico sotterraneo le altre formazioni sono state
trasformate dando origine a innumerevoli crogioli di rocce spesso
con manifestazioni interessantissime per forma, composizione
mineralogica e cristallografica.
Se è difficile documentare gli inizi dell’esplorazione del Gruppo,
meno complesso è stabilirne quali furono i due grandi filoni su cui
si mosse la sua “conquista”. Primariamente si deve considerare
la necessità di conoscere, cartografare e utilizzare questi territori
per fini produttivi (sfruttamento di cave e miniere) e per scopi
militari (opere di difesa dal confinante impero asburgico).
Secondariamente il nascente alpinismo, soprattutto anglosassone
e germanico, diede spunto per la ricerca di sempre nuove mete e
vette dove collocare, come era abitudine, il proprio “biglietto da
visita” come primi salitori. Parallelamente alle grandi imprese sul
Cervino, sul Monte Bianco e sulle Dolomiti, anche l’Adamello fu
meta dei gloriosi nomi dell’alpinismo accademico europeo, quali
gli inglesi John Ball (1818-1889), William Freshfield (17741864) e il sottotenente e cartografo boemo Julius Payer (18411915). Payer gode anche del primato, soffiato proprio a Freshfield,
di essere il primo salitore della vetta dell’Adamello, il giorno 15
settembre del 1864, ossia 150 anni fa, insieme a due guide della
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Nel primo grande filone confluirono una moltitudine di interessi.
Nuove ed antiche discipline scientifiche spaziarono e trovarono
motivo di applicazione contribuendo alla valorizzazione delle
attività economiche, quali la ricerca di giacimenti metalliferi, lo
sfruttamento dell’energia idraulica nonché la razionalizzazione
della selvicoltura. Moderni strumenti topografici sempre più
affidabili (teodoliti, altimetri e livelle), permisero di cartografare
e quindi marcare, con punti geodetici, confini indiscutibili (?)
con il potente stato confinante. Inoltre la ormai matura tecnica
fotografica, nonostante l’ingombro ed il peso considerevole
delle apparecchiature, permise di documentare adeguatamente il
territorio. Indubbiamente un debito di riconoscenza va attribuito
al capitano e scienziato Giovanni Battista Adami (1838-1887)
che al comando della tredicesima compagnia degli Alpini di
stanza ad Edolo raggiunse più volte la vetta dell’Adamello.
Tra i primi che diedero una descrizione di questi monti possiamo
annoverare Don Francesco Cattaneo (1750-1830) il quale annota
riferendosi al Pian di Neve: “… d’una sorprendente estenzione;
in longezza occuparà circa 15 miglia di montagne “, esagerando
un po’, “…portandosi verso Tonale, e si raggruppa con quelle
del Trentino di superficie piana, che ognuno può camminarvi, ma
facile di perdersi, non solo per le fessure profunde, che trovasi di
tratto in tratto, ma ancora di perdere il tramite di ingresso, non
potendo da ogni luogo a piacere uscire …”.
L’immagine del ghiacciaio fatta dal canonico potrà indurre al
sorriso alcuni nostri conoscitori di questi monti, ma non si deve
dimenticare che in quei tempi poche persone frequentavano le
quote elevate in quanto venivano ritenute sterili e quindi prive
di alcuna utilità, fatta eccezione per pastori e cacciatori di cui
esistono documenti preistorici soprattutto per la zona del Lago
d’Arno. Questi ultimi, grazie alla perfetta conoscenza dei
sentieri intervallivi e dei passi, costituirono, nella seconda metà
dell’800, il primo nucleo di portatori e guide. Vennero quindi
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ingaggiati dai facoltosi alpinisti nella gara per la salita alle
innumerevoli ed inviolate vette. Le guide ed i portatori vennero
impiegati anche dagli studiosi provenienti primariamente dalle
università austriache e germaniche soprattutto per incrementare
la conoscenza glaciologica e geologica. L’enorme varietà di
rocce intrusive, le numerose faglie ed i frequenti fenomeni di
termometamorfismo rappresentarono un vero rompicapo. Le
problematiche già complesse di per se stesse subirono la naturale
e competitiva (a volte non tanto compassata) rivalità delle varie
scuole accademiche. Un merito particolare va riconosciuto a
Joseph Trinker (1815-1873) che verso la metà del 1800 si
occupò dell’acrocoro adamellino dal punto di vista litologico e
mineralogico pubblicando a Innsbruk alcune osservazioni sui
massi erratici, sull’estensione del corpo intrusivo, nonchè una
lista di minerali di contatto riscontrati nel Gruppo dell’Adamello.
Seguirono Franz Ritter von Hauer (1822-1899) e Gerhard
vom Rath (1830-1888). Quest’ultimo diede il nome di “tonalite“
alla roccia che compone la maggior parte della massa intrusiva
del Gruppo. Sarebbe davvero lungo raccontare di tutti questi
geologi d’oltralpe che solcarono questi monti, ma non posso
trascurare di dare notizia di Wilhelm Salomon-Calvi (18611941), lo studioso che più di tutti diede uno sviluppo alla ricerca
contribuendo a svelare il mistero delle origini dell’Adamello. Per
circa vent’anni ne percorse le vallate glaciali producendo una
mole di osservazioni riassunte nella monumentale opera: “Die
Adamellogruppe” pubblicata a Vienna nel 1908 e della quale, nel
1989, è stata fatta traduzione in italiano.
Fu davvero sproporzionata la mole di documentazione prodotta
in quegli anni fra gli aspetti geolitologici e quelli floristicovegetazionali. Se altri illustri geologi e geografi hanno restituito
un quadro esaustivo del gruppo fin dalla fine dell’800, le opere
botaniche monografiche (flore del gruppo) sono del tutto
assenti anche se, come vedremo, alcuni botanici esplorarono
marginalmente queste cime e queste vallate. Uno dei primi fu
il biologo tedesco Günther Lorentz (1835-1861) che compì
nel 1864 una completa traversata del gruppo dell’Adamello
provenendo da Tione, superando il Passo di Campo e risalendo la
Valle Camonica fino ad Edolo per poi effettuare una escursione a
Passo Gallinera, lasciandoci una dettagliata relazione.
Adamello da Cima Plem
Primula daonensis
Veniamo ora ai botanici o floristi come è meglio vengano chiamati.
Lorenzo Rota (1818-1855) può essere giustamente considerato il
primo fra gli studiosi che riportarono specie botaniche provenienti
dal territorio adamellino in senso lato. Nella suo “Prospetto della
Flora della Provincia di Bergamo” (1853) egli elenca venticinque
specie delle quali sette appartenenti al genere Carex e tre a Salix
provenienti dalla zona del Pisgana. Gli stessi salici vengono
elencati anche per il Lago d’Arno. Due anni dopo il farmacista
di Bolzano di orgine bavarese Friedrich Leybold (1827-1869)
descrive, sulla importante rivista di Regensburg “Flora”, la
Primula daonensis unico endemita stretto del gruppo. Leybold
dopo aver assiduamente esplorato il “sudtirolo” emigrò in sud
America per occuparsi degli aspetti naturalistici di quelle terre
descrivendo innumerevoli nuove specie.
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Come si potrà notare le conoscenze botaniche del gruppo
dell’Adamello non erano, fino alla fine del 1800, esaustive anche
se un impulso viene dato dal dettagliato lavoro pubblicato nel 1904
da Hermann Reishauer (1867-1914) sui limiti vegetazionali sul
gruppo.
Forse un motivo risiede nel fatto che le rupi acide, di cui
l’Adamello è principalmente costituito, offrono una flora
ingiustamente ritenuta meno importante di quella che cresce sui
calcarei delle prealpi, ricchi di endemiti in quanto risparmiati
dalle grandi glaciazioni quaternarie.
Quindi i floristi locali e d’oltralpe non vi individuarono un buon
terreno di caccia per poter descrivere specie nuove e quindi
apporre, in coda al binomio latino, il proprio nome di scopritori.
Alcune indicazioni tuttavia provengono da Ugolini Ugolino
(1856-1942), ma è necessario attendere Paolo Prudenzini ed il
professor Otto Penzig (1856-1929) per riconoscere l’inizio di
una esplorazione botanica, dettagliata e sistematica.
Prudenzini alpinista e Penzig botanico formarono, insieme ad altri
volenterosi, un sodalizio che nei primi anni del 900 diede come
frutto la compilazione di un Erbario Camuno, propedeutico per
una futura flora, ora conservato presso l’Ateneo di Pavia con più
di un migliaio di schede provenienti dalla Val Salarno, dal Lago
d’Arno, dalla Valle di Braone e dalla zona del Crocedomini. Di
tale erbario ne esiste un regesto curato nel 1944 da Nino Arietti e
pubblicato a Pavia con il nome: “La flora della Valle Camonica.
Revisione critico-sistematica di un erbario e di note inedite di
Ottone Penzig predisposti per un incompiuto catalogo delle piante
vascolari della Valle Camonica”.
Per trovare lavori floristici moderni sul Gruppo dell’Adamello
bisogna attendere il Professor Luigi Fenaroli (1899-1980) che,
appena tornato dal fronte si laureò a Milano nel 1921 compilando
una tesi sulla flora del sottogruppo del Baitone.
Sono passati ormai 90 anni dalla pubblicazione del lavoro di
Fenaroli, tuttavia l’approccio e le conclusioni che vi si leggono
sono ancora attuali ed esemplari per coloro che vogliono
affrontare lo studio floristico di un territorio montano. Fra le
due guerre la collaborazione fra questo valente botanico e Nino
Arietti (1902-1979) fu proficua e portò a numerosi lavori di
indagine pubblicati su varie riviste. Arietti inoltre, nel 1936,
scrisse sui Commentari dell’Ateneo di Brescia una “Florula della
Lobbia Alta” molto utile anche ai nostri giorni per stabilire i
limiti altitudinali di alcune specie. Per concludere va annotato che
anche l’illustre Professor Valerio Giacomini (1914-1981) uno
degli scienziati maggiormente impegnati in ambito naturalistico
e protezionistico, raccolse piante in Val d’Avio affidandole spesso
agli amici Fenaroli e Arietti che le intercalarono nei loro erbari.
Enzo Bona
Lago Baitello superiore. Sullo sfondo il Pisgana
DIRETTORE RESPONSABILE
Caterina Facchini
REDAZIONE
Paolo Turetti - Maura Beatrici
Claudio Gelmini - Giovanni Bona - Gianandrea Panizzoli
via Nazionale, 103 - Cedegolo (Bs) - www.caicedegolo.it - [email protected]
STAMPA
Tipografia Brenese - Breno (Bs)
L’Isiga notizie viene stampato su carta ecologica quale contributo del CAI Cedegolo
alla salvaguardia dell’ambiente.
METALCAM S.p.A.
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