Public Speaking per i professionisti dell`area legale
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Public Speaking per i professionisti dell`area legale
Public Speaking per i professionisti dell’area legale MARIO ALBERTO C ATAROZZO Public Speaking per i professionisti dell’area legale © Mario Alberto Catarozzo - Ottobre 2013 Ebook gratuito Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dei contenuti senza espressa autorizzazione dell’Autore. i Parlami perché io possa vedere... ii L’Autore Mario Alberto Catarozzo, laureato in Giurisprudenza, ha una lunga esperienza come trainer, coach e consulente sui temi della comunicazione, negoziazione, leadership, public speaking, crescita personale e professionale. Ha maturato le proprie basi professionali in oltre quindici anni di attività come product e project manager presso primarie strutture del mondo editoriale, della comunicazione e dei new media dedicate al settore professionale. Collabora con Enti, Associazioni e Ordini professionali per la formazione dei liberi professionisti sui soft skills e sulle competenze manageriali. Come Coach affianca studi professionali, liberi professionisti e manager impegnati in processi di sviluppo e cambiamento sia come singoli che in team. Svolge attività di trainer in corsi tenuti in aula e presso Studi professionali e aziende (per saperne di più: www.mariocatarozzo.it). È Coach professionista, formatosi presso la NLP Italy Coaching School, dove ha conseguito due specializzazioni, “Team Coach Professionista” e “Life Coach Professionista”, ed ha conseguito la qualifica di “Licensed NLP Coach™” certificata dalla Society of NLP di Richard Bandler. Presso la NLP Italy Coaching School ha conseguito due livelli di specializzazione in PNL (Programmazione Neuro Linguistica) - Practitioner e Master Practitioner - certificati dalla Society of NLP di Richard Bandler. È coach associato ad AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti). Seguimi su Twitter: @MarAlbCat 3 Introduzione Ma come, un ebook dedicato agli avvocati sul public speaking? Proprio loro che sono i principi dell’eloquio, che fanno del saper parlare un’arte e uno strumento di lavoro? Certo, perché saper comunicare (lett. “mettere in comune”) e saper parlare sono due cose diverse. Non solo, ma saper parlare e saperlo fare in pubblico è ancora diverso. In questa breve guida pratica, pensata per dare veloci strumenti di azione e un percorso di miglioramento, non parleremo di retorica o di dialettica, non scomoderemo quindi il buon Platone, Socrate o Cicerone. Non si tratterà, quindi, di come costruire l’eloquio al fine di avere ragione e di sostenere le proprie argomentazioni, compito importantissimo per un legale. Qui affronteremo tutte quelle situazioni in cui il professionista è chiamato a parlare ad una platea di persone, che siano occasioni interne alla vita di studio, per esempio una riunione o momenti formativi, oppure circostanze esterne, quali seminari, convegni, formazione per i clienti, consigli di amministrazione e perché no, udienza. Vedremo che il public speaking richiede allenamento, competenze e un po’ di preparazione emotiva. Parlare in pubblico è un po’ come essere ogni volta sotto esame, guardati e valutati dal pubblico nelle nostre performance. L’ansia quindi è un fattore naturale, vedremo come gestirla e renderla una risorsa invece che un ostacolo. Infine, i materiali: basta slide piene di testo, fitte fitte. Si può fare di meglio, anche per chi maneggia materia legale, leggi, articoli, parole. I contenuti del presente ebook in parte tratti dai miei corsi di formazione sull’argomento e in parte sono post pubblicati sul mio Blog. Bene, cominciamo! Mario Alberto Catarozzo Formatore e Coach iv CAPITOLO 1 Piacere e piacersi: come partire col piede giusto Dal Blog - 21.09.2012 Una storia come tante... Continuiamo il nostro viaggio nel public speaking, l’arte di parlare in pubblico, piacere e piacersi. Era da settimane che Franco, un avvocato “giovane dentro” (come si definiva lui strizzando l’occhiolino alle cinquanta candeline spente da poco), stava preparando la relazione per il convegno organizzato dal suo Studio legale. Era tutto perfetto, il palcoscenico era la riforma del lavoro e lui non poteva che essere l’attore principale, giuslavorista appassionato. In Studio si muoveva come una lontra in uno stagno di cui conosceva ogni anfratto. Era decisamente a suo agio lì. Ogni giorno percorreva l’asse scrivania, biblioteca di Studio, sala riunioni per la messa a punto della giornata con i collaboratori; di tanto in tanto una puntatina in tribunale per non dimenticarsi che esiste anche quella possibilità. Periodicamente lo aspettava la libreria di strada tra Studio e tribunale che, come un pit stop salutare, lo accoglieva a braccia aperte con lo sguardo di chi ricorda che comprare libri su Internet sarà pure comodo, ma non è bello. Insomma, fin qui tutto bene, piacevolmente sotto controllo. Ma di tanto in tanto il palcoscenico lo chiamava. Lì mille occhi sembravano puntati su di lui e sentiva la pressione che ogni giorno aumentava le sue atmosfere, come in una discesa in un mare che seppur conosceva bene lo agitava sempre. Sapeva di valere 100, ma di rendere 30 quando 5 era lì sotto i riflettori e questo, nel tempo, era diventata una spina nel fianco. Come tutte le situazioni che memorizziamo con intensità emotiva, le sue performance pubbliche erano diventate per lui ancore di un’emozione che si sarebbe risparmiato volentieri: l’ansia. Ansia da prestazione Siamo un po’ tutti Franco, che ne dite? Molti di noi vivono situazioni di questo tipo. L’ansia da prestazione è naturale, anzi attiva quelle risposte da stress (eustress) nel nostro organismo che ci permette di affrontare la situazione al meglio, di essere efficaci, energici e proattivi. Quando l’ansia, tuttavia, da alleato silenzioso diventa un rumoroso nemico…ecco che le cose cambiano. Le nostre capacità sembrano annichilite. L’ansia agisce come la criptonite su Superman. Che fare? Tante soluzioni sia per prepararsi al meglio (emotivamente e non solo), sia per affrontare nell’immediato la situazione. Le vedremo pian piano, post dopo post, ora soffermiamoci sul cosa dire al pubblico che ci guarda e ascolta nell’incipit del nostro discorso. Cosa non fare... “Vi chiedo scusa per l’emozione…”; “Vi chiedo di essere clementi per gli errori che farò, l’emozione, sapete…”; “Non sono abituato a parlare in pubblico, per cui mi vorrete scusare se sarò poco efficace…”; “Non sono uno speaker efficace, lo so, quindi vorrete scusarmi…”. Che ne dite, così va bene? Avete cominciato chiedendo scusa, vi siete giustificati, avete messo le mani avanti. Secondo voi il pubblico cosa penserà? “Povero”, oppure “che bravo”, o ancora “sì, bravo, vai avanti così…”? No, miei cari. Il pubblico penserà “ah, cominciamo bene”; oppure “e questo chi lo ha mandato“, o ancora “ma a me cosa frega se non sei abituato, io sono qui per sentire qual6 cosa di interessante, dai muoviti”; oppure ancora “apperò, cominciamo bene oggi…”. Che dite, vi ho fatto ulteriormente salire l’ansia adesso? Rilassatevi, ora vediamo come possiamo affrontare meglio la nostra emozione iniziale, senza “bastonarci” da soli pubblicamente (che poi era, paradossalmente, proprio ciò che temevamo nei nostri più reconditi film mentali). Scusarsi non va bene, perché non è una buona strategia comunicativa cominciare uno speech sulle difensive; inoltre, i “nostri” problemi, al pubblico non interessano, tanto più le nostre difficoltà (soprattutto se manifestate in questo modo). Non creeremo certo un “ponte” col pubblico in questo modo. Non è questa la strada dunque per creare il clima giusto nell’audience, né per creare empatia con chi ci ascolta e guarda. Come aprire al meglio la relazione Due strade... Vediamo dunque come cominciare bene se siamo in ansia, premesso che una buona strategia è lavorare prima sul nostro stato emotivo, in modo da arrivare in uno “stato” ottimale per lo speech. Pensate, per esempio, ad uno sportivo (un tennista ad esempio) che deve affrontare la partita: il primo step è mettersi emotivamente nella condizione ideale per dare il meglio di sè. Una volta in scena, comunque, se sentite forte la pressione dell’ansia abbiamo (almeno) due strade: 1. la prima è vivere tale emozione che ci pervade senza ostacolarla, cercare di mandarla via, evitarla, ma allearsi ad essa. Come? Immaginando, per esempio, che quell’emozione (che poi siamo noi) sia una calda coperta (Linus insegna) che ci scalda, esattamen- 7 te come la tuta di un atleta per tenere i muscoli caldi fino a pochi secondi prima dello sprint; Create subito empatia col pubblico 2. la seconda possibilità è di condividere col pubblico l’emozione che stiamo vivendo. Condividerla, non scaricargliela addosso! Quindi non scusarsi, bensì comunicare il proprio stato d’animo in modo che chi ci ascolta possa riconoscersi in quell’emozione umana e che, quindi tutti, conoscono bene. “Sono felice di essere qui con voi oggi, e mi sento sempre emozionato a parlare davanti ad una platea di colleghi…”; oppure “Ho il privilegio di parlarvi della riforma ed è sempre emozionante essere qui”; oppure ancora “Ogni qual volta sono in questa magnifica sala mi batte forte il cuore, perché mi ricorda tanti bellissimi momenti di confronto con il pubblico”; o, per chi preferisce un approccio più sobrio “Vi ringrazio di essere qui, sento sempre forte la responsabilità di relazionare a colleghi sulle novità normative perché so quanto è importante per ciascuno di noi essere aggiornati per poter offrire prestazioni professionali eccellenti ai propri clienti”. Che ne dite, meglio così? Che siate avvocati, commercialisti, notai, manager, imprenditori, ricordatevi sempre che di fronte a voi, dietro le cravatte e i tailleur ci sono sempre, semplicemente persone fatte di emozioni, più che di logica. 8 CAPITOLO 2 Il public speaking per i professionisti dell’area legale Le occasioni di parlare in pubblico Le occasioni di parlare in pubblico per un professionista dell’area legale sono prevalentemente legate a contesti quali: • riunioni in studio con collaboratori; • riunioni con clienti; • presentazioni di progetti e servizi a clienti; • convegni e conferenze a cui è chiamato ad intervenire; • seminari di aggiornamento economico-giuridici rivolti a colleghi; • seminari di aggiornamento tecnico-giuridico per figure interne alle aziende clienti; • tavole rotonde; • corsi di formazione (es. per mediatori); • docenze universitarie e master; • udienze civili e penali. Per quanto riguarda altre figure interne agli studi professionali, quali office manager, dirigenti e responsabili comunicazione, le occasioni di public speaking saranno prevalentemente interne allo studio (riunioni e staff meeting), convention di studio, convegni e tavole rotonde. 9 Ciascuna situazione presenta proprie caratteristiche a cui andrà adeguato lo stile di public speaking in funzione della tipologia dei partecipanti, della location e degli obiettivi dell’incontro. In che rapporto si pone lo speaker rispetto al pubblico Possiamo comunque riassumere tre tipologie di rapporto che si possono instaurare tra speaker e pubblico: 1. rapporto alto-basso > tipico delle docenze universitarie, seminari, corsi dove il compito del relatore è facilitare la comprensione del pubblico; 2. rapporto alla pari > dove l’obiettivo è la condivisione del sapere; 3. rapporto consulenziale > dove l’esigenza è di fornire risposte e strumenti. ...e in udienza? A ciò si può aggiungere la delicata situazione dell’udienza, dove l’avvocato avrà come obiettivo il dimostrare il fondamento delle proprie ragioni portando argomentazioni. Qui la retorica e la dialettica giocano un ruolo determinante, ricordando che giudice, giuria, testimoni, ecc. sono persone e come tali fatte di emozioni. Ora se il compito dell’avvocato in udienza non è quello di emozionare (non il principale, quantomeno), saper veicolare contenuti creando un clima emotivo favorevole sicuramente offre una marcia in più. 10 CAPITOLO 3 Public speaking come opportunità di visibilità professionale Il parlare in pubblico in molti casi è lo strumento migliore per farsi conoscere, per avere quindi una visibilità privilegiata e un palcoscenico tutto nostro. Un grande palcoscenico... Tali occasioni dunque vanno sfruttate al meglio, soprattutto quando il pubblico è composto da potenziali clienti: imprenditori, manager, altri professionisti con cui creare network. Il public speaking inoltre, rispetto all’essere autore di pubblicazioni o articoli, non solo fa curriculum, ma avvicina molto il potenziale cliente al professionista-speaker. Infatti nell’assistere ad una relazione, ad un convegno vengono coinvolti tutti i nostri sensi e soprattutto tutto il mondo del non verbale, cioè di quella comunicazione che viaggia a livello inconscio o preconscio, ma che fa la differenza nelle relazioni. Il nostro cliente avrà così, ascoltando la nostra relazione, la possibilità non solo di saggiare la nostra bravura “tecnica”, ma anche i nostri modi, la nostra capacità empatica, il nostro carisma, tutti elementi che da un articolo o da un libro non potrebbero emergere, quantomeno non così evidenti. Ecco perché il public speaking non va visto, come molti professionisti fanno, come una cosa marginale, da preparare nei ritagli di tempo, una scocciatura da togliersi 11 Public speaking come formidabile strumento di promozione dai piedi quanto prima. Se vogliamo, è la miglior attività di marketing, la più elegante e utile: comunicare la nostra professionalità con i contenuti dimostrando cosa sappiamo fare. Dunque preparare la relazione o l’intervento solo da un punto di vista tecnico-giuridico senza dedicare il giusto tempo a programmare le modalità dell’intervento, i tempi, gli strumenti e…noi stessi, può essere un lavoro fatto a metà. Può voler dire non cogliere appieno le opportunità che l’occasione ci offre. Non si ricorderanno cosa avete detto, ma come li avete fatti sentire Ricordatevi, probabilmente non si ricorderanno cosa avete detto, ma non possono dimenticare come li avrete fatti sentire. E poiché anche le persone sono ancore di emozioni, ecco che se avete trasmesso una personalità positiva, piacevole, si ricorderanno di voi in questi termini e al primo incontro risveglierete nelle persone la stessa sensazione provata. Dunque dedicate del tempo a studiare l’audience, cosa si aspetta, da chi è composta e a mettervi nel miglior stato d’animo possibile per creare partnership con l’aula. Mi ricordo alcuni speaker entrare in aula con tono quasi di sfida, del tipo “ora vi faccio vedere io chi sono”, oppure accompagnati da una buona dose di ansia, tanto da apparire impacciati come bambini ad una recita di Natale; o altri ancora tirar diritto senza preoccuparsi di chi avessero davanti, come se dovessero portare a termine una missione, costi quel che costi, e nei tempi stabiliti. Stop. Non sono stati, neanche a dirlo, buoni esempi di public speaking. 12 CAPITOLO 4 Le riunioni in Studio Anche il parlare in riunione fa parte del public speaking. Che ad ascoltarci vi siano poche persone o una moltitudine, poco cambia. Nello studio professionale la riunione (soprattutto negli studi di più piccole dimensioni) viene spesso confusa con il trovarsi a parlare nell’ufficio di uno piuttosto che dell’altro, oppure davanti ad un caffè o a pranzo, “tanto ci parliamo in continuazione” è spesso la giustificazione. L’importanza delle riunioni La riunione ha una sua funzione ben precisa e pertanto per essere tale richiede pianificazione, un luogo (sala riunioni), una scaletta, una convocazione, un report finale. Avere in studio un momento prefissato dedicato alla discussione di determinate questioni, al confronto è psicologicamente diverso dal fare le cosa “a braccio”, all’occorrenza, senza programmazione. Tanto più se lo studio comincia ad assumere dimensioni strutturate, con diversi collaboratori. La riunione permette infatti di creare momenti di condivisione, di allineare le informazioni, di creare spirito di gruppo, di consolidare il team di lavoro, di motivare. E soprattutto la riunione ben condotta permette ai partecipanti di uscire da essa con un “to do”, un piano di azione. 13 Tipologie di riunione Riunioni informative Riunioni formative Riunioni di coordinamento Riunioni di brainstorming Riunioni motivazionali Quanto agli obiettivi o funzioni delle riunioni si possono distinguere almeno le seguenti tipologie principali: 1. Riunioni informative 2. Riunioni formative 3. Riunioni di coordinamento e progettazione 4. Riunioni di brainstorming 5. Riunioni decisionali 6. Riunioni motivazionali • Le riunioni informative, come dice la stessa parola, hanno la funzione principale di trasmettere ai partecipanti informazioni, di aggiornare e di allineare tutti intorno ad una novità, evento, cambiamento, contenuto. • Le riunioni formative hanno appunto la funzione veicolare contenuti perché vengano appresi. Alcuni studi fanno dei veri e propri corsi di formazione e aggiornamento interni per i propri collaboratori. • Le riunioni di coordinamento sono riunioni operative dove intorno al tavolo siedono tutte le persone coinvolte a vario titolo nella realizzazione di un progetto. • Le riunioni di brainstorming sono quelle più “creative”. I partecipanti sono chiamati a condividere le proprie idee e soluzioni al fine di addivenire alla definizione di nuove strategie, di nuove idee e soluzioni. Le riunioni decisionali sono tutte quelle dirette al raggiungimento di decisioni strategiche od operative per esempio su una pratica, su un caso o su un progetto. • Le riunioni motivazionali hanno la funzione di condividere successi e risultati per focalizzare il team, per rinvigorire lo spirito di gruppo, per tenere alto lo spirito. 14 CAPITOLO 5 Public speaking. L’arte di toccare le corde giuste Dal Blog – 31.03.2012 Avete mai provato a soffermarvi su un discorso di un grande personaggio? Pensiamo a Martin Luther King, a Ghandi, a John Kennedy, Ronald Reagan o, per venire ai nostri tempi, a Barack Obama o ad Angela Merkel. Già, se lo fate e vi prendete in mano un loro discorso per analizzarne la struttura e poi vederne comodamente in poltrona il loro intervento con tanto di video e di audio vi sarebbe subito chiaro cosa c’è di più nei loro discorsi. Le parole usate, il tono di voce, il ritmo, le pause, lo sguardo, i gesti sono tutti orientati, come i fiati, gli archi, le percussioni in un’orchestra verso l’unico obiettivo: emozionarvi, coinvolgervi, rendervi parte di. Trasmettere emozioni Un principio da non dimenticare... Trasmettere un’emozione, rendere partecipi gli altri, farli sentire parte di un tutto, attori e non spettatori è quello che c’è di più nei loro discorsi rispetto a tanti di politici, dirigenti, personaggi pubblici che spesso ascoltiamo senza che ci restino in mente per più di qualche secondo. Ricordo bene il principio-cardine del public speaking che insegno ai miei corsi: “Non si ricorderanno di te per quello che hai detto, si ricorderanno di te per come li hai fatti sentire“. Già, come li hai fatti sentire… Parliamo qui di passione, di coinvolgimento. Parliamo di discorsi dove le parole magicamente non si fermano al timpano ma sembra che viaggino sul15 la nostra pelle palmo a palmo come un balsamo. La capacità di usare metafore, di avvalersi del racconto per trasmettere un’idea, un principio, un concetto. Il tempo, nei loro discorsi, è il miglior alleato con cui danzare tra il ricordo di un episodio passato e il progetto futuro. E loro, in questi discorsi, sono sempre in prima linea. Parlano di ciò che loro possono fare per il Paese, di ciò che sentono, di ciò che provano. Partono da loro per arrivare a noi. E noi rispondiamo. Emotivamente, prima di tutto. I grandi discorsi della storia... Come dimenticare il famoso discorso tenuto a Washington nel 2009 da Angela Merkel, un vero e proprio elogio della collaborazione americana: “Ringrazio gli americani e i piloti alleati che ascoltarono e accolsero l’invocazione disperata del sindaco di Berlino Ernest Reuter, quando disse ‘gente del mondo guardate questa città’. Per mesi quei piloti distribuirono cibo con un ponte aereo e salvarono Berlino dalla fame”. Come dimenticare in quel tragico 1963 il discorso a Berlino Ovest di John Fitzgerald Kennedy che parlava ad una platea di milioni di cittadini spaventati, disperati, affamati: “Ich Bin Ein Berliner”. “Duemila anni fa, nel mondo libero l’orgoglio più grande per un uomo era poter dire io sono cittadino romano. Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio è poter dire sono un cittadino di Berlino”. Avrebbe potuto dire la stessa cosa in tanti modi, ma lo disse in questo modo ed entrò nella storia. Kennedy così, lontano dagli Stati Uniti, conquistò i berlinesi, il mondo e anche le generazioni future. Che dire di un Ronald Reagan che nel 1987 alla presenza dell’allora Presidente sovietico disse parole semplici di una forza dirompente: “Mr Gorbaciov, apra questa 16 porta, abbatta quel muro”. Davanti a loro la porta di Brandeburgo. Intorno a loro il muro di Berlino. Potremmo andare avanti, con Obama a Berlino nel 2008, prima di essere eletto Presidente, con un discorso che si legava a quello di Kennedy quarantacinque anni prima. Già, un candidato alla Presidenza di 46 anni, di colore e che solo 8 anni prima nessuno conosceva. Un candidato che con i suoi discorsi ha portato a votare dai senza tetto ai giovani, dagli afro-americani ai signori di Wall Street. L’idea? Cambiare di nuovo il mondo. Rinnovare la società, prendere al volo la nuova sfida verso la speranza di un mondo migliore. “Non vi parlo da candidato alla Casa Bianca, ma da cittadino americano, da cittadino del mondo. (…) I muri tra vecchi alleati da una parte e l’altra dell’Atlantico non possono rimanere in piedi. I muri tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri non possono rimanere in piedi. Quelli tra le razze e le tribù, tra i nativi e gli immigrati; tra i cristiani, i musulmani e gli ebrei, non possono rimanere in piedi. Questi sono i muri da abbattere.” Sì, noi possiamo, ci lascerà il Presidente Obama come motto dopo la sua campagna elettorale. Public speaking è coinvolgere e condividere un’esperienza E’ questa passione, le emozioni che muovono in noi, gli scenari che aprono davanti ai nostri occhi che ci catturano. Vere e proprie iniezioni di calore, fiducia, speranza. Leggiamoli e rileggiamoli e impariamo. Impariamo che quando vogliamo coinvolgere chi ci ascolta, siamo essi i nostri collaboratori, amici, un pubblico, non si ricorderanno tanto di cosa abbiamo detto, quanto di come li abbiamo fatti sentire. 17 CAPITOLO 6 E se tu fossi affamato... Dal Blog – 31.11.2011 Il messaggio efficace Chi ha il timone delle nostre decisioni? Emozione, semplicità, coinvolgimento. Per creare messaggi efficaci queste sono le tre componenti indispensabili. Che vogliamo comunicare in riunione con il team di studio, che stiamo parlando in un incontro con un nuovo cliente, sul nostro sito internet, piuttosto che in un convegno, in una presentazione o in un dialogo a due, per catturare l’attenzione dei nostri interlocutori è indispensabile sapere che stiamo parlando a degli esseri fatti di emozione più che di ragione. Così è l’essere umano. E poi, delle tre “parti” del cervello ciò che dobbiamo sapere è che è l’Old Brain che decide, cioè la parte più antica e primitiva del nostro sistema nervoso centrale, quella, per intenderci, in cui risiedono gli istinti primordiali, il cervello che scientificamente prende il nome di “cervello rettile” (perchè comune a tutti i rettili e quindi corrispondente ad una prima fase evolutiva). Questo è il cervello emotivo, quello in cui risiedono gli istinti legati alla sopravvivenza, è l’area in cui si decide la reazione di attacco o fuga di fronte alle situazioni che ci capitano ogni giorno. Insomma, è il pilota che ci ha condotti sino a qua vivi e vegeti nei millenni. Nella nostra evoluzione poi intorno ad esso si è sviluppata un’area cerebrale più recente, il Sistema limbico, tipico dei mammiferi, 18 Un viaggio nel nostro cervello... E le parole che valore hanno? anch’esso sede delle emozioni (Middle brain) e infine nell’uomo si è sviluppata la corteccia cerebrale, l’area del pensiero (New brain), ciò che distingue la nostra specie da tutte le altre, la sede del pensiero logico, appunto. Le tre, come vecchie sorelle zitelle, interagiscono ogni istante, si parlano, si scambiano informazioni e ci conduc o n o n e l l e n o s t r e d e c i s i o n i q u o t i d i a n e . Per semplificare, la neocorteccia pensa, il sistema limbico sente e il cervello rettiliano decide il da farsi. Mi starete chiedendo: interessante, ma perchè ci dice questo quando avevamo iniziato a parlare di comunicazione e di messaggi in riunione, o in un one to one? La ragione è che dobbiamo sapere quando parliamo a chi stiamo parlando delle tre vecchie zitelle, o meglio, dobbiamo sapere chi prenderà le decisioni che ci interess a n o ! Noi dedichiamo tanta energia alle parole – qui mi riferisco alla comunicazione tra presenti – quando in realtà esse contano meno del 10% nella comunicazione. Perchè? Perchè dopo pochi secondi/minuti i nostri interlocutori perdono l’attenzione su ciò che stiamo dicendo e cominciano a distrarsi, a meno che non siamo in grado di catturare la loro attenzione più a lungo, quindi di emozionarli, meravigliarli e fare in modo che continuino a seguirci nel nostro discorso. Inoltre dedichiamo di solito poca cura a come diciamo le cose, quando invece il paraverbale è molto importante e cambia il significato percepito delle parole. Ecco perchè comunicare quando si è in uno stato d’animo alterato non è una buona idea. La stessa parola detta con un tono di voce o con un altro cambia di significato; detta con una intonazione o con un’altra può voler dire cose opposte; anche il volume e la frequenza hanno poi il loro ruolo nel colorare di significato una parola o 19 Relazionarsi con i collaboratori Il valore del paraverbale E nella comunicazione scritta? u n a f r a s e . Dunque, se volete far capire ad un vostro collaboratore dove ha sbagliato, in modo che impari e in futuro non ripeta l’errore, la cosa più sbagliata che potete fare è chiamarlo nel vostro ufficio quando siete ancora arrabbiati, fargli il cazziatone canonico e poi pretendere che lui abbia capito e imparato. Ciò che avete in realtà fatto è spaventarlo (o averci provato quantomeno) e ciò che lui avrà percepito non è il contenuto del messaggio…ma che voi eravate arrabbiati! Si è in sostanza difeso istintivamente dal vostro attacco ed ha perso il contenuto del messaggio. Una volta tornato di là, se un collega gli avesse chiesto “cosa ti ha detto” avrebbe risposto: “era arrabbiato!”. In sostanza sono il “paraverbale” = come diciamo le cose e il “non verbale” = il linguaggio del corpo a parlare direttamente al nostro cervello emotivo, sia a quello limbico che a quello rettiliano e loro, a ciò deputati dalla natura, reagiscono istintivamente e inconsciamente. Ma sono l o r o c h e d e c i d o n o ! Questo vale anche nella comunicazione scritta, per esempio sul nostro sito web di studio. Se non utilizziamo termini che coinvolgono, che colpiscono, di immediato effetto, stiamo sbagliando interlocutore. Parlereste mai col cancelliere in udienza spiegandogli i come e i perchè quando il decisore è il giudice? No! Quindi perchè ostinarci a parlare col cervello razionale quando chi decide non è lui? Se vi metteste per strada col cartello “Ho fame” pochi si fermerebbero impietositi a darvi una moneta. Non li avete coinvolti, non avete parlato col decisore. Se sul quel cartello scriveste: “E se tu fossi affamato?”. Provate e ditemi cosa succede. 20 CAPITOLO 7 Le basi della comunicazione Fissiamo dunque alcuni punti cardine sulla comunicazione interpersonale, valida tanto nella comunicazione one to one, quanto nella comunicazione in pubblico. •PUNTO 1 I canali della comunicazione Esistono tre livelli o canali di comunicazione: - VERBALE = ciò che dico, le parole, i contenuti; - PARAVERBALE = come lo dico (tono, frequenza, ritmo, volume) - NON VERBALE = comportamento, postura, silenzio, respiro, gesti. Il valore dei canali comunicativi Quali sono i “pesi” di questi canali sull’efficacia della comunicazione? Albert Meherabian, antropologo, in esito ai suoi studi definì questi valori: • la comunicazione verbale incide solo per il 7% sull’efficacia complessiva delle nostra comunicazione; • la comunicazione paraverbale incide il 38%; • la comunicazione non verbale incide per il 55%. 21 Cosa significa questo? Vuol dire che noi solitamente siamo più attenti al canale meno efficace della comunicazione, le parole. •PUNTO 2 Il valore del feedback Ciò che ci dice se siamo stati efficaci nella comunicazione è il feedback che riceviamo dai nostri interlocutori. •PUNTO 3 Ricostruzioni soggettive della realtà Ciascuno si crea una propria immagine della realtà ricostruendola continuamente secondo filtri di vario tipo. Quindi un valido comunicatore è colui che sa calibrare i propri interlocutori e adattare la propria comunicazione in modo da facilitarne la comprensione e la condivisione di contenuti con gli interlocutori. La PNL (Programma22 La PNL zione Neuro Linguistica) - la disciplina create negli anni ’70 negli Stati Uniti da Richard Bandler e John Grinder) ci insegna che ciascuno si forma la propria “mappa” della realtà che non è il territorio su cui si muove. Ciò che percepiamo è per noi la nostra realtà soggettiva, quindi siamo portati a pensare che sia l’unica valida. Pertanto quando comunichiamo e l’interlocutore non capisce, siamo portati a pensare che sia lui “in difetto”, che sia “stupido” o che “non si impegni abbastanza”. Invece dovremmo provare a modificare tempi, modi, luoghi e canali della comunicazione partendo dal presupposto che seguire la stessa modalità ci porterà agli stessi risultati. 23 CAPITOLO 8 Parlare in pubblico, dire cose interessanti e annoiare a morte Dal Blog – 27.04.2012 Parlare senza trasmettere emozioni Di recente ho partecipato ad un seminario di aggiornamento giuridico. Un pomeriggio intero, quattro ore fitte fitte. Dopo mezzora temevo già come si sarebbe svolto il resto del pomeriggio. Le premesse non erano delle migliori. Il relatore apre il seminario seduto saldamente al suo posto, come timone il portatile, che per il resto del pomeriggio si dimostrerà il suo miglior alleato, anzi il suo miglior interlocutore, dal momento che buona parte del tempo la passerà a fissare lo schermo mentre legge tratti della normativa e spiega tabelle e schemi accuratamente preparati. Passata la prima ora, comincio ad osservare le reazioni dei partecipanti. Alcuni intercalano con sbadigli i minuti che passano, altri mandano sms, altri hanno la palpebra a metà, complice la digestione in atto e un clima in aula perfetto per una pennichella o giù di lì. Alcuni super motivati vedo che cercano di seguire prendendo freneticamente appunti e quindi fissando intensamente le slide proiettate sul grande telone bianco. Nel dubbio di ricevere o meno gli appunti, meglio prenderli. Del relatore, della sua personalità, al momento non c’è traccia. Preparato, su questo non c’è dubbio. Una quantità 24 di dati normativi snocciolati a pioggia invadono le menti degli ascoltatori. A questo punto non riesco più a seguire, nonostante i tentativi e, deformazione professionale, cerco di utilizzare al meglio la situazione osservando, cercando di capire cosa non sta funzionando. Senza empatia lo speech perde buona parte del suo valore Il contatto tra il relatore e l’audience manca del tutto, non si è mai instaurata, a dire il vero. Quindi manca il supporto emotivo, il clima in aula per veicolare con efficacia qualunque contenuto e messaggio. Manca, in sostanza, il coinvolgimento. Eppure dice cose interessanti, è il tono di voce a non aiutare. Sono quasi due ore di mono-tono, di voce impostata, calma ma sempre uguale. Poche pause, ritmo lento e sempre, tutto, noiosamente cantilenante. Finalmente sento una novità che interrompe il ritmo: “Pausa caffè ora, ci vediamo tra quindici minuti”. Mi alzo per sgranchirmi le gambe e fare quattro chiacchiere con gli altri. Non siamo neanche pochi, ora noto. Almeno una cinquantina. Tutti in silenzio defluiscono dall’aula verso l’agognato caffè a cui si chiederà aiuto per affrontare la seconda parte. Sento qualche scambio di parole e più di uno si chiede se alla fine ci daranno degli appunti oppure se stanno facendo bene a segnarsi quanto più possono per avere traccia delle novità. Tutti commentano che è interessante l’intervento, certo un po’ noioso, ma tant’è. Seduti o in piedi? Si riprende e il copione non cambia: seduto dietro il computer l’unico gesto che si sente è il dito che manda avanti le slide. Finito il seminario un timido applauso decreta il gong e si va tutti via, con un attimo di attesa per 25 la risposta alla domanda dal centro della sala: “Ci manderà delle slide?”. Secco si sente un “avrete una dispensa in pdf che vi verrà inviata via mail”. Beh, almeno quello solleva l’animo e si va. Il valore del linguaggio del corpo durante lo speech L’importanza dello humor A molti professionisti capita di dover parlare in pubblico a platee più o meno vaste. A tutti è capitato di parlare in riunioni con collaboratori o clienti. Saper condividere informazioni, saper trasmettere messaggi comporta innanzitutto il mantenere viva l’attenzione, il coinvolgere l’audience e farla sentire parte attiva. In tutto ciò giocano un ruolo importante la gestualità, come si usano le mani per sottolineare concetti, ancorarli nello spazio, condurre la vista e la mente dei partecipanti. Importante è l’uso della voce, saper cambiare tonalità per sottolineare concetti, saper costruire frasi brevi e unire silenzi a momenti di verve. Per non parlare dell’importanza di saper gestire lo spazio intorno a noi, in piedi davanti alla platea senza tuttavia sembrare una trottola o una canna al vento. Chi ci ascolta vuole essere attratto non solo da ciò che stiamo dicendo, ma anche da come lo facciamo. Così, usare la tecnica delle metafore, il racconto, gli esempi, un aneddoto e un po’ di humor intelligente può fare la differenza tra chi si limita a leggere le slide e a trasferire piatto piatto un contenuto e chi lo rende interessante e coinvolgente. Insomma, il bel public speaking è un’arte e per l’audience è una manna dal cielo! 26 CAPITOLO 9 Sistemi comunicativi e udienza civile e penale Facciamo un po’ di chiarezza sui sistemi comunicativi e su alcuni termini e loro significato. SISTEMI COMUNICATIVI! PARAVERBALE! CINESTESICO! PROSSEMICO! APTICO! CRONEMICO! 27 VESTEMICO! Prossemica La prossemica indica l’organizzazione e la gestione dello spazio intorno a noi, quindi anche dello spazio relazionale. Riguarda in generale il rapporto tra l’uomo e lo spazio. La prossemica è stata studiata inizialmente dall’antropologo E. T. Hall che studiò appunto la percezione e l’uso dello spazio (La dimensione nascosta, 1968). Rientrano nella prossemica tutte le attività di gestione dello spazio intorno a noi diretto a modificare la percezione della c.d. “dimensione psicologica”. Così un uomo che si sente basso può agire mettendosi scarpe col tacco per “sembrare” più alto. Negli anni ’80 le donne usavano gli abiti con le “spalline” per sembrare più imponenti e quindi importanti. E così anche l’uso della cravatta, del tacco a spillo ecc. rientra nella gestione di quanto diventa estensione del nostro corpo nel nostro percepito e in ciò che vogliamo trasmettere. Siamo qui a cavallo con la vestemica di cui parleremo tra poco. Le distanze relazionali Rientra a pieno titolo nella prossemica la distanza relazionale, cioè la distanza fisica tra noi e i nostri interlocutori. Si distinguono: • distanza intima: -50 cm • distanza personale: 50 cm- 1m • distanza sociale: + 1 m • distanza pubblica: + 2 m 28 PROSSEMICA! 50 cm – 1 m! ZONA ! SOCIALE! ZONA ! PERSONALE! + 1 m! - 50 cm! ZONA ! DI INTIMITÀ! Sotto certe “soglie” la distanza assume significato relazionale! Prossemica e retorica Gli elementi della retorica Cos’è invece la retorica? La retorica è l’arte del ragionamento che ha origini antichissime. Aristotele con i suoi sillogismi era un retore. Cicerone, Demostene e Lisia furono grandi retori ancora oggi studiati nelle scuole forensi. La retorica è l’arte di argomentare per persuadere, avere ragione. Quali erano le 5 parti per organizzare e argomentare un discorso? • Inventio • Dispositio • Elocutio • Memoria • Pronuntiatio (actio) INVENTIO = ricerca di argomenti DISPOSITIO = organizzazione degli argomenti 29 ELOCUTIO = dar forma agli elementi del discorso MEMORIA = tecniche di memorizzazione PRONUNTIATIO = abilità di esposizione La prossemica La prossemica nell’udienza penale nell’udienza penale Nell’udienza penale, e più in particolare nell’esame e nel controesame dei testimoni, così come nell’interrogatorio delle persone indagate o dell’imputato, grande attenzione viene posta al body language, al linguaggio del corpo: espressioni facciali, prossemica, paraverbale, per cogliere ogni aspetto “latente” di comunicazione non verbale. Il Metamodello Il Metamodello, elaborato da Virginia Satir negli anni ’70, è la tecnica di porre domande di precisione al fine non solo di raccogliere informazioni, ma anche di saggiare la veridicità di ciò che viene detto e può essere centrale, per esempio, nel controesame dei testimoni. Continue domande, brevi, precise, sintetiche, con un ritmo incalzante in modo da dare poco tempo per riflettere e quindi rispondere di istinto. La cross examination Più in generale la cross examination è una forma di comunicazione processuale utile al giudice e non solo. Quanto è importante per l’avvocato conoscere le regole del metamodello per condurre le domande in profondità? Quanto conta saper leggere il linguaggio del corpo dell’esaminato: come tiene le mani, i piedi, le espressioni del volto, i movimenti oculari, le variazioni del tono di voce? Quanto è importante per l’avvocato nell’udienza penale saper gestire il proprio spazio, controllare la gestualità in funzione di ciò che vuole trasmettere, saper modulare 30 L’importanza della linguistica opportunamente l’intonazione e il volume della voce? Quanto è importante saper strutturare in modo efficace la frase, usare una linguistica utile per entrare in sintonia con il giudice piuttosto che con la giuria popolare in Corte d’Assise? Molto, moltissimo. Se l’obiettivo è raggiungere il risultato, non si tratterà di avere UNO stile come avvocato, bensì di averne TANTI da usare in funzione delle circostanze. Fondamentale poi sarà la capacità dell’avvocato di spostare l’attenzione su un punto piuttosto che su un altro della questione, spostando così il focus con domande di precisione, ripetute, brevi e mirate. Certo, capacità di retorica, ma anche linguistiche, di prossemica, cinesiche. Per non considerare l’importanza nel public speaking dell’avvocato penalista dell’uso delle metafore, del racconto e dello humor. Il ruolo dell’avvocato nell’udienza penale Qual è in definitiva il ruolo dell’avvocato? Convincere i propri interlocutori del fondamento della propria tesi attraverso le diverse argomentazioni prodotte e quindi ottenere ragione agli occhi degli giudice in virtù del principio di ragionevolezza. Siamo nella retorica. Non si tratta dunque, come da alcuni paventato, di “manipolare” la volontà altrui, piuttosto che di incidere sugli aspetti psicologici, bensì di unire all’arte oratoria e alla retorica classica, competenze comunicative di altre discipline che ne possono completare e potenziare gli effetti. 31 Come diceva Cicerone, ancor più importante dell’arte dell’oratoria è saper creare le condizioni perché l’ascoltatore sia ben disposto nei confronti dell’oratore e da questo coinvolto emotivamente. Otterrà molto di più se saprà creare empatia. Vestemica Vestemica Indica la gestione della comunicazione che passa attraverso l’abbigliamento e gli ornamenti. Quindi dal tailleur alla giacca e cravatta, dai tacchi all’orecchino al trucco, al cellulare ecc. Aptica Cronemica Aptica Indica la gestione del contatto tra gli interlocutori: pacca sulla spalla, abbraccio, carezza ecc. Il contatto fisico parla direttamente alla mente inconscia. Cronemica Indica la percezione e la gestione dei tempi nella comunicazione con l’interlocutore. Nel public speaking è fondamentale per mantenere rapport con l’audience mantenere sintonia di tempi tra relatore e pubblico, altrimenti si resta soli. 32 C A P I T O L O 10 L’importanza della prossemica nel public speaking Dal Blog - 23.02.2013 Meglio seduti o in piedi? La maggior parte dei convegni o seminari ci hanno abituato a vedere il relatore saldamente seduto al suo posto dall’inizio alla fine della relazione. Se ciò poi si accompagnava ad un andamento mono-tono del paraverbale ecco che, a prescindere dalla bontà dei contenuti, l’evento risultava in salita. Difficile, infatti, mantenere alta l’attenzione in tali condizioni (che è poi ciò che permette di memorizzare i contenuti). Altra musica, invece, quando ci è capitato di partecipare a convegni o seminari dove lo speaker riusciva sapientemente a gestire lo spazio intorno a sé, muovendosi abilmente verso l’audience o parallelamente ad essa, come un attore consumato su un palcoscenico. Se poi a ciò si accompagnava un efficace uso della voce e del ritmo del discorso, il risultato non poteva che essere piacevole e coinvolgente. Gestire lo spazio È utile quindi chiedersi quanto sia importante la prossemica nel public speaking, intendendo con essa la capacità di gestire lo spazio intorno a sé per migliorare l’efficacia della comunicazione tra speaker e pubblico. Spesso, infatti, chi è chiamato a gestire discorsi o relazioni in pubblico si preoccupa sostanzialmente dei contenuti della relazione, 33 Lo speaker è il protagonista tralasciando altri aspetti che invece sono di estrema importanza e che, a parità di bontà di contenuti, possono decisamente fare la differenza sul risultato finale. Uno di questi è appunto la gestione dello spazio intorno al relatore. Stare seduti immobili dietro al computer o ai fogli degli appunti e stare in piedi davanti al pubblico fa la sua differenza. Non solo. Stare in piedi e gestire con padronanza la postura del proprio corpo, in modo da evitare di dondolare, di muoversi a scatti o in modo scomposto, di sembrare goffi o impacciati, conta eccome. Saper tenere il centro della scena, dal momento che in quel frangente i veri protagonisti siamo noi, trasferirà un senso di padronanza, carisma e autorevolezza. Allo stesso modo, saper coinvolgere il pubblico con la gestualità delle mani, ancorare nello spazio concetti e immagini, dettare i ritmi dello speech, abbracciare tutto il pubblico con lo sguardo, trasmetterà un senso di partecipazione, di coinvolgimento e concorrerà a mantenere alta l’attenzione e l’interesse. Ci sarà una ragione per cui i più grandi speaker del mondo relazionano sempre in piedi. Alcuni si muovono padroni della scena e delle emozioni del pubblico, altri sono piantati a terra come montagne e trasmettono quella sicurezza di chi sa bene il fatto suo. In ogni caso, al di là delle parole, saranno le emozioni che riusciranno a trasmettere e condividere col pubblico che quest’ultimo memorizzerà e ricorderà nel tempo. Quanto appena detto vale in qualunque ambito, anche nei seminari e convegni giuridici dove, anzi, proprio perché il pubblico è abituato a vedere relatori immobili e stabilmente seduti in poltrona, noterà con piacere la differenza e si farà coinvolgere volentieri dallo speaker. 34 C A P I T O L O 11 Gli ingredienti per un buon risultato Qual è la funzione dello speaker? Quando si diventa un buon oratore? Ti devo o ti voglio ascoltare? Parlare in pubblico non è sfoggio di sapienza e cultura. L’obiettivo non dev’essere quello di dimostrare qualcosa, né tantomeno quello di soverchiare gli altri creando distanza: “io ne so molto di più di voi”. Questo crea antipatia, che è l’opposto dell’empatia; magari può generare rispetto, ma sicuramente poca condivisione e poco rapport. Non è questa, insomma, la strada né del carisma, né del public speaking. Quali sono gli ingredienti? Quando si diventa dunque un buon oratore? Quando si è perfetti?! No di certo. Un buon oratore è completo, non perfetto. Quando cioè ha nel proprio bagaglio strumenti diversi per coinvolgere e trasmettere nella diversità dell’audience emozioni e contenuti. Anche nelle situazioni in cui il parlare in pubblico diventa uno strumento di visibilità, di “self marketing”, di promozione della propria attività e del proprio studio, ricordiamoci che l’ascoltatore è una persona e le persone sono fatte di emozioni, più che di ragione. Avere carisma, vuol dire avere fascino, avere ascendente su chi ci ascolta, non autorità. È la netta differenza tra i leader e i capi: “ti devo ascoltare” o “ti voglio ascoltare”. Certo, poi dalla presenza carismatica deriva un “potere” sugli interlocutori, nel senso che si affideranno per farsi guidare. Pensate a ciò 35 Riunioni di studio che accade nelle riunioni di studio in cui i collaboratori sono obbligati ad ascoltare ciò che dice il dominus di studio o il senior partner per la posizione che occupa (principio di autorità). Diverso è il caso dei collaboratori che seguono in riunione quanto ha da dire il leader di studio perché è lungimirante, ha le idee chiare, sa comunicare e coinvolgere, insomma ha carisma, leadership. 36 C A P I T O L O 12 Progettazione dello speech Nell’attività del public speaking vanno distinti due momenti: 1. il momento della PROGETTAZIONE dell’evento 2. il momento della GESTIONE dell’evento Progettare! Pubblico! Gestire! Mezzo! Speaker! 37 Comunicazione! Fase di progettazione Fase di gestione Nella progettazione ci occupiamo di preparare gli strumenti (mezzo) e di prepararci al pubblico (target) che avremo davanti. Nella fase della gestione, saremo invece all’opera: andrà qui gestita la comunicazione nei suoi tre livelli (verbale, paraverbale e non verbale) e l’emotività. Per ciò che attiene la progettazione dell’intervento in pubblico, vanno distinte 5 fasi di preparazione: La progettazione dell’intervento in pubblico 5 fasi! FASE 1! BRAINSTORMING! FASE 2! SELEZIONARE L ESSENZIALE! FASE 3! CREARE UNA STORIA! FASE 4! DARE FORMA ALLA STORIA! FASE 5! RIPULIRE! DESIGN E CONTENUTI! 38 libertà/solitudine! chiarezza/focus! storyboard/filo conduttore! ppt/keynote! domande su cosa! non è essenziale! C A P I T O L O 13 Gli elementi del public speaking I pilastri del public speaking si possono sintetizzare in quattro punti: • PUBBLICO (AUDIENCE) • MEZZO (STRUMENTI) • PRESENTATORE (SPEAKER) • MESSAGGIO (COMUNICAZIONE) ELEMENTI DEL PUBLIC SPEAKING! PUBBLICO! MEZZO! PRRESENTATORE! MESSAGGIO! 39 C A P I T O L O 14 Le slides del professionista legale Argomenti giuridici... Per calare nella realtà di un avvocato o di un commercialista il discorso sui mezzi utilizzabili, diciamo che la situazionetipo vedrà il professionista supportare la propria relazione con slide rappresentate da tutto testo. Ciò accadrà sia quando oggetto della relazione è una novità normativa da commentare, piuttosto che quando il corso prevederà un’attività didattica dove trasmettere contenuti. In questi casi le slide possono essere di aiuto e, rispetto ad altre situazioni di public speaking, l’uso di immagini ad effetto verrà meno in aiuto. Diverse possibilità Detto ciò, ci sono diverse alternative alla proiezione di slide tutto testo, fitte fitte, ricche di bullet point che annoiano a morte. Per esempio, è possibile predisporre delle dispense dove vengono riportati i testi normativi oggetto dell’analisi in aula e distribuiti all’inizio della relazione. In tal modo le persone potranno seguire la relazione confrontandosi man mano con i testi interessati e lo speaker potrà utilizzare le slide solo per evidenziare i punti cruciali, i passaggi fondamentali. Una modalità nuova per un professionista potrebbe poi essere quella di affrontare lo stesso concetto su canali rappresentazionali diversi. 40 Siate creativi e innovativi Facciamo un esempio: se voglio spiegare l’importanza di una certa norma appena introdotta, potrò innanzitutto proiettare con le slide le parole chiave della norma evidenziate in colore, mentre il pubblico segue sulla dispensa distribuita. A questo punto posso fare degli esempi, annotandoli su una lavagna a fogli mobili. Posso poi utilizzare una metafora per spostare su un altro settore il concetto in modo che resti impresso, che so la tecnologia, lo sport, ecc. L’importanza delle Infine, posso proiettare slide con immagini esemplificative, meglio senza testo. Per esempio, se voglio far comprendere l’importanza della digitalizzazione dei documenti, posso proiettare una slide con due immagini, prima pigne di pratiche sulle scrivanie, poi scrivania pulita con solo un pc a contenere tutto. immagini Gli strumenti a supporto dello speech Strumenti a supporto Quando oggetto della relazione sono contenuti tecnici o che comunque richiedono un supporto cartaceo da lasciare ai partecipanti, è buona regola comunicare subito ai partecipanti che verranno date dispense o altro materiale in modo che possano prestare attenzione alla relazione sapendo poi di ricevere gli appunti. La scelta di consegnarli subito o alla fine è soggettiva, ciò che conta è far sapere se devono prendere appunti oppure se ciò che verrò detto lo ritroveranno nella dispensa a fine corso. 41 C A P I T O L O 15 La gestione dei tempi Ecco alcune regola da ricordare: GESTIONE DEI TEMPI! 1) anticipa all audience i tempi della relazione! 2) pausa ogni ora e 45 min! 3) specifica subito quando risponderai alle domande! 4) crea equilibrio tra messaggi in entrata e in uscita! 5) taglia la scaletta se i tempi stringono, non accelerare! 6) segui una scaletta con passaggi di tempi intermedi! 42 C A P I T O L O 16 Public speaking: gli oratori eccellenti fanno così Dal Blog – 17.09.2012 Curate non solo l’incipit ...ma anche la chiusura del discorso Partiamo dalla fine, tanto per cominciare. Anche chi se la cava bene nel parlare in pubblico e nel condurre discorsi, il più delle volte dedica buona parte del suo tempo a curare “l’attacco” dello speech. Certo, l’ansia è palpabile e quindi si cerca di porre rimedio a questa sensazione sgradevole iper-preparandosi al suo superamento. È un po’ come se un ciclista temesse particolarmente una salita e prendesse una super rincorsa per essere sicuro di farcela. E ce la fa, con un po’ di affanno e di emozione, ma ce la fa. E fin qui tutto sommato, va ancora bene. La conseguenza quasi automatica è che dopo aver curato l’incipit e aver messo molta carne al fuoco per il prosieguo dello speech (sempre sospinti dal timore di aver poco da dire e che finiremo quindi prima del tempo, con tanto imbarazzo nostro e del pubblico) ci si dimentica di dare una chiusura altrettanto emotivamente coinvolgente. In altre parole, anche dopo un bel discorso, una bella presentazione, si chiude in sordina, di fretta e furia, sottotono. E poiché i due momenti più importanti del public speaking sono l’inizio e la fine dello speech, ecco che ne abbiamo già condannato uno ab origine. L’incipit, l’attacco, è importante, perché il pubblico nei primissimi secondi si forma una prima (e importante) opinione dello speaker e del discorso. Tale opinione si poggerà su due elementi: ciò che tra43 smette “a pelle” il relatore (empatia/antipatia) e ciò che trasmette il contenuto dello speech (l’interesse e l’attrattività del discorso). Detto in altri termini, chi ben inizia è a metà dell’opera, ma poi deve completarla, altrimenti a metà resta. Cosa si porterà via il pubblico? Iniziate e chiudete con energia Quando il pubblico si alzerà, a fine discorso/presentazione, si porterà via non tanto le nozioni tecniche acquisite durante lo speech, quanto una sensazione, un insieme di emozioni. Provate all’uscita da un convegno a chiedere ad alcuni partecipanti un’opinione sul convegno stesso e annotatevi ciò che dicono; noterete come praticamente tutti vi risponderanno con un giudizio di tipo emotivo su ciò che hanno provato, sul relatore, sugli effetti del discorso. Vi sarà chi risponderà “è stato molto interessante”, chi “bravo, davvero bravo il relatore”, chi “è stato davvero piacevole” o al contrario “interessante l’argomento, ma noioso il relatore”; altri si spingeranno su considerazioni temporali “talmente coinvolgente che il tempo sembra volato”, oppure “sì sì utile, ma non finiva più”. Infine, i più cinestesici si cimenteranno in giudizi sensoriali del tipo “meglio una bastonata in testa la prossima volta” o “fantastico, mi sento carichissimo, è stato entusiasmante”. L’incipit ha creato le condizioni migliori (oppure no) predisponendo gli animi dell’audience all’ascolto e alla partecipazione emotiva (empatia) al discorso; la chiusura ha messo il sigillo allo speech consegnandolo nelle mani dei partecipanti carico (o meno) di energia, emozione e spinta. Dunque due buone regole da ricordare sempre: quando si inizia uno speech fatelo con la giusta energia, non esagerate stile treno in corsa che travolge tutto ciò che incontra, né procedete incerti, in punta di piedi, cercando 44 di non fare troppo rumore in modo che nessuno si accorga di voi e vi chieda qualcosa, spaventati come se foste un ladro di notte in punta in una boutique. Cercate il contatto visivo con il pubblico, abbracciatelo con il vostro sguardo, fatelo sin da subito sentire coinvolto, fate qualche domanda per instaurare un rapporto e rompere le barriere emotive vostre e loro. Create ponti. E passateci sopra spesso da voi a loro e ritorno. Puntate subito al cuore del discorso Seconda buona regola è quella di andare subito al centro del discorso, di puntare al centro del bersaglio. Evitate quindi premesse su premesse, di girare intorno all’argomento dicendo poi vedremo, di essere vaghi senza dare punti di riferimento a chi vi ascolta. La mente umana necessita di punti di riferimento: cosa stiamo facendo, cosa faremo e perché. E come andrà a finire, quindi cosa ci porteremo a casa stasera da tutto questo. Tradotto meglio la domanda più o meno consapevole che si agita nelle menti di chi vi guarda parlare è: “sto investendo bene il mio tempo (e soldi)? Mi sarà utile questa giornata? Cosa saprò/saprò fare dopo?”. Bene, ora siete (più) pronti; buon public speaking (per voi e per chi vi ascolterà)! 45 C A P I T O L O 17 Come preparare slides efficaci per un convegno giuridico Dal Blog – 14.02.2013 Sarà capitato a tutti di partecipare ad un seminario o ad un convegno e trovarsi davanti proiettate slide piene di testo. A questo punto ci siamo trovati di fronte ad un bivio: decidere di ascoltare la relazione dello speaker e non leggere il testo, oppure optare per la lettura e sacrificare ciò che il relatore stava per dirci. I più diligenti hanno cercato di fare entrambe le cose…perdendo necessariamente spezzoni dell’uno e dell’altro. Che funzione hanno le slides? E lo speaker? Che funzioni hanno i materiali visivi, quali le slide, di supporto ad uno speech? Questa dovrebbe essere la prima domanda che un relatore, nella fase di progettazione dello speech, dovrebbe porsi. Due sono le possibili risposte al quesito: le slide sono di mero supporto al discorso che andremo a fare e servono a semplificare, chiarire e facilitare la comprensione dei punti salienti da parte del pubblico, oppure le slide sono il protagonista dell’evento e noi relatori siamo di supporto. In sostanza, in quest’ultimo caso saremo dei lettori di slide. Una volta chiarito il ruolo che vogliamo avere nel public speaking, dovremo, coerentemente, agire per realizzarlo. Se siamo lettori di slide, allora è giusto che l’attenzione del pubblico sia rivolta alle slide, che occuperanno il centro della sce46 na e noi, di lato, faremo da rinforzo a quanto il pubblico leggerà. Ma se il ruolo che ci siamo riservati è un po’ più accattivante e centrale, lo scenario sarà completamente ribaltato. Saranno le slide, in questo secondo caso, a fare da sfondo e noi saremo i protagonisti. Se così è, allora le slide non devono “distrarre” l’attenzione dallo speaker, che rimarrà costantemente al centro della scena e che con il suo verbale (ciò che dice: esempi, metafore, casi), paraverbale (come lo dice: sottolineature, pause, enfasi, silenzi), non verbale (linguaggio del corpo: gestualità, postura, espressioni del viso, sguardo, movimenti) coinvolgerà e guiderà l’audience in un vero e proprio viaggio all’interno di una tematica, anche giuridica. Il public speaking è un’avventura insieme al pubblico Questo è infatti uno speech, un viaggio, un progetto, una storia. E noi, relatori, siamo il Virgilio della situazione che guida i partecipanti nel viaggio. Sembrerà strano, ma tutto ciò vale anche per seminari o convegni dai contenuti giuridici ed economici. Tutto sta nel taglio che daremo all’argomento dal punto di vista dello stile e del “senso”. Molti professionisti chiamati a relazionare su un aggiornamento o una disciplina affrontano con ansia il progetto e invece di considerarlo un’occasione per raccontare a modo loro dei contenuti, si “appiattiscono sull’argomento e si limitano a fare il “compito” focalizzandosi sul tema e non sul pubblico e sul proprio stile. Ciò vuol dire chiedersi come possiamo rendere semplice un argomento per chi ascolta, cosa si aspettano di sentire, cosa desiderano portarsi a casa a fine giornata, come possiamo rendere interessante una argomento magari “freddo” di suo, dandogli un nostro “vestito”, uno stile. La conclusione è che le slide, anche dal contenuto giuridico, dovranno essere il più possibile semplici e pulite, 47 Regola fondamentale: semplicità Le dispense Lo schema pilota contenere solo i concetti-chiave, e che tutto ciò che non è indispensabile che il pubblico “veda”, non dev’essere, ad abundantiam, inserito nelle slide, perché le “sporcherà” e basta. Utilizzare le slide come “coperta di Linus” a cui aggrapparsi in caso di vuoto mentale è comprensibile ma poco efficace per il pubblico. Laddove l’argomento sia molto tecnico e richieda un testo di supporto (per esempio normativo), allora si potrebbe pensare di distribuire sin dall’inizio della relazione una breve dispensa col testo della norma e spiegare al pubblico l’uso che ne deve fare durante la relazione. In questo modo si andrà incontro all’ansia del pubblico che, altrimenti, si potrebbe chiedere se ciò che il relatore sta dicendo lo troverà scritto da qualche parte oppure no e, in questo caso, se deve preoccuparsi di prendere appunti per non perdere i contenuti della relazione. Laddove è necessario avere noi stessi, come relatori, un testo-guida, allora dovremo prepararcelo ad hoc e non utilizzare le slide come testo guida. Slide, dispensa e testo per il relatore devono rimanere tre strumenti separati con funzioni diverse. 48 C A P I T O L O 18 Lettori di slides Dal Blog 7.11.2011 Capita a tutti, prima o poi, di cimentarsi in una presentazione in Power Point o in Key Note di un nostro prodotto, idea o progetto. E tutti, più o meno, ci siamo improvvisati designer ed esperti marketing scaricando sulle slide ciò che avevamo in mente. Spesso molte idee e molto confuse, per cui nel dubbio abbondavamo di puntati, numerati, testo e immagini. Meglio andare sul sicuro, ci siamo detti, tante volte mi dovessi dimenticare qualcosa…le slide mi faranno da binario. Slide piene di testo: da leggere... Così, le nostre presentazioni sono diventate affollate di nozioni e noi ci siamo ridotti a lettori di slide, dove era maggiore il tempo passato a voltare le spalle al pubblico che quello a guardarlo, mantenendo con questo l’opportuno contatto visivo. A quanti è capitato di andare ad un convegno o un seminario e trovare lo speaker seduto, con il suo bel computer davanti, con voce monotona, pochi gesti, incedere ritmicamente stile litanìa, e per ore cullarci nel dormiveglia tra concetti astratti e slide affollate? Chi ha fatto l’università sa bene la differenza tra un professore che spiegava mettendo energia, fantasia, passione in quello che diceva e un pizzico di umorismo e invece il professore 49 seduto immobile con aria seriosa e sguardo fisso che ripeteva con il pilota automatico l’ennesima lezione della sua vita. Bravi speaker si diventa Dunque progettare e gestire una presentazione è un’abilità che si può imparare e coltivare. È una forma di arte anch’essa che può essere molto gratificante per lo speaker. Alcuni partono avvantaggiati perché possiedono doti naturali del comunicatore, hanno gusto estetico e sanno calcare il palco, altri meno. In ogni caso tutti hanno da imparare e perfezionare il proprio stile. I 5 elementi del public speaking Innanzitutto dobbiamo distinguere 5 elementi del public speaking e del presentation skills: • il pubblico • il mezzo • l’ambiente • la comunicazione • lo speaker Vanno cioè considerati, prima di cominciare a programmare una presentazione, gli elementi che avremo a disposizione e con cui dovremo confrontarci in modo che l’esito sia così come lo abbiamo immaginato noi. Il public speaking deve essere pensato per il pubblico, non per noi Ricordiamoci che una presentazione è fatta per comunicare qualcosa, per trasmettere un’emozione, dei contenuti, un’idea, quindi non è progettata su di noi, ma sul nostro interlocutore, sulla nostra platea. Una presentazione, sia essa ad un convegno, una conferenza, un meeting, un seminario non è sfoggio di cultura, non è il momento in cui dobbiamo dimostrare di sapere, è il momento in cui 50 Pochi concetti, ma chiari dobbiamo dimostrare di saper trasferire. Dovremo quindi evitare di concentrarci unicamente su quello che abbiamo in testa con l’ansia di voler trasmettere tutto, ma su ciò che vogliamo venga recepito. Pochi concetti chiari e forti. Su questo abbiamo grandi maestri della comunicazione che insegnano, sia nel mondo del marketing, basti pensare a Seth Godin, sia nel mondo dell’Hi Tech, come non citare il grande Steve Jobs, sia tra i conferenzieri, pensiamo a W. Mitchell, sia tra i politici, un esempio oggi è il Presidente americano Barak Obama, in passato lo è stato Bill Clinton e prima ancora J.F. Kennedy. 51 Corso Public Speaking per i professionisti dell’area legale Preparare e gestire presentazioni e discorsi in pubblico Parlare in pubblico può essere una necessità legata alla presentazione di progetti, servizi e idee. Parlare ad una platea è anche una grande opportunità di visibilità per la propria attività professionale. Relazioni, discorsi e presentazioni per convegni o riunioni possono essere progettate con efficacia e in poco tempo; l'importante è sapere quali strategie utilizzare, quali strumenti, per ottenere quali risultati e, infine, cosa vogliamo che resti del nostro intervento al pubblico. Che si tratti di una relazione tecnica in un convegno, della presentazione di un progetto, di una riunione con i collaboratori, dell'intervento in un consiglio di amministrazione, ciò che conta è saper dosare in modo sapiente la comunicazione verbale e non verbale, gli strumenti visivi a supporto (slide e filmati), dispense e appunti, tempi e pause, gestendo con padronanza gli stati emotivi e la sintonia con l'audience. Corso intensivo di una giornata - Durata: 8 hr Trainer: Mario Alberto Catarozzo Programma Gli elementi del public speaking • I 4 elementi del public speaking: il pubblico, il mezzo, il presentatore, il messaggio • Strategie di comunicazione in pubblico • Come prepararsi emotivamente • Come preparare gli strumenti a supporto • Come gestire le presentazioni visive • Imparare a gestire il tempo e le pause Il linguaggio e lo stile • Come entrare in sintonia con l’audience lii • La linguistica e il linguaggio del corpo • Discorsi, relazioni, presentazioni, seminari, convegni • Scegliere lo stile giusto per coinvolgere l’audience Progettare • Le 7 regole d’oro per progettare la nostra presentazione • Progettare in analogico o in digitale? • Ambiente: come preparare l’ambiente della presentazione • Obiettivo: definire l’obiettivo, emozioni e messaggi • Aspettative: definire le aspettative dell’audience: cosa si aspettano? • Storyboard: creare la storia. Ciò che si porterà via il pubblico. • Design: definire lo stile • Creare: mettersi all’opera con le slide: testi, immagini, transizioni • Linguaggio: usare le metafore con eleganza Gestire • Le 4 domande che faranno la differenza • Mezzo/presentatore: chi è al centro? • Gestire lo spazio: la relazione audience-presentatore-slide • Pause e tempi della presentazione • Supporti cartacei: dispense e appunti All’opera! • Video di grandi comunicatori della storia e relativi stili • Impostare lo storyboard per le proprie esigenze • Casi pratici di presentazioni proposte dai partecipanti Per saperne di più clicca qui liii Corsi di formazione intensivi di una giornata per liberi professionisti e studi professionali tenuti da Mario Alberto Catarozzo Per vedere l’offerta formativa completa dei corsi di formazione intensivi (1 giornata) specificamente pensati per liberi professionisti e studi professionali in tema di soft skills e strumenti di managerialità visita il sito www.mariocatarozzo.it Seguimi anche su Twitter @MarAlbCat Per informazioni e contatti scrivi a [email protected] liv