La più bella avventura

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La più bella avventura
Invito alla lettura di
La più bella avventura
di don Primo Mazzolari
La storia della mia città, Cremona, si caratterizza per la presenza alcune
figure che, in un passato più o meno remoto, hanno dato un grande
contributo alla nostra nazione: nella cultura, nella musica, nella politica, nello
sport. Così è anche - o forse soprattutto - nell’esperienza di fede: e tra gli
autentici testimoni “cremonesi” del Vangelo don Primo Mazzolari è
certamente uno dei più significativi, e da diversi punti di vista.
In primo luogo per la sua vita (Boschetto - Cr, 13 gennaio 1890, Bozzolo Mn, 12 aprile 1959), che si colloca in una fase della storia italiana
caratterizzata da avvenimenti particolarmente difficili e traumatici (prima
guerra mondiale, dopoguerra e avvento del fascismo, seconda guerra mondiale, resistenza, primi passi
della repubblica), che lo vedono protagonista come sacerdote e come uomo, animato da una profonda
passione civile per la pace e la giustizia. In secondo luogo per l’intensità della sua vita spirituale e della
cura pastorale della parrocchia di Bozzolo. In terzo luogo per la sua obbedienza e fedeltà alla Chiesa
nonostante alcuni momenti di tensione e di incomprensione, come testimoniò Paolo VI qualche anno
dopo la morte di don Mazzolari: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così
ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”.
L’opera che vi presento è una delle più belle e più intense di don Mazzolari, La più bella avventura,
pubblicata dall’editore bresciano Vittorio Gatti nel 1934. Essa presenta un’affascinante lettura della
parabola del figliol prodigo - o meglio del padre misericordioso -, che fu all’origine della decisione del
Sant’Uffizio, nel 1935, di ritirare il volume dal commercio e di non rieditarlo. A Roma si guardò con una
certa diffidenza questo scritto che precorreva i tempi; che, commentando la parabola del figliol prodigo
e di suo padre, non invitava soltanto all’amore incondizionato verso il prossimo, ma richiamava con
forza la Chiesa ad aprirsi ai “lontani”, a tutti coloro che venivano troppo sbrigativamente considerati
estranei rispetto alla comunità cristiana; che inaugurava lo stile del dialogo e dell’abbraccio, stile del
Padre, e cominciava a delineare quella rivoluzione dialogica per amore che avrebbe caratterizzato, poi,
l’impegno e il pensiero di don Mazzolari. Nel fermo convincimento che “niente è fuori della paternità di
Dio”, don Primo immaginava una Chiesa aperta all’umanità e impegnata a preoccuparsi della
conversione propria, prima ancora che di quella del mondo, venendo di fatto a centrare il nodo del
rapporto tra cattolicesimo e modernità.
Nelle pagine vibranti di questa avventura troviamo, prima che un figlio prodigo, un padre prodigo di
amore e di pazienza divina; troviamo la casa del padre - la Chiesa - elogiata con dedizione e tenerezza;
troviamo la scontrosa, egoista e cocciuta figura del maggiore, nella quale molti, forse troppi, si
ritrovarono fotografati; troviamo il figlio minore, il prodigo, per il quale don Mazzolari manifesta un
profondo affetto, perché la sua storia è “la nostra storia, quella di ogni allontanamento, di ogni esilio, di
ogni ritorno”. Ed è questa per don Mazzolari l’avventura più bella, perché la più tessuta di libertà e di
dolore.
Molto ancora ci sarebbe da dire, ma risulta davvero impossibile racchiudere la ricchezza de La più
bella avventura nello spazio di una recensione. Ora tocca a voi: non mi resta, quindi, che augurarvi …
buona lettura!
Damiano Solsi
Don Primo Mazzolari, La più bella avventura, EDB, Bologna.