Giugno 2013 - Liceo Annibal Caro

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Giugno 2013 - Liceo Annibal Caro
Liceo Ginnasio Statale “A.Caro”
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HANNIBAL
L’ ACARO
“TAGLI ALL’ISTRUZIONE, ROVINA DI UNA GENERAZIONE”
Via Leopardi è sempre protagonista di qualche evento speciale, che sia lo scorrere regolare delle
auto in orario scolastico o una massa irosa di sedicenni che manifestano per il proprio diritto
all’istruzione, sotto gli sguardi un po’ allarmati delle forze dell’ordine.
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Il “fattaccio” che ha scatenato la protesta nella mattinata del 3 giugno, è la comunicazione dello
smembramento ed il conseguente accorpamento delle quinte ginnasio del nostro Liceo, a causa del
numero ridotto degli alunni che compongono le quattro classi. Ciò comporterebbe non solo un
sovraffollamento di ciascuna di esse, e quindi la messa a repentaglio delle norme basilari di
sicurezza, ma anche un attentato alla continuità didattica e alla resa del programma scolastico che
ogni professore deve rispettare: ogni classe infatti ha il proprio iter, i propri ritmi, la propria
evoluzione e questo provvedimento distruggerebbe una tranquilla e abituale attività scolastica. Ma
di certo non ci si può mettere contro le leggi: questa decisione presa dal Consiglio d’Istituto e dal
nostro Preside, è regolata dall’art.14 comma 17, modificata nel 2011, che è la spia di quanto in
Italia ultimamente si dia poca importanza al ruolo dell’istituzione scolastica come sede della
formazione culturale e dello sviluppo di una coscienza individuale, fondamentale per entrare a far
parte della società e capirne i meccanismi.
Inoltre, il caso specifico delle quinte di quest’anno scolastico si potrebbe tramutare in un
precedente incancellabile, che condurrebbe infine ad un impoverimento di quella ricchezza
culturale che la nostra scuola si è sempre posta come obiettivo. Ma non solo i ragazzi risentirebbero
di questo cambiamento: alcuni membri del personale scolastico perderebbero il loro posto di lavoro,
i professori si ritroverebbero con classi in sovrannumero e con grandi difficoltà di insegnamento.
Non trascurando, poi, che la maggior parte delle nostre aule non sono capaci di accogliere classi
numerose.
Le urla si fanno sempre più forti davanti alle porte del secolare Liceo: è un crescendo di voci, ritmi
incalzanti e convinti.
Il gruppo di ginnasiali è sempre più in fermento: chiedono sostegno e solidarietà, la pioggia
picchietta inesorabile sui loro ombrelli colorati, ma non si fermano. Ci sono troppe cose sbagliate in
questa decisione che neanche alla maggior parte dei professori, al Preside stesso, piace: si resiste, e
intanto fanno capolino i primi giornalisti.
Mi sono affacciata alla porta, attirata dal vociare in strada: e non mi sono mai sentita così
orgogliosa di appartenere a questa scuola e di vedere che, dopo tutto, abbiamo ancora voglia di
gridare.
Giulia Grossi
SERIE A. CARO
Quest’anno per la prima volta nella nostra scuola è stato organizzato un torneo di calcetto che ha
coinvolto non soltanto i partecipanti, ma gran parte del resto degli studenti. Da fine aprile al 18
maggio si è giocata al ricreatorio San Carlo la Serie A. Caro: il primo torneo “aperto” dell’Annibal
Caro.
Nonostante in molti si siano interessati alla cosa, pochi hanno riconosciuto i grandi risultati che
abbiamo ottenuto. Innanzitutto non è stato semplice metter su un torneo maschile in una scuola (il
Classico) con CINQUE maschi in media per classe, e tantomeno in un’altra (Il Pedagogico) con una
media ancora più bassa, quando una formazione dev’essere di 4 persone: ovviamente, se tutti i
maschi giocano, chi fomenta il tifo? Non è notoriamente compito delle ragazze… Riguardo a ciò
una nota di merito va a Nicola Carazzai: le quinte ginnasiali – specialmente il VB – hanno fatto
affidamento su di lui, che ad ogni partita ha guidato un’impressionante tifoseria a sostegno dei
coetanei (finché gli Spartans non li hanno eliminati in semifinale). Ma ai risultati nello specifico ci
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arriviamo tra poco.
Maggio non è un mese semplice in qualunque scuola, ma nonostante ciò tutti si sono impegnati per
trovare il tempo di andare a vedere la squadra della propria classe giocare. Alla finale sono state
contate 102 persone sugli spalti - sicuramente accorse NON per i panini con la porchetta gratis - che
è un grande risultato per una competizione che, appena nata, è stata subito contestata per il fatto di
non essere all’altezza di altre che esistono da più anni. Come se gli organizzatori l’avessero fatta in
diretta concorrenza con manifestazioni in date successive alla nostra…
Per essere il primo anno ci siamo senz’altro divertiti. Chi si è divertito di più è stato sicuramente il
creatore Fabio Storelli e il suo IIB che ha vinto la prima edizione della coppa, sconfiggendo in
finale il IIIB (Spartans) dell’altro creatore del torneo Carlo Ciucani. Ripercorriamo brevemente ciò
che è successo:
-Nella fase a gironi si è distinto soprattutto il girone B: VB, IIC e IIB si sono affrontate regalandoci
una partita tesa dopo l’altra (ricordiamo in particolare il pareggio 5-5 fra IIB e VB). I ginnasiali
sono passati come primi, le altre come seconda e miglior terza. Nel girone a è passato a punteggio
pieno il 2B pedagogico, vincendo però 2 partite a tavolino (un habitué del girone) assieme ai
Senatori Pedagogisti. Il girone C è stato vinto sempre a punteggio pieno dal IB, una delle squadre
col gioco migliore del torneo; sono passati insieme a loro Spartans e ID.
-Ai quarti di finale abbiamo assistito a tre sfide combattute, più quella in cui gli Spartans hanno
eliminato i Senatori (costretti a giocare in 3 per assenze) 10-3. I risultati: 2B 3-6 IIB / ID 4-6 VB /
IIC 1-4 IB.
-Le due spettacolari semifinali dunque sono state IIB vs IB, in cui i più anziani hanno battuto 4-3 il
“Barça” del torneo (con Blasi a interpretare la pulce argentina e Dall’Osso a suonare la carica alla
Puyol) grazie alle reti di Mircoli e Mercuri, la coppia più prolifica del torneo, e al muro difensivo
Storelli. Gli Spartani del IIIB hanno invece affrontato il dream team ginnasiale del VB (con il
fenomeno Alesiani al rientro dall’infortunio). I Lacedemoni hanno lasciato a secco gli avversari e
ammutolita la curva più bella del torneo capitanata da Carazzai vincendo 3-0 con la doppietta di
Crescenzi e il goal di Ciucani.
-In finale si sono quindi ritrovati i due organizzatori della Serie A. Caro, in un faccia a faccia sotto i
riflettori del San Carlo, sabato 18 maggio. Nel primo tempo Ciucani annulla le avanzate di Mircoli
in una sfida tutta monterubbianese; Storelli segna su rigore, ma Crescenzi ribalta la situazione
portando gli Spartans sul 2-1 con i suoi due ultimi goal del torneo, chiuso a quota 22 in 6 partite. È
nel secondo tempo che cambia l’atteggiamento del IIB: Storelli blocca ogni intrusione di Crescenzi
e gli Spartans attaccano sempre meno permettendo a Mercuri di rovesciare di nuovo la partita con
una doppietta e consegnare la coppa ai suoi. 3-2 IIB il risultato finale.
Nel corso dell’atto conclusivo della Serie A. Caro siamo riusciti a rimediare la corrente per la
telecronaca (altrimenti staccata per via dei lavori): con il mio discorso pre-partita riguardo
all’importanza di un torneo fatto da una scuola con pochi alunni - sintetizzato nel secondo paragrafo
di quest’articolo - spero di avervi dato la grinta per rilanciare l’evento anche gli prossimi anni,
correggendo gli sbagli della prima edizione e curandolo sempre di più, ricordandovi che l’obiettivo
non è la fama ma il divertimento, altrimenti si sarebbe chiamata Serie A e basta.
Per ultima cosa volevo ringraziare a nome del Comitato: Sergio Budel, amministratore delegato del
San Carlo, che ci ha aiutato rendendosi sempre disponibile alle nostre esigenze; Danilo Capezzani,
fotografo ufficiale delle fasi finali del torneo (le cui foto verranno caricate un giorno sul gruppo
Facebook della scuola); Andrea Priorelli e Filippo Del Zozzo per aver collaborato, oltre agli altri
già citati a rendere possibile il torneo; tutti coloro che hanno contribuito a creare lo striscione in
greco; tutto il pubblico che ha seguito le partite della Serie A. Caro!
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Giovanni Trasatti
La nostalgia fa sempre brutti scherzi. Gli anni del liceo, con i loro pro e contro, non si
dimenticano. E’ dolce tornare con la mente a quegli anni di formazione, di crescita intellettuale, di
sacrifici e soddisfazioni. Vi proponiamo dunque un articolo di un nostro caro ex-alunno, Andrea
Catani, che con il suo spirito critico non manca mai di farci riflettere su cosa ci accade intorno.
Tutto cambia affinché nulla cambi”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa non poteva certo immaginare che la celebre frase del protagonista
del suo “Gattopardo” sarebbe stata, oggi, così attuale. L’Italia è sempre la stessa, non riesce a
cambiare, o meglio, cambiano le alleanze, le maggioranze e le opinioni, ma la (in)consistenza
politico-istituzionale rimane. L’ultima invenzione, tipicamente italiota, è la riesumazione del
modello già sperimentato con il governo Monti (gli effetti sono sotto gli occhi di tutti), stavolta
sotto forma di governo politico, fondato sulla labile coalizione dei due partiti, Pd-Pdl, ufficialmente
contrapposti durante le elezioni, ma ufficiosamente e neanche tanto surrettiziamente, conniventi
dopo il voto. E come nel 2011 questa soluzione “gattopardesca” ci viene giusti(-misti)ficata, in
nome di un sano conformismo patriottico, come salvifica e inevitabile. Salvifica? Si vedrà
(lasciatemi un modesto beneficio del dubbio). Inevitabile? Direi proprio di no. Gli elettori del Pd,
ancora una volta illusi e delusi, hanno (due mesi fa) votato un partito che giurava coram populo,
Enrico Letta corifèo, di non allearsi più con il nemico Berlusconi e di fare di tutto per estrometterlo
dal Parlamento. Oggi, gli stessi si alleano col Pdl, ergo con Berlusconi e s’impegnano a tenerlo lì il
più possibile non potendosi permettere di votarne l’ineleggibilità per evitare la caduta del governo,
le elezioni e il definitivo schianto politico del già moribondo Pd. Saremo anche un Paese di
smemorati, ma così si esagera. Lo stesso Pd poteva, poi, evitare questa nefasta e nefanda situazione
sostenendo per il Colle un uomo appartenente alla propria storia e proposto dal M5S, il
costituzionalista (forse troppo?) Stefano Rodotà e aprirsi così una autostrada per la fiducia penta
stellata ad un esecutivo firmato centrosinistra e rendere, dopo anni di nasi turati e schiaffi in faccia,
il proprio elettorato finalmente fiero dei propri rappresentanti. Sicuramente questo “nuovo” ibrido
partorito dalla mente di Napolitano contiene Ministri interessanti in casa Pd e dintorni, nomi
estranei dal solito establishment di partito (si pensi a Josefa Idem e Cècile Kyenge), ma temo che
questi siano solo uno specchietto per le allodole ad un escamotage per provare ad addolcire l’amaro
calice. Resta solo la domanda più importante: cui prodest?
Andrea Catani
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IL RITORNO
Al primo piano c'è odore di caffè. Le 10.55 e
l'intervallo è suonato da cinque minuti. Altri
cinque nei corridoi passeranno in fretta. Una
professoressa scende frettolosa i gradini
dell'ingresso, nella sinistra regge l'ombrello e
nella destra la cartella. Incrocia una collega che
entra, apre l'ombrello appena prima di uscire
mentre saluta l'altra che nel frattempo scrolla e
chiude il suo. Di fronte ai distributori automatici
le file si riducono piano, una monetina s'inceppa
ed un ragazzo pesta i piedi a terra nervosamente,
lancia occhiate di stizza alla merenda ambita che
lo ricambia con fare di sufficienza dall'alto del
numero A25. Il ragazzo si rassegna e cede il posto
a quello dietro che seleziona e si ritrova con due
merende ed anche qualche centesimo in più di
resto. Quando si volta e fa per cercare con lo
sguardo l'altro meno fortunato quello è già sparito
nel chiacchiericcio della mattina. Decide allora di
non disprezzare il lascito e sparisce anche lui con
il bottino. La porta di un'aula nel frattempo resta
chiusa, un compito è ancora in corso.
Così torniamo a scuola in una mattina di pioggia,
chi dopo un giorno, chi dopo cinque di gita e chi,
ancora, dopo un'intera settimana all'estero. In una
mattina di pioggia di fine Aprile la scuola è di
nuovo piena e tutto è tornato normale, e tutto è
tornato consueto, terminato il "periodo delle
uscite". La macchina del caffè fa il caffè, nell'atrio
c'è il solito rumoroso via vai e nei distributori
s'inceppano gli spicci. La porta di quell'aula resta
chiusa nascondendo agli occhi dei curiosi gli
ultimi e disperati minuti della versione di greco,
impunemente rubati all'intervallo.
Ma è una strana sensazione quella di ritornare ed è
la stessa negli occhi di tutti: sembra bizzarro avere
ancora il cuore in viaggio, la mente fra le risate
dei compagni e sentire invece i propri passi
risuonare nei corridoi che conosciamo, e che
ormai conoscono noi. E poi ci si sente di voler
raccontare e raccontare, come se si fosse custodi
di segreti nuovi e splendenti da svelare ad ogni
singolo mattone di quelle pareti.
-"Abrado",- inizia allora a svelare Matteo Bronzi,
mettendo in luce anche gli aspetti non esattamente
positivi del viaggio dei quinti, -difficile trovare
un'altra parola per descrivere la gita a Spalato.
Un'esperienza entusiasmante vissuta divertendosi
con i compagni. Il viaggio in traghetto è stato
senza problemi e niente da dire sulla sistemazione
comoda. Insomma, in fondo ci si stava per
dormire. Forse, gli unici aspetti davvero negativi
sono stati i ristoranti piuttosto scadenti e le guide.
Le ho trovate superficiali, le spiegazioni prive
d'approfondimento nei confronti di una città che
merita come poche altre. E' incredibile il palazzo
di Diocleziano che è la città stessa e... la parte più
moderna si fonde perfettamente con la città più
antica. Bello, bello davvero, non c'è che dire.
Così, mentre Matteo risponde con decisione ed
entusiasmo alle domande dei tanti che si
chiedevano "cosa si va a vedere a Spalato di
particolare?", guardandosi intorno nella folla del
secondo piano, a caccia di studenti da importunare
negli intoccabili dieci minuti di pausa, a caccia di
storie e di pareri, si scorge Valentina Laici, di
ritorno dal viaggio a Berlino: siede al banco di Pia
che si è allontanata. -Noi non abbiamo dormito,esordisce riguardo la sistemazione, -comunque, sì,
abbastanza comoda. Gli aspetti negativi si sono
limitati al clima gelido ed al tempo per le visite
distribuito davvero male.- Parlando invece degli
aspetti positivi continua: -Le visite guidate sono
state interessantissime, infatti non si tratta della
prima volta che Berlino viene scelta come meta
della gita dei terzi.- Conclude poi: -Il posto più
entusiasmante? La birreria HB!
E ancora, dopo la spigliata ironia tipica di
Valentina, è il turno di Emanuela, del I A, di
raccontare della sua esperienza a Firenze. -Ero già
stata a Firenze,- comincia -ma ogni volta è come
la prima. Una città incredibile, senz'alcun dubbio,
l'arte è in ogni angolo. La sistemazione era buona
ma partivamo presto la mattina per camminare
fino a sera, abbiamo sfruttato al meglio ogni
giornata.- Alla domanda "il ricordo più bello"
risponde poi con il sorriso: -Il David, al Museo
dell'Accademia. Temperini l'aveva detto, "è
qualcosa di commovente" e... lo è, dal vivo, sono
sicura che ognuno di noi sia rimasto affascinato e
colpito nel profondo.
Quando ormai il taccuino degli appunti è chiuso,
quando la ricreazione è terminata da più di un'ora,
si ripresenta l'occasione di conoscere una nuova
storia. Non più nei corridoi della scuola, bensì
fuori, nel pullman verso casa che è lento sotto la
pioggia incessante. Si tratta di Stefano, studente
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del Liceo delle Scienze Umane, del I A. Ci parla
con grande entusiasmo e disponibilità dell'uscita
dei primi presso Ostia Antica ed il Museo
Etnografico Nazionale di Roma: - Più che altro mi
è dispiaciuto notare, soprattutto ad Ostia Antica,
di come al sito non sia riservata la manutenzione
necessaria,... sospetto si tratti di mancanza di
fondi. Messo a parte questo lato negativo, posso
dire di aver apprezzato tutte le visite poiché
organizzate nel migliore dei modi. La guida è
stata molto precisa ed esaustiva e credo che nel
complesso, se non per qualche disagio riguardo il
viaggio, l'uscita sia stata un'ottima esperienza.
Nell'affollato pullman del Sabato, al ritorno, le ore
di studio sono terminate, la giornata comincia
nell'aria soffocante fra i sedili di colore blu. Il sole
che fa capolino da dietro le nuvole invita a
guardare fuori dal finestrino. E quel gesto di
sporgersi un po' per vedere gli alberi che corrono
veloci sul ciglio della strada combatte la pigrizia
di quelli che hanno trovato posto a sedere, ed è un
capriccio o un passatempo per quelli che sono
rimasti in piedi; nel mezzogiorno che si fa più
caldo nonostante la recente pioggia, nell'autobus
che corre verso casa, guardo oltre i ricci della
ragazza che siede accanto a me, dal lato del
finestrino: è lo stesso sole che poche settimane fa
vedevo rischiarare i campi, dal finestrino di quel
pullman che invece mi portava, insieme con i
compagni del IV ginnasio, in gita a Perugia. Ora,
da dietro le nuvole, sembra pallido come un
ricordo, ma era splendente nel pomeriggio di
Marzo. L'aria era gelida ma una luce abbagliante
riempiva piazza IV Novembre come i bicchieri si
riempiono d'acqua trasparente. Sotto il cielo terso,
con il sorriso sulle labbra e felici di stare insieme
in un momento perfetto, avevamo fermato un
passante e gli avevamo affidato il compito della
foto di gruppo, davanti alla fontana. L'uno
abbracciato all'altro ci eravamo stretti. La
macchina aveva scattato.
Batto gli occhi e mi volto ancora verso la folla
nell'autobus, con la fresca ed al tempo stesso
rincuorante sensazione, di custodire un bel
ricordo.
Elena Maria Eusebi
Emozioni da un teatro
Ma l'odore del teatro non sapevano cos'era, non sapevano com'era, visto dal palco. E non sapevano
il caldo che faceva dietro le quinte e l'ansia dei musicisti , densa che quasi si toccava. E quello che
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era stato prima di quel giorno; non sapevano delle prove, non avevano idea di quante volte gli
strumenti erano stati accordati e poi scordati di nuovo da mille tentativi vani, finché non arrivava la
nota buona e allora iniziava la canzone.
Seduti sul velluto rosso delle poltroncine, ci guardavano aprire il Concerto di Primavera.
Ma ritorniamo a qualche settimana prima, quando in un corridoio di scuola, stretto e illuminato da
una fievole luce, c'era un andirivieni di ragazzi: era il giorno delle audizioni.
Molti di loro erano appoggiati al muro o seduti a terra, assorti nei propri pensieri, con le cuffie nelle
orecchie e gli occhi chiusi, con la chitarra in mano e lo spartito sulle ginocchia, con lo sguardo
perso nel bianco monotono della parete, intenti a ripassare canticchiando, o intonando qualche nota,
il proprio brano.di lì a breve quei ragazzi sarebbero entrati nella sala dell'audizione e avrebbero
cercato di trasmettere quell'emozione che solo la musica può farti provare.
Non andava loro di parlare, ma ci hanno concesso ugualmente delle domande.
Per non renderli più agitati e ansiosi di quanto già fossero abbiamo "sciolto il ghiaccio" con la
domanda "Cosa presenterai quest'anno alle audizioni?".
C'era Ilaria, che aveva deciso di unire musica pop e classica suonando al pianoforte "Hei Soul
Sister" e "Arabesque", Sofia con "Ain't no sunshine", il I°D con "Some nights" e chi invece aveva
deciso di improvvisare, in fondo (ci hanno detto) essere musicisti vuol dire anche questo.
Si percepiva in loro la gioia e l'orgoglio di essere lì, certo, tutti speravano di poter salire sul palco
vittoriosi ed esclamare: "Ce l'ho fatta, sono passato!", ma per loro era già una grande soddisfazione
essere ascoltati e qualunque cosa sarebbe accaduta, sapevano che avrebbero comunque dato il
massimo.
Ogni minuto che passava era un'eternità e ovunque ti girassi voci, note e battiti di mano erano suoni
di sottofondo; ci avevamo ormai fatto l'abitudine.
Girava per il corridoio un gruppo di ragazzi, ci incuriosivano, e così ci siamo fermati per una breve
intervista: erano intenti a scherzare e a ridere del fatto che oltre a non sapere quale brano suonare,
non avevano un batterista, ma ciò non li preoccupava, perché l'importante era divertirsi e far
divertire, e alla domanda "Come vi sentite prima dell'audizione?" hanno risposto "Abbiamo fame".
Non mancava certamente loro il senso dell'umorismo.
Dalla sala dell'audizione usciva una ragazza, contenta come tanti altri che si erano già esibiti e
rivelava di essersi fatta prendere da un'ansia in realtà ingiustificata:"La giuria è simpatica, i
professori non sono severi come ci aspettavamo, ci hanno subito messo a nostro agio. Mi hanno
detto che ci rivedremo, credo di essere passata.Spero che vada bene anche agli altri".
I "giudici" non erano così terribili come molti temevano.
Pian piano il corridoio tornava silenzioso e dopo tre ore stanco ma felice se ne andava anche il
professore Marchetti:"Tanti ragazzi, troppi"-diceva-" ma tutti molto bravi. Siamo soddisfatti, sono
tutti preparati e non sono mancati ragazzi che frequentano il conservatorio.tutti molto bravi".
Le audizioni si erano concluse.
Ci guardavano da lontano e applaudivano. Essere lì su quel palco era un'emozione indescrivibile e
sorridevamo. Il Concerto di Primavera era iniziato.
Rebecca Montagna
MILES GLORIOSUS: IL SUCCESSO
Non posso iniziare l’articolo con il solito: “La piazzetta antistante il teatro di Porto San Giorgio era
gremita, la gente aspettava impaziente di entrare e godersi una serata piacevole”… no, non posso
perché mentre tutto ciò accadeva, urlavo e rincorrevo le piccole star in erba nel grande “camerino”
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sotto la platea, tentando, assieme alla talentuosa Elena Cupidio, le infaticabili Martina ed Elisa
Marocchi, le gentilissime signora Filipponi e Anna Petrelli, di rendere i nostri attori perfetti per la
loro entrata in scena.
E, grazie al cielo, così è stato: la tensione dietro le quinte era moltissima, le ragazze erano
agitatissime e i ragazzi non erano da meno. Ma dopo il discorso di incoraggiamento della regista,
Loredana Tomassini, che cura da sempre il progetto di teatro, i piccoli artisti hanno lasciato le
proprie identità, prendendone di nuove, immergendosi a capofitto nei rispettivi personaggi,
dandogli voce e corpo, con una spontaneità tale da rendere due ore e passa di spettacolo un battito
di ciglia.
Le risa sono state moltissime: mirabili sono state le interpretazioni di Danilo Capezzani nei panni di
Palestrione e di Lorenzo Testini in quelli di Periplectomano, esilaranti quelle di Carlo Ciucani e
Alessandro Montagna nei panni degli schiavi Lurcione e Sceledro; brillanti le performance di
Alfredo Monaldi nel ruolo del protagonista, Pirgopolinice, il soldato fanfarone; di Giovanni
Berbellini in quello di Pleusiche e della sua bella, Filocomasia, interpretata da una “settecentesca”
Gloria Marziali. Per non dimenticare, le “matres ignotes” Silvia Ficcadenti, Rachele Morelli e
Valentina Guizzardi e tutte le ragazze del coro (non vi offendete, ragazze, se non vi nomino tutte,
vero? Siete tantissime!), che ci hanno regalato degli spezzoni davvero deliziosi.
Ma due sono stati i pezzi forti della serata: l’entrata in scena del caro Ivanoe e del nostro
meraviglioso professor Rosati, a cui va il merito, oltretutto, di essersi occupato della scenografia:
con la loro simpatia, ci hanno trasmesso tutta il loro coinvolgimento e divertimento.
Dopo il successo dell’Antigone lo scorso anno, gli attori della nostra compagnia teatrale non si
sono smentiti: sono riusciti a mantenere un ottimo livello di recitazione, malgrado delle piccole
imperfezioni, comprensibili a causa del poco tempo che i ragazzi hanno avuto a disposizione, in
seguito alle proteste del corpo docente all’inizio dell’anno scolastico.
Attendendo dunque la replica che si dovrebbe tenere, come di tradizione, nel suggestivo anfiteatro
romano di Falerone, concludo: facciamo sì che questi meravigliosi progetti continuino sempre,
perché segno di vivacità intellettuale, che mai dovrà spegnersi.
G.G.
VITE SEGRETE
Pur restando “dietro le quinte” della scuola, sono da sempre i
migliori amici degli alunni e una parte importantissima
dell'istituto. Ecco i collaboratori scolastici, nome in codice:
bidelli!
Per rubare un po' di tempo ai nostri facciamo non poca fatica, ma
una volta individuati, Laura, Fabrizio e Ivanoe sono felici di
rispondere alle nostre domande. Tra una spolverata e una
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fotocopia, ecco quello che abbiamo scoperto sulla “vita segreta”
dei bidelli.
- Cosa ti piace fare nel tempo libero?
Laura: Io ho 6 figli, cinque maschi e una femmina, quindi fra il lavoro e le attività sportive nel
pomeriggio, la mia vita è molto piena; esco da scuola verso le 14:30, vado a prendere i miei ragazzi
che fanno il tempo pieno e poi partono le attività pomeridiane... mi piace fare sport con i miei figli,
gioco con loro a calcio, a tennis, vado a camminare;
Fabrizio: Io alleno una squadra di calcio, la (non ho segnato il nome, al massimo glielo
richiediamo) e a casa ho una moglie e due figlie;
Ivanoe: Mi piace giocare a scacchi, fare ginnastica, in particolare footing, e poi mi piacciono le
scommesse!
- Riguardo la musica? Canti o suoni qualche strumento?
L: Si, la musica mi piace, quando ho tempo suono il violino e a volte i bonghi con il cammino
neocatecumenale;
F: No, sono un trombone... ahem, una campana!
I: Mi piace il rock anni '70, i Led Zeppelin, Piero Pelù... a proposito di cantare, beh, canto sotto la
doccia... e anche fuori dalla doccia!
- Hai lavorato in altre scuole oltre al Classico? E come ti sembrano gli altri studenti rispetto a noi?
L: Si, sono stata a Ragioneria, all'IPSIA, al Tarantelli a Sant'Elpidio a Mare... per esempio,
all'IPSIA sono tanto vivaci! Invece voi siete più stimolati a studiare, lì venivano giusto “così”...
F: Io sono stato all'alberghiero; il Classico è complessivamente meglio di altre scuole, qui i ragazzi
sono più responsabili, vengono a scuola per studiare, altrove no.
- Che ne pensi dell'edificio?
L: E' bello perché il Classico è nato qui, ha il suo fascino; rispetto a questa scuola ce ne sono altre
molto più fredde o dispersive. La sicurezza magari è da migliorare, ma è un vantaggio anche il fatto
che sia tutto qui, tutto raccolto... è una cosa più familiare, un lato positivo anche per voi!
F: Beh, secondo me purtroppo è un edificio vecchio e non è adatto per una scuola;
I: L'edificio è molto bello ma secondo me non è adatto per una scuola, perchè non è pratico;
sarebbe più adatto per degli uffici, per una scuola ne serve uno più lineare, in modo che chi
controlla abbia una visuale più generale.
- Pensi che quando andavi a scuola tu il rapporto con i bidelli fosse diverso?
L: Si, sicuramente si; io comunque ho fatto le magistrali dalle Canossiane, quindi avevamo le suore,
ma in generale c'era un buon rapporto...
F: No, era un rapporto amichevole come quello che c'è ora...
I: Innanzitutto ho sempre rispettato le persone più grandi di me, ma quando andavo a scuola io
rimanevo di più in classe, non uscivo molto;
- E attualmente il rapporto con i colleghi e i professori com'è?
L: Va tutto bene.
F: Benissimo, non ci sono problemi, né con i colleghi né con i professori.
I: Diciamo non eccezionale. Sul lavoro c'è sempre qualcuno che critica... però in generale
sufficiente.
- Cosa ne pensi del giornalino?
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L: Fatta bene e con rispetto, è una cosa molto bella;
I: Sono d'accordo, mi piace... l'importante è comunicare le proprie idee agli altri. Ma non ho letto
l'ultimo numero online, e poi credo che non bisogna perdere l'abitudine al cartaceo, se iniziamo a
fare con internet noi che siamo il classico...!
- Noi ginnasiali invece come ti sembriamo?
L: Di voi penso benissimo, siete dei bravi ragazzi! E poi ho un buon rapporto con voi perché sto
proprio vicino al bagno;
F: Si, un bel gruppo...
I: Beh, io sono qui con i ragazzi del liceo e non vi vedo molto; (rivolto ai giornalisti) ...comunque
voi mi siete molto simpatici! :)
Elena Poloni
Federico Appoggetti
Con la partecip presenza di Maja di Sabatino
"Bisogna fare della propria vita un'opera d'arte."
Adesso, io non sto dicendo che questo sia giusto, ma sono ormai mesi che mi tormento con una
domanda: che cosa stiamo facendo con le nostre vite? Parlo di noi, giovani viziati dagli schermi e
dai lussi, adagiati sulla comoda vita che i nostri genitori hanno costruito per noi, chiusi nei muri
della nostra piccola vita o davanti ad un computer, abituati a preoccuparci sì e no per il vestito che
indosseremo ad una festa, al compito del giorno dopo, o ai nostri insignificanti problemi
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adolescenziali. Abituati a uno stile di vita passivo, ascoltiamo ciò che la televisione ci vuole far
sentire, seguiamo ciò che il web ci vuole far seguire, pensiamo ciò che professori (non proprio
disinteressati) ci vogliono far pensare. E allora parlo con tutti voi giovani passivi, annoiati e noiosi,
silenziosi e senza energie vitali, dov'è la vostra forza prorompente? Dov'è la vostra irrequietezza?
Dove sono le domande esistenziali? Dove sono i vostri princìpi, la vostra morale (e non parlo di
quella strappalacrime che vi ha insegnato la cultura americana)? Dove sono i vostri interessi, le
vostre passioni, le vostre aspirazioni? Aspirate ad essere notati, ad apparire per la vostra bellezza e
per la vostra effimera cultura? Aspirate al ragazzo o alla ragazza di turno? Questa è la vita piatta,
senza dialogo con voi stessi, che volete? Chi di voi è abbastanza maturo da intendere, intenda. Non
possiamo rimanere bambinoni superficiali tutta la vita, astiosi e invidiosi delle fortune degli altri, e
in fondo vuoti dentro. Non noi, non oggi. Perché è oggi il momento di cambiare, senza
procrastinare, di scegliere di imparare qualcosa dalla vita o dai libri. Voi, finti alternativi, finti star,
finti. Diventate invece VERI, viviate senza bisogno di maschere idiote e apparenze imbecilli,
perché quello che va di moda oggi, domani non andrà più; mentre quello che imparate oggi, quello
che maturate oggi, quello che decidete di essere OGGI, con naturalezza e semplicità, è ciò che farà
di voi uomini e donne maturi. Non fatemi i finti intellettualoidi, vi prego, che ritengo più
insopportabili di chi non sa la grammatica italiana, ma si cimentano in lunghissime frasi fatte.
Apritevi al mondo, in tutte le sue sfaccettature, in tutte le sue contraddizioni ma apritevi, aprite gli
occhi e respirate aria nuova. Non chiudetevi più alla visione di un mondo che è più grande di voi, di
una realtà che vi spaventa, di un'ampiezza che vi rivela come siete: piccoli. Non abbiate paura della
condizione dell'uomo. Piuttosto, sappiate che la staticità in cui rinchiudete le vostre vite, indossando
una maschera, è la peggiore schiavitù che potrete mai vivere.
Benedetta Vitali Rosati
(Auto)critica di due ginnasiali annoiate
Ovunque ci giriamo, troviamo folle di ragazzi
in crisi adolescenziale orgogliosi dei loro
Eastpack fantasia e dei Woolrich verde
militare; tutti dicono di cercare di staccarsi
dalla massa, di differenziarsi, ma invece si
diventa sempre più simili agli altri. Sono tutti
“unici e fieri della propria personalità”, si
definiscono eroi del libero pensiero, esenti
dalle imposizioni della società. Considerano il
proprio stile come un espediente per urlare
quanto poco importi loro del giudizio altrui e
quanto disprezzino quelle “pecore” che si
omologano alla massa, mentre esibiscono
altezzosi slogan già sentiti e si accontentano
di unirsi a gruppi di “pecorelle”, con tanto di
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tinta fresca di parrucchiere. Ma è davvero così
importante essere uguali agli altri, vestire tutti
allo stesso modo, seguire mode che non ci
piacciono solo per essere accettati da una
società che bada solo alle apparenze?
L'esempio lampante lo troviamo proprio nella
nostra adorata scuola. Tra noi classicisti
convinti e gente di cultura circolano
principalmente tre tipi di scarpe, Converse,
Clarks e Dottor Martens (quelle per gli
alternativi). La Converse, erroneamente
associata al tipo sportivo (fai il Classico,
pensi di poter avere una vita sportiva?), si
accoppiano solo e unicamente con i
meravigliosi jeans azzurro stinto e con i
risvolti ripiegati più volte in stile "pescatore
di vongole a cui si è allagata la casa", mentre
le Clarks sono oggi un pilastro fondamentale
nella struttura sociale dell'Annibal Caro.
Infine le Dottor Martens, elemento sfruttato
per evidenziare l'irruenta alter natività del
classicista medio, in stile "Let's fuck the
sistem".
Per non parlare dell'inclinazione sempre più
British: nel disperato bisogno di
immedesimarsi in giovani rampolli
dell'aristocrazia inglese, ci si tappezza di
Union Flags, tanto da non capire dove finisce
la bandiera e inizia il giovane lord.
Proseguendo, notiamo che in questo periodo
ritornano prepotentemente in auge i fantastici
anni Novanta, jeans azzurro chiaro a vita alta,
stile grunge ovunque e grandi fans dei
Nirvana, oltre ad allegre figliuole
imbacuccate nelle maglie extralarge di
mamme probabilmente ex sovrappeso
recuperate in soffitta. E, quando ormai la
piaga dei giacchini tutti borchie e pelle
sembrava debellata, ecco che ci ritroviamo
immersi fino al collo in maxi giubbetti di
jeans, dentro i quali scompaiono scheletriche
quindicenni.
Superata la fase degli anni Ottanta, con
minigonne, top aderenti e colori spara flash, si
passa alla fase 'Fumo, Anarchia&Rapporti
promiscui', per poi ritrovarsi nel secondo
decennio degli anni duemila con un nuovo
mito e un nuovo motto: Pace, Amore&John
Lennon, il tutto corredato da fantomatici
occhiali da sole tondi, indossati soprattutto
quando del sole non c'è traccia.
Sempre sull'onda di
'Sesso,Droga&RockNRoll', ci troviamo ad
ogni angolo fans sfegatati di gruppi rock anni
'80 e '90 che indossano magliette più grandi di
loro con stampigliati loghi di Guns N'Roses et
similia, fermamente convinti che Kurt Cobain
sia ancora vivo e dell'eterosessualità del
frontman dei Green Day, mentre tentano di
stemperare la loro aggressività hard rock con
accessori vari comprendenti simboli
dell'infinito e BAFFI, BAFFI, BAFFI in ogni
dove (sempre per la storia del complesso del
giovane rampollo inglese, presente
nell'immaginario di tutti come un piccolo
Lord baffuto).
Rispuntano anche piercing, dilatatori e
orecchini vari, che ci portano a ritrovare i
nostri amati compagni di scuola trasformati in
buchi neri con le gambe. In questo contesto ci
sentiamo in dovere di chiamare in causa il
nostro rappresentante di istituto Dominik
Zorvan, che per amore dei suoi "concittadini",
ha sperimentato sulla sua pelle l'emozione di
un buco all'orecchio (nonostante continui
imperterrito a negare l'evidenza inventando
storie poco verosimili, come quella
dell'aggressione da parte di un suo rivale
politico con una pistola spara-orecchini).
Ancora viva e vegeta tra noi, invece, la moda
unisex. Mai criticate le felpe rubate
dall'armadio del proprio ragazzo, ma quando
diventa difficile distinguere il genere maschile
da quello femminile, ringraziamo il fatto che
le ragazze si facciano crescere i capelli
all'ingiù, mentre le folte e "virili" chiome
maschili svettano sempre più verso l'alto per
compensare, sempre più spesso, carenze di
altezza.
Fanno eccezione alla moda delle maglie XL, i
fratelli Bonetti, che con i loro maglioni a
collo alto non rischiano di infatuare noi
giovincelle
con scolli eccessivamente provocanti, mentre
altrove ci ritroviamo con maglie talmente
scollate da dimenticare la 'maglia' e trovare
sempre e solo la 'scollatura'. Non serve
vestirsi tutti uguali per evidenziare la propria
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diversità, per dimostrare di voler essere
diversi, perchè anzi, ciò dimostra solo che in
realtà siamo tutti uguali. E' come se qualcun
altro pensasse per noi e ci imponesse di
indossare, fare, essere qualcosa che non ci
piace. Perchè omologarsi quando possiamo
essere diversi, originali, avere una personalità
che mostri chi siamo davvero?
"Sei nato originale. Non morire copia" (John
Mason)
P.S.: con umiltà, affermiamo che la nostra
situazione non è poi così diversa da coloro
che "critichiamo"!
Greta Palmucci
Maja Di Sabatino
Di Benedetto: un Ulisse moderno
La grande avventura di un uomo innamorato del mare
Cosa spinge gli uomini a cercare sempre nuovi stimoli, a battere strade inesplorate, ad accettare
sfide che superano l'impossibile?
Alessandro Di Benedetto, 42 anni, navigatore solitario italiano, tra il 26 Ottobre 2009 e il 22 Luglio
2010, in un tempo record di 268 giorni, 19 ore, 36'e 12'' , ha portato a termine un'impresa
straordinaria, ai limiti delle capacità umane: la circumnavigazione del globo su un'imbarcazione a
vela, in solitario e senza scalo, con la barca più piccola mai utilizzata per traversate di questo
genere: uno scafo di appena 6,50m! Seguendo la rotta della prima regata per solitari, la Golden
Globe del 1969, ha polverizzato il precedente primato di "ben" 313 giorni, che resisteva da decenni.
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Partito dalla costa atlantica francese, Di Benedetto ha doppiato i tre leggendari Capi:
Buona Speranza in Africa, Leeuwin in Australia e Horn in America del Sud, ritornando poi al punto
di partenza, dopo aver attraversato due volte la linea dell'equatore.
La domanda sorge spontanea: perché? Perché affrontare difficoltà, disagi, rischi, solitudine,
tempeste burrascose e venti sferzanti, caldo opprimente e freddo gelido, sole e pioggia, e vivere per
mesi in mezzo ad una immensa distesa d'acqua, che si estende per miglia e miglia? Cosa c'è di
talmente forte nel profondo dell'animo umano capace di spingere una persona ad affrontare queste
prove immani?
La risposta è una sola: Passione. Voglia di sfidare sé stessi, i propri limiti, di mettersi continuamente
in gioco, di provare emozioni forti e irripetibili; amore, un amore intenso per quello che facciamo,
un amore talmente forte da far sì che l'oggetto della nostra passione diventi parte integrante del
nostro essere, e noi di lui, in un'osmosi continua e totale.
Così è accaduto ad Alessandro. Nato a Roma nel 1971, da madre francese e padre italiano, ha
vissuto a partire dai cinque anni in una terra, la Sicilia, di grande tradizione marinara. Cresciuto "a
pane ed acqua di mare", ha sperimentato la vela fin da tenera età, prima grazie ai racconti dei suoi
genitori, e poi sulla sua pelle, durante le prime uscite in acqua su piccole imbarcazioni, come
l'Optimist, una "deriva" di 2,30m progettata apposta per i velisti più giovani. Iniziando l'attività
agonistica proprio su questa imbarcazione, però, il suo spirito si differenziò subito da quello dei
"colleghi": uno spirito da navigatore, amante del mare, spinto non dalla voglia di primeggiare e di
andare più veloce degli altri, ma da una profonda passione, che lo rende un tutt'uno con la sua barca
e l'ambiente che lo circonda. Passano gli anni, e Alessandro continua a navigare, formando sempe
di più il suo carattere, e imparando a conoscere il mare in tutti i suoi aspetti, anche quelli più
pericolosi e temibili. Passa poi dai turni notturni su una barca d'altura a vere e proprie traversate,
sempre su scafi molto piccoli e in condizioni estreme, da solo o insieme a suo padre, che
condividerà con lui molte avventure.
Dopo essersi laureato inizia a lavorare, prima in giro per il mondo come geologo in una società
petrolifera, poi in un ufficio a Bologna, non rinunciando comunque ad andare per mare, e
compiendo altre importanti traversate: Italia-Canarie nel 2001, una transatlantica nel 2002 e
un'altra nel Pacifico settentrionale nel 2006, tutte su catamarani lunghi meno di 6 metri (le ultime
due sono persino diventate record mondiali!). E la decisione di compiere un giro del mondo va
maturando proprio durante queste navigazioni, nel bel mezzo dell'Oceano.
Tra il dire e il fare, però, (...e mai come in questo caso) c'è di mezzo il mare: mancano infatti gli
sponsor e tutte le attrezzature neccessarie, in primo luogo uno scafo adeguato! Ma Alessandro non
si perde d'animo e finalmente, dopo vari tentativi, arrivano i fondi. Allora viene acquistato uno
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scafo, rimesso a nuovo e modificato da Alessandro stesso e, dopo vari trasferimenti e prove
tecniche, si parte!
Il resto è Storia: la storia di un impresa straordinaria compiuta da un uomo veramente straordinario;
la storia di una passione.
All'arrivo, il "viaggio" viene esaltato dai più importanti personaggi del mondo della vela (tra cui
l'italiano Giovanni Soldini), e il suo protagonista è definitivamente consacrato come un grande
velista e marinaio. Ed è così che finalmente Alessandro Di Benedetto rivela a tutto il mondo della
vela e non solo le sue straordinarie qualità, esaltate nel fare ciò che ama. Uomo dalla tempra
d'acciaio, audace, forte e irriducibile, navigatore dalle innumerevoli competenze, ma anche grande
comunicatore e poliglotta, carattere scherzoso e ironico: insomma, un Ulisse dei nostri tempi, eroe e
allo stesso tempo uomo (non)comune, esempio per tutti, appassionati di vela e non, a prendere il
timone della propria vita, per renderla ricca e "salata", come l'acqua del mare.
Michele Bonetti
-Rotta percorsa da Di Benedetto durante il viaggio di circumnavigazione del globo-
Viaggio nel mondo di Tolkien
Cosa pensiamo quando qualcuno ci parla del "Signore degli Anelli", della Terra di Mezzo,di hobbit?
Subito ci vengono in mente immensi eserciti schierati a battaglia, eroi leggendari, piccole creature
simili a bambini che allegramente fumano erba-pipa. Pensiamo a Sauron, l'Oscuro Signore, a orde
di orchetti, a Gollum con il suo "tesssoro"...
Ma è sbagliato credere che il mondo di Tolkien, che egli chiamò Arda, sia circoscritto al "Signore
degli Anelli" e a "Lo Hobbit": c'è infatti un universo sconfinato da scoprire, costituito anche da
opere meno conosciute di quelle sopraccitate, ma altrettanto affascinanti.
John Ronald Reuel Tolkien, nato in Sudafrica nel 1892 ma vissuto sempre in Inghilterra, fin da
piccolo fu appassionato di lingue e si ingegnò a inventare nuovi idiomi. Egli stesso affermò in una
lettera che le sue storie erano "un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio
accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale": egli cioè, anche se può sembrare
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incredibile, creò il suo mondo per far parlare i popoli che lo abitavano con le lingue che aveva
inventato.
Il Professore iniziò a scrivere dando sfogo alla sua fantasia all'età di ventiquattro anni, aiutato dalla
moglie Edith che spesso ricopiava i suoi disordinati scritti.
Iniziò dunque a prendere forma quell'insieme di miti e racconti, quel "legendarium" che costituirà la
base da cui egli svilupperà le sue storie più famose.
La prima opera di Tolkien, pubblicata dopo la sua morte dal figlio Christopher, è "Racconti
ritrovati", "antenato " di tutti i suoi lavori. Vi troviamo infatti in una veste primitiva e poco definita
tutti i temi che avrebbero caratterizzato la sua opera: dalla creazione di Arda alla lotta con il
malvagio dio Morgoth-Melkor, fino all'avvento nel mondo dei "Figli di Ilùvatar", il dio supremo,
Elfi e Uomini.
I "Racconti ritrovati" narrano di Eriol, marinaio assetato di sapere che giunge nell'elfica isola di Tol
Eressëa e ascolta dagli Elfi nella magica "Casetta del Gioco Perduto" le antiche storie del mondo.
Questo libro si ricollega ai "Racconti perduti", che contengono i brani da cui Tolkien svilupperà la
complessa mitologia del "Silmarillion".
Il Professore lavorò al "Silmarillion" per tutta la vita, rielaborando i racconti che aveva scritto
precedentemente e costruendo un "corpus" mitologico di mirabile struttura e completezza, che
soddisfa chiunque ha la curiosità di conoscere la storia del mondo creato dallo scrittore prima degli
hobbit, di Sauron e della Guerra dell'Anello.
Caratterizzato da uno stile solenne ed elevato, il "Silmarillion" è l'opera prima di Tolkien, il cuore di
tutta la sua attività di scrittore, il repertorio mitico da cui egli ha tratto tutte le sue storie. Egli
tuttavia non realizzò mai un libro ordinato in maniera sistematica, e fu il figlio, dopo la morte del
padre, a integrarne le parti, riunendo e amalgamando tra di loro molti scritti, e a permetterne la
pubblicazione.
Nel "Silmarillion" viene narrata la storia del mondo dalle origini fino alle vicende raccontate nel
"Signore degli Anelli"; l'autore si sofferma soprattutto sugli eventi della Prima Era [I racconti di
Tolkien vanno dalla Prima Era alla Quarta Era (dopo la sconfitta di Sauron)]. e sulla storia dei tre
Silmaril, gemme forgiate dall'Elfo Feanor, bramate dai suoi discendenti e dal malvagio MorgothMelkor.
Il "Silmarillion" può sembrare inizialmente noioso, ma scorrendo le sue pagine si scoprono storie
affascinanti e romantiche, come quella di Beren e Lùthien, tragiche, come la narrazione della vita di
Tùrin, racconti di lotte fratricide e di tradimenti ma anche di azioni valorose e generose.
Inoltre esso fa scoprire al lettore che già conosce le principali opere di Tolkien spunti di riflessione
e collegamenti inaspettati fra esse.
Il Professore ci ha lasciato anche molte altre storie, pubblicate in raccolte dal figlio, come i
"Racconti incompiuti" e la "History of Middle Earth", della quale solo due volumi, i succitati
"Racconti ritrovati" e "Racconti perduti", sono stati tradotti in italiano. Inoltre recentemente è stato
pubblicato un romanzo inedito del Professore, "I figli di Hùrin", ambientato nella Prima Era;
probabilmente altri inediti tolkeniani saranno pubblicati in futuro.
Infine, non si può non parlare delle opere più famose di Tolkien: "Lo Hobbit" e "Il Signore degli
Anelli".
Tutti abbiamo sentito parlare di hobbit almeno una volta nella vita e "Lo Hobbit" è una perla, un
libro davvero delizioso.
Ma il libro con la "l" maiuscola, il capolavoro di Tolkien è "Il Signore degli Anelli". Esso ha
influenzato e continua ad influenzare notevolmente l'immaginario fantasy moderno e le sue
trasposizioni cinematografiche sono universalmente famose, tuttavia questo romanzo a volte risulta
di difficile accesso, soprattutto per i ragazzi.
Forse scoraggiati dalla voluminosità del tomo, alcuni non provano neanche a iniziarne la lettura,
mentre altri la abbandonano dopo averla cominciata.
Non bisogna nascondere che leggere "Il Signore degli Anelli" richieda un certo impegno da parte
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del lettore, ma se egli lascia da parte i pregiudizi e si lancia con passione e curiosità tra le sue
pagine, assaporando ogni parola come se egli stesso facesse parte della storia, vivrà un'esperienza
indimenticabile e si innamorerà di questo libro, che fa sognare un mondo fantastico ma così pieno
di umanità e di vitalità da sembrare vero.
Alessandro Bonetti
Blink-182
Quanti di voi non hanno mai sentito parlare del Blink-182 o non hanno mai ascoltato una loro
canzone? Bhè, credo proprio che siate veramente in pochi, e dato che ci siete, questo articolo
potrebbe essere un’occasione per cominciare ad ascoltare qualcosa di nuovo.
La band, formatasi nel 1992 a Poway, California, negli anni 90 è stata una delle fondatrici del punk
rock moderno assieme ai Green Day, agli Offspring e ai Rancid, ed è composta da Tom DeLonge
(chitarra e voce), Mark Hoppus (basso e voce), e Travis Barker, batterista che nel ‘98 prese il posto
di Scott Raynor, cacciato dalla band per problemi con l’alcool e per essersene andato poco prima di
un concerto.
Il suffisso -182 fu aggiunto dalla band stessa all’inizio della loro carriera per evitare problemi legali
con un gruppo irlandese chiamato anch’esso Blink.
Il trio, oltre ad essere indipendente, ovvero non legato ad alcuna etichetta discografica, possiede
anche una linea di abbigliamento denominata “Atticus”, fondata dai componenti stessi del gruppo,
che ancora oggi portano avanti, vendendo i propri capi in tutto il mondo.
I Blink hanno avuto il loro esordio con gli album Dude Ranch, il quale segna una netta divisione tra
punk rock e pop punk, Enema of the state, e Take off your pants and jacket, vendendo
complessivamente più di 20 milioni di copie, avvicinandosi sempre di più allo stile dei Green Day,
e salendo in cima alle classifiche radiofoniche statunitensi con i loro singoli Dammit e Josie,
aumentando sempre di più il numero di album venduti.
Nonostante ci sia stato un notevole cambiamento dal punto di vista del genere musicale, dovuto in
parte ad una influenza generata dai loro vari progetti contemporanei, i Blink sono tuttora molto
apprezzati dai loro fan per le loro canzoni, il loro humor e la loro grande capacità di
intrattenimento.
Dopo lo scioglimento nel 2005 causato da vari litigi tra Tom e Mark, il trio si riunì nel Febbraio del
2009, ripartendo subito con la pubblicazione di un nuovo album e l’organizzazione di un tour che
poi fu rimandato.
Ancora oggi i Blink continuano a comporre testi e pubblicare dischi e spesso i loro concerti sono
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trasmessi in diretta su radio e tv.
Michele Capezzani
David Peace, Il maledetto United
“Loro sono la sua squadra. Il suo Leeds. Il suo sporco, maledetto Leeds e lo saranno sempre. Non
la mia squadra. Mai. Non la mia. Mai. Non questa squadra. Mai.”
Inghilterra, fine anni Sessanta: l’ex calciatore Brian Clough, dopo un brutto infortunio, inizia la
carriera da allenatore, riuscendo a portare in vetta alle classifiche squadre di provincia che da anni
stazionavano in fondo alle divisioni minori; Brian ha però un’ossessione : il Leeds United, lo
“sporco Leeds”, e ancor più il suo allenatore, Donald Revie, che non riuscirà mai a battere .
Il destino farà sì che nel 1974, dopo il ritiro di quest’ultimo, Brian sarà chiamato ad allenare proprio
l’odiato Leeds, e si troverà costretto a vedersela con giocatori viziati e scorretti, l’esatto contrario
della sua concezione romantica del calcio .
Per tutto il tempo che resterà in carica, 44 giorni in tutto, Brian dovrà affrontare quotidianamente
l’ostilità dei calciatori rimasti fedeli al vecchio allenatore e dei tifosi insoddisfatti, ma ancor più
sarà costretto a fare i conti con se stesso, con le sue debolezze, con il timore di non essere
all’altezza del suo predecessore tanto odiato e con l’ansia di portare a termine il suo impegno con il
Leeds, di trasformarlo in una squadra che vince senza imbrogliare.
Ispirandosi alla vera storia del protagonista, con questo romanzo David Peace ci offre, in uno stile
veloce, diretto e a tratti quasi crudo, il ritratto di una leggenda del calcio inglese, soffermandosi non
solo sul lato sportivo, ma soprattutto sull’aspetto profondamente umano di Clough, personaggio dal
carattere notoriamente difficile; permaloso, severo, orgoglioso, arrogante e irriverente, Brian sarà
costretto più volte nel corso della storia a gettare questa maschera da duro per rivelare tutte le sue
paure, i suoi odi e le sue insicurezze. Inoltre, accanto al ritratto del protagonista, Peace offre al
lettore un delizioso spaccato di vita quotidiana inglese nei primi anni Settanta, intrecciandolo
sapientemente con la descrizione del football nel suo periodo d’oro.
Dal romanzo è stato tratto un film, con Michael Sheen nel ruolo del protagonista, che riproduce
fedelmente le atmosfere del libro.
Federico Dionisi
Terra senza confini
Viaggio fantastico,
in paesi lontani.
Sprigionare pensieri,
raccontare emozioni.
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Mondo,
dove tutto è possibile,
foglio bianco,
che si riempie in un attimo,
come fiume in improvvisa piena.
Chiave dei ricordi,
porta magica,
scrigno segreto,
fidato amico, valvola di sfogo.
Scrivere, terra senza confini.
Michele Bonetti
Un braccio magro e morbido avvolto intorno al mio,
una testa leggera e profumata
appoggiata sull'osso spigoloso della mia spalla la preoccupazione che potesse essere troppo spigoloso capelli dorati e soffice guancia
bagnati dall'ardente e risonante languore del primo sole,
lunghe ciglia nere risaltate dalla pelle di albicocca.
Profondo e immenso senso di responsabile grembo di madre Gaia amorosa.
In un altro momento:
confusione e facce travolte dal riso,
il gruppo racchiude il muto lupo.
Egli scodinzola solo, per empatia - ma miracolo!
Lancia un ululato, e non di dolore ma di compagnia
(mossa dolorosa!).
I corpi, destinati a lanciarsi in moto,
si arrestano.
L'isolamento è crepato:
ululiamo insieme, avvoltoi e corvi pagani, perché il mondo è mondano!
Accresce il riso e il lupo freme sono queste le prede,
non sue ma dell'universo!
Vita Azaro
Liceo Ginnasio Statale “A.Caro”
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C'è aria di cinema e talento nell'Annibal Caro!
Sì, e se possiamo dire cosi è proprio grazie alla bravura e alla creatività della classe III D del Liceo
Classico, che si è aggiudicata il titolo di “Migliore classe d'Italia”. I ragazzi della terza, infatti, si
sono cimentati nella realizzazione di cinque video, uno per ognuna delle cinque prove della seconda
edizione dell'avvincente concorso “The Best Class” indetto da Citroën Italia. Un po' per fortuna, un
po' per talento, sono riusciti a scalare abilmente la classifica nazionale e a raggiungere la tanto
ambita prima posizione ed il montepremi finale: un buono vacanza per tutta la classe e una
donazione di € 10.000 al Liceo. Complimenti a tutti loro per il successo e un grande in bocca al
lupo per gli esami di maturità che affronteranno
Liceo Ginnasio Statale “A.Caro”
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!
Buone vacanze a tutti dalla Redazione!
Giulia Grossi
Giovanni Trasatti
Greta Palmucci
Maja Di Sabatino
Federico Dionisi
Federico Appoggetti
Alessandro e Michele Bonetti
Elena Maria Eusebi
Rebecca Montagna
Michele Capezzani