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ARTICOLO - ottobre 2016
CASA ITALIA?
di Aldo Vecchi
Governo, forze politiche e sociali ed élites intellettuali alle prese
(finalmente?) con il nodo della prevenzione antisismica per i territori
a rischio.
Riassunto – la frammentazione della società italiana tra élite intellettuale, gruppi
dirigenti decisori, mass media e “popolo”, e la mancanza di effettiva comunicazione
sulle opzioni strategiche di carattere ecologico, quali la prevenzione anti-sismica.
L’iniziativa di consultazione del Governo tra propaganda e svolta effettiva, a partire
dalla sostanziale assenza storica di attenzione delle forze politiche verso una seria
priorità per le politiche di prevenzione rispetto ai rischi del territorio. La difficile stima
dell’entità delle risorse necessarie e l’impatto sulla politica economica nazionale, già
gravata dall’enorme debito pubblico. La complessità della prevenzione antisismica
nell’intreccio con le altre problematiche insediative, tra carenze culturali e vischiosità
amministrative, ed a fronte della articolazione fisica e sociale del patrimonio edilizio,
soprattutto nelle zone interne.
Sul tema della protezione preventiva del territorio in chiave antisismica (e similmente in
materia di prevenzione idrogeologica), come più in generale sugli argomenti strategici della
salvezza del Pianeta Terra (cambio climatico, esaurimento risorse, vivibilità) la società
italiana (ma parimenti avviene in molte altre nazioni) appare frazionata in segmenti
che non sviluppano un dialogo effettivo, malgrado la pervasiva “comunicazione globale”
in cui siamo immersi:
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una élite intellettuale abbastanza ristretta, consapevole dei problemi e interessata
alla loro soluzione, per cultura professionale (geologi, ingegneri, urbanisti) NOTA 1 o
per vocazione (intellettuali “verdi” o comunque meditativi); una élite poco ascoltata
ma tuttavia abbastanza paga di “averlo detto prima”, affezionata al suo poco o tanto
potere accademico/culturale e poco avvezza ad ingaggiare battaglie campali (mai
visti geologi che si incatenano a palazzo Chigi, né urbanisti che digiunano per
protesta contro la legge finanziaria…); in questo ruolo da Cassandre si è
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recentemente aggiunto parte del Clero e questo Papa in particolare, le cui prediche
comunque non distraggono i ben-pensanti ed i mal-decidenti;
i gruppi dirigenti che detengono gli effettivi poteri decisionali nella politica, nella
finanza, nelle imprese (ed anche nei sindacati), che sono evidentemente informati,
per dovere professionale e contiguità con la suddetta élite intellettuale, ma di fatto
non assumono mai come vere priorità gli investimenti necessari per la protezione del
territorio e dell’ambiente, perché il loro rapporto con il potere (ricerca del consenso
elettorale e anche sindacale, conseguimento della valorizzazione aziendale) passa
fino ad oggi sempre per il +1% del PIL, dell’occupazione, del profitto a breve termine;
i mezzi di comunicazione di massa, che disperdono le informazioni sui problemi
strutturali di territorio e ambiente in una melassa generica, privilegiando nella
comunicazione gli aspetti spettacolari, sensazionalisti, personalistici: ad esempio
ricordiamo la persistente campagna di “la Repubblica” nel porre 10 domande a
Berlusconi sul suo peculiare mix tra pubblico e privato e la martellante campagna di
Rizzo e Stella sul “Corriere della Sera” contro le malefatte della Casta, ma nessuna
campagna sistematica per la prevenzione dei disastri ambientali, ampiamente però
descritti ex-post con fiumi di immagini e parole;
infine il “popolo”, cioè tutti i lavoratori e i piccoli imprenditori, i consumatori, gli elettori
che – pur subendo di volta in volta i danni sismici, idrogeologici ed ambientali – si
comportano nei fatti con modalità coerenti con i gruppi dirigenti e con i mass media,
anche se manifestano negli ultimi decenni un crescente disagio, dovuto
principalmente alla crisi economica, espresso con la disaffezione al voto e con la
preferenza per partiti e movimenti di protesta, risultanti finora piuttosto generici sui
temi della prevenzione ambientale (ho riletto il programma elettorale del M5Stelle nel
2013: nulla in materia vi è nei “20 punti” di Beppe Grillo, che spaziavano
dell’abolizione delle Province e quella dell’IMU e di Equitalia, e nulla ho trovato in un
testo ufficiale più esteso del Movimento, che invece prevedeva altri dettagli
ambientalisti, quali l’obbligo di parcheggi per biciclette nei condomini).
L’iniziativa del Governo di “riaprire la sala verde” di Palazzo Chigi (quella storicamente
dedicata alla “concertazione”) per l’inizio di una ampia consultazione di associazioni di
categoria ed istituzioni culturali sul tema del terremoto – ricostruzione e prevenzione – a mio
avviso non costituisce solo una mossa tattica nell’ambito del nuovo corso comunicativo del
Presidente del Consiglio (il Renzi 2.0, meno decisionista in vista del difficile referendum
costituzionale), ma potrebbe rappresentare una possibile svolta più sostanziale
nell’approccio dei gruppi dirigenti della nazione ai temi della protezione del territorio
e dell’ambiente se le élites intellettuali riusciranno a cogliere l’occasione per farsi
ascoltare effettivamente dei decisori e – attraverso i mass media – anche dai comuni
cittadini (ma finora mi sembra che poche testate, tra cui “Il Sole - 24 ore”, seguano
l’argomento con sufficiente impegno).
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La massiccia disattenzione dei predecessori e dei concorrenti politici, nessuno dei
quali può sbandierare di aver rivendicato prima la prevenzione che ex-post si rivela
necessaria NOTA 2, può consentire a Renzi di presentarsi come l’iniziatore di un nuovo
corso, nuovo anche a lui stesso, perché nella mozione congressuale con cui ha vinto le
primarie del PD nel 2014 il tema della spesa per la Tutela Ambientale era trattato solo per
inciso, in mezzo tra Turismo e Meridione, per affermare che si potrebbe risparmiare sui 5
miliardi annui di intervento sui disastri ambientali “se decidessimo di investire in
prevenzione”; ma non si diceva quanto investire, come, dove prendere le risorse: tutte le
questioni che ora vengono al pettine, se si intende fare sul serio.
Infatti a risparmiare qualche miliardo all’anno in riparazioni ci si potrà arrivare solo al
termine di un ciclo di massicci investimenti diffusi in tuti i territori a rischio, perché
durante tale periodo di due o più decenni purtroppo saranno comunque possibili
eventi calamitosi su aree non ancora tutte abbastanza protette.
In teoria sarebbe un perfetto esempio di convenienza per un intervento finanziario in debito,
ripagabile a lungo termine dai risparmi in riparazioni (come semplicisticamente propone il
governatore toscano Enrico Rossi), ma mi sembra difficile che possa permetterselo l’Italia
di oggi, quand’anche lo consentissero le norme europee, partendo dal cospicuo debito
pubblico che già abbiamo accumulato e che deve reggere sul mercato dei capitali.
E se non si può contare troppo sul debito pubblico occorre modificare qualche altra
priorità nella politica economica, aumentando le odiate tasse o tagliando altre spese,
con tutte le difficoltà del caso (e senza sperare in aiuti dal sistema creditizio, che di suo già
boccheggia).
Perché non si tratta di spostare 1 o 2 miliardi nel bilancio dello Stato (il che è già difficile),
ma molto di più: anche se le stesse “élites intellettuali” espongono stime differenziate (in
attesa dei necessari approfondimenti), l’ordine di grandezza per l’adeguamento anti-sismico
di infrastrutture, pubbliche e private, è attorno ai 100 miliardi di € (140 secondo Mauro Dolce
della Protezione Civile: 90 per i privati e 50 per i pubblici), per cui, tra interventi diretti ed
agevolazioni fiscali/contributive per i privati, se si vuole affrontare il problema in 20 anni e
non in 30 o 50, e tenendo conto dell’intreccio con la prevenzione idrogeologica e gli altri
aspetti della riqualificazione edilizia ed urbana (vedi oltre), l’onere a carico dello Stato
dovrebbe orientarsi approssimativamente verso i 5 miliardi di €/anno, e riuscire a
mobilitare contestualmente consistenti risorse private, modificando quindi le
modalità di consumo e di risparmio di gran parte delle famiglie (anche se Matteo Renzi
ha già preannunciato l’esclusione del ricorso ad assicurazioni obbligatorie, come in uso in
altri paesi, che invertirebbero i ruoli tra pubblico e privato, per il patrimonio privato).
L’entità delle risorse necessarie è il più “serio” dei problemi, per capire se per
l’appunto si intende finalmente fare “sul serio” anziché limitarsi a caroselli
propagandistici (lasciando la spesa per prevenzione a livelli irrisori, come è stato finora,
anche
all’indomani
dei
terremoti
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dell’Umbria,
dell’Abruzzo
e
dell’Emilia+Mantovano, per citare solo gli ultimi).
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Fig.1 - Mappa del rischio sismico
Ma l’intera questione è ricca di complessità, come hanno avvertito molti osservatori ed
innanzitutto gli autorevoli intellettuali coinvolti dal Governo, come Renzo Piano e Giovanni
Azzone (rettore del Politecnico di Milano), ed in particolare anche l’Istituto Nazionale di
Urbanistica (LINK):
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per la mancanza di studi analitici sullo stato di conservazione sia dei singoli
fabbricati sia dei sistemi urbani, e quindi sull’entità degli interventi e sui criteri di
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priorità, mentre anche le mappe del rischio sismico richiedono affinamenti locali, cui
correlare i piani di protezione anti-sismica (aree, edifici e percorsi strategici);
per l’inestricabile intreccio con tutti gli altri aspetti, già in sofferenza, degli
insediamenti abitativi, dal rischio idrogeologico a quello ambientale (bonifiche
mancate e altre comunque necessarie per suolo, acque, emissioni in atmosfera), dal
deficit energetico al risparmio del consumo di suolo, dalla crisi delle periferie al
degrado delle aree interne (il che significa qualità edilizia e qualità urbana, servizi e
trasporti, lavoro e istruzione, contrasto alle sacche di povertà e al disagio sociale):
tali intersezioni di problematiche richiedono il coordinamento degli interventi pubblici,
per evitare sprechi in logiche settoriali, ed una visione integrata della progettazione,
in chiave di “rigenerazione urbana” e di ricerca di insediamenti “resilienti” alle varie
ipotesi di rischio (aggravate dal cambio climatico);
per l’evidente arretratezza di una parte consistente delle amministrazioni locali
e degli uffici tecnici, nonché degli studi di progettazione e delle imprese
edilizie, protetti dal clientelismo locale nelle pieghe sulla normativa degli appalti
(dilagare degli incarichi “fiduciari” sotto le soglie che obbligano a gare trasparenti),
che emerge dalle prime cronache giudiziarie su Amatrice ed Accumoli, anche
ipotizzando l’assenza di fenomeni più gravi di corruzione (su cui si pronuncerà la
Magistratura); a fronte invece della necessità di una elevata efficienza tecnica ed
amministrativa e di uno sforzo tecnologico innovativo per supportare effettivamente
la riqualificazione insediativa di mezza Italia (anche nelle aree storicamente infiltrate
da culture mafiose);
per l’articolazione fisica e sociale del patrimonio edilizio privato, che include
proprietari ricchi e proprietari poveri, case in proprietà ed in affitto, famiglie prive di
una abitazione adeguata, condomini e attività produttive, seconde case per vacanze
e abitazioni avite in semi-abbandono; queste ultime soprattutto nelle zone interne
appenniniche, dove gli agglomerati edilizi storici impongono per ragioni tecniche
interventi estesi talvolta ad interi isolati e fortemente sconsigliati invece su singole
porzioni di fabbricati (uno dei problemi che rallenta la ricostruzione al centro di
L’Aquila); non si può pensare di gestire una situazione così differenziata con
strumenti semplici e di uso facoltativo, del tipo degli incentivi fiscali, ma non è chiaro
chi abbia il coraggio di affrontare la frammentazione proprietaria con provvedimenti
anche coattivi, quali consorzi obbligatori, espropri e permute, ed escludendo, anche
nella prevenzione, le strade rivelatesi erronee per la ricostruzione (inefficienza e
corruzioni a parte) nel Belice ed in Irpinia, del trasferimento degli abitanti in nuovi
quartieri “moderni”, privi dell’identità storica e paesaggistica e dei connessi rapporti
di vicinato.
NOTE
1 - personalmente rammento che agli inizi degli anni 70 (ai tempi del terremoto di Ancona)
il prof. Duilio Benedetti, nel tentativo di ri-conciliare l’Istituto di Scienza delle Costruzioni del
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Politecnico di Milano con noi eversivi studenti di Architettura (un po’ eversivi e renitenti alle
scienze esatte) ci coinvolse in una interessante ricerca sugli (enormi) costi necessari per il
consolidamento statico del patrimonio edilizio di tutte le aree allora considerate a rischio
sismico in Italia; ricerca sommaria che l’ing. Benedetti approfondì poi in parte su incarico del
Ministero dei Lavori Pubblici, ma senza alcuna conseguenza operativa
2 - tranne l’ex ministro ”tecnico” Clini, del governo Monti, che si vanta di aver presentato
(invano) nel 2012 un piano di spesa di 40 miliardi di € in 15 anni; oltre al programma del
M5Stelle ho riletto il documento “Italia Bene Comune” di Bersani, e quello di “Scelta Civica
con Monti” (socialmente vicino alle élites intellettuali) per le medesime elezioni del 2013,
senza trovare elementi specifici; generiche litanie erano presenti pochi mesi dopo nelle
mozioni congressuali del PD, concorrenti a quella di Renzi (Civati e Pittella), con un buon
ragionamento preliminare solo in quella di Cuperlo (ma senza cifre e modalità di reperimento
delle risorse); poche vaghe parole nel contemporaneo documento di Vendola per il
congresso di Sinistra-Ecologia-Libertà; non ho speso tempo per consultare i programmi
della Destra, che in materia si era già distinta abbastanza affossando ogni tentativo di
obbligare i proprietari di casa a dotarsi del “libretto di fabbricato”.
Fonti:
1. “URBANISTICA” N° 154 (nominalmente “luglio/dicembre 2014”, edita aprile 2016 –
www.inuedizioni.com (a pagamento)
2. Recensione di “Urbanistica” n° 154 sul blog di Aldo Vecchi “relativamente, sì” in data
02-06-16 - aldomarcovecchi.blogspot.com
3. Contributo dell’INU per Casa-Italia (slides) - www.inu.it
4. Posizione di Enrico Rossi – facebook/EnricoRossi 29-08-2016
5. Articoli di Giorgio Santilli e Alberto Quadrio Curzio su il Sole/24 ore del 26-08-16 e
07-09/16; Santlili su “Edilizia e Territorio” del 31-08-16 www.ilsole24ore.com e
www.ediliziaeterritorio.it
6. Posizione di Corrado Clini del 24-08-16 su www.l’inkiesta.it
7. Articoli di Nicola Caputo e Angelo De Mattia su l’Unità del 30-08-16 www.unita.it
8. Blog di Andrea Bellelli 30/08/16 su www.ilfattoquotidiano.it
9. Articolo di Giovanna Faggionato del 24/08/16 su www.lettera43.it
10. Articolo di Antonio Scalari del 24/08/16 su www.valigiablu.it
11. Programmi elettorali e mozioni congressuali, raccolti dall’autore sui siti web delle
rispettive forze politiche e reperibili al momento della scrittura del presente articolo,
altrimenti disponibili presso l’archivio dell’autore
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