2002 Integrazioni di sistematica/3.

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2002 Integrazioni di sistematica/3.
"DE EUCHARISTIA"
2002
Integrazioni di sistematica/3.
ASPETTI DELLA DIMENSIONE MISTERICA
“RES ET SACRAMENTUM”
1. L’esigenza di una cristologia compiuta
Nello svolgere l’articolazione dei temi “classici” del sacrificio sacramentale e della presenza
sacramentale ci si trova inevitabilmente a dover mettere a fuoco il rapporto tra l'eucarestia, istituita
nell'ultima cena, e il sacrificio della croce. Nella sua proposta sistematica il PORRO1 dopo aver
cercato di affrontare il problema conclude con la seguente ammissione:
«L'ostacolo maggiore su questo cammino sembra consista nella difficoltà di intendere come
una realtà del passato, quale è la morte in croce, possa essere presente ed operante in ogni tempo
in modo sacramentale. Il rimando alla presenza del Risorto nell'eucarestia… mentre permette di
superare la distanza temporale di cui si è detto, non offre però ancora una visione chiara di come
morte e risurrezione, sacrificio e glorificazione di Cristo siano correlati»
L’osservazione è ben intesa quando porta ad affrontare la difficoltà sul piano cristologico.
In primo luogo occorre rilevare che il sacrificio della croce non appartiene semplicemente al
passato ma è un avvenimento in cui si è compiuto il disegno salvifico (cfr Gv 19,30): quindi è realtà
escatologica e riguardante l'agire trinitario di Dio (cfr Ebr 9,14). Benché cronologicamente
avvenuto in un momento della storia costituisce l'evento salvifico, nel quale si realizza il mistero di
Dio in Gesù Cristo. Non essendo ammissibile “parzializzare” il mistero pasquale, la morte in croce
è inseparabile dalla resurrezione, nella quale il Padre accoglie il sacrificio del Figlio e lo costituisce
Kyrios in potenza cioè nello Spirito. Secondo questa prospettiva tutto “è già” operato da Dio per noi
uomini e per la nostra salvezza. Da parte nostra - ecco la necessità dei sacramenti come mezzi è
“karoi” di salvezza nel tempo della Chiesa – per la fede ci si apre alla comunicazione della salvezza.
L’unità teologica del mistero di Cristo che si attua nell’azione liturgica oltre ad essere
confermata da un più preciso ricorso al Nuovo Testamento2 e dalla struttura del memoriale ha anche
una ragione propriamente cristologica, che trova felice espressione in J. BETZ3:
«Se ricerchiamo i motivi intrinseci per cui un evento passato può diventare attualmente
presente, dobbiamo citare innanzitutto la natura del soggetto che lo compie. In quanto azioni della
persona eterna del Logos, le azioni salvifiche di Gesù acquistano un elemento di perennità, sono
1
2
3
PORRO C., L'eucarestia. Tra storia e teologia (Casale Monferrato 1989) 145. Il corsivo è nostro.
Si vedano le opportune annotazioni di GRELOT, a. c. 243ss.
"Eucarestia", in Sacramentum Mundi 3, 669-692.
sempre simultanee al tempo terreno che passa. Inoltre, esse sono anche, in certo qual modo,
conservate nell'umanità trasfigurata di Gesù, la quale secondo Tommaso (STh III q 62 a 5; q 64 a 3),
rimane l'efficace instrumentum coniunctum del Signore glorificato. Le azioni salvifiche passate
conservate e trasfigurate nella persona divina come pure nella natura umana di Gesù possono però
ora acquistare una nuova presenza spazio-temporale: in un simbolo reale e per mezzo di esso. (…)
In virtù della sua potestas auctoritatis, Gesù ha annesso la Cena al suo atto sacrificale in maniera
tale che questo perviene in essa al suo compimento essenziale e in essa si manifesta».
Si vede di conseguenza quanto sia fuorviante ritenere che la distanza, spaziale o temporale,
di Dio nei confronti dell’uomo è superata grazie ai sacramenti. Tale presupposto si consolida tanto
più quanto maggiore è l’irrilevanza della confessione di fede trinitaria. Giustamente H.
VORGRIMLER4 osserva:
«Vengono qui dimenticate le premesse teologiche fondamentali, per cui Dio, nel suo Spirito Santo, è
realmente presente alla sua creazione e all’umanità, e ciò non nella forma di uno statico dirimpettaio ma
nella sua dinamica volontà d’amore, in costante autocomunicazione. La sua venuta attuata in modo
insuperabile nella creazione e nell’umanità attraverso Gesù Cristo è per Dio, che è fuori del tempo, non
passato ma puro presente».
In tale quadro, riferendoci all’eucaristia, risalta il fatto che l’attuazione sacramentale del
sacrificio di Cristo avviene per opera dello Spirito Santo. Di conseguenza, coerentemente con
l’affermazione delle missioni congiunte del Figlio e dello Spirito occorre riconoscere che “al
principio” dell’eucaristia c’è l’azione congiunta del Figlio e dello Spirito.
2. Circa il sacrificio sacramentale.
Dal contributo di GRELOT vengono due rilievi importanti per comprendere il significato del
sacrificio di Cristo. Per un verso,5 invece di identificarlo semplicemente con la sua morte in croce,
esso va integrato con la sua resurrezione e condizione gloriosa, che ha eternizzato il suo atto e lo
rende presente a tutti i tempi (o consente a tutti i tempi di essere resi presenti, come preferisce
probabilmente Giraudo). Per altro verso6 occorre considerare l’intera esistenza terrena di Gesù come
l’offerta di se stesso per compiere la volontà del Padre. E’ ciò che unifica interiormente la vita
umana del Figlio di Dio e raggiunge il suo acme, il suo vertice perfettivo nella morte-esaltazione.
Sullo sfondo della parte centrale della lettera agli Ebrei e in particolare di Ebr 10, 4-14 si consideri
l'efficacia dell'opera salvifica di Cristo in chiave sacrificale: dall'incarnazione (v. 5) attraverso la
croce (v. 10) alla glorificazione (v. 12). E' questo sommo sacerdote, il Kyrios crocifisso risorto, che
agisce nel sacramento del suo sacrificio, reso presente ad opera dello Spirito come offerente e
offerta (vittima) al Padre, per santificare la Chiesa, suo corpo, e unirla a sè nel suo donarsi per
l'umanità (vv. 14ss).
4
Teologia dei sacramenti (Brescia 1992) 99. Cfr inoltre SCHILLEBEECKX E., Cristo, sacramento
dell'incontro con Dio (Milano 1981) 32-49; SCHNEIDER Th., Segni della vicinanza di Dio. Compendio di
teologia dei sacramenti (Brescia 1983) 174s.
5
GRELOT, o. c. 243s.
6
Ivi 245.
3. Circa la presenza realizzante
L'evento salvifico del Kyrios, che si offre in sacrificio al Padre nello Spirito, si attua
mediante il rito memoriale da Lui istituito: è sua intenzione infatti che i credenti partecipino della
sua autodonazione al Padre per noi, comunicando al banchetto sacrificale.
In tale prospettiva si innesta il tema della presenza. Reale autodonazione sacrificale esige
reale partecipazione di sé nei doni conviviali e precisamente nel senso che l'Offerente si identifica
realmente-sacramentalmente con essi: caso del tutto “singolare”, come fu il sacrificio che ne è
all'origine. Nota bene: i termini “sacramentale” e “reale” non vanno intesi come concetti opposti. A
causa di tale rischio, ricorrente nell'alto medioevo, si è perso il simbolismo oggettivo dei Padri.
“Sacramentale” non denota una presenza di grado minore rispetto a quella fisica, empiricamente
constatabile, ma specifica la natura escatologico-pasquale dell'“esser presente” del Cristo che dona
se stesso. In questa linea riprendiamo una citazione significativa di WARNACH:7
«Se riflettiamo che qui è il Signore in quanto patisce e risorge che è presente per sacrificarsi per noi,
evitiamo il pericolo di cosificare e materializzare il mistero eucaristico. Il Signore qui presente è il Cristo nel
kairós, il Cristo che è nell'atto di passare dal mondo al Padre; come tale egli è anche il capo della Chiesa.
Per quanto reale sia la presenza eucaristica, non si tratta affatto di una divinizzazione della materia. Non è il
celeste e il divino che viene abbassato alla sfera terrena e come “mondanizzato”, ma piuttosto è la realtà
terrena che viene trasfigurata e trasformata nell'essere celeste e pneumatico e precisamente attraverso il
mistero dell'Incarnazione e della croce. Il divino si immerge nel terreno mediante dei simboli, ma davvero
realmente, come un'ancora, aggrappati alla quale noi dobbiamo lasciarci trascinare nella sfera della realtà
divina, perché Cristo è diventato carne ed ha assunto su di sé la morte per liberarci dalla schiavitù della
nostra carne e condurci al Padre».
Nell'evoluzione terminologica di «substantia» fino a «transubstantiari/transubstantiatio» il
prefisso «trans» potrebbe costituire l'indice della natura escatologico-pasquale (Leone Magno
diceva “transire in ipsum Christum”), che caratterizza la nozione teologica. Inoltre bisogna
avvertire che la dottrina della presenza reale per la trasformazione sostanziale sta a fondamento
dell'ecclesiologia e dell'antropologia teologica: chi comunica al corpo eucaristico realmente è reso
partecipe del corpo ecclesiale e comunica alla vita nuova - pneumatica - del Signore. Lungo tale
riflessione si accede al livello della «res» dell'eucarestia: si rivedano i testi di Leone Magno, Al
clero e al popolo di Costantinopoli. Lettera 59, 2; De passione Domini XIII. Sermo 63,6s in fine.
Nella sua indagine storico-teologica Corpus mysticum DE LUBAC osservava:8
«Realismo eucaristico, realismo ecclesiale: questi due realismi si appoggiano l'uno sull'altro, sono
l'uno il pegno dell'altro. (…)
Oggi, è soprattutto la nostra fede nella “presenza reale”, esplicitata grazie a secoli di controversia e
di analisi, che c'introduce alla fede nel corpo ecclesiale: efficacemente significato dal mistero dell'Altare, il
7
8
WARNACH V., Il Mistero di Cristo. Una sintesi alla luce della teologia dei misteri (Roma 1983) 203s.
319-321 (il corsivo è nostro).
mistero della Chiesa deve avere stessa natura e stessa profondità. Negli antichi, spesso, la prospettiva era
inversa. L'accento veniva messo abitualmente sull'effetto, più che sulla causa. (…)
Com'è possibile infatti che la Chiesa venga realmente edificata, com'è possibile che tutti i suoi
membri vengano raccolti in un organismo effettivamente unico per mezzo d'un sacramento che soltanto
simbolicamente contenga Colui del quale essa deve diventare il corpo e che solo può realizzarne l'unità?
9
(…) Presenza reale, dunque, perché realizzante».
Tesi riassuntiva - Nel kairos di salvezza (celebrazione sacramentale della Chiesa), che avviene ad
opera dello Spirito Santo, Cristo si rivela/comunica nell'atto di passare da questo mondo al Padre
(Gv 13,1). Mediante la sua umanità glorificata i credenti partecipano al suo sacrificio pasquale,
sacramentalmente presente come corpo donato e sangue versato per i molti. Poiché la resurrezione
è l'accoglienza del suo sacrificio da parte di Dio Padre, il crocifisso risorto fa che la loro vita sia
unita al suo destino, in cui si instaura per sempre la nuova alleanza. Si veda STh III q 62 a 5 in
corpore.
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Si faccia attenzione all’espressione di LG 7b: «de corpore Domini realiter participantes».