Intervista a Roberta De Monticelli

Transcript

Intervista a Roberta De Monticelli
Immaginario sociale
22.11.2006
Intervista a Roberta De Monticelli
di Caterina Caravaggi
la filosofia della persona, il sonnambulismo del cuore e quello della mente
Roberta De Monticelli ha presentato l'altra sera a Piacenza, nel quinto appuntamento della serie di
incontri intitolata “Le scritture. Autori e lettori”, il suo libro “Nulla appare invano ” (Baldini
Castoldi Dalai), piccola raccolta di spunti di riflessione filosofica ad uso di chi voglia fare della
propria vita una “vita pensata”. Nell'occasione, abbiamo rivolto alla filosofa alcune domande.
Lei è docente di “Filosofia della persona”. Che cosa significa?
«Si tratta di un insegnamento di concezione molto nuova. La facoltà di Filosofia nella quale
insegno, è inserita nell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che ha come facoltà
fondamentali Medicina, Psicologia, Biologia, Neurobiologia, vale a dire tutte le scienze naturali che
studiano la persona umana. La mia cattedra si propone di riempire una lacuna in questo studio, che
non è solo pratico e tecnico, ma che deve porsi anche la domanda fondante “Che cos'è l'uomo?”.
Il filosofo a questo punto apporta la sua competenza, che è all'incrocio fra le questioni di tipo
ontologico (che si interrogano sul modo di esistenza e di identità delle persone) e quelle di tipo etico
(che si interrogano sui criteri che decidono che cosa è persona, quando e come) ».
L'atmosfera che si respira nel suo libro e nel suo lavoro sembra rafforzare la convinzione che
la filosofia sia uno strumento che aiuta a vivere, o ad affrontare il male di vivere. E' così?
«Fin dai primordi la filosofia si è occupata di "pensare la vita", il che significa ritenere che
(soprattutto a partire dal metodo che io pratico, che è quello fenomenologico, in cui mi occupo di
ciò che si vede, di ciò che è dato anche alla nostra quotidianità) ogni fenomeno sia una porta per
esplorare una profondità che è di ordine propriamente cognitivo. Noi, cioè, cerchiamo verità di cui
non si occupano le scienze cognitive, per cui possiamo affermare che la filosofia in questo senso
non ha soltanto una funzione pratica, quella di aiutarci a vivere, ma ha la funzione di aiutarci a
capire e a conoscere meglio cosa siamo, chi siamo, cosa vogliamo e che cosa ci sta a cuore».
Nel suo libro lei afferma che noi siamo tutti sonnambuli, che il nostro sentire dorme per la
maggior parte del tempo, impedendoci di accorgerci delle cose che succedono intorno a noi.
Che cosa o chi può risvegliarci da questo sonnambulismo?
«Questa è, appunto, una delle sfide della filosofia. La maggior parte di noi vive una condizione di
sonnambulismo della mente e del cuore senza neppure accorgersene, senza porsi la questione di
come mai in alcuni momenti abbiamo invece la sensazione di non aver vissuto, di non aver veduto,
di non aver capito, di non aver udito, eccetera. Ci si può risvegliare chiedendosi solo, prima, da cosa
dipende questo sonnambulismo. Per quanto riguarda il "sonnambulismo del cuore", io penso che
quella sorta di anestesia affettiva nella quale viviamo la maggior parte dei nostri giorni dipenda da
alcune grandi forze di autoprotezione che ci inducono a fuggire tutto quello che potrebbe essere
doloroso mettere in questione. Per quanto invece riguarda il "sonnambulismo della mente", noi
viviamo senza renderci conto che anche il più piccolo pezzetto di realtà ha una profondità infinita,
perché se è reale è, come ogni cosa reale, una fonte infinita di informazioni. Ci siamo abituati a
lasciare alle scienze e agli specialismi l'onere della ricerca, e questo è sbagliato, perché le scienze
per andare a fondo nel loro campo devono spezzettare il reale e quindi alla fine manca quel tipo di
1
Immaginario sociale
22.11.2006
conoscenza del concreto che, paradossalmente, resta al filosofo da produrre. Tutti credono che la
filosofia si occupi di astratti, mentre in realtà si occupa di cose concrete, perché è lo scienziato che
ritagliando astrae e il filosofo riporta le cose ritagliate ai loro interi di appartenenza. Ecco, io penso
che dovremmo imparare a cercare verità e a ritenerci di nuovo teorici come una volta».
2