Gli UFE alla conquista degli States
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Gli UFE alla conquista degli States
Renzo De Stefani e Stefania Arici (a cura di) Gli UFE alla conquista degli States La salute mentale di Trento è cittadina del mondo Uno sguardo su... COLLANA A CURA DI FABIO FOLGHERAITER Renzo De Stefani Primario del Servizio di Salute Mentale di Trento, dove promuove il movimento del fareassieme, la filosofia che vede operatori sanitari, utenti del servizio e familiari lavorare fianco a fianco per vincere la malattia. Stefania Arici Tecnico della riabilitazione psichiatrica presso il Servizio di Salute Mentale di Trento, lavora all’interno dell’Area del fareassieme nell’ottica di favorire un maggior coinvolgimento di utenti, familiari, cittadini e operatori nelle pratiche del Servizio. Per informazioni Servizio di Salute Mentale di Trento Direzione tel. 0461 902870 Area del fareassieme www.fareassieme.it [email protected] tel. 0461 902881/82/86 INDICE Il coinvolgimento attivo di utenti e familiari nel Servizio di Salute Mentale di Trento. L’approccio del fareassieme e gli UFE 7 Gli UFE, Utenti e Familiari Esperti: passato, presente e futuro 21 Il progetto UFE&CTC 37 Interviste ai partecipanti 51 Il Coast to Coast on the road 73 Quei matti trentini on the road 87 Il Coast to Coast on the road Stefania Arici Questo capitolo contiene il nostro diario dell’avventura del Coast to Coast più «pazzo» della storia. Con la leggerezza e la semplicità che caratterizza il fareassieme, abbiamo cercato di condividere alcuni momenti del nostro viaggio. Le pagine di questo diario sono state scritte in tanti luoghi diversi: mentre ci spostavamo da una tappa all’altra lungo la nostra traversata, in «lussuose» stanze d’albergo in attesa di andare a dormire o nelle notti insonni di qualcuno di noi, nei momenti di pausa tra gli interventi, in aeroporto, in macchina, in piedi e seduti. È frutto di tanti momenti vissuti e soprattutto sentiti. Tante immagini non si possono tradurre con le parole, così come le emozioni a volte sono difficili da condividere. I racconti qui riportati sono tratti da articoli pubblicati da alcune testate locali, in particolare dal quotidiano Trentino che ci ha seguito in quest’avventura e ha permesso un costante aggiornamento in terra trentina in merito ai nostri incontri e ai nostri viaggi. Speriamo con questi racconti di riuscire a farvi viaggiare un pochino con noi e, chissà, strapparvi anche un sorriso e qualche pensiero. 26 agosto 2011 Nel momento in cui leggerete saremo arrivati a Boston (o almeno così speriamo). È infatti iniziata l’avventura del Coast to Coast più «pazzo» della storia: utenti e familiari esperti (UFE) del Servizio di Salute Mentale di Trento partiti alla volta degli States per «insegnare» nelle cattedre delle più prestigiose Università americane. Insegnare poi… si fa per dire! Qui abbiamo potuto notare il profondo interesse che l’esempio di protagonismo di utenti e familiari nei nostri Servizi Sanitari ha destato in numerosi esperti americani. Gli UFE, nati dalla Il Coast to Coast on the road 73 filosofia del fareassieme che riconosce l’importanza di coinvolgere utenti e familiari all’interno dei Servizi Sanitari, sono ormai una realtà consolidata nel Servizio di Trento presso cui svolgono attività di ascolto, vicinanza, sostegno e presenza quotidiana a fianco degli operatori. Un’unione di saperi, la nostra, che permette quotidianamente di fornire un servizio sempre più completo e aderente alle necessità di chi usufruisce delle sue prestazioni e, soprattutto, di essere portatori di un messaggio di speranza e di possibilità di cambiamento anche nella salute mentale. Venendo al viaggio, il nostro gruppo di 15 UFE-maniaci attraverserà il territorio americano partendo da Boston, con tappe a Bedford (Massachusetts), Lebanon (New Hampshire), Montpelier (Vermont), New Haven (Connecticut), Philadelphia (Pennsylvania), Pittsburgh (Pennsylvania), Denver (Colorado) e terminando a Los Angeles (California). Il gruppo si compone di diverse persone legate al Servizio di Salute Mentale di Trento: Mirella Gretter, Maurizio Capitanio e Piergianni Burreddu rappresenteranno gli UFE e saranno «accompagnati» dal loro coordinatore Roberto Cuni, Guido Sontacchi e Mario Stolf, cittadini attivi, esempio di integrazione tra la cittadinanza e il Servizio, Laura Ciurletti, studentessa dell’istituto Rosmini di Trento, e Stefania Bazzanella, studentessa del Corso di laurea in Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica, in rappresentanza del legame instauratosi in questi anni tra il Servizio e il mondo della formazione, Emanuele Torri, qualitologo dei Servizi Sanitari trentini, e per il Servizio di Salute Mentale di Trento Luana Di Gregorio, Kathleen Bertotti e Stefania Arici «accompagnate» dal responsabile Renzo De Stefani. Ogni intervento, ogni gaffe e ogni momento saliente verranno filmati dall’occhio vigile di Dennis Pisetta e Sara Maino, film makers di Format della Provincia Autonoma di Trento. A bordo di quattro macchine, strabordanti di bagagli, il nostro gruppo affronterà quasi 5.500 km attraversando grandi pianure, deserti e città sconfinate, per offrire e diffondere l’esperienza del fareassieme e degli UFE, stabilire dei collegamenti e confrontarci con esempi di collaborazione che sono presenti presso le loro realtà. Certo, qualche tappa extra è già stata organizzata, prima tra tutte una piccola pausa a New York, appuntamento irrinunciabile se ci si reca 74 Gli UFE alla conquista degli States negli Stati Uniti, ma la speranza è quella di ricevere nuovi inviti da altri Servizi così da arricchire il nostro viaggio. Vi terremo costantemente aggiornati sulla nostra avventura, ma per iniziare augurateci buona fortuna. 29 agosto 2011 Se ci avessero detto, qualche settimana fa, cosa ci aspettava nella nostra avventura americana, avremmo buttato le fatiche di sei mesi di organizzazione alle ortiche e saremmo andati tutti... al mare. Invece eccoci qui, con cinque di noi, stanchi ma felici, dopo la nostra seconda «conferenza» americana e dieci in volo verso Montreal per sfuggire all’uragano Irene, tanto temuto e mai arrivato, almeno a Boston. Ma andiamo con ordine. I «cinque fortunati» che, pur di arrivare lunedì a tener fede al primo impegno a Boston, erano stati fortunosamente dirottati da Luciana Bolgia1 a Montreal, si sono sobbarcati una notte tutta da dimenticare: 600 chilometri con l’autostrada chiusa, dispersi in paesini canadesi del tutto deserti, una frontiera da film western, autogrill chiusi, qualche alce desiderosa di morire investita e l’attesa di sfidare Irene in quel di Boston. Peccato (!) che Irene a Boston non si sia proprio vista! Arriviamo al motel, dove nel frattempo ci avevano dati per dispersi e perciò senza più stanze, alle 8 in punto di una giornata di sole splendido senza un filo di vento e senza un goccio di pioggia. E con l’impressione che qualche eccesso di zelo con Irene qualcuno ce l’abbia messo. Ma i cinque della mission impossible portata a casa sono pronti a iniziare. Ore 9.00, Boston University, con alcuni nomi del gotha della psichiatria americana. Peccato che il carinissimo organizzatore dell’evento, non capendo quale fosse la tempra trentina aveva deciso di annullare la conference per… farci riposare! Sfiorato l’incidente diplomatico, la conferenza è spostata al pomeriggio e dopo lavaggi e doppie colazioni siamo pronti. Let’s go on. Lo spettacolo va a cominciare. Kathleen, la nostra speaker ufficiale, inglese perfetto e ottimo appeal introduce e rende subito 1 Luciana Bolgia, dell’Agenzia Viaggi Bolgia, è già stata partner di alcune iniziative internazionali del fareassieme e del movimento Le parole ritrovate. Il Coast to Coast on the road 75 il clima giusto alla causa. De Stefani, capobranco ormai sull’orlo di una crisi di nervi, in un inglese «puro neanderthal» trasferisce la storia della 180 e il fareassieme trentino con i suoi UFE a un gruppo ristretto, ma sicuramente motivato, di ricercatori e di utenti americani «cugini» degli UFE. Maurizio e Mirella vanno, come sempre, diretti al cuore e fanno intravedere un mondo tanto semplice quanto radicale ed efficace. E il vecchio e saggio Cuni porta quel buon senso tanto ovvio quanto a volte raro che può condire di ragionato ottimismo i percorsi di cura. E mentre a Boston il pomeriggio volge al termine, i dieci rimasti in Italia certo non dormono! I pacchi di materiale che le Poste Italiane dovevano consegnare tassativamente entro il 20 agosto sono arrivati solo in minima parte e per metà da buttare. E allora si corre ai ripari preparando valigioni alternativi da imbarcare per Montreal all’alba di martedì. E mentre si prenotano le macchine per trasferire i dieci da Montreal a Boston si scopre — ci mancava! — che la patente di uno dei viaggiatori, titolare di uno dei contratti di noleggio di una delle macchine destinate ad arrivare (forse) a Los Angeles è scaduta! Scopriremo il giorno dopo che in qualche modo si può mettere rimedio ma il fegato è al lumicino. E mentre all’alba delle 4 di martedì i dieci partono per Milano per traghettare in Canada, a Bedford, 40 km a nord di Boston va in onda la 2ª conference. Location una sede prestigiosa, quella della Veteran Administration, VA, una potenza in America, con il più grosso circuito di previdenza e sanità privata che riguarda 32 milioni di Americani, militari e veterani delle 100 guerre degli ultimi 60 anni. La VA ha sviluppato negli anni forse la più grossa rete di «supporto tra pari» (peer support) del mondo. I cugini degli UFE, impegnati a valorizzare, come noi, il sapere esperienziale di chi ha vissuto nel disagio, hanno organizzato un evento nazionale, presente il loro megadirettore generale, per raccontarci le loro esperienze e ascoltare le nostre. Dalle 9 alle 17, una giornata di grande suggestione. Gli UFE americani guardano ai loro colleghi italiani con manifesta invidia. Da noi gli UFE sono dentro i Servizi e l’Azienda sanitaria li riconosce appieno. Da loro, in una sanità frammentata e nel guado di una riforma di là da venire, tutto è più complicato e ricavarsi un posto al sole è altra cosa. Sono in molti 76 Gli UFE alla conquista degli States a chiedere l’annessione al Trentino, ma non sono i tempi giusti! Per noi sentire parlare reduci della guerra di Corea (un 81enne che ne dimostra 20 di meno), del Vietnam fino a guerre di più fresca memoria colpisce ed emoziona. Una dimensione che ha fatto della tragedia della guerra un’opportunità di riscatto e di liberazione. E poi l’atmosfera, la speranza nel futuro, il sapere cercare e trovare sempre le risorse nelle persone, sono le stesse cose che viviamo noi a Trento. Cambia la lingua, per alcuni di noi ostacolo oggi ancora insormontabile, ma la sintonia è totale e l’impegno è di fondare una partnership strategica con un’organizzazione che non ha uguali nel mondo. E la piccolissima Trento appare ai nuovi amici un esempio da prendere per corrispondere all’impegno chiesto alla VA dal Presidente Obama di studiare uno specifico progetto per coinvolgere utenti e familiari nei percorsi di cura della Salute Mentale. E i nostri UFE per fare un piacere al simpatico presidente si sono già messi a studiare inglese. Domani i 15 si ritrovano per raccontarsi in una delle più blasonate struttura di ricerca sulla qualità totale in sanità del mondo. Ma di questo alla prossima puntata. Pensando che sicuramente le nostre sventure sono finite! 31 agosto 2011 Mercoledì 31, il Coast to Coast riacquista i 15 partecipanti. A Lebanon, piccola cittadina del New Hampshire, la comitiva si riunisce dopo non poche peripezie. I «cinque fortunati» avranno pure incontrato le alci, ma tra i dieci ritardatari c’è chi ha visto da vicino l’ufficio immigrazione. Superate le prime avversità, tre ore di sonno accompagnano il secondo gruppo al primo incontro ufficiale di gruppo. Ci accolgono al «Darmouth Hitchcock Medical Center», prestigioso centro di ricerca internazionale per la qualità nei Servizi Sanitari. La mattina è dedicata a una visita delle strutture psichiatriche, ma ci ritroviamo a confrontarci con un modello per tanti aspetti lontano dal nostro modo di lavorare. Elettroshock, letti a forma di gabbia per i pazienti aggressivi ci fanno tornare indietro nel tempo, a quei manicomi che stiamo lasciandoci alle spalle. Nonostante ciò c’è una particolare attenzione all’accoglienza dell’utenza e alla ricerca di un continuo miglioramento delle prestazioni offerte. Il Coast to Coast on the road 77 Nel pomeriggio, al via i nostri interventi. È vero, l’inglese del boss De Stefani è abbastanza «neanderthaliano», ma in tanti pensavano potesse essere peggio. Numerose le domande proposte, soprattutto sulla modalità di sviluppo del progetto: l’interesse a esportare l’esperienza c’è, ma ci viene anche chiesto qual è stato il percorso compiuto. Nel loro Servizio di Salute Mentale esistono figure simili, ma quello che colpisce degli UFE è la reale integrazione degli stessi nel Servizio: una cosa del tutto impensabile in America, dove esiste una forte frammentazione tra i diversi gruppi di lavoro. L’esperienza degli UFE colpisce a tal punto da ricevere un bel «110 e lode» dagli esperti locali. Che significa? Beh, oltre a trasmettere delle emozioni, il progetto UFE è un prodotto di qualità e il Darmouth Center ha deciso di certificare questa pratica. Una volta ricevuta la nostra laurea ad honorem la incorniceremo e la mostreremo con grande orgoglio a tutti gli interessati. Montpelier (Vermont) chiude la settimana. Una sala gremita di gente, storie di sostegno tra pari e di recovery hanno aperto la giornata organizzata dalla «Vermont Association for Mental Health» e da «Friends of Recovery». Il loro motto è che il processo di recovery può avvenire in ogni luogo ed è importante lavorare per concretizzare al meglio questa buona pratica. Ci sentiamo vicini a questo pensiero, qualcosa abbiamo già fatto… Ma cosa possiamo fare di più? Pomeriggio dedicato all’esperienza di Trento con una sorpresa: una fetta di torta megacalorica per il nostro UFE Maurizio che oggi, 2 settembre, invecchia… Oltre alla fetta di torta anche una cartolina con dei cuori… Che Maurizio ci nasconda qualcosa? Salutiamo il Vermont e partiamo alla volta di New York, gita fuoriporta per rilassare le nostre stanche membra e diventare semplici turisti. Martedì riprenderà l’avventura. Speriamo non ci siano altri imprevisti, quindi incrociate le dita per noi. 6 settembre 2011 Quando penso all’America la mia mente vola immediatamente alle città immense, ai deserti e a una cultura multietnica ricca di colore e di vita. A seguire penso alle università, alle ricerche, alle opportunità: Harvard, Berkeley… E oggi ci siamo, Yale aspetta gli UFE. Siamo tutti 78 Gli UFE alla conquista degli States un po’ emozionati, il contesto ci affascina ma contemporaneamente ci fa paura… Cosa abbiamo noi da insegnare a chi svolge ricerche in quest’ambito da tanti anni? Probabilmente se siamo qui è perché rappresentiamo la pratica, la concreta realizzazione di quanto loro teorizzano, di quanto loro valutano. Ed è davvero così. La mattina la trascorriamo presso l’«Errera Community Care Center», centro di supporto per i veterani. Un’accoglienza calda (nonostante un freddo polare esterno a causa di un surrogato di diluvio universale), una voglia di conoscersi e di scambiarsi esperienze creano immediatamente un clima di amicalità. Hanno anche loro dei pari che offrono supporto a chi si trova in difficoltà dopo il rientro in patria. Ci dividiamo in piccoli gruppi: c’è chi segue qualche peer in visite domiciliari a casa di alcuni veterani o a fare delle commissioni, chi partecipa a dei gruppi terapeutici o di risocializzazione, chi partecipa a dei colloqui. Ci sperimentiamo in prima persona nella relazione e nelle attività: ci sentiamo onorati di poterci mettere in gioco in questo modo e, anche se alcuni di noi non capiscono la lingua, non importa… L’importante è sentire, avvicinarsi alla persona e condividere il proprio vissuto. Nel pomeriggio ci spostiamo in un altro Servizio: qui c’è un programma per il coinvolgimento di utenti e familiari nelle pratiche di sostegno. Presentiamo la nostra esperienza e quello che colpisce la platea è l’integrazione tra UFE e operatori. Ci chiedono come, quando, se abbiamo fatto qualcosa di particolare. Vogliono sapere come diffondere in altri ambiti questa pratica, quali altre attività abbiamo, quali sono i numeri, quanti erano in origine… È un incalzare di domande e di osservazioni. Ci scambiamo contatti, strumenti ed emozioni. Lasciamo la struttura molto più ricchi e carichi (ok, ha aiutato anche il lauto buffet di dolci) e ci dirigiamo verso un’altra avventura. Nuovo ritiro di un pacco di materiale inviato dall’Italia (gli altri quattro che aspettavamo forse hanno deciso di cambiare destinazione) e visita a casa di uno dei peers conosciuti nella giornata. Ci racconta un po’ della sua attività di supporto, della sua vita e delle sue esperienze. La casa stessa parla per lui: tanto materiale accumulato per non dimenticare e tanti riconoscimenti per l’attività svolta. Il diluvio continua imperterrito ma riprendiamo il nostro cammino: Philadelphia ci attende domani con un doppio appuntamento, non ci resta che dire «Goodbye Yale!». Il Coast to Coast on the road 79 7-8 settembre 2011 Philly (così i suoi abitanti chiamano Philadelphia) ci accoglie con una pioggia battente e un cielo cupo che ci accompagnerà per i due giorni di permanenza in questa affascinante città. Primo appuntamento al «Veterans Affairs Medical Center», dove, in una situazione molto intima, presentiamo la nostra esperienza. Come al solito i problemi tecnici inaugurano la nostra giornata (ovvio che il proiettore faccia i capricci), ma diminuiscono col procedere degli interventi (no, non l’abbiamo buttato giù dalla finestra, anche se ammetto di averci pensato). Nel corso dell’incontro l’interesse si concentra prevalentemente sul coinvolgimento delle famiglie: l’esperienza di questo centro vede molti veterani impegnati in percorsi di supporto, ma pochi familiari… Come fare per creare una collaborazione continua tra Servizio e famiglie? Non offriamo risposte risolutive o grandi verità, ma cerchiamo di sottolineare che è un percorso in evoluzione e, come tale, questo avvicinamento ha i suoi tempi e i suoi modi per realizzarsi. Nella tarda mattinata l’incontro si allarga e si struttura in una maniera completamente differente. Nuova stanza, molte sedie, tavoli e persone. È un evento di formazione continua della Scuola di Medicina dell’Università della Pennsylvania e ci ritroviamo di fronte a numerosi giovani. Eventi di questo tipo, denominati «Grand Rounds», si svolgono nella pausa pranzo (non mi abituerò mai a vedere della gente che mangia avidamente mentre parliamo) e vedono sempre un’altissima partecipazione. Presentazione a due voci di Emanuele Torri e Kathleen Bertotti, con assolo musicale finale di Pier Gianni Burreddu. Molte le domande sulla trasferibilità dell’esperienza e sul contesto che ha facilitato lo sviluppo di questa pratica. Giornata seguente: incontro alla Temple University presso il Dipartimento di Scienze della Riabilitazione, sede autorevole dal punto di vista della ricerca sui peer supports e sull’empowerment grazie ai numerosi studi condotti da Mark Sulzer, ricercatore presso questa sede. Grande l’emozione nell’incontrarlo da parte mia: solo lo scorso anno lo citavo nella mia tesi di laurea per il suo contributo nella ricerca sull’importanza del protagonismo dell’utenza e ora magicamente me lo trovo davanti! Sono stata anche un po’ spiazzata, lo ammetto. Pensavo di incontrare un «professorone senior» con una 80 Gli UFE alla conquista degli States lunga esperienza di vita alle spalle (ehm… anche un po’ su d’età) e invece mi trovo di fronte a un giovane quarantenne. L’incontro ha suscitato un’incalzante serie di domande: come funzionano le nostre residenze, come vengono retribuiti gli UFE e che tipo di formazione seguono. Emerge in maniera chiara la sostanziale differenza tra la nostra esperienza e i loro percorsi di supporto tra pari: forte integrazione nei Servizi nel primo caso mentre i loro interventi paritari sono vissuti come alternative, rafforzando così una forte frammentazione del Sistema Sanitario e sociale. Sostenuti anche da alcune fans di origine italiana, lasciamo l’incontro con molti spunti di riflessione… E qualcuno pure con qualche numero di telefono per scopi personali! Eh sì, perché da oggi è iniziata la nostra campagna per la ricerca di una futura moglie per Mario, uno dei nostri cittadini attivi. L’iniziativa ha riscosso non poco successo (c’era addirittura chi cercava di ammaliarlo con un terreno acquistato ai Caraibi), ma siamo solo alla prima puntata... Chissà quante altre pretendenti potrà incontrare. Lasciamo una grigia Philadelphia, tra numerose strade allagate per la pioggia intensa, il traffico in tilt e la rete ferroviaria interrotta, alla volta di Pittsburgh e finalmente possiamo dire che inizia la vera e propria traversata! 9 settembre 2011 La seconda settimana del nostro avventuroso viaggio si chiude a Pittsburgh, con un incontro presso alcune strutture dei Veterans Affairs. Incontriamo Matt Chinman, ricercatore che ha spianato la strada all’organizzazione di questo nostro viaggio (era stato nostro ospite a Trento in occasione della 1ª giornata ufologica nazionale). I tempi sono serrati, d’altronde siamo in ambito militare, e noi facciamo un po’ fatica a seguirli. Alle 7.30 Chinman ci viene a prendere in hotel (sia mai che ci perdiamo per strada a tardiamo ad arrivare), alle 9 inizia il convegno, alle 12.30 si mangia, alle 13 inizia una sessione di confronto con dei peer supports, alle 14 ci si sposta in un’altra sede… Aaaaaahhhh! Avrò tempo di andare in bagno a fare la pipì?! I loro interventi di supporto paritario si rivolgono prevalentemente a veterani con disturbi psichiatrici (con un’alta percentuale di disturbi post traumatici da stress) e viene inoltre offerta assistenza sanitaria, Il Coast to Coast on the road 81 per la ricerca di lavoro, di una casa e soprattutto un programma intensivo per combattere il fenomeno dei senza fissa dimora in linea con la legge nazionale promossa da Obama. Partiamo alla volta di Denver, appuntamento di lunedì mattina… un traumatico lunedì mattina. Perdiamo uno dei membri del nostro gruppo (Emanuele Torri ha abbandonato la carovana-ufo per rientrare in territorio trentino), in questo fine settimana dobbiamo percorrere molti chilometri e le prime avversità non si fanno attendere. Partiamo in carovana, quattro macchine che procedono in fila indiana in territorio americano sembrano cosa facile da gestire, ma non è così… Non contiamo sulle dita di una mano le volte che abbiamo perso qualcuno. I limiti di velocità leggermente più bassi rispetto a quelli italiani mi mettono un po’ di preoccupazione: non vorrei mai che mi arrivasse a casa una qualche bella multa per eccesso di velocità (anche perché Guido, il saggio del gruppo, mi ha fatto del terrorismo psicologico definendo le multe americane «molto salate»). Altro problema, il nostro navigatore elettronico, soprannominato amorevolmente Paolo: Paolo ha una sua personalità, ogni tanto si dimentica di segnalarti che devi prendere l’uscita dell’autostrada e per ore e ore mantiene il silenzio stampa. È un po’ timido è vero, ma se lui non parla noi ci perdiamo… and it’s no good. Le tappe intermedie di questa traversata saranno Wauseon (Ohio) e York (Nebraska)… Denver aspettaci, gli UFE stanno per atterrare! 12 settembre 2011 Longmont ci attende nel tipico panorama americano che i film ci hanno fatto conoscere: lande sterminate dai colori del verde intenso e del giallo paglierino, case simili tra loro con un appezzamento di terreno a fianco, una pompa per il petrolio, carcasse d’auto arrugginite abbandonate vicino a grandi roulotte multi accessoriate. Siamo stanchi dal lungo viaggio che abbiamo affrontato da Pittsburgh (le miglia che abbiamo percorso ormai non riusciamo più a contarle) e anche abbastanza influenzati (la nostra macchina ormai è un covo di germi). L’incontro è presso il «Mental Health Partners – Journeys», Servizio di Salute Mentale pubblico. Ci sono utenti e operatori 82 Gli UFE alla conquista degli States che ci accolgono nella loro quotidianità lavorativa. Siamo molto più tranquilli per quanto riguarda il nostro inglese (a parte qualche parola che ancora non riusciamo a masticare bene… vero dr. De Stefani?) e per i tempi delle nostre presentazioni. Ci confrontiamo sugli stili diversi di gestione della sanità pubblica e sull’esperienza di sensibilizzazione nelle scuole. Si percepisce a pelle la voglia di migliorare le cose, di cercare di offrire un Servizio diverso e forse migliore. Sono interessati a comprendere nel dettaglio come utilizziamo le risorse in nostro possesso, come gestiamo il personale fornito al Servizio, il peso dell’aspetto gestionale e amministrativo su una singola struttura… Le domande sono tante e, a differenza degli incontri precedenti, molto più centrate su aspetti di stampo prettamente organizzativo «macro». Anche noi li riempiamo di domande: le falle dell’assistenza psichiatrica che fornisce lo Stato, le possibili aree di miglioramento, la reale fattibilità della riforma della sanità di cui si sente ogni tanto parlare. Sembra proprio una chiacchierata tra amici che confrontano vissuti e opinioni differenti. Li invitiamo a venirci a trovare in Trentino: sono affascinati dall’Italia, dal cibo e dalla nostra esperienza. Speriamo che queste siano motivazioni sufficienti per una «visita sul campo». Nel pomeriggio, partenza alla volta di Los Angeles, ultima tappa del viaggio. Non andremo diretti alla meta, ma come buoni turisti in terra straniera ci concederemo qualche «piccola deviazione»: Mesa Verde, Monument Valley, Gran Canyon e Las Vegas. Il viaggio è ormai agli sgoccioli ma noi teniamo duro… Che sia davvero qualche «potere soprannaturale» a farci andare avanti? La ricetta della nostra resistenza per ora è un segreto, certo è che al rientro ci vorrà qualche giorno per ricaricare le batterie. 16 settembre 2011 Sarà perché è l’ultima tappa, sarà perché il confronto è stato vivo e intenso… Sarà quel che sarà, ma Los Angeles sarà la tappa che ricorderò con più piacere e soddisfazione. Dopo tre giorni da turisti con tappe a Monument Valley, Grand Canyon, Las Vegas (e per qualcuno anche Death Valley), ultimo giorno di «lavoro» per i nostri UFE. Siamo stanchi, influenzati, ma negli occhi abbiamo ancora i Il Coast to Coast on the road 83 colori forti e intensi dei paesaggi che abbiamo visto, nelle orecchie i silenzi immobili e sulla pelle la polvere di questo lungo Coast to Coast. Venerdì mattina, incontro presso il «Department of Mental Health» di Los Angeles County alla presenza di tutti i dirigenti dei Servizi in cui questo dipartimento si articola. I nostri interventi sono più sicuri, il nostro inglese più fluente, improvvisiamo, facciamo battute, nonostante la platea «importante» il clima è rilassato e di attento ascolto. L’esperienza dei peer supports è una realtà presente in tutte le strutture qui rappresentate, ma nella maggioranza di essi è ancora qualcosa di non integrato. Il modello trentino è visto come un esempio da imitare e da cui trarre ispirazione. Si riflette a lungo su come trasferire questa modalità di lavoro all’interno della loro realtà, ne apprezzano la semplicità e la flessibilità che però è in netto contrasto con il loro sistema che risulta essere piuttosto rigido a causa di alcune normative. Il suggerimento che viene dal saggio Roberto Cuni è che «se una legge non serve alle persone dobbiamo lavorare per cercare di cambiarla»… Chissà se ci proveranno. Agganciamo contatti, ci scambiamo idee e suggestioni, torniamo con un bagaglio pieno di voglia di collaborare e di migliorare ancora il nostro lavoro. Nel tardo pomeriggio piccola gita a Los Angeles. La città è molto diversa da come la immaginavamo, ma raggiungiamo comunque il nostro obiettivo: vedere l’Oceano Pacifico. Alcuni di noi si bagnano i piedi in questa immensa distesa di acqua, altri l’ammirano estasiati… Ormai siamo tutti consapevoli che la nostra avventura è giunta alla fine. Ultima scappata all’alba per qualche coraggioso per visitare Hollywood Boulevard, la «Walk of Fame» e Mullholand Drive. Cerchiamo di assaporare ogni attimo che ci rimane in questi Stati Uniti che ci hanno accolto per tre settimane, ma ormai l’aeroporto è vicino. Goodbye America! 28 settembre 2011 È strano ritrovarsi intorno a un tavolo, tutti insieme a parlare d’America. Mi sembra di essere tornata a luglio, a prima della partenza, quando organizzavamo, progettavamo e aspettavamo con ansia quel 28 agosto che ci avrebbe visto partire da Linate alla volta 84 Gli UFE alla conquista degli States di Boston. È passato un mese da quella data ed era ora di fare un bilancio. Abbiamo vissuto un’esperienza intensa, macinato chilometri su chilometri, incontrato persone, ascoltato storie. Abbiamo potuto vedere dall’interno tanti Servizi, cercare di comprendere al massimo la loro cultura. Abbiamo raccontato il nostro fareassieme e le nostre pratiche. I nostri UFE si sono presentati, hanno ricevuto riconoscimenti, applausi e soprattutto la conferma dell’eccezionalità della loro esperienza. Tanti i luoghi che ci sono rimasti nel cuore: la caotica New York, la spettacolare Monument Valley, l’immenso Grand Canyon, la calda Death Valley, la «piccola» Philadelphia, l’accogliente Colorado e l’idealistica Los Angeles. Questo Coast to Coast ha rappresentato un evento importante nelle nostre vite (ma è stato anche molto faticoso!) e probabilmente ne raccoglieremo i frutti a lungo andare. Pier Gianni non crede ancora di aver compiuto quest’impresa, ma ha conservato un’immagine ben chiara nella sua mente, quel basso della Fender che gli ha rapito il cuore. Roberto, preoccupato sin dall’inizio della cucina americana, si è dovuto ricredere e ammettere che nonostante nei trasferimenti il cibo non fosse dei migliori (fast food docet) nelle città non c’è proprio di che lamentarsi. Guido è rimasto affascinato dalla realtà delle Veterans Administration, immagini di un’America pentita delle tante guerre che l’hanno vista protagonista e che cerca di rifarsi offrendo Servizi incredibili e competenti. Anche Mirella ricorda con emozione quegli incontri che l’hanno portata sempre più a convincersi che non esistono guerre giuste. Ammette anche un piccolo problema al ritorno: era talmente scombussolata che al posto della lacca per capelli si è messa della crema depilatoria… Sarà stato solo il jet lag a crearle qualche problema? Secondo Sara il viaggio ha prodotto degli enormi cambiamenti in ogni partecipante. Negli occhi tante immagini ma anche tanti piccoli momenti che hanno rappresentato delle vere e proprie rivelazioni. La crescita professionale ha invece messo in secondo piano la grande fatica del viaggio per Luana, che ha già fissato degli obiettivi chiari su cui lavorare: rielaborazione dell’esperienza e corso d’inglese (e dire che io mi devo ancora riprendere del tutto dal rientro al lavoro). La nostra press agent Kathleen è invece un po’ spaesata, per un anno ha lavorato a questo progetto e Il Coast to Coast on the road 85 ora sta vivendo una sorta di «depressione post-partum». Coglie però l’occasione per aggiornarci delle impressioni raccolte dai servizi che abbiamo visitato: i riscontri sono tutti positivi, hanno apprezzato la nostra presentazione corale e anche l’ironia nella stessa, in tutti c’è la voglia di mantenere i contatti anche in futuro. Per Renzo l’obiettivo sottostante il viaggio è stato raggiunto: abbiamo presentato i nostri UFE all’interno del sistema e l’interesse era davvero vivo e alto… Chissà che cosa ci porterà il futuro! Qualche momento di difficoltà c’è stato. Oltre agli imprevisti che, diciamo, hanno anche reso il nostro viaggio molto più avventuroso, forse alcuni aspetti si potevano migliorare. Il viaggio in quattro macchine non ha facilitato la creazione di un gruppo coeso e forse ha favorito l’insorgenza di qualche malumore, ma l’esperienza insegna e per il prossimo viaggio sapremo che accorgimenti adottare. E io? Lasciatemi ancora con gli occhi sognanti e la mente che vaga lungo la rotta che abbiamo percorso in questo pazzo Coast to Coast. In attesa del prossimo viaggio (in Australia? In Turchia? Sulla Luna?) l’avventura degli UFE continua a Trento, per ora nella quotidianità del Servizio di Salute Mentale, ma domani chissà… See you soon! Il presente capitolo raccoglie gli articoli pubblicati nei mesi di agosto e settembre 2011 sul quotidiano Trentino. 86 Gli UFE alla conquista degli States