Introduzione. Frequenti domande sull`implantologia
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Introduzione. Frequenti domande sull`implantologia
Studio Odontoiatrico Specialistico Dr. Raffaello Pagni Dr. Giorgio Pagni Studio: via Lamarmora 29, 50121 Firenze Tel: 055.573903, 055.578319 Fax: 055.5532538, web: www.studiodrpagni.com Implantologia L’implantologia è una branca della chirurgia orale al servizio dell’odontoiatra Protesista. Deve pertanto da questi essere proposta ed eseguita quando non esistano altre soluzioni Protesiche valide gradite al paziente. La possibilità di ricorrere a soluzioni Protesiche ancorate su impianti deve essere validata da un attento studio clinico preimplantologico di ordine medico-chirurgico generale, e clinico radiologico (di ordine locale). Grazie all’implantologia si è in grado oggi di risolvere le più disparate situazioni di edentulia (mancanza di elementi dentari), con soluzioni Protesiche fisse, o se removibili, confortevolmente ritentive. Frequenti domande poste dai pazienti (parte1). • Cos’è un impianto, e di cosa è costituito ? L’impianto endoosseo dentale è un sostituto della radice naturale del dente. L’impianto è una struttura di titanio, materiale diffusissimo in natura e altamente biocompatibile (accettato dall’organismo). Grazie alle capacità fisico meccaniche del titanio, l’impianto si integra/anchilosa nell’osso (osteo-integrazione = crescita dell’osso direttamente sulla superficie dell’impianto). Il titanio è utilizzato da decenni in diverse branche della medicina (ortopedia: protesi d’anca, protesi del ginocchio, etc.) • Che forma ha un impianto? Generalmente un impianto ha la forma di un cilindretto, di diametro variabile da 2 a 6mm (4 mm in genere), e lunghezza variabile tra i 7 ed i 15 mm. L’impianto ha una filettatura sul lato esterno per potersi validamente immaschiare nell’osso del sito ricevente. Una filettatura interna permetterà invece di avvitarvi dei monconi, che una volta avvitati nell’impianto, permetteranno la applicazione delle strutture protesiche necessarie (cementate o avvitate). La scelta del tipo di impianto è dettata dalle particolare situazione anatomica della sede da trattare. • Come viene applicato un impianto? L’intervento richiede generalmente una piccola incisione della gengiva (rapportabile al numero di impianti da applicare) che consenta di praticare un foro nell’osso, calibrato in rapporto al diametro dell’impianto selezionato. La possibilità di evitare l’incisione del lembo, è possibile ma utilizzabile in rari casi, da valutare con accortezza. • Quanto tempo richiede questa metodica? Dopo l’inserzione dell’impianto occorre generalmente un intervallo di due / tre mesi per l’osteointegrazione. In questo periodo l’impianto non sarà visibile perché nascosto nella compagine ossea e coperto dalla mucosa; alla fine del periodo di integrazione ossea, con un semplicissimo intervento si potrà metterlo in comunicazione con l’ambiente orale, applicando previa effettuazione di un tunnel gengivale, una vite “di guarigione”, visibile in bocca, attorno alla quale la gengiva guarirà lasciando un tunnel di collegamento tra la testa dell’impianto e la bocca. Spesso però questa vite viene messa direttamente al momento dell’intervento e sarà visibile per tutto il periodo della integrazione, evitando così la necessità del secondo intervento. A osteointegrazione compiuta (2 o 3 mesi in genere), verranno applicati gli elementi protesici. È talvolta possibile l’immediata protesizzazione degli impianti ma solamente in casi selezionati e con opportuni accorgimenti. In certi casi invece la attesa potrà essere più lunga anche di 4, 5 o 6 mesi. • Che igiene occorre praticare? La stessa igiene praticata per la pulizia dei denti naturali, delle protesi fisse (corone, ponti) o removibili. • Chi può praticare l’applicazione degli impianti osteointegrati e la loro protesizzazione e in che ambiente devono essere effettuate? L’applicazione di impianti come ogni altra procedura odontoiatrica può essere effettuata solamente dall’odontoiatra che per legge deve essere 1) un Dottore laureato in Odontoiatria e Protesi dentaria oppure 2) un Dottore laureato in Medicina e Chirurgia oppure 3) un Dottore laureato in Medicina e Chirurgia, Specializzato in odontoiatria. 2 e 3 devono per legge limitare la attività all’Odontoiatria, con nota registrata nell’Albo dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri, al quale sono per legge regolarmente iscritti. L’ambiente in cui è praticato l’intervento deve possedere caratteristiche igieniche e tecnologiche, atte a renderlo idoneo a questa pratica chirurgica. • La metodica è dolorosa? L’applicazione di uno o più impianti non è assolutamente dolorosa (sono sufficienti le normali anestesie locali comunemente utilizzate nella pratica odontoiatrica, per un intervento che va dai 30 minuti, per un impianto, ai 90 minuti per una arcata completa). Nella fase successiva all’intervento può verificarsi edema, ma i medicamenti prescritti dal medico sono idonei a controllare sia questo che il dolore. • Si parla di rigetto degl’impianti … La percentuale di successo degli impianti a 10 anni dall’intervento è stimata attorno al 95-98% a seconda della sede e della tecnica utilizzata. Tali dati, supportati dalla letteratura scientifica internazionale, prendono in considerazione l’utilizzo da parte dell’odontoiatra qualificato di impianti scientificamente studiati e controllati da studi longitudinali negli anni attraverso protocolli chirurgici codificati (pochi sono i tipi di impianto disponibili in commercio che rispondono ai suddetti requisiti). Il rarissimo fallimento o rigetto dell’impianto è determinato dalla mancata crescita di osso sulla sua superficie con la creazione di un gap riempito di tessuto connettivo (molle), sede di infiammazione, tra l’osso e l’impianto che diverrà conseguentemente mobile. La causa è in genere sconosciuta e potrebbe dipendere da possibili contaminazioni di superficie dell’impianto, da problematiche chirurgiche, da applicazione di protesi incongrue, da variazioni dello stato immunitario del paziente. E’comunque possibile allora facilmente rimuovere l’impianto, se a forma di vite, e di applicare un impianto sostitutivo dopo un certo periodo di tempo. • Quale età è adatta alla pratica dell’implantologia? L’implantologia può essere praticata in pazienti che abbiano portato a termine il picco di crescita corporea (seppure una crescita residua dei mascellari sia stata dimostrata presente in tutte le età); in genere non va effettuata prima dei 18 anni di vita, eventualmente aiutandosi con tests per appurare il completamento della crescita. L’età più avanzata per l’applicazione degli impianti è determinata dalla idoneità delle condizioni di ordine medico generale/ chirurgico che l’odontoiatra riterrà idonea, naturalmente previa consultazione col medico curante. • Che rischi ci sono nella applicazione di un impianto? I normali rischi della chirurgia orale, che vengono prevenuti dall’odontoiatra: attuando condizioni di sterilità adeguata all’intervento, studiando con precisione il caso, sia protesicamente che radiograficamente (con radiografia endoorale, radiografia panoramica, spesso con l’ausilio di una indagine radiologica TC), per valutare: 1) il numero di impianti necessari, 2) la quantità di osso (sia in altezza che in spessore) effettivamente disponibile nelle basi ossee, con lo scopo a) di sapere se possono ospitare un impianto, b) di evitare di danneggiare strutture anatomiche importanti. Per maggiori notizie sull’uso della indagine radiologicaTC, vedi a “Introduzione. Frequenti domande sull’Implantologia. Parte 2.” • Quali sono le strutture anatomiche che possono essere danneggiate ? ‐ Nella mandibola: il nervo alveolare inferiore (con conseguenti turbe della sensibilità del labbro inferiore), strutture vascolari, in caso di sfondamenti della compagine ossea (con conseguenti emorragie sia intraoperatorie, ben controllabili, che post operatorie, da tenere in considerazione nei tre giorni successivi all’intervento, estrinsecantesi per esempio con la sensazione di difficoltà alla deglutizione, o sollevamento della lingua). ‐ Nel mascellare superiore: seno mascellare, fosse nasali . • Cosa fare dopo l’ intervento di chirurgia implantare? Attenersi rigorosamente alle istruzioni dello stampato che viene consegnato il giorno in cui viene programmato l’appuntamento alla segreteria. Tale stampato elenca cosa fare nei giorni antecedenti l’intervento, nel giorno dell’intervento, e nei giorni successivi all’intervento stesso. Tenere sempre a portata di mano i numeri di telefono dello studio (in testa allo stampato) e telefonare per qualsiasi evenienza anche se apparentemente non importante, come per esempio sensazione di gonfiore alla lingua o apparente difficoltà a deglutire, oppure un goccio di sangue dal naso. • Dopo l’intervento ci possono essere inestetismi? Si tratta di piccoli o medi interventi chirurgici e per questo motivo, talora si possono verificare ematomi, che si riassorbono in breve tempo, o un leggero gonfiore delle zone interessate. • La protesi implantare è compatibile con l’estetica? Nelle situazioni di tipo A e B, senza distruzione ossea, la estetica è garantita agli stessi livelli della Protesi fissa su denti naturali. (vedi a Terapie: Protesi fissa). Nelle situazioni di tipo C e D, con distruzione ossea, la estetica è altrettanto garantita agli stessi livelli della Protesi removibile totale (vedi a Terapie: Protesi removibile). • Se non c’è una quantità di osso adeguata per mettere un impianto? In queste situazioni si procede con la ricostruzione delle quantità di osso utili. Nei casi più estremi (situazione D1), si può procedere con un prelievo di un blocco di osso dalla cresta iliaca del paziente (dal fianco), oppure di stecche di osso dalla teca cranica, per procedere con grosse ricostruzioni. Nei casi di ricostruzioni più limitate, (situazioni A2 e B2), si può procedere con prelievi di blocchetti di osso prelevati dall’angolo della mandibola, che vengono poi avvitati dove occorra. Altrimenti più semplicemente si può procedere con l’innesto di un cocktail di Particolato di osso, prelevato dalla bocca del paziente stesso, mescolato con vari Biomateriali sintetici come biovetri per esempio, eventualmente integrando il tutto con Concentrato piastrinico, ed eventualmente proteggendo l’innesto con una membrana collagenica . Un intervento di grande affidabilità, se correttamente eseguito, è il Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare (situazione A1, B1e D1), che consiste nell’ aumentare la quantità di osso al di sopra del pavimento del seno mascellare, onde ottenere la altezza ossea giusta per potere inserire un impianto. • Cosa è il Grande Rialzo del Pavimento del Seno mascellare (GRPSM)? Sappiamo che nella arcata mascellare superiore, per inserire un impianto lungo 10 o più millimetri (lunghezza minima), premesso che occorre uno spessore osseo di almeno 6 millimetri per accogliere un impianto spesso 4 millimetri, occorrono almeno 10 o più millimetri di osso in verticale, (situazione verde, della radiografia sottostante, in cui sono stati inseriti un impianto lungo 13 millimetri e uno lungo 10 millimetri). Se però la altezza dell’osso è inferiore, per esempio tra 6 e 9 millimetri (situazione gialla della radiografia sottostante), con particolari accorgimenti si possono comunque inserire impianti (Piccolo Rialzo del Seno Mascellare). Se la altezza dell’osso è tra 0 e 5 millimetri (situazione rossa della radiografia sottostante), non è possibile inserire impianti, in quanto la condizione principale per la buona riuscita di un impianto è una stabilità meccanica iniziale (primaria), e con una altezza così esigua un impianto di 10 o più millimetri non ne avrebbe affatto, non avendo attorno osso sufficiente a stabilizzarlo! La situazione di una mancanza di osso così grave, può derivare dalla distruzione ossea causata da malattia parodontale, da estrazioni demolitive o tardive o da traumi. In queste situazioni si può rigenerare il quantitativo di osso necessario, procedendo con l’intervento di Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare A) Osso residuo sufficiente: C) Osso residuo > 10 mm in verticale. insufficiente: < 5 mm in verticale. 1 B) Osso residuo relativamente insufficiente: 6-9 mm in verticale. Radiografia 1. Esemplificazione delle tre differenti situazioni di altezza ossea possibili ( a parte lo spessore valutabile solo con la TC). Nella Rx rilevata nel Quadrante II, cioè in alto a sinistra del paziente (vedi Denti), si vede sulla sinistra l’ultimo dente del paziente il canino 2.3. Dietro, inizialmente c’è: una zona verde, con osso sufficiente dove sono stati messi due impianti in sede: 2.4 lungo 13 millimetri e 2.5 di lunghezza 10 millimetri, poi una zona gialla, con osso relativamente sufficiente in cui si sarebbe potuto inserire impianti con tecniche particolari (Piccolo rialzo), e poi una zona rossa in cui l’osso appare spesso solo 1 millimetro, nella quale non si può inserire impianti, pena lo sfondamento nel seno mascellare. Si intravede un impianto inserito dietro al Seno mascellare, (in questo caso il paziente non ha voluto fare un GRPSM, nella zona rossa ed ha preferito effettuare un impianto dietro, nel tuber). Quando la altezza dell’osso è insufficiente (situazione rossa), si interviene con un intervento, da effettuarsi in anestesia locale in un ambulatorio odontoiatrico attrezzato, denominato Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare, volto all’aumento della altezza dell’osso mediante rigenerazione di nuovo osso al di sopra dello scarso osso nativo del paziente. Questo intervento può essere eseguito in 1 o in 2 fasi. Descrizione dell’intervento del Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 2 fasi. L’intervento si esegue in 2 fasi, vedi immagine sotto, quando l’osso è veramente bassissimo (0-4 millimetri), insufficiente per dare stabilità iniziale ad un impianto. La altezza dell’ Osso subsinusale (meno di 4 mm), non è sufficiente per la stabilità primaria necessaria per la inserzione di un impianto: Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 2 fasi. V P V P V P <4 mm 2 Schema 2. A sinistra. In questo disegno schematico sezionale tipo le sezioni della TC si vede come al di sopra della esigua altezza ossea, 2 millimetri circa, che si verifica in questo caso, c’è uno spazio vuoto pieno di aria in comunicazione con le fosse nasali, chiamato Seno mascellare rivestito da una membrana/ mucosa chiamata “di Schneider”. Volendo inserire un impianto di 13 millimetri per esempio, questi non avrebbe nessuna stabilità in quanto non avrebbe osso sufficiente in cui inserirsi, venendo a sfondare gli ipotetici 2 millimetri di osso basale. Occorre quindi un intervento di ricostruzione ossea, il Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 2 fasi. Al centro. Prima fase dell’Intervento. Facendo un piccolo sportello di osso lateralmente al mascellare, spostandolo delicatamente in alto, e spostando delicatamente la membrana per non lederla, si può creare uno spazio al di sopra dell’altezza ossea originalmente insufficiente. In questo nuovo spazio corrispondente alla quantità di osso che vogliamo ricostruire, innestando un cocktail costituito da Particolato di osso del paziente oppure un Biomateriale (biomateriali sintetici come biovetri per esempio), oppure particolato di osso bovino, oppure solfato di calcio o un altro dei tanti biomateriali disponibili, il tutto eventualmente integrato con Concentrato piastrinico, si potrà nel giro di pochi mesi rigenerare l’osso che difettava. A destra. Seconda fase dell’Intervento. Dopo pochi mesi viene inserito l’impianto di 13 millimetri in osso per 2 millimetri nativo e per 11 millimetri rigenerato e dopo altri due mesi viene applicata una corona in ceramica. Nel caso che sia presente un quantitativo di osso attorno ai 4 / 5 millimetri, in grado di dare un minimo di stabilità iniziale all’impianto, si esegue questo intervento in 1 sola fase, cioè in un unico intervento si effettua l’innesto osseo nella zona alta, dove esso è carente e si conclude l’intervento inserendo l’impianto per metà nei 4/5 millimetri di osso nativo del paziente, e per la parte alta nell’innesto, che consolidandosi, darà dopo pochi mesi l’ulteriore supporto necessario ad un impianto lungo 13 millimetri. Descrizione dell’intervento del Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 1 fase. La altezza dell’Osso subsinusale (4-5 millimetri circa), è sufficiente per la stabilità primaria necessaria per la inserzione di un impianto: Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 1 fase. V P V P V P 4/5 mm 1 Schema 3. A sinistra. In questo disegno schematico sezionale tipo le sezioni della TC si vede come al di sopra della altezza ossea, 5 millimetri circa in questo caso, c’è uno spazio vuoto pieno di aria in comunicazione con le fosse nasali, chiamato Seno mascellare rivestito da una membrana/ mucosa chiamata “di Schneider”. Volendo inserire un impianto di 13 millimetri per esempio, questi non avrebbe osso sufficiente in cui inserirsi, venendo a sfondare i 5 millimetri di osso basale. Questi sono però sufficienti per conferire stabilità iniziale all’impianto nel corso di un intervento in 1 fase. Occorre quindi un intervento di ricostruzione ossea, il Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 1 fase. Al centro. Descrizione dell’Intervento in una fase. Facendo un piccolo sportello di osso lateralmente al mascellare, spostandolo delicatamente in alto, e spostando delicatamente la membrana per non lederla, si può creare uno spazio al di sopra dell’altezza ossea originalmente relativamente insufficiente. In questo nuovo spazio corrispondente alla quantità di osso che vogliamo ricostruire, dopo avere inserito l’impianto che vi sfonderà all’interno, innesteremo il sopradescritto cocktail ché potrà nel giro di pochi mesi completare la rigenerazione della porzione di osso che difettava (diciamo 8 millimetri). A destra. Dopo 2/3 mesi viene semplicemente applicata una corona in ceramica, senza la necessità di un secondo intervento chirurgico. Se correttamente eseguito, e se la situazione anatomica, studiata con una TC è favorevole, l’intervento del GRPSM è di grande affidabilità, e consente successivamente di inserire impianti per una Protesi fissa implantare. Il folder cartaceo distribuito allo studio, elenca anche le possibili complicanze di questo intervento. Primo caso: GRPSM in 2 fasi. Foto 1, sopra a sinistra. Il paziente, avendo perduti i denti distalmente al dente 2.5 (il secondo premolare), richiede una Protesi fissa su impianti in sede 2.6 e 2.7. Foto 2, sopra a destra. La radiografia endoorale dice che non è possibile inserire impianti, perché l‘altezza dell’osso dietro all’ultimo dente è insufficiente. Si dovrà eseguire un GRPSM, previo studio con TC, in quanto la radiografia dà una idea delle dimensioni mesio distali (cioè di quanti impianti potremo mettere uno accanto all’altro) ma non ci dice precisamente come è la cavità (seno mascellare) in cui dovremo operare e di quanti millimetri è la altezza ossea che si dovrà integrare. Foto 3. Radiografia Panoramica Digitale, per avere una visione di insieme, e avere una idea delle dimensioni mesio distali (vedi Denti). Foto 4. La TC dà una immagine tipo panoramica, che elenca numericamente tutte le sezioni perpendicolari all’osso disponibili. Pertanto se l’operatore vuole mettere un impianto dietro al dente 2.5, l’ultimo dente presente, andrà a vedere la sezione 28, dove la riga blu evidenzia la corretta posizione per un altro dente, per vedere lo spessore bucco palatale, in che condizioni dovrà lavorare, e quanto osso abbia effettivamente il paziente in verticale. Foto 5.. La sezione 28 della TC, evidenzia che la altezza dell’osso nella zona dove dobbiamo inserire il primo impianto è di 2 millimetri (troppo scarsa). Nelle immagini si vede a sinistra il lato esterno, a destra il lato interno ( verso il naso), il seno mascellare (nero perché sano e contenente solo aria) e inoltre la membrana di Schneider che fodera all’interno il seno mascellare e la mucosa della bocca che fodera all’esterno lo scarso osso nativo. Foto 6, sopra a sinistra. La prima fase dell’intervento di GRPSM è stata eseguita. Nella radiografia digitale endoorale si vede il materiale innestato (in bianco), che una volta riassorbito e sostituito da osso naturale, addizionato all’osso originale darà una altezza ossea sufficiente per l’inserzione degli impianti. Foto7, sopra a destra. 10 settimane dopo la prima fase, viene eseguita la seconda fase dell’intervento di GRPSM, la inserzione cioè degli impianti, che si vedono in questa RX al momento della loro inserzione nel nuovo osso rigenerato. (GRPSM secondo protocollo Pagni- Colafranceschi). Foto 8, sopra a sinistra. Dopo due anni dalla consegna della Protesi fissa sugli impianti inseriti nel tessuto osseo rigenerato, due denti in ceramica su metallo, sostenuti dai due impianti, sono funzionanti. Foto 9, sopra a destra. Dopo due anni dalla consegna della Protesi fissa sugli impianti inseriti nel tessuto osseo rigenerato, in bianco nella radiografia di controllo, due denti in ceramica su metallo, sostenuti dai due impianti, sono funzionanti. Secondo caso: GRPSM in 2 fasi. Foto 1, sopra a sinistra. All’inizio della ricostruzione della bocca di questo paziente, in alto a sinistra si vorrebbero inserire impianti per potere poi applicare denti in metallo ceramica, fissi. Foto 2, sopra a destra. La radiografia endoorale, fa vedere che la altezza dell’osso non è sufficiente (circa 4 millimetri nella TC eseguita per lo studio del caso) per la inserzione di impianti, in quanto il seno mascellare è troppo basso, occorrerà pertanto un GRPSM in 2 fasi. Foto 3. Le sezioni 82 e 84 fanno vedere il canino, ultimo dente davanti allo spazio dove andranno inseriti gli impianti, come appare sezionato, dal lato esterno (vestibolare) a quello interno (palatale). La immagine parassiale (di taglio) della TC ( 96, 98, 100) del settore fanno vedere, che la altezza dell’osso è insufficiente per la inserzione di impianti, e da una idea di quanto osso andrà aggiunto. Foto 4, sopra a sinistra. La radiografia endoorale eseguita dopo 10 settimane, evidenzia che la prima fase del GRPSM è stata eseguita e che la altezza dell’osso è ora adeguata (13 millimetri circa). Foto 5, sopra a destra. La RX evidenzia la inserzione degli impianti, (seconda fase del GRPSM). Foto 6, sopra a sinistra. La Protesi fissa in metallo ceramica sta funzionando e ad un controllo a 12 mesi viene fotografata. Anche gli altri denti del paziente sono stati Protesizzati in metallo ceramica. Foto 7, sopra a destra. La radiografia endoorale evidenzia la Protesi cementata sui monconi Protesici avvitati sugli impianti, dopo circa 12 mesi di funzione. Terzo caso: GRPSM in 1 fase. . Foto 1, sopra a sinistra. Alla paziente nel primo quadrante mancano il secondo premolare e il primo molare. Si vedono infatti da sinistra a destra: il dente 1.8 (giudizio), 1.7 e dopo la lacuna il dente 1.4, il dente 1.3 (canino) e il dente 1.2. Foto 2, sopra a destra. 4 mesi dopo, la paziente ha sostituito i due denti mancanti con due denti in ceramica montati su due impianti lunghi 13 millimetri, inseriti in 5 millimetri di osso nativo e 8 millimetri di osso ricostruito con GRPSM in 1 fase. *25 11 02 Preop. 27 03 03 carico 25 11 02 GRPSM 4 mesi 344 Foto 3, sopra. Nella radiografia sopra a sinistra si vede la situazione ossea prima dell’intervento il 25 11 02. Si vede che il dente secondo premolare è stato estratto di recente (2 mesi prima). Nella radiografia sopra a destra, eseguita due ore dopo, si vede che sono stati inseriti due impianti e contemporaneamente è stato aumentato il livello osseo, che vediamo ora sopra all’apice degli impianti. Se così non fosse stato fatto la inserzione degli impianti a quella lunghezza avrebbe sfondato il vecchio pavimento del seno mascellare e la membrana. Il pavimento è stato comunque sfondato, ma essendo stata spostata in alto la membrana, non si è invaso lo spazio del seno mascellare. E ciò grazie alla esecuzione del Grande Rialzo del Pavimento del Seno Mascellare in 1 fase. Nella radiografia inferiore si vedono i denti in ceramica applicati sugli impianti 4 mesi dopo, e il nuovo pavimento del seno mascellare in alto.