II Trim. - ERATO CIDA INPS Gruppo Erato

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II Trim. - ERATO CIDA INPS Gruppo Erato
ERATO
Cultura… Costume… Sindacato… Attualità
II TRIMESTRE 2013
aprile- maggio -giugno
Emanazione del Gruppo Culturale Ricreativo ERATO CIDA-INPS, costituito
in seno al SINDACATO NAZIONALE DEI DIRIGENTI E DELLE ALTE
PROFESSIONALITÀ DELL’INPS ADERENTE ALLA CIDA
Via Ciro il Grande n.21- 00144 ROMA -Tel. 06 59057488 -89 Fax 06 5915686
email: [email protected] - sito web: www.cidainps.it (in allestimento)
ERATO CIDA-INPS
CULTURA… COSTUME… SINDACATO… ATTUALITÀ
A DIFFUSIONE INTERNA ONLINE
Tutti i diritti sono riservati
In caso di riproduzione totale o parziale citare la fonte
SOMMARIO
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in punta di penna
zig-zagando tra le arti
l’angolo della poesia
sono passati cent’anni e più
cinema… cinema: impegno e disimpegno
alimentazione e salute
all’origine della storia
spiritualità
un racconto breve
a tavola con lo chef
i grandi di ogni tempo
universo donna
romavagando
l’Italia dei campanili
mostre e concerti
in libreria
block notes
per strappare un sorriso
sindacato… sindacale…sindacato
il nostro organigramma
Il progetto grafico e la foto in copertina sono di Silvana Costa in arte Silco.
“Papaveri rossi” (olio su tela 50x40)
Omaggio a de Andrè - La guerra di Piero
…dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
www.silvanacosta.it - [email protected] - ceramicando blog spot silco
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IN PUNTA DI PENNA
di Carmelo Pelle*
LE MONTAGNE RUSSE
II trimestre 2013: ovvero i tonfi e le risalite del più spettacolare gioco del Luna Park…
Sul piano politico si è proceduto a fasi alterne: una caduta a picco della credibilità dei nostri
politici, stanchezza, sfiducia, apatia generale conseguenti a tale caduta, un barlume di
speranza alla nascita del Governo Letta, scoramento per la fumosità dei propositi iniziali
dello stesso Governo, solo parole e petizioni di principi, e infine, con il preannunciato
decreto legge “del fare” ancora speranza …
Ma andiamo nel dettaglio sia pur sintetico.
Il fondo è stato toccato con le vicende connesse alla elezione del Presidente della
Repubblica: Marini e Prodi traditi dal PD che hanno contribuito a fondare, Rodotà, indicato
dalla rete, votato ad oltranza “alla caprona” dal Movimento 5 Stelle, oscuri candidati “a
dispregio”, schede bianche... Uno spettacolo indecoroso… La fine della democrazia
parlamentare, almeno per questo delicato adempimento.
Mi auguro di aver assistito per l’ultima volta a simile spettacolo: il nuovo Presidente della
Repubblica dovrà essere eletto direttamente dai cittadini, piaccia o non ai patiti del
“parlamentarismo” in ogni branca!
La scarica di adrenalina l’ha data il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, 87enne,
stanco ed acciaccato, che supplicato da tutti i partiti, ha accettato di ricandidarsi, per rispetto
verso le Istituzioni, pronunciando, dopo l’elezione, un discorso nerboruto, bellissimo, forse
il più bello pronunciato da un Presidente della Repubblica italiano, con il quale, oltre ad
indicare le linee programmatiche al nuovo Governo, lavoro e riforma elettorale tra le
priorità, ha bacchettato a dovere deputati, senatori e grandi elettori, interrotto da frequenti,
scroscianti applausi.
Chi, come me, a casa, dinnanzi alla TV, ha seguito l’avvenimento, è andato in giuggiole:
sarebbe corso ad abbracciare questo indomito combattente, che, in barba all’età e ai
problemi di salute, con idee lucide e chiare, si è messo ancora al servizio del Paese!
E’ rimasto però basito, sbalordito, nel constatare che a spellarsi le mani erano gli stessi
“bacchettati”, come se il baratro istituzionale e lo stato comatoso dell’Italia denunciati dal
Presidente, non fossero opera loro ma di altri; sorpreso ed ammirato poi per la rapida e
personale verifica del Presidente sulla impossibilità, al momento, di trovare una
maggioranza che garantisse un Governo stabile al Paese, e l’affidamento immediato
dell’incarico a Enrico Letta, ex DC doc, politico molto navigato, nonostante la giovane età
-è un quarantenne- i cui primi passi hanno fatto sognare: ha rottamato, non arruolandoli nel
suo Governo, tutti quelli della vecchia guardia, D’Alema compreso, affidandosi in
prevalenza a giovani, donne, ed a tecnici di assoluto valore, alcuni dei quali sconosciuti al
grosso pubblico.
Altre novità: il numero limitato dei componenti il Governo (ministri e vice ministri), la
mancanza di compenso per le funzioni svolte da ciascun membro del Governo, se
parlamentare, l’abbattimento o consistente riduzione di indennità o privilegi connessi alla
funzione, il frequente ricorso di Enrico Letta ad espressioni colorite del mondo sportivo in
genere ed in particolare del calcio (“fare squadra”, “andare all’attacco”, “salvarsi in corner”,
ecc).
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Novità assoluta, che ricorda “i ritiri spirituali” cioè andare in ritiro, in località amene e
raccolte “per conoscersi meglio” e, all’insegna dell’unità di intenti, “fare spogliatoio”.
Nella circostanza anche il PDL -bravi Berlusconi ed Alfano- ha rottamato, ma un po’ di
meno; qualche cariatide è rimasta.
Ma l’azione di disboscamento deve proseguire all’interno dei due maggiori partiti italiani: il
PD con le sue varie galassie, il PDL con i suoi falchi e le sue colombe.
Alla celebrazione dei rispettivi congressi, nei prossimi mesi, la parola chiarificatrice!
Staremo a vedere...
Il Movimento 5 Stelle, guidato da un ex comico, istrione e incompetente, è destinato a
sgonfiarsi. Il tonfo alle recenti elezioni amministrative, primo e secondo turno, è stato
clamoroso. La stragrande parte dei suoi elettori non gli ha perdonato di aver perso
l’occasione storica di dar vita ad un Governo -quello guidato da Bersani- che sarebbe stato
veramente innovatore: un cambio di passo che l’Italia aspetta da anni.
Cambio di passo che ancora, sul piano delle realizzazioni, non si è verificato con il Governo
Letta per lungo tempo avvitato su IMU e IVA e a chiacchiere su aiuto alle famiglie e
all’imprese, impegno per il lavoro ed in particolare per l’occupazione giovanile,
investimenti pubblici, semplificazioni, lotta all’evasione, abbattimento della pressione
fiscale, riduzione ulteriore dei costi della politica…; qualcosa di nuovo potrebbe verificarsi
col decreto “del fare”.
Staremo a vedere…
Confortante tuttavia -merito anche del Governo Monti- la nostra riabilitazione da parte
dell’Europa: siamo diventati “virtuosi” e dal 2014 riceveremo un bel mucchio di quattrini da
investire per le riforme e per la ripresa (l’auspicata crescita).
Resto però sempre tra gli scettici e i delusi, come i moltissimi che non sono andati a votare
nelle ultime elezioni amministrative, con la differenza che io ho votato e di buonora, tra i più
solleciti, nel mio seggio, sia al primo che al secondo turno: ho così contribuito a “liberare
Roma” da Gianni Alemanno, il peggior Sindaco che la Capitale abbia avuto dal dopoguerra
ad oggi!
Mentre di mala voglia scrivo queste mie note -col prossimo numero niente notazioni
politiche, a meno che non vi sia costretto da accadimenti eccezionali- alla TV Enrico Letta
illustra finalmente il tanto atteso decreto “del fare”: 36 articoli in bozza, finalizzati a
concretizzare provvedimenti rapidi ed economici urgenti per una forte spinta all’economia.
Mi fermo per ascoltarlo e … condivido!
Qualcosa davvero cambierà: era inevitabile del resto.
Incombe l’estate: godiamocela, stacchiamo la spina, pensiamo positivo anche se i Sindacati
dei lavoratori dipendenti e la Cida prevedono un autunno caldo…
Se il decreto “del fare” darà i frutti sperati, l’autunno sarà invece mite, dolcissimo con la
magia dei suoi struggenti colori…
“Non fatevi rubare la speranza” ci ha ricordato e ci ricorda spesso Papa Francesco…
E noi non ce la faremo rubare!
*[email protected]
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ZIGZIG-ZAGANDO TRA LE ARTI
di Silvana Costa
IL MURALISMO
Ci sono dei paesi in Sardegna, San Sperate, Orgosolo, Villamar, Serramanna che hanno
scelto una configurazione artistica per esprimere il dissenso, la protesta, il contrasto, la
contestazione: sono i murales (arte figurativa realizzata principalmente sulle superfici
murarie esposte al pubblico).
C’è un paese in provincia di Bologna, Dozza, definito un piccolo prodigio di antico borgo
medievale dominato da una maestosa Rocca, che ha adottato, anche per incrementare il
turismo, una forma d’arte molto particolare “il muro dipinto” diventata la Biennale d’arte
del Muro Dipinto, singolare manifestazione settembrina di pittura sui muri delle case, nel
corso della quale gli artisti dipingono “dal vivo” davanti al pubblico.
C'è un altro paese, Satriano, che porta dipinta sui muri la propria storia. Il centro storico,
distrutto e disabitato dopo il terremoto del 1980, è diventato una pinacoteca all’aperto: i
muri delle case raccontano gli avvenimenti, la magia, le leggende, gli usi e le tradizioni del
popolo satrianese.
C’è una grande nazione, il Messico dove numerosi artisti hanno creato la prima corrente
chiamata MURALISMO narrando, e lo fanno ancor oggi, le vicende del loro popolo, dei
peones, della loro schiavitù passando per le antiche
civiltà, avvalendosi di uno stile descrittivofolkloristico, coniugando il vecchio e il nuovo, il
moderno e l'antico con personaggi dai tratti sicuri,
fermi che vanno a formare gruppi compatti di forme, di
volumi, di colore. I tre maggiori esponenti del
Muralismo sono David Siqueiros, Diego Rivera e José
Orozco che ne fanno un'arte pubblica, utilizzabile dalla
collettività ma soprattutto strettamente legata alla
rivoluzione messicana, con tematiche di libertà,
giustizia sociale proprie dell'America Latina.
David Siqueiros – Peones
Sono questi gli artisti che per primi portano il Muralismo
oltre i confini del Messico quando nel 1930, in disaccordo col regime, emigrano negli USA,
arrivando anche in Uruguay, Argentina e soprattutto in Cile ai tempi di Salvador Allende.
Il seguente colpo di stato del '73 provoca la fuga degli intellettuali e degli attivisti culturali
che si trasferiscono prevalentemente verso Francia e Italia, importando l'uso della pittura
murale che si diffonde rapidamente come forma di manifestazione immediata, chiara ed
elementare; il tema è svolto da sinistra verso destra su di una fascia lunga e stretta, i segni
sono semplici e i simboli di facile interpretazione.
In Italia già nel 1968, a San Sperate (CA), è eseguito, ad opera di Giuseppe Sciola, il primo
murale. Primo di una lunga serie che fanno diventare San Sperate il Paese Museo con il
maggior numero di murali in Sardegna. Nel 1975 ha inizio l'attività muralistica a Orgosolo
con tematiche di protesta. L'anno successivo, nel 1976 il muralismo arriva anche a Villamar
grazie all'opera dei due esuli cileni Alan Jofrè e Uriel Parvex. Ma è il 1977 l'anno a partire
dal quale il muralismo, su iniziativa degli artisti di Serramanna e del Gruppo Arte e
Ambiente, guidato dal villamarese Antioco Cotza, assume una più grande dimensione
dovuta in particolare alla protesta contro i governi dispotici e le ingiustizie sociali, contro la
NATO e l’America imperialista.
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Con la collaborazione di alcuni esponenti
della Brigata Muralista Salvador Allende
essi danno il via all'attività della
“Marmilla” dove, il diffondersi delle
pitture si lega ad un momento di forti
tensioni.
Accanto ad Antioco Cotza che esprime col
muralismo la denuncia sociale, lavora
Antonio Sanna, che con intenzioni diverse,
usa il murale per rappresentare paesaggi,
località, usi e costumi di Villamar.
Antonio Sanna
Particolarmente noti sono i murales della città di Belfast che riflettono l'appartenenza
politica e religiosa delle due comunità: cattolica e protestante. Quelli dei quartieri
interamente cattolici che si affacciano sulla Falls Road hanno come tema l'Irlanda unita,
l'esercito repubblicano irlandese (IRA) o temi del folclore e della lingua irlandese. A volte,
su una facciata, su un muricciolo, si scorgono anche altri dipinti. Rappresentano per lo più
eventi sportivi, temi di attualità politica o valori come uguaglianza e pacifismo.
La Shankill Road e i quartieri che vi si affacciano è quasi interamente abitata da protestanti.
L’atmosfera non è differente dalla Falls road, solo i colori sono diversi. Qui dominano il
bianco, il rosso e il blu della bandiera di sua maestà e i murales riflettono la fedeltà degli
abitanti alla corona britannica o il sostegno a gruppi paramilitari protestanti.
I murales di oggi non incitano più alla lotta, come quelli nati durante i “troubles”(disordini
dell’Ulster); così come sono stati eufemisticamente definiti i tre decenni di violenze tra
cattolici repubblicani e protestanti unionisti. I varchi oggi sono aperti e le persone possono
tranquillamente attraversarli anche se sono costantemente monitorati dalla polizia.
Dai primi murales che privilegiavano come tema i messaggi densi di forti componenti
sociali e legati all'attualità (rivendicazioni sociali, denuncia e protesta contro le istituzioni, le
ingiustizie e le intolleranze) si è passati, a nuove tendenze che reinterpretano il murale in
chiave immaginaria e ambientale, soprattutto quelli eseguiti negli ultimi anni, hanno come
unico scopo quello di abbellire e vivacizzare il paese. Espressioni astratte e scene di vita
quotidiana sono i temi dominanti delle pitture murali.
L'atteggiamento della popolazione è sostanzialmente favorevole alla presenza delle pitture
per la loro funzione decorativa e la valorizzazione del centro abitato e delle sue tradizioni,
liberate della componente ideologica esse vengono dipinte persino sulle facciate dei locali
pubblici e degli esercizi commerciali.
Anche a Roma ci sono tanti murales moderni molto suggestivi: presso
Testaccio, in via delle Conce, troviamo il murales del brasiliano Herbert
Baglione. Lo sfondo nero e le figure bianche che ne emergono parlano della
vita e della morte, dell’ordine e del caos. Vale la pena passarci un po' di
tempo ad osservarle.
Ma il più famoso è senz’altro quello dedicato, nel 2001 in occasione della
vittoria dello scudetto della Roma, al calciatore romanista Francesco Totti.
I murales non hanno niente in comune con il graffiti writing. Quest'ultimo, come dice il
termine, prevede come base la raffigurazione e lo studio di lettere che poi si sviluppano
ingrandendosi e presentandosi in diversificate realizzazioni.
*[email protected]
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L’ANGOLO DELLA POESIA
I BRIGANTI
a cura di Maria Meli
Papà, mi dissi figghiùma
cu eranu i briganti?
E' veru c'ammazzavanu,
robbavanu a li Santi,
campavanu 'nte vuoschi
comu animali erranti,
facendu pe' misteri
i latri e i micidianti?
Papà, disse mio figlio
chi erano i briganti?
E' vero che ammazzavano,
rubavano anche ai Santi,
vivevano nei boschi
come animali erranti,
facendo per mestiere
i ladri e gli omicidi?
Eranu mala genti,
facénu chissu e attru.
Scindianu d'i muntagni
o' spissu e all'intrasattu
m'arròbbanu e ammazzavanu
si 'ncunu s'opponia
e tutti, randi e picciuli
ognunu chi u sapìa
scappava a ruppinàtichi
e dintra si chiudia
e si non si ndi ienu
chija porta no' s'apria.
Era cattiva gente,
faceva questo ed altro.
Scendevano dai monti
spesso e all'improvviso
rubavano e ammazzavano
se qualcuno s' opponeva
e tutti, grandi e piccoli
ognuno che sapeva
scappava all'impazzata
e dentro si chiudeva
e se non se ne andavano
la porta non s'apriva.
Cuntentu dissi figghiuma:
E doppu come fu
ca di chissi briganti
cca nnui non d'eppi chiù?
Volia mu u dassu illusu
di chjù chi sapia,
ca di chissi briganti
ormai cchiù non nd’ avia.
Contento disse il figlio:
E dopo come fu
che di questi briganti
non ce ne sono più?
Volevo lasciarlo illuso
di quello che sapeva,
cioè che di briganti
da noi più non ce n'era.
Ma poi mi parsi megghiu
mu sapi a verità
e nc'issi: Figghiu senti,
ricorda chistu cca.
'I'ssi briganti ndavi
'na randi quantità,
forsi cchiù assai di prima,
cchiù di cent'anni fa.
Ma poi mi parve meglio
che sapesse la verità
e gli dissi: Figlio, senti,
ricorda questo qua.
Di questi briganti ce n'è
una gran quantità,
forse ancor più di prima,
più di cent'anni fa.
Sgranau l'occhi e mi dissi:
Ma chissi adduvi su?
Nci dissi: Si sta' attentu
'i vidi puru tu.
Sgranò gli occhi e mi disse:
Ma questi dove sono?
Gli dissi: Se stai attento
li vedi pure tu.
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Ca sai chi cumbinaru
'sti grandi furbacchiuni?
Scindiru d'i muntagni,
jettaru li trumbuni,
si misaru 'n cravatta
e fanno i capizzuni
e mo cu su e adduvi
e cu u capisci cchiuni.
Sai cosa han combinato
questi grandi furbacchioni?
Scesero giù dai monti,
buttarono i fucili,
si misero in cravatta
e fanno i grandi capi
ed or chi sono e dove
chi lo capisce più?
Perciò era megghiu prima
c'armenu i canuscivi
e di 'ncuna manera
mu i scansi arrinescivi.
E mo chi tutti i lochi
i chissi su tenuti
chi dici, ndi sarvamu?
Papà, simu futtuti!
Perciò era meglio prima
chè almeno li conoscevi
ed in qualche maniera
scansarli tu potevi.
Ed or che tutti i luoghi
da questi son tenuti
che dici: ci salviamo?
Papà, siamo fottuti!
Pubblicata trent'anni fa dal sacerdote Giuseppe Scopacasa, che l'aveva raccolta a Mongiana,
in provincia di Vibo Valentia.
L’autore è Rocco Ritorto (1923-2011) il poeta della povera gente, nato a Focà di Caulonia
(R.C.) e vissuto a Siderno, cittadina di nascita della madre. Insegnante elementare amò la
poesia dialettale e la ricerca storica. Sin da giovanissimo si interessò di giornalismo con
l’impegno quotidiano con il Giornale di Calabria, diretto da Piero Ardenti, per il quale
riempì pagine e pagine narrando della ‘ndrangheta e dei suoi devastanti effetti. Ma la sua
firma era da prima fila anche nelle pagine culturali, legata alla poesia e alla saggistica.
I suoi saggi sulla letteratura e sulla massoneria,
di cui fu studioso tra i più acclamati in Italia,
sono oggi testi di studio per importanti progetti
formativi. Era definito il "poeta senza sorriso"
per la sua aria assorta ed il comportamento
schivo e riservato, che trasferiva nei suoi versi
velati di malinconia. Era un socialista utopista.
Si impegnò a fondo per la rinascita della
Calabria, ma rimase deluso di ogni azione
politica e governativa al riguardo, che ancora
assegna alla Calabria l'epiteto di “cenerentola
d'Italia”
Tali i suoi saggi storici: Tavole massoniche,
vol. I (Pellegrini, Cosenza 1994), Tavole
massoniche, Vol. II (1996), Tavole massoniche,
vol. III ( 2001), La massoneria. Da «All’Oca e
Alla Graticola» di Londra alla costa dei
Gelsomini in Calabria (Ursini, Catanzaro
2003). Tali le sue raccolte poetiche in dialetto:
Hjangazzi (Arti Grafiche, Ardore 1974), Jancu
e nigru (Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1990), Pampini (Arti Grafiche, Ardore 1995). Nel
2006 ha pubblicato presso l’editore Franco Pancallo di Locri Florilegio- Storia e antologia
della poesia dialettale calabrese dalle origini ai nostri giorni.
*[email protected]
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SONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙ
di Silvana Costa*
SETTIMOCENTENARIO di GIOVANNI BOCCACCIO, considerato il padre della
prosa volgare italiana e, insieme a Petrarca e a Dante, il più importante scrittore del XIV
secolo sia in Italia che in Europa, nasce a Certaldo (FI) (ma secondo alcune fonti a Firenze o
a Parigi) il 16 giugno 1313 da Boccaccio di Chellino e da madre ignota.
A Firenze Giovanni trascorre tristemente l’infanzia e la fanciullezza insieme al padre e alla
matrigna Margherita de’Mardoli e inizia l’apprendimento scolastico sotto la guida di
Giovanni Mazzuoli da Strada che lo indirizza alle “prime nozioni e impressioni dantesche”,
che si rafforzeranno lungo tutta la vita in una venerazione che costituisce uno degli elementi
fondamentali dell’appassionato credo poetico e umano del Boccaccio.
Nel 1327 viene mandato a Napoli dal padre, come responsabile della succursale napoletana
dei Bardi “consigliere e ciambellano” del re Roberto D’Angiò, a far pratica bancaria, attività
che, per quanto indesiderata, lo mette a contatto con una realtà multiforme fatta di
aristocratici e popolani, di avventurieri e di impostori, di gente di terra e di mare, che
svilupperà in lui curiosità intellettuali e spirito di osservazione.
Dopo circa sei anni di scarsi risultati, nel 1331, all'età di diciott'anni, il padre decide di
ripiegare sul diritto canonico, nella speranza che il figlio possa imparare una professione.
Anche gli studi di diritto canonico nonostante le lezioni di Cino da Pistoia, noto maestro di
diritto e famoso rimatore stilnovista, amico di Dante e Petrarca, non hanno buon esito.
Comunque è in questo periodo che si compie la sua formazione intellettuale ed umana nel
più importante centro culturale italiano: lo Studio (Università) napoletano, la ricchissima
biblioteca reale e la stessa raffinata corte angioina, punto d'incontro tra la cultura italofrancese e quella arabo-bizantina, che richiama da ogni parte poeti, letterati, eruditi,
scienziati e anche artisti come Giotto, che in quegli anni sta lavorando agli affreschi del
Castel Nuovo.
Qui si occupa di letteratura; scrive in latino (epistole), e in volgare, componendo opere
come il Teseida, il Filocolo, il Filostrato e la Caccia di Diana.
Frequenta anche la biblioteca reale e conosce Paolo da Perugia che la dirige, il monaco
calabrese Barlaam, che gli insegna la lingua greca, l'astrologo Andalò del Negro e il teologo
e maestro di retorica Dionigi di Borgo San Sepolcro.
Boccaccio è un autodidatta e un appassionato della letteratura cortese e stilnovistica e crea il
mito letterario: l'amore per Fiammetta, probabilmente figlia di Roberto D'Angiò.
Nel De genealogiis considera che le imposizioni del padre gli hanno impedito di divenire un
“miglior poeta e scrittore”, in quanto l'hanno obbligato ad imparare un mestiere a lui odioso.
Improvvisamente nel 1340 il padre lo richiama a Firenze per un forte tracollo economico a
causa del fallimento di alcune banche in cui aveva investito e Giovanni lascia Napoli con
profondo rimpianto. Ma il disagio del ritorno sembra lentamente attenuarsi e in un clima di
maggiore serenità il Boccaccio compone opere come l'Amorosa visione e il Ninfale
fiesolano, legate alla tradizione fiorentina, può dedicarsi all’amorosa storia della favola di
Africo e Mensola (un pastore e una ninfa alla cui morte si deve il nome dei due torrenti
affluenti del fiume Arno) e al romanzo in prosa Elegia di Madonna Fiammetta, in cui
esprime tutta la nostalgia per la vita di corte a Napoli.
Nel 1349 a Firenze dà inizio alla sua più celebre opera, il Decamerone il cui sottotitolo è Il
principe Galeotto (ad indicare la funzione che il libro avrà di intermediario tra amanti): dieci
giovani, sette ragazze e tre ragazzi che durante l'epidemia di peste del 1348 decidono di
rifugiarsi sulle colline presso Firenze; dieci giorni, come indica in greco il titolo dell'opera:
Ta tòn deca emeròn biblìa; cento novelle legate l'una all'altra dalla personalità poetica
dell'autore.
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Esse, pur essendo ciascuna un piccolo mondo artistico, costituiscono nell'insieme un
organismo unitario, nel quale la finzione dei dieci novellatori rispecchia un ideale di vita
raffinata e intelligente, in cui tutto è consentito e destinato a fornire diletto. L’amore, uno dei
temi principali, è visto come un istinto incontenibile, come legge naturale.
Probabilmente lo scopo è quello di divertire un po' o forse solo di dimostrare come lo spirito
non deve farsi abbattere dalle traversie, in un momento che doveva apparire ben nero
quando a Firenze, oltre a sopportare le conseguenze dell’alluvione del 1333 e i profondi
contrasti politici e sociali, si diffonde la peste descritta poi a forti tinte nell’introduzione.
Dalla lettura del Decamerone si evince come l’autore sia attento a tutta la realtà, pronto a
rappresentarla integralmente, da osservatore imparziale, nei suoi aspetti molteplici e talora
contrastanti: una realtà in continuo mutamento.
Il risultato è una raccolta di storie così divertenti e scanzonate da percorrere l'Europa per
quasi sette secoli, influendo sulla storia e sulla cultura dell'intero occidente. Nonostante
fosse considerato un testo proibito (fin dal 1559), con l'introduzione della stampa diviene
uno dei testi più stampati e definito dal cardinale Pietro Bembo il modello perfetto per la
prosa volgare.
Finito di scrivere il Decamerone stringe amicizia con il “glorioso maestro”, Francesco
Petrarca, che ha modo di conoscere di persona nella campagna fiorentina mentre il poeta si
recava a Roma per il Giubileo del 1350. Nella primavera dell'anno successivo trascorre
alcune settimane a Padova nella casa del poeta. La profonda ammirazione per questa grande
personalità induce il Boccaccio a trascriverne molte composizioni e a tracciarne un profilo
biografico dal titolo: De vita et moribus domini Francisci Petracchi.
Morto il padre e ormai diventato egli stesso un personaggio illustre, Firenze gli affida vari
incarichi che lui accetta, non come un onore meritato ma come un compito da assolvere,
quale devoto cittadino della Repubblica.
Nel gennaio 1351 viene eletto Camerlengo del Comune e in febbraio è scelto come
rappresentante della Repubblica nelle trattative con la regina Giovanna di Napoli per
l’acquisto di Prato. Sempre a questi anni risalgono il Buccolicum carmen che si riferisce ad
avvenimenti politici del tempo, il De mulieribus claris , ossia le vite di eroine dell'antichità e
del Medioevo e il De montibus, silvis, fontibus inventario della cultura geografica classica.
Nel 1354 e poi nel 1365, è ambasciatore ad Avignone presso i pontefici Innocenzo VI e
Urbano V. La rovina dei Bardi e la crisi fiorentina fanno si che, per far fronte alla
ristrettezze economiche in cui versa, cerca di trovare una sistemazione alla Corte Angioina.
Ma l'accoglienza è veramente rovinosa e deludenti i due soggiorni a Napoli del 1355 e 1362.
Accetta perciò l’ospitalità del giovane aristocratico Mainardo de’Cavalcanti cui dedicherà,
riconoscente, il De Casibus virorum illustrium.
Verso il 1361- 1362 stanco della vita cittadina e dei continui turbamenti politici di Firenze,
influenzato dai fitti contatti epistolari con il Petrarca, chiede e riceve gli ordini minori e si
ritira, come in un eremo, a Certaldo dove raccoglie e conclude gli ultimi libri della
Genealogia deorum. Nel Corbaccio, opera secondaria satirica scritta in volgare intorno al
1365, viene capovolto il pensiero giovanile dell’amore che ora è visto come causa di
degrado e ciò è da attribuire in particolar modo ai turbamenti religiosi propri di Boccaccio
negli ultimi periodi della sua vita. Ultima in ordine di tempo, le Esposizioni della Commedia
dantesca che accetta di commentare pubblicamente nella chiesa di Santo Stefano di Badia,
ma che dopo pochi mesi, essendo sofferente di idropisia, è costretto a rinunciare alle sue
letture, interrompendole al canto XVII dell’Inferno. Muore a Certaldo il 21 dicembre 1375.
Il Comune di Certaldo, l’Associazione letteraria Giovanni Boccaccio e l’Ente Nazionale Giovanni
Boccaccio bandiscono un premio di 1000 euro per la migliore tesi di laurea magistrale (M. A.) o tesi di
dottorato (Ph. D.) riguardante la figura, l’opera e la fortuna di Boccaccio, discussa in università italiane o
straniere dal 2010 ad oggi - Le Poste italiane hanno emesso un francobollo commemorativo da € O,70.
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CINEMA - CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNO
di Giuliana Costantini*
Per l'impegno in questa occasione vi proponiamo:
LA GRANDE BELLEZZA - Regia di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Carlo Verdone,
Sabrina Ferilli - Medusa film 2013.
Jep Gambardella è una mancata promessa della letteratura che si è lasciato travolgere da una
Roma mondana e solo apparentemente “impegnata”, diventando un giornalista del nulla, un
cronista alla ricerca di situazioni e personaggi improbabili e inutili, come la sua vita.
Tremendamente narcisista, ma timido, Jep si accorge del vuoto che lo circonda e affonda nel
rimpianto: un Toni Servillo eccezionale ed estremamente convincente, è affiancato da
“amici” grotteschi e “barocchi”, in un ambiente decisamente decadente e lontano da ogni
morale. Dal tenero scrittore fallito interpretato da un Carlo Verdone inconsueto, alla triste
prostituta cui da voce e volto una Sabrina Ferilli la cui bravura è quasi inaspettata, tutti i
personaggi sono insoddisfatti e melanconici. Roma trionfa in una serie di immagini
eccezionali, soprattutto notturne, anche con spettacolari interni di nobili palazzi.
Jep sente prepotentemente il desiderio di cambiare e i suoi sessantacinque anni lo spingono
alla ricerca di sentimenti ed emozioni vere, quelle che una volta gli regalava la giovinezza.
Bisognerà dunque compiere un non facile percorso interiore per ritrovare “la grande
bellezza”.
Tornano alla mente Fellini e Scola, ma Sorrentino ci presenta un film originale e riuscito.
Colonna sonora perfetta che ben si armonizza con il surrealismo di molte scene.
Per il disimpegno, proponiamo:
QUANDO MENO TE LO ASPETTI - Regia di Agnès Jaouì, con Agnès Jaouì, Arthur
Dupont, Jean-Pierre Bacrì. Lucky Reed, 2013.
La regista francese, anche convincente attrice Agnès Jaouì, ci presenta un film ironico e
divertente, parafrasando quasi la fiaba di Cenerentola, qui è un uomo che scappa e perde una
scarpa: il padre del “cenerentolo” è ossessionato da una previsione di anni prima che gli
annunciava una morte imminente che non avviene, ma che gli impedisce di fare progetti a
lungo termine. Poi c’è Maxime alla ricerca di giovinette, che si presenta come un lupo
solitario e la signora che crede di non invecchiare mai grazie al botox. Tutti questi
personaggi sono decisamente ancorati a sogni e superstizioni, mentre in molti di loro si
manifesta chiaramente la crisi della mezz’età, tramite battute esilaranti, divertenti, ma non
troppo superficiali. Commedia molto “francese”, raffinata anche se modernissima nel
linguaggio, che sconfina quasi nell’assurdo: Agnès Jaouì conferma qui il suo talento, già
precedentemente dimostrato nel film “Il gusto degli altri” del 2000 che fu candidato
all’Oscar per il miglior film straniero.
*[email protected]
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ALIMENTAZIONE E SALUTE
di Antonella Bailetti*
PER UNA SANA ALIMENTAZIONE: CEREALI, LEGUMI,
ORTAGGI e FRUTTA IN QUANTITA’
Vi siete mai chiesti perché è importante consumare i legumi, ortaggi, cereali e frutta?
Numerosi studi hanno dimostrato che un’alimentazione ricca di cereali, legumi, ortaggi e frutta protegge
dalla comparsa di numerose malattie molto diffuse nei paesi sviluppati, in particolare diverse forme di
tumore e malattie cardiovascolari (patologie delle arterie coronarie, ipertensione, infarto) cataratta,
malattie dell’apparato digerente (diverticolosi, stipsi).
Il consumo di adeguate quantità di frutta e ortaggi assicura un rilevante apporto di vitamine, minerali e
acidi organici ed inoltre il loro potere saziante è particolarmente elevato. In un’alimentazione
equilibrata il 60% circa delle calorie quotidiane dovrebbe provenire dai carboidrati, dei quali almeno i
tre quarti sotto forma di carboidrati complessi e non più del quarto restante sotto forma di carboidrati
semplici. I carboidrati complessi sono rappresentati essenzialmente da amido e fibre. Il primo è presente
in buone quantità soprattutto nei cereali, nei legumi e nelle patate. La fibra si trova in quasi tutti i
prodotti vegetali. I carboidrati semplici invece sono rappresentati da zuccheri quali il saccarosio, che si
ottiene dalla barbabietola e dalla canna da zucchero, il glucosio e il fruttosio contenuti nella frutta e nel
miele e il lattosio contenuto nel latte. La presenza contemporanea dei due tipi di carboidrati nelle
proporzioni indicate, assicura all’organismo un rifornimento di energia costante e prolungato nel tempo,
tale da evitare variazioni dei tassi di glucosio nel sangue. Anche nell’alimentazione dei bambini,
l’apparato dei carboidrati complessi, dovrebbe prevalere sull’assunzione di zuccheri e consumo
frequente di cioccolate e merendine. Queste sostanze oltre ad essere dannose in quanto responsabili
della formazione di carie, influiscono sullo stato di salute del bambino per svariati motivi, tra cui
l’obesità. Per questo è importante sin da piccoli, educarli a queste semplici regole alimentari. Tornando
a parlare della fibra (contenuta nella frutta, negli ortaggi, legumi e cereali) possiamo dire che questa non
ha valore nutritivo o energetico, ma è ugualmente molto importante per la regolazione di diverse
funzioni fisiologiche dell’organismo umano.
La fibra può essere solubile ed insolubile. La prima è presente nei legumi e nella frutta e contribuisce
attraverso particolari processi, al controllo dei livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue. La fibra
insolubile è invece contenuta soprattutto nei cereali integrali, nelle verdure e negli ortaggi. La fibra
alimentare facilita il raggiungimento del senso di sazietà, in quanto contribuisce ad aumentare il volume
del cibo ingerito e a rallentare lo svuotamento dello stomaco. Anche per questo motivo la fibra viene
molto utilizzata nelle diete dimagranti. La fibra inoltre, sembra in grado di ridurre il rischio di
insorgenza di alcune malattie dell’intestino (diverticolosi) e delle vene (varici), nonché di importanti
malattie cronico-degenerative ed in particolare dei tumori del colon retto, ed inoltre regola i livelli
ematici nel diabete e nelle malattie cardiovascolari. Attualmente in Italia l’introito di fibra che viene
consumato giornalmente, non supera i 30 grammi, quantità che è invece raccomandata, per cui è
opportuno consumare più spesso alimenti ricchi di fibre. La frutta, come le arance, pomodori e kiwi
sono ricchi di vitamina E. La carota, l’albicocca, gli ortaggi a foglia verde contengono vitamina A,
mentre i legumi e i cereali, contengono varie sostanze tra cui i folati (importanti nell’alimentazione
delle gestanti). Sono anche una fonte importante di minerali come calcio, ferro, potassio. Inoltre alcuni
componenti (vitamine e minerali) contenuti nella frutta, ortaggi e legumi, svolgono un’azione protettiva,
prevalentemente di tipo ossidante, contrastando l’azione dei radicali liberi, i quali sono in grado di
alterare la struttura delle membrane cellulari e del materiale genetico (il DNA) aprendo la strada a
processi di invecchiamento precoce e a tutta una serie di reazioni che sono all’origine di diverse forme
tumorali. Un’ altro componente che svolge la stessa funzione è quello antiossidante, presente in diversi
tipi di frutta e ortaggi freschi. I più comuni sono: l’acido ascorbico (vitamina C), i carotenoidi (pigmenti
gialli, rossi e arancioni contenuti nei vegetali e frutti), i composti fenolici (presenti nell’uva e nel vino)
tocoferoli (presenti negli ortaggi a foglia verde). L’aglio contribuisce nella eliminazione di sostanze
cancerogene, la soia con i suoi componenti, sembra inibire la crescita di alcune cellule tumorali, infine
l’assunzione di potassio di cui frutta e verdura sono ricche, è stata associata a un ridotto tasso di
mortalità da infarto, visto che il potassio associato ad altri minerali, contribuisce al buon funzionamento
della pompa cardiaca.
* Infermiera professionale
Fatebenefratelli – Roma
[email protected]
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ALLE RADICI DELLA STORIA
EVENTI EPICI... MITI... LEGGENDE...
di Paulette Carrara*
LA BANDIERA DELLA CORSICA
Gli antichi Greci erano innamorati della Corsica, un massiccio roccioso lungo 183 km e
largo 83, che consideravano l'isola più bella del Mediterraneo tanto da definirla “kallistè - la
bella”.
Simile ad un piccolo continente, 1200 km di costa, cime innevate, vegetazione rigogliosa,
fiumi e ruscelli, un mare meraviglioso con vene corallifere, spiagge e calette incantevoli, un
deserto, stagni, laghi, sorgenti di acque minerali, reperti archeologici, dal paleolitico in poi,
torri-vedetta su scogli a picco sul mare e, all’interno su rocce ardite o su contrafforti ameni:
una “summa” di elementi che la rendono meta preferita da turisti provenienti da ogni parte
del mondo.
Per questo la viabilità stradale è migliorata, le strutture alberghiere si propongono sempre
più sofisticate, la cucina tradizionale, con i suoi prodotti tipici tra i “u brocciu e la
charcuterie corse” e quella moderna, la ”nouvelle cuisine”, è diventata più appetitosa, specie
se preceduta dal famoso pastis e annaffiata dai celebri vini locali: un Paradiso per i
buongustai!
Nell'immaginario collettivo la Corsica viene identificata con il suo stemma, che compare sulla
bandiera dell'isola; una testa di moro, legata da una benda sulla nuca, su fondo bianco.
Il significato di tale emblema è controverso, ma
pare risalire all'epoca delle Crociate, quando
venne adottato dagli Aragonesi per indicare la
loro vittoria sugli infedeli.
Quando Sardegna e Corsica nel 1279 passarono
al re d'Aragona, esso si diffuse nell'isola: allora i
mori erano quattro (come nello stemma della
Sardegna), avevano la benda calata sugli occhi e
un orecchino al lobo, in segno di schiavitù.
Pasquale Paoli, che nel 1762 gettò le basi di una
Corsica libera e moderna, adottò il simbolo aragonese (la testa di moro era nel frattempo
diventata una sola), ma alzò la benda sulla fronte ed eliminò l'orecchino, in segno di riscatto
e di indipendenza.
Altre versioni, ritenute leggendarie, ricordano il complotto di un servitore moro contro re
Giacomo d'Aragona, che lo punì con la decapitazione, oppure si riferiscono ad un altro
complotto, questa volta sventato da un moro fedele, che salvò la vita al re Teodoro di
Neuhof, od ancora alla decapitazione del capo saraceno Mohamed, presso Aleria, ad opera
di un certo Paolo, che così si sarebbe vendicato del rapimento della figlia Diana.
*[email protected]
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SPIRITUALITÀ
nei sentieri del vissuto quotidiano
Claudia Pelle*
IL PAPA DELLA SPERANZA (CHE NON DELUDE)
E DELLA RIVOLUZIONE.
Nel momento di crisi che stiamo vivendo, un grande dono del 2013 è senza
dubbio il nostro Papa Francesco. Lo abbiamo atteso e accolto come una promessa, dopo la sua
elezione (lo scorso 13 marzo) nutrendo molte speranze su di lui e fino ad ora non ci ha mai
deluso. Ed è di speranza mai delusa che parla spesso il nuovo Francesco, "uomo nuovo" anche
nel modo tutto suo di rompere gli schemi sia negli incontri ufficiali sia nel raccontare una
Fede scevra da formalismi e da banalità.
E' un Papa che appare sorridente, ironico, mite, dalla capacità comunicativa incisiva: va
incontro alla gente e si lascia incontrare accorciando le distanze con la sua semplicità
disarmante.
Nella semplicità il Pontefice si fa testimone di Cristo che "ci è necessario", come recitava il
tema che è stato affrontato nel corso dell'incontro dello scorso 17 giugno, nella Sala Paolo VI
del Vaticano.
Francesco ci ha accolti per aprire il consueto Convegno diocesano, che ogni anno si svolge
per dare le linee guida ai formatori della Fede.
L'incontro si è svolto nella sala Nervi, voluta da Paolo VI e realizzata nella seconda metà
degli anni '70, con una capienza di 12.000 persone: la sala era piena di gente emozionata e
festosa. Con me molti parrocchiani di San Marco Evangelista all'Agro Pontino, dello Spirito
Santo e di SS. Pietro e Paolo, ma anche alcuni amici e colleghi che mi hanno chiesto di poter
assistere ad un incontro con il Papa.
Non è il primo Convegno a cui assisto (negli anni precedenti con Papa Benedetto XVI) ma è
la prima volta con Francesco ed ero molto emozionata anche io. Ero soprattutto curiosa.
Non ci ha delusi Francesco, tutt'altro, ci ha colpiti molto parlandoci della Grazia: prendendo
spunto da una Lettera di San Paolo ai Romani, ha ripetuto spesso che l'uomo "vive sotto la
Grazia" ricordandoci che essa è un dono gratuito del Signore, che "non si compra e non si
vende". San Paolo nella sua lettera ci dice che l'uomo è stato strappato dalla legge per essere
collocato sotto la grazia del Signore.
Questo cambiamento è una grande rivoluzione.
Il Battesimo è la rivoluzione che trasforma l'uomo vecchio in uomo nuovo. La nostra è la
religione delle rivoluzioni, dice Francesco: si fonda infatti sulla Resurrezione di Cristo, un
evento straordinario che sovverte il naturale svolgersi delle cose. Citando il Papa Emerito
Benedetto XVI che parlava della Resurrezione come la "mutazione più grande dell'umanità",
Francesco ha proseguito raccontando l'avventura di Saulo, peccatore e persecutore dei
Cristiani, uomo fatto nuovo dalla conversione (Paolo), che inizia la sua storia togliendo la vita
agli altri e la termina dando la propria in nome del Signore. La vita del Santo inizia davvero
dopo la sua conversione. La rivoluzione, dice Francesco, non si può fare solo con le parole: il
cristiano, se non è rivoluzionario, non è un vero cristiano.
Con coraggio e speranza chi crede semina e lo fa con gioia. Con speranza e pazienza il
cristiano vince "il nemico", quel nemico che vuole tenerci lontano da Dio e che instilla
delusione nei nostri pensieri. Chi ha fede sa che deve lottare con questo nemico
quotidianamente e non si scoraggia. Paolo parlava di una "spina di Satana nella carne" ma
dice anche che accogliere Cristo nella propria vita significa far entrare la speranza nella
propria storia personale e combattere "la buona battaglia" per conservare la fede.
14
Dopo aver esortato ancora una volta i fedeli ed i sacerdoti ad uscire dalle Parrocchie (la frase
"siate pastori e non pettinatori di pecore" ha fatto il giro del web in poche ore) ed a
raggiungere quelle che lui chiama "le periferie" dell'esistenza (poveri, emarginati, lontani da
Dio), l'incontro è proseguito con canti e preghiere.
Bellissima la colonna sonora a cura di Monsignor Marco Frisina che ha concluso con il
famoso e trascinante "Canto del mare".
Uscendo dalla sala Nervi, un amico che mi ha accompagnata ma che non può essere definito
"praticante", emozionatissimo dopo l'incontro con Francesco, mi ha chiesto: ma come fate,
voi cristiani, ad essere sempre così allegri e sereni? Ho risposto con le parole del Papa,
pronunciate proprio poco prima: "E' la gioia del seminare, quella che leggi negli occhi dei
catechisti." Ed ho aggiunto: S.Agostino diceva: "ci hai fatti per Te Signore, e l'anima non
trova pace finché non riposa in Te..." Oggi abbiamo invocato lo Spirito Santo ed eravamo
uniti alle preghiere del Santo Padre. Questo non può non essere fonte di gioia. Riposare in
Dio, uniti, sempre, soprattutto nelle avversità: è questo il segreto per essere Chiesa e per
vivere nella Speranza.
*Ordine Francescano Secolare
[email protected]
http://eccola.blogspot.com
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UN RACCONTO BREVE
di Giuliana Costantini
CRESCERE
Era davvero inutile porsi tante domande, ma Fabio non riusciva proprio a farne a meno.
Il suo paese non era, adesso, che un cumulo di macerie grigie e loro sotto quelle macerie
avevano abbandonato ogni cosa. Ora abitavano con tanta altra gente in un paese più piccolo,
in montagna, e mangiavano poco e male. Eppure sua madre continuava a dire che bisognava
ringraziare il Signore d'essere ancora vivi, ma Fabio spesso non riusciva a ringraziarlo: si
sentiva confuso, c'era qualcosa in quegli avvenimenti che non capiva. Perché suo padre era
tornato all'improvviso dal fronte e poi se n'era andato di nuovo?
Se chiedeva alla mamma dove fosse, lei faceva un gesto vago indicando le montagne. Ma
che ci faceva suo padre in montagna? Partigiano, dicevano che era partigiano.
Lui non sapeva bene chi fossero questi partigiani, ma certamente se con loro c'era suo padre
dovevano essere gente perbene e dovevano avere ragione. Già, perché in quei giorni si
faceva un gran parlare di torto e di ragione, ma Fabio non si raccapezzava proprio. Una
volta, per esempio, aveva chiesto alla mamma se fosse peccato uccidere un tedesco, ma lei
non gli aveva risposto.
E, intanto, i giorni passavano e lui si sentiva sempre più a disagio e non gli importava di non
avere più i suoi giocattoli, avrebbe voluto capire, ma tutti dicevano che, prima, bisognava
diventare grandi, insomma, bisognava crescere.
Una mattina, si alzò presto e se ne andò verso i monti: non avrebbe dovuto allontanarsi
perché la mamma glielo aveva proibito, ma Fabio, quel giorno, disobbedì.
Era una giornata limpidissima e quasi tiepida, il bambino camminava per un viottolo erboso
e pensava a suo padre: magari era abbastanza vicino, proprio su quella montagna che gli
stava di fronte....poi, scorse qualcosa tra l'erba. Si arrestò di botto: c'erano un paio di piedi
calzati da vecchie scarpe militari. La curiosità fu più forte della paura e Fabio si avvicinò.
I piedi appartenevano ad un uomo che giaceva nell'erba, il viso lui non poteva vederlo,
perché lo sconosciuto gli volgeva la schiena.
Fabio sentì le gambe farsi molli, avrebbe voluto fuggire, ma, invece, restò lì a guardare:
l'uomo era immobile, forse era morto, pensò: aveva visto altri morti, ma sempre con
qualcuno vicino a sè e poi gli altri erano distesi dentro una cassa o su un tavolo e, intorno,
c'era gente che piangeva.
Invece, adesso non c'era nessuno, lo prese un senso di nausea: cercò intorno con lo sguardo,
ma anche in lontananza non c'era anima viva. Allora sentì le lacrime che gli pungevano gli
occhi: non c'è d'aver paura dei morti, diceva sempre la mamma, solo i vivi possono farci del
male, dunque non c'era pericolo, eppure lui sentiva di averne di paura, una paura
sconosciuta, non come quella che lo faceva rabbrividire quando i vecchi raccontavano del
lupo mannaro e dei corpi sbranati nelle notti di luna piena.
Così, se ne andò di corsa, ma appena vide le prime case del paese, rallentò il passo e gli
parve di capire che doveva fare qualcosa, chiamare qualcuno, perché lo seppellissero quel
morto e non importava se era di quelli che avevano torto o ragione. Mentre camminava
deciso, si senti più grande: gettò appena un'occhiata ai bambini che giocavano a pallone
sulla piazza e si avviò verso casa.
Crescere, forse era questo che voleva dire "crescere".
*[email protected]
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A TAVOLA CON LO CHEF
di Gina Baldazzi*
E l’estate vien cantando, vien cantando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta?
Un cestel di bionde pesche vellutate, appena tocche,
e ciliegie lustre e fresche ben divise a mazzi e a ciocche.
Da “I doni “ di Angiolo Silvio Novaro
E l’estate è finalmente arrivata quindi ricettine leggere e buone per mantenersi in forma ed
affrontare la prova costume senza problemi. E anche veloci, non bisogna perdere tempo
perché è cosi bello uscire nel sole ora, andare al mare e sdraiarsi sulla sabbia, o fare
passeggiate nei parchi della nostra bella, verde Italia.
Quindi al lavoro: si può fare un pranzetto facile e svelto che si può preparare in anticipo,
così ci si mette a tavola tutti insieme, cominciando dall’antipasto.
Ceci al salmone
Riso alla turca
Involtini
Involtini messicani
Insalata mista
Torta all’ananas
-CECI AL SALMONE - Ceci, salmone (1 confezione possibilmente a pezzi), erba cipollina, olio
sale e pepe. - Lessate i ceci se freschi oppure lavate i ceci in scatola sotto abbondante acqua corrente.
Unite i pezzetti di salmone, se piace anche affumicato, e condite il tutto con olio, sale, pepe ed erba
cipollina.
-RISO ALLA TURCA - Aglio e cipolla, 4 pomodori, 4 melanzane, 2 carote, 2 o 3 peperoni, pinoli,
mezzo kg di riso carnaroli - in una pentola capiente fate rosolare nell’olio un paio di spicchi d’aglio,
un trito di cipolla e dei pezzetti di almeno 4 pomodori rossi freschi sodi spellati e privati dei semi,
aggiungete i pinoli, 2 peperoni (1 giallo e 1 rosso o verde per dare un tocco di colore) 2 o 3 carote
tagliate sottili. Appena le verdure saranno ammorbidite aggiungete il riso, sfumate con un bicchiere di
vino bianco, unite il brodo e lasciate cuocere mescolando ogni tanto. Quando il riso è quasi a fine
cottura aggiungete le melanzane a tocchetti precedentemente fritte. Si gusta molto a temperatura
ambiente.
-INVOLTINI MESSICANI - 3 etti di prosciutto cotto, 3 etti di macinato misto (vitella e maiale), 1
uovo intero, 2 o più cucchiai di parmigiano, besciamella a piacere, foglie di salvia fresca.
Condite in una terrina il macinato con l’uovo, il parmigiano, la besciamella e un pizzico di sale.
Formate dei bastoncini di circa 5 cm, avvolgeteli uno per uno nel prosciutto cotto e poneteli in un
tegame antiaderente unto con un poco di burro o olio. Se piace un sapore forte di salvia potete metterne
una foglia intorno ad ogni bastoncino, altrimenti ne spargerete qualcuna qua e là nel tegame. Cuocete a
fuoco moderato girando delicatamente gli involtini fino a completa cottura. Patate o insalata a piacere.
-TORTA ALL’ANANAS - una confezione di ananas sciroppato, 2 etti di farina, 1 etto e mezzo di
zucchero, 1 uovo, mezzo etto di burro, 1 bustina di lievito.
Mettete sul fuoco una tortiera antiaderente abbastanza grande con il burro e mezzo etto di zucchero e
quando saranno sciolti adagiate le rondelle di ananas tenendo da parte il succo. Ponete in una terrina
l’uovo con lo zucchero, la farina, la bustina di lievito e mescolate con il succo di ananas. Versate
l’impasto sulle fette già predisposte nella tortiera. Infornate in forno caldo a 200° per 30 minuti.
SIGNORI E SIGNORE IL PRANZO È SERVITO! BUON APPETITO
Le ricette descritte si trovano nel mio libro “QUELLE DI…”
*[email protected]
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I GRANDI DI OGNI TEMPO
nella letteratura, nelle arti, nella filosofia
di Anna Iozzino*
SEBASTIANO DEL PIOMBO: PUNTO DI MEDIAZIONE TRA
PITTURA VENETA E PITTURA ROMANA
SEBASTIANO LUCIANI (Venezia 1485 - Roma 1547), fu detto “del Piombo” per l’ufficio della
piombatura dei Brevi papali da lui ricoperto dal 1531, un incarico prestigioso, ma non di eccezionale
impegno. Si trattava di un lavoro di carattere burocratico, implicante l’iscrizione del funzionario
incaricato nel clero minore e consistente nell’apposizione del sigillo pontificale sugli atti emanati dalla
Curia. Dalla critica più avanzata Sebastiano del Piombo è ritenuto uno dei maggiori pittori del
Rinascimento e l’anello di congiunzione e di mediazione tra la pittura veneta e quella romana.
Sebastiano del Piombo inizia a Venezia la sua formazione come allievo del Bellini, ma sa trarre
ispirazione e apporti culturali anche dal Giorgione e da frate Bartolomeo riecheggiandone i modi come
dimostrano le sue opere giovanili veneziane: La Sacra Famiglia con i Santi Caterina e Sebastiano del
Louvre, il San Bartolomeo, dipinto sull’ante dell’organo omonimo della Chiesa di S. Bartolomeo a Rialto
nel 1509, la pala di S. Giovanni Crisostomo del 1510 nella Chiesa omonima e i numerosi e splendidi
ritratti citati dalle fonti, ma andati quasi tutti perduti. In queste opere è presente quel senso tonale
tipicamente veneziano del colore imbevuto di una luce calda e diffusa, ma vi sono anche delle note
innovative nelle figure che appaiono più compatte, evidenziate a livello plastico ed inserite con sicura
impostazione nelle architetture o nello spazio.
Questa sua naturale tendenza alla monumentalità e ad una maggiore saldezza formale si libera
completamente a Roma a contatto con l’arte di Michelangelo e di Raffaello.
Con quest’ultimo ci fu un flusso continuo e reciproco di scambi, di fermenti e di contatti.
Infatti Raffaello nell’ambito della stanza detta di Eliodoro, sulla parete nella quale s’apre un’ampia
finestra dipinge l’episodio della Messa di Bolsena, dove c’è un utilizzo di una struttura cromatica intrisa
da un gioco di luci più morbido ed una prospettiva creata non solo con il disegno, ma anche dalla
retrocessione tonale dei colori, novità assimilate da Sebastiano del Piombo.
Nel 1511, infatti, il banchiere senese Agostino Ghigi invita Sebastiano a Roma, che nella Capitale ha
vissuto la sua pienezza artistica come protagonista di un'epoca di complesse trasformazioni storiche,
sociali e religiose: dal sacco di Roma alla Controriforma, al succedersi, nell'arco di pochi decenni, di sette
papi e gli commissiona gli affreschi della sua nuova villa della Farnesina, dove l’artista decora il riquadro
di Polifemo e le lunette della Stanza dei Pianeti con scene ispirate alle Metamorfosi di Ovidio, dove
comincia ad abbandonare le soluzioni tonali venete per una cromia più fresca e vivace ed un disegno più
preciso rinnovando i termini della propria cultura figurativa.
Tra i suoi ritratti più belli di questi anni restano quelli della Dorotea degli ex Musei di Stato di Berlino, il
Cardinale Carondolet della collezione Thyssen di Lugano, il Gentiluomo del Museo Nazionale di
Budapest, il Cardinale Sauli della National Gallery di Londra e il ritratto di Andrea Doria della Galleria
Doria-Pamphili a Roma, dove si sente forte l’influenza delle forme armoniose, composte e serene di
Raffaello Sanzio, pur conservando le morbide e tonali cromie venete.
In particolar modo nella drammatica “Pietà” del Museo Civico di Viterbo sono più evidenti gli influssi
diretti di Michelangelo che aggiungono eroicità alle immagini ed il rapporto luce–colore viene usato in
maniera costruttiva, secondo il gusto plastico-formale dell’ambiente romano.
È il momento in cui l’evoluzione formale di Sebastiano del Piombo giunge verso l’unità della sua visione:
la sonorità tonale del colore, la sacralità monumentale e corposa di ogni immagine, evidenziata da una
luce misteriosa e densa di valori spirituali, l’autonomia della propria ricerca si confermano come le cifre
caratterizzanti di tutti i suoi dipinti della maturità.
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UNIVERSO DONNA
di Gabriella Natta*
LA BELLEZZA E IL DIVINO
Finché quella donna del Rijksmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.
(“Vermeer” di Wislawa Szymborska)
L’autrice di questa poesia, polacca, è stata premio Nobel nel 1996 ed è mancata nel 2012.
Ho ancora negli occhi quel quadro di Johannes Vermeer e nella mente la poesia di Wislawa
Szymborska che me lo fa rivivere. Il viso, parte in ombra, è quello di una contadinotta
prosperosa; accanto alla brocca con il latte che sta scendendo nella scodella, c’è del pane e
sembra fragrante. La stanza è spoglia. Dai vetri chiusi dell’unica finestra la luce si posa sulla
parete consunta. Eppure c’è tutto: è un attimo di vita perfetta.
Dopo quasi quattrocento anni il dipinto riesce a suscitare le stesse emozioni, gli stessi
sentimenti di allora. Mi piace pensare di entrare nella scena e parlare con quella donna, capire
chi è, cosa pensa, che problemi ha.
Nel dipinto di Vermeer e nella poesia di Szymborska le due arti si incontrano e si fondono.
Si realizza così, semplicemente, un prezioso attimo di spiritualità.
Mi è capitato altre volte di provare la stessa sensazione ascoltando un brano di musica, tanto
da farmi pensare: sì, il divino è nel suono: un’arte che non si vede e non si tocca, che
attraverso l’udito invade tutto l’essere.
E’ un’evasione la mia? Non credo, se riusciamo - in questo tempo così pesante - a pensare
ancora che “il Mondo non merita la fine del mondo”.
Quello che nel linguaggio semitico, tipicamente simbolico, viene definito “il regno d Dio”, è
un frammento di perfezione durante il quale le donne stuprate si riscattano, quelle velate
fanno volare verso il cielo il loro burqa, le bambine orrendamente mutilate possono ammirare
la bellezza del loro corpo, le donne imprigionate nella prostituzione riscoprono la sessualità
libera e appagante, tutti i miseri e le misere innalzano il loro canto.
Forse Szymborska, nello scrivere la poesia, aveva presente la frase del principe Miskin
nell’Idiota di Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”. È una frase ambigua e alquanto
misteriosa che ha dato adito a molte interpretazioni; comunque, nel rapporto con la vita, l’arte
ha cercato sempre di riempire con la bellezza il vuoto dell’esistenza umana, il dolore cosmico.
Anche il card. Martini, in una lettera pastorale scritta in preparazione del giubileo del 2000, si
poneva lo stesso interrogativo e affermava che “non basta deplorare e denunciare le brutture
di questo mondo, parlare di giustizia e di doveri. Occorre qualcosa che rapisca il cuore”.
Ma tornando a Dostoevskij, di quale bellezza parla? È interessante notare che in russo “mir”
significa sia mondo che pace e non c’è bisogno di scomodare la filosofia per dire che è
innegabile il legame tra la Bellezza e il Bene.
Mi resta un interrogativo: la speranza risiede nella bellezza che salverà la pace o nella pace
che salverà la bellezza?
*[email protected]
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ROMAVAGANDO
SPUNTI E APPUNTI NELLE PIEGHE DELLA CITTÀ
di Giuliano Cibati
SANTA MARIA DELL’ORTO
Per una sola domenica, e forse non vi basterà, lasciate la vostra parrocchia e dirigetevi, per la
consueta messa, verso la chiesa di Santa Maria dell’Orto. Non senza però aver attraversato
una delle parti più suggestive di Trastevere.
Alle spalle di San Michele, maestoso edificio, che già da solo, basta a testimoniare la spinta
alla solidarietà che l’idea cristiana ha saputo imprimere all’azione degli uomini, troverete un
complesso di strade e vicoli in prevalenza dominati da ombre accoglienti e radi silenzi ai quali
sono compagne improvvise architetture che richiamano un suggestivo passato. Piazza in
Piscinula, vicolo dell’Atleta, via dei Vascellari, via dei Genovesi, Piazza dei Mercanti. Su
quest’ultima se farete una breve sosta e avrete la fortuna di una bella giornata di sole, sarete di
certo suggestionati dai colori dei fiori che la circondano, ma ancor più dalle linee degli edifici
che l’abbracciano. Modesti nella struttura ma evocanti un passato post-medievale che potete
far rinascere con la fantasia. Un’avvertenza: nel percorrere i vicoli e le strade lastricate con i
tradizionali sampietrini vi accadrà di passare su frammenti di pavimentazione non in selce ma
in metallo giallo lucente, dorato; sono pietre preziose che stanno e speriamo vi restino per
sempre, a ricordare la vita di quanti la brutalità della guerra ha trasformato in vittime nei
campi di concentramento. A tagliare via di San Michele, c’è via della Madonna dell’Orto che
spicca in fondo con la sua bella facciata cinquecentesca del Vignola. E qui è la messa, cioè il
luogo dove potete partecipare alla celebrazione della messa con qualche difficoltà.
A prescindere dalla distrazione che vi può provocare la presenza di persone abbigliate con
tuniche azzurre, tipiche dei fedeli della confraternita che hanno dato vita allo splendore della
chiesa, vi sono gli ori, gli ornamenti di stucco, le volte dorate, i marmi che servono
sicuramente a molte funzioni, ma non aiutano certo il cammino verso l’introspezione
dell’anima. Il tutto però è di una bellezza travolgente. Un barocco pesante, certo, ma se
pensate allo spirito con cui nel tempo centinaia, migliaia di persone hanno provveduto ad
innalzare questo monumento alla spiritualità non potete non inchinarvici. E inchinandovi ne
scoprirete gli autori: la confraternita.
Quelle associazioni di artigiani, mercanti lavoratori della terra che hanno costituito la trama
portante di un tessuto sociale che ha dato struttura alla società quando la solidarietà non era,
come oggi determinata da leggi, ma esclusivamente dalla carità.
E leggerete, sugli stipiti, sui pavimenti i nomi delle “Universitas” che hanno innalzato e
arricchito le cappelle. L’università dei Fruttaroli, dei Pollaroli, dei Padroni Molinari, dei
Pizzicaroli, dei Padroni affittuari e mezzadri delle Vigne degli Ortolani e perfino degli
“Scarpinelli” una sottospecie dei fabbricanti di scarpe, cioè gli umili ciabattini. Lo stesso
G.G.Belli li ricorda in un sonetto (993) “Io Papa? Papa io?.. fussi cojone! Sai quant’è mejo à
‘ffà lo scarpinello?..”.
E troverete fra i contribuenti anche i “Compagni e giovani dei Pizzicaroli” che però erano
radunati in “Congregazioni” e non in “Universitas” (la divisione in classi sociali. Un virus
duro a morire!).
In uscita dalla chiesa, percorrendo la navata centrale non mancate di sollevare lo sguardo
verso l’organo monumentale fatto costruire dai Panificatori sul finire del XVIII secolo. Una
magnifica opera in legno massiccio in cui sono inserite delle tavole che ritraggono i mulini ad
acqua funzionanti nel Tevere, dei quali si trova memoria, sia in una lapide antica murata nel
fondo a sinistra della navata centrale di San Bartolomeo all’isola tiberina, sia presso la chiesa
di San Giovanni dei Fiorentini. Ovviamente anche nella foto Alinari dell’800.
*[email protected]
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L’ITALIA DEI CAMPANILI
IL MITICO MESSO COMUNALE DI CASTEL DI SANGRO
di Antonio Pillucci*
Il bisogno di comunicare è innato nell'uomo. Naturale fu utilizzare la forma parlata.
Per inviare dispacci d'ogni genere, documenti vari, oggetti, si ricorreva al corriere: una nave, una staffetta
di cavalli... Per segnalare avvistamenti e pericoli, si eressero torri che si vedevano in sequenza a vista, e
permettevano di trasmettere, con segnali di fumo o riflessi di luce o altro che avesse uno specifico
significato. La comunicazione atteneva principalmente al sovrano, ai militari, ai mercanti. Il popolo
minuto, in gran parte analfabeta, non era soggetto attivo o passivo da dover interloquire con l'autorità, la
finanza, la legge... La riscossione di tasse e gabelle avveniva “de factu”.
Dopo l'unità d'Italia ed ancor più con la ricostruzione post bellica, le municipalità assunsero un ruolo più
marcato che determinò rapporti più stretti tra esse e i cittadini. Mancando ancora molti odierni servizi,
poche erano le bollette da pagare. Essendo la popolazione per lo più contadina, da essa si riscuoteva
l'odiata “fondiaria”. Nel tempo, man mano che furono portate nelle case l'acqua e l'elettricità,si iniziò a
riscuotere, la bolletta ad esse relativa; più in là, divenne più frequente la richiesta di certificati, atti notori
ed altri documenti...
Ai cittadini si dava notizie dei loro doveri, mediante affissioni all'albo pretorio e, atteso che ancora grande
era l'analfabetismo e che molti di questi abitavano nelle campagne, attraverso un “banditore” che, munito
di trombetta e voce squillante, girava paese e dintorni, declamando le notizie in piazze, strade... e
affidandone la diffusione o la ripetizione per chi non avesse udito e la spiegazione per chi non avesse
compreso, al passa-parola tra vicini.
La consegna, invece, della “bolletta” o di una comunicazione o convocazione diretta a singoli, avveniva
mediante il messo comunale. Il messo era un dipendente del Comune; godeva della fiducia degli
amministratori ed esercitava il proprio compito, sia pur ingrato, con l'amicizia di un paesano. Egli, difatti,
ancorchè portasse richieste di pagamento o “ingiunzioni”, consegnava la missiva alla persona, recandosi a
casa o anche incontrandola per strada salutandola, scambiando due parole e, nel caso, spiegando il
contenuto del plico. La gente onesta non temeva la vista del messo, forte del proverbio: “La sovrascritta
accusa la lettera”, che vuol dire: l'aspetto esteriore del plico (busta rossa d'ufficio, verde di notifica,
recante o meno intestazione...) induce a capire cosa possa contenere. Quando la consegna era
generalizzata, l'avvistamento del messo faceva ancor meno paura; la gente capiva che si trattava di un
obbligo che toccava tutti. E lo aspettava, o lo chiamava dalla finestra, chiedendo: “Che ci porti?”. Tale
consegna, ovviamente, richiedeva una organizzazione che consentisse di visitare tutto il paese
percorrendo tragitti precisi e la capacità di ordinare e gestire di conseguenza le carte da consegnare.
Al mio paese Castel di Sangro, quando ero ragazzo, fu storico, rinomato, ben voluto messo comunale
certo Pasquale Mazzocco. (1904-1989)
Si era organizzato con precisione; conosceva tutti, aveva predisposto percorsi razionali e capillari, per
strade e case, famiglie e persone. La cosa interessante, è che le predette informazioni le riportava in
dialetto e indicava i luoghi col loro toponimo, e famiglie e persone col loro soprannome, più conosciuto e
accettato. Non solo: delle volte, accanto al nome aggiungeva piccole indicazioni relative ad abitudini o
attitudini o... comportamenti delle persone. In uno di questi fogli di percorsi, da lui organizzati, che mi è
stato gentilmente regalato dai familiari, v'è l'elenco delle famiglie, col loro soprannome ed al termine,
conclude: poi alla fine arrivo da comare X, sempre ridente e bella. Un vero fiore poetico in un asfalto di
odiate richieste!
Pasquale, praticamente, era sempre al lavoro o non lavorava mai, dal momento che salutava tutti, sempre;
era spesso in compagnia della sua amata e preziosa “cartella” contenente i ferri o chiavi del mestiere. Fu
un lavoratore assiduo fino a quando ha potuto: io ragazzo da una parte lo commiseravo perché, vedendolo
già vecchio, non lasciava il lavoro, da un'altra lo invidiavo perché, proprio camminando ed operando, si
manteneva in gamba. Sulla sua tomba, nella Cappella di famiglia, è stata posta una foto che lo ritrae
nell'esercizio delle sue funzioni: in piedi, con la cartella in mano, sorridente. Sì, così tutti ricordano
Pasquale Mazzocco. E lo rimpiangono, perché lui ha rappresentato un aspetto di autorità e fisco dal volto
umano, oggi senza neppure la faccia, che alla imposizione sulla terra, e pur consapevole della
sproporzione e iniquità sociale, che promette di sanare, ha aggiunto retribuzione, consumi, risparmio,
casa, macchina, televisione, immondizia, bollini, addizionali, transazioni... pagabili non più, come allora,
al messo o all'esattoria bensì... comodamente dalla propria casa o dal tabaccaio! Questo breve periodo
storico e coloro che ne furono artefici, merita ricordo, riconoscenza e attenzione all'esempio fornitoci.
*[email protected]
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MOSTRE E CONCERTI
Rocco Ferri*
LUIGI GHIRRI: Pensare per immagini
ROMA - MAXXI - Museo Naz. Arti XXI sec. Fino al 27.10.2013 – Orario mart-dom 11-19, sab 11-22
Il Maxxi dedica all'opera di Ghirri, tra i maestri indiscussi della fotografia in Italia, una grande mostra
antologica, nata dalla collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, città alla quale il fotografo ha
lasciato il suo archivio. Da qui la mostra intende muovere per tratteggiare il profilo di questa complessa
figura di artista, attraverso più di 300 scatti, con attenzione ai primi lavori stampati direttamente
dall'autore. Sono presenti in mostra anche i cataloghi, i libri pubblicati, le riviste, le recensioni, le
cartoline illustrate e numerose copertine di dischi che testimoniano l'interesse di Ghirri per la musica. Ma
ciò che qui colpisce e affascina il visitatore è la bellezza indiscussa delle immagini che evidenziano il
talento professionale e l'acuta sensibilità dell'autore.
PETROLIO di XAVIER BUENO
ROMA - Museo Della Centrale Montemartini - Via Ostiense, 106 - fino al 29.9.2013 - Orario martdom 9-19
L'opera (un acrilico su tavola di oltre 7 metri) racconta, come in sequenza cinematografica, la complessa
attività di produzione del petrolio nelle varie fasi: dalla individuazione del sito alla costruzione dei pozzi,
dall'estrazione alla raffinazione, attraverso un concatenarsi di immagini sospese in una luce rarefatta. Le
strutture della grande caldaia d'acqua (l'opera è ambientata nei locali dell'ex centrale elettrica), che fanno
da scenario al dipinto, dialogano con l'ammasso di tubi e tralicci che Bueno pone come sfondo per i
personaggi di Petrolio, in un rapporto evidente tra il quadro e il Museo: si coglie insomma l'intento di
trasformare la lavorazione del greggio in una immagine emblematica del processo industriale e del
faticoso lavoro degli operai.
GALLERIA VEZZÒLI
ROMA - MAXXI - Museo Naz. Arti XXI sec. Fino al 24-11-2013-orario: mart-dom. 11-19, sab 11-22
MAXXI, MOMA di New York e MOCA di Los Angeles hanno messo in atto un interessante progetto
(The Trinity) e cioè una retrospettiva internazionale, in tre mostre, della multiforme e, a volte,
sorprendente produzione artistica di Francesco Vezzòli, uno dei personaggi contemporanei più celebrati,
seguiti ed ammirati degli ultimi decenni. Ciascuna mostra esplora in profondità gli aspetti fondamentali e
i temi che più frequentemente emergono dalle opere di Vezzòli e cioè l'Arte, la Religione e il Cinema, che
egli declina usando linguaggi e generi espressivi di varia natura. Gli spettacolari spazi del Maxxi si
prestano egregiamente all'operazione che, tutto sommato, si incentra nell'autocelebrazione dell'artista,
evidente, in particolare, nella sezione degli autoritratti.
BOOKHAUSE. LA FORMA DEL LIBRO
CATANZARO - Marca (Museo delle Arti) - fino al 5.10.2013 - Orario mart-dom 9,30-13 e 16-20,30
La mostra, organizzata dalla Provincia di Catanzaro, comprende le opere di 50 artisti contemporanei, fra i
più noti a livello nazionale e internazionale. Il tema della mostra, del tutto singolare, è unico: “la forma
del libro”, oggetto che Umberto Eco, per la sua perfezione, ha voluto paragonare alla ruota. La rassegna è
da visitare, anche per la fama degli artisti partecipanti, la cui produzione spesso è accreditata di altissime
quotazioni sui mercati internazionali.
IL TEMPO DELLA MODERNITA'. Pittura ungherese tra il 1905 e il 1925
ROMA - Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea Via Francesco Crispi, 24 - fino al
15.9.2013 - Orario: mart-dom 8,30-19,30
Nell'intento di far conoscere al pubblico italiano, attraverso un centinaio di opere, lo stato attuale dell'arte
ungherese, la Galleria Comunale di Arte moderna, in collaborazione con la Galleria Nazionale di
Budapest, presenta questa interessante mostra. Le opere presentate mettono in evidenza che gli artisti
ungheresi, pur ricercando contatti con le avanguardie e le tendenze straniere, non hanno mai perduto un
collegamento sostanziale con la tradizione e il folklore nazionali. La parte più interessante della mostra
tuttavia è rappresentato dai pittori che si muovono alla ricerca di indirizzi artistici autonomi.
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COSTANTINO.313 d.C.
ROMA - Colosseo - fino al 15.9.2013 - Orario lun-dom 8,30-19
Dopo il bel successo al palazzo Reale di Milano, la mostra arriva al Colosseo, arricchita da una sezione
interamente dedicata a Roma, curata da Mariarosa Barbera che ha operato notevoli scoperte
archeologiche legate a Costantino e all'imperatrice Elena. L'iniziativa è stata realizzata con la
collaborazione della Fondazione “Aquileia”, che celebrerà il famoso Editto del 313 d. C. con una apposita
mostra che aprirà il 5 luglio p.v. ad Aquileia.
DA RUBENS A MARATTA – MERAVIGLIE DEL BAROCCO NELLE MARCHE.
OSIMO E LA MARCA DI ANCONA
OSIMO – fino al 31 dicembre 2013 – orari: luglio agosto settembre 10-13 16-20
prefestivi e festivi 10-20 - lunedí mattina chiuso.
ottobre novembre dicembre 9,30-12,30 - 15- 19 - prefestivi e festivi 10-19 lunedí chiuso
ingresso - intero € 8,00 - ridotto € 6,00
itinerari: - Osimo - Palazzo Gallo - Museo Diocesano, Duomo e Battistero - Santuario di San Giuseppe
da Copertino - Camerano - Chiesa di Santa Faustina - Chiesa Parrochiale dell'Immacolata concezione
Loreto - Museo Antico Tesoro, Sala del Pomarancio – Basilica.
Un importante appuntamento con l'Arte e con la Storia volto a far riemergere dall’ombra opere
dimenticate o inedite che testimoniano la vitalità della realtà pittorica di questa regione con l'opportunità
di approfondire la conoscenza di un periodo storico attraverso gli itinerari previsti: uno che si snoda
all'interno della città di Osimo, l’altro nei luoghi del territorio segnati dai più rappresentativi artisti
dell'epoca.
In breve:
Capolavori dell'archeologia: recuperi, ritrovamenti, confronti.
Roma - MUSEO DI CASTEL S. ANGELO, fino al 5-11-2013-Orario: mart-dom 9-19
Luoghi comuni. Vedutisti inglesi a Roma tra 18° e 19° secolo.
ROMA - MUSEO DI PALAZZO BRASCHI, fino al 15.9.2013 - Orario: mart-dom 9-19
Genesi. Fotografie di Sebastiao Salgado
ROMA - MUSEO DELL'ARA PACIS, fino al 15.9.2013 – Orario: mart-dom 9-19
Alighiero Boetti a Roma
Roma - MAXXI. Museo Arti XXI sec., fino al 29.9.2013, orario: mart-dom 11-19, sab 11-22
Sterling Ruby (artista americano)
ROMA - PALAZZO RUSPOLI - Fondazione Memmo, fino al 15.9.2013 - Orario: mart-dom 12-20
(ingresso gratuito)
Post classici (Rapporti tra arte contemporanea e antichità)
ROMA - FORO ROMANO E PALATINO - fino al 29.9.2013 - Orario tutti i giorni 8,30-19,15
Manet. Ritorno a Venezia
VENEZIA - PALAZZO DUCALE, fino al 18.8.2013 - Orario 9-19; ven. e sab 9-20
CONCERTI. AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
CAVEA 0RE 21
Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna Sabato 20.7.2013
Giovanni Allevi con l'orchestra sinfonica italiana Martedì 30 luglio
EVENTI ALLE TERME DI CARACALLA
Cavalleria Rusticana di Mascagni
Direttore Gaetano d'Espinosa; 2, 3, 4 luglio e 2,7 agosto 2013
Una serata con Gigi Proietti 6 e 7 luglio
Tosca di Puccini
Direttore Renato Palumbo; 1, 3, 4, 6 agosto 2013
*[email protected]
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IN LIBRERIA
di Carmelo Pelle
L’INCONTRO - di Michela Murgia - Ed. Enaudi, pagg. 107, € 10,00.
L’Incontro è il rito che conclude la settimana dedicata alle funzioni pasquali: Gesù risorto
cerca la Madre in gramaglie per le strade del luogo in cui avviene la manifestazione, con il
popolo prima partecipe con le indicazioni ai due protagonisti, poi in delirio al momento
cruciale dell’evento, l’Incontro.
I miei ricordi dei riti della settimana santa a Catanzaro sono struggenti: leggendo questo libro
mi sono ritornati tutti nella mente e mi sono commosso.
Il testo evoca alla lontana il romanzo di Ferenc Molnar “I ragazzi della via Paal”, un libro
denuncia della mancanza di spazi per i giochi dei fanciulli.
Questa volta non è l’area a Budapest, dove due gruppi di giovanissimi, gerarchicamente
organizzati, si scontrano, destinata dal proprietario alla costruzione di un palazzo, ma una
Parrocchia a Cabras in Sardegna, che viene divisa in due, per decisione del vescovo,
sparigliando così una comunità di fedeli, con il risultato di far diventare quest’ultimi rivali e
concorrenti.
Nei primi capitoli la rappresentazione della comunità com’era nella sua interezza, nei seguenti
come è diventata dopo la separazione, con la narrazione, in entrambi i periodi, di episodi a
volte toccanti, esemplari, comici.
Personaggi più caratterizzati: Maurizio, dieci anni, Franco e Giulio, coetanei “fratelli di biglie,
di ginocchi sbucciati, a caccia di libellule”; fratelli di strada… perchè la strada affratella,
tempra, fa maturare, sempre però se è quella giusta…
Protagonisti dei vari episodi riportati un po’ tutti, ma oltre l’Incontro, merita una citazione
particolare, quello che illustra l’incendio della palma secolare che spiccava nel giardino
pensile della Cattedrale, per distruggere un nido di topi di campagna.
Un libro che si legge tutto di un fiato, assecondato dallo stile semplice e chiaro della scrittrice,
nata a Cabras nel 1972, vincitrice del Premio Campiello 2010, con Accabadora.
ACCABADORA - di Michela Murgia – Ed. Enaudi, pagg. 166, € 18,00.
«Acabar», in spagnolo, significa finire. E in sardo «accabadora» è colei che finisce.
Ambientato nella Sardegna degli anni ‘50, è un bel libro con personaggi tratteggiati in modo
esemplare che parla di temi molto attuali come l’adozione e l’eutanasia visti con gli occhi di
una Accabadora. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un’assassina, ma quello
amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. È lei l'ultima madre.
Per altre notizie si rinvia al sito: www.michelamurgia.com
24
BLOCK NOTES
a cura della Redazione*
-Il 15 maggio si è svolto il preannunciato incontro a largo raggio (Teatro, Omaggio a Roma,
Siparietto Napoletano e Canti e suoni della tradizione popolare calabrese e siciliana)
Per il TEATRO: è stata rappresentata l’opera a 2 voci “L’uomo col fiore in bocca” di Luigi
Pirandello, liberamente rivisitata da Giorgio Lofermo, nella duplice veste di regista e di
protagonista principale. Co-protagonista l’attore Giancarlo Cittadini.
Per OMAGGIO A ROMA: Canti, suoni, poesie in vernacolo romanesco interpretate da Rocco
Ferri, Adriano Longhi, Cesare Fucci, Rossana Mezzabarba, con la partecipazione
straordinaria di Giuliano Cibati che ha trattato in maniera magistrale Gioacchino Belli, del
quale ha ricordato vita ed opere, recitando numerose poesie in perfetto vernacolo romanesco.
Lucilla Colloridi, 14 anni, ha cantato uno sfrenato “rock romanesco” composto dal padre
Gianluca Colloridi, alla chitarra.
Per SIPARIETTO NAPOLETANO: Rosy Rotoli Magri, poetessa e scrittrice, che esposto con
grande cura e professionalità, vita ed opere di Eduardo De Filippo, sussurrando i versi
stupendi di molte poesie note e meno note del grande Autore, in un "napoletano"stretto, a
volte bisognevole di traduzione in italiano. Le ha fatto da spalla il marito, Michele Magri, che
ha recitato alcune poesie di Eduardo De Filippo, e, manifestando doti inaspettate di cantante,
ha interpretato, con tono tenorile, diverse canzoni, antiche e moderne, del vasto repertorio
partenopeo.
Per CANTI E SUONI DELLA TRADIZIONE POPOLARE CALABRESE: ha cantato
l’attrice Anita Pititto con la sua chitarra; voce narrante: Maria Meli, ricercatrice di tradizioni
popolari che ha declamato varie poesie in dialetto calabrese tra cui “I Briganti”.
I partecipanti sono stati numerosi: la Sala Aldo Moro -100 posti- era gremita; molti gli
spettatori in piedi. Tutti i protagonisti sono stati apprezzati e applauditi più volte.
In premessa il nostro Coordinatore ha ringraziato il Direttore Generale, dr. Mauro Nori, il
Presidente dr. Mastrapasqua per la concessione e l'uso della Sala Aldo Moro, il Direttore
Centrale Risorse Umane dr Sergio Saltalamacchia e a fine spettacolo, la dr.ssa Maria Paola
Santopinto, per l’ impegno profuso prima, durante e dopo, che ha consentito la riuscita
dell'evento, superando le pastoie burocratiche dell'accesso e del deflusso. Analogo
ringraziamento ha formulato ai tecnici di sala e agli addetti alla vigilanza. Un'esperienza da
ripetere!
-Il 24 giugno si è svolto il tradizionale Convivio per i benvenuto
all'estate presso il Ristorante Pizzeria La Montagnola, in Roma,
via Benedetto Croce n.ri 111,113,115.
I 61convitati presenti hanno gustato e apprezzato in allegria il
ricco menù a base di pesce. Hanno animato l'incontro 3 dei nostri
iscritti: l'attore Giorgio Lofermo che ha recitato magistralmente
poesie di Giacomo Leopardi, la fine dicitrice Maria Meli con
poesie di autori vari interpretate con brio nei dialetti calabrese e
siciliano, e Cesare Fucci recitando una sua poesia composta per
l'occasione in assonanza con l'intento del Convivio dal titolo
“Benvenuta estate”. Al momento del dessert sono stati sorteggiati
due premi: il primo consistente in un pannello di cm 20x60
composto da tre mattonelle, raffigurante “L’addio di Rebecca alla
sua nutrice” offerto dall'autrice Silvana Costa, in arte Silco,
corredato dall'attestato di autenticità ed illustrato con la seguente
25
didascalia che forma l’acrostico di SILCO: “Saluta mesta l’amata sua nutrice - Il giorno
dell’addio è giunto ormai - Lascia degli avi la vetusta casa - Così promessa al suo futuro
sposo - Oro e gioielli in dote porterà.” vinto da Paulette Carrara; il secondo premio
consistente in un pranzo o una cena per due, dall'antipasto all'amaro, nel medesimo Ristorante
La Montagnola, che è stato appannaggio di Marisa Privitera.
Fuori programma sono stati sorteggiati 10 poster a colori raffiguranti una splendida natura
morta, offerti dal nostro decano Claudio Angellotti di Ostia. Questi i vincitori: Dessy Armeni,
Pasquale Montenegro, Daniela Troina, Davide Moretti, Rosa Rotoli Magri, Antonio Ricciotti,
Gianfranco Giustini, Maria Meli, Jole Severo e Carmelo Pelle, che l'ha donato a Vincenzo
Marino, in quanto già in possesso dell'esemplare. Rammarico per i 7 colleghi assenti
giustificati per gravi motivi di salute o per lo spostamento del Convivio dal 20 al 24 giugno,
ed una bacchettata bonaria e ammiccante, con poca fiducia nella loro redenzione in futuro,
per gli 8 assenti non giustificati, poiché dopo aver telefonicamente assicurato la loro presenza
hanno disertato, senza preavvisare o comunicare per tempo la loro impossibilità.
Ai saluti è stato donato dal Gruppo Erato, a ciascun partecipante, per famiglia, una bottiglia
di vino doc rosso vermiglio della Cantina Social Val di Neto (Crotone) ed il nostro
Coordinatore ha ringraziato i presenti per la nutrita partecipazione e tutti i protagonisti delle
presentazioni poetiche per la loro generosa disponibilità.
L'incontro si è concluso con il saluto del nostro Coordinatore ed il suo augurio di Buona
Estate a tutti i convenuti e ai loro familiari.
-Notizie liete - Il dr.Lucio Paladino, Segretario Nazionale del Sindacato Cida-Inps, e
responsabile del Sindacato Cida-Inps della Sede Centrale, il 3 aprile è stato nominato
Direttore della Sede Regionale Inps per il Molise e nel contempo incaricato di un Progetto
speciale presso la Sede Centrale, finalizzato all'armonizzazione dei trattamenti, nelle loro
variegate sfaccettature, dei dipendenti Inps ed ex Inpadap, quest'ultimi anch’essi ora
dipendenti Inps.
Complimenti al neo Direttore, uomo Cida, che tanto ha dato e dà al Sindacato sul piano
operativo e delle idee.
*[email protected]
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PER STRAPPARE
STRAPPARE UN SORRISO
a cura di Rosario Procopio*
TUTTI IN VACANZA!
☺ La moglie torna a casa e annuncia al marito: -Caro, lo psicologo mi ha detto che per
guarire devo andare un mese al mare, un mese in montagna e un mese in campagna: dove
andiamo per prima?
E il marito: -Da un altro medico!
☺ Qual è la cosa più assurda che possa fare un'agenzia di viaggi?
Mandare i clienti... a quel paese!
☺ Quanto costa una camera? -100 euro a notte, signore.
- E per mettere l'auto nel garage? -Niente, signore, si figuri!
- Bene, allora dormo in auto!
☺ Come farai le vacanze quest'anno?.-Io andrò in Sicilia a cavallo fra agosto e settembre.
-Noi, invece, andiamo in Sardegna, ma in barca!
☺ Lui: Amore, per quest'anno ho una sorpresa: che ne diresti di una bella 'vacanza
intelligente?. Lei: Cos'è, tu non vieni?
☺ Tesoro, ho vinto un milione al grattaevinci! Presto, prepara la valigia!- -Fantastico! E cosa
devo metterci, roba d'estate o d'inverno? -Mettici tutto quello che vuoi e vai fuori dalle balle!!!
☺ Pensieri.
- Se quest’estate mi mandi al mare- dice una signora al marito -ti prometto che penserò a te
ogni giorno.
- Preferisco che tu resti in città- dice il marito con molta tranquillità -e che pensi ogni giorno
al mare.
☺ Un amico dice all'altro: -prima suonavo in un gruppo, i Chocolats, ma poi con l'estate si è
sciolto.
☺ Quando vai in vacanza per prenotare una pensione non devi rivolgerti all'INPS.
☺ Sono un viaggiatore sedentario, ho fatto il giro del mappamondo.
*[email protected]
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SINDACATO… SINDACALE… SINDACATO
IL RUOLO DELLA CEC E IL DIALOGO SOCIALE EUROPEO
di Paolo Cannavò*
Come noto i nostri Colleghi “dirigenti” e i “quadri” si indicano, a livello europeo, nell’unica
categoria dei “cadres” o “manager”. In seno ai “cadres” i dirigenti possono essere in prima
approssimazione assimilati ai “cadres superieurs”.
Molte organizzazioni europee di “cadres”, in particolare in Francia, rappresentano anche il
cosiddetto “encadrement” (impiegati di prossima nomina a “quadro”).
Alla CEC (Confédération Européenne des Cadres- fondata nel corso degli anni ‘50 da quattro
organizzazioni europee nazionali tra le quali CIDA), che rappresenta a livello europeo circa
1,5 milioni di iscritti, aderiscono due diverse categorie di organizzazioni:
- generaliste e nazionali (tra queste: CFE-CGC, un’organizzazione nazionale francese; ULA,
la maggiore organizzazione tedesca; CIDA);
- settoriali e a composizione internazionale – denominate ù Federazioni professionali costituite da organizzazioni nazionali settoriali ùe che esprimono i due Vice Presidenti CEC.
La CEC è riconosciuta formalmente come uno dei sei partner europei che partecipano al
“Dialogo sociale europeo DSE ” da intendere – sinteticamente - come una forma di
concertazione con le Associazioni datoriali europee (Es.: EUROBUSINESS, UEAPME, etc )
o con la Commissione Europea o con entrambe, relativamente a:
- provvedimenti generali, anche immediatamente operativi, come ad esempio “Il congedo
parentale” e “lo stress e la violenza sui luoghi di lavoro”;
- provvedimenti settoriali come ad esempio l’Accordo per i lavoratori del silicio.
La componente CIDA partecipa alle attività Europee della CEC sia a livello generalista che a
livello settoriale, anche attraverso Delegati espressi dalle Federazioni costituenti, come ad
esempio Federmanager.
Nella CEC i Sindacati Francesi e Tedeschi sono sempre stati molto attivi e presenti.
Comunque l’Italia ha avuto con Maurizio Angelo la presidenza CEC per quasi 10 anni.
Oggi, inoltre, Sergio Graziosi è uno dei due Vice Presidenti CEC espressi dalle Federazioni
professionali, mentre Luigi Caprioglio è il Segretario Generale che, con il Presidente e il
Tesoriere, costituisce il vertice CEC.
È necessario tener presente che la CEC non ha la rappresentanza esclusiva dei “cadres”
europei. La più numerosa tra le altre Associazioni è Eurocadres, appartenente alla CES,
Confédération Européenne des Syndicats, Confederazione delle centrali sindacali nazionali
storiche (per l’Italia da CGIL,CISL e UIL). Fra Eurocadres/CES e CEC esistono alcuni
collegamenti.
I “cadres”, quindi, partecipano e hanno partecipato a molte trattative di fondamentale
importanza, basti citare: il congedo parentale, lo stress e la violenza sui luoghi di lavoro.
*Presidente FECC
Federazione Europea
dei Manager delle Costruzioni
[email protected]
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LA BANCA DATI DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: UN’OCCASIONE
DI ARRICCHIMENTO DELLE FUNZIONI DELL’INPS.
di Giuseppe Beato*
Le disposizioni di legge che regolano l’azione delle pubbliche amministrazioni sono numerose ed a volta
contraddittorie fra loro. Sempre frutto di faticose e snervanti mediazioni, alcune di esse - potremmo
chiamarle “disposizioni di nicchia” - compaiono quasi nascoste fra le pieghe delle manovre finanziarie o
di leggi cornice e si evidenziano come segmenti di un “puzzle” le cui forme complessive debbono essere
ricercate altrove, in altre leggi e in altri ambiti, o, addirittura, nei luoghi in cui il disposto normativo viene
messo in attuazione.
Queste modalità di legiferare “per segmenti” o “per innesti successivi”, oltre che creare problemi continui
di interpretazione e di attuazione, può a volte anche offrire inaspettate opportunità per le amministrazioni
che sappiano cogliere da uno spunto legislativo il seme di un grande cambiamento.
E’ il caso dei commi 35, 36 e 39 dell’articolo 4 della Riforma Fornero sul mercato del lavoro (legge n 92
del 28 giugno 2012) che, affianco ad una serie e congerie di istituti del lavoro nuovi o rinnovati, colloca
l’istituzione in INPS della “banca dati degli ammortizzatori sociali”. Ma vediamo il testo letterale di
queste disposizioni “35. Entro il 30 giugno 2013 l'INPS predispone e mette a disposizione dei servizi
competenti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e
successive modificazioni, una banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di
ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di residenza e domicilio, e dei dati essenziali
relativi al tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficiano”. “36. Ai fini della verifica della erogazione
dei servizi in misura non inferiore ai livelli essenziali definiti ……………….. e' fatto obbligo ai servizi
competenti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), del medesimo decreto legislativo, di inserire nella
banca dati di cui al comma 35, con le modalità definite dall'INPS, i dati essenziali concernenti le
azioni di politica attiva e di attivazione svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali”.
39. “Al fine di semplificare gli adempimenti connessi al riconoscimento degli incentivi all'assunzione, le
regioni e le province mettono a disposizione dell'INPS, secondo modalità dallo stesso indicate, le
informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi all'assunzione, ivi
comprese le informazioni relative all'iscrizione nelle liste di mobilità, …………e le informazioni relative
al possesso dello stato di disoccupazione e alla sua durata…”.
Tralasciando i faticosi passaggi intermedi di estrazione della norma dal testo legislativo scritto, il succo di
queste disposizioni può essere così descritto:
•
•
•
L’INPS dovrà dotarsi di una banca dati degli ammortizzatori sociali, completa dei dati relativi
ai beneficiari, i più significativi fra i quali sono quelli riferiti ai lavoratori inoccupati o
disoccupati;
I dati in questione dovranno essere forniti dai “Centri per l’impiego”, attualmente esistenti
presso le Amministrazioni provinciali, titolari questi ultimi di tutti gli adempimenti previsti
dalla normativa sulle politiche attive del lavoro e di collocamento sul territorio,
Le Regioni e le Province dovranno fornire ad INPS i dati essenziali concernenti la politica
attiva e delle azioni di reinserimento svolte nei confronti dei beneficiari degli ammortizzatori
sociali, ovvero dei disoccupati e degli inoccupati.
Le disposizioni in questione attribuiscono all’INPS funzioni di organizzazione, raccolta e gestione
dei dati nella materia del collocamento e delle politiche attiva del lavoro, demandata da circa 15 anni – d.
legs 467/97 - alle autonomie locali (Regioni , Province e Comuni). Un tema di grandissima attualità ed
importanza, come si vede, che ruota tutto intorno alla questione dell’inserimento/reinserimento di giovani
e disoccupati nel mondo del lavoro.
29
Il conferimento di queste attribuzioni all’Istituto sembra essere diretta conseguenza della scarsa efficacia
delle azioni poste in essere fino ad oggi. Infatti, nel contesto delle iniziative demandate dal legislatore alle
Autonomie locali, era fondamentale il ruolo attribuito dal decreto legislativo 467/97 (articolo 11) al
“Sistema informativo del lavoro” (SIL), una banca dati coordinata dal Ministero del Lavoro e delle
politiche sociali ed alimentata dalle informazioni sulla domanda e sull’offerta di lavoro provenienti dalle
Autonomie locali. Una serie di problemi tecnici di interoperabilità, nonché di rapporti “centro-territorio”
consigliarono la sostituzione dei SIL con la “Banca continua nazionale del lavoro”, istituita con la legge
Biagi del 2003 ( articolo 15 d lgs 276 del 10 marzo), tuttora operante sotto il coordinamento dello stesso
Ministero.
Tuttavia, la difficoltà di comunicazione fra le realtà del territorio, fra loro e il centro, proprio in una
materia scottante in cui la raccolta ordinata delle informazioni è il mezzo fondamentale per la lettura
corretta della realtà e per le conseguenti misure da adottare, ha indotto il legislatore ad individuare
nell’INPS il soggetto istituzionale la cui capacità gestionale, anche in termini di organizzazione
informatica, può essere determinante per assicurare quel coordinamento di dati e informazioni – si noti
che la disposizione esplicitamente detta che le Regioni e le Province “…..mettono a disposizione
dell'INPS..” i dati “… secondo modalità dallo stesso indicate…“ -- necessario soprattutto ai giovani e ai
disoccupati per avere un riferimento conoscitivo indispensabile per conoscere la domanda di lavoro
esistente sul territorio nazionale e le opportunità loro offerte anche in termini di formazione professionale.
Oggi infatti un giovane, non solo nel mondo delle istituzioni ma anche sul web, attinge a riferimenti e
conoscenze quasi sempre frammentarie, generiche, poco utili a risolvere concretamente i propri problemi.
Le succinte informazioni delineate più sopra meriterebbero adeguati ed articolati approfondimenti,
qui non possibili. Tuttavia emerge con chiarezza un orizzonte nuovo e fondamentale di attività: infatti il
coordinamento dei dati con le realtà regionali non è solo una questione di adempimenti tecnici (pur
fondamentali), ma rimanda anche e soprattutto alla organizzazione e gestione di una serie di rapporti con
le realtà territoriali che deve essere permeato dalla conoscenza e dalla comprensione di problematiche
molteplici, la cui esistenza si riflette ed arricchisce il bagaglio di conoscenze necessario a gestire una
banca dati “coordinata”.
L’INPS è un grande Istituto, ricco di storia ed oggi in piena fase di ristrutturazione. Ebbene, in
un’ottica di sviluppo delle proprie funzioni e magari di arricchimento di un modello gestionale oggi in
gran parte caratterizzato dai processi di erogazione di prestazioni finanziarie, l’inserimento intelligente
nel gioco delle politiche attive del lavoro potrebbe essere il campo per una sua enorme valorizzazione
come Ente generale di gestione del Welfare italiano.
*[email protected]
30
INACCETTABILI I TAGLI ALLE RETRIBUZIONI E AI SERVIZI
Il 6 giugno la Funzione Pubblica CGIL, la CISLFP, la UILPA e la FIALP CISAL hanno
diffuso un comunicato congiunto, dichiarando inaccettabili i tagli alle retribuzioni e ai servizi
nell'Inps, chiedendo di intervenire, per rispondere alle "pretese" della spending review,
prevista dalla legge di stabilità 2013, esclusivamente sulle consulenze.
Si trascrive il testo integrale del comunicato:
INACCETTABILI I TAGLI ALLE RETRIBUZIONI E AI SERVIZI
Così abbiamo commentato la notizia, fornitaci ieri dal Direttore Generale, secondo la quale un
rilievo del Collegio dei Sindaci starebbe mettendo seriamente in discussione il buon esito del
piano di risparmi inserito dall'Amministrazione all'interno della 1^ nota di variazione al
bilancio; piano alla cui attuazione, secondo quanto previsto dalla legge di stabilità 2013, è
subordinata la salvaguardia delle risorse di cui all'art. 18 della legge 88/89. Ove il verbale
dell'Organo di controllo interno fosse validato dalle competenti funzioni ministeriali infatti,
mancherebbero all'appello oltre 90 milioni di euro, da reperire, secondo quanto previsto dalla
norma, tra quelle destinabili al finanziamento dei “progetti speciali”.
CGIL CISL UIL e CISAL
non permetteranno che ciò avvenga.
Non permetteranno che i lavoratori e le lavoratrici del nuovo Inps vengano considerati alla
stregua di garanti di un debito non loro. Né che si metta mano ad interventi di riduzione del
livello dei servizi e delle prestazioni che l'Inps è chiamato ad erogare.
Va da sé che, ove si dovessero confermare i tagli previsti dall’amministrazione, insufficienti
per rispondere alle “pretese” della spending review che, guarda caso, ha penalizzato
soprattutto l’Inps.
Si dovrà intervenire esclusivamente sulle consulenze.
Consulenze il cui onere ormai da troppo tempo appare assolutamente abnorme rispetto alle
reali esigenze dell’Ente.
Tutto ciò, mentre l’Istituto è impegnato in un processo di riorganizzazione dal basso in
assenza di un serio piano di sviluppo.
Vi terremo costantemente aggiornati sugli ulteriori sviluppi della vicenda.
Il 7 giugno il Sindacato Nazionale CIDA INPS ha diffuso un comunicato di adesione alla
presa di posizione dei predetti Sindacati dei lavoratori dipendenti operanti nell'Istituto, a
firma di Lucio Paladino, Segretario Nazionale, nonché responsabile del Sindacato CIDA
della Sede Centrale, PER DELEGA ESPRESSA del Segretario Generale della CIDA INPS
Alfredo Brancasi.
Anche in questo caso si trascrive il testo integrale del comunicato:
In relazione al comunicato unitario delle OO.SS. CGIL, CISL, UIL e CISAL, del 6.06.2013,
la scrivente O.S. si associa al contenuto dello stesso e condivide pienamente il grido di
protesta da loro formulato:
INACCETTABILI I TAGLI ALLE RETRIBUZIONI E AI SERVIZI.
La circostanza che il Collegio dei Sindaci ha formulato dei rilievi al piano dei risparmi
predisposto dall’Amministrazione per l’anno 2013 mette in serio pericolo la salvaguardia
delle risorse di cui all’art. 18 della legge 88/89.
31
Il rilievo riguarda, con tecnicismi di difficile comprensione, la mancata copertura di risparmi
per circa 90 milioni di euro e tale, pertanto, sarebbe la cifra che dovrebbe essere reperita dal
fondo con cui si finanziano i nostri “progetti speciali”.
La gravità della situazione è preoccupante non solo per le pesanti ripercussioni economiche
che ha su tutto il personale dell’Istituto, ma anche per la prevedibile conflittualità che porterà
nella gestione e nell’espletamento dei sempre più numerosi e gravosi compiti dell’Istituto.
Tutto questo in una fase in cui a seguito dell’incorporazione dell’INPDAP e dell’ENPALS
l’Istituto si trova in una difficile e complessa fase di riorganizzazione.
Questa O.S., unitamente alle altre sigle sindacali, si adopererà a tutti i livelli affinché l’odiosa
condizione che vede le retribuzioni del personale INPS coinvolte in una “garanzia
fideiussoria” dei risparmi forzosi imposti all’Istituto, probabilmente concepita da qualche
tecnico/scrivano ministeriale creativo e particolarmente invidioso, e avallata da politici
frettolosi e poco attenti, sia posta nel nulla o quantomeno non abbia motivo di essere
applicata
***
L'adesione convinta del nostro Sindacato alla presa di posizione dei Sindacati sopra ricordati
fa piacere: siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo remare insieme verso la stessa direzione
con la stessa intensità.
L'Italia, sotto la spinta della globalizzazione e delle nuove generazioni, sta cambiando, anzi,
si potrebbe dire è cambiata anzi,con riferimento alla"mentalità" e al "modo di essere" del
popolo-rectius della società civile- è già cambiata e non da poco.
Le istituzioni pubbliche e private, la classe politica, i templi della politica, le scelte politiche
ed economiche, non sono state nel passato in sintonia coi passi del tempo e purtroppo non lo
sono ancora.
Presentano rughe e piaghe spaventose da far sparire al più presto, con riforme radicali,
coraggiose, rapide, diversamente sarà il caos e la tenuta della democrazia sarà a rischio.
Il cambiamento è in corso e il nostro Sindacato "deve esserci" non solo nell'Inps; deve
"esserci" come co-artefice e, se necessario, come propulsore.
Carmelo Pelle
Consigliere Nazionale del
Sindacato CIDA-INPS
[email protected]
32
IL NOSTRO ORGANIGRAMMA
COMITATO ESECUTIVO
Coordinatore:
Carmelo PELLE
Vice:
Rocco FERRI
Giuseppe SPINELLI
Amministrazione:
Rosario PROCOPIO
Organizzazione:
Silvana COSTA
Relazioni Pubbliche:
Scipione GIOFFRE’
Segretario:
Alberto CECI
COMITATO DI REDAZIONE
Coordinatore:
Redattore Capo:
Redattori:
Carmelo PELLE
Silvana COSTA
Antonio PILLUCCI
Mario ANTONINI
Giuliana COSTANTINI
RESPONSABILI DI SETTORE:
Giuseppe BEATO
Giuliana COSTANTINI
Antonio DE CARLO
Antonio DE CHIARO
Adriano LONGHI
Ezio NURZIA
Claudia PELLE
Giulio SORDINI
Rosario ZIINO
problematiche Cida
cinema
questioni sociali
musica classica
poesia in vernacolo
turismo
spiritualità
teatro in romanesco e pittura
escursioni e sport
RAPPRESENTANTI PERIFERICI:
Attilio AGHEMO (Torino) - Gaetano BARTOLI (Palermo) - Rosario BONTEMPI
(Regione Piemonte) - Lillo BRUCCOLERI (Genova) - Bruno DE BIASI (Oristano) Paola DURANTI (Livorno) - Marino FABBRI (Reggio Emilia) -Giuseppe GIGLIOTTI
(Cosenza) - Massimo IANNICELLI (Lametia Terme) Mario LOMONACO
(Campobasso) - Armando LO PUMO (Genova) - Mario MIRABELLO (Catanzaro) - Elio
PELAGGI (Catanzaro) - Salvatore PINTUS (Genova) - Gesuino SCANO (Sassari) Mario SCOCCHIERI (Locri) - Nicla SPINELLA (Livorno)) - Enrico VIGNES (Latina) Vincenzo VITRANO (Trapani) - Pietro ZAPPIA (Reggio Calabria).
L’adesione è libera. L’auspicio è di garantire la presenza di rappresentanti del Gruppo in
ogni provincia d’Italia.
Associati: a) di diritto gli iscritti al Sindacato; b) per libera scelta il personale dell’INPS
in servizio o in pensione e le persone appartenenti ad altri ambienti di lavoro su
presentazione di un associato.
33

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