Sindrome di Kawasaki

Transcript

Sindrome di Kawasaki
A
B
S
T
R
A
C
T
C
O
L
L
E
C
T
I
O
N
immunews
A
B
S
T
R
A
C
T
C
3
2008
O
L
L
E
C
T
I
O
N
A
B
S
T
R
A
C
T
C
O
L
L
E
C
T
I
O
N
3
2008
Anno II - N.3 - 2008
Quadrimestrale di
aggiornamento scientifico
Reg. Trib. N. 642
del 18.10.2007
Direttore responsabile
Wubbo Tempel
Editore
Elsevier Masson srl
Via Paleocapa, 7
20121 Milano (MI)
Redazione
In-folio - Torino
Grafica
Studio Sismondo - Roma
Stampa
Grafiche Ortolan
Opera (MI)
Edizione riservata
CSL Behring
per i Sigg. Medici
Fuori commercio
© 2008, Elsevier Masson srl - Tutti i diritti
riservati. È vietato riprodurre, archiviare in
un sistema di riproduzione o trasmettere
sotto qualsiasi forma o con qualsiasi
mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte
di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non si
assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in
quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione
di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o
idea contenuti nel materiale di cui trattasi.
A causa del rapido progresso nella scienza
medica, l’Editore raccomanda la verifica
indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali.
immunologia
3
Sindrome di Kawasaki
Efficacy of various intravenous immunoglobulin therapy protocols in
autoimmune and chronic inflammatory disorders
Gürcan HM, Ahmed AR
5
A randomized prospective study on the use of 2 g-IVIG or 1 g-IVIG
as therapy for Kawasaki disease
Sakata K, Hamaoka K, Ozawa S, Niboshi A, Yoshihara T, Nishiki T, Nakagawa Y,
Kazuta K, Morimoto Y, Kamiya Y, Yamamoto T, Horii Y, Kido S
6
Effects of steroid pulse therapy on immunoglobulin-resistant
Kawasaki disease
Furukawa T, Kishiro M, Akimoto K, Nagata S, Shimizu T, Yamashiro Y
7
Intravenous immunoglobulin in autoimmune and inflammatory
diseases: more than mere transfer of antibodies
Sibéril S, Elluru S, Negi VS, Ephrem A, Misra N, Delignat S, Bayary J,
Lacroix-Desmazes S, Kazatchkine MD, Kaveri SV
9
Clinical responses of patients with Kawasaki disease to different brands
of intravenous immunoglobulin
Tsai MH, Huang YC, Yen MH, Li CC, Chiu CH, Lin PY, Lin TY, Chang LY
10
ematologia
11
Anemie emolitiche e trapianto
Autoimmune hemolytic anemia following allogeneic hematopoietic
stem cell transplantation in adult patients
Sanz J, Arriaga F, Montesinos P, Ortí G, Lorenzo I, Cantero S, Puig N,
Moscardó F, de la Rubia J, Sanz G, Sanz MA
13
Rituximab-induced acute liver failure after an allogeneic transplantation
for chronic myeloid leukemia
Qazilbash MH, Qu Z, Hosing C, Couriel D, Donato M, Giralt S, Champlin R
14
Rescue treatment for cyclosporine-associated hemolytic-uremic
syndrome with intravenous immunoglobulin
Wen YK, Chen ML
15
neurologia
16
Sclerosi multipla
Intravenous immunoglobulin and multiple sclerosis
Achiron A, Miron S
18
Roles of immunoglobulins and B cells in multiple sclerosis: from
pathogenesis to treatment
Antel J, Bar-Or A
19
IVIG enters the central nervous system during treatment of experimental
autoimmune encephalomyelitis and is localised to inflammatory lesions
Jorgensen SH, Storm N, Jensen PE, Laursen H, Sorensen PS
20
Long term safety of IVIG therapy in multiple sclerosis:
10 years experience
Katz U, Kishner I, Magalashvili D, Shoenfeld Y, Achiron A
21
aggiornamenti
23
Immunodeficienze primitive
Subcutaneous immunoglobulin for patients with antibody deficiency
Subcutaneous immunoglobulin-G replacement therapy with
preparations currently available in the United States for intravenous or
intramuscular use: reasons and regimens
Measuring treatment satisfaction in patients with primary immunodeficiency
diseases receiving lifelong immunoglobulin replacement therapy
Prognostic factors for health-related quality of life in adults and children
with primary antibody deficiencies receiving SCIG home therapy
CIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica)
Long-term effects of intravenous immunoglobulin in CIDP
Dermatomiosite
Successful treatment with intravenous immunoglobulins in a patient
affected by dermatomyositis/systemic lupus erythematosus overlap
syndrome and tuberculosis
PTI (porpora trombocitopenica immune)
23
23
23
23
23
23
23
23
24
The effect of platelet autoantibodies on the course of the disease and
clinical response of patients with idiopathic thrombocytopenic purpura
Ipogammaglobulinemie nelle neoplasie ematologiche
24
Guidelines on the use of intravenous immune globulin for
hematologic conditions
24
24
immunologia
Sindrome di Kawasaki
Andrea Matucci,*
Alessandra Vultaggio,* Paola Parronchi†
*Azienda Ospedaliero-Universitaria, Careggi;
†
Università degli Studi, Firenze
La sindrome di Kawasaki (KD) è una vasculite acuta autoli-
La precocità del trattamento è fondamentale per garantire
mitante, ma talvolta fatale, che colpisce prevalentemente i
la migliore efficacia. Infatti, esso dovrebbe essere iniziato
bambini di età inferiore ai 5 anni. Il processo infiammatorio
entro i primi 10 giorni della malattia o addirittura, se possi-
coinvolge le arterie di piccolo e medio calibro, con esiti par-
bile, entro i primi 7 giorni. Adottare precocemente questo
ticolarmente problematici quando vi è interessamento
schema di trattamento, infatti, consente un rapido control-
delle arterie coronarie.
lo della febbre, la risoluzione dei segni clinici di malattia
La malattia si manifesta con febbre prolungata, congiuntivi-
nella maggior parte dei pazienti e riduce la percentuale di
te bilaterale, rash, eritema delle labbra e della mucosa orale,
comparsa di aneurisma coronarico al 2-4% dei casi trattati.
gonfiore delle mani e dei piedi e adenopatia cervicale. Vi
Tuttavia, il costo relativamente alto delle IVIG e i rischi con-
possono essere manifestazioni cardiovascolari sotto forma
nessi all’infusione di emoderivati hanno indotto a ricercare
di miocardite, versamento pericardico e formazione di aneu-
protocolli alternativi che consentano l’utilizzo di dosi inizia-
risma delle arterie coronarie. Questi ultimi si sviluppano
li minori, che possono eventualmente essere aumentate in
generalmente durante la seconda-terza settimana di malat-
caso di resistenza o recidiva di malattia. Nello studio di
tia nel 15-25% dei pazienti non trattati. Gli aneurismi gigan-
Sakata et al. è stata esplorata la possibilità di iniziare con
ti delle arterie coronarie (fino a 8 mm di diametro interno)
una dose di attacco di 1 g/kg, a cui aggiungere una secon-
hanno il maggiore rischio di rottura, trombosi o stenosi, e di
da dose di 1 g/kg in caso di resistenza. La somministrazio-
provocare gravi complicanze quali l’infarto miocardico.
ne aggiuntiva di 2 g/kg era prevista per i pazienti non re-
Sebbene le cause della KD non siano note con precisione, è
sponsivi anche a questa seconda dose. Il trattamento delle
stata postulata una genesi infettiva, probabilmente dovuta
resistenze con dosi aggiuntive di IVIG è una delle opzioni
a un agente ubiquitario che provoca la malattia conclama-
terapeutiche disponibili per i pazienti che non registrano
ta solo in soggetti geneticamente predisposti. Nonostante
una pronta risposta. In questi casi è stato sperimentato un
l’eziologia incerta, l’efficacia del trattamento con IVIG nei
protocollo che prevede una progressiva escalation del
bambini con sindrome di Kawasaki è ormai accertata e la
dosaggio di IVIG fino a raggiungere la risposta terapeutica,
malattia rappresenta una delle indicazioni approvate per la
limitando al massimo la dose somministrata a ciascun
terapia con IVIG (Gürcan e Ahmed.). I pazienti con KD vanno
paziente. I risultati riportati sono interessanti: non è stato
dunque trattati in prima battuta con una singola dose di 2
osservato un aumento nell’incidenza di aneurismi corona-
g IVIG per ogni kg di peso corporeo e tale protocollo ha
rici e l’unico apparente svantaggio del protocollo è risulta-
sostituito nella pratica clinica il frazionamento della dose in
ta essere una maggiore durata del periodo febbrile.
5 giorni. Due metanalisi hanno infatti dimostrato che la sin-
Tuttavia, ulteriori studi potranno o meno confermare l’effi-
gola infusione di alte dosi di immunoglobuline per via
cacia di questa strategia, tenendo anche presente che, in
endovenosa garantisce il miglior effetto dose-risposta. Il
questa come in altre patologie, il futuro è probabilmente
trattamento con IVIG è accompagnato dalla somministra-
legato a una sempre maggiore personalizzazione della
zione di acido acetil salicilico a dosi di 80-100 mg/kg/die
terapia. L’identificazione di fattori prognostici in grado di
per 4 giorni.
stratificare preventivamente i pazienti in base alla risposta
3
immunologia
4
al trattamento, come la scala di Harada o la percentuale di
degli steroidi nella KD, sia nel breve sia nel lungo periodo.
neutrofili, potranno guidare la scelta sull’intensità della
Meno chiari, come del resto in altre malattie autoimmuni e
terapia da somministrare.
infiammatorie croniche, sono i meccanismi d’azione del
La percentuale di pazienti con KD che non rispondono al
trattamento con IVIG nella KD. I potenziali effetti benefici
trattamento iniziale con IVIG viene attualmente stimata
delle IVIG includono meccanismi diversi, in parte mediati
attorno al 10-20%, con un’alta incidenza, in questo gruppo,
dal frammento Fc delle immunoglobuline e dal frammen-
di anomalie delle arterie coronarie. Come accennato sopra,
to F(ab’)2, ma comprendono anche la modulazione della
i pazienti resistenti alla dose iniziale di IVIG vengono gene-
produzione di citochine, l’azione su componenti del com-
ralmente trattati con dosi addizionali, ma alternative sono
plemento, gli effetti inibitori e pro-apoptotici su cellule
possibili o in corso di sperimentazione: il plasma exchange,
effettrici e dell’immunità innata come le cellule dendritiche
i farmaci immunosoppressori, l’ulinastatina (inibitore della
(Sibéril et al.). È importante considerare che meccanismi
tripsina umana) e gli antagonisti del TNFα sono le possibi-
così diversi fra loro non sono necessariamente mutuamen-
li ulteriori opzioni. Un’altra possibilità, recentemente esplo-
te esclusivi e che l’effetto terapeutico sia in realtà la somma
rata (Furukawa et al.), è rappresentata dagli steroidi, ritorna-
delle varie azioni svolte dalle IVIG sulle componenti del
ti in auge nel trattamento della KD dopo un periodo in cui
sistema immune.
era stata riportata una loro tendenza a incrementare l’inci-
L’importanza di una migliore conoscenza dei possibili mec-
denza di complicazioni coronariche. Nonostante i buoni
canismi dell’azione terapeutica delle IVIG nella KD è esem-
risultati ottenuti con una terapia “pulsed” con metilpredni-
plificata dai risultati di un recente studio (Tsai et al.) dedica-
solone endovena ad alte dosi (30 mg/kg/die per 3 giorni
to alla valutazione comparativa dell’efficacia di diverse pre-
consecutivi) come trattamento di seconda linea (la percen-
parazioni commerciali di IVIG. Su quattro diversi marchi
tuale di pazienti responsivi è risultata infatti sovrapponibi-
analizzati, una minore efficacia (aumentata percentuale di
le a quella ottenuta con il protocollo con IVIG addizionali),
resistenza al trattamento, maggior rischio di sviluppare un
lo studio ha dimostrato come l’uso di questo steroide nella
aneurisma coronarico durante la convalescenza) è risultata
KD necessiti di ulteriori ottimizzazioni. Come sottolineato
associata a una delle preparazioni utilizzate, caratterizzata
dagli stessi Autori, la particolare dinamica della risposta al
dall’uso del β-propiolactone nel processo di produzione. Il
metilprednisolone (tutti i pazienti trattati hanno risposto
β-propiolactone causa alchilazione e acilazione delle pro-
nell’immediato, con una quota di casi in cui la febbre si è
teine, inducendo modifiche dei residui aminoacidici e
ripresentata nei giorni successivi) suggerisce la necessità di
modificazioni del frammento Fc delle IgG. Fra le altre pos-
studiare attentamente il protocollo di somministrazione
sibili conseguenze, le preparazioni di IVIG in cui il fram-
del farmaco, eventualmente allungando opportunamente
mento Fc risulta alterato potrebbero essere meno efficaci
il periodo di riduzione scalare dello steroide, che in questo
nell’inibire la produzione di interleuchina 1 da parte del
studio era limitato a soli 7 giorni. La breve emivita del
sistema monocitario/macrofagico. In generale, studi tesi a
metilprednisolone, infatti, potrebbe bloccare l’infiamma-
delucidare i complessi meccanismi d’azione delle IVIG
zione sul breve periodo, provocando poi una recidiva del
nella terapia della KD potranno permettere non solo di
processo in alcuni casi. Inoltre, la maggiore percentuale di
disegnare strategie terapeutiche avanzate, basate ad
complicanze cardiache, osservate nei casi trattati con
esempio sulla ingegnerizzazione e modificazione moleco-
metilprednisolone rispetto ai pazienti che avevano ricevu-
lare dei componenti immunomodulatori del trattamento,
to IVIG addizionali, per quanto non significativa, potrebbe
ma anche di ottimizzare le modalità di preparazione e
indicare la necessità di rivalutare il profilo di sicurezza
somministrazione delle stesse IVIG.
immunologia
Sindrome di Kawasaki
Efficacy of various intravenous immunoglobulin
therapy protocols in autoimmune and chronic
inflammatory disorders
Gürcan HM, Ahmed AR
Obiettivo: Determinare l’efficacia di
diversi protocolli di somministrazione
di immunoglobuline endovena (IVIG)
usati nel trattamento di disordini
autoimmuni e infiammatori cronici.
Fonte dei dati: Il reperimento della
letteratura è stato effettuato tramite
MEDLINE (novembre 1984 - marzo 2007)
e la ricerca condotta usando il termine “immunoglobuline endovena”. Sono state riviste anche le referenze citate negli articoli selezionati. Selezione
degli studi ed estrazione dei dati:
Criteri per l’inclusione degli studi nell’analisi erano: 1) lingua inglese, 2)
studi randomizzati controllati, 3) protocolli definiti, 4) un minimo di 15
pazienti e 5) criteri obiettivi forniti per
valutare il decorso clinico e l’esito.
Sintesi dei dati: L’efficacia terapeutica
della terapia con IVIG è ben stabilita.
Protocolli definiti esistono per il tratta-
drammaticamente influenzato la
risposta clinica e ridotto la mortalità.
Conclusioni: L’evidenza cumulativa
suggerisce che gli esiti clinici osservati sono significativamente influenzati
dall’uso di un protocollo definito. Vi è
la necessità di studi multicentrici
approvati dalla Food and Drug
Administration per definire meglio il
ruolo delle IVIG in molti stati patologici. Tali studi sarebbero in grado di stabilire le indicazioni per l’uso, la dose
ottimale, la frequenza delle infusioni,
la durata della terapia e la necessità di
riduzione graduale verso l’interruzione improvvisa. Protocolli definiti risultanti da studi condotti su un vasto
numero di pazienti spesso convincono le compagnie di assicurazione a
creare polizze che permettono l’accesso alla terapia con IVIG.
mento della sindrome di Kawasaki, la
porpora trombocitopenica immune,
la sindrome di Guillain-Barré, la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica, la neuropatia motoria
multifocale e le malattie bollose
mucocutanee autoimmuni. In assenza
di un protocollo definito, diversi studi
hanno dimostrato che la terapia con
IVIG è efficace nel trattamento della
miastenia grave, nelle dermatomiositi,
nella sindrome dell’uomo rigido, nelle
vasculiti sistemiche positive per gli
anticorpi citoplasmici antineutrofili,
nella oftalmopatia di Graves e in alcune forme di lupus eritematoso sistemico. Essa inoltre può portare beneficio ad alcuni pazienti con sclerosi
multipla intermittente. In questi studi,
gli esiti sono variabili. Nella necrolisi
epidermica tossica e nella sindrome di
Stevens-Johnson, l’uso delle IVIG ha
Ann Pharmacother 2007;41(5):812-823
• L’articolo riassume i dati disponibili in letteratura circa l’efficacia del trattamento IVIG
nelle malattie autoimmuni e infiammatorie croniche.
• Oltre che nelle immunodeficienze primarie, le IVIG sono state approvate dalla FDA per
il trattamento della porpora trombocitopenica immune, della sindrome di Kawasaki,
del trapianto di midollo osseo negli adulti, della leucemia linfatica cronica e dell’AIDS
pediatrico.
• Nella sindrome di Kawasaki, la terapia con IVIG rappresenta il trattamento di prima scelta, in grado di ridurre il rischio di aneurisma delle arterie coronariche dal 25% al 5% e di
diminuire significativamente la durata della febbre e dell’ospedalizzazione, senza eventi avversi statisticamente significativi.
• Il dosaggio raccomandato è di 2 g/kg di peso corporeo somministrati in un’unica infusione in combinazione con aspirina 80-100 mg/kg/die per 4 giorni durante i primi 10
giorni della malattia.
5
immunologia
Sindrome di Kawasaki
A randomized prospective study
on the use of 2 g-IVIG or 1 g-IVIG as therapy
for Kawasaki disease
Sakata K, Hamaoka K, Ozawa S,
Niboshi A, Yoshihara T, Nishiki T,
Nakagawa Y, Kazuta K, Morimoto Y,
Kamiya Y, Yamamoto T, Horii Y, Kido S
Una singola dose di 2 g/kg di immunoglobuline (IG), denominata 2 gendovena (IV)IG, è divenuta il regime
standard per il trattamento della sindrome di Kawasaki (KD) grazie alla sua
alta efficacia preventiva sulle lesioni
arteriose coronariche (CAL). Tuttavia, le
IG sono ottenute da campioni di sangue, un inconveniente per molti
pazienti, e sono anche molto costose.
Lo studio prospettico randomizzato
qui riportato è stato intrapreso con lo
scopo di sviluppare un regime terapeutico che riducesse la dose totale di
IG. Lo studio ha valutato due protocolli (A: 2 g-IVIG; B: 1 g-IVIG) che comprendevano la strategia di somministrare
IG. Non sono state osservate differenze
significative fra i pazienti dei due sottogruppi riceventi 4 g/kg di IG in ogni
braccio di trattamento. L’analisi discriminante ha anche suggerito che il
52,4% dei pazienti nel gruppo A poteva essere trattato con solo 1 g/kg di IG.
D’altra parte, non sono state osservate
differenze significative neanche nell’incidenza di aneurismi fra pazienti del
gruppo A (1/54) e quelli del gruppo B
(4/55). Il nostro protocollo basato sulla
somministrazione di 1 g-IVIG, includente IVIG supplementari, è risultato
un trattamento efficace e un metodo
di considerevole utilità nel ridurre la
dose totale di IG.
IVIG addizionali ai pazienti IVIG-resistenti sulla base dei criteri da noi precedentemente descritti. Nel protocollo A, una dose addizionale di 2 g-IVIG
veniva somministrata una sola volta;
nel protocollo B, la prima dose addizionale di IVIG era 1 g-IVIG e la seconda era 2 g-IVIG. Centonove pazienti
ricoverati prima del settimo giorno di
malattia e che non avevano CAL al
momento del ricovero sono stati
arruolati nello studio (protocollo A: 54
pazienti; B: 55 pazienti). Nel gruppo A,
il 7,4% (4/54) dei pazienti ha ricevuto 4
g/kg di IG. Nel protocollo B, il 41,8%
(23/55) è stato trattato solo con 1 g/kg
e il 10,9% (6/55) ha ricevuto 4 g/kg di
Eur J Pediatr 2007;166(6):565-571
• Questo studio ha inteso valutare prospetticamente la possibilità di ridurre la dose iniziale di IVIG nel trattamento della sindrome da Kawasaki da 2 g/kg (braccio A) a 1 g/kg
seguiti da un’ulteriore dose di 1 g/kg in caso di resistenza (braccio B). I pazienti resistenti di entrambi i bracci ricevevano 2 g/kg di IVIG addizionali.
• Non sono state osservate differenze significative in termini di incidenza di aneurismi fra
i due gruppi, sebbene il periodo febbrile risultasse significativamente più lungo nei
pazienti trattati nel gruppo B rispetto al gruppo A.
• L’analisi statistica ha dimostrato che il 52,4% dei pazienti del gruppo A avrebbe potuto
essere trattato con la dose ridotta di 1 g/kg.
• La dose iniziale ridotta di 1 g/kg si dimostra in questo studio una terapia efficace e in
grado di ridurre i costi e i rischi associati al trattamento con emoderivati, specialmente
in vista di ulteriori indagini che permettano di definire i fattori in grado di discriminare
preventivamente i pazienti da sottoporre a trattamento con dosi di 1 o 2 g/kg.
6
immunologia
Sindrome di Kawasaki
Figura.
Schema del protocollo.
KD
Fuori dallo studio
8
1-4
Giorno
ASA o FP
5-7
A: 2 g-IVIG
B: 1 g-IVIG
Resistenza
Sì
1 g-IVIG
No
No
Resistenza
Sì
2 g-IVIG
Osservazione
Effects of steroid pulse therapy
on immunoglobulin-resistant
Kawasaki disease
Furukawa T, Kishiro M, Akimoto K,
Nagata S, Shimizu T, Yamashiro Y
Premesse: L’uso di immunoglobuline
endovena (IVIG) è ormai consolidato
come terapia iniziale della sindrome di
Kawasaki (KD), ma il trattamento dei
pazienti con KD resistente alle IVIG
rimane incerto. Obiettivo: Analizzare
gli effetti della terapia pulsed con
metilprednisolone endovena (IVMP)
paragonata alla somministrazione di
IVIG supplementari nei pazienti IVIGresistenti. Metodi: Fra il maggio 2003 e
il marzo 2006, al Juntendo University
Hospital e istituzioni affiliate, a pazienti con KD con febbre persistente o recidivante è stato somministrato IVMP
dopo una singola dose di IVIG.
L’efficacia del trattamento e l’incidenza
coronariche. Nonostante la febbre inizialmente si risolvesse più rapidamente nel gruppo IVMP-resistente, è stato
osservato un ritardo della recidiva febbrile, che alla fine ha posticipato la
risoluzione conclusiva della febbre
stessa. Conclusioni: Questi risultati
suggeriscono che la somministrazione
di IVMP rappresenta un efficace trattamento addizionale per i pazienti con
KD resistenti alle IVIG. Tuttavia, era presente una tendenza alla recidiva febbrile più ritardata nei pazienti IVMPresistenti, che potrebbe potenzialmente rallentare il processo decisionale sulla prosecuzione della terapia.
di lesioni coronariche nei pazienti che
ricevevano IVMP e in quelli trattati con
IVIG addizionale sono state analizzate
retrospettivamente e paragonate attraverso la revisione delle cartelle cliniche. Risultati: 411 pazienti con KD
erano stati trattati con una singola
dose di IVIG. Dei 63 pazienti IVIG-resistenti, a 44 era stato somministrato
IVMP e a 19 IVIG supplementari. La
terapia è stata efficace in 34 (77%) dei
pazienti trattati con IVMP e in 12 (63%)
di quelli che avevano ricevuto IVIG
supplementari. Cinque dei 10 pazienti
non responsivi a IVMP e due dei 7 non
responsivi alle IVIG addizionali hanno
sviluppato aneurismi delle arterie
Arch Dis Child 2008;93:142-146
7
immunologia
Sindrome di Kawasaki
• Lo studio ha valutato l’efficacia della terapia pulsata con metilprednisolone endovena
(IVMP) nei pazienti con sindrome di Kawasaki resistenti al trattamento di prima linea
con IVIG.
• Rispetto ai pazienti trattati con IVIG addizionali, quelli che avevano ricevuto IVMP presentavano percentuali simili di risposta (77% verso 63%) alla terapia. Tuttavia, i pazienti resistenti anche al trattamento steroideo di seconda linea hanno mostrato un trend
non significativo verso lo sviluppo di un numero maggiore di complicanze cardiache
rispetto ai pazienti resistenti alle IVIG addizionali.
• Inoltre, nonostante la febbre si risolvesse rapidamente dopo IVMP in tutti i pazienti, nei
10 pazienti non responsivi essa è recidivata in media dopo una settimana, con un conseguente ritardo nella somministrazione della terapia di terza linea. Al contrario, il gruppo di pazienti resistenti alle IVIG addizionali è stato trattato più precocemente poiché
le recidive si sono manifestate con febbre persistente o immediatamente recidivante.
• Il trattamento con steroidi dei casi resistenti di KD, pur efficace, necessita di ulteriori
indagini, in particolare riguardo al profilo di sicurezza e alla durata del periodo di riduzione progressiva della terapia necessario a prevenire le recidive.
Tabella. Confronto fra il gruppo IVMP-resistente e il gruppo IVIG addizionali-resistente
IVMP-resistente
(n = 10)
IVIG addizionali-resistente
(n = 7)
Giorno di inizio della terapia IVIG
Media (DS)
Mediana (range)
4,0 (0,47)
4 (3-5)
4,9 (2,2)
5 (2-9)
0,103
Giorno della terapia di 2a linea*
Media (DS)
Mediana (range)
6,7 (0,67)
7 (6-8)
7,9 (2,0)
8 (5-11)
0,113
Giorno della terapia di 3a linea†
Media (DS)
Mediana (range)
15,9 (2,7)
16 (11-20)
12,0 (3,6)
11 (8-19)
0,022
Giorno di risoluzione della febbre
Media (DS)
Mediana (range)
19,8 (8,2)
17 (11-35)
13,6 (5,9)
12 (9-26)
0,026
*IVMP o IVIG addizionali.
†Terapia addizionale per i non responsivi alla terapia di 2a linea.
I due gruppi sono stati analizzati mediante test U di Mann-Whitney; p <0,05 era considerato significativo.
8
p
immunologia
Sindrome di Kawasaki
Intravenous immunoglobulin in autoimmune
and inflammatory diseases: more than mere
transfer of antibodies
Sibéril S, Elluru S, Negi VS, Ephrem A,
Misra N, Delignat S, Bayary J, LacroixDesmazes S, Kazatchkine MD, Kaveri SV
Introdotte inizialmente per il trattamento delle immunodeficienze, le
immunoglobuline endovena (IVIG)
sono state progressivamente sempre
più impiegate come agenti immunomodulatori nella porpora trombocitopenica immune, nelle neuropatie
autoimmuni, nel lupus eritematoso
sistemico, nella miastenia grave, nella
te esclusivi. Questi meccanismi di
azione delle IVIG riflettono l’importanza degli anticorpi naturali nel
mantenimento dell’omeostasi immunitaria. Vengono qui discussi i recenti
progressi nella comprensione degli
effetti immunoregolatori delle IVIG.
sindrome di Guillain-Barré e nella sindrome di Kawasaki. Nonostante l’efficacia delle IVIG riportata in molte
malattie autoimmuni e infiammatorie
sistemiche, i meccanismi immunomodulatori coinvolti non sono del
tutto conosciuti e probabilmente
coinvolgono effetti Fc-dipendenti e/o
F(ab')(2)-dipendenti, non mutuamen-
Transfus Apher Sci 2007;37(1):103-107
• L’articolo di revisione discute i potenziali meccanismi d’azione dell’azione immunomodulante delle IVIG, sottolineandone la complessità e la presumibile molteplicità.
• L’effetto antinfiammatorio ben conosciuto delle IVIG può essere ricondotto al legame
del frammento Fc delle immunoglobuline ai recettori (FcγR) a varia affinità espressi su
monociti e macrofagi. Contemporaneamente, attraverso il frammento F(ab’)2, le immunoglobuline possono essere in grado di riconoscere e neutralizzare autoanticorpi patologici e inibire cloni autoreattivi di linfociti B.
• Gli Autori riportano inoltre le attuali conoscenze su potenziali effetti immunomodulatori addizionali delle IVIG: modulazione della produzione di citochine e dei loro antagonisti, attenuazione del danno complemento-mediato, effetti anti-proliferativi e proapoptotici sulle componenti cellulari del sistema immune, inibizione della differenziazione e maturazione delle cellule dendritiche, effetti mediati dagli anticorpi naturali.
• La completa comprensione dei meccanismi d’azione delle IVIG permetterà di allargare
il campo delle indicazioni cliniche e di aumentarne l’efficacia terapeutica, sperimentando ad esempio la modificazione molecolare dei frammenti Fc per ottimizzare gli effetti
Fc-dipendenti, la variazione della dose per modulare l’azione sulle cellule effettrici o la
produzione di pool di immunoglobuline con un repertorio ristretto di idiotipi.
9
immunologia
Sindrome di Kawasaki
Clinical responses of patients
with Kawasaki disease to different brands
of intravenous immunoglobulin
Tsai MH, Huang YC, Yen MH, Li CC,
Chiu CH, Lin PY, Lin TY, Chang LY
Obiettivo: Determinare se differenti
marche di immunoglobuline endovena (IVIG) somministrate a bambini con
sindrome di Kawasaki (KD) inducono
esiti differenti. Disegno dello studio:
Abbiamo analizzato bambini con KD,
suddivisi in 4 gruppi sulla base della
marca di IVIG. Una anomalia arteriosa
coronarica (CAA) è stata definita come
la presenza di un diametro del lume
(da bordo interno a bordo interno) ≥3
mm nei casi di KD di età <5 anni e ≥4
mm nei casi di età ≥5 anni; un aneurisma gigante è stato definito come un
diametro del lume ≥8 mm. I pazienti
valescenza e di mancata risposta alla
terapia (13%; 12/93, p = 0,001); un aneurisma gigante era comparso in 3/93
(3%) dei casi riceventi IVIG della Marca
C e in 0/344 dei casi trattati con le altre
3 marche (p = 0,008). Conclusioni: IVIG
preparate con β-propiolactone sono
più significativamente associate a
mancata risposta alla terapia, presenza
di CAA in convalescenza e comparsa di
aneurisma gigante. I clinici dovrebbero
essere cauti quando utilizzano IVIG
preparate con β-propiolactone o digestione enzimatica per trattare pazienti
con KD.
J Pediatr 2006;148(1):38-43
venivano considerati come non responsivi alla terapia con IVIG se la febbre persisteva per più di 2 giorni dopo
il termine del trattamento e necessitavano di ritrattamento con IVIG.
Risultati: Abbiamo raccolto 437 casi;
29 (6,6%) erano non responsivi, 17
(3,9%) presentavano una CAA durante
la convalescenza e 3 (0,7%) avevano un
aneurisma gigante, accompagnato in
2 casi da sviluppo di infarti miocardici.
I pazienti riceventi IVIG della Marca C,
preparate con β-propiolactone, presentavano maggiori percentuali (10%,
9/93; p = 0,01) di CAA durante la con-
• In questo studio retrospettivo sono stati paragonati i risultati clinici ottenuti con 4 differenti marche di IVIG nel trattamento della sindrome di Kawasaki.
• Differenze significative sono emerse fra i pazienti trattati con la Marca C (Intraglobin F;
Biotest Pharma) e quelli trattati con gli altri 3 tipi di immunoglobuline. Rispetto a questi ultimi, i riceventi del tipo C presentavano una maggiore percentuale di resistenza al
trattamento (odds ratio: 3,02; IC 95%: 1,36-6,71; p = 0,007) e di sviluppare un aneurisma
coronarico durante la convalescenza (odds ratio: 4,7; IC 95%: 1,7-12,7; p = 0,0025).
Inoltre, tutti e 3 i pazienti colpiti da aneurisma gigante erano stati trattati con il tipo C.
• Questi risultati potrebbero essere legati all’uso, nella preparazione delle IVIG classificate come tipo C, del β-propiolactone per eliminare attività anticomplementare e virus
dalla soluzione. Questa sostanza provoca infatti un’alterazione del frammento Fc delle
IgG, ritenuto essenziale per l’azione immunomodulante delle IVIG.
Tabella. Risposte cliniche nei pazienti con KD trattati con 4 differenti marche di IVIG
Fattori
Febbre dopo IVIG (giorni)
Non responsività
CAA in stadio acuto
CAA in convalescenza
Aneurisma gigante
10
Totale
(n = 437)
1 (0-20)
29 (6,6%)
29 (6,6%)
17 (3,9%)
3 (0,7%)
Marca A (Alpha) Marca B (Bayer) Marca C (Biotest) Marca D (CBSF)
(n = 91)
(n = 182)
(n = 93)
(n = 71)
1 (0-11)
10 (11%)
5 (5%)
4 (4%)
0 (0%)
1 (0,5-6)
2 (1%)
11 (6%)
3 (2%)
0 (0%)
1 (0,5-20)
12 (13%)
7 (8%)
9 (10%)
3 (3%)
1 (0,5-8)
5 (7%)
6 (8%)
1 (1%)
0 (0%)
p
0,69
0,001
0,86
0,01
0,03
ematologia
Valeria Santini
Anemie emolitiche e trapianto
Professore Associato di Malattie del Sangue
UF Ematologia
Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi
Università di Firenze
La comparsa di anemia emolitica rappresenta un ben nota
ti particolarmente a rischio. Più scarsi i dati relativi alla fre-
complicanza del trapianto allogenico di cellule staminali e
quenza di anemia emolitica autoimmune post-trapianto
dei trapianti di organi solidi ma anche, in alcuni casi, dei tra-
nei bambini.
pianti autologhi. Dopo allotrapianto, l’emolisi immune delle
Il trattamento delle anemie emolitiche autoimmuni post-
emazie può essere classificata come alloimmune o autoim-
trapianto è particolarmente difficile, poiché esse spesso
mune. Il primo caso è dovuto generalmente a una incom-
non rispondono alle terapie convenzionali, a differenza di
patibilità ABO fra donatore e ricevente: in questo caso la
quanto si osserva nei pazienti non trapiantati. Le opzioni
comparsa di anemia emolitica è rapida e generalmente si
terapeutiche includono i corticosteroidi, i farmaci immuno-
risolve entro poche settimane. Nel caso di anemie emoliti-
soppressori, le immunoglobuline endovena (IVIG) e il pla-
che autoimmuni, si ritiene che anticorpi del donatore reagi-
sma exchange, a cui recentemente si è aggiunto l’anticorpo
scano con emazie dello stesso donatore, con meccanismi
monoclonale anti-CD20 rituximab. Deve essere sottolinea-
simili a quelli che determinano la comparsa di anemia emo-
to che la maggior parte delle casistiche riporta una progno-
litica autoimmune nei soggetti non trapiantati. Parallela-
si particolarmente grave per i pazienti che sviluppano
mente, può essere mantenuta la distinzione fra emolisi da
un’anemia emolitica post-trapianto, non solo per la mag-
anticorpi caldi (IgG), freddi (IgM) o bifasici, con i primi più
giore severità della malattia ma anche, e soprattutto, per la
frequentemente responsabili di anemie emolitiche clinica-
particolare situazione immunologica di questi pazienti.
mente significative.
Molti decessi, infatti, non sono dovuti direttamente all’emo-
La frequenza riportata di anemie emolitiche autoimmuni
lisi acuta, ma piuttosto alle complicanze infettive dei tratta-
dopo trapianto allogenico di cellule staminali oscilla intor-
menti immunosoppressori, particolarmente delicati da
no al 3-5%, ben superiore a quella osservata nella popola-
somministrare a pazienti che presentano già un altissimo
zione generale. Tuttavia, i meccanismi che inducono la
rischio infettivo. Recentemente, è stato anche riportato un
comparsa di emolisi nei pazienti trapiantati non sono noti,
caso di insufficienza epatica fulminante conseguente al
ma probabilmente si iscrivono nel quadro di generale alte-
trattamento con rituximab di una anemia emolitica autoim-
rata regolazione del sistema immune presente in questi
mune in una paziente sottoposta a trapianto allogenico per
pazienti. Inoltre, le anemie emolitiche che compaiono nei
leucemia mieloide cronica (Qazilbash et al.). In generale, la
pazienti trapiantati sono spesso particolarmente gravi e
terapia steroidea e la recente alternativa con il rituximab
resistenti ai trattamenti. In una casistica di 272 pazienti
hanno mostrato di essere efficaci in una certa percentuale
adulti sottoposti ad allotrapianto per neoplasie ematologi-
di casi di anemia emolitica post-trapianto.
che, l’incidenza cumulativa a 3 anni è stata del 4,44% (Sanz
Il razionale per l’utilizzo delle IVIG nell’anemia emolitica
et al.). La maggior parte dei pazienti ha sviluppato l’anemia
autoimmune risiede nella patogenesi della malattia e nel
emolitica entro il primo anno dal trapianto, ma in circa un
possibile effetto neutralizzante delle IVIG infuse. L’emolisi
quarto dei casi essa si è manifestata da 1 a 2 anni dopo. I
delle emazie opsonizzate dagli autoanticorpi presenti sulla
pazienti riceventi un trapianto da donatore non correlato e
loro superficie si ritiene sia mediata dai recettori per i fram-
quelli che hanno sviluppato una GVHD cronica sono risulta-
menti Fc e per il complemento espressi dalle cellule macro-
11
ematologia
12
fagiche. In modelli animali, i recettori FcγR presenti sulla
delle infezioni da CMV ha fatto ipotizzare una patogenesi
superficie dei macrofagi splenici ed epatici appaiono gioca-
immuno-mediata, e contemporaneamente suggerito gli
re un ruolo critico nella distruzione dei globuli rossi. La som-
effetti benefici dell’azione immunomodulante delle IVIG nei
ministrazione di IVIG può indurre la saturazione dei recetto-
pazienti trapiantati. Così come clinicamente efficace è stato
ri FcγR monocito-macrofagici e contemporaneamente,
descritto il trattamento con IVIG in caso di sindrome uremi-
attraverso il frammento F(ab’)2, il riconoscimento e la neu-
co-emolitica (HUS), una complicanza dei trapianti solidi
tralizzazione degli autoanticorpi patologici e dei cloni auto-
generalmente associata all’impiego di ciclosporina e carat-
reattivi di linfociti B. Nei pazienti trapiantati, si ritiene che la
terizzata da anemia emolitica microangiopatica, piastrino-
comparsa di anemia emolitica sia legata a una generale
penia e insufficienza renale acuta. Nel caso descritto da Wen
alterazione del sistema immune, che si trova a essere sotto-
e Chen), in una donna sottoposta a trapianto renale con
posto a una drammatica distruzione e conseguente ricosti-
insorgenza di HUS in cui la terapia con plasma exchange era
tuzione. In questa situazione, la comparsa di cloni autoim-
stata interrotta a causa di complicanze emorragiche, la
muni non è sorprendente, probabilmente a causa anche
somministrazione di IVIG si è rivelata una terapia efficace e
dell’interazione di fattori genetici, infettivi (fra questi è stata
senza controindicazioni. In particolare la facilità di impiego
suggerita l’infezione da CMV) e ambientali. Come in altri
e la mancanza di rischi emorragici in questo gruppo di
casi, i complessi effetti immunomodulatori delle IVIG
pazienti con piastrinopenia anche grave possono rendere il
potrebbero agire su molti componenti del sistema immuni-
trattamento con IVIG un’opzione terapeutica attraente.
tario del paziente trapiantato, inclusi gli effettori cellulari e
Quanto al meccanismo d’azione, per quanto poco noto,
le cellule presentanti l’antigene professionali, con un risul-
sono state ipotizzate tanto la neutralizzazione di fattori cito-
tato complessivo che va oltre la semplice azione sugli auto-
tossici responsabili del danno vascolare e di fattori aggre-
anticorpi. Inoltre, la scarsa tossicità può renderle un’alterna-
ganti piastrinici, quanto un’inibizione dell’attivazione del
tiva terapeutica efficace nei pazienti trapiantati, rispetto ai
complemento.
rischi associati ai trattamenti a forte azione immunosop-
Le anemie emolitiche che insorgono nei pazienti sottoposti
pressiva.
a trapianto presentano quindi una notevole difficoltà tera-
Nei riceventi di trapianti di organo, la comparsa di anemia
peutica, legata alle particolari condizioni cliniche e immu-
emolitica è stata riportata con una certa frequenza.
nologiche di questi soggetti. Vanno quindi individuati trat-
L’osservazione, effettuata nei casi di trapianto di polmone,
tamenti in grado di esercitare una buona efficacia terapeu-
di una minore incidenza di casi di anemia emolitica nei
tica senza rappresentare una ulteriore terapia ad alta tossi-
pazienti sottoposti a profilassi con IVIG per la prevenzione
cità.
ematologia
Anemie emolitiche e trapianto
Autoimmune hemolytic anemia following
allogeneic hematopoietic stem cell transplantation
in adult patients
Sanz J, Arriaga F, Montesinos P, Ortí G,
Lorenzo I, Cantero S, Puig N, Moscardó F,
de la Rubia J, Sanz G, Sanz MA
L’anemia emolitica autoimmune (AIHA)
conseguente al trapianto allogenico
di cellule staminali ematopoietiche
(HSCT) è una condizione non ancora
ben caratterizzata. Lo scopo di questo
studio è stato di analizzare l’incidenza
e i fattori di rischio per lo sviluppo di
AIHA, così come la prognosi e la risposta al trattamento, in una serie di
pazienti sottoposti ad HSCT allogenico
presso una singola istituzione. Fra il
1996 e il 2004, 272 pazienti adulti con
una varietà di emopatie maligne
(p = 0,02) e lo sviluppo di una estesa
graft-versus-host-disease (GVHD) cronica (p = 0,0004) erano i soli fattori indipendenti associati con la comparsa di
AIHA. Due pazienti sono ancora in vita.
L’AIHA non è mai stata la causa primaria del decesso, ma ha aggiunto morbilità in pazienti con altre complicazioni
concomitanti. I pazienti che eseguono
un HSCT da donatore non correlato e
quelli che sviluppano una estesa GVHD
cronica sono particolarmente esposti a
questa complicazione.
Bone Marrow Transplant 2007;39(9):555-561
hanno eseguito un HSCT allogenico.
Il test antiglobuline diretto veniva eseguito durante i test di compatibilità
pre-trasfusione di routine oppure in
caso di sospetto clinico di AIHA. Dodici
pazienti hanno sviluppato una AIHA
dopo HSCT, a un tempo mediano di
147 giorni (range, 41-170). L’incidenza
cumulativa di AIHA a 3 anni è stata
del 4,44%. Sono stati identificati 8 casi
di anticorpi freddi e 4 di anticorpi
caldi. L’analisi multivariata mostra che
un HSCT da donatore non correlato
Figura.
Incidenza cumulativa
di anemia emolitica
autoimmune in relazione
al tipo di donatore e allo
sviluppo di GVHD cronica.
Probabilità
Probabilità
• In questo studio viene analizzata l’incidenza di anemia emolitica autoimmune nei riceventi adulti di trapianto allogenico di cellule staminali.
• Su una casistica di 272 pazienti, l’incidenza cumulativa a 3 anni è stata del 4,44%, per un
totale di 12 casi comparsi a una media di 5 mesi dopo il trapianto.
• Fattori predisponenti sono risultati essere il trapianto da donatore non correlato e lo
sviluppo di GVHD cronica estesa.
• I pazienti sono stati trattati prevalentemente con steroidi, e in due casi con rituximab, ma
anche in questa casistica, la mortalità è stata molto alta. I decessi non sono stati dovuti direttamente all’iperemolisi, ma in gran parte a infezioni, con una
p = 0,02
0,2
alta incidenza di infeDonatore non correlato 9%
zioni virali e da CMV,
probabilmente associaFratello HLA-identico 2,6%
0
te alle terapie immuno0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10
soppressive somminiAnni
strate a questi pazienti.
0,2
p = 0,01
GVHD cronica estesa 10,9%
Assenza di GVHD cronica estesa 1,6%
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Anni
13
ematologia
Anemie emolitiche e trapianto
Rituximab-induced acute liver failure after
an allogeneic transplantation
for chronic myeloid leukemia
Qazilbash MH, Qu Z, Hosing C, Couriel D,
Donato M, Giralt S, Champlin R
L’anemia emolitica autoimmune (AIHA)
rappresenta una ben nota complicazione del trapianto allogenico di midollo
osseo (BMT) e può colpire fino al 5% dei
pazienti. Recentemente, diversi casi
riportati in letteratura hanno suggerito
l’efficacia dell’anticorpo monoclonale
anti-CD20, rituximab, nel trattamento
tica autoimmune che non ha risposto agli steroidi, alle immunoglobuline endovena e al plasma exchange.
La paziente è stata quindi trattata
con rituximab, che ha però indotto
una tossicità epatica acuta ad esito
fatale.
di questa condizione. Riportiamo qui
la nostra esperienza con una paziente
di 21 anni con leucemia mieloide cronica in fase accelerata che ha eseguito
un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche da un donatore compatibile non correlato. La paziente ha sviluppato un’anemia emoli-
Am J Hematol 2005;80(1):43-45
• L’articolo riporta un caso di anemia emolitica autoimmune resistente alle terapie insorta dopo un trapianto allogenico da donatore non correlato.
• Nell’anamnesi della paziente, affetta da leucemia mieloide cronica, vi era una atresia
biliare congenita trattata con epatoportoenterostomia. Una anemia emolitica, con test
di Coombs diretto positivo, si è sviluppata circa 3 mesi dopo il trapianto.
• Il trattamento ha compreso, in successione: metilprednisolone 1 mg/kg, ridotto progressivamente per 2 settimane, IVIG alla dose di 0,5 g/kg/die per 4 giorni, plasma
exchange per 2 settimane e due dosi di rituximab 375 mg/m2. A seguito di quest’ultimo
trattamento, la paziente ha sviluppato un’insufficienza epatica fulminante ad esito fatale.
• Il meccanismo attraverso il quale la somministrazione di rituximab abbia potuto precipitare il danno epatico non è chiaro, ma il caso illustra le potenziali difficoltà legate al
trattamento delle anemie emolitiche nei pazienti post-allotrapianto, particolarmente
fragili.
Figura.
14
Incidenza cumulativa di anemia
emolitica autoimmune in
relazione al tipo di donatore e allo
sviluppo di GVHD cronica.
ematologia
Anemie emolitiche e trapianto
Rescue treatment for cyclosporine-associated
hemolytic-uremic syndrome with intravenous
immunoglobulin
Wen YK, Chen ML
La sindrome uremico-emolitica (HUS)
è una rara complicanza che compare
nei riceventi di trapianti di organo o di
midollo osseo trattati con gli inibitori
della calcineurina ciclosporina o tacrolimus. Riportiamo qui il caso di una
donna di 30 anni ricevente di un trapianto renale da cadavere, trattata con
ciclosporina, che ha sviluppato una
HUS nel primo periodo post-trapianto.
ti dall’inserimento di un catetere a doppio lume. È stata quindi somministrata
una terapia con immunoglobuline endovena (IVIG) come trattamento alternativo. La risoluzione ematologica è
avvenuta rapidamente e la funzione
renale è ripresa senza problemi. Il caso
da noi presentato suggerisce gli effetti
benefici delle IVIG nel trattamento
della HUS associata a ciclosporina.
Clin Nephrol 2006;66(1):58-62
I reperti bioptici dell’allotrapianto renale mostravano le caratteristiche lesioni
da microangiopatia trombotica e nefrotossicità acuta da ciclosporina. La
ciclosporina è stata interrotta e il trattamento della paziente continuato con
tacrolimus in associazione con plasma
exchange. Purtroppo, le procedure di
plasma exchange sono state interrotte
da complicazioni emorragiche risultan-
• In questo articolo viene riportato il caso di una paziente, ricevente di un trapianto renale, che ha sviluppato una sindrome uremico-emolitica dopo 7 giorni dal trapianto. Un
iniziale trattamento con plasma exchange ha dovuto essere interrotto per complicanze
emorragiche al sito di inserzione del catetere causate dalla
ridotta conta piastrinica.
• La paziente ha risposto rapidamente, con una completa riso7
200
luzione della piastrinopenia e
6
5
dell’anemia, alla terapia con
150
4
IVIG (0,4 g/kg/die per 7 giorni
100
3
consecutivi).
2
• La terapia con IVIG rappresen50
1
ta un’alternativa terapeutica
efficace, semplice da somministrare e priva dei rischi emorra2500
9
gici associati alle procedure di
2000
8
plasma exchange nei pazienti
con piastrinopenia da sindro1500
7
me uremico-emolitica.
1000
6
0
Figura.
5
10
15
20
25
30
Sommario dell’andamento clinico.
15
neurologia
Sclerosi multipla
16
Adriano Chiò
Professore Associato di Neurologia
Dipartimento di Neuroscienze,
Università degli Studi di Torino
La sclerosi multipla (MS) è una malattia infiammatoria demie-
to con interferon-β: in uno studio randomizzato, i pazienti
linizzante che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC),
trattati con IVIG presentavano una riduzione del 47% della
caratterizzata essenzialmente da infiammazione perivascola-
percentuale di recidive e un miglioramento della disabilità
re, demielinizzazione focale, danno assonale e alterazione
neurologica di 0,4 unità (scala EDSS) rispetto a una diminuzio-
della barriera emato-encefalica. Sebbene in un primo periodo
ne delle recidive del 32% e nessun miglioramento neurologi-
i sintomi tendano a regredire e a ripresentarsi spontaneamen-
co osservati nei pazienti del braccio interferon. Tuttavia, l’effi-
te (MS remittente-recidivante o intermittente), con il passare
cacia terapeutica delle IVIG è risultata minore nelle forme
del tempo le remissioni diventano meno complete e i pazien-
secondariamente progressive di MS, dove non sono stati
ti possono manifestare un lento peggioramento anche senza
riscontrati effetti benefici né sulla progressione della disabilità
nuove ricadute (MS cronica secondariamente progressiva).
neurologica né sulle lesioni cerebrali misurate con RM. È stata
Solo in una minoranza di casi un peggioramento lento e con-
tuttavia riportata una minore riduzione del volume cerebrale
tinuo è presente fin dalle prime fasi della malattia (MS cronica
nei pazienti trattati con IVIG rispetto a quelli a cui veniva som-
primariamente progressiva).
ministrato un placebo, dato che potrebbe suggerire una par-
Come in altre patologie auto-immunitarie, la terapia con
ziale protezione delle funzioni cognitive. Altrettanto scarsa di
immunoglobuline endovena (IVIG) si è dimostrata utile nel
risultati clinici è stata la sperimentazione dell’aggiunta di IVIG
trattamento della MS, che rimane comunque una malattia
ai corticosteroidi nel trattamento degli attacchi acuti.
per la quale non è stata ancora individuata una cura definiti-
Nel complesso, pertanto, le IVIG hanno oggi un ruolo clinica-
va. Le terapie di prima linea attualmente in uso, infatti, ossia
mente ben definito nel trattamento di alcune forme di MS, in
l’interferon-β e il glatiramer acetato, sono solo parzialmente
cui hanno dimostrato una sicura efficacia. Diverse domande
efficaci nel rallentare l’attività e la progressione della malattia.
rimangono tuttavia ancora aperte riguardo all’impiego delle
I corticosteroidi vengono invece impiegati essenzialmente
IVIG nei pazienti con MS, in particolare l’indicazione al tratta-
nel trattamento delle riacutizzazioni, mentre farmaci come il
mento precoce, il meccanismo della loro azione terapeutica
methotrexate, il mitoxantrone e l’azatioprina possono essere
e, infine, il loro profilo di sicurezza.
indicati in alcune categorie di pazienti.
A causa dell’andamento intermittente che la malattia spesso
In questo quadro, ancora largamente carente di cure efficaci,
presenta inizialmente, non è sufficiente la comparsa transito-
l’azione immunomodulante delle IVIG rappresenta un’alterna-
ria di un primo sintomo neurologico per poter porre diagno-
tiva terapeutica attraente. Come ampiamente riassunto nel-
si definitiva di MS. Questa richiede infatti la comparsa di un
l’articolo di revisione di Achiron e Miron, numerosi studi rando-
secondo evento neurologico o la dimostrazione di una disse-
mizzati hanno valutato l’efficacia del trattamento con IVIG
minazione delle lesioni alla RM. Tuttavia, la maggior parte dei
nella MS. In particolare nelle forme intermittenti, le IVIG hanno
pazienti presenta un secondo attacco entro un anno dal-
dimostrato di avere un effetto benefico sulla progressione
l’esordio del primo e un precoce deterioramento delle capa-
della disabilità neurologica, sull’estensione delle lesioni cere-
cità cognitive, suggerendo l’utilità di un trattamento subito
brali e sulla comparsa di recidive. In queste forme, la terapia
dopo il primo evento suggestivo di MS. La terapia immuno-
con IVIG è stata anche confrontata direttamente al trattamen-
modulante con interferon-β ha dimostrato la propria utilità in
neurologia
Sclerosi multipla
questo ambito in due studi randomizzati. Recentemente, è
occupazioni sollevate da alcune fonti, in particolare per
stato sperimentato anche il ruolo del trattamento con IVIG
quanto riguarda la comparsa di insufficienza renale ed even-
nei pazienti che sintomi suggestivi di MS. I risultati positivi
ti tromboembolici, il trattamento con IVIG sembra in realtà
ottenuti, in termini di riduzione della percentuale di diagno-
essere estremamente sicuro. In un’analisi su 293 pazienti
si definitive entro un anno e di riduzione delle lesioni cere-
(Katz et al.), su un totale di 9281 dosi di IVIG somministrate
brali, supportano l’utilizzo della terapia con IVIG anche in
(0,4 g/kg di peso corporeo), l’evento avverso più comune è
questa categoria di pazienti.
risultato essere la cefalea, comparsa nel 12,6% dei casi
Tuttavia, i meccanismi alla base dell’azione terapeutica delle
durante il periodo di trattamento di attacco. Nei periodi di
IVIG nella MS sono ancora lontani dall’essere completamente
mantenimento (con dosi ogni 6 settimane anziché giorna-
conosciuti. Come riportato nell’articolo di Antel e Bar-Or, un
liere), la percentuale totale di eventi avversi scendeva poi al
ruolo patogenetico delle immunoglobuline nei danni neuro-
4,4% o meno. Nel complesso, gli eventi avversi più frequen-
logici indotti dalla MS è suggerito dalla restrizione, con eviden-
temente osservati sono stati: cefalea, astenia, brividi, febbre,
ze di mutazioni somatiche, del repertorio dei linfociti B e delle
vomito e nausea, nessuno di questi di grado 3 o 4, confer-
plasmacellule estratti dal liquor e dalle lesioni di pazienti con
mando un profilo di sicurezza più che accettabile.
MS. Inoltre, nelle stesse sedi sono stati isolati autoanticorpi
In tema di sicurezza del trattamento, un punto da sottoli-
diretti verso specifici antigeni mielinici, MOG in particolare,
neare è quello delle gravidanze. Molte pazienti con MS svi-
sebbene rimanga da stabilire se essi non riflettano semplice-
luppano la malattia durante il periodo riproduttivo e sia la
mente l’attivazione sistemica di cellule B di memoria e plasma-
gravidanza stessa sia il periodo post partum comportano
cellule, penetrate nel SNC attraverso i danni alla barriera
un aumento del rischio di esacerbazioni acute. Il pericolo di
emato-encefalica. Indipendentemente dal ruolo patogenetico
aborto e di malformazioni fetali suggerisce l’interruzione
degli anticorpi, comunque, il trattamento con IVIG è potenzial-
del trattamento con interferon e glatiramer acetato almeno
mente in grado di agire su molteplici componenti delle rispo-
3 mesi prima della gestazione e durante tutto il periodo
ste immuni e la sua azione terapeutica potrebbe essere legata
della gravidanza, esponendo le pazienti con MS a un
tanto alla neutralizzazione di anticorpi patologici quanto a
aumentato rischio di riacutizzazioni della malattia. Al con-
meccanismi diversi, inclusi il riconoscimento di recettori su lin-
trario, la terapia con IVIG si è dimostrata sicura durante la
fociti T attivati, l’inibizione di molecole di adesione e la modu-
gravidanza in donne con MS (Achiron e Miron), non associa-
lazione dell’attivazione del complemento e delle citochine
ta alla comparsa di eventi avversi gravi né per la madre né
infiammatorie.
per il neonato e contemporaneamente in grado di ridurre
È importante, comunque, la dimostrazione, ottenuta in un
la percentuale di recidive nel periodo post partum, rappre-
modello animale di encefalomielite autoimmune sperimen-
sentando quindi un’efficace opzione terapeutica in queste
tale (Jorgensen et al.), che le IVIG sono in grado di penetrare
pazienti.
nel SNC e accumularsi nei tessuti nervosi (in particolare cer-
La terapia con IVIG nella MS presenta un’efficacia ben defini-
velletto, tronco cerebrale e midollo spinale) degli animali
ta in alcune situazioni cliniche (forme emittenti, episodi sug-
trattati, con una localizzazione selettiva in corrispondenza
gestivi di MS, pazienti in gravidanza), in assenza di una tossi-
dei focolai infiammatori. Qualunque sia il meccanismo di
cità significativa. Una migliore conoscenza dei meccanismi
azione delle IVIG nella MS, esse sono potenzialmente in
di azione, probabilmente complessi, alla base della loro azio-
grado non solo di agire perifericamente sul sistema immuni-
ne terapeutica potrà forse permettere, in un prossimo futu-
tario, ma anche di influenzare le risposte immuni locali.
ro, un ulteriore miglioramento dell’efficacia e un allargamen-
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, nonostante le pre-
to delle indicazioni.
17
Sclerosi multipla
neurologia
Intravenous immunoglobulin
and multiple sclerosis
Achiron A, Miron S
Le immunoglobuline endovena (IVIG)
sono state usate come terapia immunomodulante per il trattamento della
sclerosi multipla (MS). In questa rasse-
modulano le vie immunologiche coinvolte nella MS.
gna riassumiamo i dati più recenti provenienti dagli studi clinici sulla terapia
con IVIG nella MS e i possibili meccanismi di azione attraverso i quali le IVIG
Clin Rev Allergy Immunol 2005;29(3):247-254
• Questo lavoro di revisione riassume gli studi clinici più recenti che hanno indagato il
ruolo terapeutico delle IVIG nella MS, riportando i dati che dimostrano l’efficacia del
trattamento con IVIG nella MS intermittente e nei pazienti con un primo attacco suggestivo della malattia.
• Vengono inoltre riportati i risultati a favore dell’efficacia del trattamento con IVIG in gravidanza nel ridurre le recidive di malattia favorite dalla gravidanza e dal periodo post
partum, in assenza delle controindicazioni e degli effetti collaterali esistenti per gli altri
agenti immunomodulatori.
• Le IVIG dimostrano invece una minore efficacia terapeutica nelle forme avanzate e progressive di MS (nonostante un effetto protettivo sul volume cerebrale) e in associazione ai corticosteroidi nella terapia degli attacchi acuti.
• Il lavoro esamina anche i dati disponibili sui meccanismi dell’azione terapeutica delle
IVIG nella MS. Tra gli altri effetti, le IVIG sembrano in grado di bloccare i recettori Fc sulle
cellule B, inibire l’attivazione dei linfociti T, ostacolare il riconoscimento antigenico
MHC-dipendente, indurre apoptosi dei linfociti T, modulare la produzione di citochine,
diminuire l’espressione di molecole di adesione e legare competitivamente i componenti del complemento.
18
neurologia
Sclerosi multipla
Roles of immunoglobulins and B cells
in multiple sclerosis:
from pathogenesis to treatment
Antel J, Bar-Or A
Le immunoglobuline (Ig) sono da
lungo tempo implicate nel decorso
della malattia nella sclerosi multipla
(MS). La più antica e forse ancora la più
costante anomalia immunologica di
laboratorio nella MS è l’aumentata
concentrazione di Ig nel liquor dovuta
alla sintesi intratecale di anticorpi.
L’analisi delle Ig nel liquor, in termini di
velocità di produzione e di restrizione
(bande oligoclonali), rimane un criterio diagnostico di supporto per la MS.
B giochino nel mediare o regolare le
risposte immuni implicate nella MS.
Una questione connessa è se strategie
terapeutiche ad azione mirata su cellule B o Ig possano essere efficaci nella
MS.
Nonostante studi su larga scala, come
l’analisi di 1000 casi riportata da Ebers
e Paty,* la correlazione fra i profili delle
Ig nel CSF e specifici fenotipi della
malattia rimane una sfida. Più recentemente, dati provenienti da modelli
animali e diversi studi nell’uomo suggeriscono che anche le funzioni anticorpo-indipendenti delle cellule B
potrebbero essere implicate nella
patogenesi della MS. Questo articolo
esamina quale ruolo le Ig e/o le cellule
J Neuroimmunol 2006;180(1-2):3-8
*Ebers GC, Paty DW. CSF electrophoresis in
one thousand patients. Can J Neurol Sci
1980;7(4):275-280
• L’articolo di revisione cerca di rispondere alla questione del ruolo patogenetico degli
anticorpi nella MS.
• Nonostante non sia possibile indurre la malattia attraverso il trasferimento passivo di
anticorpi, contrariamente a quanto osservato con linfociti T autoreattivi, anticorpi e cellule B estratti dalle lesioni presentano una chiara restrizione anticorpale e un danno tissutale Ig-mediato nella MS rimane un’interessante possibilità.
• Viene anche sottolineato come, indipendentemente dal loro ruolo patogenetico, gli
anticorpi presenti nel liquor e nel siero di pazienti con MS rappresentino comunque un
utile biomarker per seguire l’attività e l’evoluzione della malattia.
• Infine, vengono riassunti i possibili meccanismi immunitari che mediano il ruolo terapeutico delle IVIG nel trattamento della MS.
Tabella. Possibili meccanismi di azione delle IVIG nella MS
Fab-mediati: riconoscimento di molecole implicate nella malattia
Legame anti-id
Neutralizzazione di anticorpi patologici e modifica del repertorio di cellule B
Riconoscimento di recettori su cellule T e B attivate
Riconoscimento di molecole del complemento
Fc-mediati: formazione di aggregati o monomeri
Inibizione o aumento della fagocitosi (blocco dei FcR)
Modulazione dell’attivazione del complemento
Induzione di citochine antinfiammatorie
Aumento del catabolismo auto-Ig
Non Ig-mediati: inclusione di molecole di derivazione plasmatica, come HLA solubile, citochine inibitorie
Riduzione dell’adesione leucocitaria
Rigenerazione stimolata dalle Ig germ-line
19
Sclerosi multipla
neurologia
IVIG enters the central nervous system during
treatment of experimental autoimmune
encephalomyelitis and is localised to inflammatory
lesions
Jorgensen SH, Storm N, Jensen PE,
Laursen H, Sorensen PS
Il trattamento con immunoglobuline
endovena (IVIG) riduce la percentuale
di recidiva nella sclerosi multipla (MS)
intermittente e può interferire con la
patogenesi della MS grazie alle sue
numerose proprietà antinfiammatorie
e immunomodulatorie. Non è al
momento noto se le IVIG penetrino
all’interno del sistema nervoso centrale
(SNC) in quantità sufficiente a influenzare la risposta immune locale dentro il
cervello e il midollo spinale o se gli
effetti del trattamento siano interamente dovuti all’azione periferica delle IVIG
minori di legame d’organo delle 99mTcIVIG sono stati osservati nel fegato e nel
rene di animali con EAE. La localizzazione delle 99mTc-IVIG nel tessuto cerebrale
è stata visualizzata con autoradiografia,
che ha rivelato un accumulo significativo di IVIG solo nelle aree interessate
anche da infiammazione perivascolare
e infiltrazione di proteine sieriche. In
conclusione, i risultati indicano che uno
stravaso di IVIG nel SNC avviene solo
quando la funzione della barriera
emato-encefalica è compromessa, in
corso di EAE.
stesse. Lo scopo del presente studio è
stato di valutare se IVIG radiomarcate
con 99mTc entrassero nel SNC durante il
trattamento di un’encefalomielite
autoimmune sperimentale (EAE) nel
ceppo di ratti sensibili Dark Agouti.
Dopo la somministrazione in vivo di
99m
Tc-IVIG abbiamo osservato un accumulo significativamente aumentato nel
cervello e nel midollo spinale di ratti
con EAE. L’accumulo di 99mTc-IVIG non
era rilevabile nei tessuti del SNC provenienti da animali di controllo. In campioni di tessuto periferico, aumenti
Exp Brain Res 2007;178(4):462-469
• In questo studio su un modello animale di encefalomielite autoimmune, la somministrazione di IVIG radiomarcate ha permesso di stabilire che le IVIG infuse erano effettivamente in grado di penetrare all’interno del SNC degli animali trattati, accumulandosi
nei tessuti cerebrali e spinali.
• I risultati consentono di chiarire un punto importante del meccanismo di azione terapeutico delle IVIG nella MS, confermando il loro potenziale coinvolgimento nelle risposte immuni a livello delle lesioni.
• Lo studio dimostra inoltre che le IVIG hanno il potenziale di influenzare localmente le
reazioni immuni quando lo sviluppo di lesioni attive è associato a un’alterazione della
barriera emato-encefalica. L’osservazione può in parte spiegare la maggior efficacia del
trattamento con IVIG nell’arrestare lo sviluppo di una MS clinicamente definita e nel
ridurre la frequenza degli attacchi nelle forme intermittenti rispetto ai ridotti benefici
clinici osservati nei casi di MS progressiva secondaria.
20
neurologia
Figura.
Sclerosi multipla
Biodistribuzione delle 99mTc-IVIG in campioni del SNC (sinistra) e di tessuti periferici (destra).
Le barre piene rappresentano gli animali con EAE, le barre vuote gli animali di controllo.
Controlli
EAE
Controlli
4,0
1,0
EAE
*
3,5
*
0,5
*
*
*
*
*
%ID/g
%ID/g
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
0,0
Prosencefalo Cervelletto
Tronco
encefalico
Midollo
spinale
cervicale
Midollo
spinale
lombare
Cuore
Polmone Fegato
Long term safety of IVIG therapy
in multiple sclerosis:
10 years experience
La sclerosi multipla (MS) è una malattia
demielinizzante cronica del sistema
nervoso centrale (SNC). La maggior
parte dei pazienti con MS presenta un
andamento intermittente, con una
progressiva disabilità neurologica che
si accumula nel corso degli anni. Le
immunoglobuline endovena (IVIG)
hanno dimostrato di essere efficaci nel
trattamento di alcuni pazienti con MS
intermittente. In letteratura, sono state
sollevate preoccupazioni riguardo gli
eventi avversi associati alla terapia con
IVIG, soprattutto insufficienza renale
acuta ed eventi tromboembolici.
Abbiamo esaminato il profilo di sicurezza del trattamento con IVIG in una
vasta coorte di 293 pazienti con MS
intermittente, trattati con una dose di
attacco iniziale di IVIG (0,4 g/kg di peso
corporeo/die, per 5 giorni consecutivi)
e infusioni addizionali di dosi di mantenimento (0,4 g/kg peso corporeo/dose, ogni 6 settimane). È stato
somministrato un totale di 9281 dosi
di IVIG durante un periodo medio di
trattamento pari a 3,8 ± 3,5 anni
(range 3 mesi-10 anni). L’evento avverso principale durante il periodo di
attacco è stato la cefalea, comparsa
Rene
Milza
Muscolo
Katz U, Kishner I, Magalashvili D,
Shoenfeld Y, Achiron A
Autoimmunity 2006;39(6):513-517
nel 12,6% dei pazienti. La percentuale
annuale di tutti gli eventi avversi
durante il mantenimento con IVIG era
del 4,4% nel primo anno, con una tendenza a diminuire ogni ulteriore anno
di trattamento. Gli eventi avversi comparsi durante la dose di attacco non
erano correlati agli eventi avversi della
fase di mantenimento. Non sono stati
registrati eventi avversi gravi.
Concludiamo che la terapia con IVIG è
sicura nella MS, sia sul corto sia sul
lungo periodo.
21
Sclerosi multipla
neurologia
• Lo studio ha valutato l’incidenza di eventi avversi in una vasta coorte di 293 pazienti
con MS intermittente trattati con IVIG per un periodo medio di quasi 4 anni, con un
massimo di 10 anni di trattamento.
• Il 23,9% dei pazienti ha mostrato un evento avverso (principalmente cefalea) durante la
fase di attacco, e il 4,4% durante il primo anno della fase di mantenimento. Successivamente la frequenza di eventi avversi è progressivamente diminuita fino allo 0,9%
durante il quinto anno.
• Tutti gli eventi avversi osservati sono stati leggeri e transitori. Non sono stati registrati
casi di insufficienza renale, né di complicazioni tromboemboliche, né di anafilassi.
• La terapia con IVIG è risultata notevolmente sicura, in particolare se viene utilizzato un
metodo di infusione lenta (dosi giornaliere somministrate in non meno di 8 ore), in
associazione con una buona idratazione, in pazienti senza fattori di rischio per tromboembolismo o insufficienza renale, e dosi di mantenimento di 0,4 g/kg ogni 6 settimane.
Tabella. Incidenza di eventi avversi durante la fase di attacco
Tipologia di evento
avverso
Mal di testa
Spossatezza
Brividi
Febbre
Vampate
Vomito
Vertigini
Nausea
Debolezza muscolare
Afte
Edema
Tosse
Difficoltà respiratoria
Esfoliazione cutanea
Prurito
Difficoltà respiratoria
Dolore addominale
Bruciore
Numero di eventi*
Numero di pazienti che hanno % di pazienti che hanno
avuto eventi avversi
riportato eventi avversi
56
7
7
7
5
7
4
9
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
*Potrebbe essere riportato più di un evento avverso nello stesso paziente
22
37
6
5
5
5
4
4
3
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
12,6
2,0
1,7
1,7
1,7
1,4
1,4
1,0
0,7
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
Aggiornamenti
aggiornamenti
Immunodeficienze
primitive
Subcutaneous immunoglobulin for
patients with antibody deficiency
Helbert M, Farragher A
British Journal of Hospital Medicine –
11th april
L’articolo riassume alcuni dati comparativi della terapia con immunoglobuline per via endovenosa (IVIG) o sottocutanea (SCIG) per le immunodeficienze primarie. Le SCIG presentano
diversi vantaggi rispetto alla classica
somministrazione endovenosa (livelli
plasmatici più costanti, maggiore facilità di somministrazione, anche a
domicilio, minori effetti collaterali
sistemici e maggiore accettabilità da
parte dei pazienti) e dovrebbero quindi essere considerate una reale alternativa terapeutica.
Subcutaneous immunoglobulin-G
replacement therapy with preparations currently available in the
United States for intravenous or
intramuscular use: reasons and
regimens
Chouksey A, Duff K, Wasserbauer N,
Berger M
Allergy, Asthma and Clinical
Immunology, Vol. 1, N. 3, Fall 2005
Questo studio esamina retrospettivamente i dati relativi a 20 pazienti con
immunodeficienza primaria trattati
con preparazioni commerciali di
immunoglobuline per uso endovenoso o intramuscolare somministrate per
via sottocutanea, in mancanza, al
tempo, di prodotti commercializzati
per questo uso. I pazienti (circa il 20%
della casistica totale degli autori)
hanno scelto la via sottocutanea principalmente a causa di reazioni collaterali associate all’uso endovenoso o per
difficoltà a reperire un accesso venoso.
Non sono state osservate reazioni
avverse sistemiche e i livelli sierici di Ig
sono risultati più alti che per via endovenosa.
Measuring treatment satisfaction
in patients with primary immunodeficiency diseases receiving lifelong immunoglobulin replacement
therapy
Nicolay U, Haag S, Eichmann F,
Herget S, Spruck D, Gardulf A
Quality of Life Research 2005;14:16831691
In questa analisi è stato disegnato e
utilizzato un Quality of Life Index per
valutare la soddisfazione di pazienti
con immudeficienze primarie trattati
con immunoglobuline per via sottocutanea (SCIG) autosomministrate. Lo
strumento si è rivelato valido, con
punteggi di soddisfazione significativamente aumentati per quanto riguarda l’interferenza della terapia con la
vita quotidiana, l’ambiente di somministrazione della terapia e i costi del
trattamento nei pazienti passati dall’uso endovenoso a quello sottocutaneo.
Prognostic factors for health-related quality of life in adults and children with primary antibody deficiencies receiving SCIG home therapy
Gardulf A, Borte M, Ochs HD, Nicolay
U – the Vivaglobin Clinical Study
Group
Clinical Immunology 2008;126:81-88
Lo studio esamina la qualità della vita
e la soddisfazione per il trattamento di
pazienti con immunodeficienze primarie dopo 10 mesi di terapia con
dosi settimanali e autosomministrate
di SCIG. Entrambi gli indici sono risultati significativamente migliorati nei
pazienti adulti e pediatrici rispetto al
precedente trattamento per via endovenosa.
CIDP (polineuropatia
demielinizzante
infiammatoria cronica)
Long-term effects of intravenous
immunoglobulin in CIDP
Vucic S, Black K, Baldassari LE,
Tick Chong PS, Dawson KT, Cros D
Clin Neurophysiol 2007;118:1980-1984
Lo studio ha valutato gli effetti neurofisiologici a lungo termine della terapia con immunoglobuline endovena
in 11 pazienti con CIDP, trattati per 12
mesi o più. È stata osservata una riduzione significativa della frequenza dei
blocchi di conduzione e della perdita
assonale, insieme a un miglioramento
della conduzione sensoriale. Il trattamento a lungo termine con IVIG appare in grado di migliorare i parametri
neurofisiologici nei pazienti con CIDP,
probabilmente riducendo la risposta
immune e inducendo quindi il risanamento delle fibre nervose.
Dermatomiosite
Successful treatment with intravenous immunoglobulins in a
patient affected by dermatomyositis/systemic lupus erythematosus
overlap syndrome and tuberculosis
Luzi G, Diamanti AP, Germano V,
Laganà B, Di Rosa R, Salemi S,
Stoppacciaro A, D’Amelio R
Clin Immunol 2007;125:127-130
L’articolo riporta il caso di una paziente affetta da lupus eritematoso sistemico e dermatomiosite in cui la comparsa di un’infezione tubercolare ha
reso impossibile l’utilizzo di terapie
con effetti immunosoppressori. La
paziente è stata quindi trattata con
infusioni di immunoglobuline endovena, ottenendo una rapida riduzione
dei segni e sintomi della malattia.
23
aggiornamenti
24
PTI (porpora
trombocitopenica
immune)
Ipogammaglobulinemie
nelle neoplasie
ematologiche
The effect of platelet autoantibodies on the course of the disease
and clinical response of patients
with idiopathic thrombocytopenic
purpura
Sikorska A, Konopka L, Maślanka K
Int J Lab Hematol 2008;30:58-64
In questa analisi retrospettiva su 409
pazienti con PTI, la presenza di autoanticorpi anti-piastrine è risultata associata alla forma cronica della malattia e
a una maggiore diatesi emorragica.
Tuttavia, i pazienti senza autoanticorpi
mostravano una minore percentuale
di risposte complete al trattamento
con corticosteroidi (60% verso 71%)
e con farmaci immunosoppressori
(34,8% verso 51%) rispetto ai pazienti
con autoanticorpi.
Guidelines on the use of intravenous immune globulin for
hematologic conditions
Anderson D, Ali K, Blanchette V,
Brouwers M, Couban S, Radmoor P,
Huebsch L, Hume H, McLeod A,
Meyer R, Moltzan C, Nahirniak S,
Nantel S, Pineo G, Rock G
Transfus Med Rev 2007;
21(Suppl 1):S9-56
Linee guida canadesi per l’utilizzo di
IVIG nelle patologie ematologiche. Fra
le indicazioni raccomandate per l’impiego routinario sono incluse le ipogammaglobulinemie secondarie alle
emopatie maligne, in particolare leucemia linfatica cronica e mieloma multiplo, dove l’uso profilattico di IVIG
viene consigliato per ridurre il rischio
di infezioni nei pazienti adulti con precedenti o ricorrenti episodi infettivi.
Le IVIG vengono anche considerate
un’opzione terapeutica per il trattamento di adulti con infezioni gravi in
corso, mentre vengono valutati non
sufficienti i dati relativi ai pazienti
pediatrici.
globuline umane normali, i pazienti ai quali una specialità contenente immunoglobuline umane normali sia stata sostituita con un’altra
o i pazienti in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo dall’infu1. NOME DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE
sione precedente, dovrebbero essere monitorati durante la prima
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml Polvere e solvente per soluzione per
infusione e per la prima ora dopo la prima infusione, per poter eviinfusione
denziare eventuali reazioni avverse. Tutti gli altri pazienti dovrebbeSANDOGLOBULINA 3 g/100 ml Polvere e solvente per soluzione per
ro essere osservati per almeno 20 minuti dopo la somministrazione.
infusione
In pazienti trattati con IVIg sono stati riportati casi di insufficienza
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per
renale acuta. Nella maggior parte dei casi, sono stati individuati fattoinfusione
ri di rischio quali preesistente insufficienza renale, diabete mellito, età
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per
superiore ai 65 anni, ipovolemia, sovrappeso o assunzione concomiinfusione
tante di medicinali nefrotossici. In tutti i pazienti, la somministrazione
di IVIg richiede:
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
- adeguata idratazione prima di iniziare l’infusione di IVIg;
Immunoglobuline umane normali (IgIV).
- monitoraggio per la produzione di urina;
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml
- monitoraggio dei livelli di creatinina serica;
Un flacone di polvere contiene:
Indicazione
Dose
Frequenza di somministrazione
- di evitare l’uso concomitante di diuretici dell’ansa.
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 1,00 g
Terapia sostitutiva nella
dose iniziale:
ogni 2-4 settimane per ottenere
In caso di disfunzione renale, dovrebbe essere considerata
SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml
immunodeficienza primaria
0,4-0,8 g/kg
un livello di IgG di almeno 4-6 g/l
la sospensione di IVIg. Anche se casi di disfunzione renale
Un flacone di polvere contiene:
mantenimento:
e di insufficienza renale acuta sono stati associati all’uso di
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 3,00 g
0,2-0,8 g/kg
molte specialità registrate a base di IVIg, quelle contenenti
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml
Terapia sostitutiva nella
0,2-0,4 g/kg
ogni 3-4 settimane per ottenere
saccarosio come stabilizzante rappresentano una quota
Un flacone di polvere contiene:
immunodeficienza secondaria
un livello di IgG di almeno 4-6 g/l
preponderante dell’intero numero. Nei pazienti a rischio,
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 6,00 g
Bambini
con
AIDS
0,2-0,4
g/kg
ogni
3-4
settimane
dovrebbe essere considerato l’uso di IVIg non contenente
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml
Immunomodulazione:
saccarosio. In caso di reazioni avverse, è necessario o ridurUn flacone di polvere contiene:
Porpora
trombocitopenica
0,8-1
g/kg
al
giorno
1,
possibilmente
ripetuto
re la velocità di infusione o interrompere l’infusione. Il tratPrincipio attivo: immunoglobuline umane normali 12,00 g
idiopatica
una
sola
volta
entro
3
giorni
per
tamento richiesto dipende dalla natura e dalla gravità degli
Le IgG costituiscono almeno il 96% delle proteine presenti in
o
0,4
g/kg/die
2-5
giorni
effetti indesiderati. In caso di shock, il trattamento dovrebSandoglobulina; almeno il 90% delle IgG è presente sotto
be seguire le linee guida per la terapia dello shock. Quando
forma monomerica con piccole quantità di dimeri; sono preSindrome di Guillain-Barré
0,4 g/kg/die
per 3-7 giorni
si somministrano specialità medicinali ottenute da sangue
senti inoltre tracce di IgG polimeriche, IgA ed IgM e frammenTrapianto allogenico
o plasma umano, non è possibile escludere completamenti di IgG. La distribuzione delle sottoclassi di IgG è così ripartidi midollo osseo:
te la comparsa di patologie infettive conseguenti alla trata: IgG1 - 57,7%; IgG2 - 35,1%; IgG3 - 3,1%; IgG4 - 4,1%.
Trattamento
delle
infezioni
0,5
g/kg
ogni
settimana
dal
giorno
7
smissione di agenti infettivi. Ciò risulta applicabile anche a
Per un elenco completo degli eccipienti vedi 6.1
e profilassi della malattia
fino a 3 mesi dopo il trapianto
patogeni di natura sconosciuta. Il rischio di trasmissione di
da trapianto contro ospite
agenti infettivi è comunque ridotto da:
3. FORMA FARMACEUTICA
Persistente
deficit
0,5
g/kg
ogni
mese
fino
al
ritorno
alla
- selezione dei donatori mediante visita medica e screening
Polvere e solvente per soluzione per infusione
di produzione di anticorpi
norma del livello degli anticorpi
delle donazioni per i tre virus maggiormente patogeni, HIV,
Sindrome di Kawasaki
1,6-2,0 g/kg
in 2-5 giorni
HCV, HBV;
4. INFORMAZIONI CLINICHE
o
2
g/kg
in
dose
singola
- verifica dell’eventuale presenza di materiale genomico per
4.1. Indicazioni terapeutiche
HCV nei pool di plasma;
Terapia sostitutiva in:
- procedure di rimozione/inattivazione incluse nel processo di produSindromi da immunodeficienza primaria quali:
Modo di somministrazione
zione che siano state validate utilizzando virus modello e siano con- agammaglobulinemia congenita e ipogammaglobulinemia;
Alla prima infusione Sandoglobulina dovrebbe essere infusa per via
siderate efficaci per HIV, HCV, HAV e HBV.
- immunodeficienza variabile comune;
endovenosa alla concentrazione del 3% con una velocità di 0,5-1
- immunodeficienza combinata grave;
ml/min (corrispondenti a 10-20 gocce/min). Se ben tollerata ed entro - il processo produttivo di Sandoglobulina prevede diverse fasi di
rimozione ed inattivazione virale che, nel loro complesso, come
- sindrome di Wiskott-Aldrich.
15 minuti non si verificano effetti indesiderati, la velocità di somminidocumentato da studi eseguiti su una varietà di modelli sperimenLeucemia linfatica cronica.
strazione può essere gradualmente aumentata a 1-1,5 ml/min (circa
tali, portano alla rimozione/inattivazione dei virus eventualmente
Bambini con AIDS congenito e infezioni ricorrenti.
20-30 gocce/min) per altri 15 minuti, e successivamente a 2-2,5
presenti;
Immunomodulazione
ml/min (circa 40-50 gocce/min). Nei pazienti sottoposti a regolare
- il procedimento di frazionamento mediante il quale
- Porpora trombocitopenica idiopatica (PTI), in bambini o adulti ad alto
terapia di sostituzione che non hanno presentato effetti indesiderati,
Sandoglobulina viene preparata a partire dal plasma include varie
rischio di emorragia o prima di interventi chirurgici per il ripristino
l’infusione può essere iniziata a 1-1,5 ml/min (circa 20-30 gocce/min).
fasi, che sono state validate, per l’eliminazione di virus incapsulati e
della conta piastrinica;
In pazienti in terapia regolare con Sandoglobulina, che presentano
non incapsulati. La sicurezza del prodotto è ulteriormente assicura- Sindrome di Guillain-Barré.
buona tollerabilità, il farmaco può essere infuso a concentrazioni eleta, durante il procedimento di produzione, da una fase di inattivaTrapianto allogenico di midollo osseo e altri trapianti. Sindrome di vate (fino al 12%) ma l’infusione deve sempre essere iniziata a bassa
zione virale che prevede il trattamento a pH4 in presenza di pepsiKawasaki
velocità, e il paziente attentamente monitorato quando la velocità di
na. Questo step possiede la proprietà di inattivare i seguenti virus:
infusione viene gradualmente incrementata.
HIV-1/2 (retrovirus incapsulato), pseudorabies virus (virus a DNA
4.2. Posologia e modo di somministrazione
4.3. Controindicazioni
incapsulato), virus della diarrea bovina (virus a RNA incapsulato,
Posologia
La dose e lo schema terapeutico dipendono dall’indicazione. Nella tera- Ipersensibilità a uno qualsiasi dei componenti.
modello per HCV) e semiliki forest virus (virus a RNA incapsulato,
pia sostitutiva può essere necessario individualizzare il dosaggio per Ipersensibilità alle immunoglobuline omologhe, specialmente in casi
modello per HCV);
ogni paziente in relazione alla risposta farmacocinetica e clinica. Gli molto rari di carenza di IgA quando il paziente ha anticorpi anti-IgA.
- ad integrazione dei metodi di eliminazione/inattivazione virale già
schemi di trattamento riportati di seguito sono forniti come linee guida.
presenti nel processo produttivo, è stato introdotto un procedimenTerapia sostitutiva in sindromi da immunodeficienza primaria
to di nanofiltrazione come ulteriore step di rimozione di virus. La
4.4. Avvertenze speciali e precauzioni per l’uso
Lo schema di trattamento dovrebbe indurre il raggiungimento di un
Alcune gravi reazioni avverse possono essere correlate alla velocità di infucapacità di rimozione di virus incapsulati e non incapsulati di tale
livello minimo di IgG (misurato prima della successiva infusione) di
sione. La velocità di infusione raccomandata riportata in “4.2 Posologia e
procedimento è stata stabilita mediante studi convalidati sui
almeno 4-6 g/l. Dopo l’inizio della terapia sono necessari da tre a sei modo di somministrazione” deve essere rigorosamente rispettata. I
seguenti modelli: HIV-1, virus della diarrea bovina, pseudorabies
mesi per il raggiungimento dell’equilibrio. La dose di partenza raccopazienti devono essere attentamente monitorati e osservati per evidenvirus, sindbis virus ed entero-virus di origine bovina. Questo ulteriomandata è 0,4-0,8 g/kg seguita da almeno 0,2 g/kg ogni tre settimane. ziare la comparsa di qualsiasi sintomo durante il periodo di infusione.
re step ha la potenzialità di eliminare anche virus di piccole dimenLa dose richiesta per raggiungere un livello di 6 g/l è dell’ordine di 0,2Alcune reazioni avverse possono presentarsi più frequentemente:
sioni, come dimostrato per gli entero-virus di origine bovina;
0,8 g/kg/mese. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di - in caso di alta velocità di infusione;
- le procedure di rimozione/inattivazione dei virus potrebbero risultadosaggio varia tra 2 e 4 settimane. Dovrebbero essere misurati i livelli - in pazienti con ipo- o agammaglobulinemia con o senza deficit di IgA;
re di valore limitato contro virus privi di involucro quali il parvovirus
plasmatici in modo da aggiustare la dose e l’intervallo di dosaggio.
- in pazienti che ricevono immunoglobuline umane normali per la
B19.
Terapia sostitutiva in caso di leucemia linfatica cronica con grave ipogamprima volta o, in rari casi, quando la specialità contenente immunoNell’interesse dei pazienti, si raccomanda, se possibile, ogni volta che
maglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti: terapia sostitutiva in
globuline umane normali viene sostituita o quando il trattamento è
Sandoglobulina viene loro somministrata, di registrare il nome combambini con AIDS e infezioni ricorrenti.
stato sospeso per più di otto settimane. Vere reazioni di ipersensibili- merciale del prodotto ed il numero di lotto di produzione.
La dose raccomandata è 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane.
tà sono rare. Queste possono manifestarsi nei rari casi di deficienza di
Porpora trombocitopenica idiopatica
IgA con anticorpi anti-IgA. Raramente, le immunoglobuline umane
4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione
Trattamento di un episodio acuto: 0,8-1 g/kg il primo giorno. Il trattanormali possono causare una caduta della pressione sanguigna con Vaccini a base di virus vivi attenuati
mento può essere ripetuto per una volta entro tre giorni, oppure posreazione anafilattica anche in pazienti che precedentemente aveva- La somministrazione di immunoglobuline può interferire per un
sono essere somministrati 0,4 g/kg/die per 2-5 giorni. Il trattamento
no tollerato un trattamento con immunoglobuline umane normali.
periodo di 6 settimane e fino ad un massimo di 3 mesi con l’efficacia
può essere ripetuto in caso di recidiva.
Le potenziali complicanze possono essere evitate assicurandosi:
di vaccini a base di virus vivi attenuati quali morbillo, rosolia, parotite
Sindrome di Guillain-Barré
- che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane nore varicella. Dopo la somministrazione di questo prodotto, bisogne0,4 g/kg/die per 3-7 giorni. Nei bambini l’esperienza è limitata.
mali iniettando inizialmente il prodotto lentamente (0,5-1 ml/min rebbe far trascorrere un intervello di 3 mesi prima di procedere a vacTrapianto allogenico di midollo osseo
pari a 10-20 gocce/min; con una concentrazione di 3%);
cinazione con vaccini a base di virus vivi attenuati. In caso di morbilIl trattamento con immunoglobuline umane normali può essere utiliz- che i pazienti siano attentamente monitorati per evidenziare la com- lo, l’interferenza può persistere fino ad un anno. Di conseguenza bisozato come parte della terapia di condizionamento e dopo il trapianto.
parsa di eventuali sintomi durante il periodo di infusione. In partico- gnerebbe controllare il titolo anticorpale dei pazienti trattati con il
Per il trattamento delle infezioni e nella profilassi della malattia da tralare i pazienti che non hanno mai ricevuto in precedenza immuno- vaccino per il morbillo.
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
pianto contro ospite, il dosaggio viene adattato individualmente. La
dose iniziale è normalmente 0,5 g/kg/settimana, iniziando sette giorni
prima del trapianto e fino a 3 mesi dopo il trapianto. In caso di persistente deficit di produzione di anticorpi, è raccomandato il dosaggio
di 0,5 g/kg/mese fino al ritorno alla norma del livello degli anticorpi.
Terapia delle infezioni batteriche gravi
Almeno 0,2 g/kg di peso corporeo; tale dose può essere ripetuta fino
a somministrare, nell’arco di una settimana, una dose totale di 1 g/kg
peso corporeo. Se necessario il trattamento può essere ripetuto.
Sindrome di Kawasaki
Il dosaggio raccomandato è da 1,6 a 2 g/kg suddiviso in varie dosi in
2-5 giorni, oppure 2 g/kg in dose singola. Il paziente deve essere sottoposto a concomitante terapia con acido acetilsalicilico.
I dosaggi raccomandati sono riassunti nella tabella seguente:
Interferenze con analisi sierologiche
Dopo l’iniezione di immunoglobuline l’aumento transitorio dei vari
anticorpi trasferiti passivamente nel sangue dei pazienti può indurre
risultati positivi fuorvianti nelle analisi sierologiche. La trasmissione
passiva di anticorpi contro gli antigeni eritrocitari es.: A,B,D può interferire con alcune analisi sierologiche (conta dei reticolociti, aptoglobina, test di Coombs).
ne: non è stato ritenuto necessario effettuare studi sperimentali, soprattutto in specie eterologhe.
4.6. Gravidanza e allattamento
La sicurezza di questa specialità medicinale per l’uso durante la gravidanza non è stata stabilita in studi clinici controllati e, quindi, essa
dovrebbe essere somministrata con cautela alle donne gravide e alle
madri in allattamento. L’esperienza clinica con le immunoglobuline
suggerisce l’assenza di effetti dannosi sul corso della gravidanza o sul
feto e sul neonato.
Le immunoglobuline sono escrete nel latte e possono contribuire al
trasferimento di anticorpi protettivi al neonato.
6.2. Incompatibilità
Sandoglobulina non deve essere miscelata con altri medicinali; somministrare sempre Sandoglobulina in una linea di infusione separata.
4.7. Effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine
Non sono stati osservati effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine.
4.8. Effetti indesiderati
Occasionalmente possono verificarsi reazioni avverse quali brividi, mal
di testa, febbre, vomito, reazioni allergiche, nausea, artralgia, ipotensione e moderato dolore lombare. Raramente le immunoglobuline
umane normali possono indurre una riduzione della pressione sanguigna e, in casi isolati, shock anafilattico, anche in pazienti che non
hanno mostrato ipersensibilità a precedenti somministrazioni. Dopo
somministrazione di immunoglobuline umane normali sono stati
osservati casi di meningite asettica reversibile, isolati casi di anemia
emolitica/emolisi reversibile e rari casi di reazioni cutanee transitorie.
Sono stati osservati aumento della creatininemia e/o insufficienza
renale acuta. Eventi trombotici sono stati riportati negli anziani, in
pazienti con segni di ischemia cerebrale o cardiaca, e in pazienti
sovrappeso e marcatamente ipovolemici. Per la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili, vedere la sezione 4.4.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1. Elenco degli eccipienti
Flacone contenente polvere per soluzione per infusione: saccarosio
Flacone solvente: acqua per preparazioni iniettabili, cloruro di sodio
6.3. Stabilità
3 anni.
6.4. Precauzioni speciali per la conservazione
Conservare a temperatura non superiore a 25°C, al riparo dalla luce.
Non congelare.
6.5. Natura e contenuto del contenitore
Sandoglobulina è disponibile in kits contenenti un flacone di immunoglobulina umana liofilizzata, un flacone di soluzione fisiologica sterile per la ricostituzione e un set per la preparazione e l’infusione della
soluzione. Entrambi i flaconi sono di vetro tipo II con tappo di gomma
clorobutilica privo di lattice. Sono disponibili i seguenti dosaggi:
- 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione.
6.6. Istruzioni per l’uso, la manipolazione e lo smaltimento
Seguire attentamente le “Istruzioni per la preparazione della soluzione”
qui di seguito riportate:
Preparazione di una soluzione al 3%, 6%, 9% o 12% utilizzando il kit:
1) Strappare la capsula protettiva di plastica del flacone del liofilizzato
e di quello contenente il diluente.
Disinfettare entrambi i tappi di gomma con alcool.
Non usare soluzioni torbide o che presentino precipitati.
I prodotti disciolti dovrebbero essere controllati visivamente per la
presenza di particelle in sospensione o di colorazione anormale prima
della somministrazione. Il prodotto dovrebbe essere portato a temperatura ambiente o temperatura corporea prima dell’uso. Una volta
preparata, utilizzare la soluzione senza ritardi. Il prodotto inutilizzato e
i residui dovrebbero essere smaltiti in accordo con le leggi nazionali.
Preparazione per l’infusione
- Rimuovere la guaina protettiva dal dispositivo per l’infusione e conficcarla con forza nel
tappo di gomma del flacone contenente la
Sandoglobulina (FIG. 5).
- Chiudere bene il tubo flessibile per l’infusione mediante la pinza comandata dalla rotella (FIG. 6).
- Esercitare con il pollice e l’indice una leggera pressione sulla camera di gocciolamento,
in modo che la soluzione penetri in quest’ultima (FIG. 7).
- Collegare il dispositivo per l’infusione con
l’ago per l’infusione. Aprire la pinza comandata dalla rotella e riempire di soluzione il
sistema per l’infusione (FIG. 8).
Nei pazienti con cannula a permanenza, la
tubazione flessibile deve essere disaerata
prima di collegarla alla cannula a permanenza. La somministrazione dell’infusione può
avere inizio.
Prodotto e controllato da: CSL Behring
AG-Berna
Dispositivo di travaso CE 0123 CODAN
Il dispositivo medico è conforme alla Direttiva 93/42/CEE
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 20149 Milano (Mi)
4.9. Sovradosaggio
Il sovradosaggio può provocare un sovraccarico di fluidi e iperviscosità in particolare in pazienti a rischio, inclusi i pazienti anziani o i pazienti con compromissione della funzionalità renale.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1. Proprietà farmacodinamiche
Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni e immunoglobuline: immunoglobuline umane normali, per somministrazione endovenosa, codice ATC: J06BA02.
Le immunoglobuline umane normali contengono principalmente
immunoglobuline G (IgG), con un ampio spettro di anticorpi contro
agenti infettivi. Le immunoglobuline umane normali contengono gli
anticorpi della classe IgG presenti nella popolazione normale. Vengono
di solito preparate da pools di plasma provenienti da non meno di 1000
donatori. Posseggono una distribuzione di sottoclassi di immunoglobuline G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. Dosi adeguate di questa specialità medicinale possono riportare a
valori normali livelli patologicamente ridotti di immunoglobuline G. Il
meccanismo di azione in indicazioni diverse dalla terapia sostitutiva
non è del tutto chiaro, ma include effetti immunomodulatori.
Nota: le immunoglobuline umane normali per uso endovenoso (IGIV)
possono essere di una certa utilità nella fase acuta nel trattamento di
alcune neuropatie periferiche, quali la Neuropatia Motoria Multifocale
(NMM), la Poliradiculoneuropatia Infiammatoria Cronica Demielizzante
(CIPD), e la Miastenia Gravis (MG). Va tenuto conto, tuttavia, che i risultati del trattamento possono essere temporanei e che i dati clinici a
sostegno dell’impiego delle IGIV in queste indicazioni derivano da
esperienze cliniche perlopiù datate e condotte su piccoli numeri di
pazienti, mentre non sono disponibili ad oggi studi clinici randomizzati controllati condotti in accordo alle norme di buona pratica clinica.
5.2. Proprietà farmacocinetiche
Dopo somministrazione, le immunoglobuline umane normali sono
immediatamente e completamente disponibili nella circolazione del
ricevente. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il
plasma e i fluidi extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed
extravascolari viene raggiunto approssimativamente dopo 3-5 giorni.
Le immunoglobuline umane normali hanno una emivita di circa 21
giorni. Questa emivita può variare da paziente a paziente, in particolare nell’immunodeficienza primaria. Le IgG e i complessi IgG vengono
degradati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale.
5.3. Dati preclinici di sicurezza
Le immunoglobuline sono costituenti naturali dell’organismo.
Nell’animale la prova di tossicità acuta non ha alcuna rilevanza poiché
dosi più alte provocano un sovraccarico del circolo. Gli studi di tossicità ripetuta e quelli di tossicità embrio-fetale non sono fattibili a causa
della conseguente produzione ed interferenza di anticorpi contro i
determinanti antigenici umani. Non sono noti gli effetti del farmaco
sul sistema immunitario del neonato. In base all’esperienza clinica non
sono prevedibili effetti mutageni o oncogenici delle immunoglobuli-
Rimuovere la guaina protettiva di una delle cannule del dispositivo di
travaso e inserire l’estremità scoperta nel tappo di gomma del flacone
contenente il diluente.
2a) e 2b) Rimuovere la seconda guaina protettiva dell’altra cannula del
dispositivo di travaso. Afferrare entrambi i flaconi come illustrato nella
figura 2a, introdurre rapidamente la parte libera del dispositivo di travaso nel tappo del flacone di liofilizzato e contemporaneamente portare i flaconi in posizione verticale con l’accortezza di posizionare il flacone del diluente nella posizione superiore (figura 2b).
In questo modo si otterrà un immediato trasferimento del diluente nel
flacone del liofilizzato.
3) Al termine del trasferimento del diluente (figura 3), togliere il flacone superiore dal set di trasferimento.
In questo modo si ridurrà la schiuma formatasi col travaso e si faciliterà la completa soluzione del liofilizzato.
Rimuovere completamente il dispositivo di trasferimento dal flacone
di Sandoglobulina.
4) Roteare il flacone vigorosamente senza agitare per evitare il formarsi di schiuma che richiederebbe tempo per essere eliminata. La ricostituzione sarà completa in pochi minuti.
Ricostituzione Sandoglobulina senza impiego del kit
o con solventi diversi
Per ricostituire Sandoglobulina con solventi diversi, partendo da un
flacone da 1 g, 3 g, 6 g o 12 g, prelevare il volume di diluente necessario, usando una siringa ipodermica sterile e iniettarlo nel corrispondente flacone di Sandoglobulina. A seconda delle necessità possono
essere utilizzati quale solvente, oltre alla soluzione fisiologica contenuta nel kit, anche acqua per preparazioni iniettabili o una soluzione
glucosata al 5%, seguendo le indicazioni riportate nella seguente
tabella:
Di solito la soluzione è trasparente o leggermente opalescente.
Concentrazione
3%
6%
9%
12%
Flacone 1g
33,0 cc
16,5 cc
11,0 cc
8,3 cc
8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 1 g + 1 flac. solvente da 33 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199011
SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 3 g + 1 flac. solvente da 100 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199023
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 6 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199035
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 12 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199047
9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/
RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente
per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 17.03.1984 Rinnovo
dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione Prima autorizzazione: 29.03.1995 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005
10. DATA DI (PARZIALE) REVISIONE DEL TESTO
17 Luglio 2007
VOLUME DI DILUENTE RICHIESTO
Flacone 3g
Flacone 6g
100 cc
200 cc
50 cc
100 cc
33 cc
66 cc
25 cc
50 cc
Flacone 12g
200 cc
133 cc
100 cc
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
Vivaglobin, soluzione di 160 mg/mL per iniezione
(uso sottocutaneo).
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
1 mL contiene:
immunoglobulina umana normale (sottocutanea) 160 mg*
*Corrispondenti al contenuto di proteine totali di cui almeno
il 95% IgG.
Distribuzione delle sottoclassi di IgG:
IgG1
ca. 61%
IgG2
ca. 28%
IgG3
ca. 5%
IgG4
ca. 6%
IgA
max. 1,7 mg/mL
Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Soluzione per iniezione (uso sottocutaneo).
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche
Terapia sostitutiva negli adulti e nei bambini affetti da sindromi di
immunodeficienza primitiva (PID) quali:
• agammaglobulinemia e ipogammaglobulinemia congenite,
• immunodeficienza comune variabile,
• immunodeficienza combinata grave,
• carenza di sottoclassi IgG con infezioni ricorrenti.
Terapia di sostituzione nel mieloma o nella leucemia linfatica
cronica, con grave ipogammaglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti.
4.2 Posologia e modo di somministrazione
Posologia
Il dosaggio va determinato singolarmente per ciascun paziente,
tenendo conto dei parametri farmacocinetici e della risposta clinica. I dosaggi qui di seguito riportati sono da ritenere come indicativi. Con somministrazione per via sottocutanea, il dosaggio deve
essere scelto in modo tale da conseguire un livello sostenuto di IgG
nel plasma. Può essere necessaria una dose di carico di almeno 0,20,5 g/kg (1,3-3,1 mL/kg) di peso corporeo, ripartita in più giorni, con
una dose massima giornaliera di 0,1 fino a 0,15 g/kg di peso corporeo, e secondo quanto indicato dal medico curante. Dopo che i
livelli di IgG abbiano raggiunto lo stato stazionario, le dosi di mantenimento si somministreranno a intervalli successivi, preferibilmente con cadenza settimanale tali da raggiungere una dose mensile complessiva compresa fra circa 0,4 e 0,8 g/kg (2,5-5 mL/kg) di
peso corporeo. Per la regolazione della dose e degli intervalli di
dosaggio di Vivaglobin vanno misurati i livelli minimi di IgG.
Modo di somministrazione
Vivaglobin deve essere somministrato per via sottocutanea.
L’infusione sottocutanea nel trattamento domiciliare deve essere
effettuata da un medico esperto nel trattamento dell’immunodeficienza e nell’orientamento dei pazienti in tema di terapia domiciliare. I pazienti saranno istruiti sull’impiego della pompa a siringa, sulle tecniche di infusione, sulla compilazione di un diario di
trattamento e sui provvedimenti da adottare in caso di gravi reazioni avverse. La velocità di infusione raccomandata è pari a 22
mL/h. In una sperimentazione clinica, nel corso della quale sono
stati valutati 53 pazienti, la velocità di infusione di Vivaglobin è
stata portata - nella fase di addestramento sotto la supervisione di
un medico - dagli iniziali 10 mL/h a 22 mL/h. Vivaglobin deve essere preferibilmente iniettato nella parete addominale, nella coscia
e/o nel gluteo. In ogni singolo sito di iniezione non devono essere iniettati più di 15 mL. Dosi di quantità superiore a 15 mL devono essere iniettate ripartendole in più punti.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi componente del
prodotto. Vivaglobin non deve essere iniettato per via intravascolare. Non deve essere somministrato per via intramuscolare in
caso di trombocitopenia di grado severo e in altri disturbi della
coagulazione.
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Non iniettare per via endovascolare! In caso di iniezione accidentale di Vivaglobin in un vaso sanguigno, è possibile che il paziente sviluppi uno shock anafilattico. La velocità di infusione raccomandata per Vivaglobin è indicata al paragrafo “4.2 Posologia e
modo di somministrazione” e deve essere rispettata. I pazienti
devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio ed attentamente
controllati durante l’infusione per accertare tempestivamente
l’eventuale insorgenza di qualsiasi effetto avverso. Alcune reazioni
avverse possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti ai quali l’immunoglobulina umana normale è somministrata per
la prima volta, oppure, ma raramente, quando si cambia prodotto
o se il trattamento è stato interrotto per più di 8 settimane.
Vere reazioni di ipersensibilità sono rare. Possono manifestarsi in
rarissimi casi di carenza di IgA con anticorpi anti-IgA: questi
pazienti devono essere trattati con cautela.
Raramente, Vivaglobin può causare caduta pressoria accompagnata da reazione anafilattica anche in pazienti che hanno ben
tollerato un precedente trattamento con immunoglobulina
umana normale.
Le potenziali complicanze possono essere sovente evitate, accertandosi:
• che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane
normali, infondendo loro, la prima volta, il prodotto lentamente
(vedere paragrafo ”4.2 Posologia e modo di somministrazione”);
• che i pazienti siano attentamente monitorati per accertare con
tempestività l’insorgenza di qualsiasi sintomo nel corso dell’infusione. In particolare, si raccomanda di monitorare i pazienti nel
corso della prima infusione e per la prima ora successiva, al fine
di potere subito individuare potenziali reazioni avverse che
insorgano nelle seguenti situazioni:
- pazienti non precedentemente trattati con immunoglobulina
umana normale,
- pazienti in precedenza trattati con un altro prodotto, oppure
- quando è intercorso molto tempo dalla precedente infusione.
Tutti gli altri pazienti devono essere comunque tenuti sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. In caso
di sospetta reazione allergica o anafilattica si dovrà sospendere
immediatamente la somministrazione del prodotto. In caso di
shock devono essere adottate le procedure correnti standard per
il trattamento dello shock. Le procedure standard per prevenire
infezioni che risultino dall’uso di prodotti derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo
delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di
specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione
efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante,
quando vengono somministrati prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di
trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono
considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV
e HCV, e nei confronti dei virus non capsulati HAV e parvovirus
B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non
trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto
anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza
contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual
volta si somministri Vivaglobin, si registrino sia il nome del paziente che il numero di lotto del prodotto stesso, in modo da stabilire
un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Vaccini con virus vivi attenuati
La somministrazione di immunoglobulina può compromettere, in
un periodo compreso fra 6 settimane e 3 mesi dalla vaccinazione,
l’efficacia di vaccini vivi attenuati, come i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite e la varicella. Dopo la somministrazione di
Vivaglobin deve intercorrere un intervallo di almeno 3 mesi prima
di procedere alla vaccinazione con vaccini contenenti virus vivi
attenuati. Nel caso del morbillo, questo effetto di indebolimento
della vaccinazione può durare fino a 1 anno. Pertanto, nei pazienti vaccinati contro il morbillo si deve controllare la specifica situazione anticorpale.
Interazioni con analisi sierologiche
È opportuno tenere presente all’atto dell’interpretazione dei risultati di test sierologici che il transitorio aumento degli anticorpi trasportati passivamente in seguito ad iniezioni di immunoglobuline
può rendere positivi i risultati dei test. La trasmissione passiva di
anticorpi per gli antigeni eritrocitari, ad es. A, B e D, può interferire
con alcuni test sierologici per la ricerca di allo-anticorpi eritrocitari (ad es. test di Coombs), con la conta dei reticolociti e con l’aptoglobina.
4.6 Gravidanza ed allattamento
La sicurezza di questo medicinale in donne gravide non è stata
stabilita in sperimentazioni cliniche controllate, pertanto, occorre
porre particolare attenzione nel decidere se somministrare questa
specialità medicinale durante la gravidanza o nella fase di allattamento al seno. L’esperienza clinica acquisita nell’impiego delle
gammaglobuline non porta a ritenere la comparsa di effetti pericolosi in caso di somministrazione delle stesse durante la gravidanza né per la madre, né per il feto o per il neonato.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di
macchinari
Non vi sono indicazioni che Vivaglobin possa compromettere la
capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.
4.8 Effetti indesiderati
In uno studio clinico eseguito con somministrazione sottocutanea
in 60 soggetti, sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati: reazioni al sito di infusione molto comuni e in gran parte di intensità
lieve (gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione
localizzata di calore, prurito, ecchimosi) all’inizio del trattamento
sottocutaneo e con riduzione molto rapida entro le prime dieci
infusioni, quando i soggetti si abituano a questo tipo di trattamento. (Le reazioni al sito di iniezione non sono state segnalate in uno
studio in cui i pazienti erano stati trattati con immunoglobulina
sottocutanea per anni prima della sperimentazione). In singoli casi:
• reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione,
• reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere,
moderata lombalgia, sincope, capogiri, disturbi cutanei, broncospasmo.
Durante la sorveglianza post-marketing di prodotti somministrati
per via intramuscolare o sottocutanea, sono stati segnalati raramente i seguenti effetti indesiderati:
• reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione,
dispnea, reazioni cutanee che, in casi isolati, sono progredite
fino allo shock anafilattico, anche quando il paziente non aveva
presentato reazioni di ipersensibilità in occasione di somministrazioni precedenti,
• reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere,
nausea, vomito, artralgia e moderata lombalgia,
• reazioni cardiovascolari, in particolare nei casi di accidentale
somministrazione del prodotto per via endovascolare,
• reazioni locali nel sito di infusione/iniezione: gonfiore, irritazione,
arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi o rash.
Per informazioni in merito al rischio di malattie infettive, vedere
paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e opportune precauzioni
d’impiego”.
4.9 Sovradosaggio
Non sono note conseguenze da sovradosaggio.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche
Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni ed immunoglobuline;
immunoglobuline umane normali, per somministrazione extravascolare. Codice ATC: J06B A01
L’immunoglobulina umana normale contiene principalmente
immunoglobulina G (IgG), caratterizzata da un ampio spettro anticorpale verso vari agenti infettivi. Vivaglobin contiene gli anticorpi dell’immunoglobulina G che sono presenti nella popolazione
normale. Per la sua preparazione si impiegano pool di plasma
ottenuti da almeno 1.000 donatori. Vivaglobin presenta una distribuzione di sottoclassi di immunoglobulina G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. La somministrazione di dosi adeguate di questa specialità medicinale consente di
riportare alla norma bassi valori di immunoglobulina G.
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Mediante somministrazione sottocutanea dell’immunoglobulina
umana normale sono stati raggiunti nel circolo del ricevente valori di picco con un ritardo di circa 2 giorni. I dati ottenuti da una
sperimentazione clinica (n = 60) hanno evidenziato che, nel plasma, possono essere mantenuti livelli di 8-9 g/L (n = 53), somministrando ogni settimana dosi di Vivaglobin comprese fra 0,05 e
0,15 g per kg di peso corporeo. Ciò è paragonato a un dosaggio
cumulativo mensile di 0,2-0,6 g per kg di peso corporeo. La IgG e
i complessi di IgG vengono catabolizzati nelle cellule del sistema
reticolo-endoteliale
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Non esistono dati considerati rilevanti per la sicurezza clinica oltre
ai dati inclusi in altre sezioni del Riassunto delle caratteristiche del
prodotto.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti
Glicina, sodio cloruro, acido idrocloridrico o idrossido di sodio (in
piccole quantità, per la regolazione del pH), acqua per preparazioni iniettabili.
6.2 Incompatibilità
In assenza di studi di compatibilità questo prodotto medicinale
non deve essere miscelato ad altri prodotti medicinali.
6.3 Periodo di validità
Il periodo di validità è di 3 anni. Il prodotto deve essere utilizzato
immediatamente dopo l’apertura della fiala o del flacone.
6.4 Speciali precauzioni per la conservazione
Vivaglobin va conservato in frigorifero (+2° C e +8° C) nella confezione. Non congelare!
ITC 3080371 - Depositato AIFA il 09/10/2007
6.5 Natura e contenuto del contenitore
Flaconcino (vetro Tipo I) da 3 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1 o 10 flaconcini;
Fiala (vetro Tipo I) da 5 mL di soluzione - confezione da 1 o 10 fiale;
Flaconcino (vetro Tipo I) da 10 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1, 2, 10 o 20 flaconcini;
Flaconcino (vetro Tipo I) da 20 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1 flaconcino.
Solo la confezione da 2 flaconcini x 10 mL contiene i seguenti
dispositivi: 1 siringa da 20 mL, 1 tubo-perfusore con ago, 2 aghi
ipodermici, 2 aghi areatori, 3 tamponi con alcool.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
6.6 Speciali precauzioni per lo smaltimento
Vivaglobin è una soluzione pronta per l’uso e deve essere somministrata a temperatura corporea. Vivaglobin è una soluzione limpida. Il colore può variare da trasparente a giallo pallido fino a marrone chiaro entro il periodo di validità. Non usare soluzioni che
sono torbide o che presentano depositi. Il prodotto non utilizzato
ed i materiali di scarto devono essere smaltiti in conformità ai
requisiti di legge locali.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSLBehring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76
D-35041 Marburg - Germania
8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE
AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
037882014/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 fiala da 5 mL
037882026/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 fiale da 5 mL
037882038/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 10 mL
037882040/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 10 mL
037882053/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 20 flaconcini 10 mL
037882065/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 3 mL
037882077/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 3 mL
037882089/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 20 ml
037882091/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 2 flaconcini 10 mL + 1 siringa + 1 tubo perfusore con ago
+ 2 aghi ipodermici + 2 areatori + 3 tamponi con alcool
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO
DELL’AUTORIZZAZIONE
28 settembre 2007
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Settembre 2007
CSL Behring - P.zza S. Tuerr, 5 - 20149 Milano - Tel. 02 349641
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
Rhophylac 300 microgrammi/2 ml, soluzione iniettabile in siringa
pre-riempita.
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
Immunoglobulina umana anti-D.
2 ml di soluzione iniettabile in siringa pre-riempita contengono
1500 UI (300 microgrammi) di immunoglobulina umana anti-D
corrispondenti ad una concentrazione di 750 UI (150 microgrammi)/ml.
Il prodotto contiene un massimo di 30 mg/ml di proteine plasmatiche umane, di cui 10 mg/ml sono costituiti da albumina umana
come stabilizzante. Almeno il 95% delle altre proteine plasmatiche
è costituito da IgG. Rhophylac non contiene più di 5 microgrammi/ml di IgA.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Soluzione iniettabile in siringa pre-riempita.
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche
Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative
- Gravidanza e parto di un feto/neonato Rh(D)-positivo
- Aborto/minaccia di aborto, gravidanza ectopica o mola idatiforme
- Emorragia transplacentare conseguente ad una emorragia anteparto, ad una amniocentesi, ad una biopsia dei villi coriali o a
procedure ostetriche di manipolazione, come ad esempio la
versione cefalica esterna, o ad un trauma addominale
Trattamento di soggetti Rh(D)-negativi dopo trasfusioni incompatibili
di sangue Rh(D)-positivi od altri prodotti contenenti eritrociti.
4.2 Posologia e modo di somministrazione
Posologia
Lo schema posologico seguente viene raccomandato sulla base
degli studi clinici condotti con Rhophylac; tuttavia, occorre tenere
in considerazione le linee guida professionali per l’impiego delle
IgG anti-D nei vari Stati Membri dell’UE.
Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative:
• Profilassi ante-parto: la dose raccomandata è una dose singola
pari a 300 microgrammi (1500 UI) somministrata per via endovenosa od intramuscolare alla 28° – 30° settimana di gravidanza.
• Profilassi post-parto: per somministrazione endovenosa, si ritiene che 200 microgrammi (1000 UI) siano una dose sufficiente,
mentre vengono raccomandati da 200 (1000 UI) a 300 microgrammi (1500 UI) per somministrazione intramuscolare.
Rhophylac deve essere somministrato prima possibile entro 72
ore dal parto. La dose post-parto deve essere somministrata
anche quando sia stata effettuata una profilassi ante-parto. Se si
sospetta una emorragia materno-fetale massiva [maggiore di 4
ml (0,7-0,8% delle donne )], ad esempio in caso di anemia fetale
o di morte fetale intrauterina, deve essere determinata la sua
entità con metodi appropriati, ad esempio il test di KleihauerBetke, e devono essere somministrate ulteriori dosi di anti-D
come indicato (20 microgrammi/100 UI per ciascun ml di emazie fetali).
• Profilassi delle complicazioni della gravidanza:
- Interventi ed incidenti che avvengono fino alla 12° settimana di
gravidanza: devono essere somministrati 200 microgrammi
(1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena
possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico;
- Interventi ed incidenti che avvengono dopo la 12° settimana di
gravidanza: devono essere somministrati non meno di 200
microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare
non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico;
- Biopsia dei villi coriali: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non
appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento
che rappresenta rischio emorragico.
Trasfusioni incompatibili
La dose raccomandata è di 20 microgrammi (100 UI) di immunoglobulina anti-D ogni 2 ml di sangue Rh(D)-positivo trasfuso od
ogni 1 ml di concentrato eritrocitario. Si raccomanda la somministrazione per via endovenosa. Se viene impiegata la via intramuscolare, occorre somministrare dosi elevate per un periodo di
diversi giorni. In caso di trasfusioni incompatibili più ampie, è sufficiente una dose massima di 3000 microgrammi, indipendentemente dal fatto che il volume di trasfusione sia maggiore di 300
ml di sangue Rh(D)-positivo.
Modo di somministrazione
Rhophylac può essere somministrato sia per iniezione endovenosa che per iniezione intramuscolare. In caso di malattie emorragiche ove sia controindicata la iniezione intramuscolare, Rhophylac
deve essere somministrato per via endovenosa. Se sono richieste
dosi totali elevate (>5 ml) da somministrarsi per via intramuscolare, è consigliabile la somministrazione di dosi divise in differenti
siti di iniezione.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità ad uno qualsiasi dei componenti.
La via intramuscolare è controindicata in soggetti con trombocitopenia grave o altri disordini dell’emostasi.
4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
Nel caso di uso post-partum, l’immunoglobulina anti-D è riservata alla somministrazione materna. Essa non deve essere iniettata al
neonato.
Il prodotto non deve essere usato in soggetti Rh(D) positivi.
Le pazienti devono essere attentamente osservate per almeno 20
minuti dalla somministrazione.
Se insorgono sintomi di reazioni allergiche o di tipo anafilattico, la
somministrazione deve essere immediatamente interrotta.
Possono determinarsi risposte allergiche alla immunoglobulina
anti-D. I pazienti devono essere informati circa i sintomi precoci di
tali reazioni di ipersensibilità, che comprendono orticaria, orticaria
generalizzata, senso di oppressione al torace, difficoltà respiratorie, ipotensione ed anafilassi. Il trattamento richiesto dipende dalla
natura e dalla severità dell’evento avverso. In caso di shock, devono essere osservati gli standard medici per il trattamento dello
shock.
Rhophylac contiene una concentrazione di IgA al di sotto del limite analitico di 5 microgrammi/ml. Il prodotto, tuttavia, può contenere tracce di IgA. Sebbene l’immunoglobulina anti-D sia stata
impiegata con successo per il trattamento di pazienti selezionati
carenti di IgA, i soggetti con deficit di IgA sono a rischio per sviluppare anticorpi IgA e possono andare incontro a reazioni anafilattiche dopo somministrazione di componenti del sangue contenenti IgA. Pertanto, il medico deve attentamente valutare il beneficio
del trattamento con Rhophylac verso i rischi potenziali di reazioni
di ipersensibilità.
Informazioni sulla sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili
Provvedimenti standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di medicinali derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di
infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono
somministrati medicinali derivati da sangue o plasma umano, non
può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di
agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e
per altri patogeni.
I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di
virus capsulati come HIV, HBV e HCV. Tali provvedimenti possono
essere di valore limitato nei confronti di virus non capsulati come
HAV o parvovirus B19.
Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus.
Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministra Rhophylac, si registrino sia il nome del paziente stesso che il
numero di lotto del prodotto, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Le interazioni di Rhophylac con altri medicinali non sono state studiate. Pertanto, le informazioni contenute in questo paragrafo
derivano dalla letteratura scientifica e dalle linee guida attuali.
L’immunizzazione attiva con vaccini contenenti virus vivi (ad
esempio, morbillo, parotite, rosolia o varicella) deve essere differita di almeno 3 mesi dall’ultima somministrazione di immunoglobulina anti-D, in quanto può essere compromessa l’efficacia del
vaccino con virus vivo. Se vi è necessità di somministrare l’immunoglobulina anti-D entro 2-4 settimane da una vaccinazione con
virus vivo, l’efficacia di tale vaccinazione potrebbe essere compromessa.
Dopo l’iniezione di immunoglobulina, il transitorio aumento di
vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue delle pazienti può
causare un risultato falso positivo nei test sierologici per gli anticorpi anti-emazie, ad esempio il test di Coomb nel neonato.
Rhophylac può anche contenere anticorpi ad altri antigeni Rh, ad
esempio anticorpi anti-Rh(C), che possono essere rilevati con
metodi sierologici sensibili dopo la somministrazione del prodotto.
4.6 Gravidanza ed allattamento
Questo medicinale viene usato in gravidanza.
Non sono stati segnalati eventi avversi correlabili con il farmaco in
neonati di 432 pazienti che hanno ricevuto una somministrazione
di Rhophylac prima del parto.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso
di macchinari
Non sono stati osservati effetti sulla capacità di guidare veicoli e
sull’uso di macchinari.
4.8 Effetti indesiderati
Quando le immunoglobuline anti-D vengono somministrate per
via intramuscolare, possono essere osservati dolore locale ed iperestesia al sito di iniezione. Occasionalmente, possono insorgere
febbre, malessere, cefalea, reazioni cutanee e brividi. In rari casi
sono stati segnalati nausea, vomito, ipotensione, tachicardia, e
reazioni allergiche o di tipo anafilattico, inclusi dispnea e shock,
anche in pazienti che non avevano mostrato alcun segno di ipersensibilità ad una precedente somministrazione.
Vedere il paragrafo 4.4 per quanto riguarda la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili.
4.9 Sovradosaggio
Non sono disponibili dati riguardo il sovradosaggio. I pazienti che
hanno ricevuto una trasfusione di sangue incompatibile ed a cui
sono state somministrate dosi molto elevate di immunoglobulina
anti-D devono essere attentamente monitorati sia dal punto di
vista clinico che da quello dei parametri biologici per il rischio di
reazioni emolitiche. In altri individui Rh(D)-negativi, un sovradosaggio non dovrebbe causare effetti indesiderati più frequenti o
più gravi rispetto a quelli osservabili dopo una dose normale.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Immunoglobuline e sieri immuni:
immunoglobulina anti-D. Codice ATC: J06BB01
Rhophylac contiene anticorpi IgG specifici contro l’antigene Rh(D)
degli eritrociti umani.
Durante la gravidanza, ed in particolare al momento del parto, le
emazie fetali possono penetrare nella circolazione materna.
Quando la madre è Rh(D)-negativa ed il feto Rh(D)-positivo, la
madre può venire immunizzata all’antigene Rh(D) e può quindi
produrre anticorpi anti-Rh(D) che attraversano la placenta e causano una malattia emolitica neonatale. L’immunizzazione passiva
con gammaglobuline anti-D, se somministrate in quantità appropriate e ad un momento sufficientemente precoce dopo l’esposizione alle emazie fetali Rh(D)-positive, previene, nel 99% dei casi,
l’immunizzazione Rh(D).
Il meccanismo d’azione attraverso il quale l’immunoglobulina
anti-D sopprime l’immunizzazione alle emazie Rh(D)-positive
non è noto. Tale soppressione può essere correlata alla clearance
eritrocitaria dalla circolazione sistemica prima che esse raggiungano siti immunocompetenti, o potrebbe essere dovuta a meccanismi più complessi che coinvolgono il riconoscimento dell’antigene estraneo e la presentazione dell’antigene da parte delle
cellule appropriate ai siti appropriati, in presenza o in assenza di
anticorpo.
In volontari sani di sesso maschile Rh(D)-negativi, la somministrazione di 200 microgrammi (1000 UI) di Rhophylac sia per via
endovenosa che intramuscolare, dopo 48 ore dalla iniezione di 5
ml di emazie Rh(D)-positive, ha determinato entro 24 ore una
clearance delle emazie Rh(D)-positive quasi completa. Mentre la
somministrazione endovenosa di Rhophylac ha determinato una
scomparsa istantanea delle emazie Rh(D)-positive, la loro eliminazione dopo somministrazione del prodotto per via intramuscolare è stata ritardata, in quanto le IgG anti-D devono prima
essere assorbite dal sito di iniezione. In media, il 70% delle emazie iniettate era stato eliminato dopo 2 ore dalla somministrazione endovenosa di Rhophylac. Dopo somministrazione intramuscolare, un simile grado di clearance delle emazie veniva misurato dopo 12 ore.
Inoltre, l’efficacia, la sicurezza ed il profilo farmacocinetico di
Rhophylac sono supportati dai risultati di tre studi clinici condotti
in pazienti. Rhophylac 200 microgrammi (1000 UI) è stato somministrato post-partum in 139 pazienti. Rhophylac 300 microgrammi
(1500 UI) è stato somministrato sia prima che dopo il parto in 446
ed in 256 pazienti, rispettivamente. Nessuno dei soggetti arruolati in questi studi ha sviluppato anticorpi contro l’antigene Rh(D).
Non sono stati eseguiti studi clinici con Rhophylac a dosi inferiori a
200 microgrammi (1000 UI).
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Concentrazioni anticorpali misurabili vengono rilevate dopo circa
4 ore dalla somministrazione intramuscolare. I livelli sierici di picco
si osservano normalmente dopo 5 giorni dalla somministrazione.
Dopo somministrazione endovenosa, vengono immediatamente
ottenute concentrazioni misurabili di anticorpi. L’emivita media
nella circolazione di donne in gravidanza con normali livelli di IgG
è stata di 17 giorni. Le IgG ed i complessi IgG vengono degradati
dalle cellule del sistema reticoloendoteliale.
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Non vi sono dati preclinici rilevanti per l’immunoglobulina anti-D.
Le prove di tossicità per dose ripetuta e di tossicità embrio-fetale
non sono state condotte né sono praticabili, date l’induzione di e
l’interferenza con anticorpi. Non è stato studiato il potenziale
mutageno delle immunoglobuline.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti
Albumina umana
Glicina
Sodio cloruro
6.2 Incompatibilità
In assenza di studi di compatibilità questo medicinale non deve
essere miscelato con altri medicinali.
6.3 Periodo di validità
3 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione
Conservare in frigorifero (2°- 8°C). Non congelare. Tenere la siringa
(blister originale) nell’imballaggio esterno per tenerla al riparo
dalla luce. Conservare fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.
6.5 Natura e contenuto della confezione
Siringa di vetro (Tipo I) pre-riempita con 2 ml di soluzione iniettabile (1500 UI anti-D-IgG). Confezione: 1 blister contenente 1 siringa pre-riempita e 1 ago per iniezione.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
Rhophylac deve essere portato a temperatura ambiente o a temperatura corporea prima dell’uso. La soluzione deve presentarsi
limpida o solo lievemente opalescente. Non usare soluzioni torbide o che mostrano depositi. Rhophylac è monouso (una siringa un paziente). Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale
medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di
legge locali.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSL Behring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76
D-35041 Marburg - Germania
Distribuito da: CSL Behring S.p.A.
P.le S. Türr, 5 -20149 Milano
8. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/
RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
5 novembre 2004.
9. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE
ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
036161026/M
1 siringa pre-riempita da 300 mcg/2 ml
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Settembre 2007.