numero nove - Sinergie Group

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numero nove - Sinergie Group
ANNO 2 - NUMERO 9 - DICEMBRE 2016
NUMERO NOVE
EDITORIALE
2016: cosa resta e cosa parte.
S
embra passato un attimo dal nr. 3 che chiudeva il 2015.
In un anno abbiamo moltiplicato per 2 le uscite e
per 3 le sequenze e siamo all’ultimo numero
del 2016: il 9° della nostra storia in crescita.
Una spirale di pagine che porta numeri e
quindi totali, parziali, resoconti e progetti in
partenza. L’ultima copertina del concorso
che avevamo lanciato è stata vinta ancora
una volta da Greta Tremolada, che ha
rappresentato al meglio, con il suo tratto
e la sua capacità di mescolare grafica e
fotografia, il 9, la sezione aurea, l’intuizione
sequenziale di Fibonacci e una serie di tematiche
del magazine.
Eccoci: dicembre 2016. Siamo qui con particolare orgoglio,
perché quando questo progetto è cominciato era come un
bambino, bisognoso di attenzioni, di cure e premure. Poi si è
sviluppato, ha cominciato a vivere di vita propria, a produrre
idee e interviste. La Redazione si è animata, ampliata;
e questa edizione di fine anno porta l’ultimo numero a
cifra singola, preludendo alcune novità da scoprire nelle
prossime uscite.
Per tirare le somme, come da tradizione
a fine anno, siamo andati a vedere cosa è
successo nel mondo della comunicazione
in 365 giorni che, per chi lavora nel settore,
sono stati davvero impegnativi e istruttivi:
cosa dire e cosa no, come dirlo o non dirlo.
Siamo anche curiosi del futuro, ed ecco un interessantissimo primo piano sulla comunicazione televisiva
prossima ventura, un excursus sui rischi dell’incertezza o
sull’incertezza del rischio e un quesito: dilemma o strategia
economica? É un tema affrontato verso la fine, dopo aver
sognato con mete e luoghi che sembrano nati dalle fiabe;
subito prima di un backstage dell’evento che ha celebrato i
25 anni di MediaWorld.
Quindi, nel chiudere questo numero, tanti auguri per un 2017
#madeinsinergie, ricco di successi e novità, di sogni che si
realizzano, di sfide e vittorie; e di tanto impegno. Perché
ogni sogno richiede coraggio e abnegazione.
Buone Feste a tutti.
Fabrizio Mezzo
1
SOMMARIO
SOMMARIO
1
EDITORIALE
2016: cosa resta e cosa parte.
5
COMUNICAZIONE
La comunicazione.
Una sfida quotidiana
14
NETFLIX
La nuova televisione è già qui
e si chiama Netflix
18
OPENDDB
La piattaforma etica on-demand tutta italiana
22
WOBI
Chiude l’edizione 2016:
un successo di presenze e di partecipazione
2
FOCUS ON ART
28
L’arte del corpo. Nudo.
Quando la danza italiana fa colpo anche su Madonna
MICE NEWS
34
News e location
PAROLE IN EVENTO
40
Rischio o incertezza?
I dilemmi dell’event manager
MEDIAWORLD
42
Buon compleanno MediaWorld.
Una celebrazione speciale per i 25 anni
48
Ma cosa comunichiamo?
3
COMUNICAZIONE
HOTELS • VENUES • TEAM BUILDING • CATERING
La comunicazione:
una sfida quotidiana
P
DIFFERENCE BETWEEN
THE ORDINARY AND EXTRAORDINARY
IS THE LITTLE 'EXTRA'
THE
arlare di comunicazione istituzionale in un anno che
ha visto gli svarioni degli interpreti del linguaggio
popolare dopo la Brexit, dopo Trump vs Clinton e poi
al referendum costituzionale italiano può apparire quanto- Il quadro che traspare dal panel degli intervistati è
meno rischioso. Eppure la comunicazione istituzionale, a interessante, ma impone una riflessione su cosa oggi inlivello politico o aziendale, è un must sul quale confrontarsi. tendiamo per comunicazione. É indubbio infatti che questa
Soprattutto in tempi di grandi mutamenti, è importante ha cambiato lo stile di vita delle persone; oggi più che mai
vedere cosa succede nel mondo della comunicazione, è un atteggiamento, un modo di vivere, un’attitudine e una
quali sono le nuove tendenze, come
necessità. Al tempo stesso, è un invito
cambia non solo il mercato ma anche il
al confronto, un elemento di crescita
Comunicare è un verbo di
mercante e come ci si confronta con la
personale o di autogratificazione.
derivazione latina dall’etimologia
contemporaneità.
In questo senso, molti in questi anni
molto chiara, eppure oggi
si sono sentiti grandi comunicatori,
contraddetta. Significa mettere
É stato un anno in cui sono state
grandi scrittori.
in comune, trovare un
evidenti le strategie di comunicazione
punto di incontro.
vincenti e gli errori di qualcuno che
Sui social imperversano poeti, critici
si è sentito troppo sicuro. Abbiamo vissuto un periodo e redattori. Bloggers e nuovi creatori di immagini, video,
caratterizzato da una trasmissione di dati e controdati, foto e infografiche si sfidano su pagine online, dove non c’è
tweet e like, video e foto, dichiarazioni e smentite.
ancora un’etica o se c’è è facilmente aggirabile; dove non c’è
ancora un controllo e una censura (non data dalla legge ma
dalla professionalità e dal buon gusto). Le persone trovano
così il loro percorso verso l’attimo di gloria oppure verso la
denuncia che scatena e divide, che può arrivare ad essere
un vero e proprio teatro di scontro
non solo virtuale
ma
anche
sociale.
5
COMUNICAZIONE
Alberto Bottalico
Maurizio Abet
Luisa Grottola
Director
Senior Vice President
Communication
Marketing & Communication
Manager
Pirelli
DNV GL - Business Assurance
Italia
Cohn & Wolfe
Con più di 20 anni di esperienza nel settore delle Relazioni
Pubbliche, entra in Cohn & Wolfe nel 2000 lavorando su progetti
di comunicazione di brand e di issue management con Franco
Guzzi per Ferrovie dello Stato in occasione del Giubileo 2000.
Appassionato di branding e con lunga esperienza nell’issue e
crisis management, ha seguito negli anni progetti internazionali
che spaziano dalla sostenibilità al posizionamento del Top
Management, dalla consulenza strategica alla profilazione di
brand, dal supporto alla strategia digitale dei propri clienti.
Tra i clienti seguiti nel tempo: illycaffè, Baglioni Hotels, Skyscanner, Room Mate Hotels, Alpitour, easyJet, Aviva, DNV GL Business
Assurance, DNV Oil & Gas, Heineken, Consorzio per la Tutela
dell’Asti, Domori, Mastrojanni Brunello, Damman Frères, Riso
Gallo, Exxon Mobil, BTicino, Asia Pulp & Paper, Dyson, Auchan,
Ferrovie dello Stato, Tenaris Dalmine, Sviluppo Italia, Groupe
Adeo, Coin.
Comunicare è un verbo di derivazione latina dall’etimologia
molto chiara, eppure oggi contraddetta. Significa mettere
in comune, trovare un punto di incontro. Oggi pare essere
smentito nei termini e nei modi visto che sempre più
spesso incappiamo in trasmissioni televisive che sono
quasi combattimenti verbali, in pubblicità che irridono
la concorrenza, in dichiarazioni che paiono studiate per
mettere in difficoltà e intimorire. Allora cosa rimane della
esegesi? Cosa resta del significato autentico?
Alla fine di questi 365 giorni che hanno visto analisi
preventive smentite dai fatti e interpretazioni, ex post
a giustificare gli errori, abbiamo chiesto a un’agenzia
internazionale di PR e Comunicazione, Cohn & Wolfe, e a
due aziende operanti in campi del mercato molto diversi
tra loro - una diretta al consumatore finale, Pirelli, e una
6
COMUNICAZIONE
48 anni, laureato in scienze politiche alla Sapienza di Roma, è il
Senior Vice President Communication di Pirelli.
Da oltre 20 anni nel mondo della comunicazione, ha lavorato in
Telecom Italia, Atlanet e Pirelli, ricoprendo nel tempo incarichi
di responsabilità e maturando un'esperienza significativa nella
comunicazione corporate, finanziaria e di prodotto. Nel Gruppo,
guidato da Marco Tronchetti Provera, ha gestito la comunicazione
durante le fasi più importanti e le trasformazioni industriali e
societarie degli ultimi 10 anni. In Pirelli fanno oggi fanno capo a lui
le funzioni responsabili dello sviluppo creativo delle campagne
pubblicitarie, della digital communication, della produzione dei
contenuti per le attività di storytelling, delle attività di media
relations, delle sponsorizzazioni e degli eventi istituzionali, del
calendario Pirelli e della comunicazione interna. Dal 2014 è membro
del consiglio di amministrazione della Fondazione Pirelli Hangar
Bicocca.
estremamente istituzionale e assolutamente corporate,
specializzata in certificazioni, DNV-GL - di darci una
loro lettura, una visione di come vedono il mondo della
comunicazione, cosa appare chiaro e cosa invece è ancora
avvolto da ombre, con quali sfide si confrontano oggi i
manager e le aziende.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Abet, Senior Vice
President Communication di Pirelli, Alberto Bottalico,
Director di Cohn & Wolfe, e Luisa Grottola, Marketing &
Communication Manager in DNV-GL.
Cominciamo il nostro giro di tavolo con una domanda
che parte dal lato oscuro della comunicazione, da tutti
i contrasti che abbiamo visto nascere in quest’ultimo
anno, e chiediamo loro: perché, dopo aver speso anni a
Nata a Bari, dopo la laurea in Lingue e Letteratura Straniera, si
sposta a Venezia dove consegue il master in Economia del Turismo
nel 1997.
Inizia la sua esperienza professionale nella comunicazione presso
l’ente del turismo coreano, poi in Swissair, dove ricopre il ruolo di
Marketing Communication Specialist per Swissair/Sabena.
Nel 2001 entra a far parte di DNV-GL, prima come Communication
Manager, poi come Marketing & Communication Manager.
È mamma di due bambini, Luca ed Elena, con i quali condivide,
insieme a suo marito, la passione per il mare e per la buona cucina.
parlare dell’importanza della comunicazione, imparato a
comunicare, a collaborare, proprio adesso che diciamo di
saperlo fare vediamo tutte queste divisioni, tutte queste
lotte, tutti questi attacchi frontali, quasi un tutti contro
tutti?
Il primo a rispondere è Maurizio Abet, Pirelli, che afferma:
“Non si smette mai di imparare; è la prima cosa. Oggi,
soprattutto con le nuove tecnologie, bisogna mettersi
sempre in discussione. Quello che ora funziona, domani
potrebbe non andare più bene. Servono strutture e modelli
di comunicazione molto flessibili per gestire quella che è
diventata l’unica vera costante: il cambiamento continuo (ne
parleremo anche nell’articolo sullo stato di Beta Permanent
al WOBI pag. 22). Mutano rapidamente i gusti e le tendenze
dei target di riferimento. Si moltiplicano i canali e la necessi-
tà di avere contenuti ad hoc. La cosa più saggia, quindi, è
rimanere umili e fare tesoro degli errori che si commettono.
Quello del tutti contro tutti è invece un argomento più
grande, che va ben oltre la comunicazione. Il problema è
culturale. La comunicazione, alla fine, è solo uno strumento.
Puoi utilizzarlo bene o male. Il mondo sta cambiando a una
velocità alla quale non eravamo abituati. Spesso ci arrivano
addosso temi più grandi di noi che meriterebbero spazio,
lentezza, silenzio per poter ragionare. Invece sembra che
tutto vada affrontato e risolto nello spazio di un talk show.
Questo aumenta la conflittualità. Vince la logica dello
schieramento: o bianco o nero. Il grigio, che spesso è il colore
della saggezza, non va di moda. Molti, per farsi ascoltare,
urlano. Urlando si perde quasi sempre qualità, spessore e
capacità d’approfondimento. La rete dà voce a tutti e in tanti
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COMUNICAZIONE
prendono posizioni nette e definitive su temi dei quali sanno chiave cari all’azienda cercando un punto di incontro con gli
a mala pena quello che hanno letto sul giornale o su Internet interessi dell’audience.
cinque minuti prima. Sulla volontà di
capire prevale quella di appartenere
É un approccio che mira più a mediare
“Sono cadute le barriere e le
a un gruppo. La tecnologia favorisce
che a provocare. Nei grandi gruppi
frontiere tra le varie discipline
della comunicazione c’è un’attenzione
questa attitudine. Difficile contrastare
della
comunicazione
e
questo
sempre maggiore all’integrazione
il fenomeno. Bisognerebbe cominciare
tra discipline, ma certo, talvolta si
in famiglia e nelle scuole, ma questo
significa che c’è un allargamento
possono generare sovrapposizioni”.
discorso ci porterebbe lontano. Qui
delle competenze oltre il recinto del
mi limito a constatare che nel breve
proprio territorio tradizionale”.
Luisa Grottola interviene ponendo
periodo, nella comunicazione, vincono
l’accento sul tema dell’evoluzione
gli slogan, i luoghi comuni, il politically
della comunicazione che secondo lei
correct a ogni costo; ma quasi sempre, sono costruiti sul
è alla base di questo mutato
nulla e si sgonfiano con la stessa rapidità con la quale sono
clima. “Le tempistiche date
diventati mainstream per un mese, una settimana, a volte
dalla necessità di
per un giorno solo. E quando non si sgonfiano il rischio è che
reagire in tempi
nasca la “post verità”, neologismo che l’Oxford Dictionary
inserisce non a caso nell’edizione 2016. Questo è uno
scenario che anche le aziende devono tenere presente”.
Alberto Bottalico, Director di Cohn & Wolfe - agenzia
Internazionale di Relazioni Pubbliche e Comunicazione
che segue alcune tra le maggiori aziende a livello
mondiale - interviene nel dibattito, ovviamente con
un approccio sociologico e trasversale, affermando
che le divisioni sono “una naturale conseguenza
dei tempi di transizione che stiamo vivendo. Sono
cadute le barriere e le frontiere tra le varie discipline
della comunicazione e questo significa che c’è un
allargamento delle competenze oltre il recinto del
proprio territorio tradizionale affrontando, però, i
temi della comunicazione con un approccio specifico
caratteristico del proprio background”.
Gli chiediamo di spiegarci il punto di vista in pratica.
“La pubblicità - ci dice - é impattante per natura,
diretta; il punto di partenza è il concept creativo. C’è
la necessità di sintetizzare e colpire in brevissimo
tempo. Come nei 30. Nel mondo delle Relazioni
Pubbliche invece, si costruisce partendo dai
messaggi. Il nostro modo di
affrontare il digital - che poi
è il campo principale del
confronto - parte dalla
comprensione dell’interlocutore nell’intento di
trasmettere i concetti
COMUNICAZIONE
brevissimi imposte soprattutto dal mondo social, hanno La democratizzazione della comunicazione generata dal
portato a questo clima più diretto, al contraddittorio digital, provoca una maggior partecipazione, ma un concon un botta e risposta quasi immediato. Una volta, con seguente livellamento in basso di modi e tone of voice”.
maggior tempo per reagire, media meno immediati e
accessibili a tutti, c’era un tempo maggiore, una possibilità di Come si evolve il pensiero creativo? La comunicazione
lavorare cesellando meglio messaggi e contenuti. Oggi segue canoni estetici/mode oppure è un driver di
l’accelerazione richiesta dalla necessità di essere sempre sul innovazione?
pezzo, porta a ridurre i tempi e, di conseguenza, aumenta la
conflittualità legata alla risposta quasi istintiva o comunque “La creatività - dice Abet - in qualsiasi settore, fa sempre la
meno meditata. Fortunatamente
differenza. Quella di qualità riesce a
questo meccanismo in DNV-GL ci
imporsi sul rumore di fondo e sulle urla.
“Se penso a cosa capita
tocca meno rispetto a realtà più
Lascia un segno che dura nel tempo
a livello aziendale e istituzionale,
B2C, in quanto essendo azienda
quando riesce a offrire una prospettiva
nella realtà la comunicazione
esclusivamente B2B ci possiamo
diversa, un angolo originale dal quale
è profondamente influenzata
ancora concedere tempi di riflessione”.
osservare i fenomeni: commerciali,
da mode e tendenze e ne segue i
politici e sociali. In questi casi, più che
canoni stilistici invece di innovarli.”
Chiarissimo, ma a livello di comuniseguire, la comunicazione deve saper
cazione generale?
precedere, anticipare. Deve intuire un
fenomeno che sta per arrivare e dargli un nome, una forma,
“Beh - continua Grottola - su argomenti più mediaticamente prima che altri lo facciano. Chi ci riesce, vince e certamente
esposti, con aziende che operano a livello globale, tutti innova”.
esprimono la propria opinione e questo genera conflitti e
reazioni (basti pensare alle pagine e pagine di Facebook Nello stesso solco la risposta di Bottalico: “Il pensiero
pro e contro il referendum o alle elezioni americane creativo è un driver, se chiariamo e capiamo cos’è il
che hanno realmente spaccato il mondo e pensiero creativo. Se è solo un qualcosa che mira a colpire
le amicizie n.d.r.) anche perché spesso e non a creare valore nel tempo rischia di essere un booster
il dibattito è alimentato dagli momentaneo. Il pensiero creativo vero, parte invece dalle
interventi di influencer o dai informazioni che si hanno sul mercato, sulle tendenze, sui
blogger.
target selezionati, che il mondo dei big data ci consente di
avere in grandissima quantità. Mi piace pensare che il ruolo
delle agenzie di comunicazione sia quello di essere dei
sintetizzatori di pensiero. Se siamo capaci di trasformare i
pensieri in narrazione, allora possiamo veramente diventare
attori del cambiamento”.
Luisa
Grottola introduce un distinguo
interessante. “Dal punto di vista personale,
il pensiero creativo deve influenzare
la comunicazione, perché è la
linfa vitale per tutto il
resto.
© Mopic/Shutterstock.com
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9
COMUNICAZIONE
COMUNICAZIONE
Mi piacerebbe fosse davvero così sempre. Ma mi rendo
conto che è un’utopia; perché se invece penso a cosa capita a
livello aziendale e istituzionale, nella realtà la comunicazione
è profondamente influenzata da mode e tendenze e ne
segue i criteri stilistici invece di innovarli. Ci troviamo così
a seguire i canoni del momento che diventano la guida,
mentre dovrebbe essere il pensiero creativo a dettarne le
declinazioni”.
di vista del linguaggio. La retorica, gli aggettivi roboanti, le
autocelebrazioni, hanno preso il sapore delle cose vecchie e
stantie; gradualmente e fortunatamente, sono caduti sotto i
colpi della richiesta di maggiore autenticità. Diciamo che oggi
le aziende parlano quasi come mangiano. Del resto, quando
comincia a farlo Papa Francesco si ridisegnano le regole del
gioco per tutti. Certe liturgie lessicali, certi approcci rigidi
non possono che venire meno.
Quali sono stati i grandi cambiamenti degli ultimi 10 anni
nella comunicazione? Quali trend/media? E cosa cambierà
ancora?
L’altro grande cambiamento, più recente, è quello dei big
data e la possibilità di utilizzare gli analytics. Al netto della
creatività diventano un driver sempre più rilevante per
costruire azioni di comunicazione efficaci.
Il parere è ovviamente concorde, almeno sulla parte web.
“Social Media, canali e mondo digital - comincia senza
dubbi la Grottola -. Poi la parte video. I contenuti
di comunicazione sono passati dallo statico
al dinamico, si sono evolute le forme di
comunicazione, al passo con i media di
diffusione”.
“Due elementi su tutti - dice Abet -. A partire
dal 2000 l’arrivo di Internet per il grande
pubblico e poi, dalla metà circa della prima
decade di quegli anni, la nascita dei social
media. Si moltiplicano i canali e tutti, grazie
alla rete, cominciano a dire pubblicamente
la loro. I brand vengono lodati e criticati. Gli
stakeholder vogliono parlare con le marche
che scelgono. Pongono domande che tutti
leggono e le risposte vanno date in tempo
reale. Questo ha imposto un enorme salto
culturale nelle aziende, sia dal punto
di vista degli strumenti (tutti
sono diventati publisher
e
broadcaster
di
contenuti propri)
sia dal punto
© Jesus Sanz/Shutterstock.com
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Questo fino ad oggi. Ma se pensiamo ad esempio alla realtà ti, la comunicazione ed il contatto avvenivano da desktop,
e quindi erano limitati nel tempo,
virtuale e all’Internet delle Cose, alle
nello spazio e nella fruizione. Adesso
quali Facebook e Google già lavorano da
invece è un continuum.
tempo, sappiamo che le regole del gioco
“Gli stakeholder vogliono
cambieranno ancora”.
parlare con le marche che scelgono.
La seconda grande area di
Pongono domande che tutti
cambiamento è stata provocata
Bottalico concorda. “L’invenzione dei
leggono e le risposte
dall’abbattimento di fatto della
social network come territorio di
vanno date in tempo reale”.
barriera tra contenuti a pagamento e
scambio delle opinioni a livello azienda/
contenuti spontanei.
azienda, o azienda/persona o ancora,
persona/persona, ha cambiato le
regole del gioco. Il passaggio è stato facilitato soprattutto La terza area è la possibilità di scambiare pacchetti di
dall’avvento degli smartphone. Fino a quel momento, infat- dati sempre maggiori e sempre più grandi. La tecnologia
ci ha consentito di sviluppare nuove forme di
comunicazione in tempo breve,
grazie alla possibilità di
scaricare velocemente dati,
immagini e video. Viviamo
in un mondo influenzato
da media visivi come gif,
jpeg, video, animazioni
varie e infografiche. Ma
con un distinguo degli
ultimi tempi: poiché
il video agisce a
livello emozionale,
di recente è nato
e si è sviluppato il
bisogno di fissarne
il contenuto attraverso le parole
scritte. Per cui in
internet o in tv si
assiste
sempre
più spesso alla
formalizzazione dei
contenuti attraverso
sottopancia o parole
scritte
e
inserite
direttamente nei video,
oppure messe a corollario,
come bullet points sotto
la finestra del video
stesso. Anche questa è
una diretta conseguenza
degli smartphone e della
loro diffusione, che ha
cambiato la fruizione
della comunicazione.
11
COMUNICAZIONE
Magari in metropolitana o in treno non si riesce a scaricare
correttamente o velocemente. Ed ecco che allora la parola
svolge la funzione di fissativo del concetto o di riassunto.
COMUNICAZIONE
©abstract/Shutterstock.com
In merito al futuro, credo che la tecnologia
sarà ancora una volta la chiave. L’evoluzione
tecnologica continua permetterà sempre
più la condivisione di pacchetti multipli
di informazioni e quindi penso che il
domani vedrà una grande convergenza e
integrazioni di differenti forme di linguaggio
e modalità di comunicazione”.
Riprendendo l’argomento dell’evoluzione, Luisa Grottola torna sul tema
della velocità, affermando che “la
multicanalità favorisce la velocità e
la creazione di nuovi media e nuovi
percorsi. Una volta tutti parlavano
comunicazione
integrata.
di
Oggi dobbiamo confrontarci con
l’integrazione e la contaminazione
tra forme diverse di comunicazione
che prendono spunto dalla realtà
quotidiana.
Penso a una conferenza cui
ho partecipato in Google
circa un anno fa dove ci
sono state presentate
le nuove tendenze
della wearable tech,
della IoT, delle
auto guidate a
distanza; tutte
cose che ci permetteranno di
avere maggior
12
tempo
per
comunicare,
ma cambieranno
le modalità di fruizione: saremo sempre più
digital e virtuali e meno face-toface, reali”.
Quanto è importante e strategica la comunicazione in
un’azienda, e quanto invece è puramente di supporto alle
vendite?
Il parere dell’azienda è chiaro. Abet afferma senza dubbi
che “la strategicità della comunicazione non è alternativa al
supporto alle vendite, al contrario. Direi che un’azienda che
non vende ciò che produce è un’azienda strategicamente
fallita. Senza un buon prodotto da raccontare la
comunicazione è inutile. La comunicazione di brand e di
prodotto lavora principalmente su due variabili molto
interconnesse: migliorare la reputazione dell’azienda e
supportare il business con azioni più o meno dirette anche
sulle vendite. C’è una parte di “storytelling” propria della
comunicazione e un’altra di “storyselling” che è più una
caratteristica del marketing. Ma oggi l’epoca delle divisioni
e dei confini è finita. Difficile dire dove comincia una cosa
e dove finisce l’altra. Le funzioni lavorano in modo efficace
quando le rispettive competenze sono integrate. Bisogna
avere obiettivi comuni che si raggiungono percorrendo
strade a volte differenti, ma tutte importanti”.
In DNV-GL l’asset della comunicazione è prevalentemente
orientato alle vendite. “Sono in DNV da ormai 15 anni ci dice Grottola - e posso dire che il percorso è mutato
soprattutto negli ultimi anni, orientandosi prevalentemente
alle vendite. Oggi il nostro obiettivo come dipartimento
di comunicazione aziendale è di Fueling Sales, dare un
supporto alle vendite diretto, immediato. Siamo passati da
un focus sul brand a un focus sulle vendite. Questo implica
cambiare la metodologia di lavoro. Oggi privilegiamo tutta
la parte di live communication: workshop, webinar, eventi
volti a fare formazione sul cliente e quindi far percepire il
valore dei nostri prodotti, campagne su LinkedIn. Cerchiamo
di nutrire i nostri clienti per farli crescere, fidelizzandoli
alle nostre proposte, facendone percepire i valori e le
differenze dalla concorrenza. E ovviamente, andando verso
il cliente, pur nel distinguo della
proposta commerciale B2B,
adottiamo
anche
modalità
B2C, offriamo scontistiche
o condizioni migliorative del
listino per operazioni durante
particolari periodi, andiamo
in supporto al cliente con
campagne
promozionali,
e
facciamo tanto storytelling di
cui, in quest’ultimo periodo,
siamo arrivati alla sintesi di
due tendenze che abbiamo
vissuto: la autoreferenzialità
prima, e l’attenzione totale ai
successi del cliente poi. Oggi
stiamo finalmente lavorando in
equilibrio. Un mix che sottolinea ©emojoez/Shutterstock.com
il nostro apporto a valorizzare
il prodotto o il cliente finale. E anche questo è comunque,
indirettamente, un supporto alle vendite, perché il nostro
punto di vista, raccontato e divulgato, può generare contatti”.
Bottalico, ovviamente guardando a più realtà frutto del
lavoro di agenzia, dice che “tutto dipende dalla tipologia
di azienda, dalla sensibilità strategica e dall’intelligenza
lungimirante sul lungo periodo. I grandi gruppi internazionali
oppure le piccole realtà illuminate, hanno da tempo
capito l’importanza strategica della comunicazione come
generatore di valore e gestore della reputazione di brand
che si riflette poi a cascata sulle vendite. Ma poi occorre
fare i conti con l’oste, ovvero i nostri tempi; con la crisi, con
la stagnazione. E un’azienda vive quando vende. Ecco perché
in questo preciso periodo storico, pur comprendendo
l’importanza di un’azione a lungo termine, l’attenzione
delle aziende è ai risultati di vendita, al breve periodo, alla
risposta immediata del mercato. Nei momenti di crisi e di
difficoltà è importante sopravvivere e, di conseguenza,
costruire un percorso di lungo periodo appare un’esigenza
meno sentita come obiettivo primario proprio perché
l’instabilità dei tempi è motivo di preoccupazione e, a volte,
arrivare a domani è già un grande traguardo. Se dovessi dare
delle numeriche a livello di percezione, direi che oggi il 30%
pensa alla strategia e il 70% alle vendite”.
Tre opinioni, tre punti di vista, tre modalità che a volte
convergono e a volte distinguono su come la comunicazione
sia cambiata e come resti una sfida affascinante da
qualsivoglia lato la si affronti.
Certamente in questi anni
siamo stati tutti testimoni di
un cambiamento epocale e
questa è forse la costante vera
e la ragione delle incertezze
che comunque assalgono il
comunicatore. Hemingway scriveva del terrore della pagina
bianca che afferrava lo scrittore
all’inizio della sua opera. Oggi
forse il terrore è invece legato
alla pienezza di quella pagina,
al sovraffollamento strutturale
di informazioni dalle quali è
difficile prendere le distanze
e nelle quali è difficile far
chiarezza, così che ci si trova
a gestire un processo di cui
si conosce la meta ma la strada è irta di interruzioni; ci
vorrebbe un navigatore satellitare.
Per fare chiarezza occorre lucidità, competenza, capacità
di analisi e, al tempo stesso, forza e voglia di improvvisare,
tentare nuovi canali, cercare nuovi media e nuove
strategie. E soprattutto non fidarsi delle apparenze, non
cadere nel gioco della provocazione, della voglia di avere
l’ultima parola, perché spesso è quella che si ricorderà di
più. E se non è più che azzeccata, rischia di tornare come
un boomerang contro chi l’ha detta. In fondo, proprio
per questo, chi sa comunicare davvero conosce anche
l’importanza del silenzio strategico.
G. Merini
13
NETFLIX
imore.com
La nuova televisione è già qui
e si chiama Netflix
G
ennaio 1954: iniziano le prime trasmissioni televisive
in Italia.
per una visione collettiva che andava oltre ogni differenza,
conflitto, religione e opinione politica.
Certo, la tv dell’epoca non era proprio simile a quella che
conosciamo oggi: non aveva né lo schermo piatto né la
qualità HD, anzi; fino all’inizio degli anni Settanta la si vedeva
in bianco e nero. Eppure in quel periodo il tubo catodico
mostrava il suo enorme potere al popolo italiano: un potere
aggregativo che riusciva a riunire decine e decine di persone
davanti allo schermo. Il successo fu così straordinario
che dagli anni Cinquanta la televisione si diffuse in tutto il
Paese a ritmi sbalorditivi, arrivando ad abitare le case dei
più abbienti, i circoli e i bar che divennero le sedi principali
I primi programmi televisivi hanno contribuito ad abbattere l’altissimo tasso di analfabetismo in Italia, mentre
gli sceneggiati in più puntate portavano il teatro in tv. Con
l’avvento delle trasmissioni in diretta, nacque un intero mondo di programmi sempre più coinvolgenti creato da autori
e presentatori come Corrado, Mike Bongiorno e Raimondo
Vianello: i padri fondatori della televisione italiana. Lascia o
Raddoppia e Canzonissima incollavano tutti allo schermo
e diventavano argomento di conversazione per giorni e
giorni.
In brevissimo tempo la televisione è diventata il nostro
nuovo focolare, il simbolo di un’Italia in ripresa e finalmente
unita, se non politicamente, almeno a livello personale
ed emotivo. Oltre alle trasmissioni popolari, nel corso
degli anni si è inserita anche la pubblicità che, con spazi
sempre più ampi, ha finito inevitabilmente col modificare
sia le modalità di fruizione della tv che il comportamento
d’acquisto dei telespettatori.
Ma se nei suoi primi trent’anni di vita la televisione
veniva considerata il primo medium di comunicazione, lo
strumento principale attraverso cui inviare forti messaggi
al pubblico a casa, oggi la situazione è drasticamente
cambiata, nonostante l’aggiunta dei servizi pay-per-view,
degli abbonamenti e dei contenuti on demand.
Guardiamo sempre meno tv. Lo dicono i giornali, lo dicono
i sondaggi.
La crescita esponenziale dei servizi di streaming e on
demand deve far riflettere sul cambiamento che stiamo
affrontando, lo stesso che vede il telespettatore non più
come il destinatario passivo di un messaggio generalista,
bensì come parte attiva del processo di creazione di
contenuti. Desideriamo un’offerta sempre maggiore e
soprattutto vogliamo che questa si adatti alle nostre
esigenze, ai nostri desideri, vogliamo che si avvicini alla
nostra realtà. Ed è forse per questo motivo che Netflix è
arrivato anche in Italia, qualche anno dopo il lancio negli USA.
Oggi la piattaforma è presente in 190 Paesi, esclusi solo
Corea del Nord, Siria e Cina e, nonostante il numero di utenti
che potrebbero portare all’azienda, la sua crescita sembra
pressoché inarrestabile.
Oltre all’espansione territoriale, Netflix si propone come
un’ottima alternativa alla tv tradizionale (e on demand)
per i suoi prezzi decisamente young-friendly e per l’alta
qualità dei suoi contenuti, frutto degli enormi investimenti
in produzione e comunicazione. In pochissimo tempo la
piattaforma è diventata top player di mercato, creando così
tanto scalpore da attirare l’attenzione della multinazionale
Disney, che sembra interessata ad acquistarla. Non si sa
ancora se e quando questo avverrà, ma ogni giorno vengono
diffuse numerose novità e impressionanti dati di vendita,
pertanto… non ci resta che attendere.
Possiamo quindi dire addio al concetto di televisione come
lo intendevamo vent’anni fa? Ci saranno ancora momenti
anneriittaciccone.com
14
15
NETFLIX
di riunione davanti ai programmi tv che hanno segnato
generazioni e generazioni di spettatori? La risposta risiede
nelle ricerche e nei dati raccolti dai centri di analisi come
Eurodata TV Worldwide ed Ericsson, che studiano ogni
giorno le tendenze di consumo dei prodotti televisivi. Già
l’anno scorso avevano evidenziato come gli adolescenti
guardino sempre meno trasmissioni in diretta, privilegiando la possibilità di fruire di contenuti on demand ad ogni ora
della giornata. I giovani guardano la tv per minor tempo, ma
soprattutto in modo estremamente diverso dai loro genitori
e nonni. Amanti del cosiddetto time-shifting, preferiscono
guardare i programmi tv dopo la loro messa in onda, bypassando la pubblicità e arrivando subito alla sigla di
apertura della loro serie o film preferito. Oggi i programmi
si guardano dallo schermo dello smartphone, dal tablet o
dal pc e nel frattempo nascono nuovi trend che modificano
ancora una volta il comportamento del consumatore. É di
recente creazione infatti, il termine binge-watching: una maratona televisiva che inchioda sul divano a guardare serie tv
e film per ore senza rendersi conto del tempo che passa.
NETFLIX
Non mancano però quelli che vedono in questa rivoluzione
una trappola, tesa specialmente ai telespettatori di oggi
e di domani. Per molti sarebbero proprio i Millennials
le vittime di un sistema ben più organizzato di quel che
sembra. Non bisogna dimenticare, infatti, che Netflix
non è solo una media house, ma è anche - e soprattutto un’azienda di intrattenimento che ha saputo trasformarsi in
un fantastico e perfetto storyteller customizzato per i più
giovani. I suoi contenuti originali si avvicinano al target e
spaziano anche in argomenti ancora tabù per la televisione.
Si pensi ai protagonisti di Sense8, la serie tv di Lana e
Lilly Wachowski: provenienti da ogni angolo del globo, non
conoscono barriere legate a razze o orientamenti sessuali.
Che sia davvero un passo avanti verso prodotti sempre più
esperienziali? O forse questo progetto finirà con essere uno
specchio per le allodole, un escamotage, per tenere le nuove
generazioni ancora più incollate ai loro dispositivi?
C’è da dire che il successo di Netflix non è dovuto esclusivamente alla sua capacità di rispondere alla costante
Tra gli altri punti di forza dei prodotti Netflix c’è la loro domanda di contenuti, va oltre lo spirito imprenditoriale
capacità di avvicinarsi così tanto - in termini di qualità che guida i suoi investimenti vincenti. Dietro al progetto,
e di produzioni coinvolte - al mondo del cinema, da alla base di ciò che ha costruito l’ex marine Reed Hastings,
attirare diversi attori hollywoodiani: Winona Ryder, Drew c’è la volontà di non perdere il contatto con il passato, di
Barrymore e Kevin Spacey (l’attore che ha dato una svolta prendere atto delle sue lezioni e delle conseguenze che
alla piattaforma con la sua performance in House of Cards) hanno scatenato i mutamenti sociali che conosciamo oggi.
sono solo alcuni nomi di chi ha deciso di salire a bordo. Ad esempio, a proposito della pirateria - un argomento oggi
Sicuramente la migrazione dei “big” non si limita solo molto discusso e al quale sembra non esserci ancora una
alla piattaforma di Los Gatos: anche diversi concorrenti soluzione - Hastings ha affermato in un’intervista che “da
- tra i primi Amazon Video - versano budget miliardari per quando siamo attivi in Canada, lo streaming e il download
talenti come Robert De Niro e Meryl Streep, entrambi illegali sono calati del 50%, in Australia la pirateria è scesa
pagati con assegni a sei cifre per ogni puntata delle serie già del 27%”. Il fondatore di Netflix ha inoltre confermato
tv oggi in produzione. Un altro segnale chiaro, chiarissimo, ciò che si prevedeva da tempo, ovvero che l’approccio a
di come dobbiamo abituarci ad un
questo nuovo servizio di streaming
nuovo concetto di filmografia che
avviene principalmente dal web e
vede fondersi il mondo glamour
non dalla televisione. Certamente
e hollywoodiano del cinema con
i programmi offerti da Netflix
quello più reale e coinvolgente delle
puntano all’altissima definizione
serie tv.
(incluso il 4K, da poco disponibile
anche in Italia) e ai colori brillanti
Ricapitolando: investimenti da
dell’HDR; tecnologie che sulle nostre
capogiro, contenuti di qualità e
tv sempre più smart renderanno
ormai anche star famosissime.
l’esperienza ancora più unica. Ma
Reed Hastings
Questo è ciò che si chiama un
tutto parte dall’utente, unico grande
cambio di rotta. Ci troviamo davanti
protagonista e co-autore delle serie
ad un modello di business finalmente nuovo, svecchiato, che tv e film prodotti e distribuiti. Un personaggio sempre più
lascia alle spalle il telecomando ed i palinsesti tv in favore libero dalle prescrizioni dei palinsesti televisivi, qualcuno
dello smartphone e di un vaso di pandora ricco di contenuti. che forse viene osservato, ma che osserva a sua volta, in
16
-2,5 ore
a settimana
+4 ore
a settimana
Il tempo totale dedicato alla visione di TV e video è cresciuto grazie
all’enorme aumento della visione via mobile.
Dal 2012, i consumatori medi globali hanno aumentato la visualizzazione su dispositivi mobili di 4 ore a settimana, mentre la visualizzazione dello schermo fisso è diminuita di 2.5 ore a settimana.
Questo significa che oggi passano 1.5 ore in più guardando TV e video
di quanto facevano 4 anni fa.
Da: ericsson.com
un dialogo franco e diretto con l’azienda. Ed è proprio in divano di casa, per una maratona della serie tv preferita,
nome della relazione duratura con il cliente che Netflix si per l’ultimo film creato su misura per loro, che tratta di
è sempre impegnata a non inserire contenuti pubblicitari argomenti familiari e ha come star quelle più gettonate del
nei suoi programmi tv, vivendo esclusivamente grazie alla momento.
vendita degli abbonamenti e alle grandi
sponsorizzazioni e partnership con
Le previsioni, i calcoli, le stime sul
“L’intrattenimento è più simile
case di produzione internazionali.
futuro possono fermarsi qui perché
ad un libro che alla televisione.
il cambiamento è già in atto e tutti
Hai il controllo totale su cosa
In risposta ai tanti che gli hanno
noi possiamo sentirci parte di questa
leggere e come leggerlo.”
chiesto perché sulla piattaforma
rivoluzione. Siamo cresciuti con la tv,
vengono caricate intere serie tv e non
con questa “scatola magica” che si è
un episodio alla settimana (“bruciando” così l’investimento introdotta nel nostro Paese nel dopoguerra e non ci ha più
in poco tempo) il CEO di Netflix sembra trovare la sua lasciati. Con la televisione ci siamo acculturati, abbiamo
ispirazione nel passato: “L’intrattenimento è più simile ad conosciuto mondi diversi, ci siamo emozionati, ci siamo
un libro che alla televisione - ha detto in un’intervista al informati. Abbiamo imparato le sigle dei cartoni dell’infanzia,
New Yorker - hai il controllo totale su cosa leggere e come canticchiato i jingle degli show prima di cena…è evidente
leggerlo. Puoi iniziare con un capitolo solo, oppure finire che ciò che ci lascia il tubo catodico è un’eredità importante
tutto il libro in una notte”. Un’idea efficace e innovativa, ed invadente. Ciò che accadrà domani - o meglio, oggi - non
sostenuta dalla forte volontà di arrivare agli utenti e snaturerà il nostro processo di crescita, bensì sarà una
cambiare le carte in tavola. Questo è ciò che Netflix ha lente di ingrandimento su ciò che eravamo e ciò che siamo
portato alle nuove generazioni; le stesse che anziché diventati.
radunarsi davanti a Lascia o raddoppia si troveranno sul
F. Passoni
17
OPENDDB
OpenDDB.
La piattaforma etica on-demand tutta italiana
S
ono numerosi i cambiamenti sociali ed economici
che ci porteranno - o meglio, che ci stanno portando verso il consolidamento di un recentissimo modello
di business legato all’intrattenimento. É evidente poi come
queste trasformazioni influiscano anche sul comportamento
d’acquisto delle nuove generazioni, ampiamente diverso da
quello delle precedenti.
Anche la televisione non è più quella di una volta,
così come non lo sono le nostre esigenze ed
abitudini maggiormente legate al mondo della
rete; un ambiente invisibile ad occhio nudo ma
dal quale il nostro pianeta trae l’energia vitale per
continuare ad evolversi.
L’evoluzione poi alimenta idee, numerose, valide e importanti
che, come ingranaggi ben assemblati, mettono in moto la
grande macchina dell’innovazione; essa stessa un organismo
fondamentale per proseguire verso il futuro nel modo più
positivo e fruttuoso possibile.
La moderna nascita di piattaforme come Netflix, Now
TV e Amazon Video, è diventata ormai un caso di studio;
personalità accademiche, esperti sociologi e antropologi
rivolgono la loro attenzione a questo fenomeno globale,
mentre i grandi della televisione cercano di tenere il passo,
rinnovando i propri palinsesti con contenuti che tentano - chi
con successo, chi fallendo - di avvicinarsi al nuovo pubblico
dei media.
Tuttavia, mentre il mercato si fa un po’ più stretto e i
competitor aumentano a vista d’occhio, nascosti dietro agli
“scontri” più o meno velati tra multinazionali e servizi online
dai grandi nomi, uno sguardo attento potrebbe notare la
presenza di movimenti giovani e più silenziosi legati alla
distribuzione di contenuti.
Secondo l’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di
Milano, nel 2016 in Italia gli investimenti in nuove imprese
ammontano a 182 milioni di euro. Il 24% in più rispetto al
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valore complessivo registrato nel 2015. Siamo
dunque un Paese che sta lentamente cambiando
marcia, puntando sulle nuove piccole aziende, o
almeno ci stiamo abituando a vederle lavorare
anche sul nostro territorio.
Le Startup sembrano abitare il mercato del lavoro giovane,
eppure dietro ad OpenDDB - la prima piattaforma europea
in Creative Commons di film, musica e libri - non c’è alcun
profitto o investimento, bensì la voglia di sostenere, con
formule di auto reddito, chi lavora nel mondo della cultura.
Nascosti dietro agli “scontri” più o
meno velati tra multinazionali e servizi
online dai grandi nomi, uno sguardo
attento potrebbe notare la presenza
di movimenti giovani e più silenziosi
legati alla distribuzione di contenuti.
La scelta di proporre opere in Creative Commons - ovvero
che possono essere condivise e riprodotte liberamente
dagli utenti che le acquistano - è una novità che tende una
mano al sociale e all’evoluzione di una filosofia che si pone in
alternativa alle grandi distribuzioni, per chi vuole conoscere
in profondità i lavori indipendenti. OpenDDB è un business
europeo che coinvolge Paesi come Francia, Inghilterra e
Belgio, ma che ha cuore e sede in Italia, più precisamente a
Bologna.
I fondatori della piattaforma, intervistati da La Repubblica,
hanno spiegato il motivo dietro a questo progetto, che
definiscono una vera e propria rete solidale. “L’idea di creare
un network tra freelance è nata nel 2013, quando insieme
ad alcuni amici e colleghi abbiamo dato il via alla rete
Distribuzioni dal Basso - ha detto Andrea Paco Mariani - e
da subito ci siamo resi conto che dovevamo guardare oltre
l’Italia”.
19
OPENDDB
rendono così importante, redditizia e spesso oggetto
di strategie fumose che la trasformano in un pretesto
per guadagnare visualizzazioni e click. Con il web si
sarebbe dovuto superare il limite della comunicazione
standardizzata delle televisioni, delle prese di posizione,
delle influenze; eppure oggi la cattiva informazione e le
“bufale” si accalcano sulla home page di qualsiasi sito di
notizie, facendo cadere in trappola a volte anche stimate
testate e giornalisti.
Per questo motivo gli oltre 120 titoli tra film, documentari,
musica, libri e inchieste giornalistiche indipendenti sono
disponibili in italiano, inglese e francese; anche se le “mire
espansionistiche” si estendono verso il mercato tedesco e
spagnolo, che i giovani sperano di raggiungere presto, per
ampliare l’offerta di lavori indipendenti.
La Repubblica ha definito OpenDDB “il Netflix etico delle
produzioni indipendenti” sottolineando come il sistema si basi
su un’economia sostenibile. É infatti il primo punto del Credo
della piattaforma, il voler “promuovere un numero sempre
maggiore di produzioni giovani, emergenti e indipendenti che
utilizzino in forma maggioritaria il metodo del crowdfunding
e che producano materiale sotto licenze Creative Commons”.
Sembra quindi che la storia si ripeta, fortunatamente però
l’evoluzione troverà ancora una volta il modo per sfuggire
dal circolo vizioso, fornendo gli strumenti ed i materiali che
stimolano le idee e la creatività delle giovani generazioni che,
come attraverso OpenDDB, cercano di trarre dei benefici
e dei contenuti di qualità in mezzo a questo nostro
mondo disordinato e caotico.
Ma come funziona OpenDDB e qual è l’impegno dei giovani
italiani che l’hanno creata?
Nel mondo dell’offerta on demand, la piattaforma si propone
come una scelta etica e responsabile, a partire dai suoi
contenuti altamente legati al sociale che forse troverebbero
con difficoltà il loro posto nell’ampio mercato tradizionale.
Prima di essere diffusa, ogni opera viene attentamente
valutata dalla Redazione, il tutto senza che venga data alla
piattaforma l’esclusiva di distribuzione.
OpenDDB non si presenta come un intermediario a scopo di
lucro, bensì come entità socialmente impegnata a costruire
un ponte tra la rete di utenti e quella degli autori con il fine di
stimolare un vero e proprio dibattito collettivo. Quest’ultimo
può sfociare anche nella organizzazione di incontri tra le
due parti e la proiezione delle opere in catalogo a festival ed
eventi.
Il sostegno della creatività autoriale avviene tramite una
donazione obbligatoria che precede la fruizione dell’opera,
ma non è legata ad un minimo prestabilito. Ciò significa che
qualsiasi utente è libero di offrire quanto più ritiene giusto
per ciò che scarica; non c’è alcun vincolo alla somma donata,
ma la sola certezza che verrà utilizzata per autosostenere la
piattaforma e ripagare l’autore del suo contributo culturale al
mondo del web.
Molti vedono questo approccio molto vicino ad un modello
di economia sostenibile, ad un cambio di paradigma che non
porta esclusivamente la possibilità di visualizzare contenuti
di spessore sottolineando i talenti indipendenti, ma che
permette anche di sostenere le più piccole produzioni, dando
voce a chi ha qualcosa da dire.
20
Lontani dai riflettori
hollywoodiani, i ragazzi di
OpenDDB puntano a creare un
network di condivisione solido dove
l’utente finale - quello ormai abituato
a visualizzare contenuti in streaming e on demand assume l’importante ruolo responsabile di sostenitore
del progetto; consapevole delle proprie decisioni e della
scelta di qualità che compie ogni qualvolta decida di
sovvenzionare le opere in catalogo.
F. Passoni
Secondo i dati presentati dalla piattaforma, quattro
persone su dieci donano quanto viene suggerito, tante
altre donano di più e solamente due utenti su dieci donano di meno. Questo meccanismo, seppur ricondotto ad una
piccola realtà locale, ma in forte espansione, è un chiaro
segno ulteriore di ciò che sta cambiando nel mondo e
specialmente nella mentalità del consumatore 3.0.
Se con Netflix i contenuti di intrattenimento sono
diventati accessibili alla maggior parte della popolazione,
con OpenDDB si va oltre, costruendo un progetto insieme
agli stessi naviganti del web che usufruiscono del servizio.
La possibilità di scaricare e condividere lavori senza fini
di lucro diventa parte fondamentale di un percorso che
porta alla messa in comune di conoscenza, arte, cultura e
informazione.
Informazione. Una risorsa che ultimamente sembra
vittima di sé stessa; sotto il mirino di esperti, studiosi
e matematici che studiano formule e tendenze che la
© Amble Design/Shutterstock.com
21
WOBI
WOBI
WOBI Milano chiude l’edizione 2016:
un successo di presenze e di partecipazione.
S
iamo andati al WOBI Milano per prendere qualche
pillola di saggezza da applicare nella quotidianità
aziendale. Partecipare a questo importantissimo
evento mondiale - che attraversa i continenti con un format
che in pochissime tappe l’anno porta l’attenzione su temi
di grande impatto per lo sviluppo personale e aziendale - è
un’occasione di crescita per i pochi (2000 circa) fortunati
che riescono ad essere presenti. Per gli altri restano gli abbonamenti al sito dal quale scaricare “pillole” di contenuto.
Quest’anno, l’edizione di Milano si è basata sul concetto
Be Beta, sii capace di trasformare il futuro; ovvero: essere
capaci di migliorarsi continuamente, di vivere in uno stato di
costante attenzione al mutamento. É stata una riflessione
sul potere di sfruttare le possibilità offerte dalle situazioni
che cambiano, senza subirne le conseguenze. Ma questa
edizione, già interessante di per sé, ha avuto un plus
proprio legato a un grande mutamento storico: si è svolta
durante l’elezione del Presidente degli Stati Uniti. Così, l’8
novembre, quasi tutti sul palco si sono confrontati con la
situazione in divenire che nella notte ha portato all’elezione
di Donald Trump. Nessuna previsione, solo qualche augurio,
in funzione delle rispettive idee (per la verità quasi tutti per
un’unica parte). Poi il 9 novembre, per la maggioranza dei
presenti, la disillusione di non aver visto vincere la parte
preferita e qualche battuta sui cambiamenti che ci deludono
o ci preoccupano.
Il tema del cambiamento era stato anticipato già in
conferenza stampa da Oscar di Montigny alcuni mesi
prima dell’On Air allestito al MiCo di Milano. Non parliamo
del lavoro dietro le quinte, dell’imponente e impeccabile
organizzazione che ha accolto più di 2000 persone ogni
giorno organizzando incontri e workshop coi relatori, pranzi
privati o buffet per tutti i partecipanti, aree espositive e
Vip Lounge. Come sempre la macchina organizzativa ha
funzionato al suo meglio, a partire dagli accrediti fino agli
accessi in sala.
22
Quello che ha colpito ancora una volta, se mai ci fosse
bisogno di sottolinearlo, è stata la capacità di allineare,
produrre e dare vita a un concept coerente e integrato,
chiamando keynote speakers di assoluto prestigio venuti a
Milano a testimoniare attraverso speech concreti e frutto
di esperienza; non teorie formative o sessioni riproducibili
indipendentemente dai contesti, ma spunti di riflessione
quotidiana, atteggiamenti proattivi e metodologie di lavoro,
situazioni esperienziali e dinamiche mentali atte a produrre
risultati e cambiamento realizzabili nell’immediato.
World Business Forum 2016 a Milano
Ogni giornata è stata introdotta dalla musica live dei Music
Has No Limits che sferzavano di energia i presenti in sala
prima del filmato introduttivo. E poi via. Ecco i momenti più
attesi: le relazioni.
Si comincia il giorno 8 con un tributo a Steve Jobs. Ken Segall,
autore di best sellers e Direttore Creativo di grandi agenzie
pubblicitarie (l’uomo che ha messo la “i” davanti ai prodotti
Apple e creato la campagna “Think Different”) nonché a
lungo in Apple proprio a fianco di Jobs, ha aperto WOBI 2016
con un viaggio entusiasmante nelle massime e nella mente
del creatore di Apple, ripercorrendone i concetti secondo
i quali solo attraverso la semplificazione è possibile
raggiungere la perfezione. Ken Segall ha spiegato come le
linee guida della semplicità possano essere adottate in ogni
ambito, e come possano essere piegate all’innovazione,
all’organizzazione, dalle vendite alla comunicazione.
Benchè conscio che “essere semplici non è semplice” come ha ricordato nel suo intervento - Segall ha raccontato
23
WOBI
come la semplicità possa creare amore per il brand,
possa sviluppare un fervore e un’indissolubile affezione
per il prodotto. Soprattutto ha ricordato come occorra,
se veramente si intende avere un successo completo e
continuo, non accontentarsi mai, continuare a cercare il
meglio, non cedere alla tentazione o alla sirena del “quasi
perfetto” o di qualcosa che non convince del
tutto, perché poi questo genera un problema
successivamente.
Le sue parole sono state una lezione
di produttività, uno spunto a generare
nuove linee e nuove strade, a mettersi in
discussione sempre, nel più puro spirito del
beta permanent che ha guidato ogni intervento.
Oscar di Montigny, Chief Marketing Innovation Officer
di Banca Mediolanum, ha dato immediatamente seguito
a queste idee, umanizzando il WOBI con un toccante
intervento sull’importanza dell’eroismo ai giorni nostri,
inteso come capacità di porsi al servizio, di lavorare con
entusiasmo e fervore, mescolando e coniugando business
management, filosofia, arte e scienza.
Il suo concetto di Economia 0.0 rimette l’uomo al centro
del sistema economico e sociale, lo caratterizza perché
in relazione con il tutto, come parte di un insieme, e non
come singola entità a se stante. Il suo intervento comincia
ricordando che “beta” nell’antichità significava “casa” e il
simbolo privilegiava il racconto, la storia, l’amalgama.
WOBI
è proprio la chiave di lettura. Il punto tra i due zeri è il luogo
di incontro reso possibile grazie a un atto volontario e
consapevole capace di trasformare un uomo da individuo in
eroe. La sua conclusione è spiazzante: “Il cielo ha bisogno di
te. Non dimenticarti di splendere. Reinventati ogni minuto.”
Perché per ogni uomo c’è un destino più grande di quanto
possa immaginare.
Un altro intervento assolutamente speciale
ha chiuso la mattinata: Sir Alex Ferguson, 26
anni alla guida del Manchester United con il
quale si può dire abbia vinto praticamente
tutto grazie al suo approccio e al suo
programma di sviluppo di giovani talenti. La
sua filosofia di leadership è diventata materia
di studio alla Harvard Business School e a Milano
ha portato un contributo davvero speciale, spiegando
come guidare team vincenti nel lungo periodo. Una filosofia di vita e di lavoro applicabile in azienda con pochissimo
sforzo. Nella sua idea, un coach non ha solo il compito di
far vincere la squadra, ma di far crescere il gruppo, perché
è uno sviluppatore del talento interno delle persone. La
sua è una maieutica per produrre risultati. Quando il team
cresce nel suo insieme, si aiuta a raggiungere i risultati. Un
buon allenatore di talenti deve avere l’imperativo morale
di trasmettere valori, non solo obiettivi; perchè per lui il
cambiamento è evoluzione costante.
Tra gli altri interventi che hanno lasciato il segno, sicuramente
quello di Joichi Ito, venture capitalist, angel partner and
investor di tante Startup, ma soprattutto Direttore del
Di Montigny ha parlato dei grandi impatti sociali, delle MIT Media Lab. “Joi”, giapponese di nascita e cittadino del
tre grandi epoche storiche attraverso le quali l’uomo è mondo - nel vero senso della parola per adozione e spirito
cambiato e ha prodotto un salto evolutivo: la scoperta del - è un vulcanico imprenditore, manager, docente, filosofo,
fuoco, l’invenzione della ruota, e adesso il web. Partendo da musicista. Mescolando queste sue caratteristiche ha dato
questi cambiamenti ha però ricordato che per cambiare la vita a un processo mentale che lo ha visto, a partire dagli
vita occorre che ognuno sia disposto
anni ’90, protagonista della scena
Keynote speakers hanno
a cambiare se stesso. La sua linea
internazionale.
testimoniato attraverso speech
guida è stata “Think with your heart”,
concreti e frutto di esperienza:
l’intelligenza emotiva e gli stimoli del
“Joi”, oltre alla attività accademica,
spunti di riflessione, metodologie,
cuore servono per innovare. Bisogna
sviluppa nel tempo la sua visione di
dinamiche mentali atte a
saper guardare avanti, ma senza
Internet, del mondo legato ai computer
produrre risultati e cambiamento
perdere il passato. Il messaggio del suo
e alle reti, della comunicazione che si
attuabili nell’immediato.
intervento è stato chiuso nella sfida
evolve e cambia con gli anni. A Milano
culturale lanciata alle aziende. Nella sua visione, vinceranno ha portato queste sue intuizioni ed esperienze, parlando
sul mercato coloro che sapranno anticipare i nuovi trend delle culture creative e delle reti di innovazione, puntando
tecnologici, essere parte di quel cambio epocale che stiamo il dito sull’antidisciplinary: secondo Joichi Ito, due discipline
vivendo; e il successo arriderà a chi saprà ripensarsi come che operano in campi differenti devono trovare un modo di
un ecosistema fondato sulla condivisione di valori. Lo 0.0 collaborare senza fermarsi alle loro disuguaglianze.
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8 NOVEMBRE
9:00
KEN SEGALL
9 NOVEMBRE
9:00
Sfruttare il potere della semplicità
HERMINIA IBARRA
Agisci da leader, poi pensa da leader
10:15
JOICHI ITO
Le culture creative e le reti di innovazione
10:00
OSCAR DI MONTIGNY
0.0: Il tempo dei nuovi eroi
11:15
NICOLA MENDELSOHN
11:45
Il mondo è diventato “mobile“
12:00
SIR ALEX FERGUSON
L’arte della visione
14:15
Guidare team vincenti nel lungo periodo
14:30
MARIANA MAZZUCATO
FRANCESCO MORACE
Radical change: i paradigmi del futuro
16:45
ADAM GRANT
Come gli anticonformisti muovono il mondo
15:15
Generare una crescita guidata dall’innovazione
15:30
ERIC WAHL
MICHAEL B. JOHNSON
Il processo creativo in Pixar
16:30
ARIANNA HUFFINGTON
Ridefinire il successo in un mondo in rapida evoluzione
MARTIN LINDSTROM
Svelare i desideri nascosti dei tuoi consumatori
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WOBI
Eric Wahl
WOBI
Un punto di vista interessante è stata la dissertazione su
internet come “innovazione senza permesso”, per la quale le
regole devono essere modificate in quanto dopo l’avvento di
Internet, le cose continuano ad accadere.
Eric Wahl, poliedrico artista e imprenditore, ha dato vita
invece a un momento assolutamente disruptive. Salito
sul palco a tempo di musica, ha dipinto con una velocità
impressionante una Monna Lisa rivisitata, Bono, Einstein
e Steve Jobs; ma soprattutto ha tenuto fede al suo mood di
assoluto fermento creativo che afferma essere presente in
ogni persona.
L’inizio è illuminante: abbiate la capacità di rischiare e
cambiare. Chiama sul palco, tra qualche titubanza, uno dei
presenti che ha certamente paura di cosa sarà costretto
a fare; invece, per il solo fatto di essere salito sul palco e
di aver rischiato, Eric regala il suo quadro al fortunato
ospite come metafora, a dimostrazione che non sempre il
cambiamento di stato (dalla poltrona del pubblico al palco,
in questo caso) è negativo. I suoi sono tra i 55 minuti più
belli del WOBI 2016 secondo molti presenti. Tante frasi
restano delle piccole perle per chi vuole andare oltre il
lavoro attuale, oltre la routine.
“Se non fossi andato oltre ciò che dicevano i maestri non
sarei qui e sarei rimasto a gestire Big Data” - ha detto e ancora: “Esprimere le emozioni, guardare da un altro
punto di vista ha liberato soft data. E sono nate curiosità,
sperimentazione, un risveglio dello spirito”. Seguito
dall’invito finale: “Osserva il mondo con occhi diversi.
Creerai opportunità”.
Ultimo intervento a chiudere la due giorni, quello di Arianna
Huffington, co-fondatrice ed ex direttore dell’Huffington
Post Media Group nonché autrice di 15 libri e ora creatrice
di Thrive Global, piattaforma per aziende e privati che
offre corsi di formazione basati sulle recenti scoperte
in neuroscienze, psicologia e produttività. Certamente il
suo è stato un intervento molto bello, sentito e di invito a
cercare uno sviluppo personale che porti benefici al mondo
per l’equilibrio che ogni persona può trovare. Unico punto
a suo sfavore, forse per la delusione dell’elezione di Trump
a Presidente, intervallare il suo intervento con frecciate
pungenti al presidente eletto; non erano necessarie. Dopo
il commento iniziale, come per altro di molti altri speaker,
sarebbe stato più bello lavorare sui contenuti e non su
battute che, pur apprezzate da una parte dei presenti,
hanno invece indispettito e distolto l’attenzione dell’altra.
Lo show del WOBI è anche questo: un momento che non
si può perdere e che merita l’investimento (2400 euro
+ IVA a persona) che le migliori aziende presenti fanno
per partecipare come sponsor o come auditors con i
loro migliori riporti aziendali. Interi settori dell’immensa
platea sono infatti privatizzati dalle aziende che scelgono
di mandare le loro risorse ad apprendere e confrontarsi
con tematiche importanti che diventano poi gli asset di
sviluppo futuri, oppure per dare vita a business lunch di
approfondimento con i relatori, a seminari privati di studio
sulle tematiche, a team building creativi o a momenti di
confronto con i keynote speakers nelle sale riservate al
networking relazionale con i clienti invitati o con i propri
dipendenti.
Quando le luci si sono spente in sala, nel tardo pomeriggio
del 9 novembre, tra i partecipanti serpeggiava la
consapevolezza di aver vissuto due giorni fondamentali
per affrontare il futuro con maggior consapevolezza e un
bagaglio di esperienza che sarà un “tesoretto” personale da
spendere nel corso dei mesi futuri.
F. Mezzo
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ART
ART
VIOLA SCAGLIONE
L’arte del corpo. Nudo.
VIOLA SCAGLIONE
Quando la danza italiana fa colpo anche su Madonna.
Nasce a Torino e studia alla scuola di Perfezionamento del Balletto Teatro di Torino con: Pasi
Nieminem, Jaqueline De Min, March de Bouais, Deborah Weaver e molti altri dove termina i suoi
studi accademici.
Q
uando parliamo di arte, magari legata agli eventi,
uno dei primi aspetti che ci vengono in mente è
certamente quello legato alla rappresentazione
artistica in scena di un concetto, oppure alla trasposizione
in chiave spettacolare del tema della convention. La danza
si lega quindi, ineluttabilmente, all’arte come espressione
e come significante di qualcosa che va al di là del gesto
tecnico.
Si perfeziona in seguito alla scuola “High On Dance” di Washington D.C ( USA ) diretta da Morren
Basta, alla “London Contemporary School” e al Conservatorio di Boulogne di Parigi sotto la guida
di Rouxandra Racovitza. Entra a far parte del Balletto Teatro di Torino, lavorando con Nina
Viroubova, Loris Gai, James Urbain che la scelgono per ruoli solistici.
Interpreta ruoli principali in “Romeo e Giulietta” di Loris Petrillo, “There is the time” di Josè
Limon, “Mirra” di Fabrizio Monteverde, “Casanova” di Karole Armitage, ed il ruolo della “ragazza”
nel “Mandarino Meraviglioso” creato da Gigi Caciuleanu.
Si trasferisce a Madrid dove lavora con la Compagnia La Piel di Josè Reches per un anno.
Dal 2002 è danzatrice del Balletto Teatro di Torino e collabora come danzatrice a Opere e
spettacoli per le scuole del Teatro Regio di Torino.
Viola Scaglione, Co-Direttrice insieme a Loredana Furno
del Balletto Teatro di Torino - che opera come compagnia
stabile alla Lavanderia a Vapore, teatro di iconica bellezza
frutto di un restauro post industriale della capitale sabauda
- racconta questo connubio di concetti che permeano il
mondo artistico della rappresentazione. É un mondo che ha
visto spesso eccessi, esperimenti, che inventa e travolge.
Pensiamo alla vita di un’artista come Marina Abramović,
che ha mescolato vita e performance esplorando in modo
definitivo - ed a volte esasperato - le relazioni tra l’artista
e il pubblico, il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità
della mente.
“Noi - ci dice Viola - partiamo da un nuovo concetto di
compagnia di danza per attraversare le frontiere dell’arte
figurativa. Siamo giunti addirittura a creare un nuovo
alfabeto che parla di noi, che ci caratterizza come linea
grafica; ideato e disegnato dallo Studio Quattrolinee
di Torino che collabora con noi nella ricerca grafica e
semantica delle nostre linee di comunicazione. Per questo,
come si vede sul nostro sito, abbiamo danzato le key words
della compagnia, trasformandole in lettere modellate con
il nostro corpo. Un gioco di posizioni e improvvisazioni
artistiche a formare Connection, Volume, Release, Focus: i
concetti cardine di ispirazione non solo della compagnia ma
28
Nasce a Torino e studia alla scuola di Perfezionamento del
Balletto Teatro di Torino con: Pasi Nieminem, Jaqueline De
Min, March de Bouais, Deborah Weaver e molti altri, dove
termina i suoi studi accademici.
Si perfeziona in seguito alla scuola High On Dance di
Washington D.C (USA) diretta da Morren Basta, alla London
Contemporary School e al Conservatorio di Boulogne di
Parigi sotto la guida di Rouxandra Racovitza. Entra a far
parte del Balletto Teatro di Torino, lavorando con Nina
Viroubova, Loris Gai, James Urbain che la scelgono
per ruoli solistici.
Interpreta ruoli principali in “Romeo e
Giulietta” di Loris Petrillo, “There is the
time” di Josè Limon, “Mirra” di Fabrizio
Monteverde, “Casanova” di Karole
Armitage, ed il ruolo della “ragazza”
nel
“Mandarino
Meraviglioso”
creato da Gigi Căciuleanu.
Si trasferisce a Madrid dove
lavora con la Compagnia La
Piel di Josè Reches per un
anno.
Dal 2002 è danzatrice
del Balletto Teatro di
Torino e collabora come
danzatrice a Opere e
spettacoli per le scuole
del Teatro Regio di
Torino.
proprio del lavoro, che trae spunto da questo nuovo modo
di intendere la danza di oggi, ovvero un cambiamento e una
contaminazione frutto di tantissimo studio”.
Le chiediamo di spiegarci meglio. “Prendiamo il concetto
di volume - chiarisce Viola; è qualcosa di corporeo, di
matematico, ma può avere un significato anche in musica.
Si presta ad essere interpretato in funzione del contesto,
delle cose correlate ad esso. É proprio la connessione, oggi,
a stimolarci; questa contaminazione continua di stili e di
generi, di luoghi e atmosfere. Lavoriamo a questo innovare
per provare ad andare oltre”.
Ph. Massimo Pinca
29
ART
ART
ricorda o rappresenta quel concetto. Poi tutte le risposte
vengono rimesse nella boule che viene portata in scena
dove i danzatori prendono i messaggi del pubblico e li
danzano improvvisando. Ma le performance di BTT non
si limitano a questo. L’innovazione si spinge al confine
della contaminazione pura mescolando musica e pittura,
sorprese continue sul palcoscenico: l’arpa suonata da una
concertista o un pittore che esegue sulla tela i movimenti
della scena, in diretta, oppure irrompe on stage per
dipingere al volo i corpi dei danzatori in movimento.
Ph. Silvana Giordano
E proprio con questo spirito infatti, che il 4 febbraio 2017
vedrà la luce “Matita” uno spettacolo che unirà danza,
sperimentazione, arti figurative. La musica in scena
verrà fatta solo con delle matite. I costumi e le scene con
la carta; e i danzatori interpreteranno le coreografie di
Renata Sheppard che trasporta l’arte oltre i confini del
convenzionale attraverso un concetto sintetizzato nella sua
visione secondo la quale “L’arte è un veicolo per preservare,
onorare e sfidare l’umanità in un mondo guidato dalla
tecnologia. Mi sposto tra i paradigmi: il costume è scultura,
la scena diventa parte della performance e il pubblico
attore; piego e cambio le aspettative e i ruoli per costruire
una forma d’arte che rifletta
l’impulso di spontaneità della
vita reale e i comportamenti”.
Viene spontaneo chiedere allora in che direzione va la
danza oggi e cos’è un danzatore. Viola su questo ha le idee
chiarissime: “Il danzatore è una persona, un essere umano.
Ai danzatori della compagnia che ballano con me chiedo e ancor di più Loredana Furno direttrice della compagnia
e grandissima etoile della danza italiana - di tirar fuori
l’unicità che è in loro; che significa sapersi estrapolare
ed estraniare dai codici, dalle convenzioni. Spesso il
ballerino in scena sa cosa fare per strappare l’applauso;
è un prodotto con codici e canali, sa cosa funziona e dice
guardatemi; mi sono allenato e faccio questo per voi.
Invece io voglio che chi danza si arricchisca della diversità
dell’altro, dell’esperienza, che si spogli delle sovrastrutture
e sia nudo in scena”.
E quanto a nudità, inevitabile riallacciarsi a Sexxx,
l’opera più discussa ed attuale del BTT, che ha addirittura ottenuto le attenzioni di Madonna la quale ha chiesto
una visione privata dopo
la presentazione del film
realizzato
dal
Balletto
al Festival del Cinema di
Un concetto che il Balletto
Torino. Sexxx, coreografato
Teatro Torino ha fatto suo
da Matteo Levaggi (fresco
nella concezione più intima,
reduce dalla premiazione
attraverso
performance
come miglior regista eleteseguite anche fuori dagli
tronico italiano) e diretto
spazi “rituali” della danza.
come opera cinematografica
BTT ha infatti usato come
dal regista Davide Ferrario,
palchi il Museo di Arti
è forse l’apoteosi e la sintesi
Contemporanee di Rivoli,
al tempo stesso dei concetti
oppure l’Espace, una lounge
che la Scaglione racconta.
Matteo Levaggi, Ph. Selene De Rui, Valerio Ferrario
discoteca torinese dove
L’opera infatti, al di là della
ogni giovedì la compagnia performa chiedendo al pubblico provocatorietà del titolo e dell’intensità scenica, mette
di lasciarsi coinvolgere e diventare primo protagonista in scena la temperatura delle persone e dei danzatori.
creando il balletto. All’ingresso viene chiesto a chi entra I cambi di scena e l’interazione, i passaggi da un pas à
se vuole pescare una delle keywords della compagnia a deux a un corale, sono energia pura che prende vita. Ecco
caso da una boule, e di scrivere in pochissime righe cosa gli perché Sexxx non è un’opera sessuale ma un’esercitazione
30
fisica e mentale su dinamiche riconducibili al sesso. “Sexxx
è stata una grande esperienza - racconta Viola -. Quando
Matteo Levaggi, il coreografo che l’ha concepita, scritta
e coreografata, ci ha presentato l’idea siamo rimasti
affascinati dai concetti intrinsechi, dalla fisicità. Uno sforzo
che è evidente nel film diretto da Davide Ferrario”.
Come nasce il film? Cosa racconta? Backstage o narrazione
sequenziale? “Innanzi tutto bisogna dire che il film nasce
dalla testardaggine del regista che ci ha visto ballare e ha
pensato di fare un film dallo spettacolo. E poiché in Italia
la cultura ha sempre difficoltà a trovare finanziamenti, in
primis Davide, ma poi tutti insieme con entusiasmo, abbiamo fatto fund raising per finanziare lo shooting. Sono
stati 4 giorni quasi in continuo per stare nel budget; ed è
stata una nuova esperienza per tutti. Perché in scena è
buona la prima, mentre quando abbiamo girato, abbiamo
dovuto lavorare sulle ripetizioni. Le scelte del regista ci
hanno visto ballare come se avessimo lo spettatore quasi
addosso, la macchina da presa a pochissimo dai corpi; e
i vari angoli di ripresa hanno richiesto magari 5, 6, 8, 10
ripetizioni della stessa scena, dello stesso movimento. Il
montaggio del girato, fatto di comune accordo tra Davide
e Matteo, ha privilegiato probabilmente l’umanità, la
stanchezza, la purezza del danzatore rispetto
alla perfezione tecnica del gesto. Il film è lo
spettacolo, visto con gli occhi di uno
spettatore vicinissimo a noi, che
azzera la distanza palco/
platea per condividere
la fatica e l’esperienza.
Per questo alcuni inframezzi di backstage
rendono ancora più vivida
l’esperienza”.
E quando avete saputo dell’interesse di Madonna? “Beh - ci
dice Viola - ovviamente siamo stati al settimo cielo; come
professionisti e come fan. Sapere che si è interessata a noi
è un onore e un grande piacere. Significa che abbiamo fatto
qualcosa di davvero innovativo perché lei è un mito, una
trasformista, un camaleonte una che ha saputo cavalcare
mode e tendenze”.
Dopo averle lasciato molto spazio, Matteo Levaggi interviene in modo giustamente orgoglioso su questo punto:
“Posso aggiungere che a parte l’emozione, vista la mia
ammirazione per Madonna e la portata del personaggio, mi
sono sentito onorato per il fatto che si fosse interessata ad
un’opera che in questo caso trattava uno degli argomenti
forse a lei più cari come la libertà di espressione. Da
come ci ha risposto ne è rimasta entusiasta e ha espresso
gratitudine per il coraggio di parlare, non solo del sesso, ma
di una mente aperta ad accogliere la vita. E questo è uno dei
ricordi più belli e dei grandi motivi di orgoglio per un lavoro
che spesso è frutto di una scintilla creativa da elaborare poi
con cura”.
Ecco, come nasce allora l’idea nella testa di un coreografo?
“Il processo è un misto di esperienza personale e
trasposizione di un’idea. A volte ti
affascina o ti spinge a creare un
dettaglio, come un’immagine,
Ph. Massimo Pinca
una frase letta, l’andatura o la postura di una persona. Ecco:
sono alcuni degli esempi che fanno scattare la famosa
scintilla che poi si trasforma in un concetto anche grazie al
proprio vissuto, che ci sostiene con strumenti sempre più
ampi”.
Strumenti, percepito, mode; …e il futuro? “Ah, saperlo sospira la Scaglione - la tendenza vera è non avere tendenze,
anche se vedo una maggior predisposizione verso il circo
piuttosto che la multimedialità com’era qualche anno fa.
Oggi comunque, mi sembra che stiamo attraversando un
periodo di grande transizione, di commistione e misticanza.
31
ART
ART
Io non sono per mescolare a caso.
Credo bisognerà ridefinire presto.
Contaminare non significa generare un
caleidoscopio, agitarlo, e vedere che
forma ne esce. Contaminare significa
scegliere il meglio e utilizzarlo per
potenziare le specificità tipiche di
ogni arte”.
In questo senso quindi non credi nel
rapporto danza-tv, nelle trasmissioni
che uniscono i generi? “Io credo che
oggi la televisione stia tentando di
avvicinare il pubblico generalista alla
danza. Ma è un rapporto difficile; quello
che vedo non corrisponde al mondo
della danza; è come se si avesse paura
di far vedere quanto impegno ci vuole,
quanta dedizione, sacrificio e fatica
serva per essere un danzatore. Ma se
penso all’epoca dei varietà di Heather
Parisi, riconosco che c’era una linea
guida, una grande professionalità, una
vicinanza al nostro mondo che oggi
sento meno, forse per paura di non
guadagnare abbastanza o forse per
scarsa conoscenza del settore di cui
non si vede il lato commerciale”.
Ma c’è un lato commerciale? Si diventa
ricchi danzando? Viola scuote la testa
Ph. Silvana Giordano
Connection, Volume,
Release, Focus.
I concetti cardine di ispirazione
non solo della compagnia ma
proprio del lavoro, che trae
spunto da questo nuovo modo
di intendere la danza di oggi,
ovvero un cambiamento e una
contaminazione frutto
di tantissimo studio.
sorridendo, ma è un sorriso triste.
“Oggi, e ancor più in Italia - confessa - è
un privilegio riuscire a vivere di questa
professione. É un mondo difficile,
dove la passione e la professionalità
fanno la differenza per chi vuole
emergere e magari arrivare ad essere
il protagonista di un musical”.
E dal lato eventi? La danza non può
essere un driver di comunicazione?
“Certo - conclude - la danza è
fisicità, è visione, è musica. É un
tutto e le aziende non possono
che beneficiarne. Quando si fa un
brief, si estrapolano gli elementi
adattabili da ogni produzione per far
emergere i valori dell’azienda o della
presentazione. Ogni adattamento
- senza snaturare - crea un grande
valore per l’azienda; e meglio ancora
quando si crea qualcosa ad hoc. Basta spostare il focus e diventa facile
lavorare anche in chiave di diffusione
di un determinato messaggio.”
Idee chiare, capacità di contaminare danza e comunicazione, focus sul
cliente. Guarda caso le keywords della
vision del Balletto Teatro di Torino.
Ph. Roberto Poli
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Ph. Luigi Cerati
talentuoso artista oggi sulla scena coreografica
italiana) ed alle musiche originali, comprendendo
un numero significativo di esecuzioni dal vivo in
collaborazione con Rivoli Musica.
Fondato da Loredana Furno nel 1979, che ancora oggi
lo dirige, il Balletto Teatro di Torino vanta oltre 35 anni
di attività continuativa; i danzatori che ne fanno parte
provengono da importanti esperienze internazionali
e sono tra gli artefici del crescente successo di un
originale percorso di creazione riconosciuto ormai
dalla critica più attenta.
Il profilo sempre più internazionale che il Balletto
Teatro di Torino è andato assumendo negli anni, non
ne limita l’attività in Italia ed in particolare a Torino
dove, è ormai un organismo stabile di produzione,
istituzionalizzato a livello regionale e cittadino.
Il programma è rivolto alla coreografia di ricerca, ai
giovani coreografi (per tutti citiamo Marco de Alteriis,
A partire dal 2014 il BTT allarga il suo percorso
artistico aprendo ad importanti autori internazionali,
in particolare all’israeliano Itzik Galili tornato oggi a
produrre per la compagnia, dopo “Quasi una Fantasia”
andata in scena nel 2014. Parte integrante dell’attività
la sezione dedicata ai ragazzi, con la presentazione
di spettacoli rivolti alle scuole dell’obbligo (in orario
scolastico), introdotti e seguiti da un dibattito curato
da Loredana Furno.
Nel 2009 BTT assume la direzione artistica della
Lavanderia a Vapore (raro caso di Centro coreografico
in Italia) curata per sei anni e rimanendovi oggi “in
residenza” nell’ambito delle iniziative della Fondazione
Piemonte dal Vivo.
F. Mezzo
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MICE NEWS
MICE NEWS
Ristorante Grotta Palazzese, Puglia - grottapalazzese.it
MICE NEWS
Ristorante The Rock, Tanzania - 500px.com
I ristoranti più spettacolari del mondo
Abbiamo fatto un giro per il mondo alla ricerca dei ristoranti
più bizzarri e spettacolari per i prossimi viaggi.
Tra i numerosi che ci hanno lasciato a bocca aperta, qui sotto
vi lasciamo una piccola classifica adatta a tutti i gusti!
Decisamente
più esotico invece,
il The Rock in Tanzania. Un
ristorante costruito su un isolotto in
mezzo al mare circondato da incantevoli colori,
profumi e ovviamente…un panorama imperdibile!
E con una vista
mozzafiato, non possono mancare queste perle
della ristorazione!
Per quelli che mangerebbero latte e cereali a colazione,
pranzo e cena, c’è l’immancabile Cereal Killer Cafè di
Londra dove, oltre al gioco di parole, vi attendono porzioni
gigantesche di cereali, smoothies e tante altre dolci
leccornie!
Ristorante Sci-fi Dine-in Theater, Florida - idesignarch.com
Volete fare una cena in tema Sci-Fi? Non può mancare alla
vostra lista dei desideri il Sci-fi Dine-in Theater al Disney
World in Florida! Per mangiare a bordo di macchine anni
Cinquanta guardando delle pellicole futuristiche!
Al Dans le Noir di Parigi invece, è possibile sperimentare una
cena completamente al buio, per un’esperienza sensoriale
indimenticabile!
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In Messico si trova una caverna, dove è possibile organizzare
cene ed eventi speciali in un’atmosfera elegante ed
antichissima, con oltre diecimila anni di storia. Il ristorante
Alux è situato a Playa del Carmen e accoglie fino a 250 ospiti
con cocktail esotici, cucina locale ed intrattenimento di
altissimo livello.
Ce la Vi, Singapore - marinabaysands.com
Kapari Wine Restaurant, Santorini, Grecia - coloredideas.com
Un vero e proprio spettacolo naturale quello che si apre agli
occhi degli ospiti del Ithaa Undersea Restaurant. Il primo
ristorante sottomarino con un’ampia selezione di vini e menù, il tutto tra le acque cristalline delle Maldive.
Torniamo in Italia, precisamente a Polignano a Mare, in Puglia.
Lo spettacolo unico del Grotta Palazzese accoglie i suoi
ospiti con una struttura inserita elegantemente tra le pareti
rocciose di una grotta che si affaccia direttamente sul mare.
Dinner in the sky, SanJuan Teoti huacan, Mexico - dinnerinthesky.com
La Peschiera, Monopoli, Bari - la-peschiera-hotel-monopoli.hotelmix.it
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MICE NEWS
Hotel: in e out nella sfida del futuro
Per offrire un’ospitalità al passo coi tempi bisogna seguire
anche le mode del settore e svecchiare aspetti legati ad una
concezione passata di hotel e vacanza. Per questo motivo,
Mauro Santinato, presidente di Teamwork, ha fornito agli
operatori del settore una lista di In & Out da seguire o a cui
prepararsi per i prossimi anni.
Semplificare le procedure: via i banconi della reception,
troppo ingombranti e inutili; meglio avere delle pod station,
dei banchi più piccoli e funzionali che non facciano da barriera.
Sarebbe opportuno, poi, rivedere la figura dei receptionist e
più in generale dei portieri d’albergo “una categoria ormai
protetta dal WWF”, scherza Santinato, ma che dovrebbe
lasciare il posto agli ‘ambassador’ dell’hotel, figure pronte a
fornire ogni tipo di assistenza. Da eliminare anche maître e
sommelier. “Con tutta la tecnologia che abbiamo, chiediamo
al cliente ancora più tempo rispetto a 30 anni fa per fare il
check-in e il check-out - avverte il numero uno di Teamwork
MORPHotel, progetto di Gianluca Santosuosso - aquaticurbanism.com
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MICE NEWS
- e questo è inammissibile. Bisogna digitalizzare tutto e
consentire queste procedure anche da mobile”.
Inoltre, ci sono ancora alberghi che hanno una sala tv
comune e che offrono la pensione completa. Concetti
assolutamente “retrò - come li definisce Santinato -. I
clienti cercano hotel con personalità e prediligono il dining
around”. Un’altra cosa da svecchiare sono i prezzi: le tariffe
rigide non funzionano più, servono soluzioni elastiche, che
cambino di giorno in giorno, a seconda dei periodi e degli
eventi che offre una località.
Da TTG Italia
Nuovi spazi da sfruttare: arriva il
galleggiante “Good Hotel“
Sempre di più gli alberghi vanno ad occupare degli spazi
finora immaginabili; tra le novità più originali troviamo il
Good Hotel, Good non solo per la qualità, ma anche perché
crea nuovi posti di lavoro e con lo scopo di far del bene.
Questo albergo galleggiante è attraccato a
Londra, dopo un anno in un canale di
Amsterdam, e rimarrà per 5
anni nella capitale
inglese: un grande rimorchiatore lo ha trasportato via mare
e via fiume sino al Royal Victoria Dock, il quartiere lungo il
Tamigi dove si trova il centro congressi ExCel.
Il Good Hotel è originale perché è itinerante e, soprattutto,
perché è un vero progetto sociale. L’albergo è infatti di
proprietà di Good Hospitality Group, la società senza scopo
di lucro fondata 4 anni fa dall’imprenditore olandese Marten Dresen con l’obiettivo di fare del business dell’ospitalità
un elemento di crescita e sviluppo per le comunità locali.
Nelle destinazioni dove attracca, l’hotel avvia un percorso di
formazione alle professioni del settore alberghiero rivolto
a persone senza occupazione. I neo formati sono assunti
per 3 mesi dal Good Hotel e successivamente aiutati a
trovare un impiego stabile. Il progetto di qualificazione
professionale sembra funzionare: ad Amsterdam il 70%
del personale formato nel Good Hotel è stato poi assunto
dagli alberghi della città.
Il Good Hotel cambia approdo ma rimane lo stesso.
Connotato da uno stile di design minimalista e industriale,
è dotato di 148 camere di differenti tipologie, terrazza panoramica con giardino pensile,
living room dove socializzare e
organizzare cocktail
party sino 120 partecipanti, ristorante e bar nei quali sono
proposti cibo e bevande soprattutto di produttori locali.
Per eventi di piccole dimensioni ci sono 4 sale meeting,
la maggiore da 50 posti. L’albergo è commercializzato da
Hotel REZ Hotels & Resorts ed è aperto al pubblico, con
tariffe a partire da circa 120 euro a notte.
Tutto questo, in attesa di un progetto che non esiste
ancora, ma potrebbe nascere: un hotel che viaggia sul mare,
come una nave da crociera, ma molto più lentamente, con
tutti i confort del lusso, per rilassarsi cullati dalle onde. Si
chiama “MorpHotel” la proposta avveniristica di Gianluca
Santosuosso, che lancia l’idea di un hotel galleggiante
che cambia forma a seconda delle correnti marine e
che attraversa i mari come una nave da crociera. Visto
dall’alto sembra lo scheletro di un ittiosauro preistorico
ed è alimentato con pannelli solari e convertitori del moto
ondoso.
Da Event Report e TTG Italia
M. Saccenti
Good Hotel, Londra - tripadvisor.ca
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MICE NEWS
MICE NEWS
DESTINAZIONI SU CUI PUNTARE
Azerbaijan
L’Azerbaijan
è una terra ancora
lontana da noi, sia a livello geografico, sia in termini di conoscenza effettiva. Non
rientra facilmente nelle proposte di viaggio incentive,
ma ha da sempre un certo fascino che ci ha portati a
scoprirla un po’ più da vicino.
Abbiamo quindi creato una sorta di carta di identità, una
piccola guida per avvicinarci a questo Paese in crescita
da diversi anni, in un mix di tradizione e modernità.
Voltaggio: La corrente elettrica è a 220V AC, come
in Italia. Le prese sono di tipo europeo con 2 spinotti
rotondi.
Capitale: Baku
Voli: Azerbaijan Airlines (AZAL) vola da Milano
Malpensa il martedì e venerdì con volo diretto di 4 ore
e mezza. Turkish via Istanbul ogni giorno; Lufthansa via
Francoforte 4 volte la settimana; Aeroflot via Mosca
giornalmente, Qatar via Doha 2 volte la settimana.
Lingua parlata: Azero
Moneta: Manat (AZN) – 1 EUR= 1.79AZN circa
Documenti e visto: Passaporto con validità minima 6
mesi. Il visto va richiesto prima della partenza presso
Ambasciata o Consolato. Documenti richiesti: 1 foto, 1
copia del modulo compilata al computer.
Religione: Gli azeri sono in maggioranza musulmani sciiti (62%), ma vi sono anche musulmani sunniti (26%), e
cristiano-ortodossi (12%).
Fuso orario: 3 ore avanti rispetto all’Italia durante tutto
l’anno, essendo in vigore l’ora legale come in Europa
Occidentale.
Clima: Temperato, con le quattro stagioni come in Italia.
Nell’area circostante la capitale la temperatura varia
dai 28 ai 35 gradi in estate, mentre durante l’inverno
difficilmente scende al di sotto dello zero. Il periodo
migliore va da aprile a giugno e da metà settembre a fine
ottobre.
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Cibi e bevande: La gastronomia in Azerbaijan risente
della secolare presenza delle tradizioni culinarie dei
paesi e dei popoli che vi si sono fermati. Su tutte la
cucina turca - kebab e dolma, verdure con carne e riso
- che con le sue ricette ed i suoi piatti è presente in ogni
menù offerto nei locali del paese.
Il plov è considerato un piatto tipico della secolare
tradizione dell’Azerbaijan, i cui ingredienti principali
sono carne, riso e strutto, il tutto impreziosito da una
miscela di spezie.
Il vino prodotto nelle regioni dell’Azerbaijan, come ad
esempio quella di Tovuz, è conosciuto da secoli per il suo
sapore caratteristico e per la sua qualità; da non perdere quello di melograno, particolarmente apprezzato in
tutto il mondo.
M. Saccenti
©ETIBARNAME/Shutterstock.com
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PAROLE IN EVENTO
Rischio o incertezza?
I dilemmi dell’event manager.
PAROLE IN EVENTO
Nella pratica, questo significa che se so di avere due
palline, una bianca e una nera, e le metto in un sacchetto
per poi estrarle a occhi chiusi, so che il rischio di prendere
il colore che non voglio è pari al 50%. Ma se non conosco
né il colore delle palline nel sacchetto, né quante ve ne
siano, non ho un rischio, perché non posso calcolarlo.
Sono semplicemente incerto sul da farsi perché non ho
conoscenze a sufficienza per decidere e definire anche
solo quale colore scegliere.
Partendo da questa teoria, Verdesca ha voluto dare un
segnale a tutti i PM, ricordando che nel settore degli
eventi è impossibile abolire il rischio che qualcosa vada
storto e che l’incertezza legata alle variabili non
controllabili, nella pianificazione di un evento, è
qualcosa che esisterà sempre.
N
el mondo della comunicazione i sondaggisti hanno un
ruolo importante quasi quanto gli influencer (i nuovi
opinion leader come direbbe qualcuno parafrasando
“Il Diavolo veste Prada” e la famosa sostituzione delle
taglie trentotto diventate la nuova quaranta e le trentasei
la trentotto). Questi ultimi hanno il delicato compito di
suggerire su social e giornali, in trasmissioni TV, via radio Ne parliamo prendendo spunto da una riflessione che
o in incontri cosa va o andrà di moda, cosa succederà nel Davide Verdesca, COO e CEO di Sinergie Group, ha fatto
mondo, quali saranno gli esiti delle votazioni, quale colore a un seminario interno di agenzia per aggiornare i primi
sarà vincente alle prossime sfilate. Insomma, un complesso riporti sulla comunicazione e sui prossimi cambiamenti in
mondo di interpretazioni che spesso diventa virale e seno al Gruppo, partendo dalla teoria di Knight in campo
che è soggetto - proprio perché
economico.
La qualità è un processo continuo.
interpretazione o quasi vaticinio - a un
La conoscenza è un booster per
rischio davvero elevato.
Frank Hyneman Knight, nel suo
superare situazioni di empasse, di
libro Risk, Uncertainty and Profit,
E proprio sul filo del rasoio, sul rischio, difficoltà. Dobbiamo essere in grado di definisce il rischio come frutto di
spiegare ai nostri clienti che il rischio
sull’incertezza, si svolgono molti
un’unica situazione: quando l’evento
si
può
ridurre,
ma
non
azzerare.
eventi. Per questo il ruolo dell’event
non è prevedibile, ossia quando non
manager è di quelli che fanno tremare
è calcolabile in modo oggettivo la sua
i polsi e provocano scossoni al cuore. Dovrebbe diventare probabilità, è impossibile parlare di rischio poiché nessuno
quasi equiparato a un “lavoro usurante”, perché la tensione può avere sufficienti informazioni sulla possibilità che si
affinché tutto sia perfetto è sempre molto alta.
verifichi in futuro.
40
“attraverso le nuove tecnologie e gli algoritmi, prevedere
con una buona approssimazione che tempo farà domani.
Ma pensare di dire che tempo farà anche solo tra due
mesi - non parliamo poi di anni e mutamenti climatici - è
pura incertezza e follia. Mancano le condizioni di
conoscenza che sono alla base della valutazione
del rischio”.
L’argomento conoscenza, fondamentale come la
quantità di palline e il colore delle stesse, è stato
l’altro tema su cui il COO e CEO di Sinergie Group ha
posto l’attenzione.
“Mi aspetto - ha detto - che i miei responsabili siano
manager che hanno a cuore la propria istruzione e
la capacità di identificare i fattori di rischio, proprio
perché si ricordano delle variabili degli eventi
precedenti.
“Un conto - ha detto - è valutare razionalmente,
guidare il cliente verso la scelta più sensata.
Quello che pone i nostri eventi su un livello di eccellenza
Ovvero: se devo fare un barbeque e una
è la capacità di applicare processi di lavoro che
festa danzante in spiaggia, non sceglierò
portano alla riduzione dei rischi. Ci siamo certificati per
come periodo settembre o ottobre,
aiutarci a mantenere uno standard, sarebbe sbagliato
ma luglio, per avere maggiori
pensare che, adesso che abbiamo il bollino, possiamo
probabilità di non incorrere
vivere di rendita. La qualità è un processo continuo.
in temporali o rovesci.
La conoscenza è un booster per superare situazioni
Purtroppo l’incertezza
di impasse, di difficoltà. Dobbiamo essere in grado di
rimarrà fino all’inizio
della serata. E se
spiegare ai nostri clienti che il rischio si può ridurre, ma
arriva un temporale
non azzerare”.
estivo? Se il vento si
alza dal mare? Sono
Infatti, anche se prendessimo un sacchetto e mettessimo
cose
imprevedibili,
al suo interno 99 palline bianche e una sola nera, mettendo
il cui rischio non si
la mano a caso senza guardare avremmo certamente
può calcolare. Il compito
un’altissima probabilità di prenderne una bianca. Ma
di un buon PM o di un buon event
nessuno potrà mai garantire che, pur contro ogni
manager, ha detto, è quello di guidare il cliente verso previsione, non ci capiti in mano la famosa pallina nera.
scelte oggettive che aiutino (e qui torna la teoria di
Knight) a limitare i rischi, a limare
Anche perché non dobbiamo
le possibilità che qualcosa vada
dimenticarci di un’altra regola,
La differenza dei nostri eventi
storto”.
questa volta non normata da Knight
è proprio nella capacità di applicare
ma da Murphy: la fortuna è cieca,
processi di lavoro che portano
L’esempio portato da Verdesca
ma la sfiga ci vede benissimo, e se
alla riduzione dei rischi.
è legato ad un altro campo di
qualcosa può andare storto, quasi
assoluta interpretazione ad alto
sicuramente ci andrà.
rischio, o meglio …incertezza: le previsioni del tempo.
Nel suo intervento ha ricordato come sia possibile oggi
C. Mangime
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MEDIA WORLD
MEDIAWORLD
Buon compleanno MediaWorld.
Una celebrazione speciale per i 25 anni
S
ono passati 25 anni da quando MediaWorld è arrivata
in Italia. Un traguardo importante che non poteva che
esser festeggiato in grande stile, celebrando la forza,
la capacità ed il talento che hanno portato questo brand a
consolidarsi sul mercato e a diventare uno dei top player
del settore.
Sono stati oltre 4000 i partecipanti all’evento “Noi
Convenshow”, l’evento organizzato da SINERGIE Live
Communication per celebrare il quarto di secolo da poco
compiuto dall’azienda. Per questo evento tutti, dipendenti e
Top Management, si sono trovati a Bologna, all’Unipol Arena
(rinominata per l’occasione “MediaWorld Arena”) lo scorso 13
novembre.
Ma prima di soffermarci sulle immagini spettacolari e
sulle forze spiegate per organizzare questo fondamentale
anniversario, facciamo un passo indietro lungo la storia
che MediaWorld e SINERGIE Live Communication hanno in
comune.
L’incontro tra i due infatti avviene in occasione del ventennale
dell’azienda per poi proseguire, gara dopo gara, con la
gestione di tutti gli eventi formativi e celebrativi che hanno
segnato il 2016.
Tra i primi appuntamenti dell’anno ricordiamo quello
d’apertura dello scorso gennaio dove oltre 600 fornitori
sono stati stupiti da un evento caratterizzato dall’utilizzo
delle migliori tecnologie quali ologrammi, proiezioni
interattive e luci laser. Qualche mese dopo, nella pittoresca
cornice di Villa Castelbarco a Vaprio D’Adda, SINERGIE Live
Communication ha inaugurato “Casa MediaWorld” un evento
formativo che ha coinvolto circa 1500 addetti vendita da
aprile a settembre. Due momenti di grande interesse ed
importanza che hanno unito dipendenti, azienda e fornitori;
tasselli molto rilevanti per la crescita professionale sia
dell’azienda che dell’agenzia.
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MEDIAWORLD
MEDIAWORLD
che con i loro sketch hanno divertito tutto il pubblico; in seguito, il corpo di ballo Tron Dance si è esibito indossando
le caratteristiche tute LED mentre
alle loro spalle i maxischermi si
animavano con scenografie
mozzafiato. I festeggiamenti
sono terminati dopo l’esibizione in esclusiva di
Alessandra Amoroso e il
dj set del giovane duo
MERK & KREMONT.
Così, come in un percorso a
tappe, l’anno è volto al termine
con un grandioso evento-show
che ha racchiuso in sé tutta la
voglia di vincere, collaborare e
continuare a costruire insieme il futuro
di MediaWorld.
Con due conduttori d’eccezione come Frank
Matano e Valentina Correani, il convenshow
ha visto salire più volte sul palco il
Consiglio di Media-Saturn Holding, i cui
discorsi istituzionali sono stati intervallati
dall’intrattenimento dei conduttori stessi e
dalla band Le Charleston.
In aggiunta ai momenti di riunione con
il Top Management dell’azienda, “Noi
Convenshow” ha segnato anche la
conclusione di un road show partito ad inizio
anno a bordo di un pulmino Volkswagen del
1972. MediaWorld ha girato tutta Italia per
raggiungere 110 store in soli quattro mesi,
avvicinandosi così ai propri dipendenti che
hanno potuto porre domande al board e
soprattutto diventare i veri protagonisti di
questo progetto.
L’evento è stato
un
successo
condiviso e a
cui entrambe le parti hanno lavorato per oltre un anno,
costruendo insieme passo dopo passo un percorso
importantissimo per l’azienda che ha voluto mettere
l’accento su ciò che la rende realmente speciale: le
sue risorse.
SINERGIE Live Communication ha preso in
carico la gestione di questo evento a partire dal 2015 dedicando il suo personale
ad una realizzazione tanto impegnativa
quanto fondamentale per il cliente.
Dietro agli highlight di “Noi
Convenshow” un team affiatato
di creativi, operativi e logistica
che si è messo in gioco
per contribuire al meglio
a
questo
importante
anniversario.
La serata dedicata a MediaWorld non si è
interrotta qui, lo spettacolo è proseguito con
l’arrivo in scena di Aldo, Giovanni e Giacomo
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MEDIAWORLD
MEDIAWORLD
• Piano di comunicazione (teaser sulle pagine social),
declinazioni grafiche del logo, sciarpe per i partecipanti
e customizzazione interna ed esterna del palazzetto
Unipol (paline segnaletiche, tribune, ingresso, cuscini delle
sedute).
• Regia di Andrea Beretta di Freakout Production che
ha reso l’evento dinamico, giovane e molto televisivo
con telecamere aperte a cogliere ogni dettaglio, ogni
espressione, ogni sorriso.
• Oltre 100 persone impegnate nell’immensa produzione.
• Palco di due livelli con 120mq di superficie e oltre 500mt di
americane.
• Piano luci imponente e spettacolare, il cui funzionamento
ha richiesto oltre 600kW di potenza (250 punti luce e oltre
200 teste mobili).
• Tre maxi schermi e oltre 200mq di led colorati.
L’organizzazione, l’impegno e la
responsabilità da entrambe le parti
ha reso “Noi Convenshow” molto più
di un evento per ricordare ciò che è
stato, diventando una vera e propria
pietra miliare della storia dell’azienda
che, oggi più che in passato, si prepara ad affrontare nuove
sfide e raggiungere importanti obiettivi.
Un team affiatato di creativi,
operativi e logistica si è messo in
gioco per contribuire al meglio a
questo importante anniversario.
Anche Graziano Mascheri, CEO di Sinergie Group, ha
partecipato in prima linea all’organizzazione dell’evento:
“Siamo molto contenti e soddisfatti del grande progetto di
Live Communication che abbiamo sviluppato nel corso di
tutto il 2016 per i 25 anni MediaWorld - ha dichiarato - siamo
riusciti a creare l’esperienza e la connessione emozionale
tra il brand, l’azienda, le sue risorse umane e i principali
partner commerciali. Abbiamo messo in campo tutte la
nostre competenze per creare coerentemente il concetto
di comunicazione in ogni singolo progetto fino al grande
evento celebrativo di Bologna.”
Sul rapporto tra l’agenzia e il cliente ha infine affermato:
“Siamo anche molto orgogliosi della collaborazione che
lega professionalmente Sinergie Group e MediaWorld
e ci auguriamo di poter festeggiare insieme il successo
di questa campagna e di raccogliere lo stesso numero di
premi di cinque anni fa.”
S. Beretta
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Ma cosa comunichiamo?
É
un periodo buio. No, non come il Medioevo dove era
lampante la diseguaglianza. In quegli anni il signorotto
feudale era padrone assoluto: vita e morte, ricchezze
e terreni (che spesso erano la fonte una dell’altra in un
circolo vizioso), decime e tasse (anche qui vedo una certa
somiglianza con un modello attuale dove però i signorotti
siedono nei consigli di amministrazione delle banche e
nei posti di governo), addirittura lo jus primae noctis, oggi
inattuale solo per conclamato abbassamento dell’età dei
primi amori. Abbiamo attraversato anni turbolenti, ogni
anno sembra peggiore del precedente; e ne siamo usciti.
Abbiamo vissuto crisi, scossoni, mutamenti politici, elezioni
che hanno dimostrato l’importanza della comunicazione
e la vittoria dell’azione. Siamo passati attraverso una
centrifuga mediatica che ha trasformato qualsiasi evento
in una giustificante atmosfera di tranquilla normalità, anche
quando normalità non è.
O meglio: dobbiamo accettare il fatto che le regole del gioco
sono mutate. Dobbiamo prenderne atto. La comunicazione
non è più quella di una volta. E se dobbiamo gestire i processi
di comunicazione, dobbiamo necessariamente lavorare
perché esistano regole che tengano conto dei tempi in
cui viviamo. Parliamo tutti di social, di real time, di dirette
e streaming sul web, e continuiamo a lavorare con leggi
fatte al tempo in cui i giornali stampati parevano un mezzo
avveniristico. Oggi è anacronistico, solo per fare un esempio
di recente memoria, il silenzio stampa elettorale. É vero; non
si può più parlare e fare propaganda in radio e televisione
o sulla carta stampata dal venerdì notte precedente la
domenica del voto. Ma qualcuno ha pensato di normare i
social? In quest’ultimo periodo abbiamo avuto personaggi
influenti e direttori di aziende che hanno twittato e postato
su ogni social in diretta fino a domenica pomeriggio;
abbiamo visto su profili personali di responsabili economici
o risorse umane di aziende una esposizione a favore
dell’uno o dell’altro schieramento e pletore di “Fantozzi”
amici (o fantocci) pronti a mettere un like subito sotto la
loro presa di posizione. Qualcuno si è posto il problema che
oggi la comunicazione istituzionale non passa più per un
comunicato stampa formale siglato in calce da 5 firme, ma
attraverso un tweet del Presidente del Consiglio che firma
con una emoticon le sue dimissioni?
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La comunicazione sta cambiando e con essa i suoi processi
di influenzamento reciproci di bandleriana memoria. La
comunicazione passa attraverso sfumature, suggestioni.
Oggi tutti parlano di emozioni, di experience, invece che
di prodotti e servizi; ma poi si continua a razionalizzare,
a cercare di trasmettere una monotona continuità che
forse è utile solo per chi non ha, o non ha più, la capacità di
usare un dispositivo mobile. La comunicazione di oggi deve
necessariamente tener conto dei nuovi media.
Il nostro è un mondo sull’orlo del baratro.
Non solo simbolicamente, ma realmente.
Siamo talmente collegati in bluetooth e wi-fi,
che in Germania hanno inventato dei semafori
orizzontali posti sulla pavimentazione perché
le persone non guardano più in alto ma solo in basso,
concentrati sul cellulare che hanno in mano.
La comunicazione è cambiata perché sono cambiate le
persone; oggi interpretare la realtà attraverso dichiarazioni
è sempre più rischioso. Ogni telegiornale ha fatto a gara in
questi anni, nel cercare di spostare l’attenzione su argomenti
che potessero in qualche modo, con la “normalizzazione
quotidiana delle notizie”, far apparire standard notizie che
standard non sono. É stato uno sforzo creativo immane per
il mondo dell’informazione che si è dibattuto tra l’incoerenza
del parlare e l’incoscienza del sapere, salvo scontrarsi con
realtà diverse da quelle descritte nei sondaggi e previste
dagli analisti.
Intanto la terra ha continuato a girare; non ha stallato in cielo. E
le persone hanno continuato il loro ciclo circadiano, trovando
ad ogni alba nuova, un nuovo motivo per alzarsi, scoprendo
che si poteva ancora comperare il nuovo televisore, che le
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code per l’iPhone 7 erano poca cosa pur di avere il nuovo
modello di Cupertino (magari aumentando un po’ la rata
di indebitamento mensile con il credito al consumo), che il
viaggio si poteva fare, magari utilizzando un modello nuovo di
spostamento e condividendo le spese di auto e autostrada o
di alloggio (BlaBlaCar e Airbnb insegnano). Domani è un altro
giorno, diceva Rossella O’Hara.
Eppure tutto questo non deve eccessivamente confortare.
É un periodo buio ugualmente. Anche se le stelle natalizie
accese dappertutto cercano di farci dimenticare come
cicale la realtà che viviamo quotidianamente. Anche se
sirene spiaggiate nei talk show ci incantano col suono di
una crisi lontana o passata o inesistente. É il gioco della
comunicazione positiva, del pensiero verso un fulgido
avvenire, della negazione convincente.
Guardiamo i milioni di senzatetto che vagano per le nostre
strade: mucchi di stracci e ossa in cerca di cibo che mendicano non uno sguardo di pietà ma un pezzo di pane.
Attori sconci di una realtà deformata dall’immagine che
proiettiamo sul nostro futuro, non vediamo che il film che
recitiamo è una commedia drammatica e allegorica di ciò che
chiamiamo vita. Sono in aumento; città dopo città, nazione
dopo nazione.
Siamo pieni di parole e non di fatti perché gonfi d’aria
inquinata dallo smog delle nostre idee corrotte. Siamo ciechi
di un velo di mediocrità che ci fa pensare al successo come a
una pelliccia in visone sintetico o un SUV di colore diverso.
Siamo ingozzati di cibo iperproteico da serie televisiva che ci
ha ingrassato di pigrizia.
©durantelallera/Shutterstock.com
Lo dicono i dati; viviamo di parole perché troppo spesso i
fatti sono resi difficili. O forse è la difficoltà ad interpretarli
che ci confonde. Forse sono i modelli che avevamo che oggi
non funzionano più; e ne cerchiamo di nuovi, disorientati al
pensiero non di non trovarli, ma di non saperli più cercare.
É un momento storico sospeso tra l’irrealtà del presente
concreto e la certezza di un futuro in arrivo, ma sempre un
po’ più in là. Come ci suggeriscono le pubblicità e i messaggi
di motivazione; tendere al meglio per non pensare al peggio.
Il nostro è un mondo sull’orlo del baratro. Non solo simbolicamente, ma realmente.
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Non sappiamo più fare. Non sappiamo più costruire. Cadono le
case. Franano le montagne. Straripano i fiumi. Non è la natura
che si ribella. É la nostra umana incapacità di fare fronte al
nostro primo dovere che è vivere. In un mondo sostenibile. E
come la natura cadiamo anche noi. Sotto i colpi di cacciatori
di frodo delle nostre buone intenzioni veniamo scuoiati della
pelle che ci rendeva umani. Sotto la mannaia che non ha pietà
di macellai del pensiero ci costruiamo una realtà fatta di
immagini televisive. Sotto il gioco di una tirannia dei sogni
imposti guardiamo al domani come a un nuovo incubo e non
più a un risveglio sereno.
Le fiabe della buona notte hanno una formula particolarmente
inquietante a giustificare da sempre l’inattualità del
presente. Cominciano tutte con il c’era una volta in un paese
lontano…che è un modo per staccare la spina dal qui e ora.
Le persone se lo portano dietro nella vita; e così diventano
lentamente incapaci di accorgersi del reale perché abituati al
racconto. Viviamo in un periodo di talk show, di trasmissioni
radiofoniche in cui la musica è sempre più intervallata da
DJ che oltre a mettere musica parlano e raccontano, danno
una loro analisi della realtà; sono diventati tutti bravissimi
a parlare di qualcosa che non conoscono. Per usare una
metafora di Velasco, uno dei più grandi allenatori di tutti i
tempi, “gli schiacciatori parlano benissimo dell’alzata. Sanno
tutto di come si alza un pallone. Solo che loro lo devono
schiacciare; e si devono preoccupare di quello, solo di quello”.
Oppure come tanti struzzi continuano nel nascondimento
della testa sotto la sabbia convinti che passata la tempesta
si tornerà a lavorare “come ai vecchi tempi”?
Io credo che i comunicatori dei prossimi anni dovranno
prima di tutto dare risposte in termini di futuro sostenibile.
In ogni dichiarazione, in ogni pubblicità, in ogni filmato. Il
tema della responsabilità sociale è sempre più avvertito
come un brivido sottopelle; non sai cos’è ma lo senti, come
una brezza marina al tramonto, la barca in rada e il sole che
cade nel mare in attesa di rinascere il giorno dopo. E come il
sole, infatti, il comunicatore futuro dovrà ricordare che c’è
fame di domani, sete di ideali. C’è ancora bisogno di utopia,
di voglia di rinascere; e al tempo stesso di quelle emozioni
banali che sono frutto di condivisione. Guardiamo al successo
del Pokemon Go; non è certamente il gioco più intelligente,
Invece oggi abbiamo tuttologi che spiegano e indicano, innovativo o straordinario che si sia visto. Ma ha spopolato
abbiamo degli influencer che, pagati o asserviti, utilizzano proprio perché era condiviso, interattivo; potevi cacciare il
i social per suggerire ciò che dovremmo fare, quali modelli tuo Pokemon e al tempo stesso fotografarlo, mettertelo in
seguire, dove dovremmo andare, per sfamare la nostra voglia bacheca sui social, condividere l’esperienza, combattere nelle
di conoscere proponendoci un quadro rassicurante per non palestre, accumulare km a piedi o in bici facendo così anche
farci accorgere che dietro la tela c’è un altro paesaggio che il sport; e comunicandosi tra amici le nuove “prede” catturate,
continuando a non interrompere il flusso di comunicazione e
pittore ha omesso.
gioco. Passerà presto probabilmente,
Qual
è
oggi
il
destino
della
anzi, sta già passando. Ma ha fatto
Mai come in questi tempi tornano di
comunicazione? In quale direzione si
colpo. Su media di tutto il mondo.
moda i panem et circenses. Sport e lex
evolve? Ma soprattutto, le persone
É diventato in breve una notizia da
frumentaria opportunamente adattata
preposte a fare comunicazione hanno
telegiornale per la diffusione di massa.
ai tempi. Panacee demagogiche che
davvero
voglia
di
confrontarsi
con
i
staccano dal quotidiano per indurci in
nuovi media e i nuovi modelli?
Comunicare è un’arte. A volte è un
una nebbia tranquilla. Pare di vivere
gioco. Perché deve mescolare anima
all’epoca di Re Sole, della Regina Maria
Antonietta. Il popolo ha fame? Il popolo non ha pane? Beh, e spirito con il materiale dell’hic et nunc. Nel mondo degli
dategli le brioches! Eppure i rischi sono davanti a tutti. Strano spazi internettiani, dei bip e delle tastiere cellulari, delle
non vederli. E soprattutto è strano pensare che nessuno abbia emoticons e dei punti di sospensione, la grammatica della
paura del futuro. Che nessuno si accorga che la disuguaglianza comunicazione, d’impresa, interpersonale, istituzionale, è
trascina verso una deriva che non è solo di pensieri e parole, destinata a nuove sommosse, nuove regole, nuove strategie.
ma di fatti, perché “le parole - come diceva Gandhi e così I nuovi comunicatori sono come i rappers di oggi, i graffittari
tanti altri che la citazione ha forse perso il padre reale per d’avanguardia, gli artisti di una nouvelle vague non da grande
diventare figlia dei tempi - diventano i tuoi comportamenti. schermo ma da 5,5 pollici. Alla elucubrazione risponderà
Pertanto mantieni i tuoi comportamenti positivi, perché i l’immediatezza, alla lungaggine la battuta iconica e la sintesi
tuoi comportamenti diventano le tue abitudini. Mantieni le costruttiva.
tue abitudini positive, perché le tue abitudini diventano i
tuoi valori. Mantieni i tuoi valori positivi, perché i tuoi valori La comunicazione è illuminare il buio in cui siamo oggi,
risvegliare le coscienze con una parola o una virgola, essere
diventano il tuo destino”.
capaci di far sognare con una metafora che suggerisce
Ecco; qual è oggi il destino della comunicazione? Dove va? e proietta, apre la mente al pensiero. Per troppo tempo,
In quale direzione si evolve? Ma soprattutto, le persone ultimamente, è stata affidata a burocrati della tastiera che
preposte a fare comunicazione hanno davvero voglia di invece di affabulare annoiavano.
F. Mezzo
confrontarsi con i nuovi media e i nuovi modelli?
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Magazine di comunicazione, eventi, incentive, marketing.
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Hanno collaborato a questo numero
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Direttore Commerciale, Promozione e Pubblicità
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Chiuso in Redazione il 30 dicembre 2016
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