scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 04 giugno 2014
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
04/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
la Cinese abbandonata in Ospedale Emergenze scaricate sulla Sanità
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04/06/2014 Corriere della Sera - Milano
Maroni nomina Zanelli direttore della centrale unica degli appalti della Sanità
6
04/06/2014 Corriere della Sera - Milano
La donna ricoverata da 5 anni Gara di solidarietà per Zheng
7
04/06/2014 Il Sole 24 Ore
L'evoluzione cooperativa della vita
8
04/06/2014 Il Sole 24 Ore
Gli organi più colpiti sono i muscoli e il cervello
10
04/06/2014 Il Sole 24 Ore
Una vitamina per mitocondri difettosi
11
04/06/2014 Il Sole 24 Ore
Un micro-tsunami per guarire le ferite
12
04/06/2014 La Repubblica - Nazionale
Stamina, è morta la piccola Rita, l'ira dei genitori
14
04/06/2014 La Repubblica - Milano
Sanità, nuove regole laurea magistrale per i top manager
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04/06/2014 La Repubblica - Milano
"Niente certificati in ospedale"
16
04/06/2014 La Stampa - Nazionale
Italia leader nella cura del diabete infantile Ma la prevenzione è ancora insufficiente
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04/06/2014 La Stampa - Nazionale
"I farmaci: come colpiranno i geni dei tumori"
18
04/06/2014 La Stampa - Torino
Camici in piazza "Noi, giovani medici senza un futuro"
19
04/06/2014 Il Messaggero - Nazionale
Fecondazione eterologa al via
20
04/06/2014 Il Messaggero - Roma
Le offese a Valentina il medico si scusa: «Sono stato frainteso»
21
04/06/2014 Il Messaggero - Nazionale
Il salvavita per il cuore si fa micro
22
04/06/2014 Avvenire - Nazionale
Scacco al tumore al polmone Con nuova molecola ridotta mortalità
23
04/06/2014 Avvenire - Nazionale
Eterologa, si rischia il Far West
24
04/06/2014 Il Gazzettino - Venezia
Aperto il nuovo distretto sanitario di Jesolo in via Levantina
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04/06/2014 QN - Il Giorno - Milano
Esami, è caos prenotazioni Ospedale, Asl e centralino: stessi quesiti, tempi diversi
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04/06/2014 QN - Il Giorno - Milano
Salute, Majorino affonda «Più poteri ai Comuni» Mantovani: irricevibile
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04/06/2014 Il Secolo XIX - Genova
MONTALDO, AFFONDO CONTRO PAITA «NON PUÒ GUIDARE LA LIGURIA»
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04/06/2014 Il Fatto Quotidiano
Stamina Rita, fine nel dramma
29
04/06/2014 Le Scienze
Se la bufala è dei camici bianchi
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04/06/2014 Le Scienze
Insulina da cellule riprogrammate
31
04/06/2014 Le Scienze
LA RIVOLUZIONE DELL' RNA
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04/06/2014 Le Scienze
Una nuova arma contro l'epatite C
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
27 articoli
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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la Cinese abbandonata in Ospedale Emergenze scaricate sulla Sanità
Il caso della signora Zheng, arrivata dalla Cina, priva di documenti, abbandonata da tutti e ricoverata da
cinque anni, dopo un'emorragia cerebrale, all'ospedale di Pieve di Coriano, nel Mantovano, pur se
«estremo», rischia di essere specchio del peggio e del meglio della nostra società, che si vanno,
paradossalmente, trasformando, entrambi, in norma.
La vicenda nasce dal peggio, cioè dalla povertà e da chi la sfrutta senza scrupoli, trafficando manodopera a
basso costo da un Paese straniero. Ma diventa poi occasione del meglio che una comunità può mostrare,
con medici e infermieri che, grazie anche a un sistema sanitario universalistico possono curare la paziente
insolvente (in quanti altri Paesi sarebbe successo?), e con volontari che se ne fanno carico umanamente ed
economicamente. Volontari che ora lanciano un appello perché la donna deve lasciare l'ospedale e non
saranno più in grado di provvedere da soli a lei. Appello, pare, raccolto da altri attori del volontariato, e non,
del Comune. Il problema, però è che situazioni magari meno eclatanti di questa, ma non molto diverse nella
sostanza, sono sempre meno eccezionali in un contesto in cui l'abbandono «di fatto», specie degli anziani,
non è più sempre percepito come scandaloso.
Si tratta di un problema culturale, oltre che sociale. Non sono solo le difficoltà economiche a creare le
premesse dell'abbandono, ma anche l'insinuante persuasione che il non produrre equivalga a non avere
valore. E il crollo del modello di famiglia tradizionale (quello in cui era normale che in una casa convivessero
tre generazioni) fa sì che la gestione del «problema» venga sempre più delegata al sistema sanitario, che
però non può farsene carico cronicamente, perché ad altri uffici è chiamato. Nel caso della signora Zheng a
noi resta la consolazione di poter andare orgogliosi dei nostri concittadini (intesi come italiani) che hanno
riconosciuto la dignità della «paziente cinese», anche se si esprime male e se non produce reddito: in attesa
che le istituzioni possano trovare la soluzione migliore, ci ricordano concretamente che «una persona è una
persona, è una persona».
Luigi Ripamonti
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Corriere della Sera - Milano
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«Arca» gestirà un budget di 4 miliardi di euro
Maroni nomina Zanelli direttore della centrale unica degli appalti della
Sanità
Simona Ravizza
È stata assegnata ieri una delle poltrone più di peso della Lombardia a guida Roberto Maroni: quella da
direttore generale dell'Agenzia per gli acquisti (Arca) della Regione, l'ente che, nelle intenzioni del
governatore, dovrà gestire tutti i bandi d'appalto sanitari(anche quelli finora in mano agli ospedali). In gioco a riforma del settore completata - ci saranno quattro miliardi di euro: a tanto ammontano, infatti, i contratti
della Sanità che dovranno essere concentrati in Arca. L'uomo scelto da Maroni è, come anticipato dal Corrier
e , Luciano Zanelli, 54 anni, manager della Sanità in fuga - dicono le malelingue - dal Friuli Venezia Giulia a
guida Pd. Una figura, comunque, su cui la commissione tecnica e imparziale del Pirellone aveva dato il suo
benestare: «Il suo profilo è competente - si legge nei documenti della commissione -. Con esperienze
dirigenziali apicali in ambito sanitario e avendo per sette anni gestito le procedure di gare d'appalto di beni e
servizi». Dal 2008 a oggi Zanelli è stato direttore generale di aziende sanitarie e ospedaliere, l'ultima è la
Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Maroni ha voluto metterci un uomo di fiducia, motivo per cui ha
silurato l'ex direttore generale di Arca, Andrea Martino, convinto di essere stato scaricato solo per motivi
politici e pronto a dare battaglia legale (il manager ha già depositato un ricorso al Tar). Intanto, sempre nella
seduta di giunta di ieri, sono stati approvati i criteri per la nomina dei nuovi direttori sanitari e amministrativi.
Meno politica e più competenza, era la svolta attesa, compiuta solo in parte: su indicazione dell'assessore
Mario Mantovani è stato inserito il requisito della laurea quinquennale (e non solo triennale). Per chi viene dal
privato, poi, c'è più severità nei titoli (il manager deve, infatti, avere gestito budget da almeno dieci milioni di
euro, mentre finora non era previsto nessun tetto di spesa). Ma nel provvedimento approvato in giunta ieri
sono spuntati due codicilli che, magicamente, permetteranno agli attuali direttori sanitari e amministrativi di
conservare la loro poltrona, anche se non hanno i nuovi requisiti richiesti.
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Foto: Manager Luciano Zanelli, 54 anni, manager della Sanità. Dal 2008 a oggi è stato direttore generale di
aziende sanitarie e ospedaliere, l'ultima è la Santa Maria degli Angeli di Pordenone
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Corriere della Sera - Milano
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Il caso La paziente cinese, colpita da ictus, è in cura a Pieve di Coriano
La donna ricoverata da 5 anni Gara di solidarietà per Zheng
In arrivo le prime offerte. Rapporto Asl alla Regione Le spese La degenza è «costata» intorno ai 400 mila
euro. Ora ne servono almeno 1.800 al mese
Sabrina Pinardi
MANTOVA - Non parla, ma le bastano gli occhi e un cenno del capo per far capire che in Cina non ci vuole
tornare. Qualunque sia la Cina che ha lasciato, un villaggio di campagna, come è più probabile, o il sobborgo
di una metropoli. Zheng, la donna senza identità che vive da cinque anni all'ospedale di Pieve di Coriano, nel
Mantovano, sembra avere trovato qui la sua famiglia: chi l'ha accudita dopo che un'ambulanza, sei anni fa,
l'ha raccolta agonizzante in una casa di San Giacomo delle Segnate, dopo un ictus e un'emorragia cerebrale.
Un anno tra la vita e la morte, gli interventi chirurgici a Mantova e Verona, la ricaduta e infine, nella primavera
del 2009, il ricovero nel reparto di Riabilitazione specialistica del «Destra Secchia».
Quando è arrivata in reparto, Zheng, all'apparenza poco più che quarantenne, viveva grazie alle macchine.
Ora non può ancora muoversi e non parla, ma dovrà essere dimessa: «La signora - spiega il direttore
sanitario Renato Schiavello - ha concluso il ciclo di cure e adesso, per il suo bene, sarebbe giusto che
proseguisse il recupero in una struttura riabilitativa. Ci siamo tutti affezionati, noi dell'ospedale e i volontari
dell'associazione Namasté di Ostiglia, ma dobbiamo trovare il percorso migliore per lei».
Per farlo, però, serve qualcuno che si faccia carico delle spese: fino ad ora, il Servizio sanitario nazionale ha
coperto i costi del ricovero (in cinque anni va fra i 300 e i 400 mila euro); ora la retta di un centro adatto costa
1.800-2 mila euro al mese. Toccherebbe al Comune, ma non è una spesa sostenibile per un piccolo paese
come Pieve di Coriano.
E allora ecco l'attesa, in accordo con la direzione dell'azienda ospedaliera Carlo Poma, da cui il «Destra
Secchia» dipende, e poi l'appello alla solidarietà, al quale tanti hanno già risposto: «In un giorno hanno
chiamato da tutto il Nord e il Centro Italia», racconta Schiavello. Decine di telefonate per offrire sostegno
economico, come il denaro offerto da un'associazione venatoria veneta, o per proporsi di accudire Zheng:
mani tese da un'associazione di Ferrara, dall'associazione Mantova-Cina, che con il proprio avvocato Fabio
Madella potrebbe aiutare a dipanare la matassa della burocrazia, e da una signora marchigiana, che a Zheng
sarebbe pronta ad aprire casa propria. Ma, soprattutto, si è fatta viva l'Asl di Mantova: il direttore generale
Mauro Borelli ha chiesto una relazione da spedire il prima possibile in Regione, all'indirizzo dell'assessore alla
solidarietà sociale, Maria Cristina Cantù.
Zheng, senza bisogno di parole, ha commosso l'Italia. Forse ha ragione il figlio della donna, che Schiavello è
riuscito a contattare dopo due anni e mezzo di ricerche, grazie al numero di telefono lasciato in ospedale da
un uomo passato a farle visita: «Ringrazio l'ospedale per le cure - scrive il ragazzo in una mail - e ringrazio
l'Italia e il suo popolo». Il figlio di Zheng la vorrebbe riabbracciare, ma in Cina la donna non sarebbe assistita
come qui, dove è rinata dopo l'abbandono. E dove ha trovato una solidarietà che non ha bisogno di
passaporto.
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Il Sole 24 Ore - Nova 24
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Teorie |Biologia sintetica|Iit |
L'evoluzione cooperativa della vita
Il mitocondrio ha creato la cellula eucariotica Ora se ne studia la sintesi
a Che siano frutto di un affascinante storia evolutiva è ormai una certezzza. I mitocondri sono infatti
antichissimi batteri entrati nella cellula, integrandosi perfettamente con essa, dando origine alle cosiddette
cellule eucariotiche, caratteristiche degli animali e delle piante.
Questa simbiosi si sarebbe stabilita circa due miliardi di anni fa, un tempo così lungo che ha finora impedito
di identificare i parenti più prossimi dei mitocondri tra i batteri che oggi popolano il pianeta.
Una teoria proposta per la prima volta nel 1966 dalla biologa statunitense Lynn Margulis che sulla base di
studi precedenti pubblica, dopo 15 rifiuti, sul Journal of Theoretical Biology, rivista a basso impact factor, la
teoria endosimbiotica dei mitocondri, in cui ipotizza che le simbiosi possano costituire un'importante
componente dell'evoluzione.
Per Margulis infatti la nozione darwiniana dell'evoluzione, guidata dalla selezione naturale e quindi dalla
competizione, è incompleta, e afferma che l'evoluzione è fortemente basata sulla cooperazione, interazione,
e dipendenza mutuale tra organismi. Per lei quindi mitocondri e cloroplasti (gli organelli che nelle piante sono
deputati alla fotosintesi clorofilliana, e quindi alla produzione di energia) sono inseriti nella cellula per
endosimbiosi e concepisce la cellula eucariota come una comunità di entità che interagiscono
simbioticamente. Ma agli evoluzionisti di allora questa idea non piace e la considerano un'"eretica". Oggi
questa teoria è ampiamente accettata, ma resta ancora una domanda: chi erano gli antenati dei mitocondri?
In molti laboratori - dall'Italia fino all'Australia - si cerca di risalire ai parenti più prossimi di questi organelli. C'è
chi sostiene che il batterio sia stato inghiottito dalla cellula, per altri invece l'antenato mitocondriale ha agito
come un parassita piuttosto che preda.
Non si tratta di dettagli, perchè comprendere come si sono evolute le nostre cellule è fondamentale per
intervenire a livello molecolare qualora queste centraline vitali non funzionassero. Tanto più che oggi
sappiamo che i mitocondri non solo sono importanti per la produzione di energia, ma sono anche i driver
dell'apoptosi, cioè della morte cellulare e intervengono nello sviluppo di molte malattie, come obesità,
diabete, Alzheimer e anche nel cancro.
Ad aggiungere un tassello importante in questa ricerca è proprio uno studio tutto italiano, una collaborazione
tra l'Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova e dell'Università degli Studi di Milano, dal quale emerge che
gli antenati dei mitocondri erano batteri consumatori di metano. Risultato che apre la possibilità di realizzare
in laboratorio sostituti sintetici di questi organelli.
Lo studio, coordinato da Mauro Degli Esposti, ricercatore all'Iit, in collaborazione con Claudio Bandi e
Daniele Daffonchio dell'Università di Milano, ha permesso di ricostruire le caratteristiche energetiche
dell'antenato mitocondriale. I risultati sono descritti nell'articolo "Evolution of mitochondria reconstructed from
the energy metabolism of living bacteria" pubblicato dalla rivista internazionale Plos One.
Secondo questo studio, tra i batteri oggi esistenti quelli che meglio rappresenterebbero le caratteristiche
dell'antenato del mitocondrio sono i metilotrofi, microrganismi che ottengono il proprio sostegno energetico da
molecole quali il metano e il metanolo. Entrando in simbiosi con microrganismi produttori di metano, i batteri
metilotrofi avrebbero formato il primordio della cellula eucariotica, una sorta di macchina biologica "a
metano", capace di adattarsi sia ad ambienti anaerobici ricchi di metano - ad esempio in prossimità dei
vulcani sottomarini - sia ad ambienti aerobici come la superficie degli oceani. Col tempo, la capacità delle
cellule di estrarre energia dal metano si è persa a favore del catabolismo di composti organici.
«Il nostro risultato è stato ottenuto seguendo un approccio bioinformatico originale, basato su un modello di
progressiva perdita dei sistemi bioenergetici presenti nei batteri primordiali e in alcuni batteri tuttora esistenti.
L'analisi genomica di questo modello ha poi definito il percorso evolutivo più probabile, dai batteri metilotrofi ai
primi mitocondri, offrendo la possibilità di ricostruire in laboratorio questo percorso», ha spiegato Mauro Degli
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Il Sole 24 Ore - Nova 24
Pag. 14
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Esposti.
La ricostruzione delle caratteristiche degli antenati a vita libera dei mitocondri apre la prospettiva di ottenere
in laboratorio sostituti "sintetici" di questi organelli, delineando così nuovi scenari applicativi nel trattamento di
malattie legate al cattivo funzionamento dei mitocondri, fra cui varie patologie cronico-degenerative. (fr.ce.)
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Foto: Innovatrice. La biologa americana Lynn Margulis (1938-2011) elabora una nuova teoria dell'evoluzione
che descrive in The origin of mitosing Eukaryotic Cells rifiutato da 15 riviste scientifiche prima di essere
pubblicato dal «Journal of Theoretical Biology» nel 1966. Oggi quest'articolo è considerato punto di
riferimento per la teoria dell'endosimbiosi
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Il Sole 24 Ore - Nova 24
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Gli organi più colpiti sono i muscoli e il cervello
L'alterazione del Dna mitocondriale viene trasmessa intatta al figlio
Agnese Codignola
aMisteriose e sconosciute, fino a non molti anni fa. Le malattie mitocondriali sono sfuggite per lungo tempo
alle definizioni, e anche alle spiegazioni, perché i mitocondri non sono organelli come tutti gli altri, e perché
sono ubiquitari, e una loro disfunzione può colpire un organo o tessuto o, più spesso, più distretti corporei
contemporaneamente, manifestarsi nei bambini come negli adulti, essere appena percettibile o molto grave:
non esiste una tipologia unica, e neppure sintomi così chiari da essere immediatamente colti da occhi non
esperti o da esami molto specifici.
Queste malattie sono così peculiari perché interessano i mitocondri, gli organelli cellulari deputati alla
respirazione e alla produzione di energia presenti in tutte le cellule e dotati - unici in tutto l'organismo - di un
proprio Dna detto mitocondriale, appunto, o mDna, e del tutto diverso da quello cellulare.
Inoltre sono trasmessi quasi esclusivamente per via materna (lo sperma non ne possiede), e un'alterazione
nel mDna viene anch'essa trasmessa intatta al figlio, dove può provocare la disfunzione. Ma esiste anche
un'altra possibile causa: un difetto nel Dna normale della cellula. Quest'ultimo, infatti, codifica anche per
proteine ed enzimi fondamentali per il buon funzionamento dei mitocondri, e se qualcuno di essi non lavora
come previsto, tutto il sistema ne risente. Esistono quindi due grandi famiglie molto diverse di malattie
mitocondriali, e la situazione è assai complessa.
Dal punto di vista clinico, però, l'esito è più omogeneo: se i mitocondri non svolgono tutte le loro funzioni in
piena efficienza, respirazione cellulare e produzione di energia sono deficitarie, e questo causa alcuni tratti
comuni; inoltre le patologie sono più evidenti negli organi a maggior dispendio energetico, come il cervello o i
muscoli trasmessi.
Per questi motivi le malattie mitocondriali si classificano in genere in base al difetto genetico, cercando
innanzitutto di distinguere tra anomalie che interessano il mDna da difetti del Dna normale.
In alternativa, e spesso in contemporanea, si ricorre alla classificazione in base all'organo colpito: ci sono
infatti patologie che interessano il sistema nervoso (demenze, ritardi nello sviluppo, convulsioni, paralisi,
tremori), l'apparato muscolare (debolezza anche estrema), l'occhio e i suoi annessi (retiniti, cataratte, atrofie),
l'orecchio (sordità), il sistema gastrointestinale (sindromi da malassorbimento, disfunzioni del pancreas), i reni
(sindrome di Fanconi), il sistema endocrino (diabete mellito, bassa statura, malfunzionamento delle ghiandole
paratiroidee), di quello cardiocircolatorio (cardiomiopatie) e nel sangue (anemie). Si tratta sempre di malattie
croniche, spesso degenerative.
La diagnosi non è semplice e viene fatta con certezza solo dopo che è stato individuato il difetto in una delle
proteine coinvolte, oppure con un'analisi genetica dettagliata, non disponibile in centri che non abbiano
un'alta specializzazione.
Infine, non esistono cure definitive: le terapie, quando ci sono, sono sempre volte ad attenuare i sintomi o a
cercare di rallentare le degenerazioni che molto spesso esse comportano. In alcuni casi anche una dieta
specifica può essere di aiuto.
In Italia la ricerca è molto attiva, e molto spesso finanziata da Telethon, che ha sempre sostenuto lo studio
delle malattie come quelle mitocondriali: rare, poco conosciute ma sovente invalidanti.
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Foto: Dna mitocondriale. I mitocondri sono organelli cellulari, dotati - unici in tutto l'organismo - di un proprio
Dna detto mitocondriale, appunto, o mDna, e del tutto diverso da quello cellulare
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Malattie |Disfunzioni |Cure |
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Il Sole 24 Ore - Nova 24
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Una vitamina per mitocondri difettosi
E Massimo Zeviani studia l'origine di patologie neurodegenerative
a Sono rare, ma sono tante. E probabilmente in futuro saranno molte di più, via via che si capisce che, alla
base di moltissime patologie - spesso degenerative - c'è un malfunzionamento dei mitocondri. Le malattie
mitocondriali stanno subendo un destino analogo a quello che, nei decenni scorsi, è toccato a quelle
autoimmuni, quando alla base per esempio del diabete mellito e di moltissime sindromi note e meno note si è
scoperto che c'era una reazione degli anticorpi contro l'organismo self.
In questo caso, la ricerca si sta sviluppando su due filoni, come spiega un emigrato eccellente, Massimo
Zeviani, approdato a Cambridge, a capo della Mitochondrial Biology Unit del Medical Research Council dopo
il premio Nobel John Walker circa un anno e mezzo fa, dopo molti anni passati negli Stati Uniti prima e a
dirigere l'Unità di neurogenetica molecolare dell'Istituto Besta di Milano poi: «Da una parte si cerca di capire
quale sia il difetto genetico del Dna mitocondriale o di quello del nucleo della cellula che dà come esito un
funzionamento errato dei mitocondri, con analisi genetiche. Dall'altra si fa il percorso inverso, ossia si va a
verificare se alcune delle malattie legate alla neurodegenerazione come certe forme di Parkinson ereditario
siano provocate da un danno ai mitocondri, e in molti casi si scopre che è così».
Un ruolo nuovo, quindi, quello dei mitocondri, che stanno velocemente passando da organi deputati alla sola
produzione di energia a mattoni fondamentali di molteplici pathway metabolici.
Gli studi di Zeviani, che mantiene una collaborazione con l'Istituto Besta, e che ha portato a Cambridge
alcuni dei ricercatori che lavoravano con lui a Milano, sono finalizzati alla messa a punto di terapie più efficaci
di quelle attuali, limitate a un'attenuazione dei sintomi e, quando si riesce, a un rallentamento dell'evoluzione.
Spiega ancora l'esperto, che per portare in clinica i frutti del suo lavoro ha ricevuto un grant da 50 milioni di
euro da spendere in cinque anni (impensabile in Italia): «Anche in questo caso, si lavora su due fronti:
quando il difetto è nel nucleo della cellula si sperimentano protocolli di terapia genica nei quali un vettore
virale innocuo trasporta all'interno delle cellule la copia del gene corretto; quando questo non è possibile,
perché il danno è nel Dna mitocondriale, non manipolabile con le tecniche attuali, si interviene sia sulle
proteine danneggiate o assenti, per esempio controllando se la somministrazione di una versione corretta
delle stesse possa ripristinare la situazione, oppure intervenendo su vari passaggi della produzione di
mitocondri, cercando di incrementarla. I mitocondri difettosi infatti continuano a svolgere la loro funzione,
anche se in modo meno efficiente. E si è scoperto che fornendo, per esempio, precursori della niacina, la
vitamina B3, la sintesi è aumentata e, con essa, la resa energetica». E i risultati ci sono: in diversi casi i dati
ottenuti negli animali sarebbero sufficienti per passare alle sperimentazioni nell'uomo. Molto spesso, però,
oltre a ostacoli burocratici, mancano i fondi, perché big pharma non è interessata a finanziare trial clinici su
patologie tutto sommato di nicchia, per quanto gravi.
Un ambito in cui invece la sperimentazione sull'uomo è ai nastri di partenza, presso l'Università di Newcastle
(unico centro autorizzato in Europa) con la quale collabora anche Zeviani, è quella della prevenzione
primaria, ossia di quella che è stata chiamata gravidanza con tre genitori, per le donne che hanno una
malattia del Dna mitocondriale, trasmessa sempre solo per via materna. In sintesi, si preleva l'ovulo di una
donatrice, lo si priva del nucleo e vi si inserisce il nucleo (ma non i mitocondri malati) della madre. Poi si
impianta l'ovulo nella madre, e il bambino che nasce avrà il patrimonio genetico della madre, ma non la sua
malattia.
Il dibattito è ancora in corso, ma anche la Food and Drug Administration (Fda) sta pensando di dare il via
libera. (a.cod.)
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Foto: Allo studio. Massimo Zeviani, approdato a Cambridge, a capo della Mitochondrial Biology Unit del
Medical Research Council studia il legame tra i mitocondri e patologie neurodegenerative come il Parkinson
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Cambridge |Istituto Besta |50 milioni di euro |
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Il Sole 24 Ore - Nova 24
Pag. 15
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Un micro-tsunami per guarire le ferite
La Thereson ha sviluppato una risonanza magnetica per guarire le ulcere della pelle. Così si sfrutta il
propagarsi dei solitoni
Federico Mereta
a Tutti, purtroppo, abbiamo davanti agli occhi lo tsunami. Impressionanti masse d'acqua si spostano
travolgendo tutto ciò che incontrano sul loro cammino. A originare queste devastazioni, spinte da un sisma
sotto la superficie del mare, sono particolari onde che sembrano non perdere mai la loro energia meccanica.
Si chiamano solitoni per la loro caratteristica di crearsi e muoversi in autonomia, e sono veri e propri "vortici"
energetici dall'azione macroscopica distruttiva. Davanti all'immagine di una gigantesca onda anomala diventa
difficile pensare che proprio i solitoni, individuati nel 1834 dall'ingegnere John S. Russell durante
l'osservazione di una massa d'acqua mossa dal passaggio di una barca in un canale, possano rivelarsi
positivi per l'essere umano.
Eppure, passando dal macroscopico all'ultrapiccolo, pare proprio che queste onde, tanto diverse dai classici
cerchi a energia limitata che creiamo gettando un sasso in uno stagno, abbiano azioni inimmaginabili sulle
cellule dell'organismo. Se i mitocondri rappresentano la centrale energetica della cellula, le onde che
mantengono inalterata la propria energia meccanica potrebbero creare condizioni ideali per ristabilire il
benessere cellulare alterato. A provarlo sono gli studi di Thereson, giovane azienda di Vimercate, che ha
sviluppato uno strumento per la risonanza magnetica terapeutica, con l'obiettivo di favorire la guarigione delle
ulcere della pelle che si possono creare in chi soffre di diabete. Il sistema lavora attraverso un campo
magnetico pulsato a bassa intensità e bassa frequenza, che aiuta la formazione e la propagazione dei
solitoni, favorendo la replicazione cellulare. Esponendo le aree della pelle in cui si sono create le lesioni,
infatti, si possono attivare e accelerare i processi riparativi di cellule e tessuti.
L'applicazione dei campi elettromagnetici è del tutto indolore e può essere effettuata anche in presenza di
fasciature che proteggono le ulcere legate al diabete. «L'Università di Padova, e in particolare Barbara Zavan
e Rosario Rizzuto, direttore del dipartimento di scienze biomediche, rappresenta uno dei nostri partner per le
nostre ricerche "in vitro" sull'azione della risonanza magnetica terapeutica - spiega l'ingegnere Enrico Fermi,
technical e scientific manager di Thereson -. Il nostro impegno per lo sviluppo della tecnica procede su più
fronti: da un lato puntiamo a spiegare il meccanismo d'azione della tecnologia in questo ambito attraverso la
ricerca di base, dall'altro portiamo avanti studi clinici per valutare l'impatto terapeutico del dispositivo».
Sul fronte puramente speculativo, nel tentativo di spiegare con precise evidenze biofisiche l'attività del
trattamento che appare confermata da studi cellulari e da ricerche cliniche, la chiave pare vada trovata
proprio nei solitoni. A confermarlo è la definizione del principio di funzionamento biofisico della tecnologia,
che conferma il modello fisico-biologico di interazione tra campo elettromagnetico pulsato e il tessuto
dell'organismo umano, sviluppato in collaborazione con l'Istituto di fisica teorica Bogolyubov di Kiev. «In
pratica queste onde solitarie sarebbero responsabili dell'immagazzinamento e dello scambio dell'energia
cellulare, oltre che dei meccanismi di replicazione cellulare, necessari alla riparazione delle ferite - precisa
Fermi -. In particolare i solitoni potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel processo funzionale della
trascrizione del Dna cellulare: dopo l'apertura della doppia catena, l'enzima specializzato Rna polimerasi
effettua la copia del Dna, "viaggiando" lungo questa onda vibrazionale, che provvede anche alla chiusura
della catena stessa dopo il passaggio dell'enzima, così come avviene con una cerniera lampo. Grazie
all'azione dei solitoni, lo spostamento dell'Rna polimerasi avviene senza che si produca energia termica. Così
si preserva il patrimonio genetico cellulare da una possibile fonte di danno».
Passando dalla fisica alla biologia, questi effetti positivi che potrebbero coinvolgere anche la
microcircolazione si rilevano anche nei primi studi condotti da Barbara Zavan.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Medicina |Strumenti |Studi |
04/06/2014
Il Sole 24 Ore - Nova 24
Pag. 15
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Valutando in vitro gli effetti del trattamento su cellule di tessuto cutaneo sano e patologico, infatti, si osserva
un significativo incremento della proliferazione dei fibroblasti, le cellule di "sostegno", e di quelle della parete
endoteliale. Attività particolarmente incoraggianti si sono viste anche valutando l'azione della terapia su
campioni derivanti da biopsie prelevate in 20 pazienti con ulcere cutanee. Valutando attraverso analisi di
biologia molecolare e immunofluorescenza prima del trattamento e dopo 15 giorni l'azione sulle cellule si è
potuta rilevare infatti una rigenerazione dell'epitelio. «Sul fronte clinico è stato avviato nel 2012 uno studio
che ha preso in esame 157 pazienti e ha coinvolto gli ospedali Cisanello di Pisa, Cà Foncello di Treviso e la
casa di cura Pederzoli di Desenzano del Garda - conclude Fermi -. Al momento non sono ancora disponibili i
risultati definitivi dello studio, che ha valutato l'attività dello strumento in confronto a quella di un semplice
placebo (dispositivo simile che non emetteva alcuna stimolazione). Ma le sensazioni prima della
pubblicazione dei risultati sono sicuramente positive».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Onde per la pelle
Unità di controllo. Genera il segnale elettrico e include l'interfaccia paziente, display e comandi per un
semplice utilizzo. Nella foto sotto il dispositivo originale.
Diffusore local therapy. Emette campi magnetici pulsati per la terapia locale
Diffusore total body. Emette campi magnetici pulsati per il trattamento sistemico del paziente
04/06/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Stamina, è morta la piccola Rita, l'ira dei genitori
È il primo decesso di un paziente di Vannoni, il tribunale aveva imposto la terapia
ALESSANDRA ZINITI
MODICA. Rita è morta all'alba, nel lettino di casa, quando l'ultimatum del giudice di Ragusa che aveva
ordinato agli Spedali Civili di Brescia di riprendere il trattamento Stamina, era scaduto da 24 ore. «Cinque
giorni di tempo per lanciare una ricerca a tappeto fra Ordini dei medici, strutture sanitarie pubbliche ed enti di
ricerca e trovare camici bianchi disposti a praticare le infusioni secondo il metodo Stamina», aveva intimato il
27 maggio il giudice di Ragusa Gaetano Di Martino accogliendo l'istanza di Carmelo e Ausilia Lorefice,
genitori della bambina di due anni e mezzo colpita dal morbo di Niemann Pick che, dopo essere già stata
sottoposta a due infusioni secondo il metodo di Davide Vannoni, aspettava da novembre di poter ricevere la
terza dopo lo stop disposto prima dalla magistratura e poi dal rifiuto dei medici di Brescia ad eseguire le
ordinanze di diversi giudici che, da una parte all'altra dell'Italia, hanno disposto la ripresa delle cure sui
pazienti che le richiedevano. Diversamente dal pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo che
cinque giorni fa siè espressa contro il trattamento Stamina.
La piccola Rita è la prima dei 34 pazienti già in cura con il metodo Vannoni a non avercela fatta. «Tantissima
rabbia», è il sentimento espresso dai genitori.
«Ma questa storia non finisce qui - dice Carmelo Lorefice - perché non può e non deve passare in sordina.
Non intendo mollare una cosa nella quale ho creduto e per cui mi sono battuto e continuerò a farlo perché
altri non devono subire quello che stiamo passando noi». Dichiarazioni alle quali, da Brescia, i medici degli
Spedali Civili che si sono rifiutati di obbedire all'ordine del giudice hanno risposto esprimendo «profondo
dispiacere» per la morte di Rita precisando che «in ogni caso nessuno, neppure Stamina, ha mai affermato,
né potrebbe, che il trattamento in questione sia qualificabile come "salvavita"». «La mancata ripresa della
somministrazione del trattamento Stamina - scrivono i medici - è la conseguenza inevitabile della presa di
posizione degli operatori sanitari, anche di Stamina, che, in scienza e coscienza, hanno ritenuto di
sospendere la somministrazione del trattamento in attesa che l'apposito comitato di esperti nominato dal
Ministero della Salute, fornisca i necessari elementi tecnico-scientifico-sanitari finalizzati a stabilire l'efficacia
e la sicurezza per i pazienti». Ma il comitato insediato dal ministro Lorenzin non si è ancora neanche riunito.
Foto: LE FAMIGLIE Un'immagine di una manifestazione pro Stamina di familiari di malati. Gli Spedali Civili di
Brescia hanno espresso rammarico per il decesso della piccola Rita L.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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RAGUSA /LE INIEZIONI ERANO STATE SOSPESE. "MA NON FINISCE QUI, CONTINUEREMO A
BATTERCI"
04/06/2014
La Repubblica - Milano
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La giunta designa al vertice della centrale degli appalti un non lombardo: si occuperà anche di Infrastrutture
Un segnale in vista del vertice di maggioranza e della mozione di censura contro Mantovani
ALESSANDRA CORICA ANDREA MONTANARI
LA REGIONE rifà il look alla sanità lombarda e l'assessore alla Salute Mario Mantovani ridisegna le regole
sull'idoneità dei direttori sanitari e amministrativi di Asl e ospedali. La giunta regionale si è riunita ieri in seduta
straordinaria pur di dare un segnale in vista del vertice di maggioranza venerdì sulla riforma della sanità e
della mozione di censura del centrosinistra contro Mantovani che sarà discussa in Consiglio regionale
martedì. All'ordine del giorno, tra l'altro, la nomina del nuovo direttore generale di Arca, l'agenzia regionale
centrale acquisti destinata a gestire anche gli appalti sanitari, per poi trasformarsi in stazione unica appaltante
e occuparsi anche di quelli di Infrastrutture lombarde. A guidarla sarà, non a caso, un non lombardo: Luciano
Zanelli finora direttore dell'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone.
Il provvedimento sulle nomine è stato approvato su proposta di Mantovani, insieme con la titolare della
Famiglia Maria Cristina Cantù. Si basa sulla legge che è stata approvata dal Consiglio regionale a dicembre e
che ha recepito il decreto Balduzzi, fissando nuove regole per nominarei manager, con l'istituzione di una
commissione terza per valutare i curricula e redigere gli albi. Centrale la questione dei titoli di studio: d'ora in
poi i direttori amministrativi di asl e ospedali dovranno essere in possesso di una laurea di cinque anni, in
Legge o Economia. Prima bastava quella breve di tre anni.
Per tutti, limite d'età a 65 anni e almeno cinque anni di esperienza nei sette precedenti (prima erano dieci).
Per chi ha lavorato in aziende private (anche con sedi all'estero), la possibilità di partecipare sarà subordinata
al fatturato dell'ente, che dovrà essere di almeno 10 milioni l'anno.
I nuovi criteri entrano in vigore da subito: la redazione degli albi avverrà entro i prossimi sei mesi. Prevista
una "clausola di salvaguardia" per chi, tra i manager attuali, non possedesse i nuovi requisiti: verrà redatto un
elenco a parte, che permetterà ai dirigenti di continuare a esercitare fino alla scadenza del contratto. Per
poter poi ripresentare domanda, dovranno adeguarsi alle nuove regole (prendendo, per esempio, la laurea
magistrale se dovessero avere solo quella breve). Sui criteri per i direttori sanitari potrebbero però esserci
polemiche: nella delibera è stata inserita la possibilità di accedere alla carica anche per i "medici competenti",
specializzati in sicurezza sul lavoro. Questa clausola, che secondo i più sarebbe stata prevista per tutelare un
manager del varesotto vicino al Carroccio, è presente nella legge regionale ma non nel decreto Balduzzi:
proprio per questo, oltre a suscitare le proteste delle società scientifiche e dei medici igienisti (finora, i
principali "aspiranti" alla carica di direttore sanitario), è già costata nei mesi scorsi al Pirellone una reprimenda
del ministero della Salute. Adesso le proteste potrebbero riaccendersi. © RIPRODUZIONE RISERVATA I
REQUISITI Il provvedimento voluto da Mantovani (sotto nella foto) prevede che gli aspiranti manager siano
laureati in Legge o Economia
COSA CAMBIA L'ARCA La giunta ha scelto il nuovo direttore generale, che sarà Luciano Zanelli (foto in alto)
finora direttore dell'ospedale di Pordenone PER SAPERNE DI PIÙ www.regione.lombardia.it
Foto: IL PALAZZO Ieri giunta straordinaria in vista del vertice di maggioranza
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Sanità, nuove regole laurea magistrale per i top manager
04/06/2014
La Repubblica - Milano
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Niente certificati in ospedale"
Il sindacato Fimmg: "Da marzo dovrebbero attestare la malattia per i datori di lavoro e l'Inps, ma non lo fanno.
Così si creano disagi per i cittadini e per i medici"
(a. c.)
OSPEDALI inadempienti quando si tratta di stilare i certificati di malattia che i pazienti, dopo il ricovero,
devono presentare al datore di lavoroe all'Inps.A lanciare l'allarme è la Fimmg, la Federazione dei medici di
medicina generale, che ieri ha scritto al direttore generale della Salute Walter Bergamaschi e all'assessore
competente Mario Mantovani per denunciare il problema. Ossia: da marzo gli ospedali hanno l'obbligo di
emettere il certificato per il paziente, inviandolo direttamente all'Inps tramite il sistema informatico,o dando al
paziente la copia cartacea da presentare.
Il documento deve coprire sia i giorni di ricovero, sia quelli successivi alle dimissioni e durante i quali, in base
alla prognosi, il malato deve ancora riposare. Secondo il sindacato, che rappresenta i 7mila medici di famiglia
lombardi, a oggi però gli ospedali hanno assunto «un comportamento omissivo». Visto che tranne in rari casicome quelli del Niguarda e dell'ospedale di Tradate - nessuna struttura si sarebbe adeguata alle nuove
normative, e avrebbe adeguato i sistemi.
«Questa situazione comporta disagi peri cittadinie rischi peri medici, sia di famiglia che di continuità
assistenziale, che si trovanoa certificare su diagnosi fatte altrove - spiega Fiorenzo Corti, segretario regionale
della Fimmg - Il problema si pone soprattutto per i pazienti dimessi il venerdì pomeriggio: se l'ospedale non
provvede al certificato, il lavoratore non può aspettare il lunedì, ma deve trovare un medico che stili il
documento. Considerando che in Lombardia solo il 14 per cento dei medici di famiglia lavora il sabato
mattina, il paziente quasi sempre è costretto a rivolgersi alla guardia medica, ingolfando il servizio». Di qui, la
richiesta di intervento inviata alla Regione. «Non vogliamo fare polemica con i colleghi ospedalieri - dice Corti
- Noi vogliamo mettere sotto accusa invece la macchina amministrativa delle strutture sanitarie, che non sono
state in grado di adeguarsi alle nuove normative». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Fiorenzo Corti segretario Fimmg
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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L'ACCUSA DEI MEDICI DI FAMIGLIA
04/06/2014
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze & salute
Pag. 26
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Italia leader nella cura del diabete infantile Ma la prevenzione è ancora
insufficiente
DANIELE BANFI
Un'eccellenza della quale andare fieri: l'Italia è la migliore nazione al mondo nella cura del diabete in età
pediatrica. E' quanto emerge da uno studio presentato a Torino in occasione del Congresso «ISPEDiabete»,
organizzato dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica. Come spiega Ivana Rabbone
dell'Ospedale Santa Margherita di Torino, «prendendo in esame il dato dell'emoglobica glicata, un pa- rametro
che indica il controllo metabolico raggiunto dai pazienti e che è tanto migliore quanto più è basso il suo
valore, si evidenzia che il nostro Paese è quello che possiede i numeri migliori». Una prova indiretta della
bontà dei nostri centri. «Il dato - prosegue l'esperta - non deve però farci sedere sugli allori. Ciò su cui
dobbiamo concentrarci è la diagnosi precoce e il miglioramento del servizio delle emergenze in pronto
soccorso». In età prescolare il 70% dei bambini colpiti dalla malattia arriva in ospedale in che- toacidosi e
ipoglicemia, due complicanze pericolose, se non trattate tempestivamente. Non sempre, però, le strutture
possiedono le competenze necessarie. Un divario che si cercherà di colmare anche grazie alle imminenti
lineeguida elaborate durante il congresso. Intanto vietato abbassare la guardia. Andare ad urinare
frequentemente, stanchezza e sete continua sono campanelli d'allarme. «Chi vive a stretto contatto con i
bambini deve saper riconoscere immediatamente i sintomi. Prima si diagnostica e minori sono le
complicanze. Un esempio? Intervenendo tempestivamente, è possibile limitare il numero di cellule
pancreatiche danneggiate. Il risultato netto è un diabete più stabile e meglio gestibile».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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MEDICINA
04/06/2014
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze & salute
Pag. 26
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"I farmaci: come colpiranno i geni dei tumori"
STEFANO RIZZATO
Era una frontiera che fino a qualche anno fa sembrava vicinissima. Invece la ricerca di farmaci efficaci contro
il cancro è ancora in corso. «Ma l'entusiasmo che c'era alla fine degli Anni 90 sta tornando grazie alle nuove
conoscenze sul genoma dei tumori e sulla diagnosi precoce». A dirlo è Pier Giuseppe Pelicci, direttore del
dipartimento di oncologia sperimentale e condirettore scientifico dell'Ieo. Professore, a che punto è la ricerca
dei nuovi farmaci? «I farmaci molecolari, che agiscono come "proiettili magici", direttamente sulle molecole
cancerose, ci hanno permesso di fare grandi passi in avanti. Abbiamo avuto storie di successo, come l'acido
retinoico, il primo caso in assoluto di molecola efficace contro la leucemia promielocitica. Oppure l'ultimo
arrivato, il crizotinib, che funziona bene per alcuni tumori del polmone. Ma i molecolari sono farmaci specifici:
in qualche modo la loro virtù è parte del problema. Oggi ne abbiamo non più di 28 già approvati e curano
meno del 10% dei tumori». La strada è aumentare il numero di questi farmaci o il loro raggio d'azione?
«L'obiettivo è farne tanti. E l'entusiasmo rinasce perché sappiamo sempre più cose sulla complessità
genetica dei tumori. Ogni tipo di cancro presenta circa 100 geni mutati e ci sono grandi differenze tra un tipo
e l'altro. Se possiamo essere ottimisti è perché disponiamo anche di tecniche per sequenziare a basso costo
il genoma dei tumori. Possiamo rimapparli su base genetica e ampliare il grado di conoscenza. Ecco la strada
e il lavoro che stiamo facendo». C'è quindi una rivoluzione anche nel modo di concepire i farmaci?
«Assolutamente sì. Fino a 15 anni fa gli anti-tumorali si facevano testando uno o due milioni di composti
chimici, fino a trovarne uno che funzionasse. Una ricerca alla portata solo della grande industria. Oggi si parte
da una conoscenza profonda del "nemico", s'identifica il gene da colpire e si disegna il farmaco in modo
opportuno. In cantiere ce ne sono circa 500. E ora le aziende tendono ad associarsi ai laboratori: una
collaborazione che a volte incontra difficoltà nel trasferimento tecnologico e a volte si scontra con sistemi
poco efficienti e tempi lunghi. Ma la strada è aperta». Tra quelli che state seguendo allo Ieo, qual è il versante
più promettente? «Puntiamo su una fascia di farmaci che operano sull'epigenetica e come obiettivo hanno la
cromatina, la proteina che avvolge il Dna. Sono cure che prendono come "target" non i geni alterati del
tumore, ma la loro attività. Stiamo mettendo a punto due molecole davvero promettenti contro le leucemie e il
tumore del polmone». Oggi c'è da tenere conto an- che di ciò che sappiamo sulle staminali del cancro? «Sì, è
una delle grandi scoperte del nostro istituto. Fino a qualche anno fa immaginavamo un tumore fatto di cellule
uguali tra loro e con identica capacità di crescere. In realtà - e lo sappiamo da pochi anni - ci sono cellule
"madri", staminali che guidano la crescita del tumore, e cellule "figlie", che non influiscono. Le staminali sono
rare e difficili da colpire, ma è determinante farlo. Ridurre la dimensione di un tumore, come si fa con la
chemioterapia, è relativamente semplice. Non è facile invece evitare le recidive: per farlo bisogna disegnare
farmaci che siano non solo molecolari, ma adatti a colpire i geni che esprimono queste staminali». E c'è poi
un'altra grande sfida, la diagnosi precoce. «È il terzo, decisivo, versante. Identificare i tumori quando sono
piccolissimi significa poterli asportare chirurgicamente, senza complicazioni. Stiamo spingendo per la
diagnosi precoce tramite analisi del sangue, fatta sulla base dei microRna circolanti. Un nostro primo studio,
su migliaia di fumatori, ha mostrato che con questa tecnica si può individuare un tumore al polmone anni
prima. Potremmo passare dall'imaging, pur sofisticato, a un semplice prelievo: un test meno costoso e
invasivo, ma più sensibile». Pubblichiamo la seconda parte dell'indagine di «Tuttoscienze» sulle principali
conquiste e sulle promesse mancate della lotta al cancro in occasione dei primi 20 anni dell'Ieo, l'Istituto
europeo di oncologia di Milano. Dopo l'articolo della scorsa settimana di Umberto Veronesi, ecco due
interviste sugli scenari del prossimo futuro: Pier Giuseppe Pelicci spiega la ricerca dei farmaci di nuova
generazione, mentre Roberto Orecchia illustra i progressi delle tecnologie cliniche.
Pier Giuseppe Pelicci Oncologia RUOLO : È DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI ONCOLOGIA
SPERIMENTALE E CONDIRETTORE SCIENTIFICO DELL'IEO
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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ONCOLOGIA / MEDICINA
04/06/2014
La Stampa - Torino
Pag. 64
(diffusione:309253, tiratura:418328)
elisa barberis
Più merito e trasparenza, una formazione adeguata alle esigenze del sistema sanitario, sblocco del turn over
che consenta nuove assunzioni e una modifica delle modalità d'ingresso alla facoltà di Medicina e Chirurgia.
È questo che chiedono i giovani medici «senza futuro», che ieri hanno appeso i loro camici davanti al
Parlamento e all'ospedale Molinette per chiedere una svolta alla Sanità italiana. Tutti insieme
Mentre nello stesso momento, a Roma, era in corso la discussione del decreto «salva precari», il
Segretariato Italiano Giovani Medici ha chiamato a raccolta le nuove leve: neolaureati, specializzandi e
precari. Alle 12 hanno improvvisato una coreografia, poi, abbandonato il camice bianco a terra, si sono diretti
verso l'uscita con le valigie in mano. «È un gesto simbolico, ma per lavorare, molti sono davvero costretti a
emigrare - spiega Renata Gilli del Sigm -: l'Italia non rinunci a noi così facilmente».
Francesco Gallozzi, 26 anni, il curriculum l'ha già spedito in Svizzera: «Il primo tentativo di entrare a
Oftalmologia è andato male - racconta -. Siamo in attesa di sapere quando sarà il prossimo test, forse a
ottobre, ma ad oggi non si sa ancora nulla». Il punto più preoccupante sono però i numeri: «Ci saranno solo
3500 borse a fronte di una richiesta nazionale tripla, se non quadrupla - sottolinea Giandavide Ieropoli, 26,
che spera di entrare a Chirurgia plastica - Come potrà il servizio sanitario colmare questo disavanzo?». «È la
conseguenza della mancata programmazione - continua Paolo Becco, futuro oncologo -: forse si poteva
evitare anni fa e la situazione non può che peggiorare se si deciderà di eliminare il numero chiuso nelle
facoltà, inserendo solo uno sbarramento al secondo anno". Le richieste
Alla loro protesta si è unita quella di chi è già entrato in specialità: «Anche noi siamo in una sorta di limbo dice Marco Cerrano, 27, al primo anno di Ematologia -. Qualche mese fa hanno annunciato di voler ridurre gli
anni di formazione, da 5 a 4: una scelta poco comprensibile che per ora sembra essere caduta nel vuoto».
Così come le richieste degli studenti di Medicina Generale: secondo Alessandra Perillo, «ogni Regione
dovrebbe allinearsi agli standard europei. Troppo spesso, invece, la nostra preparazione non è adeguata e in
ospedale veniamo trattati ancora come tirocinanti universitari e non come dottori». Insomma, i tagli lineari
stanno dimostrando tutta la loro inefficienza e inefficacia. «Questa politica del personale non funziona, è
evidente - commenta Alessio Terzi di Cittadinanzattiva - e a farne le spese sono i malati». Un motivo in più
per far sentire la propria voce, conclude Gaia Deregibus di Medici Senza Bandiere: «Negli ospedali
universitari gli specializzandi sono una forza lavoro imprescindibile, ma ormai solo un aspirante medico su tre
riesce a trovare un impiego».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Camici in piazza "Noi, giovani medici senza un futuro"
04/06/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Fecondazione eterologa al via
Carla Massi
Da metà giugno sarà possibile accedere alla fecondazione eterologa nei centri di fecondazione assistita
italiani. Massi a pag. 21 Sono quasi cinquemila le coppie che in due mesi hanno chiesto di potersi sottoporre
alla fecondazione eterologa. Quella che, da quando il 9 giugno la Consulta ha cancellato il divieto previsto
dalla legge 40 del 2004, permette donazioni di gameti per avere un figlio. Da metà giugno, con la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza della Corte Costituzionale, queste coppie potranno
accedere a questo tipo di procreazione anche nei centri italiani, sia pubblici che privati. Si tornerà, dunque,
alle procedure che venivano seguite dieci anni fa. Come prima del varo della legge sarà lecita
l'ovodonazione, mentre qualsiasi uomo fertile potrà consegnare alla banca del seme il proprio liquido
seminale. Ovviamente in forma gratuita secondo le norme che regolano il sangue, gli organi e i tessuti. LE
POLEMICHE A pochi giorni dalla possibilità di eseguire la procreazione eterologa riscoppiano le polemiche
che avevano accompagnato il verdetto della Consulta. Parlano di «vuoto normativo» civilisti ed esperti di
diritto di famiglia che si sono incontrati ieri alla Camera organizzato da "Diritto mercato tecnologia". Dalle
relazioni è emerso che andranno, per esempio, disciplinati i contenuti degli esami di laboratorio richiesti per i
donatori. Si apriranno, secondo gli esperti, anche problematiche sui criteri selettivi di chi dona che dovranno
«comunque scongiurare forme di selezione a scopo eugenetico». Enrico Moscati dell'università di Roma Tre:
«Le questioni che potrebbero sorgere in futuro riguardano anche lo stato giuridico di colui che nasce da
fecondazione eterologa». Chiede un passaggio parlamentare Eugenia Roccella, vicepresidente della
commissione Affari sociali della Camera. «Servono regole certe, è impossibile tecnicamente partire se prima
non vengono definite norme certe e uguali per tutti». Chi ha sempre lottato per riformare la legge 40 e abolire
alcuni veti, come l'Associazione Coscioni, sostiene che tornando alla situazione prima del 2004 tornano
automaticamente le stesse regole. L'ANONIMATO «Nessun vuoto normativo - spiega l'avvocato Filomena
Gallo segretario dell'assoociazione - L'Itala ha recepito tutte le normative comunitarie per quanto riguarda la
fecondazione quindi le tutele sono assicurate. Le linee guida sono quelle internazionali per quanto riguarda
l'anonimato del donatore o la scelta da parte del medico che dovrebbe tenere conto delle caratteristiche di
razza dei pazienti. Se poi si vorranno introdurre nuove normative sarà il Parlamento a decidere. Ma, per il
momento, è possibile iniziare nei centri». Una polemica che si sovrappone alle serene dichiarazioni del
ministro della Salute Beatrice Lorenzin che parla di «nuova era sanitaria e giuridica». Assicura che il
ministero affronterà i diversi ambiti toccati dalla sentenza della Consulta. «La novità - aggiunge il ministro non coinvolge solo aspetti sanitari ma introduce cambiamenti importanti in un quadro giuridico più ampio,
riguardo alla filiazione e alla genitorialità». La battaglia dell'Associazione Coscioni dalla legge 40 si è spostata
sull'utilizzo degli embrioni a fini di ricerca scientifica: ha annunciato di essersi resa «colpevole» di un reato
«non ancora prescritto», quello di aver esportato all'estero due embrioni italiani da utilizzare nei laboratori.
Ma, parole del tesoriere Marco Cappato, «erano troppo deboli e non è stato possibile adoperarli». Le linee
guida
1Vietato scegliere Le persone che ricorrono alla fecondazione eterologa non possono scegliere in alcun
modo il donatore, né nel caso sia femmina né se maschio 2L'esame del medico Il medico che segue la
coppia terrà conto, prima di procedere alla fecondazione, delle caratteristiche della razza dei due pazienti
3Menopausa precoce Sono candidate a ricevere la ovodonazione tutte quelle coppie in cui le donne
presentano una condizione di menopausa precoce 4Pazienti oncologici Sono compresi tra i riceventi dei
gameti i pazienti oncologici che sottoponendosi a terapie anticancro hanno perso la capacità riproduttiva
Foto: IL MINISTRO Beatrice Lorenzin IL LABORATORIO Una biologa del Centro Mediterraneo per la
fecondazione assistita di Napoli
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Da metà giugno
04/06/2014
Il Messaggero - Roma
Pag. 42
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Le offese a Valentina il medico si scusa: «Sono stato frainteso»
La sorella della ragazza morta all'ospedale di Orbetello: «Le parole dell'anestesista mi hanno fatto molto
male» LA DIFESA IN UNA LETTERA ALLA FAMIGLIA COL: «SU TWITTER NON VOLEVO OFFENDERVI».
MA LA ASL DI GROSSETO VA AVANTI CON L'INDAGINE INTERNA
Lorenzo De Cicco
Chiede scusa con una lettera Giovanni Pasetti, il medico anestesista dell'ospedale di Orbetello che aveva
offeso su Twitter la sorella di Valentina Col, la 17enne di Montesacro morta ad agosto dell'anno scorso in
circostanze ancora da chiarire, nell'ospedale dove l'uomo lavora. Dopo lo scambio di battute sul social
network in cui il medico aveva attaccato la giovane e la sua famiglia, la Asl di Grosseto ha avviato
un'inchiesta interna. E forse proprio per questo l'uomo ha deciso di intervenire e, a distanza di quasi dieci
giorni dall'accaduto, di chiedere scusa: «Sono profondamente addolorato per la vicenda», scrive Pasetti nella
lettera indirizzata alla famiglia Col. TONI SBAGLIATI «Per principi etici e deontologici e per la posizione che
ricopro, in virtù della quale tengo quotidianamente i rapporti con i parenti dei ricoverati, non mi sarei mai
permesso di avere atteggiamenti offensivi nei confronti della famiglia e della memoria di Valentina Col». «Il
mio intervento su twitter è avvenuto in buona fede, non a titolo professionale, ma personale, nei toni e nei
modi che probabilmente i 140 caratteri concessi da twitter hanno reso fraintendibili. Sono disponibile a
ulteriori chiarimenti sull'increscioso equivoco». GLI INSULTI «Purtroppo su quelle frasi c'è poco da chiarire»,
dice oggi Martina. Ed è difficile darle torto. A lei che parlava del senso di «ingiustizia» per la morte della
sorella - facendo riferimento alla richiesta della procura di Grosseto di chiedere l'archiviazione per i 10 medici
indagati - l'antestetista replicava duramente: «Ma quale ingiustizia? Si potrebbe ripetere 20 volte il percorso.
VALENTINA MUORE SEMPRE», scritto tutto in maiuscolo. E poco dopo rincarava la dose: «Valentina è
morta, punto. AMEN». Quando la sorella di Valentina ha risposto «Ah capisco, sei un anestesista di
Orbetello!», il medico è passato agli insulti: «Capisci cosa? Scemetta piena di pregiudizi». E più avanti
aggiungeva: «Sentiamo un'altra scemenza, su». «Quelle parole mi hanno fatto molto male», dice oggi
Martina. «Non ho dormito per giorni. Accetto le scuse, ma dentro di me non riesco a scacciare un senso di
amarezza: anche perché non credo che questo anestesista sia stato l'unica persona insensibile nell'ospedale
dove è morta Valentina. Lo dice anche la relazione degli ispettori del ministero della Salute che hanno
indagato sulla morte di mia sorella». LA MAMMA Nel rapporto dell'inchiesta si legge infatti che durante il
ricovero di Valentina a Orbetello «non c'è stato ascolto e condivisione nei confronti della paziente», un
passaggio importante non solo ai fini dell'umanizzazione della cura, ma definito «fatto grave» in quanto si era
in presenza «di una paziente giovane, spaventata e giustamente ansiosa». «Le scuse sono un atto dovuto dice la mamma della ragazza, Francesca - Ora però vogliamo che le indagini vadano a fondo per sapere
perché Valentina è morta e se poteva essere stata salvata. Se ci sono state superficialità e negligenze, come
rilevato dal Ministero. Le relazioni degli ispettori ministeriali e del pm sono troppo diverse. Per provare a
superare questo dolore enorme abbiamo bisogno di sapere come sono andate davvero le cose». ©
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Foto: Valentina Col la ragazza romana morta all'ospedale di Orbetello
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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LA STORIA
04/06/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Il salvavita per il cuore si fa micro
«QUESTI APPARECCHI CONSENTONO ANCHE LA RISONANZA MAGNETICA» Achille Gaspardone
cardiologo del Sant'Eugenio
Marco Giovannelli
Il cuore degli italiani "regge". In dieci anni il rischio cardiovascolare si è ridotto del 6% negli uomini e del 15%
nelle donne ma colesterolo, peso, girovita e obesità sono in aumento. Questo vuol dire, ha spiegato l'Anmco
l'Associazione dei cardiologi ospedalieri che si sono riuniti a Firenze, che la situazione si deve alla
diminuzione della pressione e del numero dei fumatori. Il cuore, rispetto a dieci anni fa, è tenuto sotto
controllo. Ma ha comunque bisogno di aiuti su vari fronti, oltre quello farmacologico. Parliamo di defibrillatori
impiantabili, pacemaker senza fili grande come una pillola, di uno smartwatch che monitora il muscolo 24 ore
su 24 e di una "molletta" che corregge l'insufficienza mitralica. La risonanza magnetica total body non è più
"vietata" per i portatori di defibrillatore cardiaco. Qualche settimana fa, in una decina di ospedali, è stato
impiantato un nuovo apparecchio compatibile con i più moderni strumenti diagnostici. Fino ad ora i portatori di
defibrillatori potevano sottoporsi solo alla risonanza per testa e addome, non per il torace. L'INTERVENTO A
Roma, la nuova tecnologia è stata impiantata all'ospedale Sant'Eugenio. L'intervento è stato eseguito nella
divisione di Cardiologia diretta da Achille Gaspardone. Filippo Lamberti ha eseguito l'impianto del
defibrillatore, prodotto dalla Medtronic, a un paziente di 45 anni con scompenso cardiaco grave. Il dispositivo
impiantabile è un piccolo "salvavita" indicato per chi è a rischio morte improvvisa: produce scosse elettriche
che servono per trattare le aritmie potenzialmente fatali. Viene impiantato sottocute, appena sotto la clavicola,
con una breve operazione chirurgica. «Si stima che il 63% dei pazienti con defibrillatore cardiaco dovrà
sottoporsi, entro 10 anni dall'impianto, a un'indagine di risonanza magnetica, esame clinico diventato ormai
fondamentale per la corretta diagnosi di molte patologie spiega Gaspardone -. Rispetto ai precedenti
defibrillatori, la nuova tecnologia consente al paziente di sottoporsi alle indagini di risonanza magnetica». Il
nuovo defibrillatore non ha controindicazioni ma costa circa il 10% in più di quello tradizionale. L'impianto
dell'apparecchio, compresa la degenza e l'intervento chirurgico, prevede una spesa di poco meno di diecimila
euro, il 70% è rappresentato dall'apparecchio. L'indicazione principale per l'uso del moderno defibrillatore è
quindi per pazienti giovani che potrebbero avere nel tempo necessità di indagini diagnostiche. MITRACLIP A
Pisa è stato impiantato per la prima volta in Italia il più piccolo pacemaker senza fili al mondo che pesa due
grammi. Non ha bisogno di alcun filo inserito nelle vene ed è agganciato direttamente all'interno del cuore.
Una «molletta» è in grado di unire i lembi della valvola mitrale quando questa non funziona più correttamente:
si chiama "Mitraclip" e consente di correggere l'insufficienza mitralica attraverso un intervento mininvasivo.
Uno smartwatch firmato Microsoft, in arrivo sul mercato, misurerà il battito cardiaco di chi lo indossa giorno e
notte. Avrà una batteria con autonomia di due giorni. -15% è quanto si è ridotto in dieci anni il rischio di
malattie cardiovascolari per le donne: per gli uomini la diminuzione in percentuale è del 6% 63% dei pazienti
con defibrillatore cardiaco dovrà sottoporsi nei prossimi 10 anni a un'indagine di risonanza magnetica: questa
la stima dei cardiologi 10mila è il costo, in euro, dell'impianto del micro-defibrillatore compresi intervento
chirurgico e degenza: l'apparecchio costa il 10% in più di quello tradizionale
Foto: I piccoli dispositivi garantiscono i controlli 24 ore su 24
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Le nuove tecnologie: pacemaker senza fili defibrillatori impiantabili, mini "mollette" e smartwatch per i
monitoraggi periodici CARDIOLOGIA
04/06/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Scacco al tumore al polmone Con nuova molecola ridotta mortalità
Roma. Importante passo avanti della ricerca nella lotta contro il cancro al polmone: una nuova molecola
(l'afatinib) si è infatti dimostrata in grado di ridurre, per la prima volta, del 19% la mortalità tra i pazienti colpiti
da una particolare forma di cancro polmonare con mutazione del recettore Egfr. A dimostrarlo sono i due più
ampi studi condotti su pazienti colpiti da questa neoplasia (LUX-Lung 3 e LUXLung 6), presentati al
Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco). Si tratta della prima terapia, affermano gli
esperti, a dimostrare un beneficio significativo contro questo tipo di cancro al polmone. Nel 2013 nel nostro
Paese si sono registrate 38.000 nuove diagnosi, di cui circa il 30% nelle donne, e il fumo resta il principale
fattore di rischio per questa neoplasia. I medici si augurano che la molecola possa essere messa a
disposizione al più presto anche in Italia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Salute.
04/06/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
L'appello dei giuristi: servono regole certe, il legislatore intervenga La sentenza della Consulta sulla legge 40,
di cui si attendono le motivazioni, ha creato un vuoto di regole su un punto nevralgico, specie nello status
giuridico del nascituro. Un convegno a Montecitorio fa luce sui problemi che restano aperti
ANGELO PICARIELLO
La sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito la incostituzionalità del divieto di fecondazione
eterologa contenuto nella legge 40 rischia di dar vita a un vuoto legislativo, a una sorta di far west sanitario.
Giuristi e politici a confronto alla Camera. Alle prese con un ritardo nelle motivazioni e nella pubblicazioni
della sentenza di ben due mesi fa (dovrebbero arrivare il 9) che fa discutere. Si apre una «fase nuova»,
evocata nel messaggio inviato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin «che introduce cambiamenti
importanti nella filiazione e la genitorialità». E proprio di «quale diritto per i figli dell'eterologa» si occupa
questo incontro alla sala della Regina coordinato dal professor Alberto Maria Gambino, direttore scientifico
del pool giuridico "diritto mercato tecnologia". A tema - in uno spirito assolutamente laico, al di fuori di
schematismi di parte - le implicazioni che la sentenza potrà avere sul diritto di famiglia. Specie per i figli per
non creare disparità intollerabili nel non riuscire a ottenere informazioni concesse ad esempio ai figli adottivi o
a quelli nati nell'ambito di un matrimonio che conservano il diritto a conoscere il proprio padre biologico se
diverso da quello legittimo. Che cosa resta di una legge che, sia pur confermata dall'esito referendario, ha
subito «un rigetto dell'ordinamento» e un «effetto erosione?», si è chiesto Michele Sesta dell'università di
Bologna. Non il limite di tre alla produzione di embrioni, nemmeno - ora - il divieto - per l'eterologa. «Resta
comunque la soggettività dell'embrione che prescinde dalla portata della semplice legge, ma rileva per tutto
l'ordinamento». Mauro Orlandi, invece, civilista della Cattolica entra nel cuore dell'argomento, i figli. «Si può
disconoscere il loro diritto a conoscere la verità biologica o a disconoscere la paternità?». Un diritto, sostiene
anche Enrico Del Prato, civilista della Sapienza, «a conoscere la propria origine», che rileva anche sul piano
sanitario, specie nell'ambito della medicina preventiva. Per cui, «non si può lasciare la giurisprudenza senza
normativa». Diritti per i figli solo teorici, peraltro, alla luce dell'esperienza di tanti Stati. «In Germania - segnala
Enrico Moscati, di "Roma 3" - i dati del donatore nelle banche del seme vengono trattenuti per 30 anni, ma è
un'eccezione». Un ginepraio di cui c'è già traccia in alcune sentenze pilota, essendo l'eterologa già in vigore
in altri paesi ed essendo spuntati qua e là casi anche in Italia, esaminati da Stefania Stefanelli, dell'università
di Perugia, con giudici che hanno oscillato pericolosamente fra accuse di false attestazioni all'ufficiale di stato
civile e una giurisprudenza creativa avventuratasi nell'incognito giuridico. E mentre già sembrano buttare le
mani avanti le società di settore (Hera onlus di Catania e Sos infertilità di Milano) che provano già a mettere
nero su bianco criteri ancora nebulosi di autoregolamentazione, «a questo tavolo - si è chiesto Emanuele
Bilotti dell'Università Europea di Roma - manca un neuropsichiatra infantile, a parlarci del trauma che
dovranno affrontare questi bambini per quel rifiuto naturale che hanno dovuto subire». E si chiede: «Ma non è
proprio l'artificiosità di queste pratiche il male da rimuovere in una società fondata sull'uguaglianza?». A fine
incontro una sessione politica ha visto impegnati alcuni deputati della commissione Affari sociali, con
l'obiettivo, spiega Gregorio Gitti, (Per l'Italia) di «mettere all'attenzione del legislatore i figli». C'erano il
presidente Pierpaolo Vargiu, la vice Eugenia Roccella (Ncd), Paola Binetti (Udc) e Donata Lenzi (Pd).
«Inseriremo soggetti deboli in famiglie sempre più deboli, come dimostra il divorzio breve», dice Binetti. «Ora
un dibattito sereno in Parlamento è urgente», chiede Roccella.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Eterologa, si rischia il Far West
04/06/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 20
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Aperto il nuovo distretto sanitario di Jesolo in via Levantina
JESOLO - Nasce il nuovo distretto sanitario di Jesolo. Da ieri gli uffici e gli ambulatori ospitati in via Battisti a
Jesolo Paese sono operativi all'interno dell'area ospedaliera di via Levantina, nella palazzina ristrutturata che
un tempo ospitava il reparto di medicina. Al primo piano si trovano i servizi di Cure domiciliari, Assistenza
protesica, Consultorio familiare, Tutela dei minori, Sportello integrato, Servizio Età evolutiva e Servizio
disabilità. Le attività di anagrafe sanitaria e Cup verranno trasferite nei prossimi giorni all'interno
dell'ospedale, non appena verrà ultimata la realizzazione di un nuovo sportello per il pubblico. Nella sede di
via Battisti, resterà la guardia medica e i servizi del dipartimento di prevenzione. (g.bab.) © riproduzione
riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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SANITÀ
04/06/2014
QN - Il Giorno - Milano
Pag. 18
(diffusione:69063, tiratura:107480)
Al Niguarda 8 mesi d'attesa per un'ecografia all'addome
Giulia Bonezzi
- MILANO - UN SIGNORE che venerdì scorso è andato di persona a prenotare una risonanza magnetica al
ginocchio all'Istituto ortopedico Gaetano Pini si è sentito rispondere che, per effettuarla in regime di servizio
sanitario nazionale, avrebbe aspettato tre mesi: «C'è posto a fine agosto». Se lo stesso signore avesse
telefonato ieri al call center del centro unico di prenotazione regionale gli avrebbero detto che l'attesa per lo
stesso esame, nello stesso ospedale, è di 70 giorni. Se per tigna avesse voluto controllare i tempi d'attesa
dichiarati dall'ospedale sul sito internet dell'Asl di Milano avrebbe scoperto, con sommo stupore, che i giorni
erano 56. Comunque più dei 35 fissati come limite dalla Regione per questo esame; comunque fine luglio, un
mese in meno. FACCIA a faccia, al telefono, su internet: canale che scegli, risposta che trovi. Peccato che il
preventivo più favorevole sia anche il più datato: all'8 maggio, si scopre sul sito del Gaetano Pini. Niente di
speciale: i tempi d'attesa sul portale dell'Asl sono aggiornati dalle strutture accreditate che li certificano una
volta al mese. Così la stessa risonanza magnetica muscolo-scheletrica al San Paolo richiede, nello stesso
momento, 44 giorni per il sito e 30 per il call center. Tra l'altro la miglior prestazione in città, secondo il Cup
regionale: al Policlinico sono 55 giorni sul sito e quasi il doppio (cento) all'800.638.638, al San Carlo
Borromeo 36 giorni sul sito ma ben 128 al telefono. Ove il telefono è, in teoria, il più aggiornato. Proviamo a
prenotare un altro esame. Per un'ecografia completa dell'addome secondo il Cup, interpellato alle 15.30 ieri, il
primo posto disponibile è il 15 luglio: 42 giorni d'attesa, se si vuol restare a Milano. Anche se la privata
accreditata Clinica Città Studi la garantiva in 30 giorni sul sito dell'Asl. Al privato accreditato San Raffaele,
invece, ne servono 224 per trovare un buco libero; lo batte solo il pubblico Niguarda con 247 giorni, più di otto
mesi. Al San Paolo sono 65 giorni , 69 al Fatebenefratelli (ma 91 secondo il sito dell'ospedale, aggiornato al 7
maggio), 82 al San Carlo, 115 al Policlinico, il doppio dei 56 chiesti all'Istituto dei tumori. Un discorso a parte
lo meritano gli Istituti clinici di perfezionamento. Primo, hanno un sito che aggiorna quotidianamente i tempi
d'attesa dei loro ospedali e poliambulatori: per l'eco dell'addome completo ieri erano 102 giorni in primo
accesso al Buzzi, 124 in via Don Orione, 70 in via Rugabella, 109 in via Stromboli e ben 189 in viale Andrea
Doria. Che a sua volta, oltre a fregiarsi del titolo di poliambulatorio più grande della città, è anche l'unico a
Milano ad aderire all'«operazione ambulatori aperti» lanciata a maggio dal governatore Roberto Maroni, con
l'obiettivo di abbattere le liste d'attesa allungando gli orari di esami e visite la sera dei giorni feriali, il sabato e
la domenica. DELLE 14 strutture lombarde che partecipano alla sperimentazione fino al 31 luglio quella
milanese sono gli Icp. In questo modo: prelievi il sabato mattina anche all'ospedale di Sesto e (dalla prossima
settimana) al Bassini di Cinisello, oltre che in via Doria e al milanese Buzzi dove accadeva già. E soprattutto
una serie d'esami e terapie fino alle 22 e il sabato mattina in via Doria. Il debutto ieri sera, è già un assalto: in
cinque giorni, fanno sapere dagli Icp, le prenotazioni sono più che triplicate, dalle 397 del 22 maggio a 1229.
Più gettonate sono quelle delle donne: mammografie, ecografie osteriche, pap test. Le sedute di
chinesiterapia sono già piene fino al 21 luglio, le visite oculistiche stanno andando in esaurimento e
l'ospedale, che prevedeva di erogare 2.764 prestazioni extra nei due mesi di sperimentazione, ha già rivisto i
programmi, aumentando la capacità e aggiungendone di nuove per arrivare a 3.491. Purtroppo non c'è la
risonanza al ginocchio. Il signore di venerdì alla fine è riuscito a prenotarla per il 17 giugno. Ma dovrà andare
fino a Vimercate. Giulia Bonezzi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Esami, è caos prenotazioni Ospedale, Asl e centralino: stessi quesiti,
tempi diversi
04/06/2014
QN - Il Giorno - Milano
Pag. 19
(diffusione:69063, tiratura:107480)
Salute, Majorino affonda «Più poteri ai Comuni» Mantovani: irricevibile
- MILANO - L'IDEA è fare presto una «casa dei diritti della salute» a Milano, mutuata dalle strutture delineate
dai "saggi" che hanno dato alla Regione le linee per la riforma del sistema sanitario lombardo. «Stiamo
cercando una sede», spiega l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino. E LE ATTACCA la
proposta, ben più audace, dell'«auspicabile trasferimento all'area metropolitana di competenze in materia di
sanità, un'operazione che consentirebbe ai Comuni e, in questo caso, alla nostra città un maggiore e diretto
coinvolgimento nelle politiche per la salute e nelle scelte dei cittadini». Il suo appello a trovare «forme di
coinvolgimento più efficaci e stringenti» dei Comuni, specie quelli capofila di Città metropolitana come Milano,
nella sanità è subito bollato come «irricevibile» dall'assessore regionale alla Salute Mario Mantovani: «La
sanità non necessita certo di frammentazioni di competenze, che andrebbero solo a moltiplicare inutilmente
responsabilità, costi e luoghi decisionali, con evidenti ricadute negative sull'efficacia dell'intero sistema. E non
può certo diventare un terreno di scontro tra istituzioni. Mi sembra che Majorino sia ancora una volta alla
ricerca di visibilità». POLEMICHE a parte, a Milano si presentano le Giornate della salute, terza edizione.
Quattro giorni, fino al 7 giugno. Si parte oggi coi dieci anni del piano urbano per la salute mentale, ci saranno
testimonianze di operatori e pazienti. Domani al Muba della Besana si parla della costituenda "Carta dei diritti
della salute del bambino", e dei temi della prevenzione, degli stili di vita e dell'alimentazione. VENERDÌ la
giornata è dedicata alla donazione del sangue, sabato la conclusione con incontro sulle reti formali di
autoaiuto (per malattie, disagi e dipendenze) all'Arena Civica. Nel pomeriggio, al Castello Sforzesco, la
simulazione di un intervento d'emergenza da parte del personale di Areu-118 e i volontari del soccorso, con
mezzi e defibrillatori.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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LA RIFORMA «UNA SEDE PER LA CASA DEI DIRITTI»
04/06/2014
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 16
(diffusione:103223, tiratura:127026)
MONTALDO, AFFONDO CONTRO PAITA «NON PUÒ GUIDARE LA
LIGURIA»
«Fase così complessa e delicata, non ha né le capacità né le caratteristiche»
V. G.
AVANTI TUTTA su Erzelli, Gronda e Terzo valico. Ma per il resto: «Stop al cemento e sì ad interventi per la
messa in sicurezza del nostro, dissestato territorio». E poi: lotta alla povertà, valorizzazione del volontariato,
semplificazione della burocrazia, riorganizzazione della macchina regionale «per affrontare le sfide del
futuro», spinta all'occupazione, soprattutto giovanile, facendo leva sull'«economia delle idee». Obiettivi da
perseguire attraverso «un gioco di squadra» e dialogando con «le forze con cui abbiamo costruito dieci anni
di governo». Claudio Montaldo si presenta agli elettori. Anzi, presenta la sua bozza di programma per la
Liguria post Burlando: «Documento dice - aperto al contributo di tutti, dal basso». Lui, per adesso, non si
candida. Sebbene non «escluda di farlo». Una quasi-candidatura, insomma. Ma portata avanti con decisione
e puntando dritto al bersaglio: l'assessore alle Infrastrutture, Raffaella Paita. A lei (più che al secondo
candidato alle primarie, Alberto Villa, nelle vesti di outsider) Montaldo indirizza l'unica stoccata della sua
prima uscita pubblica, da quasi-candidato, ieri al Ducale: «Ho deciso - ha detto ieri il vicepresidente della
Regione e assessore alla Sanità a margine della convention da lui organizzata nella sala del Munizioniere - di
presentare questo programma elettorale perché le persone candidate sino ad oggi alle primarie del
centrosinistra per la presidenza della Regione non hanno né le capacità né le caratteristiche per guidare la
Liguria in questa fase così complessa e delicata». Prove di campagna elettorale. Andate in scena, ieri
pomeriggio al Ducale, davanti a circa duecento persone. Tanti medici, ovviamente. Logica conseguenza del
ruolo di responsabile della sanità ligure ricoperto da Montaldo nell'ultimo decennio. Ecco allora, schierati nelle
prime file, il presidente dell'Ordine dei medici di Genova, Enrico Bartolini, Beppe Giusti, direttore dell'Istituto
Baluardo ed ex dirigente generale della Asl 3, Ferdinando Cafiero, primario dell'Ist, Gian Cazzulo, già
direttore amministrativo del Galliera. E due stretti collaboratori di Montaldo: Franco Quaglia, numero uno
dell'Agenzia regionale per la sanità, e Francesco Bonanni, dirigente regionale del medesimo comparto, l'ex
deputato Udc e ginecologo, Claudio Gustavino. Tutti schierati con Montaldo senza se e senza ma? Difficile
dirlo. Anche perché la maggior parte dei presenti è stata invitata direttamente, a voce o per telefono, dal vicegovernatore. Impossibile rifiutare. Sicuramente non era tra i suoi supporter Nino Miceli, capogruppo del Pd in
Regione, paitiano e burlandiano di ferro, che ha preso nota di assenti e e presenti. C'erano, fuori dal campo
sanitario, anche l'ex sindaco Giuseppe Pericu, che ha pubblicamente elogiato al microfono la proposta di
Montaldo invocando «un ripensamento del ruolo delle Regioni», Giovanni Facco, ex assessore al Personale
in Comune, Silvio Ferrari, consigliere d'amministrazione del Carlo Felice, il costruttore Stefano Dellepiane e,
naturalmente, molti esponenti Pd. Tra cui: il segretario regionale, Giovanni Lunardon, il cui nome
puntualmente riaffiora nel toto-candidati per la presidenza della Regione, l'ex assessore Alfonso Pittaluga,
l'ex presidente di Amt, Bruno Sessarego, l'ex parlamentare, Graziano Mazzarello.
Foto: Claudio Montaldo parla davanti alla platea di Palazzo Ducale
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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IN DUECENTO AL DUCALE PER LA PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA DEL VICEPRESIDENTE
04/06/2014
Il Fatto Quotidiano
Pag. 3
(tiratura:100000)
LA BIMBA SICILIANA SOFFRIVA DEL MORBO DI NIEMANN PICK. LA CURA ERA STATA SOSPE SA
Andrea Giambartolomei
Rita è morta all ' alba nella sua casa di Modica. Aveva appena due anni e otto mesi e aspettava un ' iniezione
di cellule staminali per curare il morbo di Niemann Pick. I suoi genitori pensavano di aver trovato una cura,
quella della discussa Stamina Foundation di Davide Vannoni, e avevano trovato un giudice del Tribunale del
lavoro di Ragusa favorevole alla " terapia " promossa da Vannoni. Tuttavia - dopo i pareri del ministero della
Salute, l ' indagine del pm di Torino Raffaele Guariniello e la sentenza della Corte europea dei diritti dell '
uomo - nessun medico ha voluto rischiare e la bambina è deceduta. La piccola aveva già subito agli Spedali
civili di Brescia due infusioni di cellule staminali trattate secondo il metodo " Stamina " , ritenuto privo di basi
scientifiche, ma poi la cura era stata interrotta. Il 28 maggio scorso il giudice ragusano Gaetano Di Martino
con la sua ordinanza dava alla struttura lombarda " cinque giorni di tempo per lanciare una ricerca a tappeto
fra Ordini dei medici, strutture sanitarie pubbliche ed enti di ricerca e trovare camici bianchi disposti a
praticare le infusioni secondo il metodo Stamina " . TUTTAVIA A BRESCIA (dove cinque tra medici e dirigenti
sono indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla somministrazione di farmaci guasti e all
' abuso d ' ufficio nell ' ambito dell ' inchiesta del pm torinese Raffaele Guariniello) nessun dottore ha voluto
rischiare, soprattutto dopo la sentenza della Corte europea dei diritti umani per la quale " il valore scientifico
di questa terapia non è stato verificato " . Così i cinque giorni sono passati e ieri, al sesto, Rita è morta. Dall '
ospedale lombardo esprimono " pro fondo dispiacere per il decesso della piccola Rita " , ma precisano che "
la mancata ripresa della somministrazione del trattamento Stamina è stata, e rimane oggi la conseguenza
inevitabile della presa di posizione degli operatori sanitari, anche di Stamina, che in scienza e coscienza
hanno ritenuto di sospendere la somministrazione del trattamento Stamina " nell ' attesa di un parere medicoscientifico del comitato di esperti nominato dal Ministero della salute. L ' ospe dale aggiunge che " nessuno,
neppure Stamina, ha mai affermato, né potrebbe, che il trattamento in questione sia qualificabile come ' sal
vavita '" . Tuttavia la famiglia non si arrenderà alla morte di Rita e sosterrà la battaglia di Vannoni, pure lui
indagato da Guariniello e imputato per tentata truffa ai danni della Regione Piemonte. " Questa storia non
finisce qui - ha dichiarato all ' Ansa Carmelo Lorefice, padre della bambina - perché non può e non deve
passare in sordina. Non intendo mollare una cosa nella quale ho creduto e per cui mi sono battuto e
continuerò a farlo perché altri non devono subire quello che stiamo passando noi " .
Foto: L ' ospedale di Brescia
Foto: Ansa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Stamina Rita, fine nel dramma
04/06/2014
Le Scienze - N.550 - giugno 2014
Pag. 100
(diffusione:64640, tiratura:100005)
Se la bufala è dei camici bianchi
Tanti medici credono a un legame tra conservanti e decomposizione cadaverica
Paolo Attivissimo Giornalista informatico e studioso della disi
Provate a chiedere al vostro medico se i cadaveri di oggi non si decompongono più rapidamente come
qualche decennio fa a causa dei conservanti alimentari: probabilmente vi risponderà di sì, e lo Faranno anche
i non medici, citando spesso come fonte autorevole un amico medico. È una tesi molto diffusa non solo fra gli
appassionati di alimentazione sana, che la citano come prova del fatto che i cibi industriali sono contro
natura, ma anche fra coloro che si occupano professionalmente di medicina. Ci sono molte varianti sul tema:
a volte la colpa della tardiva decomposizione è attribuita alla formaldeide presente nell'ambiente e in alcuni
alimenti, mentre in altri casi l'anomalia è dovuta, si dice, all'uso intensivo di antibiotici derivante dai ricoveri
ospedalieri. In realtà nella letteratura speciaiistica non c'è alcuna indicazione significativa di variazioni nella
durata del processo di decomposizione delle salme rispetto al passato. Se ci fossero stati cambiamenti, i
manuali di medicina forense ne parlerebbero in dettaglio, dato che le trasformazioni subite dai cadaveri sono
essenziali per la determinazione del tempo trascorso dalla morte nelle indagini di polizia. Invece i testi
moderni di medicina legale e quelli meno recenti descrivono entrambi le stesse dinamiche e durate delie fasi
di questo processo e chiariscono che sono da sempre assai variabili: il fattore fondamentale è l'ambiente, in
particolare la sua temperatura e la sua umidità. La dieta è sostanzialmente irrilevante. In ambienti caldi e
secchi si può anche verificare una mummificazione del tutto naturale della salma, senza dover ricorrere a
ipotetici assorbimenti di conservanti alimentari o di altre sostanze artificiali per giustificarla. Inoltre l'idea non è
affatto figlia dei tempi moderni e delle tecnologie: ne parla addirittura William Shakespeare neìY Amieto. 11
protagonista chiede a un becchino quanto tempo occorre perché un cadavere marcisca, e la risposta è «ottonove anni», precisando che la salma di un conciatore dura di più («non meno di nove») perché «la sua
pelle... è così ben conciata dal mestiere che tien lontana l'acqua per un pezzo». Il successo di questo mito
nell'opinione pubblica è facilmente comprensibile. Tocca un argomento delicato e macabro, che ci coinvolge
emotivamente tutti in un modo o nell'altro, e lo associa a un'altra paura molto diffusa, quella delle sostanze
non «naturali» negli alimenti e nell'ambiente, combinandola con una denuncia della vita moderna, ritenuta
sterile e artificiale fino al momento in cui capita il mal di denti; allora anche il modernofobo implora aiuti
sintetici. Fornisce inoltre una spiegazione semplice e apparentemente logica di un fenomeno inquietante,
perché pare ovvio, al profano, che un conservante alimentare o una terapia antibiotica che elimini i batteri
promotori della decomposizione possa avere un effetto conservante su un cadavere. Ma come mai questa
tesi prospera anche fra i medici, che in teoria dovrebbero sapere come stanno davvero le cose?
Probabilmente perché molti di loro in realtà non si occupano professionalmente dei dettagli posi mortem (e
anzi fanno di tutto per evitare che i pazienti muoiano) e quindi in effetti su questo argomento sono fonti
autorevoli soltanto in apparenza. 1 veri esperti, in questo campo, sono per esempio i consulenti della polizia
scientifica. Questa vicenda è un ottimo esempio di come si può indagare ima diceria usando tre metodi
essenziali: verificare se il fenomeno asserito esiste, prima ancora di cercarne spiegazioni; chiedersi quali
conseguenze pratiche e verificabili ci sarebbero se fosse vera; e non cadere nella trappola classica di ritenere
esperio in un campo chi in realtà lo è in un settore affine ma distinto. MICHAEL PATRICK, CORBIS,
O'LEARY
Foto: Oggi come ieri. Nella letteratura specialistica non c'è alcuna prova del fatto che i conservanti alimentari
rallentino la decomposizione dei cadaveri rispetto al passato.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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Povera scienza
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Le Scienze - N.550 - giugno 2014
Pag. 30
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Insulina da cellule riprogrammate
Cellule adulte di una donna diabetica sono state trasformate in cellule insuliniche del pancreas
Enrico Properzi
In uno studio pubblicato su «Nature», un gruppo di ricercatori guidati da Dieter Egli, del New York Sterri Celi
Foundation Research Institule, ha ottenuto cellule in grado di produrre insulina partendo da cellule della pelle
di una giovane donna affetta da diabete di tipo I. Questa forma di diabete, nota anche come diabete
giovanile, è una patologia autoìmmune in cui il sistema immunitario attacca direttamente le cellule beta del
pancreas che sono le cellule deputate alla produzione di insulina. Nei pazienti diabetici le cellule beta non
sono più in grado di svolgere la propria funzione rendendo necessaria l'assunzione di insulina mediante
iniezioni. Gli scienziati hanno inizialmente utilizzato la tecnica di trasferimento nucleare di cellule somatiche
per creare una linea di cellule staminali embrionali pluripotenti, ovvero cellule potenzialmente capaci di
trasformarsi in qualsiasi altro tipo di cellule. La tecnica di trasferimento nucleare di cellule somatiche prevede
inizialmente la fecondazione di una cellula uovo e la conseguente formazione di un embrione. Quest'ultimo
viene successivamente privato del nucleo, che è sostituito con il nucleo di una cellula somatica, nel caso
specifico il nucleo di una cellula della pelle di una donna affetta da diabete giovanile. Le cellule staminali
embrionali pluripotenti ottenute in questo modo sono state indotte a differenziarsi in cellule beta pancreatiche
{nella foto) che, presentando lo stesso patrimonio genetico della paziente, potrebbero essere utilizzate in
terapie di sostituzione cellulare senza presentare il problema del rigetto. Egli e colleghi hanno osservato che
le cellule beta create in questo modo producono tanta insulina quanto quella prodotta dal pancreas di pazienti
sani e che. una volta trapiantate nei lopi, funzionano normalmente, producendo insulina in risposta a
glucosio. 1 risultati ottenuti da Egli e colleghi alimentano la speranza di realizzare un sogno lungamente
inseguito nell'ambito della ricerca sulle cellule staminali, ovvero curare i pazienti sofferenti di diverse malattie
altamente debilitanti (come per esempio il diabete o il morbo di Parkinson) usando le loro stesse cellule.
CAROLINA BIOLOGICAL VISUALS UNLIMITED CORBIS
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 04/06/2014
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BIOLOGIA / Scienza news / Ricerca, tecnologia e medicina dai laboratori di tutto il mondo
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Le Scienze - N.550 - giugno 2014
Pag. 43
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LA RIVOLUZIONE DELL' RNA
Considerato a lungo un semplice assistente dei processi cellulari, oggi l'RNA sta aprendo la strada per un
nuovo mondo di trattamenti medici
Christine Gorman e Dina Fine Maron
Considerato a lungo un semplice assistente dei processi cellulari, oggi l'RNA sta aprendo la strada per un
nuovo mondo di trattamenti medici partire dalla struttura della doppia elica del DNA del 1953, la storia della
biologia molecolare ha più personaggi di un romanzo russo. I biologi hanno identificato decine di migliaia di
molecole che organizzano e governano il caos all'interno delle cellule, e hanno sfruttato queste scoperte per
migliaia di farmaci e terapie. Per decenni i protagonisti sono arrivati da due ambiti: il DNA, o acido
deossiribonucleico, che agisce come un deposito quasi permanente dell'informazione genetica, e le proteine,
che fanno il lavoro pratico dei geni. Le scoperte relative alle proteine hanno portato a conquiste come
l'insulina di sintesi, l'interferone e una nuova generazione di farmaci antitumorali. Usando pezzi modificati di
DNA, la terapia genica ha dato risultati contro l'emofilia, la cecità ereditaria e altre malattie prima senza cura.
In questa marcia del progresso medico, però, è stato tralasciato l'RNA, o acido ribonucleico. Come il suo
fratello più celebre, l'RNA contiene informazione genetica, ma è dal punto di vista chimico meno stabile del
DNA, e spesso è degradato dagli enzimi nel turbolento ambiente del citoplasma. Gli scienziati sanno da
tempo che l'RNA è coinvolto praticamente in tutti i processi cellulari, ma per gran parte della rivoluzione
biomedica a questa molecola è stata assegnata una parte da spalla, all'ombra del DNA e delle proteine. Negli
anni cinquanta e sessanta l'RNA era considerato una sorta di molecola Cenerentola, che trasporta messaggi,
coordina le scorte e in generale tiene pulite le cellule, e questo modello è rimasto in piedi per decenni. Poi, la
notte del gran ballo è accaduto qualcosa di strano. Una serie di scoperte alla fine del XX secolo ha rivelato
nuove forme di RNA che non erano affatto umili servitoci. Al contrario, queste molecole di RNA esercitavano
uno stupefacente grado di controllo sui comportamenti del DNA e delle proteine, agendo su specifiche
molecole per aumentarne o diminuirne l'attività o addirittura per silenziarle. Manipolando l'RNA, gli scienziati
potrebbero sviluppare nuovi trattamenti per i tumori, malattie infettive e un vasto gruppo di malattie croniche.
Nell'ultimo decennio è iniziata la corsa per sfruttare queste nuove conoscenze. Il tasso delle scoperte è
accelerato, e decine di start-up sono nate per capitalizzare i nuovi risultati; ora alcuni trattamenti promettenti
sono in fase di decollo. Nel frattempo, un iniziale rigagnolo finanziario si è trasformato in un torrente di molti
miliardi di dollari. Tra le aziende più recenti, la statunitense Editas Medicine ha ricevuto 43 milioni di dollari
come venture capitai per il suo lancio a fine 2013: l'azienda si sta concentrando sulla tecnologia RNA più
«calda», la CR1SPR. Lo scorso gennaio un'azienda appena più vecchia, Alnylam Pharmaceuticals. fondata
nel 2002, ha ricevuto 700 milioni di dollari per finanziare, tra l'altro, lo sviluppo di farmaci a RNA per malattie
ematiche devastanti, disturbi del fegato e patologie immunitarie. ANNA PARINI
Gli organismi contengono tre tipi fondamentali di molecole complesse: DNA. RNA e proteine. Per decenni il
ruolo più attivo nelle cellule è stato assegnato a DNA e proteine; l'RNA era evidentemente importante, ma
aveva solo un ruolo di supporto. Una serie di scoperte alla fine del XX secolo ha rivelato molte forme di RNA
precedentemente ignote, che hanno un ruolo attivo di regolazione nelle cellule, determinando quali e quante
proteine vengono prodotte, e addirittura silenziando completamente alcuni geni. Queste scoperte hanno
permesso di sintetizzare nuovi farmaci sperimentali contro Datteri, virus, tumori e diverse malattie croniche,
che dovrebbero funzionare in modo più efficace e più preciso rispetto ai tarmaci attualmente disponibili.
I nuovi ruoli delPRNA La trama di base Svolte sorprendenti Alcuni tipi di RNA scoperti di recente possono
indirizzare specifiche proteine a bloccare certi processi cellulari, o a sìlenziarlì completamente. I ricercatori
stanno adattando questi meccanismi allo sviluppo di terapie nuove e più precise. Le cellule iniziano il
processo di produzione delle proteine copiando, o trascrivendo, il codice genetico del DNA in lunghe
sequenze complementari di RNA messaggero, mRNA. L'mRNA si sposta fuori dal nucleo, dove i ribosomi,
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IL FUTURO DELLA MEDICINA 2014
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composti in gran parte da DNA ribosomiale. o rRNA. traducono il messaggio in una molecola proteica.
assemblando specifici amminoacidi. Le cosiddette molecole di RNA di trasporto, o IRNA, trovano gli
amminoacidi e li mettono al loro posto. Da decenni conoscevamo le funzioni elementari dell'RNA nel
mantenimento delia cellula. Negli ultimi anni però sono state scoperte nuove forme di RNA con funzioni
sorprendenti che un giorno potrebbero portare a terapie più precise nel colpire il bersaglio.
Complesso prateico RNA Nel 2012 il cosiddetto sistema CRISPR si è conquistato una certa importanza come
strumento di ingegnerìa genetica. Si crea una sequenza guida fatta di mRNA complementare alla sequenza
genetica del DNA che si vuole modificare. Si attacca poi la sequenza guida a un complesso di proteine che
taglia in due il DNA. Il complesso RNA-proteine cerca il DNA bersaglio e lo blocp in modo permanente.
Piccoli frammenti di DNA correttivo possono essere inoltre aggiunti nello stesso sito. con un processo
separato.
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Colpire un microRNA nelle cellule del fegato potrebbe bloccare un killer silenzioso
Christine Gorman
I finanziamenti sono arrivali a ondale, dice Robert MacLeod, vicepresidente di ricerca oncologica ed
esplorativa di Isis Pharmaceuticals, che dalla sua fondazione nel 1989 ha ricevuto circa 3.8 miliardi di dollari.
Il loro prodotto di punta. Kynamro, ha ricevuto l'approvazione della statunitense Food and Drug
Administration nel 2013, ed è un farmaco a RNA per una malattia genetica rara che interferisce quasi
completamente con la capacità di gestire il coiesterolo, esponendo i malati a un rischio eccezionalmente alto
di attacco di cuore e di infarto. Come in ogni campo in rapida espansione, ci sono stati ostacoli e deviazioni
lungo la strada, e non tutti i risultati supereranno l'esame del tempo. Tuttavia i ricercatori sono molto eccitati,
come se avessero trovato un nuovo continente da esplorare, in cerca di nuove scoperte fondamentali. Attore
non protagonista È facile vedere perché la biologia molecolare ha assegnato il ruolo di protagonista al DNA o
alle proteine e non all'RNA. l.c subunhà principali del DNA - adenina, timina. citosina. guanina (A, T, C, G) sono un manuale di istruzioni fondamentali per far sviluppare più o meno ogni organismo. E una delle cose
più importanti scritte nel DNA sono le istruzioni per le proteine. Le proteine, per parte loro, forniscono la
struttura tridimensionale delle cellule, a cui permettono di fare tante cose: donano l'elasticità alla pelle e la
forza duratura al cuore. Inoltre accendono e spengono il DNA in risposta a stimoli ambientali, determinano
l'efficienza nel consumo degli zuccheri e regolano la capacità dei neuroni di trasmettersi i segnali. La
maggioranza dei Tarmaci attuali agisce manipolando le proteine, o bloccandone la funzione o alterandone la
quantità prodotta. Solo perché i farmaci agiscono sulle proteine non vuoi dire che gli scienziati siano in grado
di sviluppare farmaci per agire su tulle le proteine. I medicinali più comuni sono piccole molecole che
sopravvivono all'ingestione e all'ambiente acido dello stomaco. Una volta assorbite dall'apparato digestivo,
devono combinarsi con i siti attivi delle loro proteine-bersaglio, come una chiave in una serratura. Ma ci sono
gruppi di proteine per cui questo approccio tradizionale non funziona. Queste proteine seppelliscono i loro siti
attivi in fondo a piccolissimi canali, o addirittura non hanno un sito attivo, perché fanno parte dello scheletro
cellulare: questo le rende «inaccessibili ai farmaci». dice MacLeod. Questo è l'ostacolo da aggirare per cui
sono stati progettati i nuovi farmaci a RNA, anche se fino a poco fa non è stato cosi ovvio come farlo. Da
molto tempo sappiamo che l'RNA agisce come un importante mediatore, copiando o trascrivendo le istruzioni
del DNA in una sequenza complementare (per esempio accoppiando una G a ogni C. per esempio), e poi
traducendo questo codice nelle proteine tridimensionali. Il cosiddetto RNA messaggero (mRNA), generato nel
nucleo, arriva nel citoplasma, dove i ribosomi e l'RNA di trasporto (tRNA) collaborano per leggere il
messaggio e legare gli amminoacidi (composti che contengono azoto) in lunghe catene che diventano
proteine. Ma l'RNA può fare molto di più. Venticinque anni fa nessuno aveva nemmeno sentito parlare dei
virus dell'epatite C. Oggi e la principale causa di cancro al fegato e il primo motivo di trapianto di fegato.
Globalmente uccide circa 350.000 persone ogni anno; negli Stati Uniti muoiono più persone di epatite C che
di AIDS. L'infezione può essere curata, ancne se con effetti collaterali debilitanti. Il trattamento standard con
interferone e ribavirina causa febbre, mal di testa, debolezza, depressione e anemia. Questa terapia può
durare tino a 11 mesi, ed elimina l'infezione nel 50-70 per cento dei casi. La recente aggiunta di inibitori della
proteasi, una classe di tarmaci usata per la prima volta contro l'HIV. ha leggermente migliorato i tassi di
guarigione e ridotto i tempi di trattamento. Sfortunatamente i nuovi tarmaci funzionano solo contro il tipo di
epatite C più comune in Nord America, Europa e Giappone, e non sono efficaci allo stesso modo in ogni
parte del mondo. I farmaci a RNA potrebbero migliorare la prospettiva. Nel 2013 è stato dimostrato che
prendere di mira un particolare microRNA delle cellule del fegato con un farmaco sperimentale chiamato
miravirsen ha diminuito notevolmente la quantità di virus dell'epatite C in gran parte dei pazienti sottoposti al
trattamento: in alcuni casi il virus non era più nlevabile. Questo farmaco sperimentale consiste in una breve
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Una nuova arma contro l'epatite C
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sequenza di DNA le cui «lettere» sono esattamente complementari alle lettere dell'RNA del microRNA.
permettendo al farmaco di colpire l'obiettivo con precisione. II microRNA in questione, noto come miR-122. ha
un ruolo chiave nella produzione di motte proteine del fegato. Sembra che ne aumenti la produzione, invece
di ndurla come fanno molti altri microRNA. Una volta che il virus dell'epatite C riesce a entrare nella cellula si
attacca al miR-122, assicurandosi la produzione di molte copie virali. Bloccare miR-122 significa bloccare
anche la replicazione dei virus. L'effetto collaterale principale del miravirsen è un rossore sul sito
dell'iniezione, che poi scompare. Dato che il trattamento mira a qualcosa che e nelle cellule ospiti, invece di
colpire una delle proteine virali (come fanno invece gli inibitori delle proteasi). dovrebbe essere efficace
contro tutti i ceppi di epatite C. Lo studio, pubblicato sul «New England Journal of Medicine», era stato
progettato per durare solo quattro settimane, passate le quali l'infezione era ntomata in tutti i pazienti trattati,
ma ci sono buone ragioni per credere che un trattamento con miravirsen di maggiore durata si possa rivelare
più efficace. «L'idea è che se blocchi la replicazione virale abbastanza a lungo si possa curare la malattia»,
dice Harry L.A, Janssen, ricercatore del Toronto General Research Institute e coautore dello studio sul
miravirsen. Altri test sono in corso. E nata una s(e!la La base per il ruolo rivoluzionario dell'RNA è stata
gettata con l'identificazione dei primi microRNA, nel 1993. Questi brevi frammenti di RNA si attaccano alle
eliche dell'mRNA, impedendo ai ribosomi di continuare l'assemblaggio delle proteine {si veda il box a p. 45).
Le cellule sembrano usare i microRNA per coordinare i ritmi di produzione di molte proteine, in particolare
all'inizio dello sviluppo dell'organismo. Cinque anni più tardi è stata fatta un'altra importante scoperta,
dimostrando che diverse corte molecole di RNA silenziavano efficacemente la traduzione di un gene nella
proteina, tagliando l'mRNA. Questa pietra miliare ha fruttato un premio Nobel nel 2006. A questo punto tutti (e
non solo gli specialisti delFRNA) si sono mostrali interessati a usare la molecola prima messa in secondo
piano per influire sulla produzione delle proteine. Il disturbo dell'mRNA da parte di piccole molecole di RNA è
stato chiamato RNAi (interferenza da RNA o RNA interference), e queste molecole sono dette siRNA (small
interfering RNA). Nel frattempo un'ampia gamma di scienziati ha capito che era possibile attaccare le classi di
proteine inaccessibili ai farmaci spostandosi a monte, al livello dell'RNA nel processo di produzione delle
proteine. A oggi, oltre 200 studi sperimentali sui microRNA o sui siRNA sono stati registrati nella banca dati
governativa statunitense per la diagnosi e il trattamento di molte malattie, dall'autismo ai tumori della pelle.
Tra i trattamenti più promettenti ce né uno per il virus Eboia, un patogeno estremamente virulento che
secondo gli esperti potrebbe essere usato come arma di bioterrorismo, e contro l'epatite C, che causa
infezioni di lunga durata in circa ÌW milioni dì persone ed è un'importante causa di tumore al fegato {si veda il
box in queste pagine e quello a p. 48). Che cosa ci aspetta? Mentre i farmaci a microRNA o siRNA sono
avanti nella corsa verso la clinica. un'altra generazione di aspiranti stelle resta in attesa. Questi medicinali
potenziali lavorerebbero ancora più a monte, sulla molecola di DNA. Uno degli approcci si basa sulle
sequenze CR1SPR trovate nel DNA di molti organismi unicellulali, e definito da «Science» la «mania
CRISPR». L'altro, che si fonda su molecole note come lunghi RNA non codificanti (o lncRNA), affronta ancora
qualche scetticismo riguardo la sua utilità. CRISPR sta per Clustered Regularlv Interspaced Short
Palindromic Repeats (brevi ripetizioni palindrome raggnippate e separate a intervalli regolari): si tratta dì
regioni di DNA stranamente ripetitive, che sono state trovate nei batter! e negli archaea (organismi simili ai
batterii. Queste sequenze eccentriche, a loro volta, interagiscono con proteine dette Cas (CR1SPR«Ì"SOCIV»«/). CRISPR e le varie proteine Cas formano un sistema batterico di difesa contro i virus. Le
proteine hanno un compito: tagliare in due il DNA. Sono guidate verso specifiche regioni di DNA virale dalle
sequenze di RNA complementari. Uà dove arriva l'RNA? In una versione microscopia dei jujitsu, le cellule
prendono l'RNA dal virus invasore.
Almeno il 3O per cento
delle persone con epatite C non è curato dopo aver ricevuto il primo ciclo di trattamento standard