l`acqua di impasto

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l`acqua di impasto
BBC Betonrossi Basic Concrete a cura di Luigi Coppola e del Servizio Tecnologico di Betonrossi S.p.A.
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L’ACQUA DI IMPASTO
L
a qualità dell’acqua assume un ruolo chiave nel confezionamento del conglomerato: una sua erronea scelta, infatti, potrebbe determinare fenomeni di ritardo dei
tempi di presa e di indurimento oppure indurre problemi di natura estetica sulla superficie
dei manufatti o, nei casi più gravi, generare forme di degrado precoce delle strutture. La
norma UNI EN 1008 a tal proposito fissa dei requisiti di accettazione sia per le acque potabili che per quelle di riciclo dell’industria del calcestruzzo, quelle provenienti da pozzi artesiani, quelle superficiali, le acque di mare e quelle reflue di origine industriale con la sola
esclusione delle acque nere; per tutte, salvo per quelle potabili, deve esserne verificata l’idoneità all’impiego.
Generalmente l’esame dell’acqua si basa su una valutazione preliminare finalizzata ad
escludere che:
- inquinanti di natura organica possano rallentare la cinetica di idratazione con inevitabili ripercussioni negative sui tempi di disarmo delle strutture;
- eventuali tensioattivi possano promuovere indesiderati inglobamenti di aria nel calcestruzzo con conseguenti abbattimenti delle prestazioni meccaniche;
- tracce di olio o di grasso possano determinare sia un rallentamento dello sviluppo
delle resistenze che una diminuzione dell’adesione all’interfaccia pasta-aggregato con
irrimediabili riduzioni delle prestazioni meccaniche. La presenza di oli e grassi, inoltre,
potrebbe causare la comparsa di antiestetiche macchie sulla superficie dei manufatti;
- la presenza di sostanze acide produca forti ritardi dell’idratazione del cemento con
conseguenze molto più dannose di quelle derivanti dall’eccesso di sostanze di natura
organica.
Effettuata questa verifica preliminare è necessario, quindi, controllare il contenuto di
alcune sostanze “indesiderabili” che deve risultare inferiore al limite riportato in Tabella.
Valori massimi consentiti di alcune sostanze nelle acque destinate al confezionamento del conglomerato cementizio.
SOSTANZE
CONTENUTO MASSIMO AMMISSIBILE
Cloruri
1000 (500 mg/l per strutture in c.a.p.)
Solfati
2000
Alcali
1500
Zuccheri
100
Fosfati
100
Nitrati
500
Piombo
100
ZINCO
100
Per il cloruro, indipendentemente dal contenuto di questo ione nelle acque, deve essere
rispettato il contenuto totale nel calcestruzzo in accordo a quanto stabilito dalla EN 206-1.
Relativamente al quantitativo limite di solfato, esso è finalizzato ad impedire formazione di gesso ed ettringite secondaria, con conseguente espansione e fessurazione del calcestruzzo.
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BBC Betonrossi Basic Concrete a cura di Luigi Coppola e del Servizio Tecnologico di Betonrossi S.p.A.
Il limite nel contenuto di alcali nell’acqua di impasto discende dalla necessità di limitare la presenza di questi ioni al fine di minimizzare il rischio della reazione alcali-aggregato. Se si tiene conto che il dosaggio medio di acqua di impasto è all’incirca di 180 Kg/m3,
ammettere un tenore di alcali pari a 1500 mg/l equivale a introdurre nel calcestruzzo all’incirca 0.27 Kg di alcali che risultano, pertanto, marginali rispetto a quelli apportati dal
cemento.
La restrizione nel contenuto delle altre sostanze riportate in Tabella ha come obiettivo
quello di evitare interferenze sulla cinetica di idratazione del cemento in quanto sia gli zuccheri che i fosfati, ma anche alcuni sali di piombo e di zinco, possono rallentarla in modo
significativo. Per motivi opposti risulta necessario limitare il contenuto di nitrati in quanto
queste sostanze possono accelerare i tempi di presa e di indurimento e, conseguentemente,
soprattutto nel periodo estivo, aumentare le perdite di lavorabilità durante il trasporto e
la messa in opera del calcestruzzo.
Come sopra menzionato la norma UNI EN 1008 consente di utilizzare nel confezionamento del conglomerato le acque di riciclo delle centrali che producono il calcestruzzo. Le
acque reflue negli impianti di produzione del conglomerato provengono dal lavaggio delle
autobetoniere e dalla pulizia dei piazzali e sono raccolte nelle vasche di stoccaggio. Esse
vengono successivamente riutilizzate in ciclo chiuso per il lavaggio dei mezzi adibiti al trasporto e al pompaggio del conglomerato a fine giornata lavorativa, per la diluizione del
calcestruzzo residuo prima dello scarico all’impianto di riciclo e, infine, una volta “chiarificate”, per l’ordinaria produzione del conglomerato cementizio. I sistemi per il recupero
dei reflui e dei residui solidi sono di due tipi: con separatore elicoidale oppure con vasca
provvista di agitatore.
Negli impianti di riciclo il materiale solido viene sottoposto a lavaggio forzato e le frazioni aventi dimensioni maggiori di 0.6 mm vengono restituite integralmente lavate. Dopo
questo trattamento di pulizia, le acque di riciclo contengono particelle di materiale solido,
che rimangono in sospensione, le cui dimensioni sono generalmente inferiori a 0.2 mm e
la cui quantità varia fortemente in relazione all’acqua utilizzata per il lavaggio, al dosaggio
di cemento del calcestruzzo prima del lavaggio e alla durata del ciclo.
Generalmente le acque di lavaggio contengono un residuo secco non superiore a 45g/l
e un sedimento a riposo variabile tra 5 e 15ml/80ml. Relativamente a quest’ultimo aspetto,
si fa notare come il sedimento sia superiore al limite imposto dalla norma UNI-EN 1008 e,
quindi, le acque di riciclo non sarebbero idonee per il confezionamento del calcestruzzo.
Tuttavia, si fa notare che, anche nella ipotesi cautelativa di impiegare 220 Kg/m3 di acqua
“riciclata”, l’apporto di sostanze finissime di appena 10 Kg/m3 sarebbe troppo esiguo per
poter determinare una significativa riduzione della lavorabilità del calcestruzzo. Infatti,
prove condotte impiegando nel confezionamento del calcestruzzo acque di riciclo con un
sedimento a riposo compreso nell’intervallo sopramenzionato indicano che la riduzione di
lavorabilità è all’incirca di 20 mm rispetto all’impasto di pari a/c confezionato con acqua
potabile.
Le acque di riciclo soddisfano i requisiti di pH in quanto i valori misurati si attestano
intorno a 13 (valore minimo ammesso dalla norma UNI-EN 1008 pari a 4), quelli relativi al
contenuto di cloruri (che risulta compreso tra 39 e 62 mg/l circa inferiore ai 1000 mg/l
ammessi dalla norma) e quelli relativi al contenuto di solfati, che essendo variabile tra 220
e 567 mg/l, risulta inferiore al limite (2000 mg/l) previsto dalla normativa vigente.
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La presenza di solidi sospesi inoltre, non influenza negativamente le prestazioni meccaniche degli impasti. La resistenza meccanica a compressione a 7 e 28 giorni di calcestruzzi confezionati con acque di riciclo, infatti, risulta inferiore di meno del 5% rispetto
a quella del conglomerato realizzato con acque potabili. In sostanza, si può concludere che
le acque di lavaggio provenienti dall’industria del calcestruzzo possono essere utilizzate
senza pregiudicare le prestazioni reologiche e meccaniche del conglomerato rispetto a
quelle ottenibili impiegando le acque potabili.