Pag 31 - Medicina: Perchè avviene il “déja vu”?

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Pag 31 - Medicina: Perchè avviene il “déja vu”?
Voci dal Sud
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w w w . s o s e d .eu
Anno VII° nr. 7 Luglio 2011
M e d i c i n a: cosa succede nel cervello umano?
Il Cervello, l’organo principale dell’essere umano è il meno Conosciuto!
Perchè avviene il “déja vu”?
Trappola del demonio, sogno, premonizione o inganno cerebrale?
Oppure è il “ricordo” di vissuti di vite precedenti?
Caterina Allegro - Yahoo News
Déjà vu significa “già visto”, e indica la sensazione
erronea di aver già vissuto un’esperienza, visitato un
luogo o conosciuto una persona.
Il “flash” non dura che pochi istanti, e provoca un
senso di smarrimento e confusione, perché, per quanto ci si provi, non si riesce a ricordare niente dell’esperienza precedente: né il posto, né il momento, né le
circostanze precise dell’evento.
L’unica certezza è la sensazione di familiarità con
quello che si sta vivendo.
Secondo le statistiche, dal 60 al 90 per cento delle
persone, a seconda dei Paesi, ha sperimentato il déjà
vu almeno una volta nella vita, spesso in situazioni di
stress, stanchezza e tensione emotiva; pare che i bambini non ne siano soggetti, mentre l’esperienza è molto
comune nei malati di epilessia.
Sant’Agostino lo definì “una trappola del demonio”, Sigmund Freud un’interferenza dell’inconscio.
C’è chi pensa sia il ricordo di un sogno, chi di una
vita precedentemente vissuta, o addirittura una
premonizione.
Gli scienziati non hanno ancora trovato una spiegazione univoca, anche perché riprodurlo “a comando”
in laboratorio è davvero difficile.
In generale, il déjà vu sembra essere un cortocircuito
del cervello e, su questa ipotesi di base, sono nate moltissime teorie.
Yahoo! Lifestyle - Il sesto senso è un ‘potere’
che tutti abbiamo e possiamo allenare. Scopri
come.
Lo scienziato francese Émile Boirac, a cui va il merito
di aver coniato il temine déjà vu nel 1896, attribuiva il
fenomeno a uno sfasamento dei due emisferi cerebrali: il luogo, o la circostanza, vengono registrati prima
dall’emisfero destro, e subito dopo dal sinistro. Quindi,
al cervello “sembra” di ripetere l’esperienza. I neurologi
hanno notato che il déjà vu precede spesso le crisi
epilettiche. Potrebbe quindi trattarsi di un’epilessia
momentanea, provocata dalla disconnessione della
corteccia ippocampale, sede della sensazione di familiarità, dall’ippocampo, sede della memoria.
Un’altra causa possibile è un buco nella continuità
dell’attenzione: il cervello registra un evento, ma subito
dopo lo “perde” per un calo di attenzione.
Dopo il black out deve registrarlo di nuovo: da qui la
sensazione di aver vissuto la stessa cosa due volte.
La cosiddetta teoria amnestica, al contrario, riconduce
il déjà vu ad esperienze simili realmente vissute.
Uno o più particolari di un evento possono ricordarci una situazione passata ma, per un errore della memoria, non siamo in grado di focalizzarla come un’esperienza distinta.
Così crediamo che l’evento si stia ripetendo in modo
identico.
Il professor Susumu Tonegawa del Mit di Boston
ha individuato la sede dell’errore nell’ippocampo e, in
particolare, in quelle che lui chiama “place cells”.
Si tratta di neuroni che hanno il compito di creare
una mappa per ogni nuovo luogo visitato, e di riconoscere un luogo già noto.
Secondo Tonegawa, quando ci si imbatte in uno spazio nuovo, ma molto simile a qualcosa di già visto, le
place cells vanno in tilt, sovrappongono informazioni
vecchie e nuove ed ecco il déjà vu.
Esperimenti condotti sui topi hanno dato riscontri
empirici a questa teoria, ma per quanto riguarda gli
esseri umani è ancora tutto da verificare.
Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 7 Luglio 2011
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Medicina
Ora la scienza medica è in grado di
garantire il successo del trapianto di
polmone tra vivi
Sandro Sartori - Gazzetta del Sud
ROMA - Sarà presto possibile, anche in Italia, il
trapianto di parte del polmone tra persone viventi.
La commissione Affari Sociali della Camera, infatti, inizierà la prossima settimana l’esame della proposta di legge, presentata dal presidente, il catanese
Giuseppe Palumbo (PdL), per consentire questo tipo
di trapianto, così come già si fa per quelli parziali di
fegato.
Proposta accolta con favore dal Centro Nazionale Trapianti, anche se, come spiega il direttore, Alessandro Nanni Costa, potrà essere utile con precise
indicazioni, in particolare per i casi di bambini affetti
da “fibrosi cistica”.
L’intenzione, come spiega Palumbo, sarebbe quella
di portare a casa in tempi brevi il provvedimento,
approvandolo direttamente in commissione in sede
legislativa, senza cioè passare anche dall’approvazione dell’Aula.
Il testo, in due articoli, prevede di consentire, in
deroga al divieto contenuto nell’articolo 5 del Codice Civile, di «disporre a titolo gratuito di parti del polmone a fine esclusivo di trapianto tra
persone viventi», prevedendo l’entrata in vigore della legge il giorno seguente la sua pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale.
Nella relazione introduttiva si sottolinea che
«l’esperienza maturata nel corso degli anni, grazie anche alle acquisizioni scientifiche e al continuo perfezionamento delle tecniche chirurgiche,
ha reso possibile con successo» questo tipo di trapianti, praticato in modo regolare da diversi centri nordamericani e giapponesi, e in casi sporadici, europei».
I dati clinici, peraltro, evidenziano la fattibilità e la
sicurezza del trapianto e i benefici per i pazienti che
lo ricevono.
Saranno applicate, comunque, le stesse precauzioni e garanzie che già disciplinano il trapianto di
rene e di parti di fegato tra viventi.
Una legge che sarà utile, chiarisce Nanni Costa, in
alcuni casi, come nei minori affetti da fibrosi cistica.
«Non dobbiamo illudere i pazienti – sottolinea
– va detto che si potrà fare solo laddove sia specificamente indicato.
In genere, spiega, viene prelevata parte del polmone dal padre e parte dalla madre» per intervenire su bambini e giovani adulti.
Mentre sarebbe meno facile per altre patologie o
negli adulti in cui si pone anche un problema di dimensioni dell’organo.
Al momento, nelle liste di attesa per il trapianto da
cadavere, ci sono circa 250 persone, per la maggior
parte adulte, e la mortalità di chi attende un trapianto
di polmone, ricorda, è abbastanza alta, intorno al
10%.
Bene dunque che si aggiungano altri strumenti per
intervenire.
Diversi centri italiani, assicura Nanni Costa, sarebbero pronti ad iniziare con la nuova modalità.
«Va detto – puntualizza però – che dopo il via
libera a una legge di questo genere sarà necessaria l’approvazione del Ministero e una attenta
sorveglianza, come accadde nei primi anni per il
trapianto di fegato».