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VITAMINA C
P aro l e ch iav e
Vitamina C, Acido L-ascorbico, L-ascorbato, Acido L-deidroascorbico
A bbr ev iaz io n i
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assunzione adeguata
fabbisogno medio
additivo: acido ascorbico
trasportatore di glucosio
fattore di trascrizione indotto dall’ipossia
lipoproteine a bassa densità
nicotinammide adenin dinucleotide
nicotinammide adenin dinucleotide fosfato
assunzione raccomandata per la popolazione
specie reattive dell’ossigeno
(sodium-dependent vitamin C transporter) trasportatore sodio-dipendente per la
vitamina C
livello massimo tollerabile di assunzione
C o n c etti gu ida
- La vitamina C partecipa a reazioni enzimatiche, catalizzate da mono e diossigenasi (coinvolte nella
biosintesi del collagene, della carnitina, della noradrenalina) e a reazioni non enzimatiche, tra cui la
neutralizzazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS).
- I gruppi di alimenti “Verdura e Ortaggi” e “Frutta” rappresentano le fonti principali di vitamina C nella
dieta italiana, fornendo il 76% dell’assunzione totale. Un ulteriore 13% deriva dal gruppo “Acqua e
bevande analcoliche”, in quanto in tale gruppo sono presenti i succhi di frutta.
- La carenza grave si manifesta con lo scorbuto, una patologia che può avere esito fatale. Questa
condizione è rara nei paesi industrializzati dove invece esiste il rischio di carenza marginale
(categorie a rischio: fumatori, soggetti con obesità centrale, diabetici). Bassi livelli plasmatici sono
stati associati a patologie cardiovascolari e neoplastiche.
- I fabbisogni corrispondono all’assunzione necessaria per mantenere la concentrazione di vitamina C
dei neutrofili vicina alla saturazione - valore corrispondente ad un’adeguata protezione antiossidante
- con la minima escrezione urinaria.
- I livelli di assunzione di riferimento sono espressi nella fascia 7-11 mesi come assunzione adeguata
(AI) e negli altri gruppi come fabbisogno medio (AR) e assunzione raccomandata per la popolazione
(PRI).
- Non viene stabilito un livello massimo tollerabile di assunzione a causa della mancanza di un
sufficiente numero di studi sulla tossicità. Tuttavia, in accordo con l’EFSA, si raccomanda di non
superare l’assunzione di 1 g/die.
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In tro duzion e
La vitamina C (acido L-ascorbico) è una molecola a sei atomi di carbonio, che presenta un anello lattonico (è
il γ-lattone della forma enolica dell'acido α-chetogulonico); la forma enantiomera D non è biologicamente
attiva. A pH fisiologico, è presente nella forma dissociata anione ascorbato (pKa = 4,2). Il termine vitamina
C fa riferimento sia all’acido L-ascorbico (la forma ridotta, di seguito indicata come acido ascorbico) sia al
suo derivato ossidato, l’acido L-deidroascorbico (di seguito indicato come acido deidroascorbico), poiché
entrambi i composti possiedono un’attività anti-scorbutica. Quasi tutti i mammiferi sintetizzano l’acido
ascorbico a partire dal glucosio; per l’uomo è un nutriente essenziale in seguito alla mutazione della
gulonolattone ossidasi, enzima terminale della via biosintetica.
Le funzioni biologiche dell’acido ascorbico sono collegate al suo forte potere riducente. Nell’esplicare la
sua azione riducente verso molti sistemi biologici, l’acido ascorbico si ossida, in due successive tappe
monoelettroniche, dapprima a radicale ascorbile e quindi ad acido deidroascorbico. Il radicale ascorbile è
relativamente stabile e previene la formazione di radicali più reattivi e dannosi.
L’acido ascorbico è facilmente ossidabile in presenza di ossigeno e metalli. L’acido deidroascorbico è
instabile e, in ambiente anche debolmente alcalino, subisce l’idrolisi irreversibile dell’anello lattonico con
conseguente perdita dell’attività vitaminica.
Le prime ricerche sulla vitamina C si concentrarono soprattutto nell’individuare l’eziologia, il trattamento
e la prevenzione dello scorbuto, una malattia con sintomi a carico di ossa, cartilagine e tessuto connettivo. La
patologia era tipica dei marinai che per lunghi periodi non consumavano vegetali freschi ed aveva esito
fatale; nel 1753 il Dr. James Lind scoprì che la somministrazione giornaliera di circa 30 g di succo di limone
preveniva la comparsa dello scorbuto. Nel 1932, la vitamina C venne isolata e cristallizzata dall’ungherese
Albert Szent-Gyorgyi al quale, nel 1937, fu assegnato il Premio Nobel per la Medicina.
M etabo lismo
La vitamina C si trova principalmente negli alimenti di origine vegetale dove è presente sia la forma ridotta
(80-90% del totale) che la forma ossidata.
Sia l’acido ascorbico sia l’acido deidroascorbico sono assorbiti lungo tutto l’intestino tenue.
L’assorbimento dell’acido ascorbico avviene attraverso un meccanismo di trasporto attivo sodio-dipendente
mediato dal trasportatore SVCT1 (sodium-dependent vitamin C transporter 1) posto sulla membrana apicale
delle cellule intestinali; a dosi di 30-180 mg si calcola che sia assorbito più dell’80% della vitamina. Studi in
vitro dimostrano che i livelli del trasportatore sono sensibili alle concentrazioni di acido ascorbico,
diminuendo in presenza di elevate concentrazioni e aumentando in presenza di basse concentrazioni. A dosi
elevate una quota può essere assorbita per diffusione passiva; con l’assunzione di 1 g di acido ascorbico
l’assorbimento intestinale è pari a circa il 50%. L’acido deidroascorbico viene assorbito tramite un sistema di
trasporto facilitato, che utilizza i trasportatori del glucosio GLUT1, GLUT3 e GLUT4 (Wilson, 2005);
all’interno dell’enterocita l’acido deidroascorbico è ridotto ad acido ascorbico dal glutatione e da differenti
sistemi enzimatici (Wilson, 2002). È stato ipotizzato che l’acido ascorbico sia esportato dall’enterocita
attraverso canali anionici volume-sensibili presenti sulla membrana basolaterale.
La matrice alimentare sembra non influenzare significativamente la biodisponibilità della vitamina C;
infatti, l’acido ascorbico presente nel succo di arancia, nell’arancia intera, in broccoli cotti e in supplementi
sembra essere ugualmente biodisponibile (Mangels et al.,1993). Studi in vitro e su modelli animali indicano
che il glucosio e alcuni flavonoidi inibiscono la captazione della vitamina C interferendo con l’attività dei
trasportatori SVCT1 e GLUT, ma non è chiaro se questo effetto sia significativo nell’uomo (Wilson, 2005).
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La biodisponibilità dell’acido ascorbico può essere ridotta in seguito a trattamento farmacologico con acido
acetilsalicilico (Schulz et al., 2004).
Nel plasma, la vitamina C è presente quasi totalmente come acido ascorbico. La concentrazione
plasmatica media in individui sani è di circa 50-60 µmol/L (Schleicher et al., 2009). Studi di
farmacocinetica, condotti su individui sani, hanno dimostrato che vi è una relazione sigmoidale tra la
quantità assunta e la concentrazione plasmatica. La parte lineare della curva corrisponde a dosi di acido
ascorbico comprese tra 30 e 100 mg/die; la massima concentrazione plasmatica (~ 80 µmol/L) viene
raggiunta con dosi di 200 mg/die. La stessa dose di 200 mg/die determina anche la massima concentrazione
all’interno nelle cellule ematiche (linfociti e piastrine 3,6-3,8 mmol/L; monociti 3,0 mmol/L; granulociti
neutrofili 1,3 mmol/L) (Levine et al., 1996; Levine et al., 2001). Alla regolazione delle concentrazioni
plasmatiche contribuisce anche il riassorbimento renale tramite il trasportatore SVCT1; a dosi superiori agli
80 mg/die, si supera la capacità di riassorbimento, l’acido ascorbico compare nelle urine e l’escrezione
aumenta proporzionalmente all’assunzione.
L’acido ascorbico viene accumulato dai vari tessuti, in concentrazioni millimolari, tramite i trasportatori
SVCT1 (fegato, rene) e SVCT2 (isoforma ubiquitaria); i livelli più elevati sono presenti nell’ipofisi, nel
surrene e nel cristallino (Savini et al., 2008). I livelli tissutali di acido ascorbico sono mantenuti anche da
meccanismi di rigenerazione dalle forme ossidate, radicale ascorbile e acido deidroascorbico, tramite il
glutatione e sistemi enzimatici NADH/NADPH dipendenti (Wilson, 2002); i sistemi di rigenerazione
rivestono particolare importanza in caso di bassi apporti con la dieta. Se non è riciclato, l’acido
deidroascorbico è irreversibilmente idrolizzato ad acido dichetogulonico che è ulteriormente degradato ad
ossalato, il principale catabolita della vitamina C.
La riserva corporea di vitamina C è di 20 mg/kg di peso corporeo, pari a circa 1200-1500 mg nell’adulto;
riserve corporee inferiori a 300 mg sono associate ai segni di scorbuto. L’emivita media della vitamina è di
8-40 giorni ed è inversamente proporzionale alle riserve (Kallner et al., 1979).
Ruo lo nu trizion ale
La vitamina C svolge molteplici funzioni nell’organismo grazie al suo potere riducente. L’acido ascorbico è
coinvolto in reazioni enzimatiche catalizzate da monoossigenasi e diossigenasi ferro dipendenti o rame
dipendenti (tali enzimi incorporano uno od entrambi gli atomi dell’ossigeno molecolare nel substrato); il
ruolo dell’acido ascorbico è mantenere nella forma ridotta funzionale i cofattori metallici. Questi enzimi,
mediante reazioni di idrossilazione, partecipano alla biosintesi del collagene, della carnitina e della
noradrenalina, al metabolismo della tirosina e alla maturazione di ormoni peptidici. Substrato di diossigenasi
è anche il “fattore di trascrizione indotto dall’ipossia (HIF), fattore sensibile ai livelli dell’ossigeno tissutale
(Mandl et al., 2009).1
1 NOTA PIÈ DI PAGINA:
In condizioni di ipossia il fattore trascrizionale HIF è un eterodimero (HIF-1α, subunità regolata /HIF-1, subunità costitutiva); il
dimero è in grado di legare il DNA promuovendo la trascrizione di geni coinvolti in numerosi processi quali angiogenesi,
proliferazione cellulare, glicolisi, eritropoiesi, omeostasi del ferro (ad esempio promuove la sintesi dell’eritropoitina). In condizioni
di normossia, tramite la diossigenasi prolil-4-idrossilasi, la subunità HIF-1α viene idrossilata e quindi degradata dal sistema
proteolitico ubiquitina-proteasoma. Basse concentrazioni intracellulari di acido ascorbico potrebbero causare risposte simili a quella
osservate in condizioni di ipossia (Mandl et al., 2009).
La vitamina C partecipa anche a importanti reazioni non enzimatiche. Nell’apparato digerente ha una
azione protettiva in quanto impedisce la trasformazione dei nitriti presenti negli alimenti in nitrosammine,
composti potenzialmente cancerogeni. Inoltre favorisce l’assorbimento intestinale del ferro non-eme, in
quanto riduce il ferro ferrico (Fe3+) a ferro ferroso (Fe2+), forma solubile e biodisponibile. A livello
intracellulare la vitamina C previene l’ossidazione di acidi nucleici e proteine (Mandl et al., 2009). A livello
ematico la coppia redox radicale ascorbile/acido ascorbico previene l’ossidazione delle lipoproteine e la
perossidazione lipidica; questo meccanismo protettivo si basa sulla neutralizzazione di specie reattive
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dell’ossigeno e dell’azoto e sulla rigenerazione della vitamina E dalla sua forma radicalica tocoferile
(Aguirre e May, 2008). La vitamina C infine è coinvolta nella sintesi dell’ossido nitrico, importante
vasodilatatore, da parte delle cellule endoteliali (Huang et al.,2000).
Valu tazion e dello statu s nutrizio nale
La concentrazione urinaria o la concentrazione plasmatica di vitamina C non sono considerati dei parametri
soddisfacenti per valutare lo stato di nutrizione poiché risentono dell’assunzione a breve termine con la dieta.
Tuttavia, la concentrazione plasmatica è spesso utilizzata negli studi di popolazione per la sua praticità ed
economicità. Concentrazioni di vitamina C <11 µmol/L sono considerate indice di uno stato carenziale,
concentrazioni 11-28 µmol/L vengono considerate sub-ottimali mentre valori >28 µmol/L vengono
considerati adeguati.
La concentrazione di vitamina C nei granulociti neutrofili è un indicatore più attendibile perché
rappresentativo delle riserve presenti nell’organismo; valori < 0,6 mM sono indice di carenza vitaminica
(questo indicatore viene utilizzato prevalentemente in studi clinici a causa della maggiore laboriosità della
metodica) (Levine et al., 1996; Levine et al., 2001).
Caren za
La carenza di vitamina C è principalmente dovuta ad apporti inadeguati. La carenza grave causa lo scorbuto;
un’assunzione di vitamina C <10 mg/die provoca inizialmente astenia, perdita di peso, artralgie e
sanguinamento delle gengive; successivamente, induce la formazione di ematomi (soprattutto negli arti
inferiori), alterata cicatrizzazione, perdita dei denti, ecchimosi ed emorragie in molti organi. I sintomi dello
scorbuto, latenti per 2-3 mesi, compaiono quando i valori plasmatici sono <11 µmol/L.
Attualmente, tale malattia è raramente riscontrabile nei paesi sviluppati; tuttavia, carenze marginali possono
essere presenti in caso di diete con scarso apporto di frutta e verdura fresca. Una categoria a rischio di
carenza grave è quella dei pazienti anziani ospedalizzati; uno studio condotto in Francia riporta che il 12 %
dei pazienti anziani in lunga degenza presenta i sintomi dello scorbuto(Raynaud-Simon et al., 2010). Un’altra
categoria a rischio di carenza è quella dei soggetti con un basso status socio-economico probabilmente a
causa delle errate preferenze alimentari indotte da fattori culturali ed economici (FAO/WHO, 2004). Negli
Stati Uniti, lo studio National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES 2003-2004) riporta uno
stato carenziale (livelli serici <11,4 µmol/L) nel 7 % della popolazione totale; la percentuale di soggetti in
carenza risulta marcatamente più elevata nei soggetti a basso reddito (circa 2 volte superiori) e nei fumatori
(circa 3 volte superiori) (Schleicher et al., 2009). Nel Regno Unito, uno stato carenziale è presente nel 25%
degli uomini e nel 16% delle donne a basso reddito, livelli serici sub-ottimali (11-28 mol/L) sono presenti
nel 50% della stessa popolazione (Mosdøl et al., 2008). In India, uno studio condotto su soggetti di età
superiore ai 60 anni evidenzia che la carenza di vitamina C è presente sia al nord (74 %) che al sud (46 %)
del paese; tale condizione è più frequente negli uomini, con l'aumentare dell'età e nei fumatori (Ravindran et
al., 2011). Carenze marginali sono state anche riscontrate in soggetti con obesità centrale (Canoy et al., 2005)
e in soggetti diabetici (Will et al, 1999) (vedi paragrafo “Gruppi a rischio”).
Numerosi studi prospettici di popolazione indicano che livelli plasmatici sub-ottimali di vitamina C sono
associati ad un aumento del rischio di malattie associate ad alterazione dello stato redox (Ginter, 2007). Sia
negli uomini che nelle donne la concentrazione plasmatica di acido ascorbico è inversamente correlata alla
mortalità per malattie cardiovascolari, infarto e cancro; il rischio di mortalità si dimezza a valori plasmatici
di vitamina C > 80 M/L (Khaw et al., 2001. Il rischio relativo di infarto si riduce del 9% per ogni
incremento di 20 μmol/L di vitamina C plasmatica (ottenuto con un apporto di circa 50 g/die di frutta e
verdura) (Pfister et al., 2011). Elevati livelli plasmatici di vitamina C sono anche associati a più bassi livelli
di pressione sistolica (Myint et al., 2011). Lo studio multicentrico European Prospective Investigation into
Cancer and Nutrition (EPIC) evidenzia che i livelli plasmatici di vitamina C sono inversamente correlati al
rischio di cancro dello stomaco. Concentrazioni plasmatiche <29 mol/l sono associate ad un significativo
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aumento del rischio; questa relazione è maggiormente evidente nei consumatori di carni rosse e carni
conservate (Gonzalez et al., 2010).
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Il contenuto di vitamina C negli alimenti è comunemente riportato come la somma dei contenuti di acido
ascorbico e acido deidroascorbico. Tra gli alimenti, quelli più ricchi di vitamina C sono la verdura fresca e la
frutta, in particolare i peperoni (127-166 mg/100 g), i kiwi (65-120 mg/100 g), gli agrumi (37-54 mg/100 g),
le fragole (54 mg/100 g), i pomodori (21-25 mg/100 g) e gli ortaggi a foglia verde (17 mg/100 g nella cicoria
di campo, 110 mg/100 g nella rughetta e nei broccoletti) (Carnovale e Marletta, 2000). La concentrazione di
vitamina C varia molto in relazione alla varietà e alla cultivar (una rapida crescita, in genere, implica un
contenuto maggiore di vitamina C), all’esposizione alla luce e al grado di maturazione. La conservazione
dopo la raccolta e i trattamenti tecnologici implicano sempre perdite di vitamina C più o meno rilevanti. Con
la cottura viene perso mediamente il 56% di vitamina C, con percentuali più limitate se la cottura viene
effettuata rapidamente, in poca acqua e in recipienti chiusi; il trattamento di blanching (sbollentamento) che
precede la surgelazione, l’inscatolamento, l’essiccamento e la liofilizzazione determinano mediamente una
perdita del 25% di vitamina C. Perdite cospicue, dovute all'ossidazione, si hanno quando gli alimenti
vengono esposti all’aria per lunghi periodi o quando vengono conservati in recipienti di rame o in ambienti
alcalini. L’acido ascorbico viene aggiunto come additivo antiossidante (E300) a molti prodotti alimentari
trasformati, proprio per la sua capacità di ossidarsi facilmente mantenendo stabili le altre vitamine (A, E,
To ssicità
Dosi elevate di vitamina C possono causare disturbi gastrointestinali e diarrea osmotica, a causa del suo
mancato assorbimento. Effetti avversi non sono stati riportati per dosi giornaliere fino ad un grammo mentre
compaiono per dosi superiori (3-5 g) (EFSA, 2006).
Un’eccessiva assunzione porta ad aumentata escrezione di urato ed ossalato. E’ stato suggerito che questo
effetto possa aumentare il rischio di formazione di calcoli renali di ossalato di calcio; tuttavia le evidenze
sono contrastanti. E’ da notare che ad elevate assunzioni (> 1 g/die), la maggior parte della vitamina viene
eliminata come tale e soltanto l’1% sotto forma di ossalato; per cui, ad alte dosi di vitamina, la quantità di
questo catabolita non aumenta proporzionalmente all’assunzione.
E’ stato suggerito che la vitamina C, a causa del potere pro-ossidante in presenza di metalli (ferro, rame)
possa funzionare da agente genotossico, generando basi puriniche ossidate con conseguente danno al DNA.
Podmore e colleghi (1998) hanno indicato un possibile effetto pro-ossidante della supplementazione, in
soggetti sani, con vitamina C (500 mg/die per 6 settimane) analizzando le modificazioni al DNA in linfociti
ex-vivo: gli effetti riportati possono tuttavia essere interpretati sia come pro-ossidanti (aumento della 8ossiadenina) che come anti-ossidanti (diminuzione dell’8-ossiguanina). L’eventuale azione pro-ossidante in
vivo non stata supportata da successive evidenze scientifiche.
Dosi elevate possono aggravare situazioni in cui si ha un alterato metabolismo del ferro, quale
l’emocromatosi. Questa patologia, che porta a un aumentato assorbimento e ad un progressivo accumulo del
metallo, è una condizione ereditaria frequente in Europa (2-5 malati su 1.000 individui e 9-15 portatori su
100). La vitamina C, oltre a favorire ulteriormente l’assorbimento del metallo, ha anche un’azione proossidante, promuovendo la riduzione della forma ferrica Fe3+ a quella ferrosa Fe2+; il Fe2+ reagisce con
l’ossigeno molecolare con formazione di radicali e conseguente danno ossidativo; questo può provocare la
comparsa di patologie gravi quali la cirrosi epatica. La supplementazione può avere effetti avversi in altre
condizioni associate ad accumulo di ferro, quali frequenti trasfusioni (talassemia, anemia falciforme).
Supplementazioni vitamina C sono anche sconsigliate a persone con predisposizione all’emolisi, ad esempio,
deficienza di glucosio 6 fosfato deidrogenasi; tali soggetti non devono comunque evitare l’assunzione di
vitamina da frutta e verdura.
Fon te dei nu trien ti n ella po po lazion e italian a
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acido folico e tiamina). La vitamina C si trova aggiunta come ingrediente in molte bevande a base di succhi
di frutta.
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Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-06 (Leclercq et al., 2009) risulta che il livello medio di
assunzione di vitamina C è di 126 mg/die (mediana 109 mg/die): tale stima proviene dal consumo sia di
alimenti che di supplementi (Sette et al., 2011). Nella Tabella 1 sono riportati i valori mediani di assunzione
di vitamina C espressi in mg/die e in mg/1000 kcal distinti per sesso e classi di età (dati non pubblicati,
elaborazione di Stefania Sette su INRAN-SCAI 2005-06).
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Dall’elaborazione dei dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-06 (Leclercq et al., 2009) emerge che i gruppi
“Verdura e Ortaggi” e “Frutta” rappresentano le fonti principali di vitamina C nella dieta italiana e
forniscono insieme il 76% dell’assunzione totale, di cui il 8% da “Pomodori” e il 17% da “Agrumi” (dati
non pubblicati, elaborazione di Stefania Sette su INRAN-SCAI 2005-06). Un ulteriore 13% deriva dal
gruppo “Acqua e bevande analcoliche”, in quanto in questo gruppo sono presenti i succhi di frutta. I maschi
di età superiore a 11 anni derivano una proporzione minore di vitamina C dal gruppo “Frutta” rispetto alle
femmine. Questa differenza è in parte bilanciata nei maschi adulti e anziani da una leggera maggior
proporzione di vitamina C derivata dal gruppo “Verdure ed ortaggi”.
Livelli di assunzione
Queste stime non prendono in considerazione le perdite di vitamina C che avvengono durante il processo
di conservazione e cottura degli alimenti a livello casalingo e costituiscono pertanto una lieve sovrastima
degli effettivi livelli di assunzione.
Quantificazioni delle fonti
Circa il 9% dei bambini (7-10 anni) e degli adolescenti (11-17 anni) hanno consumato “Succhi di frutta”
fortificati con vitamina C nei tre giorni dell’indagine e questi prodotti hanno contribuito al 6%
dell’assunzione totale di vitamina C in questi gruppi di età.
Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-06 emerge che i supplementi contribuiscono solo per il 2%
dell’assunzione totale di vitamina C nel campione totale, mentre nel campione che assume supplementi tale
contributo sale al 24% (Sette et al., 2011).
L iv el li di as s un z io n e di rif eri m en to
Nei documenti di riferimento i fabbisogni per l’adulto sono stati determinati secondo differenti criteri e
pertanto i livelli di assunzione raccomandati per il maschio adulto variano in un intervallo compreso tra 45
mg/die, nelle raccomandazioni Australia-Nuova Zelanda (NRV, Nutrient Reference Values for Australia and
New Zealand, 2006) e WHO/FAO (2004), e 100 mg/die, nelle raccomandazioni Germania-Austria-Svizzera
(D-A-CH, 2002)
I documenti NRV e WHO/FAO si basano sul mantenimento delle riserve corporee di vitamina C ed
indicano per il sesso maschile in età adulta un fabbisogno medio di 30 mg/die. Questo valore è stato
calcolato assumendo un contenuto corporeo totale di 900 mg (valore medio fra 1500 mg, corrispondente alla
saturazione tissutale, e 300 mg, valore soglia sotto il quale compare lo scorbuto), un catabolismo giornaliero
del 2,9% (Baker et al., 1971) ed una biodisponibilità dell’85%; pertanto il fabbisogno medio è di
900(2,9/100)(100/85) = 30. Il livello di assunzione di riferimento di 45 mg/die è stato stabilito applicando
il doppio di un coefficiente di variazione del 20%.
Il documento Danimarca-Norvegia-Finlandia-Svezia (NNR, Nordic Nutrition Recommendations, 2004)
basa le raccomandazioni sull’attività antiossidante, correlata alla diminuzione del rischio di malattia
cardiovascolare. Il documento NNR, basandosi su studi osservazionali, indica la concentrazione plasmatica
di 32 µmol/L quale valore di cut-off per un basso rischio. Questa concentrazione è raggiungibile con
l’assunzione di 60 mg/die di vitamina C, come indicato da studi di farmacocinetica (Levine et al., 1996). Il
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livello di assunzione di riferimento di 75 mg/die viene calcolato applicando il doppio di un coefficiente di
variazione del 12,5%.
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In questa revisione del LARN, gli apporti raccomandati per la vitamina C sono espressi nella fascia 7-11
mesi come assunzione adeguata (AI) e negli altri gruppi come fabbisogno medio (AR) e assunzione di
riferimento per la popolazione (PRI).
Nel documento Stati Uniti-Canada (DRI, Food and Nutrition Board, 2000), il criterio utilizzato per
stabilire la raccomandazione è l’attività antiossidante. Il fabbisogno medio è stato stabilito sulla base di uno
studio in vivo di deplezione-replezione condotto su maschi adulti (Levine et al., 1996) e da studi in vitro
condotti su granulociti neutrofili. Lo studio in vivo dimostra che le concentrazioni di vitamina C nel plasma e
nei granulociti neutrofili sono direttamente correlate agli apporti con la dieta nell’intervallo tra 50 e 90
mg/die (Levine et al., 1996). Gli studi in vitro dimostrano che la vitamina C è in grado di inibire la
produzione di superossido da parte dei granulociti neutrofili attivati senza influenzare la loro capacità
battericida; tale effetto è lineare con concentrazioni extracellulari di ascorbato corrispondenti ai normali
valori plasmatici (22-85 µmol/L) (Anderson et al., 1987). Sulla base di queste osservazioni è stato stabilito
un fabbisogno medio di 75 mg/die corrispondente alla quantità di vitamina C necessaria per mantenere la
concentrazione nei granulociti neutrofili vicina alla saturazione (1,0 mmol/L) con la minima escrezione
urinaria (Levine et al., 1996). Il livello di assunzione di riferimento di 90 mg/die è stato calcolato applicando
il doppio di un coefficiente di variazione del 10%.
Il documento Germania-Austria-Svizzera (D-A-CH, 2002) utilizza lo stesso criterio dei DRI ma per
stabilire il fabbisogno medio utilizza il valore corrispondente alla quantità di vitamina C necessaria per
ottenere la completa saturazione dei neutrofili (1,3 mmol/L). Il livello di assunzione di riferimento di 100
mg/die è stato calcolato applicando il doppio di un coefficiente di variazione del 10%.
I livelli di assunzione di riferimento sono uguali per entrambi i sessi nei diversi documenti, ad eccezione dei
DRI, dove per le femmine viene indicato un valore di 75 mg/die, sulla base del minor peso corporeo. In tutti
i documenti i valori nelle fasce di età > 51 anni non sono modificati rispetto a quelli per gli adulti.
I livelli di assunzione di riferimento DRI, WHO/FAO, NNR e NRV per i bambini 1-9 anni presentano
differenze, dovute anche alla diversa definizione delle classi di età; i D-A-CH indicano livelli di assunzione
tendenzialmente più alti. I valori indicati per gli adolescenti nei documenti DRI, NNR e D-A-CH (50-100
mg/die) sono più elevati rispetto ai valori NRV e WHO/FAO (40 mg/die).
Tutti i documenti indicano un incremento di 10 mg/die dei livelli di assunzione per la donna in gravidanza
rispetto alla donna adulta. In allattamento, WHO/FAO e NNR suggeriscono un incremento di 25 mg/die
dell’apporto di vitamina C, NRV di 40 mg/die, DRI di 45 mg/ die e D-A-CH di 50 mg/die.
Criteri
Nell’attuale revisione dei LARN si ritiene di adottare il criterio utilizzato nel documento DRI 2001 (dose
di vitamina C necessaria per mantenere la concentrazione nei granulociti neutrofili vicina alla saturazione
con minima escrezione urinaria), integrato da un successivo studio di deplezione-replezione condotto su
femmine adulte (Levine et al., 2001). Questo studio indica un fabbisogno medio di 60 mg/die per le femmine
adulte, confermando il valore precedentemente indicato nel documento DRI, calcolato per estrapolazione dal
fabbisogno medio per il maschio. II documento DRI stabiliva i livelli di assunzione di riferimento applicando
un coefficiente di variazione del 10%; lo studio di deplezione-replezione (Levine et al., 2001) indica una
maggior variabilità interindividuale suggerendo l’uso di un coefficiente di variazione del 20%. Pertanto, il
PRI è calcolato aumentando l’AR del doppio di un coefficiente di variazione del 20%.
Attualmente, i dati in letteratura non consentono di valutare in modo inequivocabile gli effetti della
vitamina C sulla prevenzione delle patologie cronico-degenerative e di indicare i fabbisogni sulla base di
questo criterio. Comunque, numerosi studi prospettici indicano che il mantenimento di uno stato vitaminico
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ottimale (ottenuto con apporti dietetici di circa 100 mg /die) è associato ad una notevole diminuzione del
rischio di patologie cronico-degenerative in uomini e donne non-fumatori (Carr e Frei, 1999).
Lattanti (7-11 mesi)
Per tale fascia di età è indicato l’AI, stabilito con due differenti procedure. Con un metodo, l'AI viene
estrapolato dal valore per i lattanti 0-6 mesi - calcolato sulla base del contenuto vitaminico (40 mg/L) del
latte materno (0,78 L/die) di madri con adeguato stato nutrizionale (WHO/FAO 2004) - e corretto per il peso
corporeo e per uno specifico fattore di aggiustamento. Con il secondo metodo l'AI viene estrapolato dal
valore per l'adulto, utilizzando come fattori di correzione il peso corporeo e uno specifico fattore di crescita
(Appendice XXX).
L’AI di 35 mg/die rappresenta il valore più elevato ottenuto con i due metodi.
Bambini e adolescenti (1-17 anni)
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Data la scarsità di informazioni disponibili per tale fascia di età, l’AR (e da esso il PRI) è stato stimato sulla
base dei dati dell’AR per gli adulti, con una correzione per peso corporeo e uno specifico fattore di crescita
(Appendice XXX). Nella fascia di età 15 – 17 anni si indicano i valori per l'età adulta.
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I dati disponibili non sono sufficienti per definire eventuali variazioni dell’AR in funzione dell’età. Gli AR
sono differenziati per sesso: sulla base di quanto riportato nei DRI, viene indicato un AR di 75 mg/die (PRI =
105 mg/die) per i maschi e di 60 mg/die (PRI = 85 mg/die) per le femmine.
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Non sono riportate differenze nel metabolismo della vitamina C con l’invecchiamento; pertanto si ritiene di
mantenere lo stesso valore di AR dell’adulto.
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Non è nota la quantità di vitamina trasferita al feto durante la gravidanza; è invece noto che per prevenire lo
scorbuto nei neonati sono necessari 7 mg/die. Pertanto si ritiene opportuno incrementare l’AR per le donne
in gravidanza di 10 mg/die; viene pertanto indicato un AR di 70 mg/die (PRI = 100 mg/die).
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Si ritiene opportuno aumentare l’AR per la femmina adulta di 30 mg/die al fine di assicurare una
concentrazione vitaminica pari a 40 mg/L nel latte materno. Viene pertanto indicato un AR di 90 mg/die
(PRI = 130 mg/die).
Adulti (18-59 anni)
Età geriatrica (≥60 anni)
Gravidanza
Allattamento
Livello massimo to llerabile di assun zion e (UL) n egli
adu lti
Generalmente la massima quantità di vitamina C che può essere assunta con il consumo di alimenti ricchi in
vitamina è di 400 mg/die; dosi superiori vengono raggiunte tramite l’uso di supplementi.
La vitamina C ha una bassa tossicità acuta, come indicato da studi sugli animali e esseri umani. I principali
effetti negativi legati a elevati consumi (> 2g/die), sono i disturbi gastrointestinali acuti (distensione
addominale, flatulenza, diarrea, coliche transitorie) ma ci sono pochi dati sulla relazione dose-risposta per gli
adulti o per gruppi come i bambini e gli anziani. L'assunzione abituale di 1,5 g / die di vitamina C non
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aumenta il rischio di calcoli renali. I DRI indicano un UL di 2 g/die per gli adulti per la vitamina C assunta
sotto forma di alimento e supplemento; tale valore è basato sulla comparsa di disturbi gastro-intestinali.
L’EFSA (2006), considerando il limitato numero di studi disponibili, non ritiene invece di poter stabilire
un livello massimo tollerabile di assunzione (UL); tuttavia suggerisce di non superare la dose di 1 g/die
considerando che a dosi più elevate l’incremento dei depositi corporei è trascurabile (l'assorbimento
intestinale di vitamina C è già saturo) mentre aumenta il rischio degli effetti avversi gastrointestinali. In
accordo con l’EFSA, questa revisione dei LARN, pur non stabilendo un UL, indica la quota di 1 g/die come
assunzione da non superare.
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Diabetici
GRUPPI A RISCHIO E ALTRE OSSERVAZIONI
Un recente studio analizza l’adeguatezza della dieta nei paesi europei (Viñas et al., 2011). La popolazione
adulta maschile a rischio di carenza di vitamina C (assunzione < 60 mg/die) varia tra il 15 % in Portogallo
(studio EPI Porto 1999-2003) fino al 40 % in Irlanda (studio ISLAN 2007); la popolazione femminile è in
generale a minor rischio di carenza. In Italia (studio INN-CA 1994-96) i maschi adulti con apporti inadeguati
sono il 17 %, mentre le femmine sono il 14 %.
Fumatori
A parità di assunzione di vitamina C, i livelli plasmatici di vitamina sono generalmente più bassi nei
fumatori rispetto ai non-fumatori. Questa condizione è probabilmente dovuta ad maggior consumo di
vitamina causato dallo stress ossidativo indotto dalle sostanze tossiche inalate (Schleicher et al., 2009). Nei
soggetti che fumano più di 20 sigarette al giorno il metabolismo della vitamina C aumenta di oltre il 40 %:
questi soggetti necessitano di 140 mg/die di vitamina C per raggiungere livelli plasmatici e riserve corporee
simili a quelle dei non fumatori che assumono 100 mg/die (Kallner et al., 1981). I fumatori dovrebbero
pertanto assumere una ulteriore quota vitaminica di 35 mg/die.
Obesi
I soggetti obesi presentano livelli di vitamina C plasmatici mediamente più bassi rispetto a quelli dei soggetti
normopeso; tale osservazione è particolarmente evidente nei soggetti con adiposità addominale (Canoy et al.,
2005). L’analisi di 19.068 soggetti (45-79 anni) ha dimostrato che un incremento della circonferenza
addominale di 9,5 cm nei maschi e di 10,5 cm nelle femmine è associato ad una diminuzione della
concentrazione plasmatica rispettivamente di 3,4 mol/L e di 3,6 mol/L (dopo normalizzazione per l’indice
di massa corporea); tale correlazione è evidente anche dopo normalizzazione per l’apporto dietetico di
vitaminica (Canoy et al., 2005).
I pazienti diabetici sono una popolazione a rischio di carenza di vitamina C; differenti studi riportano che
i livelli plasmatici di questa popolazione sono in media inferiori del 30% rispetto a quelli della popolazione
sana (Will et al, 1999). Tale condizione può essere dovuta sia ai bassi apporti dietetici sia ad un aumento del
consumo di vitamina indotto dallo stress ossidativo (Victor et al., 2011). Il rischio di diabete si riduce
notevolmente in presenza di elevati livelli plasmatici di vitamina C; un incremento di 20 M/L è
associato ad una riduzione del rischio del 29 % (Harding et al, 2008).
Patologie cronico-degenerative
Numerosi studi osservazionali di coorte dimostrano che lo stato vitaminco e l’assunzione con la dieta di
alimenti ricchi in vitamina C sono inversamente associati al rischio di malattie cardiovascolari, neoplastiche
e neurodegenerative ((Bazzano et al., 2002; Steffen et al., 2003; Harrison, 2012). Nonostante ciò, i risultati
degli studi di intervento condotti mediante supplementazione di vitamina C sono contrastanti (Sesso et al.,
2008; Lin et al., 2009; Bjelakovic et al., 2012; Harrison, 2012). Va sottolineato che gli alimenti ricchi in
vitamina C sono anche ricchi in altri composti fitochimici (tra cui, vitamina E, carotenoidi, composti
fenolici), con potenziale azione protettiva sulle malattie cronico-degenerative; per cui è difficile dimostrare
con certezza lo specifico ruolo preventivo di questa vitamina.
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Una recente meta-analisi di 14 studi di coorte ha evidenziato che l’assunzione di vitamina C con la dieta, ma
non da supplementi, è inversamente correlata al rischio di malattia coronarica (Ye et al., 2008). La vitamina
C, a concentrazioni fisiologiche, protegge le LDL dalle modificazioni ossidative ostacolando la formazione
della placca aterosclerotica (Aguirre e May, 2008). Altri meccanismi, quali la regolazione della funzionalità
piastrinica e la riduzione dell’ipertensione (Juraschek et al., 2012), potrebbero essere alla base di questa
azione protettiva (Mandl et al., 2009). Studi di popolazione condotti in Europa, Regno Unito, Stati Uniti,
Finlandia, Cina e Giappone indicano un minor rischio di malattia coronarica associato ad una maggiore
assunzione di vitamina C da frutta, verdura e cereali integrali (Ginter, 2007).
Una dieta ricca in vitamina C svolge un ruolo protettivo nella prevenzione dei tumori della bocca, della
laringe, dell'esofago e dello stomaco (Gonzalez et al., 2010). La carenza di vitamina C è stata riscontrate in
pazienti affetti da varie forme di gastrite (autoimmune, correlata ad infezione da Helicobacter Pylori, indotta
da sostanze chimiche). Tale carenza può essere dovuta a vari fattori quali calo della biodisponibilità (per
aumentata distruzione a livello gastrico), aumento del fabbisogno, assunzione insufficiente legata alla
dietoterapia. La biodisponibilità della vitamina viene ulteriormente compromessa dalla terapia con farmaci
inibitori della pompa protonica mentre viene normalizzata dall’eradicazione dell’Helicobacter Pylori (Aditi e
Graham, 2012). Tra i meccanismi proposti nella protezione dai tumori vi sono l’inibizione della formazione
di sostanze cancerogene nello stomaco (ad esempio nitrosammine), l’attenuazione della cascata
infiammatoria indotta dall’Helicobacter Pylori (Aditi e Graham, 2012) e la modulazione del sistema
immunitario (Jariwalla e Harakeh, 1996)
Livelli plasmatici sub-ottimali di vitamina C sono associati ad un aumento del rischio di declino cognitivo
legato all’età o alla malattia di Alzheimer mentre elevate assunzioni di vitamina C con la dieta (e non da
supplementi) sembrano svolgere un’azione protettiva (Harrison, 2012)
Alcune evidenze scientifiche indicano un’azione protettiva della vitamina C verso patologie da danno
ossidativo dell’occhio (ad esempio cataratta); gli studi di intervento riportano risultati contrastanti (Christen
et al., 2010).
Infezioni delle vie respiratorie
Una funzione da lungo tempo attribuita alla vitamina C è quella di modulare la risposta immunitaria
soprattutto per quanto riguarda il raffreddore (Hemila, 2011). La vitamina C stimola la produzione e
l’attività dei leucociti; inoltre, attraverso le sue funzioni antiossidanti, è in grado di inibire la produzione di
superossido da parte dei granulociti neutrofili senza interferire con la loro la capacità battericida; in questo
modo eserciterebbe un’azione protettiva sui leucociti proteggendoli dai danni indotti dalle specie reattive
dell’ossigeno (Jariwalla e Harakeh, 1996). I dati in letteratura non supportano però l’uso di supplementi di
vitamina C per la riduzione del rischio di infezioni delle vie respiratorie e un apporto con la dieta di 100
mg/die è ritenuto sufficiente per ridurre il rischio di infezioni (Fondell et al., 2011). L’assunzione regolare di
vitamina C può ridurre leggermente la durata della malattia sia negli adulti che nei bambini, ma non la
gravità dei sintomi (Fondell et al., 2011).
Calcoli biliari
Studi epidemiologici indicano un’associazione tra i livelli plasmatici di vitamina C e prevalenza di calcoli
biliari (Simon e Hudes, 2000). Bassi livelli di vitamina portano ad una riduzione dell’attività dell’enzima
colesterolo 7-idrossilasi con conseguente diminuzione del catabolismo del colesterolo in acidi bilari; questo
può avere ripercussioni sui livelli di colesterolo ematico e sull’incidenza dei calcoli biliari.
Attività fisica
La vitamina C può svolgere un ruolo critico nel tessuto muscolare e nell’attività fisica non solo per il suo
ruolo nella biosintesi della carnitina ma anche per la sua azione antiradicalica; pertanto gli sportivi
potrebbero avere necessità di un fabbisogno più elevato rispetto ai sedentari. Gli studi disponibili dimostrano
che la supplementazione porta ad un miglioramento degli indici di stress ossidativo, ma non esercita
un’azione protettiva nei confronti del danno muscolare (McGinley et al., 2009). L’esercizio fisico strenuo è
spesso associato a una diminuzione delle difese immunitarie; una recente meta-analisi condotta per valutare
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la modulazione nutrizionale dell’immunodepressione indotta dall'esercizio fisico ha dimostrato che non vi
sono sufficienti dati a sostegno della supplementazione con vitamina C (Moreira et al., 2007).
Polimorfismi
Una recente meta-analisi di 5 studi indipendenti condotti nel Regno Unito ha dimostrato che i livelli
plasmatici di vitamina C sono influenzati da polimorfismi del gene SLC23A1 che codifica per il trasportatore
SVCT1. Delle quattro varianti genetiche identificate, la mutazione missenso A G sul cromosoma 5 nella
posizione 138.715.502, che comporta la sostituzione di una valina con una metionina, è associata ad una
riduzione significativa delle concentrazioni plasmatiche di vitamina C (riduzione di 6 mol/L per allele
modificato). Tale polimorfismo è stato riscontrato nel 3,7% della popolazione esaminata (circa 16.000
soggetti) (Timpson et al., 2010).
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TABELLA 1
Assunzione mediana*, dai solo alimenti (inclusi prodotti fortificati), della vitamina C nella popolazione
italiana distinta per sesso e classi d’età (dati INRAN-SCAI 2005-06).
Classe di età
N
Vitamina C
(mg/die)
Vitamina C
(mg/1000 kcal)
1-6 anni
7-10 anni
131
121
90
107
54
52
11-17 anni
18-59 anni
>=60 anni
100
976
294
109
106
115
42
45
53
11-17 anni
18-59 anni
>=60 anni
124
1122
439
103
107
112
48
55
58
Maschi
Femmine
* mediana dei consumi medi giornalieri
1
Tabella 2. LARN - Livelli di assunzione di riferimento per la vitamina C (mg/die )
AR
Fabbisogno
Medio
PRI
Assunzione di
riferimento
per la
popolazione
AI
Livello
adeguato di
assunzione
UL
Livello
massimo
tollerabile di
assunzione
LATTANTI
7-11 mesi
BAMBINI e ADOLESCENTI
1-3 anni
4-6 anni
7-10 anni
nd
28
33
45
40
50
65
nd
nd
nd
Maschi
11-14 anni
15-17 anni
67
75
95
105
nd
nd
Femmine
11-14 anni
15-17 anni
53
60
75
85
nd
nd
18-29 anni
30-59 anni
60-74 anni
≥75 anni
75
75
75
75
105
105
105
105
nd
nd
nd
nd
18-29 anni
30-59 anni
60-74 anni
≥75 anni
60
60
60
60
85
85
85
85
nd
nd
nd
nd
GRAVIDANZA
70
100
nd
ALLATTAMENTO
90
130
nd
ADULTI
Maschi
Femmine
2
3
4
5
6
35