Gli UFE alla conquista degli States

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Gli UFE alla conquista degli States
Renzo De Stefani e Stefania Arici (a cura di)
Gli UFE
alla conquista
degli States
La salute mentale di Trento
è cittadina del mondo
Uno sguardo su...
COLLANA A CURA DI FABIO FOLGHERAITER
Renzo De Stefani
Primario del Servizio di Salute Mentale di Trento, dove
promuove il movimento del fareassieme, la filosofia che
vede operatori sanitari, utenti del servizio e familiari
lavorare fianco a fianco per vincere la malattia.
Stefania Arici
Tecnico della riabilitazione psichiatrica presso il
Servizio di Salute Mentale di Trento, lavora all’interno
dell’Area del fareassieme nell’ottica di favorire un
maggior coinvolgimento di utenti, familiari, cittadini e
operatori nelle pratiche del Servizio.
Per informazioni
Servizio di Salute Mentale di Trento
Direzione
tel. 0461 902870
Area del fareassieme
www.fareassieme.it
[email protected]
tel. 0461 902881/82/86
INDICE
Il coinvolgimento attivo di utenti e familiari nel Servizio di Salute
Mentale di Trento. L’approccio del fareassieme e gli UFE
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Gli UFE, Utenti e Familiari Esperti: passato, presente e futuro 21
Il progetto UFE&CTC
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Interviste ai partecipanti
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Il Coast to Coast on the road
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Quei matti trentini on the road
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Il Coast to Coast
on the road
Stefania Arici
Questo capitolo contiene il nostro diario dell’avventura del Coast
to Coast più «pazzo» della storia. Con la leggerezza e la semplicità
che caratterizza il fareassieme, abbiamo cercato di condividere alcuni
momenti del nostro viaggio. Le pagine di questo diario sono state
scritte in tanti luoghi diversi: mentre ci spostavamo da una tappa
all’altra lungo la nostra traversata, in «lussuose» stanze d’albergo
in attesa di andare a dormire o nelle notti insonni di qualcuno di noi,
nei momenti di pausa tra gli interventi, in aeroporto, in macchina, in
piedi e seduti. È frutto di tanti momenti vissuti e soprattutto sentiti.
Tante immagini non si possono tradurre con le parole, così come le
emozioni a volte sono difficili da condividere. I racconti qui riportati
sono tratti da articoli pubblicati da alcune testate locali, in particolare
dal quotidiano Trentino che ci ha seguito in quest’avventura e ha
permesso un costante aggiornamento in terra trentina in merito ai
nostri incontri e ai nostri viaggi.
Speriamo con questi racconti di riuscire a farvi viaggiare un pochino con noi e, chissà, strapparvi anche un sorriso e qualche pensiero.
26 agosto 2011
Nel momento in cui leggerete saremo arrivati a Boston (o almeno
così speriamo). È infatti iniziata l’avventura del Coast to Coast più
«pazzo» della storia: utenti e familiari esperti (UFE) del Servizio di
Salute Mentale di Trento partiti alla volta degli States per «insegnare»
nelle cattedre delle più prestigiose Università americane. Insegnare
poi… si fa per dire! Qui abbiamo potuto notare il profondo interesse
che l’esempio di protagonismo di utenti e familiari nei nostri Servizi
Sanitari ha destato in numerosi esperti americani. Gli UFE, nati dalla
Il Coast to Coast on the road
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filosofia del fareassieme che riconosce l’importanza di coinvolgere
utenti e familiari all’interno dei Servizi Sanitari, sono ormai una
realtà consolidata nel Servizio di Trento presso cui svolgono attività di ascolto, vicinanza, sostegno e presenza quotidiana a fianco
degli operatori. Un’unione di saperi, la nostra, che permette quotidianamente di fornire un servizio sempre più completo e aderente
alle necessità di chi usufruisce delle sue prestazioni e, soprattutto,
di essere portatori di un messaggio di speranza e di possibilità di
cambiamento anche nella salute mentale.
Venendo al viaggio, il nostro gruppo di 15 UFE-maniaci attraverserà il territorio americano partendo da Boston, con tappe a
Bedford (Massachusetts), Lebanon (New Hampshire), Montpelier
(Vermont), New Haven (Connecticut), Philadelphia (Pennsylvania),
Pittsburgh (Pennsylvania), Denver (Colorado) e terminando a Los
Angeles (California). Il gruppo si compone di diverse persone legate
al Servizio di Salute Mentale di Trento: Mirella Gretter, Maurizio
Capitanio e Piergianni Burreddu rappresenteranno gli UFE e saranno «accompagnati» dal loro coordinatore Roberto Cuni, Guido
Sontacchi e Mario Stolf, cittadini attivi, esempio di integrazione tra
la cittadinanza e il Servizio, Laura Ciurletti, studentessa dell’istituto
Rosmini di Trento, e Stefania Bazzanella, studentessa del Corso di
laurea in Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica, in rappresentanza
del legame instauratosi in questi anni tra il Servizio e il mondo della
formazione, Emanuele Torri, qualitologo dei Servizi Sanitari trentini,
e per il Servizio di Salute Mentale di Trento Luana Di Gregorio,
Kathleen Bertotti e Stefania Arici «accompagnate» dal responsabile Renzo De Stefani. Ogni intervento, ogni gaffe e ogni momento
saliente verranno filmati dall’occhio vigile di Dennis Pisetta e Sara
Maino, film makers di Format della Provincia Autonoma di Trento.
A bordo di quattro macchine, strabordanti di bagagli, il nostro
gruppo affronterà quasi 5.500 km attraversando grandi pianure,
deserti e città sconfinate, per offrire e diffondere l’esperienza del
fareassieme e degli UFE, stabilire dei collegamenti e confrontarci
con esempi di collaborazione che sono presenti presso le loro realtà.
Certo, qualche tappa extra è già stata organizzata, prima tra tutte una
piccola pausa a New York, appuntamento irrinunciabile se ci si reca
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Gli UFE alla conquista degli States
negli Stati Uniti, ma la speranza è quella di ricevere nuovi inviti da
altri Servizi così da arricchire il nostro viaggio.
Vi terremo costantemente aggiornati sulla nostra avventura, ma
per iniziare augurateci buona fortuna.
29 agosto 2011
Se ci avessero detto, qualche settimana fa, cosa ci aspettava
nella nostra avventura americana, avremmo buttato le fatiche di
sei mesi di organizzazione alle ortiche e saremmo andati tutti...
al mare. Invece eccoci qui, con cinque di noi, stanchi ma felici,
dopo la nostra seconda «conferenza» americana e dieci in volo
verso Montreal per sfuggire all’uragano Irene, tanto temuto e mai
arrivato, almeno a Boston. Ma andiamo con ordine. I «cinque fortunati» che, pur di arrivare lunedì a tener fede al primo impegno
a Boston, erano stati fortunosamente dirottati da Luciana Bolgia1
a Montreal, si sono sobbarcati una notte tutta da dimenticare: 600
chilometri con l’autostrada chiusa, dispersi in paesini canadesi del
tutto deserti, una frontiera da film western, autogrill chiusi, qualche
alce desiderosa di morire investita e l’attesa di sfidare Irene in quel
di Boston. Peccato (!) che Irene a Boston non si sia proprio vista!
Arriviamo al motel, dove nel frattempo ci avevano dati per dispersi
e perciò senza più stanze, alle 8 in punto di una giornata di sole
splendido senza un filo di vento e senza un goccio di pioggia. E
con l’impressione che qualche eccesso di zelo con Irene qualcuno
ce l’abbia messo. Ma i cinque della mission impossible portata
a casa sono pronti a iniziare. Ore 9.00, Boston University, con
alcuni nomi del gotha della psichiatria americana. Peccato che il
carinissimo organizzatore dell’evento, non capendo quale fosse la
tempra trentina aveva deciso di annullare la conference per… farci
riposare! Sfiorato l’incidente diplomatico, la conferenza è spostata
al pomeriggio e dopo lavaggi e doppie colazioni siamo pronti. Let’s
go on. Lo spettacolo va a cominciare. Kathleen, la nostra speaker
ufficiale, inglese perfetto e ottimo appeal introduce e rende subito
1
Luciana Bolgia, dell’Agenzia Viaggi Bolgia, è già stata partner di alcune iniziative internazionali del fareassieme e del movimento Le parole ritrovate.
Il Coast to Coast on the road
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il clima giusto alla causa. De Stefani, capobranco ormai sull’orlo
di una crisi di nervi, in un inglese «puro neanderthal» trasferisce la
storia della 180 e il fareassieme trentino con i suoi UFE a un gruppo
ristretto, ma sicuramente motivato, di ricercatori e di utenti americani «cugini» degli UFE. Maurizio e Mirella vanno, come sempre,
diretti al cuore e fanno intravedere un mondo tanto semplice quanto
radicale ed efficace. E il vecchio e saggio Cuni porta quel buon
senso tanto ovvio quanto a volte raro che può condire di ragionato
ottimismo i percorsi di cura. E mentre a Boston il pomeriggio volge
al termine, i dieci rimasti in Italia certo non dormono! I pacchi di
materiale che le Poste Italiane dovevano consegnare tassativamente
entro il 20 agosto sono arrivati solo in minima parte e per metà da
buttare. E allora si corre ai ripari preparando valigioni alternativi da
imbarcare per Montreal all’alba di martedì. E mentre si prenotano
le macchine per trasferire i dieci da Montreal a Boston si scopre
— ci mancava! — che la patente di uno dei viaggiatori, titolare
di uno dei contratti di noleggio di una delle macchine destinate
ad arrivare (forse) a Los Angeles è scaduta! Scopriremo il giorno
dopo che in qualche modo si può mettere rimedio ma il fegato è
al lumicino. E mentre all’alba delle 4 di martedì i dieci partono
per Milano per traghettare in Canada, a Bedford, 40 km a nord di
Boston va in onda la 2ª conference. Location una sede prestigiosa,
quella della Veteran Administration, VA, una potenza in America,
con il più grosso circuito di previdenza e sanità privata che riguarda
32 milioni di Americani, militari e veterani delle 100 guerre degli
ultimi 60 anni. La VA ha sviluppato negli anni forse la più grossa
rete di «supporto tra pari» (peer support) del mondo. I cugini degli
UFE, impegnati a valorizzare, come noi, il sapere esperienziale di
chi ha vissuto nel disagio, hanno organizzato un evento nazionale,
presente il loro megadirettore generale, per raccontarci le loro
esperienze e ascoltare le nostre. Dalle 9 alle 17, una giornata di
grande suggestione. Gli UFE americani guardano ai loro colleghi
italiani con manifesta invidia. Da noi gli UFE sono dentro i Servizi
e l’Azienda sanitaria li riconosce appieno. Da loro, in una sanità
frammentata e nel guado di una riforma di là da venire, tutto è più
complicato e ricavarsi un posto al sole è altra cosa. Sono in molti
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Gli UFE alla conquista degli States
a chiedere l’annessione al Trentino, ma non sono i tempi giusti!
Per noi sentire parlare reduci della guerra di Corea (un 81enne che
ne dimostra 20 di meno), del Vietnam fino a guerre di più fresca
memoria colpisce ed emoziona. Una dimensione che ha fatto della
tragedia della guerra un’opportunità di riscatto e di liberazione. E
poi l’atmosfera, la speranza nel futuro, il sapere cercare e trovare
sempre le risorse nelle persone, sono le stesse cose che viviamo noi
a Trento. Cambia la lingua, per alcuni di noi ostacolo oggi ancora
insormontabile, ma la sintonia è totale e l’impegno è di fondare una
partnership strategica con un’organizzazione che non ha uguali nel
mondo. E la piccolissima Trento appare ai nuovi amici un esempio
da prendere per corrispondere all’impegno chiesto alla VA dal Presidente Obama di studiare uno specifico progetto per coinvolgere
utenti e familiari nei percorsi di cura della Salute Mentale. E i
nostri UFE per fare un piacere al simpatico presidente si sono già
messi a studiare inglese. Domani i 15 si ritrovano per raccontarsi
in una delle più blasonate struttura di ricerca sulla qualità totale in
sanità del mondo. Ma di questo alla prossima puntata. Pensando
che sicuramente le nostre sventure sono finite!
31 agosto 2011
Mercoledì 31, il Coast to Coast riacquista i 15 partecipanti.
A Lebanon, piccola cittadina del New Hampshire, la comitiva si
riunisce dopo non poche peripezie. I «cinque fortunati» avranno
pure incontrato le alci, ma tra i dieci ritardatari c’è chi ha visto da
vicino l’ufficio immigrazione. Superate le prime avversità, tre ore di
sonno accompagnano il secondo gruppo al primo incontro ufficiale
di gruppo. Ci accolgono al «Darmouth Hitchcock Medical Center»,
prestigioso centro di ricerca internazionale per la qualità nei Servizi
Sanitari. La mattina è dedicata a una visita delle strutture psichiatriche, ma ci ritroviamo a confrontarci con un modello per tanti aspetti
lontano dal nostro modo di lavorare. Elettroshock, letti a forma di
gabbia per i pazienti aggressivi ci fanno tornare indietro nel tempo, a
quei manicomi che stiamo lasciandoci alle spalle. Nonostante ciò c’è
una particolare attenzione all’accoglienza dell’utenza e alla ricerca
di un continuo miglioramento delle prestazioni offerte.
Il Coast to Coast on the road
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Nel pomeriggio, al via i nostri interventi. È vero, l’inglese del boss
De Stefani è abbastanza «neanderthaliano», ma in tanti pensavano
potesse essere peggio. Numerose le domande proposte, soprattutto sulla modalità di sviluppo del progetto: l’interesse a esportare
l’esperienza c’è, ma ci viene anche chiesto qual è stato il percorso
compiuto. Nel loro Servizio di Salute Mentale esistono figure simili,
ma quello che colpisce degli UFE è la reale integrazione degli stessi
nel Servizio: una cosa del tutto impensabile in America, dove esiste
una forte frammentazione tra i diversi gruppi di lavoro. L’esperienza
degli UFE colpisce a tal punto da ricevere un bel «110 e lode» dagli
esperti locali. Che significa? Beh, oltre a trasmettere delle emozioni,
il progetto UFE è un prodotto di qualità e il Darmouth Center ha
deciso di certificare questa pratica. Una volta ricevuta la nostra laurea
ad honorem la incorniceremo e la mostreremo con grande orgoglio
a tutti gli interessati.
Montpelier (Vermont) chiude la settimana. Una sala gremita
di gente, storie di sostegno tra pari e di recovery hanno aperto la
giornata organizzata dalla «Vermont Association for Mental Health» e da «Friends of Recovery». Il loro motto è che il processo di
recovery può avvenire in ogni luogo ed è importante lavorare per
concretizzare al meglio questa buona pratica. Ci sentiamo vicini a
questo pensiero, qualcosa abbiamo già fatto… Ma cosa possiamo
fare di più? Pomeriggio dedicato all’esperienza di Trento con una
sorpresa: una fetta di torta megacalorica per il nostro UFE Maurizio
che oggi, 2 settembre, invecchia… Oltre alla fetta di torta anche
una cartolina con dei cuori… Che Maurizio ci nasconda qualcosa?
Salutiamo il Vermont e partiamo alla volta di New York, gita fuoriporta per rilassare le nostre stanche membra e diventare semplici
turisti. Martedì riprenderà l’avventura. Speriamo non ci siano altri
imprevisti, quindi incrociate le dita per noi.
6 settembre 2011
Quando penso all’America la mia mente vola immediatamente alle
città immense, ai deserti e a una cultura multietnica ricca di colore e
di vita. A seguire penso alle università, alle ricerche, alle opportunità:
Harvard, Berkeley… E oggi ci siamo, Yale aspetta gli UFE. Siamo tutti
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Gli UFE alla conquista degli States
un po’ emozionati, il contesto ci affascina ma contemporaneamente
ci fa paura… Cosa abbiamo noi da insegnare a chi svolge ricerche
in quest’ambito da tanti anni? Probabilmente se siamo qui è perché
rappresentiamo la pratica, la concreta realizzazione di quanto loro
teorizzano, di quanto loro valutano. Ed è davvero così. La mattina
la trascorriamo presso l’«Errera Community Care Center», centro di
supporto per i veterani. Un’accoglienza calda (nonostante un freddo
polare esterno a causa di un surrogato di diluvio universale), una voglia
di conoscersi e di scambiarsi esperienze creano immediatamente un
clima di amicalità. Hanno anche loro dei pari che offrono supporto
a chi si trova in difficoltà dopo il rientro in patria. Ci dividiamo in
piccoli gruppi: c’è chi segue qualche peer in visite domiciliari a casa
di alcuni veterani o a fare delle commissioni, chi partecipa a dei
gruppi terapeutici o di risocializzazione, chi partecipa a dei colloqui.
Ci sperimentiamo in prima persona nella relazione e nelle attività: ci
sentiamo onorati di poterci mettere in gioco in questo modo e, anche
se alcuni di noi non capiscono la lingua, non importa… L’importante
è sentire, avvicinarsi alla persona e condividere il proprio vissuto. Nel
pomeriggio ci spostiamo in un altro Servizio: qui c’è un programma
per il coinvolgimento di utenti e familiari nelle pratiche di sostegno.
Presentiamo la nostra esperienza e quello che colpisce la platea è
l’integrazione tra UFE e operatori. Ci chiedono come, quando, se
abbiamo fatto qualcosa di particolare. Vogliono sapere come diffondere
in altri ambiti questa pratica, quali altre attività abbiamo, quali sono
i numeri, quanti erano in origine… È un incalzare di domande e di
osservazioni. Ci scambiamo contatti, strumenti ed emozioni. Lasciamo
la struttura molto più ricchi e carichi (ok, ha aiutato anche il lauto
buffet di dolci) e ci dirigiamo verso un’altra avventura. Nuovo ritiro
di un pacco di materiale inviato dall’Italia (gli altri quattro che aspettavamo forse hanno deciso di cambiare destinazione) e visita a casa di
uno dei peers conosciuti nella giornata. Ci racconta un po’ della sua
attività di supporto, della sua vita e delle sue esperienze. La casa stessa
parla per lui: tanto materiale accumulato per non dimenticare e tanti
riconoscimenti per l’attività svolta. Il diluvio continua imperterrito
ma riprendiamo il nostro cammino: Philadelphia ci attende domani
con un doppio appuntamento, non ci resta che dire «Goodbye Yale!».
Il Coast to Coast on the road
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7-8 settembre 2011
Philly (così i suoi abitanti chiamano Philadelphia) ci accoglie con
una pioggia battente e un cielo cupo che ci accompagnerà per i due
giorni di permanenza in questa affascinante città. Primo appuntamento
al «Veterans Affairs Medical Center», dove, in una situazione molto
intima, presentiamo la nostra esperienza. Come al solito i problemi
tecnici inaugurano la nostra giornata (ovvio che il proiettore faccia
i capricci), ma diminuiscono col procedere degli interventi (no, non
l’abbiamo buttato giù dalla finestra, anche se ammetto di averci
pensato). Nel corso dell’incontro l’interesse si concentra prevalentemente sul coinvolgimento delle famiglie: l’esperienza di questo
centro vede molti veterani impegnati in percorsi di supporto, ma
pochi familiari… Come fare per creare una collaborazione continua
tra Servizio e famiglie? Non offriamo risposte risolutive o grandi
verità, ma cerchiamo di sottolineare che è un percorso in evoluzione
e, come tale, questo avvicinamento ha i suoi tempi e i suoi modi per
realizzarsi. Nella tarda mattinata l’incontro si allarga e si struttura in
una maniera completamente differente. Nuova stanza, molte sedie,
tavoli e persone. È un evento di formazione continua della Scuola di
Medicina dell’Università della Pennsylvania e ci ritroviamo di fronte a
numerosi giovani. Eventi di questo tipo, denominati «Grand Rounds»,
si svolgono nella pausa pranzo (non mi abituerò mai a vedere della
gente che mangia avidamente mentre parliamo) e vedono sempre
un’altissima partecipazione. Presentazione a due voci di Emanuele
Torri e Kathleen Bertotti, con assolo musicale finale di Pier Gianni
Burreddu. Molte le domande sulla trasferibilità dell’esperienza e sul
contesto che ha facilitato lo sviluppo di questa pratica.
Giornata seguente: incontro alla Temple University presso il
Dipartimento di Scienze della Riabilitazione, sede autorevole dal
punto di vista della ricerca sui peer supports e sull’empowerment
grazie ai numerosi studi condotti da Mark Sulzer, ricercatore presso
questa sede. Grande l’emozione nell’incontrarlo da parte mia: solo
lo scorso anno lo citavo nella mia tesi di laurea per il suo contributo
nella ricerca sull’importanza del protagonismo dell’utenza e ora
magicamente me lo trovo davanti! Sono stata anche un po’ spiazzata,
lo ammetto. Pensavo di incontrare un «professorone senior» con una
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Gli UFE alla conquista degli States
lunga esperienza di vita alle spalle (ehm… anche un po’ su d’età) e
invece mi trovo di fronte a un giovane quarantenne. L’incontro ha
suscitato un’incalzante serie di domande: come funzionano le nostre
residenze, come vengono retribuiti gli UFE e che tipo di formazione
seguono. Emerge in maniera chiara la sostanziale differenza tra la
nostra esperienza e i loro percorsi di supporto tra pari: forte integrazione nei Servizi nel primo caso mentre i loro interventi paritari sono
vissuti come alternative, rafforzando così una forte frammentazione
del Sistema Sanitario e sociale. Sostenuti anche da alcune fans di
origine italiana, lasciamo l’incontro con molti spunti di riflessione… E qualcuno pure con qualche numero di telefono per scopi
personali! Eh sì, perché da oggi è iniziata la nostra campagna per
la ricerca di una futura moglie per Mario, uno dei nostri cittadini
attivi. L’iniziativa ha riscosso non poco successo (c’era addirittura
chi cercava di ammaliarlo con un terreno acquistato ai Caraibi), ma
siamo solo alla prima puntata... Chissà quante altre pretendenti potrà
incontrare. Lasciamo una grigia Philadelphia, tra numerose strade
allagate per la pioggia intensa, il traffico in tilt e la rete ferroviaria
interrotta, alla volta di Pittsburgh e finalmente possiamo dire che
inizia la vera e propria traversata!
9 settembre 2011
La seconda settimana del nostro avventuroso viaggio si chiude
a Pittsburgh, con un incontro presso alcune strutture dei Veterans
Affairs­. Incontriamo Matt Chinman, ricercatore che ha spianato la
strada all’organizzazione di questo nostro viaggio (era stato nostro
ospite a Trento in occasione della 1ª giornata ufologica nazionale). I
tempi sono serrati, d’altronde siamo in ambito militare, e noi facciamo
un po’ fatica a seguirli. Alle 7.30 Chinman ci viene a prendere in
hotel (sia mai che ci perdiamo per strada a tardiamo ad arrivare), alle
9 inizia il convegno, alle 12.30 si mangia, alle 13 inizia una sessione
di confronto con dei peer supports, alle 14 ci si sposta in un’altra
sede… Aaaaaahhhh! Avrò tempo di andare in bagno a fare la pipì?!
I loro interventi di supporto paritario si rivolgono prevalentemente a
veterani con disturbi psichiatrici (con un’alta percentuale di disturbi
post traumatici da stress) e viene inoltre offerta assistenza sanitaria,
Il Coast to Coast on the road
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per la ricerca di lavoro, di una casa e soprattutto un programma intensivo per combattere il fenomeno dei senza fissa dimora in linea
con la legge nazionale promossa da Obama.
Partiamo alla volta di Denver, appuntamento di lunedì mattina…
un traumatico lunedì mattina. Perdiamo uno dei membri del nostro
gruppo (Emanuele Torri ha abbandonato la carovana-ufo per rientrare
in territorio trentino), in questo fine settimana dobbiamo percorrere
molti chilometri e le prime avversità non si fanno attendere. Partiamo in carovana, quattro macchine che procedono in fila indiana
in territorio americano sembrano cosa facile da gestire, ma non è
così… Non contiamo sulle dita di una mano le volte che abbiamo
perso qualcuno. I limiti di velocità leggermente più bassi rispetto
a quelli italiani mi mettono un po’ di preoccupazione: non vorrei
mai che mi arrivasse a casa una qualche bella multa per eccesso di
velocità (anche perché Guido, il saggio del gruppo, mi ha fatto del
terrorismo psicologico definendo le multe americane «molto salate»).
Altro problema, il nostro navigatore elettronico, soprannominato
amorevolmente Paolo: Paolo ha una sua personalità, ogni tanto si
dimentica di segnalarti che devi prendere l’uscita dell’autostrada e per
ore e ore mantiene il silenzio stampa. È un po’ timido è vero, ma se
lui non parla noi ci perdiamo… and it’s no good. Le tappe intermedie
di questa traversata saranno Wauseon (Ohio) e York (Nebraska)…
Denver aspettaci, gli UFE stanno per atterrare!
12 settembre 2011
Longmont ci attende nel tipico panorama americano che i film ci
hanno fatto conoscere: lande sterminate dai colori del verde intenso
e del giallo paglierino, case simili tra loro con un appezzamento di
terreno a fianco, una pompa per il petrolio, carcasse d’auto arrugginite abbandonate vicino a grandi roulotte multi accessoriate. Siamo
stanchi dal lungo viaggio che abbiamo affrontato da Pittsburgh (le
miglia che abbiamo percorso ormai non riusciamo più a contarle) e
anche abbastanza influenzati (la nostra macchina ormai è un covo di
germi). L’incontro è presso il «Mental Health Partners – Journeys»,
Servizio di Salute Mentale pubblico. Ci sono utenti e operatori
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Gli UFE alla conquista degli States
che ci accolgono nella loro quotidianità lavorativa. Siamo molto
più tranquilli per quanto riguarda il nostro inglese (a parte qualche
parola che ancora non riusciamo a masticare bene… vero dr. De
Stefani?) e per i tempi delle nostre presentazioni. Ci confrontiamo
sugli stili diversi di gestione della sanità pubblica e sull’esperienza
di sensibilizzazione nelle scuole. Si percepisce a pelle la voglia di
migliorare le cose, di cercare di offrire un Servizio diverso e forse
migliore. Sono interessati a comprendere nel dettaglio come utilizziamo le risorse in nostro possesso, come gestiamo il personale fornito
al Servizio, il peso dell’aspetto gestionale e amministrativo su una
singola struttura… Le domande sono tante e, a differenza degli incontri precedenti, molto più centrate su aspetti di stampo prettamente
organizzativo «macro». Anche noi li riempiamo di domande: le falle
dell’assistenza psichiatrica che fornisce lo Stato, le possibili aree di
miglioramento, la reale fattibilità della riforma della sanità di cui si
sente ogni tanto parlare. Sembra proprio una chiacchierata tra amici
che confrontano vissuti e opinioni differenti. Li invitiamo a venirci a
trovare in Trentino: sono affascinati dall’Italia, dal cibo e dalla nostra
esperienza. Speriamo che queste siano motivazioni sufficienti per
una «visita sul campo». Nel pomeriggio, partenza alla volta di Los
Angeles, ultima tappa del viaggio. Non andremo diretti alla meta, ma
come buoni turisti in terra straniera ci concederemo qualche «piccola
deviazione»: Mesa Verde, Monument Valley, Gran Canyon e Las
Vegas. Il viaggio è ormai agli sgoccioli ma noi teniamo duro… Che
sia davvero qualche «potere soprannaturale» a farci andare avanti?
La ricetta della nostra resistenza per ora è un segreto, certo è che al
rientro ci vorrà qualche giorno per ricaricare le batterie.
16 settembre 2011
Sarà perché è l’ultima tappa, sarà perché il confronto è stato vivo
e intenso… Sarà quel che sarà, ma Los Angeles sarà la tappa che
ricorderò con più piacere e soddisfazione. Dopo tre giorni da turisti
con tappe a Monument Valley, Grand Canyon, Las Vegas (e per
qualcuno anche Death Valley), ultimo giorno di «lavoro» per i nostri
UFE. Siamo stanchi, influenzati, ma negli occhi abbiamo ancora i
Il Coast to Coast on the road
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colori forti e intensi dei paesaggi che abbiamo visto, nelle orecchie
i silenzi immobili e sulla pelle la polvere di questo lungo Coast to
Coast. Venerdì mattina, incontro presso il «Department of Mental
Health» di Los Angeles County alla presenza di tutti i dirigenti dei
Servizi in cui questo dipartimento si articola. I nostri interventi sono
più sicuri, il nostro inglese più fluente, improvvisiamo, facciamo
battute, nonostante la platea «importante» il clima è rilassato e di
attento ascolto. L’esperienza dei peer supports è una realtà presente
in tutte le strutture qui rappresentate, ma nella maggioranza di essi
è ancora qualcosa di non integrato. Il modello trentino è visto come
un esempio da imitare e da cui trarre ispirazione. Si riflette a lungo
su come trasferire questa modalità di lavoro all’interno della loro
realtà, ne apprezzano la semplicità e la flessibilità che però è in netto
contrasto con il loro sistema che risulta essere piuttosto rigido a causa
di alcune normative. Il suggerimento che viene dal saggio Roberto
Cuni è che «se una legge non serve alle persone dobbiamo lavorare
per cercare di cambiarla»… Chissà se ci proveranno. Agganciamo
contatti, ci scambiamo idee e suggestioni, torniamo con un bagaglio
pieno di voglia di collaborare e di migliorare ancora il nostro lavoro.
Nel tardo pomeriggio piccola gita a Los Angeles. La città è molto
diversa da come la immaginavamo, ma raggiungiamo comunque il
nostro obiettivo: vedere l’Oceano Pacifico. Alcuni di noi si bagnano i
piedi in questa immensa distesa di acqua, altri l’ammirano estasiati…
Ormai siamo tutti consapevoli che la nostra avventura è giunta alla
fine. Ultima scappata all’alba per qualche coraggioso per visitare
Hollywood Boulevard, la «Walk of Fame» e Mullholand Drive.
Cerchiamo di assaporare ogni attimo che ci rimane in questi Stati
Uniti che ci hanno accolto per tre settimane, ma ormai l’aeroporto
è vicino. Goodbye America!
28 settembre 2011
È strano ritrovarsi intorno a un tavolo, tutti insieme a parlare
d’America. Mi sembra di essere tornata a luglio, a prima della
partenza, quando organizzavamo, progettavamo e aspettavamo con
ansia quel 28 agosto che ci avrebbe visto partire da Linate alla volta
84
Gli UFE alla conquista degli States
di Boston. È passato un mese da quella data ed era ora di fare un
bilancio. Abbiamo vissuto un’esperienza intensa, macinato chilometri su chilometri, incontrato persone, ascoltato storie. Abbiamo
potuto vedere dall’interno tanti Servizi, cercare di comprendere al
massimo la loro cultura. Abbiamo raccontato il nostro fareassieme
e le nostre pratiche. I nostri UFE si sono presentati, hanno ricevuto
riconoscimenti, applausi e soprattutto la conferma dell’eccezionalità
della loro esperienza. Tanti i luoghi che ci sono rimasti nel cuore:
la caotica New York, la spettacolare Monument Valley, l’immenso
Grand Canyon, la calda Death Valley, la «piccola» Philadelphia,
l’accogliente Colorado e l’idealistica Los Angeles.
Questo Coast to Coast ha rappresentato un evento importante nelle
nostre vite (ma è stato anche molto faticoso!) e probabilmente ne
raccoglieremo i frutti a lungo andare. Pier Gianni non crede ancora
di aver compiuto quest’impresa, ma ha conservato un’immagine ben
chiara nella sua mente, quel basso della Fender che gli ha rapito il
cuore. Roberto, preoccupato sin dall’inizio della cucina americana,
si è dovuto ricredere e ammettere che nonostante nei trasferimenti
il cibo non fosse dei migliori (fast food docet) nelle città non c’è
proprio di che lamentarsi. Guido è rimasto affascinato dalla realtà
delle Veterans Administration, immagini di un’America pentita delle
tante guerre che l’hanno vista protagonista e che cerca di rifarsi offrendo Servizi incredibili e competenti. Anche Mirella ricorda con
emozione quegli incontri che l’hanno portata sempre più a convincersi
che non esistono guerre giuste. Ammette anche un piccolo problema
al ritorno: era talmente scombussolata che al posto della lacca per
capelli si è messa della crema depilatoria… Sarà stato solo il jet lag
a crearle qualche problema? Secondo Sara il viaggio ha prodotto
degli enormi cambiamenti in ogni partecipante. Negli occhi tante
immagini ma anche tanti piccoli momenti che hanno rappresentato
delle vere e proprie rivelazioni. La crescita professionale ha invece
messo in secondo piano la grande fatica del viaggio per Luana, che
ha già fissato degli obiettivi chiari su cui lavorare: rielaborazione
dell’esperienza e corso d’inglese (e dire che io mi devo ancora riprendere del tutto dal rientro al lavoro). La nostra press agent Kathleen è
invece un po’ spaesata, per un anno ha lavorato a questo progetto e
Il Coast to Coast on the road
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ora sta vivendo una sorta di «depressione post-partum». Coglie però
l’occasione per aggiornarci delle impressioni raccolte dai servizi che
abbiamo visitato: i riscontri sono tutti positivi, hanno apprezzato la
nostra presentazione corale e anche l’ironia nella stessa, in tutti c’è
la voglia di mantenere i contatti anche in futuro. Per Renzo l’obiettivo sottostante il viaggio è stato raggiunto: abbiamo presentato i
nostri UFE all’interno del sistema e l’interesse era davvero vivo
e alto… Chissà che cosa ci porterà il futuro! Qualche momento di
difficoltà c’è stato. Oltre agli imprevisti che, diciamo, hanno anche
reso il nostro viaggio molto più avventuroso, forse alcuni aspetti si
potevano migliorare. Il viaggio in quattro macchine non ha facilitato
la creazione di un gruppo coeso e forse ha favorito l’insorgenza di
qualche malumore, ma l’esperienza insegna e per il prossimo viaggio
sapremo che accorgimenti adottare.
E io? Lasciatemi ancora con gli occhi sognanti e la mente che vaga
lungo la rotta che abbiamo percorso in questo pazzo Coast to Coast.
In attesa del prossimo viaggio (in Australia? In Turchia? Sulla Luna?)
l’avventura degli UFE continua a Trento, per ora nella quotidianità
del Servizio di Salute Mentale, ma domani chissà… See you soon!
Il presente capitolo raccoglie gli articoli pubblicati nei mesi di agosto e
settembre 2011 sul quotidiano Trentino.
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Gli UFE alla conquista degli States