LA MEMORIA DI SAN BARTOLOMEO quartiere di Trento http://www

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LA MEMORIA DI SAN BARTOLOMEO quartiere di Trento http://www
LA MEMORIA DI SAN BARTOLOMEO
quartiere di Trento
http://www.livememories.jurka.net
progetto di Trento ASA – associazione
di cultura fotografica
in collaborazione con gli utenti del
gruppo Facebook “San Bartolomeo,
ricordi innocenti non solo reati”
...e nar tra le Palafite sul pra'
dela roza a lezer Voltaire o
Carlo Marx ... enventar che la
rivoluzion la doveva partir da
lì, magari dagli operai de le
fabriche de via Fermi … tutti
inquilini delle Palafitte !
Comunque san Bortol la resta
bela ... bela, perchè
comunque la me fà sentir el
ricordo de casa, per bel o brut
che 'l sia, ma me casa... Ciao
san Bortol bela, nianca la
quinta glaciazion la te porteria
via.... te sei nel cor!
Quando l'Ikea non c'era...
a San Bartolomeo negli anni
60 era un pullulare di
commercio, il quartiere era
popolato!! L'ENTE CONSUMI,
IL PANE, IL DARIO de la
verdura, la BRUNA
(parrucchiera), la macelleria,
l'altro negozio panetteria, el
tabachin, el RENZO de la
verdura, il barbiere … EL
PEGORARO, le "mode"
ADRIANA, el bar Dimitri, poi
divenuto Loris...
Con i Venturini le battaglie con le
Pive da un poggiolo all'altro si
sostituirono con le "balote di
pacioca" come arma, credo che
Sergio, sia l'autore di due colpi che
si sono stampati sul muro a fianco
del nostro poggiolo. Balote de
pacioca de terra dei vasi, che non
era quella comprata, ma quella
stupenda del nostro terreno, mista
con un poco di terra da fiori per
renderla più morbida.
Quelle due palle di grosso calibro
rimasero su quel muro al quinto
piano, fino al 2007 anno di posa
dell'isolazione termica del numero
36 di Via Robine. Dai primi anni '70
al 2007! San Bortol, tiratori scelti
dappertutto !!
La cultura trentina, che ancor oggi si respira,
aveva insegnato loro a esser bravi lavoratori,
dimenticando cosa fossero sentimenti,
coccole, appoggio, solidarietà, amicizia... ed
i nostri genitori si posero come meta il lavoro,
dedicandovisi totalmente permisero di farsi
risucchiare l'anima. I soldi per mangiare
servivano e noi piccini ne abbisognavamo, per
coccole ed affetto, non c'era tempo... troppo
stanchi e sfiniti per dilungarsi in sciocchezze
che non servono a nulla... c'era la lavatrice da
stendere, c'era la partita al televisore... c'era da
finire di riassettare la casa, dato che si era stati
fuori tutto il giorno.... Ed eccoci, noi, centinaia
di piccini, liberi ed anarchici, scorrazzare
all'impazzata sulle biciclette, in ogni meandro
della nostra fantasia, in quei cortili incustoditi.
Forse ci mancavano, forse no, quelle coccole,
quell'affetto, di sicuro era l'ultimo dei nostri
problemi... bastava correre, scappare a
guardia e ladri, rubar ciliegie.... ed ora adulti,
ora cinquantenni, riportando lo sguardo su
quelle giornate, sulle risse che scoppiavano,
su furti, su sorrisi, sulle risate a crepapelle, ci
accorgiamo di quanto avevamo.... LIBERTA'
SINCERA ED AMICIZIA VERA.... insostituibile,
indimenticabile, preziosa.
l'è giugno … a san Bortol finiva le
scole … e la mattina l'arrivava
prima per noi boci abituadi a nar a
scola
i genitori i l'ha toleva pu comoda ...
noi non doveven nar pù a scola per
3 mesi … la calma per le strade...
le mamme occupade a far la spesa
a l'Ente Consumi
o dal Dario de la verdura...
i alberi pieni de maggiolini en quei
ani... le strade le era ancora de
tera... sabbion gross
e a Gozad'or gh'era le lucciole e i
cervi volanti
La mia famiglia è andata ad
abitare lì nel 1954, eravamo
sfollati e prima eravamo
all'ospedale militare di Trento
poiché la casa dei miei
genitori era stata bombardata.
Quindi siamo stati tra i primi
abitanti delle Palafitte.
Io ho abitato in viale Olmi 18 nei
palazzi costruiti nella seconda fase
dell'urbanizzazione del quartiere. Vi
sono arrivato alla loro costruzione
quando avevo sei anni e cioè nel 64
ed eravamo un po' i "ricchi" perché le
case erano più grandi e decorose. Ma
eravamo tutti famiglie numerose di
operai ed artigiani. Oggi sto a Torino
quindi non posso partecipare
direttamente ad iniziative nel quartiere.
Vi è rimasto il mio cuore. Lì ho
cominciato la mia attività politica con i
comitati di quartiere, con i mercatini
"rossi" di frutta e verdura a prezzo
politico contro il carovita che mi
portarono anche al mio primo
processo. Con la lotta alla diffusione
dell'eroina dei primi anni 70 ed i
"circoli del proletariato giovanile " del
1977.
sono nata in san bartolomeo
nel 1959, vi ho abitato fino
all'81..poi ci sono tornata
nell'85 fino al 94 … ci torno
ogni giorno ...
Dal 1970 al 1984 ho vissuto
nelle "palafitte" e quando
anche mia nonna ha lasciato
il quartiere ho fatto delle foto
sia esterne che interne di quei
mini appartamentini.
Il quartiere di San Bartolomeo
lo ricordo con emozione e
tanto affetto dove ho
trascorso la mia felice
infanzia, abitavo in via degli
Olmi dove tutt’ora ho ancora
famigliari, abito a Como e
ogni tanto vengo a Trento.
Ho abitato per sei mesi tra il
1955 e 1956 presso le piccole
casette "americane" (quei
quattro edifici tutti uguali che
si vedono su qualche vecchia
fotografia); dopo una breve
parentesi in Sicilia abbiamo
abitato in viale delle Robinie,
prima nella fila di case che
confina con Viale Verona, poi
al numero 26.
E i ricordi?? A casa della Paola
con quel "marachela" de fradel ...
che l'ho rincontrà quando l'era
papà.
Le tipe di Sopramonte che
porteven a casa del Fabrello.
I seci de acqua de la Tomaselli.
La Gallo che ziga dal poggiolo.
I ricordi de la siora Bazanella che
me carezzava come en matelot
anche a 30 anni ...
I deventerà lagrime che luccica
tutte le volte che i ritorna a farse
sentir nel cor de 'n "Spiazarol",
ricordi de san Bortol …belo!
e le sfide al balon al camp dei
preti en viale verona? la
clarina contro san bortol.
Tre quarti dela squadra de
san bortol i era dele palafitte:
el gattamelata..mitico..el
bendinelli...e che lotte ai bordi
del camp co le done de quei
dela clarina....
"SE NO TE ME RIDAI EL
BALON, TE SPACO I VEDRI
CON NA SASADA!!"
... anche così ti veniva
gentilmente chiesto di
restituire il pallone finito sul
poggiolo (anche del quarto
piano come i Voltolini) , dai
"smargeloni de boci" che
giocava in cortile , sotto il
cartello : VIETATO IL GIOCO
DELLA PALLA E DEL
PALLONE ! (una vergogna di
divieto) Questa l'è SAN
BORTOL e noi Boci eravamo
tantissimi !!! .
San Bartolomeo è nata senza
asfalto … ma che dico? San
Bartolomeo é nata senza
macchine! Sono venuti, hanno
eretto le case a scaglioni di
tempo. Dopo l’erezione delle
case le strade erano rimaste per
anni in terra battuta anche dopo
la comparsa delle automobili. San
Bortol era sempre l’ultima… la
vicina Bolghera era trattata con i
guanti bianchi, L’OPPOSTO ERA
PER SAN BORTOLAMEO. Le
strade erano di ghiaone battuto e
con l’apparizione delle prime
macchine si formava un
polverone da far-west in estate e
una palude quando pioveva.
La campagna del Conte “Zizo”
l’era rifornida delle zirese dela
qualità pù bona del mondo
”QUELE ROBADE” :) non ho pù
magnà zirese cosi bone! … e poi
che gita era senza essere rincorsi
dai contadini … scorpacciata,
corsa digestiva e giù dai terreni
dell’odierno Studentato
Universitario, con le rame dei
zirezari come trofeo, e chi era
restà nelle strade del quartiere
accoglieva i gloriosi al ritorno, che
erano sfamati, divertiti ma anche
feriti (micidiali i fili di ferro delle
vigne mentre sei in fuga) ma le
ferite si portavano come fiori
all’occhiello! il motto era “io ce
l’ho fatta” (a scampar)
cara Lidia ... abbian ricordato i momenti
anche l'ultima volta che ci siam visti, quando
tu incredula hai guardato giù dal poggiolo al
secondo piano ed hai esclamato dopo aver
sentito la mia voce (a vista non mi hai
riconosciuto) "ma sei tu!!! Lucianino mio!!!
vieni su tesoro, vieni su”. Ho passato ore
inebetito da ciò che provavo, tornato
bambino con una delle mie "mamme a
turno". Si perché ce ne erano altre per me, la
mamma del Bicio (via Tigli) lei piccolina ed
anche suo figlio piccolino, mi a dato carezze
in viso pure a 35 anni;
la Signora Parisi, ogni 2 settimane andavo
da lei a mangiare ed ero accolto come un
fratellino anche dai figli;
la signora Furlani, dove andavo a suonare
"Sul Bel Danubio Blu";
non ultima Rita Rugino ... ma lei merita una
nota a parte , una donna della classe
proletaria , che mi ha dato delle lezioni di
educazione civica , sociale ed educazione
sessuale degne di una Laureata con 110 e
lode.
... non tutti, ma tanti di noi erano fortunati, ed a
San Giuseppe non era difficile veder tornare a
casa il marmocchio di turno con il suo palloncino
colorato legato al polso... quelli che volano, quelli
che fan sognare... forse l'unico balocco per mesi
e mesi a venire... era un super trofeo... anni 70,
rione popolare, e chi poteva permetterselo? Una
volta all'anno, i poggioli delle palafitte, si
coloravano di questa gioia, e qua e la, legati alla
ringhiera esterna del balcone, il vento soffiava su
queste speranze dai mille colori e dalle mille
sfumature... quasi sempre erano poggioli di
bambine, che affacciate ognuna al proprio
balcone, sembravano dame sfilare, una accanto
all'altra in bellezza e in beltà. Ma dove ci son
dame, ci son anche Principi ed orchi, cavalieri e
spade. I nostri cavalieri eran armati di cannette....
eeee si amici miei, pive di carta a raffica, ed in
punta il temibile spillino … io abitavo al primo
piano, preda sin troppo facile da colpire ... e
loro ... GENTILISSIMI... come sempre, o ti sposti
subito, o centriamo anche te ... e PAF ... il
palloncino esplodeva ... raid terribili, fulminei,
sbucando all'improvviso in drappelli di venti, tutti
armati sino ai denti... finito le pive, con i poggioli
più alti?... c'eran le fionde.... stì disgraziadi....
La strada dove abitavo da
bambina, parallela al Rio Sale,
era equidistante da due rioni
della città: Bolghera e San
Bartolomeo, e li divideva.
Quartiere molto borghese il
primo, operaio il secondo, dove
l’unica licenza romantica era
racchiusa nei nomi di alberi
delle tre vie: Tigli, Olmi e
Robinie. Era conosciuto anche
per le palafitte e le americane –
case popolari costruite con il
piano Marshall – e definito
Bronx, con il passar degli anni,
per la concentrazione di
problemi sociali mai del tutto
risolti.
Esistevano dei giochi con cui si
aveva un appuntamento con
scadenze dettate dalla natura. In
primavera ai primi caldi e quando
la natura si risveglia era il
momento giusto per costruirsi
una ”Fionda”, gioco affascinante
nella ricerca del pezzo di ramo
con cui costruirla. Alle spalle di
San Bartolomeo c’era un bosco
che, credo, sia stato del
cosiddetto “Rossi bacan”
(contadino), che più di una volta
aveva rincorso gli intrusi nel
bosco, ma da quando aveva
smesso d’imbracciare la doppia
caricata a sale col cacchio che
beccava qualcuno.
Marcellino abitava al 36, arteriosclerosi e alcool
avevano messo un muro tra il mondo e lui ... ma
forse era solo quello che tutti credevamo. Marcellino
in San Bartolomeo ci stava bene, ribelle fino alla
morte. Reduce di guerra ... trasandato, ma avrei
voluto veder gli altri al suo posto. Marcellino aveva la
sua "dolce metà" Emma. Marcellino adorava le donne
galiziane ... "tutte tettone" diceva. E negli anni l'ho
sentito dir da altri, che in Galizia era andato per
vacanze... Marcellino non credo fosse stato in "ferie
volontarie" in Galizia ... ma almeno era tornato vivo!
A Marcellino vanno le mie scuse e spero quelle di altri
bimbi. Non tanto per le stupidate, ma per quelle volte
che gli rubavamo il cappello. Condizionati dal modo di
vedere Marcellino dei grandi trattavamo irrispettosi
quel povero vecchio. Ok era un pochino pazzo! Per
esempio quando cominciava a lamentarsi come un
bimbo per il suo cappello ... in quel momento
capivamo che era sbagliato quello che facevamo. E
c'era sempre qualcuno che riportava il cappello nelle
sue mani. Lui ti sorrideva ... aveva perso tutto ...
aveva perso se stesso e la mente, ma il suo cappello
era una cosa inseparabile per lui. Marcellino non
portava rancore, aveva altro da fare nella sua confusa
vita! Marcellino era un vero "spiazarol" sovversivo!
Passeggiava per le vie del rione gridando a
squarciagola : "PORCA ITALIA!... PORCA ITALIA" !!!
Non vorrei sbagliarmi, ma in quei momenti tante
persone erano d'accordo con il significato di quelle
urla!
Sulla discesa della campagna del
contadino Rossi slittavano tutti, si
saliva in 2, 3, anche 4 alla volta
sulla slitta, qualche temerario
affrontava la discesa in pancia
disteso, tutti si mettevano in mostra
come galletti. L'arrivo era formato
da un passaggio tra due filari di
vigne (che regnavano ovunque nei
dintorni del quartiere) sormontato
da un lungo palo. Nel nostro
immaginario era paragonabile allo
striscione dell'arrivo delle piste da
sci dove correvano i veri "campioni"
che si vedeva in televisione, Gustav
Thöni era un esempio molto
seguito.
A vederlo oggi con Google Maps
si direbbe una lingua di verde, a
ricordarlo a quei tempi, era un
bosco. Al di là della "rozza" (il rio
Val Nigra) la terra di san
Bartolameo si ergeva
rapidamente, per poi formare un
piccolo altipiano, dove poggiava
la chiesetta ... quella "vera" di
San Bartolomeo. In questa lingua
di terra la natura era
abbandonata ... a dire il vero era
vissuta dai bimbi, più o meno
giovani e di generazioni che si
susseguivano oramai da una
decina d'anni.
IL VUOTO PERCEPIRE DEGLI ANNI
'70 ... perché i nuclei familiari era
notevolmente cambiati, degenerando, ma
chi si è trovato a viver l'infanzia in quel
periodo ora porta con se ancora enormi
spettri del passato. Spettri perché vuoti,
vuoti incolmabili. Parlo ovviamente della
realtà rionale, a sud di Trento, nel mitico
San Bartolomeo. Chi ancora viveva in
quegli anni, nei periferici paesini in collina,
vivendo situazioni familiari matriarcali, con
accanto, non solo la mamma, ma anche
una generazione femminile a protezione e
ad appoggio, ha sicuramente sofferto
meno, dell'incremento industriale, e
dell'imbarbarimento familiare. Chi era
cucciolo rampollo di qualche ben agiata
famiglia, invece, nemmeno si è accorto di
tali profondi cambiamenti, che man mano
hanno allontanato la società trentina rurale
dai nuclei matriarcali, sino a condurla in
quella moderna realtà, che a breve si
sarebbe nutrita solo del loro sangue
operaio.
Alle medie iniziai a sentirmi davvero a
disagio: considerata troppi scalini giù da
quelli della Bolghera, per giocare nei loro
giardini recintati, partecipare alle loro
feste, andare in vacanza nelle loro case
in montagna. Troppi scalini su per quelli
di San Bartolomeo, con i quali mi ero
persa la vita in strada, l’amicizia e la
complicità dell’esser ugualmente
disagiati. Da adolescente il quartiere di
San Bartolomeo divenne così malfamato
da essere imbarazzante dire di risiedere
in quella zona. E doveva sempre seguire
la chiosa: via Chini è strada di confine, il
Bronx comincia da lì in poi. Con gli anni
Settanta fu soprattutto la droga a trovare
terreno fertile fra molti che erano alle
elementari con me e che, purtroppo,
furono tra le prime vittime in città.
Sicuramente entrò anche nelle belle case
col recinto dei ricchi. Ma fece meno,
molto meno rumore.