Processi produttivi: quando la scorta è ottimale

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Processi produttivi: quando la scorta è ottimale
Management
Gestire
le scorte
g Giovanni Sailis
Processi produttivi
Quando la scorta
è ottimale
Tutte le aziende
manifatturiere hanno
acquisito forte sensibilità al
problema delle scorte. Quali
sono i problemi che generano
eccedenza di scorta nei
magazzini di reparto, quale il
processo e quali i criteri che
la contengono?
P
er molte PMI, gravate da pesante
indebitamento, generato da scarsa disponibilità di capitale proprio,
gestire con efficienza le scorte
equivale a un risultato positivo.
Come dunque le scorte incidono sui risultati
dell’azienda?
Una prima relazione la si individua fra livello
delle scorte e capitale circolante necessario
per sostenere l’attività corrente dell’impresa.
In pratica, la sommatoria del periodo di copertura delle scorte totali (materiali, semilavo-
rati e prodotti finiti), con l’aggiunta della differenza dei termini di pagamento presenti nel
mercato dell’offerta e della domanda, individua il ciclo monetario tipico dell’impresa e la
necessità del suo finanziamento(1).
Altra relazione esiste fra il valore delle scorte
utilizzate per supportare l’attività corrente e il
conseguente effetto sulla rotazione del capitale investito che incide sul ritorno dell’investimento della gestione caratteristica (ROI)(2).
E ancora la riduzione della quota di profitto
decurtata dai costi finanziari generati dall’indebitamento a copertura del fabbisogno di
scorte.
Ai fattori finanziari si aggiunga l’inefficienza
operativa generata da scorte elevate che si
trasforma concretamente in occupazione di
spazio, successivo fabbisogno di spazio,
movimentazione ridondante, ricerca del materiale, obsolescenza e aumento del lead time di consegna(3).
La filosofia produttiva JIT(Just In Time) ha dimostrato nella sua attuazione pratica che il livello delle scorte, a parità di altre condizioni,
è un forte indicatore del grado di efficienza
delle attività operative dell’impresa; nell’azienda gestita con logiche JIT al miglioramento delle prestazioni qualitative, logistiche
e di processo corrisponde equivalente riduzione delle scorte.
Nelle aziende manifatturiere sono presenti diverse categorie di scorte denominate secondo le diverse funzioni che svolgono: troveremo così scorte di materiale di consumo, materiali di manutenzione, materie prime e componenti, semilavorati, prodotti finiti e ricambi.
Fra le diverse tipologie di scorta i semilavorati o work in process (WIP) sono caratterizzati
da regole di gestione che dipendono dalla
particolarità del processo di fabbricazione,
dai suoi livelli di frazionamento e dal lotto di
lavorazione.
L’obiettivo di riduzione delle scorte e
del tempo di consegna ha spinto molte
imprese a convertire gli impianti, il
layout e l’handling dei materiali e
realizzare produzioni di tipo ripetitivo.
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La relazione fra sistema
produttivo e scorte di processo
Prima di ogni ulteriore approfondimento conviene definire le modalità o caratteristiche del
processo produttivo mediante le quali si realizzano i beni nelle aziende manifatturiere. In
genere, i fattori determinanti utilizzati per differenziare il modello produttivo sono il volume
prodotto e la varietà/flessibilità consentita dal
processo di produzione.
Dati i determinanti possiamo, utilizzando la terminologia di Schonberger(4), distinguere i sistemi produttivi fra produzioni a progetto, job
shop, batch, produzione ripetitiva e produzione
in continuo; nello specifico i problemi di generazione di scorte wip sono presenti, se pur con
differenti caratteristiche, nei processi job, batch
e ripetitivo che trovano un comune denominatore nella produzione a quantità discrete.
Escludiamo quindi la produzione a “progetto”
in quanto tratta opere uniche e di grandi dimensioni e la produzione in continuo caratterizzata da impianti in cui il prodotto” fluisce”
senza scorte intermedie sino alla conversione
finale.
Scorte wip sono naturalmente presenti anche
in aziende con soluzioni produttive “ibride” che
si qualificano per la presenza simultanea di diversi sistemi di trasformazione del prodotto.
Scorte di semilavorati e tempi di consegna
generalmente decrescono passando dai sistemi tipicamente per lotti (job e batch) al sistema di produzione ripetitivo, caratterizzato
da un processo a flusso di materiale in quantità discrete.
L’obiettivo di riduzione delle scorte e del tempo di consegna ha spinto molte imprese a
convertire gli impianti, il layout e l’handling dei
materiali e realizzare produzioni di tipo ripetitivo. Il sistema ripetitivo permette una forte focalizzazione degli impianti e del personale sulla specificità della famiglia prodotto e genera
superiore qualità, efficienza produttiva, scorte
e tempi di consegna al cliente contenuti.
La domanda di varietà che il consumatore
esprime è stata affrontata nell’ambito della
produzione ripetitiva con parziale successo
con il modello di produzione Toyota (TPS) e le
derivate tecniche LEAN; Christopher(5) ha evidenziato un contrasto fra l’ambiente produttivo in cui si sono sviluppate le tecniche JIT e
LEAN e ambiti produttivi dove è norma la forte incertezza della domanda e alti livelli di varietà. In simili ambienti la risposta produttiva,
pur perseguendo dove possibile la ricerca
dell’efficienza con applicazioni LEAN, dovrebbe premiare scelte fondate sull’agilità operativa e la ricerca dell’efficacia intesa come capacità di risposta a un mercato frammentato.
L’obiettivo competitivo degli specialisti dei
processi è la produzione della varietà con costi di scala della produzione continua per
grandi volumi e compatibilità con i tempi di risposta richiesti dal mercato.
Relazione fra scorte di processo
e lead time di consegna
Il termine di consegna di un prodotto o ciclo
dell’ordine è l’intervallo di tempo che intercorre fra la ricezione dell’ordine e la sua consegna al cliente. Questo intervallo, per le aziende che producono su ordine (make-to-order,
MTO), è dato da un definito set di fasi che in
genere comprendono:
il tempo di processazione dell’ordine
(order processing time)
+
il tempo di programmazione dell’ordine
+
il tempo d’attraversamento in produzione
(throughput time, TT)
+
il tempo di spedizione
È evidente che le aziende che consegnano
dal pronto, o aziende make-to-stock (MTS),
attivano solo la prima e l’ultima fase del ciclo.
Nell’ambito delle aziende MTO il tempo di attraversamento in produzione (TT) è generalmente la fase del ciclo d’ordine più lunga e
complessa da gestire; il prodotto è realizzato
per specializzazioni successive, transita per
diversi reparti o impianti, attende in coda, subisce controlli e ripianificazioni. Il controllo e la
riduzione del TT diviene pertanto un obiettivo
fondamentale per i sistemi di controllo della
produzione e un indicatore di efficacia ed efficienza logistico-produttiva dell’azienda.
Prima di esaminare le componenti elementari
del TT è utile segnalare che in numerose
aziende il tempo impiegato per le rimanenti
fasi del ciclo d’ordine non trova riscontro nella
creazione di valore dell’attività eseguita. è abbastanza comune trovare tempi di processazione dell’ordine di alcuni giorni; un tempo eccessivamente lungo e “sprecato” per la registrazione dell’ordine, il controllo del prezzo e
del fido cliente(6).
A sua volta il TT può essere composto da più
“operazioni”, definite dal ciclo di lavorazione;
l’insieme delle operazioni necessarie per realizzare il prodotto descrive il processo di lavorazione e ogni operazione può essere a sua
volta scomposta in attività elementari che così si susseguono:
• attrezzaggio o set up dell’impianto;
• trasporto;
• attesa;
• lavorazione;
• controllo;
• trasporto.
Nelle aziende che lavorano con processi job e
batch, l’attività di lavorazione vera e propria,
ciò che crea valore per l’azienda, può giustificare dal 10 al 20% del TT. Il restante tempo è
speso soprattutto nelle fasi d’attesa. Il prodot-
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le scorte
to rimane in coda fra i diversi impianti, nell’attesa che si esegua la successiva operazione(7).
L’attività di riduzione del tempo di attesa nelle
fabbriche che producono con processi job e
batch incontra un ostacolo che potremmo
definire “ideologico”, perché i responsabili di
reparto, addestrati al verbo della produttività e
della saturazione delle macchine, privilegiano
“l’efficienza locale” delle operazioni a scapito
della velocità del processo e quindi della riduzione del TT.
Processo e operazione, in quest’ottica, divengono attività fra loro in contrasto, si dimentica, pressati dall’esigenza di minimizzare
i costi di lavorazione, di cercare un compromesso fra efficienza delle operazioni e velocità di processo e, soprattutto, si tralascia la
necessità di lavorare sulle cause che richiedono lotti di grande entità o anticipo di lavorazioni pur di saturare l’impianto.
Il risultato è evidente: grandi lotti aspettano in
coda, saturazione delle aree di officina, ritardi
di consegna, frequenti ripriorizzazioni degli ordini, carente livello di servizio al cliente e, al
contrario di ciò che si vorrebbe evitare, alti costi operativi.
Schonberger ha sottolineato l’esigenza che il
lavoro “deve scorrere,…. che i costi sono come la polvere e si depositano su tutto ciò che
è fermo,…che solo i processi rapidi non danno il tempo ai costi di lievitare”(8).
Differenti categorie di scorte
nel processo
Una prima distinzione delle scorte nel processo è quella derivante da scorte intraoperazionali (buffer) e scorte per scelte di disaccoppiamento del processo.
La generazione di buffer fra le diverse fasi di
lavorazione è un fenomeno implicito alla divisione del lavoro dei processi industriali (mac-
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La misura dell’indice di rotazione delle scorte, il livello di copertura o la percentuale di scorte sul fatturato sono
i diversi metodi che le imprese utilizzano per la misura dell’eccellenza della gestione.
chine o linee di montaggio); il volume delle
scorte presenti nel buffer dipende dalle condizioni di funzionamento del processo e può
essere influenzato dalle politiche gestionali del
decisore.
In condizioni di normale funzionamento l’entità del buffer fra due operazioni, e in conseguenza il tempo d’attesa e di attraversamento, è definito dal numero e dalla dimensione
dei lotti nell’attesa di essere processati.
Altre cause possono alterare e aumentare la
dimensione del buffer che si costituisce nei
reparti e nei magazzini fra i reparti:
– buffer generati da inaffidabilità dell’alimentazione (costituzione di scorte di sicurezza fra le
operazioni);
– buffer generati da accumuli dovuti a sbilanciamento delle operazioni (esistenza nel processo di operazioni colli di bottiglia);
– buffer generati da risequenziamento dei lotti
in lavorazione (per sollecito del cliente o per
caratteristica dell’impianto a valle).
Gli interventi di riduzione o rimozione delle
cause sono implicite all’origine del fenomeno.
Le scorte di disaccoppiamento sono in genere dovute a due cause:
– la possibilità che un semilavorato possa
realizzare più prodotti finiti favorisce la creazione di scorte nell’attesa di definizione della
variante richiesta dal cliente; progettare semilavorati con alto indice di comunanza permette di realizzare il posponement produttivo e la
realizzazione del prodotto finito in tiro con la
richiesta del cliente;
– per difformità della quantità di lotto fra le di-
verse fasi del processo. Il semilavorato a
monte è fabbricato in lotti di grande dimensione a causa dell’elevato costo di set up dell’impianto produttivo.
A differenza delle scorte buffer le scorte di disaccoppiamento sono scorte virtuose generate da politiche di riduzione dei costi di immobilizzo o di prodotto e riducono, nel primo caso, i rischi di obsolescenza del prodotto finito.
Le scorte generate da politiche di posponement hanno l’ulteriore caratteristica di ridurre
il ciclo dell’ordine cliente, riducendo il tempo
di attraversamento (TT) alla trasformazione
del semilavorato ad alta comunanza in prodotto finito.
Inoltre, nel caso di posponement produttivo si
può calcolare una riduzione delle scorte in ragione della radice del numero dei prodotti finiti ottenibili dal semilavorato a scorta(9).
Le determinanti della dimensione
delle scorte nel processo
Abbiamo visto che il tempo di consegna del
prodotto finito o ciclo d’ordine è in larga parte definito dal tempo di attraversamento in
produzione (TT), e che in molti casi il 90%
del TT è speso in attesa fra le diverse fasi di
lavorazione.
L’entità del tempo di attesa dipende dalla dimensione del buffer che si è costituito fra le
diverse operazioni.
Possiamo affermare che esistono due tipi
d’attese:
– l’attesa da lotto dovuta alla trasformazione
dei pezzi che costituiscono il lotto;
Il livello delle scorte, a parità
di altre condizioni, è un forte
indicatore del grado di
efficienza delle attività
operative dell’impresa.
– l’attesa da processo quando un intero lotto
attende fra due operazioni.
L’obiettivo di riduzione del tempo d’attesa dipende dalla capacità di ridurre la dimensione
e il numero di lotti in lavorazione, dalla possibilità di ridurre il frazionamento produttivo e
realizzare il bilanciamento della linea, eliminando i colli di bottiglia che distorcono l’efficienza del flusso.
Le celle di lavorazione con avanzamenti quasi
unitari introdotti dalle politiche LEAN realizzano la drastica riduzione dei tempi di attesa e
di conseguenza la riduzione del TT.
La stabile riduzione del lead time di consegna
al cliente è un obiettivo che si consegue operando secondo i paradigmi “snello e agile”
applicati alla capacità di risposta produttiva e
comprende avanzamenti one peace flow, cadenza produttiva costante, ma anche flessibilità impiantistica e avanzamenti zero difetti.
I criteri per la gestione
delle scorte e del lead time
I metodi LEAN applicati ai sistemi produttivi
hanno introdotto nuovi criteri gestionali e relativa nomenclatura. A monte di tali criteri si dà
per scontata la conoscenza di alcuni fattori
determinanti per il corretto funzionamento dei
processi produttivi. Tali determinanti sono così generalizzabili che possiamo definirli dei veri principi chiave per il controllo e l’efficienza
dei processi.
Nel novero dei cosiddetti principi possiamo
elencare:
– dare prevalenza alla velocità di flusso del
processo rispetto alla ricerca di ottimizzazione delle singole operazioni; processi veloci
generano scorte e costi di immobilizzo ridotti,
riduzione dello spazio occupato, facilità di
programmazione e, soprattutto, concordanza
con la domanda del mercato;
– introdurre ogni qual volta possibile la “canalizzazione” del processo; per canalizzazione
intendiamo la trasformazione del layout di
produzione da job shop a flow shop e la specializzazione della linea per prodotto o cliente;
– ricercare una costante azione di riduzione
della dimensione del lotto operando sui tempi/costi di set up (ricerca dell’obiettivo teorico
del lotto unitario) per ridurre le attese da lotto
e i costi di immobilizzo;
– favorire l’introduzione di metodi di controllo
input/output per controllare numero e volume
dei lotti in lavorazione e ridurre i tempi di attesa da processo;
– curare il bilanciamento delle operazioni e intervenire per rimuovere le operazioni collo di
bottiglia che segnano il “passo“ a tutto il processo;
– controllare e pianificare l’alimentazione dei
componenti secondari della linea per evitare
fermate anche in presenza di alte scorte di
semilavorato;
– definire il livello di saturazione ottimale delle
risorse critiche; oltre certi livelli di saturazione
(90/95%) aumenti anche di pochi punti percentuali generano elevati aumenti del TT(10);
– ridurre il “bucket” di programmazione e di
conseguenza la quantità di lavoro rilasciata
(pitch)(11); decrementare in via sperimentale
l’intervallo temporale di gestione della produzione per ottenere la riduzione del tempo
d’attesa da processo, stretto controllo dell’avanzamento e possibilità di azioni correttive
immediate;
– definire il livello obiettivo di wip occorrente
fra le operazioni e controllarne periodicamente lo scostamento; la mancanza di una soglia
di riferimento crea distorsioni al sistema e incertezza nelle decisioni di riallineamento;
– adeguare la frequenza di fornitura – consumo dei materiali che alimentano la linea; al
consumo di natura continua deve corrispondere un sistema di fornitura di uguale frequenza;
– controllare giornalmente, o meglio a ogni
pitch, l’output del sistema e intervenire in caso di disallineamento; il controllo input - output deve essere utilizzato per mantenere in
equilibrio i volumi gestiti dal sistema;
– trasformare solo i prodotti necessari: sembra un suggerimento banale, ma difficile da
perseguire perché collide con la mentalità
d’officina che richiede “ … che tutte le macchine funzionino…”.
Oltre ai principi ricordati è bene sottolineare
quanto posto in risalto dalla teoria dei vincoli(12) sull’uso delle risorse critiche, definito dall’enunciato: “…un’ora persa da un’operazione collo di bottiglia è un’ora persa per tutto il
processo…” e quindi per l’ouput del sistema.
Indicatori per la misura
delle prestazioni del sistema
La pratica JIT ha reso visibile il fatto che il volume delle scorte utilizzate nella gestione, a
parità delle condizioni operative di mercato e
di investimento, è un forte indicatore dell’efficienza del sistema aziendale. La misura dell’indice di rotazione delle scorte, il livello di copertura o la percentuale di scorte sul fatturato
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RIFERIMENTI
Gestire
le scorte
sono i diversi metodi che le imprese utilizzano
per la misura dell’eccellenza della gestione.
La misura delle prestazioni di processo è realizzata con il confronto fra il TT e il tempo ciclo
totale delle operazioni; il rapporto fra tempo di
attraversamento (TT) e la somma dei tempi ciclo unitari (TC) determina il valore di flusso (FV),
che rappresenta un ottimo indicatore del grado di applicazione just in time del processo e il
suo contrario TC/TT l’efficienza del processo.
La relazione fra scorte del processo e lead time di consegna è definita attraverso il TT e se
il TT è la fase del ciclo d’ordine più significativa, allora avremo che:
lead time di consegna uguale circa il TT
e
TT = quantità di wip nel processo /tasso di
produzione per unità di tempo
La relazione indica una verità troppe volte dimenticata dai gestori: che il lead time di consegna al cliente non è un dato fisso, ma una
variabile strettamente connessa alla capacità
JIT del processo esplicitata dalle dimensioni
delle code d’attesa, causa principale del crescere della scorta WIP.
Un altro utile strumento per l’analisi del processo è la costruzione del classico grafico a
imbuto (funnel), declinato all’analisi del grado
di varietà della famiglia prodotto (variety funnel), la capacità delle diverse operazioni del
processo (capacity funnel) e il periodo d’immissione del valore (value funnel).
Sempre nel campo delle rappresentazioni
grafiche, formative per la loro immediatezza
visiva, ricordiamo la possibilità di rappresentare graficamente l’andamento input /output
del processo e misurare dall’apertura della
forbice dei due indici l’aumento del lead time
di produzione; o anche la possibilità di rilevare
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graficamente e analiticamente l’inventory profile del processo determinato dal livello di frazionamento, dalla dimensione dei lotti e dal
tempo di trasformazione(13).
Il contributo del JIT e della lean
production
L’attenzione al livello delle scorte nasce in
ambito finanziario e le azioni di contenimento
derivano dagli obiettivi di budget assegnati alla funzione logistico – produttiva; viceversa la
riduzione dei tempi di consegna è una necessità imposta dai bisogni del mercato e i metodi per realizzare questi obiettivi derivano dalle
logiche JIT e dai suoi sviluppi nell’ambito del
metodo di produzione Toyota.
Come già con l’introduzione del sistema MRP
negli Stati Uniti, sono sorte associazioni per lo
sviluppo e la conoscenza dei metodi LEAN e
la loro applicazione all’organizzazione aziendale e alla produzione (14). In una recente lettera agli associati il chairman del Lean Enterprise Institute (LEI) Jim Womack, in risposta
alla richiesta dei membri della comunità di definire quali metriche usare per misurare i progressi di un’impresa sulla strada delle applicazioni Lean, ricorda che, anteposto alle metriche, un approccio LEAN richiede l’esame
esaustivo di:
– business purpose (cosa il cliente chiede e
cosa tu sai fare);
– process design (la mappatura del flusso del
valore attuale e futuro secondo gli obiettivi del
business purpose);
– people responsability (è necessario che esista un “padrone” del flusso che valuti i risultati in termini di business purpose).
Le metriche verranno dopo e saranno calibrate alle caratteristiche di ogni value stream; misure sviluppate e condivise dall’intero value
stream team.
■
Salvioni D.M. “Il controllo finanziario della gestione”, Giuffre, Milano 1983; cap.4 La gestione
delle scorte e la relazione fra ciclo reddituale e
ciclo monetario.
(2) Panati G., Golinelli G.M., “ Tecnica economica
industriale e commerciale” vol. 2 cap. 9, NIS Roma, 1993.
(3) La generazione di costi indotti da eccedenza di
semilavorati stazionanti lungo il processo è un
problema comune a molte aziende. Un caso reale: un’azienda di estrusione e trasformazione di
profili in alluminio con processi non bilanciati e
canalizzati ha un considerevole numero di operatori addetti al “ritrovamento” e all’handling dei
carrelli contenenti semilavorato sparsi in ogni
angolo dello stabilimento.
(4) Schonberger R.J.; Knod jr E.M. ”Gestione della
produzione“, McGraw-Hill, Milano 1999; cap.12
Analisi dei processi e dei layout.
(5) Christopher M. “Supply chain management”
Prentice Hall, Milano 2005, cap. 4, è chiarito
l’ambiente in cui si è sviluppato il TPS, il contrasto fra produzione snella e agile e il relativo contesto di applicabilità.
(6) Un ciclo di analisi dell’ordine in cui le operazioni di verifica prezzo/sconto, fido e registrazione dell’ordine sono eseguite in serie e presso uffici differenti può comportare tempi d’esecuzione
significativi e all’assurdo superiori al tempo di
risposta della produzione.
(7) Un esempio estremo è il seguente: un’impresa
metalmeccanica attiva nel settore della trasformazione di metallo prezioso per l’industria orafa
sospende frequentemente il rilascio degli ordini
alla fabbrica per raggiunto limite di presenza della materia prima (oro) in lavorazione. L’analisi dei
processi dimostra che il tempo di lavorazione totale non supera il 6% del tempo d’attraversamento; il rimanente 94% è speso in attesa e controllo.
(8) Schonberger R.J. op.cit.
Schonberger ha proposto di ripartire i costi fissi
di stabilimento in proporzione al TT del prodotto
al posto degli attuali metodi di ribaltamento, coerentemente al presupposto che lunghi TT generano costi. Si veda “Tecniche produttive giapponesi”, Franco Angeli, Milano 1987.
(9) Per i benefici delle tecniche di posponement in
produzione si veda Christopher op. cit.,
in campo distributivo: Grando A. “ Commercio
elettronico e progettazione logistica”, Egea Milano, 2000, cap. 3.
(10) Hillier F.S., Lieberman G.J., “Introduzione alla
ricerca operativa”, Franco Angeli, Milano 1978. I
sistemi di regolazione delle code prevedono in
caso di forte saturazione dell’operatore (prossima al 100%) tempi di smaltimento indefiniti.
(11) Pitch o quantità di lavoro (prodotto) rilasciata; l’intervallo di controllo della produzione definisce il periodo di consegna programmato. Programmazioni e rilascio settimanale stabiliscono
l’intervallo di congelamento del programma e i
termini di consegna al cliente.
(12) Goldratt E.M., Cox J., ”The goal: Excellence in
manifacturing”,Croton-on –Hudson, 1984.
(13) Harrison J.B., “ JIT pays the way to C.I.M.” Second world congress of production and inventory
control, Genova 1987.
(14) Negli anni ’80-90 l’APICS (American Production and Inventory Control Society) divenne lo
sponsor della cosiddetta “MRP CRUSADE” con lo
scopo di promuovere l’introduzione dei sistemi
MRP nelle imprese americane. Attualmente l’associazione LEI (Lean Enterprise Institute) promuove l’introduzione della cultura LEAN nelle imprese.