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Luglio-Settembre 2014 • Vol. 44 • N. 175 • Pp. 153-160
reumatologia pediatrica
Osteoporosi in età evolutiva:
l’importanza di giocare in anticipo
Rolando Cimaz, Stefano Stagi*
Dipartimento NEUROFARBA, Università degli Studi di Firenze, e SOD di Reumatologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Anna Meyer; *Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze, e SOD di Auxo-Endocrinologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Anna Meyer, Firenze
Riassunto
L’Osteoporosi è stata considerata una patologia tipica quasi esclusivamente della popolazione adulto-anziana e la sua prevalenza in età pediatrica è stata
ampiamente sottostimata. Da parte dei medici, ed in particolare da parte dei pediatri, solo recentemente si è assistito ad una maggiore consapevolezza del
rischio d’osteoporosi in quei bambini che presentino mutazioni genetiche capaci di alterare le normali fasi del metabolismo osseo (osteoporosi primitiva)
o che siano affetti da patologie croniche o utilizzino farmaci capaci di interferire con il normale sviluppo osseo (osteoporosi secondaria). La cronica e progressiva perdita di massa ossea in questi bambini, se non diagnosticata precocemente e trattata di conseguenza, impedisce il raggiungimento del picco di
massa ossea al termine della pubertà con un alto rischio di osteoporosi in età adulta. Le patologie associate ad osteoporosi primitiva sono nel complesso
rare (principalmente Osteogenesi Imperfetta), molto più frequenti nella pratica clinica sono le forme di osteoporosi secondarie a patologie croniche o farmaci. Una popolazione ad alto rischio di sviluppare osteoporosi è rappresentata dai pazienti con patologie infiammatorie croniche; in questi bambini la ridotta
densità ossea, unita ad una minore qualità dell’osso depositato, è conseguenza sia del processo infiammatorio per sé (citochine) sia della terapia cronica
con corticosteroidi sistemici. La terapia dell’Osteoporosi in età pediatrica si basa sull’eliminazione dei fattori di rischio (ridotto esercizio fisico, obesità,
deficit nutrizionali e di Vitamina D) e, nei casi severi, sull’utilizzo di Bifosfonati.
Summary
Osteoporosis has been traditionally considered as a geriatric disease, and its prevalence in the pediatric age has been widely underestimated. Only recently
pediatricians have acknowledged its importance, since some patients have genetic mutations able to affect bone metabolism and others are affected by
chronic conditions which can impact bone health. If not diagnosed and treated early enough, bone loss can proceed and impact beak bone mass, with a
relevant effect on further fracture risk. Primary osteoporosis is rare, mainly represented by osteogenesis imperfecta, while the conditions linked to low bone
mass because of chronic disorders and drug administration are more frequent. Chronic inflammatory diseases have an impact on bone both for the effect
of inflammatory cytokines and for glucocorticoid treatment. Treatment of low bone mass in the pediatric age is mainly based on risk factor avoidance, and
only in severe cases on bisphosphonate therapy.
Legenda delle abbreviazioni con traduzione
aBMD = areal Bone Mineral Density (densità minerale ossea rispetto a un’area)
AD-SOS (Amplitude Dependent Speed of Sound): tecnica a trasmissione, che misura la velocità dell’onda ultrasonora calcolata nel momento in cui il segnale supera una soglia di ampiezza prestabilita
ALP = Alkaline phosphatase (fosfatasi alcalina sierica)
BMC = Bone Mineral Content (contenuto minerale osseo)
BMD = Bone Mineral Density (densità minerale ossea)
BTT = Bone Trasmission Time (intervallo di tempo tra il primo segnale che supera la soglia e il momento in cui il segnale stesso raggiunge la velocità di
1700 m al secondo)
BUA = Broadband Ultrasound Attenuation (attenuazione del raggio ultrasonoro)
CTX = Collagen type 1 cross-linked C-telopeptide (telopeptidi C-terminali del collagene maturo tipo I)
DPD = Urinary Deoxypyridinoline (deossipiridinoline urinarie)
DXA = Double X-ray Absorptiometry (assorbimetria a doppio raggio X)
ICTP = Cross-linked carboxyterminal telopeptide of type I collagen (cross-link terminale telopeptide C del collagene di tipo I)
NTX = Collagen-type I N-telopeptides (telopeptidi N-terminali del collagene maturo tipo I)
OC = Osteocalcin (osteocalcina sierica)
PICP = Procollagen I C-Terminal Propeptide (peptide carbossi-terminale del procollagene di tipo I)
pQCT = Pheripheral Quantitative Computerized Tomography: (tomografia computerizzata quantitativa periferica)
PYD = Urinary Pyridinoline (piridinoline urinarie)
QUS = Quantitative Ultrasound (ultrasonografia quantitativa)
SOS = Speed of Sound (Velocità di propagazione dell’onda ultrasonora)
UBPI = Ultrasound Bone Profile Index (parametro che utilizza un algoritmo aggiornato per la valutazione della traccia grafica.) È una sintesi matematica
di tre parametri che descrivono le caratteristiche della traccia grafica: fast wave amplitude (FWA, mV), dynamic of ultrasound signal (SDy, mV/μs2) e bone
trasmission time (BTT, μs)
Z-score = unità di misura rappresentata dalla differenza, espressa in deviazione standard, tra valore osservato di BMD e valore medio di BMD dei soggetti
di pari età e sesso
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R. Cimaz, S. Stagi
Metodologia della ricerca bibliografica
Gli articoli studiati per preparare questa review sono stati selezionati
mediante ricerca bibliografica su Medline usando come motore di
ricerca PubMed. È stata utilizzata la parola chiave “Osteoporosis” e
il filtro di ricerca < 18 anni. Sono state scelte le citazioni più rilevanti
alla presente pubblicazione.
Introduzione
L’osso è un tessuto connettivo “dinamico” e altamente specializzato,
le cui funzioni consistono nel fornire supporto al tessuto muscolare
e protezione agli organi interni. Inoltre, esso rappresenta anche un
deposito di sostanze minerali e partecipa al mantenimento dell’omeostasi minerale (Zemel, 2012; Stagi et al., 2013).
Il dinamismo osseo si mantiene durante tutte le fasi della vita, ma varia qualitativamente e quantitativamente nelle diverse età. Infatti, l’osso subisce un costante processo di modellamento (prevalente nell’età
evolutiva) e di rimodellamento (tipico nell’età adulta), che dalla nascita
fino all’età adulta, porta la massa ossea a presentare un progressivo aumento fino a raggiungere un valore massimo definito picco di
massa ossea (Peak Bone Mass o PBM) (Bachrach, 2005). Il raggiungimento della PBM, generalmente durante la terza decade della vita,
sembra essere condizionato da fattori genetici, nutrizionali, endocrini
e meccanici (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005). Tali fattori, infatti,
vanno a influenzare il tasso di turnover, l’architettura, il grado di mineralizzazione, oltre alle proprietà del collagene e della matrice ossea.
In età evolutiva sia il rimodellamento del tessuto osseo già mineralizzato che la formazione di nuovo tessuto osseo sono i principali
processi di cambiamento del tessuto osseo; per quanto siano due
processi diversi, entrambi comunque prevedono la formazione di
nuovo tessuto osseo (Ma & Gordon, 2012). Tale processo di guadagno di massa ossea presenta un equilibrio molto delicato; pertanto,
se vi è una prevalenza del riassorbimento osseo o un difetto qualitativo o quantitativo che coinvolge i processi di neosintesi, si può
giungere ad una condizione di ridotto guadagno o addirittura perdita
di massa ossea con conseguente alterata massa e/o qualità ossea
fino alla osteoporosi (Ott, 1990).
Concetto di picco di massa ossea
L’infanzia e l’adolescenza sono tipicamente caratterizzate da una crescita staturale nonché da cambiamenti nelle dimensioni e nella forma
dello scheletro. Infatti, dalla prima infanzia fino alla tarda adolescenza
l’attività di formazione ossea predomina sul riassorbimento osseo, con
un costante accumulo di massa scheletrica, che aumenta dai circa
70-95 g alla nascita ai 2,400-3,300 grammi in giovani donne e uomini, rispettivamente (Stagi et al., 2013). L’età esatta in cui i valori di
massa ossea raggiungono il loro picco nei vari siti scheletrici varia dai
16-18 anni circa (per colonna vertebrale e collo del femore), fino ad
arrivare anche a 35 anni (per il cranio) (Ott, 1990) (Fig. 1).
Unitamente all’impatto sulla crescita nel suo complesso, è soprattutto la pubertà che ha un ruolo fondamentale nell’acquisizione della massa ossea (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005). In effetti, tra
l’inizio della pubertà e l’età adulta la massa scheletrica raddoppia
(Fig. 1). Tuttavia, questo “accumulo” avviene a velocità diverse a
seconda del segmento scheletrico considerato. Ad esempio, il guadagno dello scheletro appendicolare è predominante prima della pubertà, dopo di che si assiste, sotto l’influenza degli steroidi sessuali,
a un incremento di crescita della colonna vertebrale (Recker et al.,
1992). Quindi, il completamento della normale crescita scheletrica
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richiede un’adeguata produzione di ormoni tiroidei, ormone della
crescita, fattori di crescita e steroidi sessuali. Prima della pubertà, la
crescita delle ossa dipende in gran parte dall’ormone della crescita,
ma gli steroidi sessuali sono essenziali per il completamento della
maturazione delle epifisi e dell’apposizione minerale ossea durante
la pubertà e l’adolescenza (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005).
Su tutti questi processi, influenzati da questa complessa sequenza
di cambiamenti ormonali, interagiscono inoltre fattori nutrizionali ed
ambientali, in grado di modificare il potenziale genetico dell’individuo
(Turner et al., 1992; Matkovic et al., 1990; Matkovic et al., 1990). Fino
all’80% della BMD sarebbe geneticamente determinata, mentre il
maggior periodo di rapido sviluppo scheletrico, che avviene nell’infanzia e nell’adolescenza, renderebbe conto del 30-40% dell’aumento totale della massa ossea. Fattori ambientali come un costante esercizio
fisico, l’intake dietetico di calcio ed una corretta azione della vitamina
D, potrebbero influenzare fino al 20% della BMD (Bachrach, 2005).
Calcio e vitamina D sono due nutrienti essenziali a lungo conosciuti per
il loro ruolo nella salute ossea (Demay et al., 2007; Ward et al., 2010;
Welten et al., 1995; Winzenberg et al., 2011; Winzenberg et al., 2010).
Molti dati confermano che un adeguato apporto alimentare di calcio
è importante per raggiungere una corretta PBM, evidenziando come
la supplementazione di calcio possa aumentare l’acquisizione di
massa ossea durante l’adolescenza e l’età giovane-adulta (Bonjour
et al., 1997; Johnston et al., 1992). Quando tale supplementazione
di calcio cessa, l’effetto benefico sull’osso scomparirebbe. La sintesi
cutanea della vitamina D per azione della luce solare è insufficiente a
soddisfare il fabbisogno nei paesi europei, soprattutto durante i mesi
invernali, quando l’esposizione al sole è ridotta (Prentice, 2008).
Quindi, appare necessario un adeguato apporto di vitamina D durante l’infanzia e l’adolescenza per garantirne un livello sufficiente ad
assicurare una normale mineralizzazione ossea (Holick et al., 2011).
La vitamina D, infatti, attraverso la sua azione di ottimizzazione
dell’assorbimento intestinale di calcio, appare essenziale per garantire la normale calcificazione della cartilagine di accrescimento e la
mineralizzazione della matrice osteoide a livello dell’osso trabecolare e corticale (Lamberg-Allardt, 2012). Inoltre, un adeguato livello
di vitamina D è necessario per un efficace assorbimento di calcio e
per il mantenimento di normali livelli ematici di calcio e fosfato, che
a loro volta sono necessari per la normale mineralizzazione delle
ossa (Bouillon et al., 2008). Il livello sierico di 25(OH)D, o calcidiolo,
è generalmente ritenuto un buon indicatore dello stato nutrizionale
della vitamina D (Ross et al., 2011).
Ad oggi non è tuttavia emersa alcuna chiara indicazione di una specifica relazione dose-risposta tra assunzione di calcio o livello della
vitamina D e BMC o BMD, anche se alcuni studi osservazionali sembrano evidenziare una associazione tra il livello sierico di 25(OH)D,
la BMD e/o il BMC nei bambini e negli adolescenti, come pure un
effetto sulla BMD e sul BMC dell’integrazione combinata di una dieta
abituale con calcio e vitamina D (Stagi et al., 2013).
Oltre all’intake di calcio e vitamina D, bisogna considerare che l’osso
è un tessuto vivente che ha la capacità di rispondere a stimoli meccanici come l’attività o l’esercizio fisico. La presenza di stimoli continui
da parte di un carico meccanico, quindi, è essenziale per mantenere
una normale massa ossea. Al contrario, l’inattività porta ad una rapida
perdita di massa ossea, come si osserva nei pazienti allettati (Frost,
1987). La deformazione meccanica prodotta sull’osso, infatti, sarebbe
rilevata dagli osteociti tramite le loro giunzioni cellulari, producendo una serie di modificazioni in grado di portare al rimodellamento
dell’osso. L’attività fisica rappresenta un fattore modificabile che può
quindi aumentare l’accrezione ossea se effettuata con regolarità.
Nell’infanzia e l’adolescenza, l’attività fisica determina degli indubbi
Osteoporosi in età evolutiva
♀
♂
♀
♂
♂
♀
Figura 1.
In alto: Confronto e differenze tra la velocità di crescita staturale (a) e la velocità di crescita ponderale (b) tra individui di sesso maschile (♂) e
femminile (♀). In basso: crescita della massa ossea in relazione alla velocità di crescita staturale e differenza nel picco di massa ossea tra individui
di sesso maschile (♂) e femminile (♀).
effetti positivi sulla massa ossea, sia a breve termine che a lungo termine. L’incremento potrebbe essere maggiore qualora l’attività fisica
venga iniziata precocemente e/o in età prepuberale. Comunque, ciò è
anche importante nell’adolescenza, periodo in cui il guadagno osseo è
più significativo fisiologicamente (Gunter et al., 2012).
Metabolismo osseo
I marker biochimici del turnover osseo ci possono permettere di
comprendere i meccanismi di fomazione e riassorbimento; pur non
essendo specifici, possono fornire indicazioni sulla patogenesi di
eventuali disordini del metabolismo e/o della qualità ossea (Stagi et
al., 2013; Basit, 2013; Michigami, 2014). Tutti i marcatori biochimici
del turnover osseo possono essere misurati in campioni di sangue
e/o di urine. Nei bambini, i marker biochimici correlano con la velocità di crescita; quindi, essi saranno più alti nei periodi di maggiore
crescita, come nel primo anno di vita, e durante lo scatto di crescita
puberale (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012).
I marcatori della formazione ossea più frequentemente utilizzati
sono:
• Fosfatasi alcalina sierica (ALP). Si tratta di un enzima prodotto
dall’osso, ma anche da altri tessuti, tra cui il fegato, l’intestino ed i
reni. Nell’osso, la ALP è espressa sulla superficie degli osteoblasti
e l’enzima può essere clivato dalla membrana e rilasciato nella
circolazione; perciò, l’attività enzimatica può essere determinata
in campioni sierici. Anche se la ALP totale è ampiamente utilizzata
come marker del metabolismo osseo, consistendo in diverse isoforme la misurazione dell’isoenzima osseo specifico della ALP è
preferibile (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012).
• Osteocalcina sierica (OC). L’OC è una piccola proteina sintetizzata principalmente dagli osteoblasti, ma anche dagli odontoblasti
e dai condrociti. Mentre l’OC è principalmente depositata nella
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R. Cimaz, S. Stagi
matrice extracellulare dell’osso, una piccola quantità entra nella
circolazione, dove è rapidamente degradata. L’OC ha un ritmo
circadiano con elevati valori notturni rispetto ai valori diurni (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012).
• Peptide carbossi-terminale del procollagene di tipo I (PICP) sierico. Il collagene tipo I rappresenta più del 90% della matrice
ossea organica. Esso viene continuamente sia sintetizzato che
degradato; da questi processi originano continuamente piccoli
frammenti molecolari, indice sia dei processi di formazione che
di quelli di riassorbimento osseo. I primi, scissi dalle molecole di
collagene di nuova costituzione, sono indicati col termine di PICP
e PINP a seconda dell’origine C- o N-terminale. Come l’osteocalcina, PICP mostra un ritmo circadiano (Naylor & Eastell, 2012).
I marcatori del riassorbimento osseo più frequentemente utilizzati
invece sono:
• Piridinoline (PYD) e deossipiridinoline (DPD) urinarie. Si tratta di
molecole rilasciate nella circolazione durante il riassorbimento
osseo ed escrete nelle urine. Quindi, le quantità di PYD e DPD
nel siero e nelle urine derivano principalmente dall’osso che presenta un turnover maggiore rispetto agli altri tessuti contenenti
collagene. Il DPD è considerato più osso-specifico e quindi rappresenta un utile marker del riassorbimento osseo (Stagi et al.,
2013; Naylor & Eastell, 2012).
• Idrossiprolina urinaria. Si tratta di un aminoacido che si trova
nelle proteine ​​del collagene. Solo il 10% della idrossiprolina è
escreta con le urine. Inoltre, un altro svantaggio è che vi possono essere anche fonti dietetiche di idrossiprolina. Le influenze
della dieta possono essere minimizzate misurando il rapporto
idrossiprolina/creatinina su urine del mattino a digiuno. Sarebbe
perciò da preferire il dosaggio delle DPD urinarie (Naylor & Eastell, 2012).
• Telopeptidi N- (NTX) o C-terminali (CTX) del collagene maturo
tipo I. Tali marker possono essere misurati sia nel sangue che
nelle urine (Stagi et al., 2013).
• Calcio urinario. L’escrezione di calcio totale giornaliera dipende
dall’assunzione di calcio. Come l’idrossiprolina, l’influenza della
dieta può essere minimizzata attraverso la misurazione del rapporto calcio/creatinina nelle urine della prima mattina (Stagi et
al., 2013; Naylor & Eastell, 2012).
• Cross-link terminale telopeptide C del collagene di tipo I (lCTP).
L’ICTP viene rilasciato durante il riassorbimento osseo di collagene. L’ICTP mostra un ritmo circadiano, come l’osteocalcina ed
il PICP (Naylor & Eastell, 2012).
In età pediatrica, il parametro da prendere in considerazione per un
esame densitometrico è rappresentato dallo Z-score. Il T-score, è
bene ricordarlo, è invece un parametro da utilizzare solo in soggetti
adulti (Lewiecki et al., 2008). Lo Z-score rappresenta il numero di
deviazioni standard (DS) al di sopra o al di sotto del valore atteso, in
base all’età, alla razza e al sesso del paziente.
Z-score = BMD del soggetto – media dei soggetti di stessa età e sesso/
DS dei soggetti di stessa età e sesso
È da notare che, fino ad alcuni anni fa, per la valutazione della DXA in
età pediatrica si utilizzava lo Z-score con gli stessi limiti di riferimento utilizzati per il T-score. Nel soggetto in età evolutiva, comunque,
non è mai stata definita con certezza una correlazione tra riduzione
della massa ossea e l’entità del rischio di frattura. Per tale motivo nel 2004, l’International Society for Clinical Densitometry (ISCD)
ha stabilito che la diagnosi di osteoporosi in età pediatrica non può
essere fatta esclusivamente su criteri densitometrici, utilizzando la
definizione di riduzione della densità ossea in base all’età cronologica quando lo Z-score risulti inferiore a -2,0. Il database pediatrico di
riferimento per l’interpretazione dello Z score deve essere citato nel
referto (Baim et al., 2004).
Tecniche densitometriche
Esistono numerose tecniche densitometriche per la misurazione non
invasiva della massa ossea (Tab. I). Le tecniche più diffuse utilizzano
l’attenuazione dei raggi X nell’attraversare il distretto scheletrico da
esaminare. Tali tecniche sono basate sull’assorbimento e l’interazione con il tessuto osseo di fotoni incidenti (Blake & Fogelman, 2009;
Bogunovic et al., 2009).
Radiologia tradizionale
Tra queste vi è lo studio radiologico tradizionale, che consente l’osservazione della morfologia ossea e l’analisi della porzione corticale
e spongiosa. Con questa tecnica è possibile individuare zone di aumento della trasparenza per riduzione della componente trabecolare
e di riduzione dello spessore della corticale che sono segni di osteopenia, oltre a zone di importante alterazione come fratture, esiti di
fratture, o deformazioni della normale morfologia ossea. Sedi abituali per tali valutazioni sono lo studio della mano e lo studio morfometrico del rachide (Bogunovic et al., 2009). Un’esempio di frattura
vertebrale è indicato in Figura 2. L’interpretazione dei dati è, tuttavia,
molto operatore-dipendente e correlata alla qualità dell’immagine
Definizione di osteoporosi
Nell’adulto, l’osteoporosi è una malattia scheletrica caratterizzata da
una bassa massa ossea ed un deterioramento micro-architetturale
del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea
e suscettibilità alle fratture. Si tratta, inoltre, di una delle principali
cause di morbilità e mortalità tra gli anziani. Solo negli ultimi anni
tale definizione è stata adattata all’età evolutiva, quando si può parlare di osteoporosi solo se alla riduzione della massa ossea si accompagna una storia di fratture. Nel bambino e nell’adolescente una
riduzione dei valori di densità minerale ossea di oltre 2 DS rispetto
alla media per l’età ed il sesso dovrebbe essere considerata patologica, analogamente a come viene normalmente fatto nella pratica
clinica per i vari parametri auxologici (Lewiecki et al., 2008). Tuttavia, oltre all’età, altre variabili come la razza, la statura, il peso e
lo stadio puberale, potrebbero interferire sensibilmente sui valori di
riferimento (Cimaz & Stagi 2013).
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Tabella I.
Principali tecniche densitometriche per la misurazione non-invasiva
della massa e/o qualità osssea.
Radiografia
morfometria qualitativa
tecniche morfometriche quantitative
Assorbimetria a raggi X a doppia energia
(Dual-energy X-ray absorptiometry o DXA)
Tomografia computerizzata quantitativa periferica
(Peripheral quantitative computed tomography o pQCT)
Ultrasonografia ossea quantitativa
(Bone Quantitative Ultrasonometry o QUS)
Risonanza magnetica quantitativa
(Quantitative Magnetic Resonance o QRM)
Osteoporosi in età evolutiva
per esempio di un ritardo puberale. Pur con questi limiti, la DXA è
tuttora considerata il gold standard per la misurazione della massa
ossea (van Kuijk, 2010).
Tomografia Computerizzata Quantitativa
Una nuova tecnica, anch’essa però basata sull’uso di radiazioni
ionizzanti, è la Tomografia Computerizzata Quantitativa, che a differenza delle due tecniche precedentemente descritte, non è una
tecnica proiettiva, ma permette una valutazione volumetrica senza
sovrapposizione di altri tessuti e permette di ottenere valutazioni
tridimensionali superando alcuni dei limiti della DXA. I distretti esaminati sono di solito il rachide lombare e il collo del femore. Tra
le QCT, la pQCT o tomografia computerizzata quantitativa periferica
rappresenta una delle tecniche più interessanti e promettenti. La
pQCT viene effettuata a livello di ulna e radio oppure tibia e perone
del lato non dominante. Con questa tecnica è possibile valutare in
vivo la superficie della componente spongiosa, il numero delle trabecole per singola sezione, il numero di “nodi” (incroci tra le trabecole) e di end point (inizio e fine delle trabecole) e la resistenza del
tessuto osseo alla torsione. La relazione tra i parametri di pQCT nei
soggetti normali e le variazioni osservate con il progredire dell’età
é stata oggetto di diverse pubblicazioni, le quali hanno dimostrato
una correlazione tra variazioni della massa ossea a livello periferico
ed età del soggetto. Purtroppo l’utilizzo di questa tecnica è ancora
limitato dalla scarsità di strumenti disponibili e di informazioni relative all’interpretazione dei dati, non essendo attualmente disponibili
limiti di riferimento specie in età evolutiva (Engelke et al., 2009; Zemel, 2011).
Figura 2.
Radiogramma che evidenzia fratture vetebrali in paziente con connettivite in teapia corticosteroidea cronica.
ottenuta, inoltre non è possibile individuare segni di riduzione della
densità ossea nelle fasi iniziali, ma solo quando la patologia è in fase
molto avanzata (circa il 30-40% di perdita ossea). L’indagine morfometrica, al contrario, supera i limiti legati alla valutazione dell’operatore e permette, in maniera affidabile, di misurare le altezze dei
corpi vertebrali e di riconoscere pertanto le fratture vertebrali legate
a una alterata densità o qualità ossea.
Densitometria a raggi X a doppia energia
Un’altra tecnica basata sui raggi X è la densitometria a raggi X a
doppia energia (DXA), che permette di raccogliere dati relativi
al contenuto osseo minerale (BMC) e alla densità ossea minerale
(BMD) del distretto esaminato. I valori ottenuti vengono riportati dallo
strumento su una curva di riferimento e messi in rapporto all’età e
al sesso del paziente. In età evolutiva questa tecnica ha però diversi
limiti, in quanto i parametri auxologici possono influire sulla valutazione del risultato, potendo dare valori di densità falsamenti ridotti a
causa del volume osseo che nel bambino è ridotto rispetto all’adulto,
e nel caso di variazioni parafisiologiche o patologiche delle tappe
di sviluppo puberale. Infatti, parametri auxologici, come statura o
peso, possono influire sulla valutazione della aBMD, i cui risultati
vengono espressi in rapporto a una superficie e non a un volume.
Quindi, un osso più piccolo può avere una densità (gr/cm2) falsamente ridotta, visto che, essendo una metodica non volumetrica, è
impossibile calcolare direttamente lo spessore. Inoltre, lo sviluppo
puberale condiziona il picco di massa ossea. Per questo motivo, una
riduzione della BMD dovrebbe essere valutata con cautela in corso
Risonanza Magnetica Quantitativa
Una nuova tecnica non invasiva che non si avvale di raggi X è la
Risonanza Magnetica Quantitativa, che permette lo studio della
microarchitettura trabecolare, dello spazio intertrabecolare e della
distribuzione spaziale delle trabecole, ed evidenzia l’eventuale presenza di microfratture patologiche. Le sedi più studiate con questa
tecnica sono il calcagno, le falangi e il radio distale. Questa tecnica
al momento è utilizzata a livello sperimentale, ma sembra essere
molto promettente per la qualità delle informazioni che fornisce e
per la non invasività.
Ultrasonografia Ossea Quantitativa
Infine, l’ultrasonografia ossea quantitativa è una tecnica che utilizza
gli ultrasuoni e ha molti vantaggi essendo priva di effetti collaterali,
non invasiva, poco costosa, di facile esecuzione e fornendo dati affidabili che si prestano ad una rapida interpretazione. I distretti ossei
studiati con questa tecnica sono il calcagno, la porzione mediale della
tibia, le falangi distali (tranne quella del primo dito) della mano non
dominante o il metacarpo nei bambini di età inferiore ai 3 anni. Le
tecniche ad ultrasuoni si basano sulla misura del grado di attenuazione (BUA) o della velocità degli ultrasuoni (SOS; AD-SoS; BTT) durante
l’attraversamento in senso trasversale del segmento osseo in esame
(es. falangi della mano, calcagno) oppure sulla misura della velocità dell’onda ultrasonica dopo trasmissione lungo l’asse longitudinale
dell’osso esaminato (es. porzione mediale della tibia). Questa tecnica
fornisce dati non solo quantitativi, ma anche qualitativi sul tessuto
osseo del paziente. Si presta allo studio del tessuto osseo in età pediatrica per le caratteristiche precedentemente elencate ed essendo
disponibili valori di riferimento per soggetti in età evolutiva corretti per
età, sesso e stadio puberale. Questa tecnica non si può sostituire alla
DXA, ma si integra ad essa e può essere utilizzata per eseguire followup più ravvicinati (Lum et al., 1992; Simonini et al., 2005).
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R. Cimaz, S. Stagi
Figura 3.
Diagramma che schematizza la patogenesi dell’osteoporosi da corticosteroidi.
Cause principali di alterata massa e/o qualità ossea
Vi sono numerose evidenze scientifiche che documentano come
un’alterata densità e/o qualità ossea possano interessare non solo
l’età adulta ma anche l’infanzia e l’adolescenza. Lo studio di quelle
condizioni che possono essere associate ad un’alterata densità e/o
qualità ossea, perciò, riveste particolare importanza dal momento che
le malattie metaboliche dell’osso possono essere particolarmente
invalidanti (Stagi et al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002). Tra
gli esempi di osteoporosi più frequenti sono quelle iatrogene, in particolare legate all’uso dei corticosteroidi. L’azione dei corticosteroidi
sull’osso si esplica mediante mutipli meccanismi, che sono esemplificati nella Figura 3. Quindi, compito del Curante o e/o dello Specialista è quello di porre diagnosi il più precocemente possibile, affinché
possano essere instaurati per tempo gli opportuni provvedimenti per
la terapia e/o la profilassi delle complicanze. La diagnosi, oltre che su
criteri clinici e/o laboratoristici, deve però sempre basarsi su un’accurata valutazione della densità minerale ossea mediante metodiche
densitometriche che, al contrario del comune esame radiografico,
permettono di individuare riduzioni del contenuto minerale osseo e/o
qualità ossea, anche di lieve entità, intorno al 3-4%. In generale, una
valutazione densitometrica, oltre che approfondimento ad un quesito
clinico o laboratoristico, dovrebbe essere effettuata in soggetti che
presentino importanti fattori di rischio (Tab. II).
158
Per le caratteristiche del turnover osseo, inoltre, l’esame densitometrico andrebbe effettuato all’inizio e ripetuto nel tempo per
valutare l’evoluzione; le variazioni del contenuto minerale osseo,
infatti, si realizzano piuttosto lentamente. Un ciclo di rimodellamento osseo richiede un periodo di 4-6 mesi, dal suo inizio al
suo completamento; per tale motivo la valutazione della densità
ossea ad intervalli inferiori ai 6 mesi ha scarso significato clinico
(Stagi et al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002). In generale,
per il follow-up di una condizione che si associa a riduzione della
densità ossea, è sufficiente una valutazione ogni 12 mesi, mentre una valutazione ogni sei mesi dovrebbe essere indicata nelle
forme rapidamente ingravescenti, come quelle derivanti dall’uso
di corticosteroidi o chemioterapici ad alte dosi, nei malassorbimenti intestinali o in situazioni di grave malnutrizione; oppure per
valutare l’effetto a breve termine sulla mineralizzazione ossea di
trattamenti farmacologici (bifosfonati, ormoni gonadici) (Stagi et
al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002).
Conclusioni
Una ridotta densità o qualità ossea può essere frequentemente diagnosticata in bambini ed adolescenti. Ciò può essere legato o aggravato da un insufficiente intake di calcio, ridotti livelli di vitamina D,
ed un ridotto tasso di attività fisica. Tale alterazione patologica della
Osteoporosi in età evolutiva
Tabella II.
Principali condizioni che possono causare un’alterata densità e/o qualità ossea in età evolutiva.
Malattie endocrine
Ipogonadismo
Sindrome da insensibilità agli estrogeni
Panipopituitarismo; deficit di GH
Ipertiroidismo
Sindrome di Cushing
Iperparatiroidismo primitivo
Sindrome di McCune Albright
Iatrogene
Corticosteroidi
Anticonvulsivanti
Analoghi del GnRH
L-tiroxina (dosi elevate)
Antiretrovirali
Anticoagulanti
Chemioterapici
Malattie genetico-metaboliche
Osteogenesi imperfetta
Omocistinuria
Sindrome di Marfan; Sindrome di Ehlers-Danlos
Sindrome di Menkes
Intolleranza alle proteine con lisinuria
Fenilchetonuria
Malattia di Gaucher
Fibrosi cistica
Cromosomopatie
Sindrome di Turner
Sindrome di Klinefelter
Sindromi da delezione cromosoma 22
Neoplasie maligne
Leucemia
Linfoma
Tumori solidi
Alterazioni nutrizionali
Anoressia nervosa
Intolleranza al latte
Carenza di calcio, rame, etc
Diete vegetariane
Malnutrizione
Carenza di vitamina C, K
Nutrizione parenterale totale
Sovrappeso/obesità
Altro
Immobilizzazione/scarso uso
Intensa attività fisica
Post-trapianto
Morbo di Paget giovanile
Malattie osteolitiche
Malattia di Rett
Osteoporosi idiopatica giovanile
Prematurità
Malattie infiammatorie croniche
Reumatiche (artrite giovanile idiopatica, lupus eritematoso sistemico,
dermatomiosite)
Renali (insufficienza renale cronica, acidosi tubulare renale, ipercalciuria
idiopatica)
Gastroenterologiche (MICI, epatopatie colestatiche)
Cardiache (insufficienza cardiaca congestizia)
Ematologiche (talassemia, emocromatosi ereditaria, emofilia A, anemia a
cellule falciformi)
Immunologiche (mastocitosi sistemica, sindr. da iper-IgE)
Box di orientamento
Cosa sapevamo prima
L’osteoporosi è stata a lungo considerata una malattia principalmente geriatrica. L’impatto di tale condizione è rilevante dal punto di vista sociale ed
economico, soprattutto in relazione alle fratture che ne conseguono.
Cosa sappiamo oggi
La prevenzione dell’osteoporosi riguarda anche e soprattutto l’età pediatrica, in quanto lo scheletro accumula sostanza ossea nelle prime due o tre
decadi di vita, quando viene raggiunto il picco di massa ossea.
Per la pratica clinica
Numerose condizioni patologiche hanno un impatto importante sulla salute ossea; ruolo del pediatra è anche quello di conoscere tali condizioni e seguire in maniera sistematica i soggetti a rischio con metodiche densitometriche adeguate e standardizzate. Una prevenzione e una terapia farmacologica
possono essere fondamentali nei casi che hanno sviluppato osteopenia o in coloro che sono a maggior rischio.
densità e della qualità ossea può essere primaria oppure rappresentare una complicanza di malattie croniche o dei trattamenti farmacologici effettuati. In ogni caso, poichè la maggior parte della massa
ossea viene raggiunta al termine della crescita longitudinale di un
individuo, la crescita dello scheletro durante l’infanzia e l’adolescenza è un fattore determinante della vita per il rischio di osteoporosi e
fratture in età adulta.
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Corrispondenza
Rolando Cimaz, AOU Meyer, viale Pieraccini 24, 50139 Firenze. Tel. +39 055 5662924.
Email: [email protected]
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