La felicità, la bellezza e il senso delle cose Vi racconto la musica

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La felicità, la bellezza e il senso delle cose Vi racconto la musica
IL DUBBIO
CULTURA
GIOVEDÌ 19 MAGGIO 2016
MUSICA 8
EMANUELE FERRARI PIANISTA E MUSICOLOGO, AUTORE DI “ASCOLTARE IL SILENZIO”
La felicità, la bellezza
e il senso delle cose
Vi racconto la musica
è soddisfacente
per il pubblico (il
che lascio di nuovo ad
ognuno valutare), lo è anche per
via di una vocazione didattica che
sieme vici- negli anni si è via via più appronissima e intocca- fondita. Insomma: per me il senso
bile. E allora ogni strategia, ogni ap- profondo di questo “racconto” è
VINCENZO VITALE
invece propone agli ascoltatori di Natoli, in cui fa notare che finché proccio, ogni facoltà del corpo e che in esso, parlando della musica
ripercorrere il sentiero tracciato dal siamo felici non ci mettiamo a ri- dello spirito può essere d’aiuto per che suono, metto in vibrazione
rigo musicale, partendo dal senso flettere sulla felicità; lo facciamo in- viverla di più e meglio, per abitarla, tutto me stesso (lo chiamano enmanuele Ferrari è un bravis- complessivo del discorso. Discen- vece nel momento in cui la perdia- per farla nostra. Il modo in cui io tusiasmo, ma come si vede è un
simo pianista. E tuttavia dendo dal senso del singolo brano mo, e dunque non la possediamo racconto la musica mette in gioco processo articolato e complesso).
non è soltanto un pianista. musicale fino alle singole note, più. Con la musica siamo perenne- quasi tutte le mie facoltà e i miei ta- Per chi ascolta, credo invece che
È anche, e forse prima di tutto, un prende gli ascoltatori per mano e li mente in questo stato: ne godiamo, lenti, pochi o tanti che siano. Il pub- il senso profondo di questo racaccompagna sul percorso inverso: la desideriamo, a tratti ci riempie… blico che mi vede suonare al piano- conto sia nell’avere una possibiliraffinato musicologo.
Ma dicendo questo non si è detto dalle note al senso del discorso mu- ma nessuno può vantarsi di posse- forte brani che spesso sono tecnica- tà, un’ occasione per penetrare in
ancora nulla, dal momento che non sicale. L’esito è di sconcertante ori- derla. Ne seguono due cose: la ben mente e musicalmente complessi, un mondo ricco e difficile, ma sentuttio sono d’accordo sulla defini- ginalità e compiutezza, svelando nota umiltà dei grandi musicisti e sente che dietro ci sono il lavoro, za sforzo, con una piacevolezza di
zione del concetto di musicologo o anche al profano un meraviglioso il bisogno di raccontarla, nel senso l’amore e la disciplina di una vita. fondo. E’ un po’ come se l’intero
universo dotato di un senso sovrab- di cercare di capirla, di compren- Nel fluire delle mie parole, che può spettacolo fosse un’ interpretaziodi musicologia.
Avvertiti come siamo che omnis de- bondante, che è quello stesso della derne le ragioni, e di comunicare benissimo non condividere, coglie ne estesa del pezzo, prolungata
con altri mezzi
finitio periculosa est – non solo in bellezza, qui mediata dalla musica. agli altri quel che man mano troviaoltre al pianodiritto civile, secondo il noto bro- Ferrari è un convinto teorico del si- mo con la nostra ricerca. C’è anche
forte, ma semcardo di Giavoleno Prisco, ma in lenzio (Ascoltare il silenzio è un un’altra ragione per farlo: la musica
pre nel segno di
ogni ambito dell’esperienza umana prezioso saggio di rara intelligenza – almeno quella d’arte – è un proun’esperienza
del sapere e perfino del fare - sap- in nome del quale ha perfino fon- dotto intellettualmente ed espressiestetica offerta
piamo bene che invece di incapo- dato una Accademia), presupposto vamente sofisticato. Ciò significa
allo spettatore.
nirsi sull’esatto significato di una fondamentale di ogni discorso mu- che offre sia al ricercatore, sia al
Il volto arcigno,
definizione e dei suoi limiti, è mol- sicale: il suo “trascendentale”, di- pubblico che lo ascolta, l’occasione
esclusivo e scoto più utile affidarsi all’etimologia. rebbe Kant. E non poteva che muo- di sviluppare un quadro complesraggiante del
Il musicologo è dunque colui che si vere dal silenzio per portarci in so, rigoroso e sofisticato che sia alsapere non mi
orienta al logos della musica, cer- quel luogo segreto e misterioso di l’altezza del pensiero che la musica
appartiene.
cando di renderne pubblicamente cui scrive Vladimir Jankélévitch a incorpora; e poi, offre l’occasione
Come sono le
ragione. È il filosofo che pone al proposito di Debussy e dal quale di sviluppare una sensibilità affetreazioni degli
tiva, estetica e linguistica tanto rafcentro della propria speculazione nasce il pensiero musicale.
addetti ai lavofinata quanto è richiesto dalla rete
l’universo musicale in tutte le sue
ri a questa formula innovativa e per certi
«CI INFONDE UNA STRAORDINARIA PIENEZZA CHE RIEMPIE E SODDISFA,
versi non convenzionale?
MA CI FA ANCHE SENTIRE INADEGUATI PERCHÉ È IMPOSSIBILE POSSEDERLA.
Direi buone. E’
freDI FRONTE ALLA PERFEZIONE DELLE NOTE SIAMO SEMPRE MANCANTI DI QUALCOSA» abbastanza
quente
che
colleghi musidi sottili rapporti e giochi di equili- un’attitudine alla comunicazione cisti o studiosi abbiano la generovarianti e che per questo va incon- Perché raccontare la musica?
tro ad osservazioni critiche, ad ac- Perché la musica ha a che fare con brio che tengono insieme un pez- coltivata da sempre in tanti modi; sità di venirsi a complimentare.
nei riferimenti interdisciplinari, co- Quello che in genere viene aptre dimensioni fondamentali della zo.
cuse, a fraintendimenti.
Ferrari, da buon filosofo della mu- la nostra vita: la felicità, la bellezza In breve: raccontare la musica co- munque li giudichi, percepisce prezzato è il senso complessivo di
sica, sensibile cioè al logos che ne e il senso delle cose. Ne deriva una stringe chi parla e chi ascolta a un l’eco di una curiosità per altre espe- questo modo di suonare e racconrienze e prodotti culturali. Nel gio- tare la musica. E’ interessante, poi,
costituisce il fondamento riesce in straordinaria pienezza che da un la- continuo sforzo di miglioramento.
modo magistrale a manifestarlo agli to ci riempie e ci soddisfa, ma dal- Queste sono le ragioni plausibili co del corpo, dei gesti e della voce che gli addetti ai lavori sottolineiascoltatori. Non “spiega” il discorso l’altro ci fa sentire quasi inadeguati: per raccontare la musica. Ma qual sul palcoscenico ritrova un’attitu- no aspetti diversi, a seconda della
musicale anche perché non c’è nul- come se di fronte all’umana perfe- è il senso profondo di questa ope- dine teatrale che viene dalla voglia loro prospettiva. Ricordo per
di comunicare a tutto campo, senza esempio un pianista che si era stula da spiegare in quanto, come ha zione della musica fossimo sempre razione?
notato Vittorio Mathieu, la musica mancanti di qualcosa. Leggevo in La musica ha un modo paradossale distinzioni tra corpo e spirito. Infi- pito di ritrovare, nel mio modo di
significa soltanto se stessa. Ferrari questi giorni un libro di Salvatore di stare nel mondo, e fra noi: è in- ne, nella misura in cui tutto questo suonare, tecniche e gesti specifici
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della
scuola
pianistica
a cui si era
formato – quella
di Fausto Zadra –
per poi scoprire che in
effetti ho avuto alcuni significativi contatti con quella scuola. Vale naturalmente
anche il contrario: accade che i
colleghi pianisti apprezzino il fatto
che l’impianto culturale che propongo va oltre le sette note – su
questo la mia formazione filosofica
mi è di aiuto – o, viceversa, che i
musicologi notino lo standard non
dilettantesco delle mie esecuzioni.
Su questo punto la cosa più simpatica è stata detta da un collega di
Bologna, un fior di musicologo con
riconoscimenti internazionali ben
maggiori dei miei. Presentandosi,
prima di un mio spettacolo, a una
signora che sedeva di fianco a me,
le disse con un amabile sorriso: “Io
vorrei fare quello che fa lui, ma lo
faccio meno bene! ”. E’ falso naturalmente, ma è un modo gentile di
sottolineare il fatto che, oltre a parlare, suono. La critica musicale infine, tende a sottolineare l’impatto
che questi spettacoli hanno sulla
comprensione della musica da parte del pubblico, rimarcando la differenza tra ciò che lo spettatore coglie nell’esecuzione di un brano
all’inizio dello spettacolo e quel che
vi ritrova quando lo rieseguo dopo
un’ora di serrata esplorazione, nota
dopo nota.
Quali progetti per il futuro?
Per quel che riguarda gli spettacoli
di cui abbiamo parlato fin qui, il 23
maggio al Teatro Litta di Milano si
chiuderà un ciclo triennale, chiamato “Sulle Note”, dal nome dell’associazione che l’ha organizzato,
con una serata su una Chanson di
Satie da lui stesso trascritta per pianoforte solo. Gli spettacoli di Sulle
Note, però, sono stati registrati dal
canale satellitare Classica HD (Sky
138), che continuerà a trasmetterli
ogni terzo giovedì del mese alle
22:00, con sei repliche mensili, fino
all’estate 2017. E’ un investimento
culturale notevole da parte di questo canale, ben noto agli appassionati di musica, che sta dando ancora più senso alla fatica quotidiana
del mio lavoro. A livello universitario, invece, a fine maggio finirò il
corso di Musica e didattica della
musica che ogni anno tengo all’Università di Milano Bicocca, dove sono ricercatore. E’ un’esperienza fondamentale che ogni anno rinnova il mio stupore per la quantità
e la qualità delle risorse presenti
nelle studentesse (insegno a Scienze della Formazione Primaria), dalla quale posso dire di uscire ogni
volta arricchito in modo diverso e
imprevedibile. Sul versante musicologico, in novembre sarò a Latina
per un convegno su Ottorino Respi-
ghi: sono stato invitato ad approfondire il repertorio pianistico di questo autore, un repertorio decisamente poco
noto e pressoché assente dalle
sale da concerto. Infine: con l’Accademia del silenzio, di cui faccio
parte, sarò a fine agosto a Campello sul Clitunno, in Umbria, per dare il mio contributo alla Scuola
Estiva dell’accademia, dedicata
quest’anno a Volti e Luoghi del silenzio. Qualche parola sul silenzio
e la musica non può mancare!
Hai anticipato l’ultima domanda:
cosa c’è fra te, che di mestiere
suoni e parli, e il silenzio?
Qualche anno fa ho avuto la fortuna di essere coinvolto dal filosofo dell’educazione Duccio Demetrio e dalla giornalista e studiosa Nicoletta Polla-Mattiot nel processo di fondazione dell’Accademia del silenzio. E’ un’iniziativa
straordinaria: un cenacolo di intellettuali, artisti, studiosi, e professionisti, uniti senz’alcun vincolo se non la comune adesione a un
ideale manifesto programmatico
che mette il silenzio al centro del
nostro progetto culturale. Risultato: una collana di libri tascabili
che indaga il silenzio dalle prospettive più varie e diverse (da
quella del sociologo a quella dell’architetto, dal filosofo al musicista); una scuola invernale del silenzio che si tiene a Milano e quella estiva, di cui parlavo sopra. Per
me è stata l’occasione per riflettere
su quello che avevo sempre avvertito in modo intuitivo: che la musica è imbevuta di silenzio e che
il gioco fra i suoni e i silenzi è fondamentale. Naturalmente l’interessante sta nel chiedersi come,
dove e perché ciò avvenga (ma
questo vale per ogni argomento,
dal momento che ho orrore del generico). E’ ciò che ho cominciato
a fare nel libro Ascoltare il silenzio. Viaggio nel silenzio in musica, pubblicato da Mimesis qualche anno fa. Un viaggio che continua, fra silenzi e musiche da
interrogare sempre di nuovo.
Fenomeni
di Antonio Garbisa
Scomporre la partitura alla tastiera. Appellarsi alle possibilità della
“moviola”. Sedurre con confronti tra le arti. Sono le strategie dei nuovi
divulgatori della grande musica. Che mandano in soffitta la vecchia
conferenza. Conquistando un pubblico da tutto esaurito
C
’è chi vede in loro i nuovi “pionieri della musica”.
In effetti, al loro seguito hanno schiere di fan e
gruppi di ascolto perché sono capaci di rendere
comprensibile ciò che a prima vista non lo è. Sono
i “narratori” della musica, ovvero coloro che raccontano la
musica, ciascuno con competenza, stile, aplomb diversi addentrandosi nella spiegazione di composizioni di musica
classica o di opere liriche, ora in versione integrale, ora a
piccoli frammenti, possibilmente spartito alla mano. Anzi,
sulla tastiera di un pianoforte.
Il caso più eclatante è quello di Emanuele Ferrari, pianista,
musicologo e docente all’Università Bicocca di Milano che
al Teatro Litta, nel cuore del capoluogo lombardo, organizza
da oltre due anni, con un team che comprende anche altri
due fondatori dell’iniziativa come Antonio Belloni ed Elena
Zuccotto, un’intera stagione di lezioni-concerto dell’Associazione Sulle Note, da ottobre a maggio, trasmesse anche
su Classica Hd, che fanno regolarmente sold out ad ogni appuntamento. “In questi interventi di un’ora e mezza ciascuno”, spiega Ferrari, “eseguo inizialmente il brano musicale
nella sua interezza, scegliendo pagine che non superino i
quattro-dieci minuti. Poi li ripercorro e li commento a voce,
scomponendoli frase per frase con esempi al pianoforte. In
questo modo cerco di far scoprire all’ascoltatore come e
perché il brano sia stato scritto, in che forma abbia preso
vita e quali scelte siano state fatte dal compositore con collegamenti anche al contesto storico e culturale in cui è stato
P L U S
V I D E O
Emanuele
Ferrari spiega
le Variazioni
sul tema “Ah,
vous dirai-je
Maman” di
Mozart
Da sinistra:
Francesco
Maria
Colombo,
Emanuele
Ferrari,
Quirino
Principe
pensato e creato”.
È questo un modo utile anche a scoprire o riscoprire tesori musicali nascosti.
D’altronde in Ferrari confluiscono più
competenze essendo laureato in Filosofia, diplomato in pianoforte e in composizione. “Credo che il successo di questa formula”, continua Ferrari, “si debba
essenzialmente al fatto che io suono a
memoria davanti al pubblico con tutta
la magia che l’esibizione live comporta,
alla credibilità che il pubblico avverte
nei miei confronti comprendendo che
parlo di cose molto radicate nella mia
persona e alla mia vena teatrale”. In
effetti, Ferrari sul palcoscenico fa capire come la musica sia anche un’arte
corporea che lui stesso traduce anche
in gesti, respiri, modulazione della voce
e spostamenti repentini sulla scena. “Il
pubblico va coinvolto anche così”, dice
Ferrari, “e mostra molta voglia di partecipare. Per questo io mi rivolgo spesso
alle persone in sala e le invito ad interagire e a commentare ad alta voce”.
Perché la fortuna di questa come di altre formule di divulgazione è creare un
Classica SHOW
fenomeno interessante che non sempre esiste nei concerti,
ovvero l’“ascolto condiviso”. La pensa così anche il compositore, pianista e musicologo Giovanni Bietti che è anche il
curatore delle seguitissime Lezioni di Musica in onda settimanalmente, ormai da quattro anni, su Rai Radio3, con puntate oggi disponibili in Podcast, e del ciclo omonimo dal vivo
che attira migliaia di persone negli spazi dell’Auditorium
Parco della Musica di Roma. Anche lui, come Ferrari, si pone
alla ribalta, il più delle volte, soltanto con il pianoforte che usa
come fosse una vera e propria moviola dove far sentire e scoprire le parti costitutive della composizione. “Nessun compositore ha semplicemente voluto comunicare o trasmettere
una bella melodia”, afferma Bietti, “per questo tengo molto
all’idea della divulgazione come aiuto alla comprensione del
brano, facendo capire in che modo quel determinato pezzo
sia un tentativo di conoscere e di far conoscere il mondo a
chi ascolta, condividendo con lui una scoperta. Ecco perché
amo cercare una forte comunicazione con il pubblico costruita su più livelli, che dia stimoli e idee sia al neofita sia al
cultore esperto”.
Secondo invece un veterano della tv come Corrado Augias
non si può raccontare tutto a un pubblico profano: “Quello
che è stato un mio maestro in questo senso, Roman Vlad,
tra i primi a farsi divulgatore musicale”, spiega, “aveva però
un difetto. Era talmente musicista che a un certo punto non
si rendeva conto di perdere il contatto con il pubblico perché si addentrava in spiegazioni tecniche, come ad esempio
sulle tonalità o sulle modalità, che il pubblico profano non
seguiva. E invece io, che sono a metà tra coloro che sanno
e che non sanno, posso capire più di lui fino a che punto mi
posso spingere in queste conferenze-concerto. Lavoro spesso in coppia con il Maestro Giuseppe Modugno al pianoforte
e insieme abbiamo allestito a teatro La vera storia di Traviata
e I segreti della musica dedicati ai grandi compositori, oltre all’omonima collana di 16 dvd. Ci siamo accorti quanto
grande sia oggi il desiderio di sapere e quanto l’‘imparare
insieme dilettandosi’, legato all’antica pedagogia gesuitica
Dove
vanno
in scena
Come la
musica non
va in vacanza
d’estate,
anche loro ne
condividono
la stessa
sorte. Così
per Emanuele
Ferrari che, il
27 giugno, è
a Torino per
una lezioneconcerto sui
Tre Preludi
di Gershwin
nell’ambito del
primo Festival
della Psicologia
e, il 29 agosto
a San Leo, in
provincia di
Rimini, con uno
spettacolo su
Schubert per
l’Accademia
del Silenzio.
Bietti invece
si dà all’opera
con incontri
su Carmen, il
15 giugno, al
Regio di Torino
e alle Terme
di Caracalla
su Madama
Butterfly, il 6
luglio, Turandot,
il 15 luglio, e,
il 25 luglio, su
La bohème.
Francesco
Maria Colombo
invece, dal
13 giugno al
24 ottobre, è
protagonista
sul podio della
Verdi a Milano
di 14 concertilezione per Expo
intitolati Around
The World.
del Seicento, sia attualmente una delle
formule vincenti per raccontare la musica. Un modo che ha fatto nascere in
me, come negli altri miei colleghi che
operano in questo settore, una nuova
forma di concerto, meno ingessata e
più interattiva con il pubblico in grado
d’invogliare anche i più giovani alla
classica e all’opera”.
Non ama invece il termine “divulgatore
della musica” Francesco Maria Colombo, apprezzatissimo direttore d’orchestra, critico musicale e fotografo che ha
già alle spalle oltre cinquanta puntate
della sua trasmissione Papillons, tuttora
in onda su Classica Hd, e con esperienze di questo tipo in Italia e negli Stati
Uniti con lezioni-concerto sul podio
delle orchestre. “La musica è complessa”, afferma, “e ci vuole qualcuno che
la possa spiegare, ma non per poterla
ridurre a qualcosa di più semplice. Sono
contrario al termine ‘divulgazione’ e
non ho mai pensato di tradurlo in musica. Ho cercato semmai di portare il
pubblico che ho intercettato a capire la
complessità della musica, non una finta
semplicità che può parlare a tutti. Piuttosto ho sempre cercato di perseguire
una rete di connessioni tra le arti. In
Papillons, ad esempio, cerco di capire
come dall’innesto della musica sulla
fotografia, sulla letteratura, sulla poesia,
sull’architettura e sui film possa nascere qualcosa d’altro che provoca sempre
continue e interessanti metamorfosi
tutte da scoprire”.
Sfiduciato sembra essere invece Quirino Principe, illustre critico musicale e
musicologo, richiestissimo alla radio, in
aule universitarie e in molti altri luoghi
di cultura dove impartisce, con la sua
dotta e vivace eloquenza, le sue lezioni sulla musica. “La cultura italiana ha
logorato la conoscenza della musica”,
dice facendo capire che il pubblico di
questi incontri è cambiato ora in peggio, “e, alla fine, ha tolto anche la motivazione creando un atteggiamento
diffuso ed ideologico di svalutazione
della musica considerata come intrattenimento e non più come cultura. Trovo
sempre più spesso uditori sordi a capire
quello che uno va impartendo di musica. È una china inesorabile che si sta
purtroppo perpetuando da molti anni.
D’altronde, la musica non è per tutti,
ma è per le persone intelligenti, di rango superiore. Non è per le pecore, ma
per le persone libere. Perché la musica,
come il teatro, è ribellione”. La stessa
forse che anima oggi chi cerca di elevarsi musicalmente alla corte di questi
agguerriti showman che, alla fine, si occupano dell’educazione musicale delle
generazioni future ed attuali con buona
pace delle istituzioni che dovrebbero
p
essere preposte a farlo.
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