Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile
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Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile
Strumenti strumenti cres n.61 – supplemento al n. 483 di manitese – settembre 2013 spunti di riflessione 03 Decrescita, e nel Sud del mondo? di Ilaria Pasotti a cura di Elena La Rocca 39 Nella grotta della Madre Idoto 05 Scuole: Valutazione e Utenza 61 di anna di sapio 42 La collina del vento (C. Abate) di Elena La Rocca 06 50 anni di Media a cura di Gianluca Bocchinfuso di Elisabetta Assorbi Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 2. LO/MI in caso di mancato recapito inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere i diritti postali. parole, musiche, immagini 38 Le sorgenti del male (Z. Bauman) 08 Rapporto tra cultura scientifica e umanistica di Gabriella Buzzi 44 Il cantore dei poveri cristi di massimiliano lepratti 45 Monsieur Lazhard a cura di Laura Morini percorsi didattici 10 Panta rei: studiare i Navigli lombardi per rinnovare la didattica nel liceo 47 L'asta della terra di Piergiorgio Pardo e Marina Medi 14 dossier Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – editoriale Guidare la rivoluzione per non venirne travolti Nel dossier di questo numero ci occupiamo di tecnologie multimediali. Ce ne occupiamo da insegnanti che devono fare i conti con la forma mentis dei nativi digitali, abituati più a cliccare e digitare che a decodificare testi scritti e formulare pensieri seguendo la linearità della logica sequenziale. Ce ne occupiamo da cittadini che registrano il trasferimento on line della delega a rappresentanti che consultano i propri elettori attraverso il web, e di elettori che si tengono aggiornati frequentando i social network. Ce ne occupiamo da gutenberghiani che sono gradualmente ma irreversibilmente transitati verso abitudini tipiche della touch generation: ci informiamo visitando blog e ci incontriamo in piazze virtuali; avviamo una ricerca esplorativa navigando in internet; comunichiamo scrivendo e-mail; organizziamo i nostri interventi pubblici assemblando PowerPoint in cui creiamo link fra testo, sequenze cinematografiche e brani musicali reperiti su YouTube. Ce ne occupiamo da educatori che osservano: la progressiva riduzione dei tempi di concentrazione dei nostri alunni; la contrazione dei loro tempi di attesa; il loro incontenibile impulso a fare prima di riflettere; la loro istintiva inclinazione a lasciar prevalere nelle relazioni interpersonali la dimensione tolemaica dell'io (self related) su quella copernicana (social related). Ce ne occupiamo con la consapevolezza di chi affronta un tema complesso e articolato senza l'approfondimento specialistico degli esperti del settore, né il rigore metodologico che caratterizza l'esposizione di un accademico, ma con la convinzione che la questione va affrontata e discussa coinvolgendo i soggetti che, più di qualsiasi altro, stanno rilevando la divaricazione tra lo studio impostato a scuola e l'apprendimento spontaneo della nuova generazione fuori dalle anguste pareti dell'aula. Questi soggetti sono ovviamente gli insegnanti, che, non adeguatamente coadiuvati da tempestivi e coerenti interventi ministeriali, soffrono il disagio di chi, pressato dalla velocità e ineluttabilità dei cambiamenti, si vede costretto a scegliere solitariamente se ignorare le trasformazioni nella speranza di non restarne impigliati, o mettersi faticosamente al passo con i tempi affidandosi all'improvvisazione dell'autodidatta. Gentile lettore, Dal prossimo numero anche strumenti entrerà nell’era del cyberspazio e passerà al digitale, abbandonando carta stampata e spedizioni. Se vuoi continuare a leggere i nostri articoli e approfondimenti scrivici a [email protected] segnalando un tuo recapito e indirizzo email. Ti terremo informato sul nostro trasloco web e potremo inviarti i prossimi numeri! La redazione Il CRES, nel suo piccolo, dopo aver percepito questo disagio, ha fatto appello alle sue esigue risorse per aprire un dibattito e auspicare un esteso confronto. Gli interventi contenuti nel dossier sono stati infatti elaborati e pubblicati non solo per riportare esperienze e offrire spunti di riflessione, ma anche per sollecitare contributi dai lettori che, in quanto protagonisti delle attività didattiche e punti di riferimento delle relazioni pedagogiche in classe, vivono quotidianamente la tensione generata dalla tentazione a restare indifferenti e lo slancio a intraprendere un percorso di rinnovamento. L'affermazione e la diffusione delle tecnologie multimediali sono un dato di fatto. Il loro impatto sulle modalità di strutturare le conoscenze, a scuola e nella vita, è innegabile. Su questo fenomeno e sulle sue ripercussioni in ambito cognitivo e psicologico abbiamo avuto il tempo di formarci un'opinione. Rendiamola quindi organica e pronunciamoci per dare il nostro contributo di idee. Solo in questo modo i docenti, rivendicando un ruolo attivo e propositivo, potranno garantire all'interno dell'istituzione scolastica quella produzione culturale che è l'unico antidoto contro un'insidiosa polarizzazione tra il mondo della scuola e la società tecnologicamente sofisticata. Michele Crudo Strumenticres n.61 – settembre 2013 Decrescita, e nel Sud del mondo? di ilaria pasotti, ricercatrice in Economia Politica – Un. Cattolica del Sacro Cuore Premessa Le crisi, siano esse di carattere economico, sociale, politico, ambientale, spingono a riflessioni sulla sostituzione del paradigma esistente con uno che sia in grado di porre soluzione ai limiti. La crisi prima finanziaria, poi economica e sociale iniziata nel 2007 ha rafforzato il riconoscimento pubblico delle idee della decrescita. Il termine decrescita, comparso per la prima volta negli anni della prima crisi petrolifera e della stagflazione, ha acquisito rilevanza nelle discussioni della società civile, imponendosi come slogan attivistico in alcuni Paesi soprattutto dell'Europa meridionale (Francia, Italia, Spagna) a partire dall'inizio degli anni 2000. Da allora, una costellazione di gruppi e di network –di cui Strumenti ha dato conto nel numero del 2008– è sorta con l'obiettivo di realizzare il modello di società alternativo all'attuale ispirandosi all'ideale della decrescita. Contemporaneamente, le riflessioni sulla decrescita si sono fatte spazio in ambito accademico. Al filone francese, riconducibile a Serge Latouche e con radici nel pensiero di economisti e sociologi degli anni Settanta, si aggiunge quello sviluppato in ambienti anglofoni della così detta steady-state economy. Riviste scientifiche, come Journal of Cleaner Production, Environmental Values, Futures, Ecological Economics, approfondiscono e dedicano numeri speciali a tematiche connesse alla decrescita (si veda: www.degrowth.eu nella sezione delle pubblicazioni). Il dibattito sulla decrescita non coinvolge solo il Nord Mondo. Nell'ultimo dei convegni internazionali sulla decrescita tenutosi a Venezia lo scorso settembre, uno spazio importante è stato dedicato alla discussione di come la decrescita possa rappresentare un'alternativa di sviluppo per il Sud del Mondo. Di seguito, dopo aver ripreso i “fondamentali” della proposta della decrescita, si intende vedere come essi vengono considerati per il Sud del Mondo attraverso alcune voci rappresentative originarie sia del Nord che del Sud del Mondo. La critica alla società della crescita Pur nelle multiformi posizioni ed accenti che caratterizzano lo scenario del dibattito sulla decrescita, l'idea di base è che una crescita economica infinita è incompatibile con un mondo finito e che il modello di produzione e di consumo deve tenere conto della capacità di rigenerazione della biosfera. Il modello produttivo e di consumo dominante è dunque errato e destinato a portare la società sull'orlo del baratro in quanto basato su una logica completamente opposta: la crescita della produzione, sintetizzata nell'indicatore statistico del Prodotto Interno Lordo (PIL), è considerata –quasi esclusivamente, data l'introduzione negli ultimi decenni di indicatori più complessi– la misura più adeguata per valutare lo sviluppo di un Paese; il soddisfacimento e la generazione di bisogni di consumo sono considerati aspetti che determinano la sopravvivenza di una società, come la denominazione stessa di società dei consumi suggerisce. Si tratta dunque di costruire un nuovo modello di società nel quale questi due aspetti vengano superati. Latouche, personalità di riferimento nel dibattito della decrescita, ha sintetizzato in otto parole, le così dette 8 R, data l'iniziale comune in R, le coordinate che dovrebbero essere seguite per realizzare questo modello: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, redistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Tre di queste hanno una importanza cruciale: rivalutare, in quanto presiede qualsiasi cambiamento; ridurre perché sintetizza gli imperativi pratici del programma della decrescita; rilocalizzare, in quanto concerne l'organizzazione della società. Il primo termine, insieme anche a “riconcettualizzare” è riconducibile a ciò che Latouche definisce la “decolonizzazione dell'immaginario”, ovvero per cambiare la società bisogna innanzitutto cambiare le mentalità. Rivalutare, nel senso dunque di cambiare i valori, significa abbandonare alcuni aspetti legati alla società del consumo e sostituirli con quelli che dovrebbero caratterizzare la società della decrescita: l'altruismo sostituito all'egoismo, la collaborazione alla competizione, il piacere del tempo libero all'ethos della dipendenza dal lavoro, l'importanza della vita sociale al consumo illimitato, il locale al globale, il relazionale al materiale. Ridurre non deve essere inteso né come crescita economica negativa (al proposito Latouche suggerisce di sostituire il termine de-crescita con a-crescita, per sottolineare che la critica è al modello della crescita) né come proposta di un ritorno ad un economia di tipo primitivo. Piuttosto, il principio del “ridurre” nel programma della decrescita deve essere basato sul criterio del “fare di più e meglio con meno”. Così, ad esempio, una revisione del processi di produzione dei beni di consumo alimentare potrebbe ridurre gli sprechi e rendere il nostro approvvigionamento meno vulnerabile ai prezzi crescenti dell'energia e in futuro della penuria di idrocarburi; una distinzione tra bisogni primari e secondari, intendendo con questi ultimi i bisogni di compensazione di perdite passate, bisogni di rimedio o di prevenzione dei danni o creati da sviluppi precedenti potrebbe essere utile a rendere sobrio il consumo. Infine, rilocalizzare significa privilegiare la dimensione locale nelle relazioni economiche, sociali e politiche, dove “locale” è da intendersi in una connotazione più ampia e non esclusivamente topografica ma di riconoscimento identitario e di capacità di creare un'azione coordinata, fondata sulla solidarietà e la reciprocità. Su tale base, varie proposte vengono sostenute: dalla conservazione e valorizzazione delle attività produttive locali, siano esse agricole –di qui il rimando al concetto di autonomia e sovranità alimentare– o manifatturiere ed artigianale, all'incoraggiamento di scambi locali sia di prodotti che di servizi, all'introduzione di monete locali. 3 4 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – spunti di riflessione A sinisra: Un bel ritratto di Albert Tévoédjrè E nel Sud del Mondo? Latouche afferma che la decrescita nel Nord del Mondo e la decrescita nel Sud del Mondo sono interconnesse tra di loro1. Da una parte, la decrescita del Nord è una condizione per la realizzazione di qualsiasi forma di sviluppo nel Sud del Mondo. Esemplificando egli afferma che fino a quando Paesi dell'Africa con problemi di povertà e di fame esportano produzioni agricole destinate a soddisfare i bisogni alimentari del Nord, l'attuale modello di consumo del Nord del Mondo continuerà a soffocare qualsiasi chance di una reale autonomia e sovranità alimentare del Sud del Mondo. Dall'altra parte, il Sud del Mondo deve partecipare alla transizione per il superamento del dominante modello di produzione e consumo e l'affermazione di quello della decrescita. Infatti, con specifico riferimento all'Africa, Latouche sostiene l'esistenza di una minaccia di “colonizzazione dell'immaginario”: l'imperialismo, politiche di sviluppo imposte in cambio di aiuti economici e finanziari e il processo di globalizzazione hanno imposto l'idea che il modello produttivo e di consumo del Nord del Mondo, basato sul concetto di crescita economica illimitata, siano la via attraverso la quale innescare e mantenere lo sviluppo. Il risultato è stato quello di rendere le società del Sud più dipendenti dal Nord rispetto al passato. Si tratta dunque per Latouche di rimuovere gli ostacoli che impediscono al Sud del Mondo di svilupparsi in modo differente ed autonomo. Egli propone tre R, alternative e complementari a quelle per il Nord, per la transizione del Sud verso il modello di decrescita. La prima è rompere con la dipendenza econo- 1. Latouche (2000), L'altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino (edizione originale in francese nel 1988). mica e culturale nei confronti del Nord. La seconda è riannodare il filo di una storia interrotta dalla colonizzazione, le politiche di sviluppo e la globalizzazione e quindi ritrovare e riappropriarsi di un'identità culturale; le storie culturali di molte società del Sud del Mondo contemplano valori lontani da quelli alla base della cultura economica del Nord del Mondo, come la ricerca del profitto e la concorrenza, e vicini all'ideale di solidarietà e reciprocità. La terza è reintrodurre e recuperare i prodotti, le tecniche ed i saperi tradizionali delle comunità locali. Le idee di Latouche non si allontanano da quelle avanzate più di trenta anni fa da Albert Tévoédjré, africano nato in Benin, studi all'estero, successivi incarichi governativi sia in istituzioni internazionali come l'ILO che in quelle della sua nazione ed autore di un libro dal titolo provocatorio La povertà ricchezza dei popoli (1978). La povertà nel titolo dell'opera non è da intendersi come sinonimo di miseria ed indigenza ma piuttosto come concetto sia positivo di sobrietà che operativo ovvero di recupero dei valori autentici non subordinati alle logiche del potere politico e della ricchezza economica. Nell'opera, stimolata da Ivan Illich (la stessa personalità che ha avuto un'influenza importante nella formazione di Serge Latouche), Tévoédjré criticava le idee del mimetismo culturale ed industriale, faceva l'elogio dei valori di reciprocità e solidarietà inscritti nella cultura africana, denunciava la dismisura della società della crescita con la creazione di bisogni fittizi, la sua disumanizzazione prodotta dal dominio dei rapporti monetari e la distruzione dell'ambiente. Ogni forma di sviluppo per essere positiva deve guardare all'uomo e all'ambiente in cui vive. Il Terzo Mondo avrebbe dovuto allora rifuggire dai difetti Albert Tévoédjrè La povertà ricchezza dei popoli EMI, 1985 pp. 252. del modello produttivo e di consumo del Nord del Mondo e mantenere e sviluppare modi di vivere che meglio fossero adatti ai suoi bisogni fondamentali. Decrescita e Buen Vivir: elementi per un confronto Nel convegno internazionale sulla decrescita e lo sviluppo sostenibile tenutosi a Venezia, la proposta della decrescita è stata confrontata con il concetto di così detto Buen Vivir. Comparso negli ultimi dieci anni in Sud America, il Buen Vivir vuole indicare e descrivere un'alternativa di sviluppo a quella del paradigma dominante. Esso è stato introdotto recentemente nelle Costituzioni di Ecuador e Bolivia (sebbene con differenti significati). L'idea di Buen Vivir condivide con quella della decrescita alcuni aspetti, anche se in queste similarità sono rinvenibili sfumature ed accenti che caratterizzano l'una rispetto all'altra. La prima è la critica alla crescita economica e dei consumi come unici indicatori di benessere di un Paese e dunque all'ossessione del produttivismo Strumenticres n.61 – settembre 2013 Scuole: Valutazione e Utenza di elena la rocca Serge Latouche L'altra Africa. Tra dono e mercato. Collana «Saggi. Storia, filosofia e scienze sociali», Bolllati Boringhieri, 2000 pp.232. e del consumismo del modello attuale. La seconda similarità è l'attenzione verso l'ambiente. Tuttavia, per coloro che sostengono la decrescita, esso rappresenta l'elemento da cui partire per confutare la tesi di una crescita illimitata; per il Buen Vivir, l'ambiente è soprattutto elemento attivo, riconosciuto soggetto di diritti che devono essere salvaguardati e difesi. Il terzo aspetto di similarità è l'enfasi posta sulla dimensione locale e comunitaria attraverso la quale si può esprimere sia una resistenza sia un'alternativa al modello dominante. Connessa a questa enfasi è la rilevanza riconosciuta all'identità e diversità culturale come base per rigettare l'imposizione di un modello che intenda essere accettato ed applicato perché valido universalmente. Quest'ultimo aspetto è centrale nell'ambito del Buen Vivir: il concetto stesso è infatti costruito tenendo conto della cultura e dei valori delle comunità indigene; si tratta di valori che includono il rispetto per la natura, la reciprocità e la solidarietà, la giustizia sociale. All'inizio di marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo schema di Regolamento per la valutazione nazionale delle singole scuole, tra tre anni i risultati saranno resi pubblici e le famiglie potranno scegliere la scuola per i propri figli con maggior cognizione di causa. A contribuire al voto finale delle singole scuole, saranno vari elementi tra cui: i risultati degli alunni nei test Invalsi, l'esistenza di palestre, laboratori ecc., ma anche l'età e le assenze dei docenti. Le fonti giornalistiche non chiariscono affatto i criteri di valutazione, emergono però alcuni aspetti discutibili: nella valutazione entrerebbe (penso in senso negativo) anche l'abbandono scolastico, le immatricolazioni all'università e stage all'estero (questi ultimi in senso positivo). Probabilmente hanno ragione quei sindacati che criticano lo schema di valutazione definendolo confuso e pasticciato e non è impossibile, conoscendo la scuola italiana, che l'intero procedimento si risolva in un inutile e burocratico giro di carte, ma indubbiamente il tutto rischia di innescare un processo di differenziazione tra le varie scuole che non si sa dove può andare a finire, Al di là delle illusioni pseudoscientifiche certamente favorirà gli squilibri tra una scuola e l'altra, tra un'area geografica e l'altra, anche perché insieme alle pagelle che dovrebbero valutare i vari istituti, si torna a parlare di finanziare in modo selettivo le varie scuole “premiando” quelle migliori. Senza alcun dubbio “dare di più” alle scuole migliori significa allargare la forbice: come è stato già detto e ripetuto, le “buone scuole” miglioreranno e le “cattive” peggioreranno. Il fatto è così evidente che viene naturale domandarsi perché l'idea di un finanziamento selettivo viene continuamente riproposta in questi termini, ponendo al massimo il problema di come si possa valutare in modo oggettivo i risultati raggiunti. Si crede probabilmente che, messi di fronte alla necessità di ottenere maggiori finanziamenti, i professori si daranno da fare in modo particolare, cercando di raggiungere dei buoni risultati per ottenere appunto i relativi finanziamenti, mentre, sapendo che i soldi arrivano in ogni modo i docenti si adagino in una routine quotidiana, senza alcun impegno particolare. Si tratta in definitiva della vecchia idea che la competizione renda sempre migliore l'offerta; scuola, istruzione, cultura dovrebbero migliorare come qualsiasi altro prodotto sotto la spinta di una competizione in questo caso indotta dall'alto. Chi pensa in questi termini di solito si sente moderno ed innovatore, a me sembra ingenuo se non in malafede, essendo il problema educazione/istruzione molto complesso e non riducibile ad una partita di dare ed avere. Non mi interessa qui affrontare il problema nella sua complessità, vorrei solo esaminare un aspetto fondamentale che viene troppo spesso dimenticato se non tabuizzato quando si paragona un istituto ad un altro per capire quale sia il “migliore”: la scuola è fatta prima di tutto dagli studenti che la frequentano, è l'utenza che dà il tono generale, tanto è vero che se si attua una preselezione scegliendo i giovani migliori il livello di un istituto si alza immediatamente. Tocca poi ai professori (programmi, libri di testo) accompagnare gli studenti in un percorso di crescita ed istruzione, ma dal tipo di utenza che ci si trova davanti si deve partire e di quella si deve tenere conto. Se un'università riesce a farsi una buona fama ed attirare molti candidati tra cui scegliere i migliori vedrà ben presto instaurarsi un ciclo virtuoso: risultati migliori sulla piazza che attireranno studenti più bravi che a loro volta produrranno risultati migliori. Ma quali sono i fattori che determinano una buona utenza e fanno si che un gruppo di studenti sia un “buon gruppo”? Direi che si potrebbe dividerli in tre filoni, anche se spesso si intrecciano tra loro: 1. fattori individuali, 2. famigliari; 3. territoriali. 5 6 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – spunti di riflessione I fattori individuali sono i più evidenti: un gruppo di ragazzi intelligenti può dare grandi soddisfazioni ad un buon insegnante. Insieme all'intelligenza però è determinante la “disponibilità” nei confronti della scuola e degli insegnanti stessi: è necessario che lo studente abbia un atteggiamento di apertura, sia per lo meno disposto ad “ascoltare”, pensi di poter imparare qualche cosa. Motivazione, voglia di studiare sarebbero ancora meglio, ma sono elementi che si possono far crescere se c'è almeno una disponibilità, tolta questa anche l'intelligenza diventa inutile (almeno ai fini scolastici), a volte addirittura dannosa. Ogni insegnante del resto ha incontrato nella vita studenti che usavano la propria intelligenza solo per provocare e destabilizzare il rapporto tra studenti e professori. Altrettanto chiari i fattori famigliari: pesano il patrimonio scolastico ed economico delle famiglie, i figli di laureati si trovano più a loro agio nell'istituzione scolastica e possono essere assistiti in famiglia in modo continuo, quasi invisibile. Anche il patrimonio economico da solo può essere utile procurando in caso di necessità un aiuto, un sostegno a pagamento. Per quanto riguarda la famiglia è necessario almeno ci sia un interesse, una convinzione che la scuola sia utile ai loro figli. Quando il mitico nord est sviluppava la microindustria non era per nulla interessato al percorso scolastico dei propri figli e li mandava a lavorare giovanissimi: immagino senza fatica che questi giovani fossero studenti impazienti, proiettati verso altre mete, per nulla interessati a quanto la scuola poteva insegnare loro. (so che ci sono sempre le eccezioni, ma non servono a capire il quadro generale). Infine non meno importanti sono i fattori territoriali. Prima di tutto vale per il territorio ciò che si è detto per l'individuo e per la famiglia: è necessario che il territorio, l'ambiente socioculturale in cui è inserita la scuola abbia disponibilità ed interesse nei confronti di quest'ultima, creda, almeno genericamente nella sua utilità, che al caso la critichi, ma non la denigri. Questa disponibilità collettiva si riflette positivamente sui singoli studenti, del resto nessuno può desiderare di ascoltare e seguire individui (i professori) di cui sente dire che sono impreparati, scansafatiche e chi più ne ha più ne metta. Più il territorio è dissestato più è difficile lavorare bene in classe: tanti anni fa, quando l'hinterland milanese era in fase di profonda trasformazione i giovani prof in cerca di un incarico alla media si sentivano consigliare dai colleghi più esperti: ”Fai un viaggio più lungo, vai a lavorare ai confini della provincia, ma evita la fascia dell'hinterland, troppo difficile tenere la disciplina, ed ottenere qualche risultato” L'altro fattore territoriale determinante è il mercato del lavoro, la possibilità o l'impossibilità di trovare un lavoro possibilmente nel territorio su cui sorge la scuola stessa. Un ragazzo di 18 anni alle prese con un triennio di industriale o commerciale reagisce in modo diverso se pensa di poter utilizzare in modo proficuo il proprio diploma. Ricordo un ITIS in un paese siciliano: nemmeno l'ombra di un'industria per cui gli studenti parcheggiavano a scuola cercando il modo più divertente di far passare il tempo con grande disperazione dei loro insegnanti. “L'amore per la cultura” non affranca da questo meccanismo perverso se non pochi individui e solo per alcune discipline. Il problema del mercato del lavoro riguarda in modo particolare le scuole superiori, ma in certi casi arriva fino alle medie inferiori. Un collega di francese mi raccontò una volta di essere fuggito dalle medie inferiori: gli studenti (paesino dell'entroterra…) rifiutavano la sua materia chiedendogli provocatoriamente se dovevano parlare francese con le pecore. (passato ad un istituto di ragioneria in una grande città, il collega si trovava molto meglio). Una classe costituita da ragazzini intelligenti ed interessati in un quartiere abitato da buona borghesia intellettuale (quella che ha più bisogno della scuola per conservare la propria posizione sociale) dovrebbe dare buoni risultati, gli studenti andranno poi a fare stage all'estero o si iscriveranno all'università, contribuendo a far avere alla scuola una “pagella” migliore. Si innesca così una spirale positiva per la singola scuola, negativa per l'istruzione scolastica nel suo insieme. Da tempo stiamo assistendo ad una polarizzazione della ricchezza, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, su questa strada assisteremo ad una polarizzazione dell'istruzione con buona pace della democrazia. 50 anni di media di elisabetta assorbi Quest'anno la Scuola Secondaria di primo grado, la Media per intenderci, compie mezzo secolo: la legge 1859 della Repubblica italiana la istituì il 31 dicembre 1962, stabilendo con essa una tappa di evoluzione politico-sociale nel nostro Paese. La democratizzazione dell'articolo 3 della Costituzione sembrava finalmente attuarsi, con l'abolizione del vecchio percorso scolastico che, dopo le Elementari, vedeva i figli delle classi subalterne frequentare il cosiddetto “Avviamento”, cioè una scuola professionale, primo passo verso professioni pratiche, spesso non specialistiche. La Scuola Media inferiore, “ginnasiale” era invece riservata ai ragazzi degli ambienti borghesi, destinati ad un altro futuro. La mia biografia, prima di studentessa degli anni Cinquanta, poi di insegnante, coincide con la storia della Media. Le grandi novità richieste dalla “media unificata”, come si diceva, produssero un certo straniamento negli insegnanti di allora; col ragionamento posteriore devo dire che alcuni di essi sembravano proprio solo docenti trasmissivi, spesso rimpiangenti la gloriosa scuola ginnasiale, mentre altri, invece, erano veri “alternativi”, come il docente che ci faceva disegnare tavole astratte, ascoltando in sottofondo buona musica classica…L'orario settimanale prevedeva, in terza, anche materie facoltative: le Applicazioni Tecniche, con classi rigidamente divise per genere (inconcepibile ancora l'idea di lavori uguali per tutti); l'Educazione musicale e il Latino, questo obbligatorio per chi si sarebbe poi iscritto al Liceo classico. Tutto ciò sarebbe poi stato spazzato via, in quanto considerato discriminante, negli anni Settanta: l'obbligatorietà dell'Educazione musicale, il superamento della distinzione di genere con la nascita di un'unica disciplina, l'Educazione tecnica e il latino come riferimento per tutti nell'Educazione linguistica furono le novità della Legge 348 del 1977. Nello stesso anno, la Legge 517 mise mano alla valorizzazione collegiale del lavoro dei Strumenticres n.61 – settembre 2013 per capire la società e i suoi bisogni, ma docenti, che attraverso l'integrazione e il anche un'occasione di apertura didattica, sostegno degli alunni diversamente abili che utilizzai poi a partire dal 1983, quando era volto ad attuare il diritto allo studio per il Tempo prolungato divenne assetto scolatutti, valutati non più con voti numerici, bensì con giudizi analitici, nonchè sintetici, stico con ordinamento, accanto al “tempo normale”: sembrava proprio di realizzare, per descrivere il processo di maturazione docendo, una scuola inclusiva, non selettiglobale degli alunni. va a priori, bensì formativa e, anche, critica. L'abolizione delle classi “differenziali” La svolta involutiva, già a partire dagli per chi presentando diversità si consideanni Novanta, la conosciamo in molti: il rava non integrabile tra il gruppo dei pari d'età, insieme con l'inserimento dei disabili MIUR, Ministero che ha tolto dalla sua dicitura il termine di “pubblico”, ha inaugunelle classi, trovò degna conclusione con i rato il tempo dei tagli epocali, associato alle Nuovi Programmi del 1979. proclamazioni programmatiche sullo star La stagione delle sperimentazioni mise bene a scuola, generiche e quasi irrisorie, idealmente sullo stesso piano il valore dato lo stato di degrado della maggior formativo di tutti i linguaggi e di tutti gli parte degli ambienti scolastici. La Riforma insegnamenti e fu davvero un grande sforzo collettivo, che dovette far i conti con Moratti, legge n°53 del 2003, ha dato attuazione alla più generale riforma dell'aul'organizzazione didattica rinnovata delle tonomia scolastica - innovazione del 1999 cattedre e con la formazione dei docenti, che all'università aveva sempre privilegiato - che ha trasformato anche i compiti degli organi collegiali delle scuole e i compiti dei le competenze specifiche, le “materie”, dirigenti scolastici, definendo l'obbligo di piuttosto che le aperture pedagogiche, scegliere tra formazione e istruzione proanche a fronte dell'istituzione del 1983, del fessionale a quattordici anni. Il passo indie“Tempo prolungato”. tro è stato evidente, seppur l'introduzione Quest'ultimo è figlio dei nuovi bisogni delle novità di tutoraggio e “portfolio delle maturati nella società italiana: fu un servicompetenze” degli alunni siano poi state zio per le famiglie; mise in atto la didattica laboratoriale, le compresenze di più docen- disattese per decisione quasi unanime, ti, con sperimentazioni illuminate di nuovi l'aumentato carico contenutistico di lavoro dei docenti, con la compressione del samodi di relazione fra pari, sia docenti, sia pere sulle giovani menti degli utenti, sono studenti. gli aspetti più evidenti di questa riforma. Ricordo ancora con piacere e nostalgia Come notava una preside, mia ex collega gli slanci e le programmazioni condivise dell'hinterland sud milanese “l'eccessiva degli anni Settanta, tra ardite sperimenprescrittività delle Indicazioni nazionali tazioni ed entusiasmi, lotte di vario tipo, (ben 634 obiettivi specifici inderogabili) anche sindacali, che portarono sui banchi soffoca l'autonomia progettuale” (Antonia di scuola pure i lavoratori privi di diploma, bisognosi di certificazione per migliorare la Cabrini ). Se qualcosa di positivo resta, in quel peloro condizione lavorativa. riodo, è la formazione dei docenti sull'uso Furono istituite in quegli anni le “150 di Internet per le classi e la prescrittività ore” per i lavoratori: attraverso un accordo dell'inglese per tutti. sindacale, grazie a permessi dei datori di Che però, con l'introduzione della lavoro, molti uomini e donne adulti riuscirono in un anno scolastico, con programmi seconda lingua comunitaria, ha significato paradossalmente un calo di monte-ore. particolari, all'avanguardia, a conseguire Certo è che le “Educazioni” della il diploma di licenza media. Insegnare a scuola del '79, che fornivano elementi per questi lavoratori per un intero anno fu per l'apertura alla diversità, all'intercultura, me, giovane supplente,non solo un modo all'educazione allo sviluppo del pianeta, sono state le più sacrificate, nell'affanno di far acquisire competenze disciplinari e abilità per un uso individualistico e poco condiviso del sapere. Il colpo finale al pensiero “divergente”, utopistico, ma legato all'idea di una scuola democratica, proprio della mia generazione di insegnanti, è stato dato dalla Riforma Gelmini. Entrata in vigore per la secondaria di primo grado il primo settembre 2009, l'anno dopo per le superiori e dal gennaio 2011 per l'università, questa riorganizzazione globale ha forse toccato meno la Media, rispetto alla scuola primaria, dove il ritorno al maestro unico sembra un paradosso antistorico. Questa deleteria riforma ha significato nuovi tagli (anche dei docenti di sostegno), la cancellazione delle Educazioni, in favore di un insegnamento tecnico di “Cittadinanza e Costituzione”; per gli alunni una riduzione del monte-orario e la reintroduzione della valutazione numerica; per tutti, la Prova Invalsi di matematica e italiano negli esami di terza media. Oggi, tra disillusioni e fatiche, in alcune realtà scolastiche si procede seguendo pedissequamente (ahimè) il dettato legislativo; in altre scuole, più aperte e memori di un recente passato più aperto alle sfide didattiche dell'era globale, si insegna in modo più vicino ai principi costituzionali, per la costruzione del cittadino del ventunesimo secolo. Rimane una certa tristezza di fondo del corpo docente, in questa Italia dove la spesa per l'istruzione è sempre più sacrificata, e dove la formazione del cittadino del domani, che si vorrebbe proiettato nel mondo, non è il valore a cui i dettati normativi del ministero si ispirano. 7 8 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – spunti di riflessione Rapporto tra cultura scientifica e umanistica Piccole esperienze nella scuola media inferiore dal punto di vista di una insegnante di scienze Modulo interdisciplinare: lʼalimentazione umana Alimentazione biologia dellʼalimentazione di gabriella buzzi Due sono i possibili approcci per una riflessione sul significato dell'intreccio fra cultura umanistica e cultura scientifica. Il primo riguarda la ricerca e la valorizzazione di quelle abilità di base che sono comuni a tutti gli apprendimenti e che si declinano tuttavia in maniera specifica a seconda che si parli della storia o della letteratura piuttosto che delle scienze naturali o della matematica. Intendo parlare delle classiche abilità di classificazione, seriazione, analisi, sintesi, ecc. che conducono alla formazione di competenze trasversali di diagnosi, comunicazione, problem solving e che si traducono in comportamenti che trasformano il sapere in prestazioni efficaci. Il secondo approccio è quello che mi propongo, riferendo di alcune esperienze condotte nella scuola media inferiore e affrontando tematiche trasversali cioè argomenti e contenuti concreti attraversati da più discipline. Il che non esclude, anzi permette più efficacemente, di applicare quelle operazione mentali che sono comuni a tutte le discipline di cui si parlava sopra. Anche nella scuola media si può potenziare il processo di apprendimento che supera la frammentazione delle discipline, che devono tuttavia mantenere un loro spazio specifico (la matematica, la grammatica, la storia, la biologia,..) e avviare gli alunni all'acquisizione della famosa “capacità di operare collegamenti” che l'insegnante dovrà valutare in sede di esame finale. È la sfida che impegna l'insegnante per la costruzione negli allievi a di quella “testa ben fatta” di cui parla E. Morin, ma che per essere affrontata richiede a sua volta che siano i docenti stessi a operare un profondo cambiamento nel loro stile di insegnamento. Già nell'ambito della propria disciplina ogni insegnante può mettersi in questa prospettiva. E alcune discipline si prestano maggiormente a questa operazione. Penso prima di tutto alla storia, ma anche all'ecologia, alla matematica stessa. A cominciare dal primo veicolo della trasmissione dei saperi: le parole. Come insegnante di scienze mi è sempre piaciuto giocare con le parole: quanti suggerimenti dalla loro etimologia! La parola “cifra”, di origine araba, porta lontano, alla diffusione dei simboli di origine indiana nel Mediterraneo attraverso i commerci e quindi alla storia; la parola “atomo”, non divisibile, a Democrito e alla filosofia greca… È estremamente importante inserire in un contesto storico la presentazione dei diversi argomenti di scienze e matematica perché la storia fornisce un maggior numero di strumenti di comprensione per il loro studio, così come lo sviluppo scientifico contribuisce a chiarire il procedere della storia umana nel suo complesso. Si tratta di mettere in luce come sia un'impostazione relativamente recente quella che ha scisso la cultura in settori spesso poco comunicanti tra loro. Come non ricordare, anche a ragazzi giovani come quelli della scuola media, che il Cartesio del piano in cui si individuano punti con le coordinate è lo stesso filosofo del “cogito ergo sum”? O che il famoso o famigerato, per chi trova difficoltà in geometria, Pitagora del teorema è lo stesso della Scuola filosofica? Che il Galilei del sistema eliocentrico scriveva prose di valore letterario? Che il Leonardo che progettava macchine, dipingeva capolavori? Inserire in una lezione richiami di questo tipo ha anche la funzione di catturare l'interesse dell'alunno contribuendo alla sua motivazione all'apprendere, valorizzando anche quella che chiamerei l'estetica della scienza perché la scienza come altre discipline ci avvicina alla bellezza presente in natura o creata dall'uomo. Ma l'ambito che più si presta, per la mia esperienza, alla ricomposizione dei saperi è quello delle educazioni, portate avanti all'interno dei progetti. Infatti, con la presenza contemporanea di insegnanti con formazioni e conoscenze diverse si possono arricchire le proposte didattiche. Lo svolgimento di un progetto comporta anche attività laboratoriali che portano non solo a costruire conoscenze, ma anche a imparare a fare, a conoscere sé stessi e gli altri, cioè ad essere. Con l'educazione all'igiene personale, che si può affrontare in una prima o seconda media, si può seguire un filo che ancora una volta valorizza l'approccio storico - umanistico. Ricordare che è Igea, la figlia di Esculapio, dea della prevenzione delle malattie, ad avere dato il nome alla Igiene, così come la lettura del brano dell'Odissea in cui Nausicaa invita le ancelle a provvedere alla pulizia di Ulisse naufrago (….a entrar col piè nella corrente lo inanimiro…del salubre m'unga d'oliva licor conforto ignoto da lungo tempo alle mie membra…), porta a considerare come l'attenzione dell'uomo verso il proprio benessere abbia origini Strumenticres n.61 – settembre 2013 Storia dellʼalimentazione fame e abbondanza lontane. Un'attenzione continuata nell'Era classica anche dai Romani che addirittura fecero delle terme un centro non solo di cura per il corpo, ma di socializzazione. E via, via attraverso il Medio Evo dove la percezione del corpo cambia, così come le attenzioni ad esso riservate, anche a causa delle grandi epidemie di peste. Insomma, il lungo cammino fino ad arrivare a Pasteur, alla scoperta dei batteri e al loro studio può essere anche affascinante e suscitare maggiormente l'interesse nell'alunno. Anche l'educazione alimentare ben si presta a collegamenti diversi. La mappa seguente può essere esemplificativa della possibilità di costruire un modulo interdisciplinare. Non si tratta infatti soltanto di affrontare l'alimentazione umana dal punto di vista biologico con lo studio dell'apparato digerente o dei principi nutritivi, ma di mettere in evidenza come l'uomo abbia utilizzato cibi diversi in epoche diverse (ancora una volta la storia!) e in ambienti geografici diversi; come la cultura dell'olio, del grano e del vino si sia sviluppata nell'area mediterranea e come si sia dovuta confrontare con quella barbarica del latte, della birra e delle carni non sempre cotte. Così come appare importante sottolineare la grande trasformazione avvenuta con la produzione industriale degli alimenti, la grande distribuzione, piuttosto che l'introduzione degli organismi geneticamente modificati, solo per fare qualche esempio. Si possono così aprire scenari ampi anche suscettibili di discussioni di valenza educativa quando si vada considerare le disparità nella disponibilità delle risorse nei vari Paesi o l'importanza di un controllo a garanzia della salute dei consumatori. Quando poi, in terza media, si svolge il progetto di educazione socio-affettivosessuale si ha un'ulteriore possibilità di affrontare tematiche all'interno di una cultura sia scientifica che umanistica. In questo ambito, infatti, la letteratura, ma anche la musica trovano uno spazio importante, insieme allo studio della fisiologia degli apparati. Abbiamo talora utilizzato, come attivazioni per introdurre il tema dell'innamoramento, la lettura di poesie, di brani di prosa o testi di canzoni proposti dagli insegnanti o dai ragazzi stessi. Quando poi erano presenti alunni provenienti da Paesi diversi, che hanno fatto conoscere ai compagni opere della loro terra di origine, il valore della proposta è ulteriormente aumentato. Far riflettere infatti su come alcune sensazioni abbiano un valore universale e siano patrimonio dell'umanità che si riflette nella produzione poetica di epoche e paesi diversi è particolarmente importante per adolescenti che le sperimentano per la prima volta nella vita e che in questo modo possono essere aiutati a dare le parole giuste alle loro emozioni. Così come è altrettanto importante che venga loro chiarito come i nostri comportamenti siano il risultato di molteplici connessioni tra i neuroni della corteccia cerebrale, ma anche dell'azione della parte più antica del nostro cervello che ci ricorda come l'evoluzione ci colleghi ad animali più primitivi e come, in ogni istante, siamo un intreccio di sentimenti e razionalità. Ultime considerazioni, di carattere generale, sull'importanza di non perdere mai di vista l'educazione all'unitarietà del sapere. Sia la cultura umanistica che quella scientifica (vogliamo parlare di “umanesimo della scienza”?) possono contribuire al superamento di atteggiamenti negativi sia per l'apprendimento che per i riflessi che possono avere nei comportamenti. Si deve mettere in evidenza come la storia, fondata sulle “fonti”, e la scienza, basata sulle prove sperimentali e mai su verità assolute, entrambe suscettibili di continui aggiornamenti in base alla scoperta di nuovi fatti, possono insieme contribuire al superamento sia del cosiddetto “senso comune”, come del cosiddetto “sentito dire”. È da individui che si pongono continuamente domande e cercano di darsi risposte, acquisendo sempre nuove conoscenze e confrontandosi con gli altri, che si possono formare cittadini responsabili e capaci di operare scelte importanti che vengono loro richieste, senza delegare completamente agli “esperti”. Così, per esempio, lo studio dell'acqua o delle forme e fonti di energia non si limita ad essere solo apprendimento di nozioni, ma diventa strumento per formarsi opinioni e poter esercitare più consapevolmente il proprio diritto di voto nei momenti referendari o nella scelta di una formazione politica. Educare intrecciando cultura scientifica ed umanistica perciò può davvero diventare un allenamento all'esercizio della democrazia. Chi produce: industria alimentare alimenti transgenici Alimentarsi oggi Chi controlla: organi internazionali –FAO, OMS, Parlamento europeo– Chi consuma: Paesi industrializzati Paesi invia di sviluppo Peaesi sottosviluppati 9 10 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – proposte educative Panta rei: studiare i Navigli lombardi per rinnovare la didattica nel liceo di piergiorgio pardo, docente Liceo Marconi, e marina medi Un bando della Fondazione Cariplo Nel 2012 il Liceo scientifico Marconi di Milano ha partecipato al bando della Fondazione Cariplo nell'ambito del Progetto “Scuola 21- Educare alla sostenibilità nella scuola del 21° secolo” ed è stata tra le scuole vincitrici. Nelle intenzioni della Fondazione Cariplo il bando ha lo scopo di contribuire al miglioramento dell'offerta formativa della scuola secondaria di II grado e della Formazione professionale attraverso la diffusione di una metodologia didattico-formativa di tipo interdisciplinare applicata a tematiche ambientali. Nella presentazione del bando, infatti, si afferma che queste tematiche richiedono la convergenza di saperi diversi verso soluzioni condivise e quindi più facilmente possono invitare la scuola secondaria di II grado, dove queste pratiche sono poco diffuse, a sperimentare percorsi didattici in cui le diverse aree disciplinari convergano nell'analisi rigorosa e nella risoluzione di problemi e servano a rafforzare lo spirito critico, il sapere esperienziale e il senso di appartenenza al proprio territorio. Il bando chiedeva alle scuole che due classi lavorassero nel corso di due anni scolastici consecutivi su uno di questi quattro temi: ↘↘ un mondo biodiverso ↘↘ energicamente consapevoli ↘↘ valorizzare la qualità ambientale dei territori ↘↘ il clima cambia, noi cambiamo Elementi indispensabili, oltre all'approccio interdisciplinare, dovevano essere lo sviluppo negli studenti di competenze di “cittadinanza attiva e responsabile”, il coinvolgimento di enti extrascolastici che operassero nel territorio e la realizzazione di interventi concreti in ambito locale che contribuissero ad affrontare una tematica ambientale. Il progetto del Liceo Marconi Il Liceo Marconi, come scuola capofila, ha scelto il terzo tema proposto, quello della valorizzazione della qualità ambientale dei territori, e ha elaborato un progetto che portasse alla valorizzazione dei Navigli come risorsa ambientale, sociale e culturale per il territorio della città di Milano. Al progetto è stato dato il nome Panta rei non solo per richiamare lo scorrere dell'acqua, ma specialmente per sottolineare il continuo processo di trasformazione della realtà di cui siamo chiamati ad essere protagonisti responsabili. Per storia ed importanza i canali milanesi si prestano in maniera particolare alla costruzione di un percorso spiccatamente interdisciplinare, capace di coinvolgere l'intero consiglio di classe e a integrare le discipline scientifiche ed umanistiche proprie del curricolo di un liceo scientifico. Inoltre, partendo dall'acqua come risorsa preziosa e motore di sviluppo per le comunità, è possibile comprendere il ruolo che hanno avuto i Navigli nel passato, raccogliere informazioni e dati sulla funzione che svolgono oggi e interrogarsi su come valorizzarli al meglio nell'immediato futuro. Il risultato finale del lavoro, in collaborazione con gli enti e le associazioni che a vario titolo sono coinvolte nel progetto, sarà nel prossimo anno scolastico una mostra e un percorso di visita alla riscoperta dei Navigli rivolti alle altre scuole e agli abitanti della zona, in cui gli studenti faranno da guida utilizzando le conoscenze e le competenze apprese durante il percorso. Per il momento tutti i materiali raccolti e prodotti dai ragazzi trovano spazio su un blog dedicato, che costituisce una sorta di piazza virtuale per tutti gli stakeholder del progetto (progettopantarei.blogspot.it). Sempre tra i risultati previsti c'è anche il gemellaggio con una scuola di una città europea situata su un canale, dove le due classi andranno in viaggio di studio. Al progetto partecipano una II e una III, che diventeranno nell'a.s. 2013-14 rispettivamente III e IV. La scelta di coinvolgere nel progetto due consigli di classe in verticale è stata fatta al fine di favorire in tutte le fasi progettuali lo scambio di idee, conoscenze e competenze tra studenti di età diverse. Infatti il percorso è unico ed è stato coprogettato dagli studenti e dai rispettivi insegnanti, ma è diviso tra le due classi che torneranno a lavorare insieme nella realizzazione dell'intervento finale. In base al senso generale del Bando, il progetto mira a raggiungere obiettivi sia in relazione agli studenti che agli insegnanti. Nel caso degli studenti si punta a: 1. acquisire consapevolezza dei legami tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda. In particolare: ↘-↘ imparare a prendersi cura del proprio territorio ↘-↘ comprendere l'importanza dell'acqua come bene comune 2. sviluppare competenze di cittadinanza attiva. In particolare: ↘-↘ collaborare e partecipare al raggiungimento di un obiettivo comune ↘-↘ risolvere problemi ricercando soluzioni nuove e originali ↘-↘ individuare collegamenti e relazioni tra gli elementi emersi dal percorso 3. imparare a essere responsabili e solidali nei confronti di se stessi, degli altri e del pianeta. In particolare: ↘-↘ ritrovare i legami perduti tra l'uomo e la natura (e tra l'uomo e gli altri uomini) ↘-↘ percepirsi come agenti di cambiamento della società Nel caso dei docenti il progetto vuole dare una particolare attenzione allo sviluppo della capacità di progettazione curricolare Strumenticres n.61 – settembre 2013 mappa concettuale di fisica e storia verticale e interdisciplinare e alla costruzione di percorsi di apprendimento a carattere di laboratorio, che utilizzino problem solving e metodologie interattive. Il progetto vuole essere fortemente esperienziale e prevede che gli studenti partecipino attivamente alle scelte di progettazione in ogni fase. Lezioni dialogate, lavori di gruppo, uscite in campo e dibattiti in classe devono riuscire ad eliminare la rigidità dell'ambiente classe e instaurare un rapporto educativo di tipo informale. Il progetto si sta realizzando con la collaborazione di enti e associazioni del territorio. Prima tra tutte il Cres, che ha contribuito all'ideazione e alla definizione metodologica dei percorsi, e Mani Tese, che è intervenuta nelle classi su temi legati all'acqua, aiutando gli studenti a mettere in collegamento problemi globali, questioni locali e abitudini personali, stimolando l'adozione di stili di vita più sostenibili. L'associazione di docenti di storia Iris (Insegnamento e Ricerca Interdisciplinare di Storia www.storieinrete.org) ha fornito informazioni, materiali e suggerimenti didattici sull'uso dei Navigli nella costruzione del Duomo di Milano, il cui cantiere è visto attraverso lo sguardo di Leonardo da Vinci nel contesto della società milanese della seconda metà del Quattrocento. La Società Navigli Lombardi (www. naviglilombardi.it) ha messo a disposizione il suo Centro di documentazione per la consultazione di testi sugli aspetti storici, tecnici e culturali dei Navigli. Il Laboratorio Hoc del Dipartimento di elettronica e informatica del Politecnico di Milano (hoc.elet.polimi.it) ha suggerito modalità per organizzare in modo digitale e multimediale le informazioni che gli studenti andavano raccogliendo, favorendo la creatività e la facilità della comunicazione. Le fasi del lavoro Dopo una prima fase di motivazione attraverso l'osservazione di alcune foto del Naviglio, che passa nelle vicinanze della scuola e di cui gli studenti sapevano poco o nulla, gli insegnanti hanno presentato il progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo e insieme hanno proceduto alla stesura del piano di lavoro e alla stipulazione di un patto formativo. Il lavoro di ricerca e studio, diviso tra le due classi e appoggiato dai consigli delle due classe, ha toccato questi temi: 1. Acqua dolce, bene prezioso: importanza dell'acqua sul pianeta, sua distribuzione e regimentazione; diritto all'acqua e conflitti che nascono dalla sua scarsità; biologia delle acque fluviali e lacustri, analisi degli ecosistemi umidi e possibili rotture del loro equilibrio; caratteristiche dell'acqua potabile, anche in base alla normativa vigente; cattivo uso dell'acqua potabile. 2. Il trasporto fluviale: i fiumi da sempre centro di vita e di comunicazione; loro ruolo nella storia; tecniche di costruzione e funzionamento dei canali. 3. Fiumi e canali nella letteratura e nell'arte. 4. Il Naviglio ieri: la sua costruzione e le successive trasformazioni, i diversi usi del Naviglio nel passato e in particolare il trasporto dei marmi dalle cave di Candoglia al Duomo di Milano. 5. Il Naviglio oggi: inquinamento e degrado del Naviglio e sue cause; analisi chimica delle acque del Naviglio; gli interventi di riqualificazione; la Darsena tra progetti e polemiche. 6. Il Naviglio domani: il Naviglio che vorremmo; idee per la realizzazione di interventi urbanistici e culturali legati alla Darsena e ai Navigli che siano sostenibili e nell'interesse degli abitanti. Fin dall'inizio si è cominciato a definire i possibili prodotti che alla fine dovranno essere presentati al territorio per far meglio conoscere e amare il Naviglio, in modo che in ciascuna fase del lavoro si cominciassero già a elaborare e mettere da parte materiali che diventeranno utili nell'ultima parte del progetto. Tra le diverse attività realizzate e in programma ci sono: ↘↘ un'uscita in barca sul Naviglio Grande con la guida dell'Associazione Navigli Lombardi; ↘↘ un concorso interno alla scuola per l'ideazione di un logo e slogan da stampare su locandine e adesivi come principale veicolo di comunicazione del progetto nel territorio. In questo modo si vuole rendere partecipe del percorso tutta la scuola e non solo le due classi selezionate; ↘↘ l'utilizzo del motore 1001Storia, ideato dal Laboratorio Hoc del Politecnico di Milano, che consente di organizzare l'informazione in una forma digitale interattiva secondo una struttura ad albero costituita da argomenti e sottoargomenti, di arricchire la struttura concettuale con contenuti multimediali e di erogare la narrazione multimediale attraverso diversi canali; ↘↘ il blog che permette lo scambio di informazioni e il collegamento tra studenti, insegnanti, associazioni e territorio. Il lavoro svolto finora può essere seguito sul blog. Ne riportiamo sopra (Mappa concettuale di Fisica e Storia) e nelle pagine seguenti alcune parti. ↳ Continua 11 12 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – proposte educative USCITA DIDATTICA DEL 18 APRILE 2013 AL NAVIGLIO DELLA MARTESANA Abbiamo visitato i seguenti luoghi: la conca di San Marco, la stazione di posta (dove si pagava il dazio) e un tratto del naviglio aperto in via Tirano (raggiunto prendendo la 43 dalla fermata MM2 M.Gioia). La nostra guida dell'associazione Verde Acqua che lavora presso l'Acquario di Milano ci ha raccontato la localizzazione dei navigli, il loro uso e cenni storici. Sulla conca San Marco ha spiegato il funzionamento delle chiuse. In seguito ci siamo spostati per osservare meglio l'ecosistema del Naviglio e abbiamo visto che esso è ricco di animali (es. uccelli acquatici come folaghe e germani reali anche con piccoli) e vegetazione spontanea. Per valutare la qualità dell'acqua ne abbiamo prelevato un campione e analizzato alcuni parametri chimici: nitrati, nitriti, fosfati, pH, rilevando un'acqua complessivamente buona cioè utilizzabile per scopi irrigui. Valore di nitriti riscontrato: 0,05 mg/l Inoltre una parte del lavoro è anche consistita nella produzione di testi veri e propri, durante le ore di Italiano, Storia, Geografia, Scienze e Arte. Riportiamo come esempi due lavori svolti dagli alunni, che possono rappresentare, insieme ai materiali pubblicati sul blog, il modo in cui gli allievi hanno interpretato e rivissuto le proposte fatte da insegnati e operatori. In basso: Giambologna, Allegoria dellʼarchitettura. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. di Pietro Villani e Matteo De Simone IL NOSTRO ARCHITETTO IDEALE Al giorno d'oggi tutto ciò che ci circonda e che l'uomo ha costruito è stato progettato e inventato da un team di ingegneri ed architetti. In particolare gli ultimi sono responsabili della progettazione di strutture a scopo estetico e funzionale, ma quante volte queste creazioni riescono veramente ad unire insieme il bello con l'utile??? Per capire meglio prendiamo pure in considerazione tre uomini che hanno rivoluzionato la storia dell'architettura. Il primo fu un tradizionalista ma allo stesso tempo un grande innovatore considerata la sua epoca: LEONARDO. Il secondo fu protagonista di un'architettura alla ricerca dello stravagante, ma allo stesso tempo attento alla natura: FRANK GEHRY. Ultimo, ma non meno importante, è un architetto italiano famoso soprattutto all'estero, capace di restare attaccato alla sua indole classica ricorrendo però alla stravaganza: RENZO PIANO. Leonardo visse nel XV secolo e fu uno dei più grandi architetti della storia, le sue opere a Firenze e a Milano, in particolare, sono sotto l'occhio di tutti e hanno contribuito enormemente nello sviluppo urbanistico delle due città: a Milano con la costruzione delle chiuse del Naviglio e nei dintorni di Firenze con la deviazione del grande fiume Arno. Ogni sua opera presenta caratteri unici da ogni punto di vista. Leonardo diede alle sue opere civili, ma soprattutto militari, un'utilità reale; tutto ciò che costruiva e progettava era un'opera pensata in ogni minimo particolare per uno scopo ben preciso, nulla era lasciato al caso. Frank Gehry è un architetto canadese nato a Toronto nel 1929, ma ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Tra i suoi capolavori più importanti sicuramente possiamo distinguerne alcuni come il museo Guggenheim di Bilbao, la casa danzante a Praga e la Novartis Pharma A.G. Campus a Basilea. Ognuna di queste opere è unica nel suo genere e dimostra un'innata capacità di raggiungere risultati impensabili a prima vista e rivoluzionari per l'architettura moderna. Renzo Piano è nato a Genova nel 1937 ed è uno dei più famosi e riconosciuti architetti a livello internazionale. Delle sue numerose realizzazioni, il Centre Georges Pompidou è sicuramente quello che rappresenta maggiormente il suo stile controcorrente, tanto che proprio in questa costruzione ci ha dato dimostrazione del suo estro e della sua originalità, portando all'esterno del palazzo tutti gli impianti e condutture che usualmente si trovano all'interno. Tutte queste caratteristiche sono quelle che noi ragazzi ci aspettiamo di trovare nella persona che potrebbe avere l'incarico di progettare o modificare i Navigli e la zona circostante che rappresentano il passato, presente e FUTURO della nostra città. Ogni cosa va però fatta con responsabilità e per migliorare la condizione attuale, rafforzando i punti deboli e migliorando i punti forti. QUESTO È L'ARCHITETTO CHE VORREMMO … Strumenticres n.61 – settembre 2013 di Davide Gotti ERNESTO E IL SUO CARO NAVIGLIO Era un sabato pomeriggio di primavera e l'anziano Ernesto stava passeggiando lungo il Naviglio con il suo nipotino. Cominciava a far caldo, i due camminavano da un po' e quindi decisero di mettersi a sedere su una panchina. L'anziano si fece pensieroso: la situazione lo riconduceva improvvisamente alla sua gioventù, i ricordi si affastellavano nella mente e lo rendevano silenzioso. Il nipote, vedendo il nonno assorto, gli chiese a cosa egli stesse pensando ed Ernesto rispose che rivedeva se stesso nelle acque del Naviglio, che stavano “invecchiando” insieme a lui. Il bambino , incuriosito e anche un po' incapace di capire, chiese al nonno di spiegarsi meglio, così Ernesto decise di raccontare al nipote una storia: la sua. “Il 7 marzo del 1953, all'età di 17 anni, Ernesto decise di trasferirsi dal suo paese di nascita, Bettola, in provincia di Piacenza, a Milano. Le prime due settimane milanesi le trascorse ospite da lontani cugini di sua madre, giusto il tempo necessario a trovare un lavoro. In breve venne assunto in una prestigiosa vetreria nella periferia sud di Milano e con il primo stipendio decise di affittare un piccolo appartamento sui Navigli, una zona di Milano che lo affascinava moltissimo, perché gli ricordava la sua dolce e fresca val Nure, nella quale aveva trascorso la sua infanzia e giovinezza. Nei periodi più caldi, dopo una lunga giornata alla vetreria, era solito fare un tuffo nel Naviglio, prima di risalire nella sua accogliente casetta, dall'aria vagamente montanara. Un giorno, mentre si stava recando al luogo dove era solito tuffarsi, da un punto del Naviglio poco più avanti, sentì l'urlo di una fanciulla. Immediatamente si allertò e volle capire di persona cosa stesse succedendo. Raggiunta la parte di ripa da cui era venuta la richiesta d'aiuto, vide un piccolo ed esile barboncino bianco che annaspava nel Naviglio Grande, mentre la sua padroncina continuava a chiamarlo e invocarlo disperatamente. In un attimo Ernesto si tuffò e riportò in salvo il cagnolino alla padrona, la quale lo ringraziò in tutti i modi e lo invitò ad andare a casa sua ad asciugarsi e darsi una ripulita. Ernesto, che all'epoca era solo un ragazzo timido venuto da un paese di montagna, rifiutò e tornò senza indugi a casa sua, ma la verità è che era rimasto letteralmente folgorato dalla visione di quella fanciulla, dai suoi capelli biondi e lunghi fino a metà schiena e dai sui occhi azzurri come il ghiaccio. Il giorno seguente, tornando dal lavoro, fece in modo di incontrare ancora la fanciulla e, fattosi un po' più di coraggio, la invitò a bere insieme un caffè. I due si conobbero e tra loro si instaurò un'intensa amicizia, probabilmente perché né uno né l'altra avevano veri amici a Milano. La ragazza si chiamava Stella, sua madre era morta a causa di complicazioni durante il parto e lei, insieme al fratello, aveva lasciato la sua città di origine, Avellino, alla ricerca di lavoro e migliore fortuna. Adesso che il dolore per la scomparsa della madre era stato un po' lenito dal tempo e la situazione in famiglia, nonostante la lontananza dal genitore, sembrava più tranquilla, Stella avrebbe voluto studiare e avere un giorno un bel lavoro. Per più di un anno Ernesto e Stella continuarono a vedersi e passeggiare nel loro Naviglio, quando una sera, era l'8 marzo del 1955, il giovane chiese alla fanciulla di sposarlo. Nel frattempo, con il frutto dei suoi risparmi e un po' di coraggio, Ernesto era riuscito a trovare un po' di soldi per comprare la casa nella quale aveva sino ad allora abitato in affitto: il suo progetto, anzi il suo sogno, era quello di andarvi a vivere con Stella. Quella stessa sera la ragazza, lusingata e commossa, accettò di andare in moglie ad Ernesto e trascorsero la notte insieme in quella casetta vicino al Naviglio Grande. Nel mese seguente i due si occuparono febbrilmente dell'organizzazione del matrimonio, ma Ernesto non abbandonò la sua vecchia abitudine di fare il bagno nel Naviglio, e puntualmente, in quelle sere d'estate rese ancora più luminose dall'imminenza del lieto evento, riviveva un attimo della sua infanzia, tuffandosi e nuotando a lungo. Un venerdì sera, Stella ricevette una lettera da parte di sua zia Angelina la quale la informava che suo padre era stato ricoverato in ospedale a causa di un malore. Stella non ci pensò due volte e prese il primo treno per Avellino per tornare al suo paese natale, probabilmente, per dare l'ultimo saluto al suo caro padre. I due promessi sposi non si sentirono più per lungo tempo, ma Ernesto, dopo aver racimolato una cospicua sommetta, decise di licenziarsi dalla vetreria e comprò una piccola fiat 500 grigia, per andare in Campania a cercare la sua amata. Il giovane e sconsolato Ernesto chiese più volte a se stesso se ciò che stava facendo fosse la cosa giusta o una sciocchezza: probabilmente stava solo perdendo tempo alla ricerca di qualcuno che non ricambiava più il suo amore. Trascorse oltre un anno prima che Ernesto ritrovasse la sua amata, ma ciò che si trovò davanti non era quello che si aspettava: Stella si era sposata con il dottore che aveva operato suo padre e insieme a lui aveva avuto una bellissima bambina. Ernesto preferì andarsene, senza creare problemi: aveva comunque visto una famiglia felice e in cuor suo, benché ferito, era comunque contento che la ragazza un tempo amata avesse trovato comunque la sua strada. Tornando, con i soldi che iniziavano a scarseggiare, decise di prendere anche lui la via verso il suo paese natale e si diresse verso la fresca e pulita val Nure.” “E poi nonno , come va a finire ?” “ Ritornato al suo paese venne accolto con una grande festa durante la quale conobbe quella che ancora oggi era sua moglie e con la quale aveva avuto due figlie. Molto tempo dopo decisero di ritornare a Milano, in quella abbandonata casetta, ormai sudicia e impolverata, ma piena di ricordi: con quel Naviglio che continuava a scorrerle vicino.” “Così poté continuare a fare il bagno come quando era ragazzo ?” “ Purtroppo no, nel frattempo Milano era diventata un'importantissima città industriale e le fabbriche nascevano come funghi: l'unico posto nel quale era possibile scaricare i rifiuti era proprio il Naviglio e per questo motivo ancora oggi abbiamo acque sporchissime, spesso schiumose e maleodoranti.” “Adesso per colpa delle fabbriche nessuno potrà fare più il bagno nel Naviglio!” “ Caro nipote, oggi ci sono associazioni e gruppi che stanno lavorando per ripulire le acque e spero che un giorno tu possa raccontare questa storia ai tuoi nipoti ma in senso inverso: magari potrai dire loro che una volta le acque del Naviglio erano sporche, ma quel giorno, spero non troppo lontano, grazie al lavoro di molte persone si potrà di nuovo usufruire di un bene così grande”. 13 14 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier Dossier .. .. . . ........ . ... ... ... .. .... .... .... . ... ... ..,...Z 7$$ :OZ$=OZ$$.7Z$..~$$....~... ..... ... .?O OZ $$$ 77I 7II 7I Z$$ $$7 I7$ .. .. $7I I77 77 I7Z 77I I?? 77 ... . . .....dossier ZD8ZOO–$ settembre I8 ,888 8cres Z 7 . I ? Z 2013 ? I ..,..~8D8D8OD8O8ZO88ZOO$$O7$77$OI77$777I?7Z77$??7++++?????????I?IIII..... .... ..? 8O8 DO ZO8 8Z$ $$$ 7? $II IIZ $7O 7I I?+ ??+ ?? ??? ... ... O + I ? .. D8 8O$$ 8OOO OOO 8$$7 $$77 I77 IIO ?III Z7$$ I7+ ?I? ++++ ++++ +++ ???? .... . . ., .D8O O$OZ OOOO OZZ Z$$O Z$77 ?ZO +?77 $I?$ I7Z= =+= +==+ I=== +=== ++= ++++ ?I7I ... .. ..:.+8ZDZOOO8Z8OO8Z8O$$ZZZ$OI$7$7$$$I?7$ZIZ?Z?+?O+O++~I===~=~~~=~===~+==+=====~==========+++7I+:...... . .: 8Z$ ZO8 OO8D 8$7 $$Z $II ??Z I?+ ++= ==~ =~~ ~~~ ~~~ ==+= ~~~ ~~= === +== I77 . .. OZ$ ZO8 ZOZ DZ ZOO $I? ?+ 7$? ++= ~~= ~~ ~~~ ~~~ =~7 ~~ ~~~ ==~ == =?$ I?? ... .N8DZO$$O$88DD88$8DODD8$O$ZI?OI?$$?I?7$$I?=+======~====~~~~~~:~:+~:~~==IIOO7~+Z~Z::I?~~~~~~~~~=+==++I+???I,.... ..D NND$ $$O DDDD OZ88 DDZZ O$? ?+?? ++7Z 77OD +O8 OOOO ~=7+ ~?I =?ZO $OOZ ZO?I ??? ++~+ =7I= ?+7= +== ???+ .... D ~ ? = 8 + D O ....=NON8DO$$$ZODDDDD8ZD888D8$$8DOO8D8+7D8II?$I88O7?7?8D7+Z87??OIO7++=?77+ZZ$$$OZO+I:++?=I++:=:==++:~77=7+$$?:=======??.7.... .. . 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Il nostro mondo visto con occhi Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile 15 Cittadinanza digitale: una nuova frontiera della democrazia 19 La scuola che verrà: tra sussulti tecnologici e persistenti riluttanze 22 Nativi e immigrati digitali. 27 La lavagna interattiva multimediale (LIM) 30 Open data, democrazia e formazione alla criticità nella scuola Un possibile incontro davanti al computer 32 Internet ci rende stupidi? di marina medi di Piera Hermann 26 Come nodi nella rete 34 Bibliografia ragionata e sitografia Affrontare a scuola i comportamenti prepotenti e di vessazione nella società digitale di Simonetta Muzio diversi. Una riproduzione testuale ASCII (sistema di codifica dei caratteri a 7 bit, comunemente utilizzato nei calcolatori) di una immagine fotografica, che è stata generata attraverso un programma di conversione on-line (www. glassgiant.com/ascii/) . .. . . .. . .. . .. ... .. . Strumenticres n.61 – settembre 2013 Cittadinanza digitale: una nuova frontiera della democrazia di Pinuccia Samek Lodovici, (da sempre) impegnata nella ricerca educativa della rilettura dell'habeas corpus come habeas data?” Infine nuovi, particolari diritti si affacciano perché lo sviluppo della rete incoraggia una rappresentazione della conoscenza come bene comune (come l'acqua, per intendersi) che di conseguenza reclama il diritto di ogni persona all'accesso, non solo nel senso della connessione tecnica e del superamento di ogni digital divide, ma soprattutto escludendo ogni discriminazione in entrata e auspicando una disponibilità dei contenuti effettiva e libera, non insidiata dalle logiche del mercato (neutralità della rete)4. A sua volta l'informazione, è intesa come diritto di informare oltre che di essere informati; ridisegnando il rapporto fra potere e opinione pubblica. Ricordiamo le manifestazioni del 2009 in Iran: armati solo dei loro telefonini e di una connessione web, i giovani di Teheran documentavano in tempo reale tutto quello che stava accadendo dopo i brogli elettorali e lo caricavano sui social network. Stavolta il mondo non poteva non sapere. Era una cosa mai vista prima.5 Teheran mostra con evidenza (e va fatto notare ai nostri studenti) che non si tratta di diritti octroyée una volta per tutte, ma di processi che innescano resistenze più o meno esplicite, di lotte che ormai annoverano vittime e martiri non solo nei regimi autoritari.6 “Insom- Che cosa c'entra Internet con la demoComunicazione presentano oggi, nell'ecrazia e la cittadinanza? poca del cyberspazio, riguardo ai temi C'entra per forza perché l'idea che connotano la democrazia, come di cittadinanza mette l'accento sul libertà, trasparenza e controllo dal patrimonio di diritti di cui la persona basso, partecipazione, collaborazione, può concretamente disporre, quindi “è responsabilità degli individui e delle per sua natura dinamica, accompagna istituzioni3. la persona nel suo essere nel mondo e, di conseguenza, integra la sua dotazione di incominciamo dai diritti. Molti dei tradizionali diritti e delle diritti tutte le volte che questo ampliaclassiche libertà costituzionali come la mento viene sollecitato dall'incessante libertà di manifestazione del pensiero mutamento prodotto dall'innovazione “con ogni mezzo di diffusione” (Costiscientifica e tecnologica, e soprattutto tuzione art. 21) trovano proprio nella dalle dinamiche sociali che così si deterrete il presupposto per realizzarsi minano.1” Di questo incessante mutamento pienamente; altri (come il diritto alla Internet è tra i fenomeni più vistosi: privacy e alla sicurezza) devono essere non è più soltanto l'autostrada dell'inreinterpretati per accompagnare la performazione, la biblioteca digitale, la sona nelle nuove situazioni implicate posta elettronica, la porta sul mondal fatto di abitare il cyberspazio. Per do virtuale come la si immaginava esempio “cediamo informazioni, lasciasolo quindici anni fa2. È diventata mo tracce quando ci vengono forniti beni 4. In questo senso si sono espresse uno spazio pubblico di vita vera, uno e servizi, quando cerchiamo informazioni, organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani e la carta dei diritti spazio immenso (world wide), dove ci si quando ci muoviamo nello spazio reale fondamentali dell'Unione Euriopea (art.11). incontra, si agisce, si compra e si vende, o virtuale” scrive Rodotà segnalando la si delinque anche, e si scontrano poteri perdita di controllo sui nostri dati per5. R.Luna, Cambiamo tutto La rivoluzione degli con effetti non confinabili nel virtuale. sonali e addirittura sul nostro profilo innovatori, Laterza 2013. Ma qualche pagina In questo mondo digitale bene o male identitario che viene arbitrariamente dopo leggiamo anche: “in Siria nel 2012 il abitiamo (lo indossiamo) ed è quindi delineato, a nostra insaputa, per fini governo di Bashar al-Assad, quando è iniziata indispensabile esserne consapevoli commerciali. E conclude chiedendosi la rivolta, invece di tagliare i collegamenti a per individuare le caratteristiche di “Le garanzie della libertà personale (art. Internet, come aveva fatto senza alcun successo questa cittadinanza nuova e globale e 13) devono essere estese anche al corpo il presidente Hosni Mubarak in Egitto prima di per svilupparla positivamente eserci«elettronico», seguendo la traiettoria essere detronizzato, ha adottato la strategia tandone diritti e doveri. Del resto le contraria. Ha aperto la rete a tutti senza limiti tecnologie nuove ci interrogano sempre e l'ha usata per spiare i rivoltosi, studiare le 3. Non a caso questo scritto prende le mosse sui valori implicati nel cambiamento. loro strategie, svelare le reti di contatti. Per poi da un seminario organizzato dall'Istituto Bisogna quindi esplorare le concrete colpirli meglio.” Su questi temi È imperdibile pedagogico della Resistenza con l'Università opportunità e i non pochi rischi che le M.Castells, Reti di indignazione e di speranza, Milano-Bicocca per approfondire gli aspetti Tecnologie della Informazione e della 1. Stefano Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza 1913 (anche e-book). 2. Mark Stefik, Internet dreams. Archetipi, miti e metafore, MIT 1996/UTET 1997. teorici e progettare pratiche coerenti rispetto alle proposte emerse dal convegno “Pedagogia della Costituzione e della Resistenza” impostato su una appassionata introduzione del partigiano Prof. Guido Petter. (scaricabile da www.resistenza.org). Bocconi Editore, 2013. 6. In America si è suicidato quest'anno Aaron Swartz, 26 anni, militante del libero sapere su internet, che aveva sottratto pubblicazioni scientifiche del MIT per renderle accessibili a tutti. Rischiava 50 anni di carcere. 15 16 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII?I8MMMMOI?I77$$$$$Z8DDNNMMMMMMMMMMMMNMNMMNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNDD$III~~=,==+?++I7$7DNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNDDDDNNNNMNNN IIII?IIIII?????I??IIII?II8MMMN$??I7$ZOOZZODDNNNMMMMMMMMMMMMNMNMNNNNNNNMNNNNNNNNNNNMNNZ==++~~:,~.:~=~~~==~+++??ZNNNNNNNNNDNDDNNMNNNNNNNDDDDND I?IIIIIIII?????III?IIII?I8MMMN$+?I7Z888888DDNNMMMMMMMMMMMMNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNZI7,.=+:=+~+,=:=+?:==I:+?~+=+=+78NNNNNNNNNNDNDDNNNNMNMNNNNN I?II?II?II?????IIIIIIII?I8MMMNI++?7O8888DDNNNNMMMMMMMMMMNNNNMNNNNNNNNNNNNNNNNNMNZ?~::,~+I+I?=?:~=?II7++==+=?~+?=?=?I8DDNNNNNMNNNNNNNDDNDNNMN IIII?III????IIIIIIIIIII?I8MMMD?==+7O88DDDNNNNNMMMMMMMMMMMNMNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNN++::~~~=:::~~~~=~=====++??I+??:=??=++IDNONDNDNNNNNMNNNNNNNDD IIIIIIIIIIIIIIIIII?IIIIII8MMM8+~=+IZO88DDNDNNMMMMMMMMMMMMMMNNNMMNNNNNNNNNNNNNND=,:~:~:~~~:::~~~~~+?+=~==+???+7?=+=++?IIONNNNNNNNDDDDDNNNMNMN 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Il diritto di accesso, infatti, riguarda sia la conoscenza «in uscita», quella che ciascuno collegandosi può procurarsi, sia quella «in entrata», prodotta da tutti coloro che la accrescono con il loro intervento. Un esempio eclatante in questo senso è Wikipedia, l'enciclopedia on line collaborativa e gratuita, mentre per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni possiamo ricordare l'Islanda dove il 21 ottobre 2012 è stata approvata la prima Costituzione redatta con il contributo della popolazione attraverso le più diffuse reti sociali.8 Si apprende dal 7. G.Azzariti Internet e Costituzione. Intervento al seminario su “Internet Libertà e Diritti: a partire dal caso Wikileaks”, organizzato da Magistratura Democratica, Roma, 18 febbraio 2011. 8. Riporto il primo paragrafo della premessa per evidenziare la coerenza del testo col metodo usato per redigerlo: We, the people who inhabit Iceland, wish to create a just society where every person has equal opportunity. Our diverse origin enriches our society and together we are responsible for the heritage of generations, our country and its history, nature, language and culture. (stjornlagarad.is/english/). sito che per tutto il 2011-12 il Consiglio Costituente, selezionato tra cittadini rigorosamente mai investiti di incarichi parlamentari, ha pubblicizzato settimanalmente l'avanzamento dei lavori su YouTube, Facebook, Flikr, oltre che sui media tradizionali, in modo da invitare e possibilmente coinvolgere tutti. Questi software e piattaforme del web 2.0 che chiamiamo reti sociali perché consentono l'interazione on line, stanno intrecciando ovunque (anche in Italia) reti di cittadini attivi cui offrono l'opportunità di conoscersi e di collaborare alla soluzione di problemi che li riguardano o che si manifestano sul territorio, o che gli vengono proposti da chi è interessato a consultarli. Il metodo è quello di studiare il problema confrontandosi tra persone motivate e impegnate, sfruttando sia le conoscenze e le competenze di ciascuno, sia quelle che si vengono a formare nel gruppo per costruire proposte attuabili direttamente o proponibili a chi di dovere. La chiamano crowdsourcing questa preziosa mischia di conoscenza diretta dei contesti che dà senso ad un'analisi più ampia e la indirizza, che sollecita argomentazioni informate, ma si giova anche dell'intuizione caratteristica delle intelligenze non burocratizzate. Partecipando si cambia, si diventa sensibili ma non ci si arrende alla complessità dei problemi ed eventualmente si accettano soluzioni temporanee senza subirle come definitive.9 democrazia continua Questo coinvolgimento dei cittadini, inizialmente visto con sospetto, sta diventando anche da noi un obiettivo della pubblica amministrazione (PA) particolarmente nell'ambito dei servizi sociosanitari, culturali e del trasporto pubblico dove si stanno sperimentando forme di democrazia partecipata. Quest'anno nel Forum annuale della PA, proprio alla “cittadinanza digitale” è stata dedicata una intera giornata, trasmessa in diretta streaming, aperta a commenti via Twitter o Facebook e immediatamente disponibile sul sito.10 In questa sede Rodotà ha riproposto il suo concetto di democrazia continua che ben descrive e interpreta i nuovi modi della cittadinanza: “Parlando di democrazia continua si fa riferimento a strumenti che si differenziano da quelli di tipo rappresentativo perché vengono adoperati dai cittadini senza ricorrere ad alcuna mediazione…L'accento viene posto sulla fine dell'intermittenza del processo politico per quanto riguarda la presenza dei cittadini, e sul fatto che la nuova continuità non è resa possibile da impulsi o stimoli provenienti dall'alto, ma è affidata anche, o soprattutto, all'iniziativa diretta degli interessati. Ma la continuità non riguarda soltanto la dimensione temporale. Si distende nello spazio dove le reti creano appunto la fine delle interruzioni determinate dalla distanza, aprendo la prospettiva di una face-to-face democracy senza più confini. Proprio questo continuum spazio temporale individua la dimensione istituzionale dell'agire politico e della costruzione della cittadinanza.11” Insomma “Oggi pensare che basti votare ogni cinque anni per essere governati bene è un'illusione vista la complessità dei problemi che abbiamo davanti, ma è anche uno spreco. Uno spreco di talenti: i nostri.12” Sempre a proposito di democrazia partecipata e continua nel Forum PA si è discusso anche di piattaforme e dei software più adatti a sostenere iniziative di cittadinanza in rete, evitando le scorciatoie a volte barbare dei social-networks più popolari. Sembrano questioni tecnicistiche, invece ogni piattaforma crea un vero e proprio 10. iniziative.forumpa.it/expo13 9. Esempi in Gianluigi Cogo, La cittadinanza digitale. Nuove opportunità tra diritti e doveri, Edizioni della Sera 2010 (anche e-book). 11. Stefano Rodotà, Tecnopolitica, Laterza 1997 12. Riccardo Luna op.cit.(anche e-book) Strumenticres n.61 – settembre 2013 ambiente in cui si sviluppano certi valori piuttosto che altri. Al forum si è ironizzato sull'“amicizia” in casa Facebook, puntualizzando che socialità non è necessariamente sinonimo di civismo e che bisogna poter scegliere tra gli ambienti digitali dove si incontrano solo i propri simili e quelli dove invece i diversi possano generare qualcosa di utile, come per esempio le “reti civiche”. Il servizio informatica del senato ne ha appena pubblicato un censimento che ci fa capire le differenze e quindi ci aiuta a scegliere quella più adeguata ai nostri obiettivi13. Fiorella de Cindio dell'Università di Milano ha opportunamente ricordato che l'Italia è costellata di reti civiche “precoci”, come quella nata a Milano nel '94, che promuovono ed ospitano iniziative di cittadinanza e le assecondano anche progettando software specifici per esigenze diverse come (magari in sequenza) raccolta di idee, consultazione, deliberazione. Insomma la gente non va più a votare, siamo delusi dalla politica, ma sempre più cittadini digitali hanno acquisito il gusto di dedicarvi tempo e impegno, ma pretendono le condizioni per poter generosamente donare. Tra queste condizioni c'è la liberazione dei dati che giacciono inutilizzati o illeggibili presso le pubbliche amministrazioni, e di questo scrive in questo inserto Fulvio Benussi. la città intelligente La galassia sempre più densa dei possibili usi di Internet per migliorare la vita di ciascuno di noi e del nostro ambiente ha generato il mito delle smart cities o città intelligenti, che sono però interpretate in modo diverso: per alcuni è smart una città dotata di infrastrutture digitali che consentono di migliorare l'esistente; per altri invece l'intelligenza sta nello sfruttare il potenziale rivoluzionario della rete (connessione tra persone, ma anche condivisione di dati nel cloud e, ormai, anche connessione con gli oggetti) per “rivoluzionare” il nostro modo di informarci, di muoverci, di lavorare e di 13. I Media Civici in ambito parlamentare. Strumenti disponibili e possibili scenari d'uso, Maggio 2013. Scaricabile da: www.senato.it (poi cliccare: leggi e documenti→dossier di documentazione→servizio informatica) WEB E INTERCULTURA Il network di Intercultura, organizzazione nata nel 1955 come sezione italiana dell'American Field Service, comprende 55 Paesi, ha coinvolto circa 35.000 studenti italiani che han vissuto un periodo di scuola superiore all'estero e si dedica alla promozione degli scambi internazionali. È un esempio di “ponte” tra web e realtà, nel quale la mente dei protagonisti, spesso convinta di aver ottenuto dalla rete tutte le informazioni possibilmente disponibili, si arricchisce di nuove connessioni, semplicemente attraverso l'esperienza diretta della diversità. a cura di Elisabetta assorbi stare insieme, di vivere insomma, nel mondo che cambia. Michele Vianello14 analizza ciascuna di queste situazioni di vita mostrando con esempi che la sfida è possibile e in che modo i cambiamenti potrebbero diventare sinergici e straordinariamente positivi, se chi governa la città si rendesse consapevole delle opportunità che potrebbero essere aperte anche solo dalla raccolta dei dati generati dai cittadini sul web, normalmente abbandonati all'iniziativa privata. Ancora una volta “la materia prima diventa l'informazione, la conoscenza e le città si possono qualificare nel modo in cui informazione e conoscenza sono prodotte, raccolte e condivise per produrre innovazione15”. Sono decisioni che ci riguardano? Possono i cittadini rimanere indifferenti? Può rimanere indifferente la scuola? la scuola Penso che chi ci ha seguito fin qui non abbia dubbi sulla risposta. Così come una città diventa intelligente non perché digitalizzata, ma perché fa un uso intelligente del digitale, così la cittadinanza digitale a scuola non può esaurirsi (anche se la implica) in una competenza digitale ridotta a destrezza, ma si dovrebbe esprimere in azioni di cittadinanza che impegnino direttamente gli studenti e abbiano un 14. M. Vianello, Smart Cities. Gestire la complessità urbana nell'era di internet, Maggioli 2013 (anche e-book) 15. G.Dominici,“smart-cities”, istruttiva mappa mentale scaricabile da saperi.forumpa.it/ story/70156/la-italiana-alle-smart-cities-losservatorio-nazionale-anci-forum-pa effettivo impatto sociale. Perché lasciare che internet ci renda stupidi passando dalle profondità del pensiero alle paludi della distrazione, alimentando l'ignoranza?16 Sappiamo per esperienza che gli studenti danno il meglio di sè realizzando progetti che prevedono la soluzione di problemi nel confronto con altri, in una logica non esclusivamente scolastica. Internet li può aiutare a costruire conoscenza condivisa e a rivalutare lo studio mentre e perché realizzano un giornale, piuttosto che una trasmissione radiofonica, o una mostra, o anche semplicemente un blog. Sono tutte buone occasioni per utilizzare la rete in modo riflessivo e inciampare nei problemi di accesso, disponibilità, plausibilità, leggibilità dei dati, necessità di incrociarli per farli parlare, magari con linguaggi non solo verbali. Cruciale è il passaggio da consumatori a produttori (consum-attori li chiama Rivoltella) perché muoversi nello spazio pubblico della comunicazione comporta responsabilità di cui prendere consapevolezza.17 Fin qui mi sono riferita a pratiche già presenti nelle scuole per ricordare che possono essere facilitate dalla rete, che però, soprattutto oggi essendo disponibile in mobilità, ne suggerisce altre più direttamente mirate alla partecipazione, alla condivisione, alla cittadinanza, come: la generazione di 16. Nicholas Carr, The Shallows: What the Internet Is Doing to Our Brains, New York 2011 17. PC.Rivoltella, E. Bricchetto, F. Fiore, Educare ai media. Una questione di cittadinanza, Ed. La scuola 2012 pp.7-24 17 18 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier codici QR18 da disseminare nel quartiere per riscoprire, con la collaborazione dei residenti più anziani, luoghi che hanno avuto un senso nella sua storia per poi organizzare “passeggiate della memoria”; la proposta al Comune di una bonifica visiva, da realizzare sostituendo agli schermi che contaminano il territorio per segnalazioni puramente commerciali schermi progettati dagli studenti per dare informazioni utili alla popolazione di quel quartiere;19 la scelta della narrazione digitale e crossmediale come modalità di insegnamento-apprendimento;20 il confronto sistematico con altre classi per discutere ipotesi ed esperimenti scientifici;21 18. Si tratta di un particolare codice a barre che permette di trasmettere un testo (che può essere un link) attraverso un cellulare su cui installare un particolare software. Consente esperienze di realtà aumentata, cioè di aggiunta di informazioni alla realtà sfruttando la geolocalizzazione. Esempi in xmedialab.acmos.net 19. Laboratorio “Smart Giambellino” tenuto nel citato seminario IPR da Annnamaria Poli di Università Milano-Bicocca 20. Petrucco, Le narrazioni digitali per l'educazione e la formazione, Carocci 2013 21. P. Samek, E. Giordano, Laboratori in rete, Franco Angeli 2003 COMPUTER DEL FUTURO I microprocessori in silicio stanno arrivando alle loro estreme possibilità d'impiego, perciò ferve nella comunità scientifica la ricerca di nuovi materiali, che aprono orizzonti ancora da esplorare. La canadese D-Wave ha annunciato di essere vicina alla realizzazione del primo modello completo di computer quantistico, fornito di inimmaginabili capacità di calcolo, grazie la partecipazione attiva alla locale rete civica, l'interlocuzione diretta con le istituzioni o l'apertura di un café civico per introdurre e dibattere problemi, magari proprio relativi alla cittadinanza.22 In questa logica andrebbe riconsiderata la questione dei telefonini, che effettivamente distraggono e dei social networks, che effettivamente intrappolano i nostri allievi. Possiamo farglieli usare anche in modo intelligente, per valorizzare il loro sapere informale e far posto alle loro emozioni?23 Questo elenco di attività è molto sommario (ma in nota trovate indicazioni ed esempi) perché mi è sembrato più importante condividere riflessioni sulla cittadinanza digitale con gli insegnanti in quanto cittadini, coinvolti (travolti?) anch'essi in un cambiamento che, come abbiamo visto, non è solo tecnologico. Siamo gli skipper di una barca che in un mare agitato va verso terre nuove o sconosciute. Anche a noi vengono richieste consapevolezza e responsabilità. 22. Un contatto con www.connessionepubblica.it può aiutare a prepararlo 23. M.Ranieri, I.Bruni, Piagge mobili: narrazioni digitali tramite facebook mobile, in TD Tecnologie didattiche 55 (www.tdjournal.itd.cnr.it/journals/view/55) all'uso del germanio, materiale che possiede proprietà conduttive migliori del silicio, anche se in assoluto è il grafene, strato ultrasottile di grafite, il materiale migliore, ma è poco compatibile con i processi produttivi attuali. Il computer quantistico usa un linguaggio diverso da quello binario attuale, fatto di zero e di uno, ma le difficoltà di costruirlo sembrano ancora notevoli. L'elemento base, chiamato qubit, è multilivello, cioè formato da un numero elevato di componenti, con struttura interna molto complessa, che gli permetterà di risolvere problemi, appunto, complessi. Del resto lo scrittore Dave Barry (premio Pulitzer statunitense) diceva che il computer più adatto all'utente “è quello commercializzato due giorni dopo che ne avete acquistato un altro”, perciò … diamo tempo al tempo! E. A. La scuola che verrà: tra sussulti tecnologici e persistenti riluttanze di michele crudo spunti di riflessione La scuola è l'istituzione deputata all'apprendimento. È il luogo fisico e l'apparato amministrativo grazie ai quali il sapere delle generazioni passate viene trasmesso alle nuove generazioni. La scuola è dunque l'organismo culturale incaricato di far sedimentare e organizzare le conoscenze per consegnarle ai ragazzi, che stanno imparando a porsi delle domande e a darsi delle risposte sia sul mondo in cui vivono, sia sulla società in cui vivranno da adulti. Un tale organismo, strutturato per poter funzionare prevalentemente come un archivio ben congegnato delle esperienze culturali già convalidate, è inevitabilmente scosso quando le trasformazioni in atto sollecitano l'istituzione scolastica a operare dei cambiamenti. È ciò che è successo con lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione, che hanno moltiplicato e decentrato le fonti mediante le quali s'impara prima e più velocemente fuori dai confini dell'edificio scolastico. Oltre trent'anni fa il mondo della scuola aveva percepito e registrato l'erosione, avviata dalla penetrazione dei modelli educativi propagandati dalla televisione, della dimensione istituzionale socialmente attribuita alla centralità del processo formativo. Perso il monopolio della formazione, la scuola ha rivelato la propria inadeguatezza nello studiare gli inediti approcci cognitivi veicolati dall'uso del computer e dalla frequentazione di Internet. La tardiva risposta ministeriale, concretizzatasi nella realizzazione di laboratori di informatica e l'introduzione delle lavagne interattive Strumenticres n.61 – settembre 2013 “Riflettere è considerevolmente laborioso, ecco perché molti preferiscono giudicare” –j. ortega y gasset– “Per pensare ci vuole serenità, per arrivare a delle conclusioni ci vuole pazienza, e per metterle in pratica ci vuole coraggio” –a. g. bartlett– multimediali (LIM), ha creato disagio negli insegnanti, i quali, abbandonati a se stessi nel fronteggiare il conflittuale impatto con lo stile dei nativi digitali, si sono divisi tra coloro che oppongono un ostinato rifiuto ai canali multimediali e coloro che provano ad adeguarsi. I due schieramenti, che rimandano alla contrapposizione tra apocalittici e integrati –tracciata da U. Eco in un saggio sulla cultura e i mezzi di comunicazione di massa1– sono entrambi legittimi e vanno presi attentamente in considerazione, perché sono lo specchio di un attrito che rischia di rendere cronica un'incomprensione destinata ad ampliare il divario tra l'accelerazione imposta dalle innovazioni tecnologiche e la lentezza necessaria alla scuola per assorbire i mutamenti in corso. La problematicità della questione è innegabile e, comprensibilmente, la divergenza delle opinioni è emersa anche negli ambienti accademici. Schematizzando le posizioni prese, mi limito a citare i pronunciamenti di due studiosi. Da una parte, Domenico Parisi che, pur ritenendo pericoloso il percorso di svecchiamento della scuola, reputa irrinunciabile l'ingresso e l'uso delle tecnologie multimediali perché stimolano negli allievi l'apprendimento diretto. “Per tutto il Novecento pedagogisti e psicologi hanno detto chiaramente quello che non andava nell'educazione scolastica. A scuola s'impara in modo passivo quando invece l'apprendimento richiederebbe una maggiore attività da parte dei 1. U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1964. ragazzi, con la possibilità di esplorare, di prendere l'iniziativa, di compiere azioni sulle cose e di osservare gli effetti di queste azioni”2. Per Parisi la supremazia del canale verbale, che procede unidirezionalmente dal docente agli studenti, produce un apprendimento meccanico e superficiale, mentre l'opportunità di connettersi in rete, per accedere a una variegata quantità di informazioni, induce a riflettere sulle opzioni da scegliere. Di questo parere non è Raffaele Simone che, già in un libro di dieci anni fa, aveva lanciato l'allarme sui pericoli che si corrono nel perdere forme di sapere emarginate dall'incontrastato dominio del computer3. Nel testo pubblicato l'anno scorso, riprendendo l'avvertimento tratteggiato nella sua ipotesi iniziale, egli ammette la progressiva affermazione della “visione non-alfabetica” su quella “alfabetica”. Quest'ultima, infatti, dovendo rispettare la successione lineare e l'ordine logico dell'intelligenza di tipo sequenziale, risulta più impegnativa e faticosa della prima. Al contrario, l'intelligenza simultanea del “cibernauta” che naviga nella “mediasfera”, non seguendo un itinerario intenzionalmente delineato e non essendo vincolata da procedure preventivamente impostate, è facilmente indotta a seguire indicazioni casuali, così imprevedibilmente affiorate da un 2. D. Parisi, [email protected], Mondadori, Milano, 2000 (p. 229). 3. R. Simone, La terza fase, Laterza, Bari, 2003. magma di siti da far dimenticare quale percorso è stato compiuto per arrivare dove ci si trova. L'arbitrarietà della navigazione in rete fa quindi propendere R. Simone per la tracciabilità del sapere formalizzato e comunicato con la scrittura. Una modalità, questa, che si perfeziona con un continuo esercizio, il perseguimento del rigore terminologico e l'articolazione di un pensiero gerarchicamente strutturato. “La gerarchia che si è venuta così a creare deve essere rispettata nelle fasi dell'apprendimento scolastico che nella scuola è organizza in cicli […] Il modello ciclico comporta certo qualche grado di ripetizione, ma al tempo stesso consolida il fissarsi delle conoscenze e favorisce la loro graduale espansione […] Inoltre, l'enciclopedia (ossia una rete di conoscenze interconnesse) è ripresentata ad ogni ciclo con un raggio via via allargato e con l'aggiunta di qualche segmento nuovo, che va a integrarsi al resto”4. Le riflessioni di D. Parisi e R. Simone così sinteticamente riportate omettono la gamma di sfumature che attenuano tesi in apparenza inconciliabili. Nondimeno, esse rappresentano i due punti di vista che esprimono la polarizzazione degli atteggiamenti assunti dagli insegnanti nei confronti dei social network e dell'impiego delle tecnologie multimediali in classe. Personalmente, tra l'entusiastica accoglienza di una minoranza di integrati e la rassegnata impotenza della maggioranza degli apocalittici, ho seguito come sempre l'invito di U. Eco a confrontarsi con le novità, convinto che, non potendo incidere sugli epocali cambiamenti in atto, posso però decidere che il mondo non continui a cambiare senza la mia vigile partecipazione e il mio critico contributo. Perciò, da autentico e inossidabile gutenberghiano, che si nutre dell'emozione della lettura e del contatto materico con la penna a sfera, mi sono volenterosamente misurato con il linguaggio della multimedialità per capire se sarebbe stato possibile aggiornare la didattica con l'acquisizione delle funzioni operative degli strumenti digitali. Quello che segue è lo scarno resoconto dei risultati ottenuti nel corso degli ultimi tre anni. 4. R. Simone, Presi nella rete, Garzanti, Milano, 2012 (p. 144). 19 20 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier dalla riflessione a una operativa progettazione L'installazione in aula della LIM avrebbe potuto lasciarmi indifferente, ma la sua inutilizzata presenza sarebbe stata uno spreco. Provando un'epidermica allergia agli sprechi, ma anche mosso da un'istintiva curiosità per gli intrusi, ho cominciato a maneggiare l'attrezzo usandolo all'inizio come proiettore di immagini, reperite in Internet sia per mostrare documenti storici (fonti materiali, visive, ecc.), sia per illustrare ambienti naturali e paesaggi antropizzati. Spinto dalla reazione positiva degli alunni - che dall'osservazione delle immagini traevano spunto per porre domande - ho gradualmente riorganizzato il curricolo geostorico-sociale, apportando modifiche alle modalità di svolgimento delle lezioni e delle verifiche. Con il passare dei mesi, ho infatti messo a punto un impianto standard delle Unità di lavoro, che è fondamentalmente basato sugli aspetti metodologici descritti qui di seguito. L'insegnante, integrando la lettura selettiva dei capitoli del manuale, presenta e spiega i contenuti trattati con l'ausilio di immagini accuratamente selezionate per rendere visibile e cognitivamente fruibile ciò di cui si sta parlando; i ragazzi prendono appunti, mentre la lezione prosegue con un fitto scambio di domande e risposte che valorizzano l'interazione dialogata tra docente e discenti. Gli alunni ripassano a casa gli appunti, visionando le stesse immagini che hanno visto in classe. Le immagini si trovano nella piattaforma studenti, dove ogni area disciplinare ha il suo spazio con la relativa programmazione. All'interno dello spazio di Storia sono presenti i files delle singole Unità didattiche, composti da: un'introduzione panoramica, la narrazione iconografica degli argomenti, reti concettuali, schemi semplici e complessi. Prima dell'avvio delle successive lezioni, gli allievi chiedono spiegazioni sulle lezioni precedenti e sui dettagli di alcune immagini che non hanno ben compreso; le precisazioni servono anche a riassumere ciò che si è già studiato. L'Unità di lavoro, della durata di circa otto ore, termina con l'illustrazione di quadri d'insieme, schemi riassuntivi e mappe concettuali, che aiutano a ricostruire l'articolazione delle tematiche affrontate. Il ripasso prima della verifica abitua i ragazzi a scomporre e ricomporre i contesti in una visione generale che racchiude le parole-chiave e raccoglie i nuclei informativi più significativi. È da tenere presente che le mappe, gli schemi, la contestualizzazione dei personaggi all'interno di precise coordinate spazio-temporali, sono accuratamente elaborati dall'insegnante perché siano comprensibili, funzionali alla memorizzazione e terminologicamente accessibili. La verifica, a seconda delle classi, ha una differente modulazione. In prima media consiste nell'osservazione e descrizione delle immagini, che non sono identiche ma molto simili a quelle viste e analizzate in classe sulle civiltà e gli ambienti naturali. A questa prima parte, della durata di 60 minuti, segue una essenziale relazione sui contenuti studiati. A coloro che sono caratterizzati da una memorizzazione frammentaria è permessa, in alternativa alla formula discorsiva, una concisa riproduzione dei quadri d'insieme. L'impianto della verifica non prevede una diversificazione tra storia e geografia. In seconda media la relazione scritta prende il posto dell'osservazione e descrizione delle immagini, con una transizione dal codice prevalentemente iconico a quello verbale. Il linguaggio analogico delle immagini funge da filo conduttore della narrazione storica nel corso delle lezioni, ma nella prova finale si punta a una corretta stesura della relazione, che richiede il rispetto della successione cronologica dei fatti e la coerenza logica dell'esposizione delle variabili che contraddistinguono un determinato periodo. In Geografia, invece, l'esposizione orale è svolta con l'utilizzo della LIM, e la comunicazione è preparata a casa sul modello esemplificato in classe dal docente. Il quale, dopo aver spiegato e applicato i criteri di analisi degli Stati europei, fa vedere come si procede su Internet per la selezione delle cartine, la ricerca dei dati statistici, l'individuazione delle informazioni da abbinare alle immagini nell'assemblaggio di una comunicazione in Powerpoint o in OpenOffice. La lezione esemplificativa dura due ore, mentre l'addestramento si prolunga per quattro ore in un laboratorio provvisto di 25 computer, davanti ai quali gli allievi si siedono per confezionare il loro prodotto. In questa fase operativa l'insegnante interviene per correggere, consigliare, indirizzare. Pur restando un irrinunciabile punto di riferimento, il docente mira a rendere autonomi i ragazzi nell'assemblare la comunicazione che, dopo l'esposizione individuale, viene valutata dalla classe in base alla completezza dei materiali raccolti, alla fluidità dell'esposizione, alla pertinenza delle immagini. Faccio notare che, ai fini dell'efficacia comunicativa, non sono stati irrilevanti l'impostazione grafica; il dosaggio dello spazio occupato dalle immagini e quello destinato ad accogliere il testo scritto; la cura nella scelta dei caratteri e dei colori usati sia per vivacizzare lo sfondo, sia per far risaltare le parole. Al contrario, il ricorso all'animazione nella presentazione non ha riscosso un successo unanime e, comunque, è stata ininfluente nella formulazione del giudizio finale che, tranne qualche eccezione, ha trovato concordi alunni e insegnante. In terza media, classe che segna il consolidamento delle abilità acquisite, le procedure applicate per gli Stati europei vengono reiterate per illustrare i continenti, la composita configurazione dei quali viene affrontata con l'esplorazione permessa da Google Maps. Rispetto all'anno precedente, il prodotto espositivo si arricchisce dei dati e delle cartine tematiche dell'UNDP sull'Indice di Sviluppo Umano (speranza di vita alla nascita, grado d'istruzione, reddito medio pro capite). Particolarmente interessanti sono state le comunicazioni dei ragazzi arrivati dai Paesi extraeuropei (Perù, Filippine, Egitto, Sri Lanka), in cui sono apparse slides sugli ambienti di provenienza e le rispettive tradizioni culturali. Un fattore non trascurabile che ha orientato gli allievi nella ricerca delle immagini è stato la risonanza di eventi a loro televisivamente noti: lo tsunami del 2004 nel Sud-Est asiatico; l'uragano Katrina del 2005 su New Orleans; il terremoto del 2011 in Giappone e il cedimento strutturale di un reattore nucleare a Fukushima; l'esplosione nel 2012 della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Ognuno di questi avvenimenti ha suggerito lo spunto per discutere sulla problematicità della Strumenticres n.61 – settembre 2013 RETE E SCIOVINISMO FRANCESE Se in Italia l'inglese sta inesorabilmente colonizzando la lingua, visto che il 16 per cento dei neologismi è angloamericano, in Francia il cancelletto di Twitter (hashtag) si dovrà chiamare, per legge, “motdièse”, cioè parola-diesis, come il segno musicale. Del resto per i cugini francesi il computer è, da sempre, l'ordinateur. a. E. WEB E LAVORO Secondo un'indagine della piattaforma statunitense di monitoraggio Repper, il 75% delle aziende utilizza Twitter e Facebook per reperire informazioni sui futuri dipendenti: l'autopresentazione azzeccata spesso paga. I network come ufficio di collocamento, primo fra tutti Linkedin, che conta ben 200 milioni? di iscritti nel mondo, viene usato per strutturare inserzioni di farmaceutica, ingegneria, ma anche nel campo della moda. L'ultima novità è catchawork.com, che serve per condividere curricola in formato video: dopo l'iscrizione, si può personalizzare il proprio profilo caricando un video, che il comitato scientifico, dopo valutazione, segnala direttamente alle aziende. a. E. crescita economica in rapporto allo sfruttamento delle risorse del pianeta e alla vulnerabilità delle popolazioni esposte sia all'imprevedibilità dei fenomeni naturali che alle conseguenze dei mutamenti climatici. Lo stesso lavoro di ricerca, assemblaggio ed esposizione di un Powerpoint/OpenOffice è stato parallelamente portato avanti nella ricostruzione dei contesti storici contemporanei. Infatti, avvalendosi delle competenze già assimilate nei due anni precedenti, i ragazzi si sono mostrati capaci di padroneggiare un dispositivo rivelatosi adatto a interconnettere la molteplicità delle componenti che concorrono a definire i contesti storici dell'Ottocento e del Novecento. Molti di loro se la sono cavata egregiamente, dimostrando di saper utilizzare al meglio il pluralismo dei linguaggi, in particolare quello delle arti figurative e della cinematografia. Per esempio, reperendo in Internet tele di pittori impressionisti e sequenze cinematografiche estrapolate da film come “Oliver Twist” e “Sherlock Holmes”, essi hanno saputo descrivere alcuni tratti tipici della vita nelle metropoli europee della seconda metà del secolo XIX. Insistendo sulla interdisciplinarità, ho impostato, su delega del Consiglio di classe, il progetto per la realizzazione della tesina d'esame. Forti dell'esperienza già vissuta, i ragazzi si sono motivatamente impegnati per prepararsi all'esame orale di giugno con la presentazione di un prodotto espositivo multimediale. Il successo del percorso didattico è stato garantito sia dall'occasione di poter lavorare per due ore settimanali, da febbraio a giugno, nel laboratorio dotato delle 25 postazioni di computer; sia dall'opportunità di usufruire nella piattaforma studenti di una piazza telematica dove depositare on line lo sviluppo in itinere del prodotto. Ne è scaturito un working in progress che ha consentito di mettere a fuoco gli ostacoli incontrati e, di volta in volta, di risolvere le difficoltà con un problem solving al quale hanno partecipato i docenti di diverse aree disciplinari. prudenti conclusioni Con alle spalle un triennio non avaro di scoperte e gratificazioni, posso a posteriori concedermi un bilancio che, limitatamente alla mia pratica didatti- ca, mi porta ad esplicitare le seguenti constatazioni: ↘↘il fiducioso approccio al linguaggio iconografico comporta solo una riduzione quantitativa e non qualitativa del canale verbale/semantico, che rimane il linguaggio privilegiato della comunicazione; ↘↘l'utilizzo di programmi come PowerPoint e affini non inaridisce le facoltà creative dei preadolescenti che, anzi, possono persino essere stimolati dalla varietà di opzioni che essi hanno a disposizione per manipolare/modellare l'impaginazione; ↘↘l'ampia e rapida reperibilità degli elementi che vanno a comporre il prodotto della comunicazione non obbligatoriamente convergono verso un sommario taglia e incolla; del resto, anche quando si studia mnemonicamente sul manuale si fa ricorso a un taglia e incolla mentale, se l'operazione cognitiva si limita alla ripetizione di ciò che è stato depositato nell'involucro esterno della memoria; ↘↘connettersi, navigare in rete, reperire fonti non inibisce la capacità di interpretare e ragionare, se l'identificazione e la raccolta del materiale grezzo serve a supportare e strutturare un discorso corroborato da immagini organicamente funzionali; ↘↘il protagonismo degli studenti, che sono chiamati a diventare i consapevoli autori delle proprie prestazioni, valorizza la competenza ideativa, perché le strategie attuate per superare i problemi implicano un attento monitoraggio in itinere delle soluzioni trovate; ↘↘l'uso del computer, se è finalizzato alla produzione di conoscenze, può affiancare all'apprendimento per accrescimento, fondato sulla stratificazione cumulativa dei saperi, l'apprendimento per progressive destrutturazioni/ristrutturazioni, innescato dal costante bisogno sia di trasferire informazioni e testi dalla vastità del web al contesto didattico della classe, sia di far transitare significati dal codice alfabetico al codice analogico/simbolico e viceversa; ↘↘la frequentazione di molteplici linguaggi genera nell'insegnante un atteggiamento di apertura, che lo sollecita ad accogliere e applicare 21 22 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier codici e canali comunicativi familiari alla nuova generazione. Alla luce di quanto è stato detto, i traguardi raggiunti possono essere ritenuti lusinghieri, soprattutto tenendo conto degli scarsi prerequisiti tecnici del conduttore. Non faccio tuttavia fatica ad ammettere che ho agito in condizioni favorevoli, nell'ambito di una scuola provvista di un'avanzata apparecchiatura tecnologica, di uno spazio laboratoriale adeguato e dell'assistenza di due esperti addetti alla manutenzione. Senza il positivo concorso di queste tre variabili, confesso che le mie intuizioni e la mia abnegazione sarebbero andate incontro a un'insormontabile serie di ostacoli. Una tale situazione di privilegio, orientandomi verso uno scetticismo propositivo, mi ha tenuto lontano dall'intransigenza dei riottosi e dall'euforia degli apprendisti stregoni. Ritengo quindi che un sano equilibrio, tra una reazione di spaventata chiusura e quella diametralmente opposta di ingenua credulità, rappresenti la giusta via di mezzo da intraprendere nella gestione di dispositivi tecnologici che “… crescendo su se stessi per autoproduzione, generano conseguenze che sono indipendenti da qualsiasi azione diretta e imprevedibili in quanto ai loro esiti ultimi”5. Come opportunamente mette in guardia U. Galimberti, il dislivello tra il “massimo di capacità” delle applicazioni tecnologiche e il “minimo di conoscenza” sulle finalità delle innovazioni tecnologiche può comportare il rischio di una acquiescente subalternità. Consapevole di questi incontrollabili effetti, dopo aver superato una diffidenza iniziale, mi sono mosso con convinzione e, così come in passato non mi sono sottomesso al dispotismo del manuale, cerco ora di scongiurare la tirannia delle tecnologie multimediali. In che modo? Facendo ricorso alle mie risorse professionali ho rielaborato il curricolo autonomamente, prima di vedermi costretto a subire l'umiliante subordinazione a una scelta pilotata dalle case editrici più competitive, che, con la produzione e la circolazione delle versioni digitali dei libri di testo (LIM-BOOK), daranno un'impronta eterodiretta alla didattica multimediale. 5. U. Galimberti, Il cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, Feltrinelli, Milano, 2012 (pg. 35). Io non so cosa il futuro riserva alla scuola. Non so se la scuola che verrà, per non lasciarsi travolgere dal tumultuoso incalzare dei mutamenti, tenterà di evitare l'attuale deriva varando un radicale piano d'interventi, a cominciare dalla creazione di un sistema di reclutamento, aggiornamento e valutazione dei docenti; oppure, dopo un'ondata di sbrigativi aggiustamenti di facciata, indugerà in una letargica inerzia. Può darsi anche che la scuola persista in una paralizzante oscillazione impressa dall'insistenza a restare prigioniera di un modello d'istruzione anacronistico e l'impulso a promuovere un rigenerante rinnovamento culturale, finora sistematicamente frustrato da una deprimente inadeguatezza di fondi e di iniziative. A giudicare da ciò che sta accadendo, è illusorio sia cercare riparo nella staticità di un'istituzione scolastica erroneamente giudicata inalterabile, sia invocare un suo urgente impegno nel configurare un'attendibile prospettiva a medio e lungo termine. Intanto, in attesa che la successione degli eventi dia vigore all'agire collettivo, faccio appello alle mie energie e intreccio quotidianamente la trama e l'ordito della relazione pedagogica con gli allievi “…secondo il modello delle api baconiane, che elaborano e danno sapore a quanto hanno pazientemente raccolto, in contrasto con le formiche, che si limitano invece ad accumulare materiali altrui, e a differenza dei ragni che secernono autarchicamente le idee dalla propria bocca”6. 6. R. Bodei, Geometria delle passioni, Feltrinelli, Milano, 2010, (p. 22). Nativi e immigrati digitali Un possibile incontro davanti al computer di marina medi Che gli adulti, chi più chi meno, ma tutti un po', guardino i giovani e i loro comportamenti con preoccupazione (Ma come faranno a cavarsela…), sorpresa (Ma noi non eravamo così…), rammarico (Ma quante cose si stanno perdendo…) o sgomento (Ma dove andremo a finire…) fa parte del normale scontro che esiste tra le generazioni. I giovani, da parte loro, ricambiano, considerando gli adulti convenzionali, borbottoni, noiosi. Ogni generazione esprime infatti una sua cultura fatta di linguaggi, codici di comportamento, gusti nell'alimentarsi, vestirsi ed acconciarsi, valori, eroi e miti diversi e, come spesso succede con le culture, è facile pensare che la propria sia migliore di quella degli altri. Per fortuna, accanto agli scontri culturali tra generazioni ci sono anche incontri e scambi quando, come ci ha insegnato l'educazione interculturale, si è capaci di ascoltarsi, capire il punto di vista dell'altro e riunire creativamente i contributi differenti. Così gli insegnanti, diversi per generazione oltre che per ruolo, possono trovare stimoli di rinnovamento negli studenti e questi possono scoprire nei docenti dei maestri. una nuova sfida interculturale tra adulti e giovani Alla diversità tra le generazioni in questi anni si è aggiunto un elemento in più, che l'ha resa più profonda e radicale: l'uso delle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione. Queste infatti sono sicuramente tra i principali protagonisti del cambiamento epocale Strumenticres n.61 – settembre 2013 Rivisitazione di un particolare della “Creazione di Adamo” dipinta da Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina a Roma. che sta caratterizzando la fine del secondo millennio non solo per la velocità degli scambi che permettono, per la sterminata massa di informazioni che veicolano, per la possibilità che offrono di sperimentare modalità espressive innovative, ma anche perché comportano un modo diverso di intendere la realtà e di organizzare le conoscenze. E questo cambiamento investe in modo particolare noi insegnanti, che per mestiere cerchiamo di aiutare i giovani a leggere e interpretare la realtà naturale e sociale e di trasmettere il sapere delle generazioni passate a quelle future. Centrale è il fatto che oggi il supporto che conserva e veicola l'insieme delle conoscenze comincia a non essere più il libro, ma sono le nuove tecnologie digitali, così come la comunicazione, tra le persone e nei diversi ambiti professionali, sta abbandonando il mondo della carte da lettere, delle riviste e dei quotidiani, per trasferirsi on line. Il cambiamento del supporto non è di poco conto, infatti nella storia dell'umanità il sapere è stato trasmesso solo in tre modi: inizialmente e per migliaia di anni in modo orale, magari appoggiandosi alla pratica, poi in modo scritto e ora in modo digitale. Ogni cambiamento ha avuto conseguenze rivoluzionarie: quando nel XVIII secolo nel mondo occidentale si passò da una trasmissione delle conoscenze (non solo quelle accademiche, ma anche quelle professionali dell'artigiano all'apprendista e quelle della vita quotidiana della madre alla figlia) sostanzialmente centrata sull'oralità a una basata sulla scrittura diffusa in gran numero di copie di carta stampata, il risultato fu la nascita delle discipline così come le intendiamo oggi e, con esse, la possibilità di sistematizzare il sapere, di approfondirlo in ambiti specialistici e di lasciarlo in eredità ai posteri senza rischi di essere deformato. Che cosa comporterà la nuova rivoluzione digitale è ancora presto per dirlo, ma sicuramente sappiamo che, se cambia il supporto all'espressione, cambia anche il linguaggio e, dato che linguaggio e pensiero sono intimamente legati, inevitabilmente cambierà anche il modo di organizzare il pensiero. Sono in molti oggi a parlare di una futura rivoluzione antropologica. Intanto oggi, noi insegnanti, nati nel mondo della scrittura e formati sulle discipline e le materie scolastiche, abbiamo il compito professionale di fare scuola ad alunni nati in un mondo digitale e sempre più abituati al multitasking e ai collegamenti olistici. È comprensibile allora che nella scuola sia così diffusa un'ansiosa mancanza di certezze a cui alcuni docenti rispondono cercando di rincorrere le novità, altri arroccandosi nelle antiche pratiche, altri ancora, appena possono, andando in pensione… È possibile invece affrontare questa situazione di disagio in modo interculturale? È possibile, cioè, che noi, adulti e insegnanti, sfruttiamo la scoperta della diversità della cultura digitale per riflettere sulle potenzialità e i limiti della cultura dei libri, sui valori fondanti del nostro modo di pensare, sui contenuti essenziali a cui pensiamo che non sia giusto rinunciare? Perché, ovviamente, a qualcosa bisognerà per forza rinunciare, così come chi nel passato ha affidato alla carta la conservazione e trasmissione delle conoscenze ha inevitabilmente ridotto la propria capacità di memorizzazione e di esposizione orale. Ma su altri aspetti non possiamo cedere, perché li consideriamo essenziali per qualunque processo di conoscenza. Tra questi ne prenderò in considerazione due: la capacità di valutare criticamente l'informazione e quella di tener in conto gli aspetti della complessità. Sono due aspetti molto sottolineati da chi critica l'utilizzo di internet a scuola. Si dice infatti: di fronte alla valanga di informazioni reperibili sul web, come valutarne l'attendibilità? come evitare che gli studenti si accontentino di copiare la prima cosa che trovano? come sviluppare vere competenze disciplinari, dato che su internet si trova tutto su tutto già bello e fatto? 23 24 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier tre percorsi di apprendimento tra potenza del web e nuclei fondanti dell'area geostorica In una classe terza di scuola primaria i bambini devono affrontare il problema della rappresentazione cartografica dello spazio. Hanno già lavorato sullo spazio della classe e della scuola e quindi sanno che cosa sono la visione zenitale, la riduzione di scala, la legenda, la simbolizzazione in una mappa. Il lavoro ora si deve spostare al quartiere e alla mappa del comune. Per prima cosa i bambini sono invitati a osservare dall'alto la loro scuola e lo spazio intorno utilizzando Google maps in versione satellitare e a riconoscere oggetti presenti in questi spazi di cui hanno esperienza. Passano poi alla versione mappa di Google maps e cercano le somiglianze e differenze delle due rappresentazioni, riflettendo sui vantaggi dell'una e dell'altra. Scoprono poi che ogni via o piazza ha un nome, segnalato sia nella realtà che sulla mappa, e ragionano sull'utilità di questa nominazione. Si domandano chi siano i personaggi citati, chi ha deciso di dedicare a loro una strada e perché. Cercano su Google i diversi personaggi e riflettono sulla volontà e sulle modalità con cui si conserva la memoria storica. Se, come nel caso della classe che ha sperimentato questo percorso, una delle strade era dedicata a una persona che non appariva su Google, i bambini possono provare a capire perché. Un'ipotesi è che si tratti di un personaggio locale, che quindi non appare sul web, e allora ci si può informare presso chi conosce la storia del paese per avere informazioni e fare una piccola biografia del personaggio. Il lavoro può continuare allargando l'immagine all'intero quartiere o comune, scoprendo le abitazioni dei bambini, il percorso da casa a scuola e altri elementi conosciuti di questo spazio più ampio, mettendo poi tutto a confronto con una mappa stampata della zona. L'utilizzo dello stradario può permettere di scoprire altri personaggi storici. In questo esempio è chiaro il ruolo dell'insegnante che sollecita gli studenti a farsi domande e a cercare risposte su quelle che sono questioni fondanti della geografia (la rappresentazione dello spazio e la sua utilità) e della storia (chi, come e perché si conserva la memoria del passato), ma il web offre strumenti facili da reperire e motivanti. Un momento della sfilata evocativa che precede la corsa del Palio di Legnano 2013. In una classe seconda di scuola secondaria di primo grado del Legnanese gli studenti stanno realizzando un lavoro sul Palio di Legnano, festa che si svolge tradizionalmente nell'ultima decade di maggio per ricordare la battaglia tra i Comuni lombardi e l'imperatore Federico I e che negli ultimi decenni ha assunto un'importanza sempre maggiore sia per ragioni turistiche che politiche. Per raccogliere materiale i ragazzi utilizzano il web, ma non trovano nulla su due elementi centrali della storia, Alberto da Giussano e il Giuramento di Pontida, anzi scoprono che non sono mai esistiti. La scoperta motiva gli studenti a una ricerca più approfondita su quel periodo storico, che li porta ad avere un'immagine molto più complessa dei fatti e delle ragioni del Barbarossa, di quelle dei Comuni che aderirono alla Lega lombarda e di quelle dei Comuni che non vi aderirono. Inevitabile allora è la riflessione sulle cause che portano all'invenzione di tradizioni storiche e, magari, come in questo caso, alla successiva reinvenzione della tradizione con un significato diverso da quello precedente. Sia il web sia brani di testi scritti procurati dall'insegnante permettono di approfondire l'argomento, di scoprire altri casi di tradizioni inventate, come per esempio quella del kilt scozzese, e quindi di riflettere sul rapporto tra realtà, invenzione letteraria e storiografia. In questo caso sono le informazioni di internet che sollecitano negli studenti una ricerca, ma poi è l'insegnante che li sostiene nella riflessione sui materiali raccolti e nello sviluppo dell'atteggiamento critico alla base della competenza storica. Strumenticres n.61 – settembre 2013 In una classe quarta liceale alla fine dello studio sul Risorgimento italiano gli studenti sono invitati a rispondere attraverso una web quest a una domanda conclusiva: l'unificazione italiana è stata un bene o un male? La web quest è una ricerca in internet su un problema disciplinare o interdisciplinare concordato, utilizzando siti che, se non sono preselezionati dall'insegnante, richiedono molto rigore nell'analisi critica delle informazioni. È un'attività centrata sulle ipotesi pedagogiche del costruttivismo (perché implica un lavoro di ricerca per arrivare a dare risposte a un problema) e sull'insegnamento cooperativo (perché normalmente viene svolta in gruppo e richiede un confronto tra le diverse posizioni che emergono). In questo caso agli studenti viene già dato un ventaglio di posizioni, che probabilmente hanno avuto modo di cogliere dato che, a 150 anni dalla proclamazione del unità d'Italia, il dibattito se questo fatto sia stato positivo o negativo è più acceso che mai. Accanto a chi vede l'unificazione come l'unico modo che ha permesso alla penisola di decollare sia economicamente che politicamente, si presentano tre posizioni critiche: una leghista al Nord che lamenta che l'Italia abbia dovuto tirarsi dietro un Sud pigro e arretrato; una “neoborbonica” meridionale che accusa il Nord di aver sfruttato e maltrattato il Sud e ripensa con nostalgia al Regno delle Due Sicilie; una relativa a una parte del mondo cattolico che si rammarica che l'unità dell'Italia sia stata fatta contro e a danno della Chiesa. Gli studenti devono cercare nel web siti che sostengano queste posizioni e presentarle in un blog di gruppo, descrivendo come il tema viene trattato. In particolare devono vedere se le posizioni sono espresse in modo chiaro, se le affermazioni che vengono fatte sono sostenute da qualche documentazione qualificata e se il dibattito scade nella polemica o addirittura nell'offesa. Alla fine ciascuno studente dovrà provare a prendere posizione sull'argomento, facendo attenzione a non fare affermazioni senza motivarle. È chiaro che in questo caso la ricerca dà molto spazio all'iniziativa degli studenti e potrebbe essere pericolosa perché potrebbe portare chissà dove, così come il confronto nel gruppo potrebbe arenarsi nelle polemiche o nell'accettazione di un'unica opinione. Ma i paletti che l'insegnante ha posto sia in fase di ricerca che di valutazione personale dovrebbero servire a contenere l'eccessiva dispersività del web e ad aiutare gli studenti a trarne informazioni in modo critico e consapevole. In questi esempi abbiamo visto in gioco aspetti fondanti della storia, modalità di lavoro attive e motivanti, stimoli alla riflessione e alla presa di posizione individuale. Quanto sarebbe stato possibile farlo utilizzando solo un lavoro sul libro di testo? Quanto invece è il risultato di un modo di stare insieme, nativi e immigrati digitali, usando computer e libri, ma specialmente l'intelligenza e l'emozione? Stampa allegorica del periodo sulla situazione politica post-unitaria: l'Italia turrita indica a Cialdini, (con la sciabola sguainata), i suoi nemici abbarbicati attorno a Napoleone III (trasformato in albero): briganti, nobili borbonici (raffigurati dal pazzariello napoletano), il clero e il Papa Pio IX; sullo sfondo Garibaldi, a Caprera, ara un campo come Cincinnato. (Fonte: Wikipedia). NATIVI DIGITALI, cioè GEEK Si definiscono con il termine geek tutti gli “affascinati dalla tecnologia”, soprattutto quella informatica e dei nuovi media; ormai i nostri hanno quindicisedici anni e, nel 2012, all'annuale convention dell'Intel International Science and Engineering Fair ben 1500 partecipanti hanno presentato un'invenzione, che ci porta nel futuro. Tre ragazzi italiani di Lecce hanno presentato un processo per rendere idrorepellente ogni tipo di materiale; il vincitore, Jack Andraka, ha inventato uno sticker per l'analisi delle urine che non solo rileva la presenza di un cancro al pancreas, ma è pure 28 volte meno costoso e scientificamente più efficace di quelli attualmente in commercio. Gli utilizzatori della rete geek rappresentano uno dei possibili percorsi dell'evoluzione dei nativi digitali e dimostrano come l'importante sia sfruttare al meglio le offerte di conoscenza che la rete mette a disposizione. a. E. 25 26 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier Come nodi nella rete Affrontare a scuola i comportamenti prepotenti e di vessazione nella società digitale di simonetta muzio, docente a Rinascita-Livi – Milano Sullo schermo della sala oscurata appaiono, in rapida successione, un lap top, una lavagna multimediale, immagini di studenti che scattano foto con un cellulare e le “appendono” su una bacheca virtuale, fotogrammi di una classe assorta in un'esercitazione con gli instant messaging sul blog di classe. Quando la luce si riaccende, sui volti degli insegnanti e degli educatori presenti al convegno, ci sono espressioni diverse: stupore, curiosità, diffidenza, fastidio, entusiasmo…invidia(?) Al di là dell'esempio, inventato ma abbastanza verosimile, delle differenti reazioni a un ipotetico convegno, è un dato di fatto che nella scuola italiana il tema dell'informatica, e in particolare delle nuove tecnologie, sia vissuto in modo ambivalente. Ognuno di noi naturalmente sa che la presenza dei media è una realtà che non può più essere messa in discussione perché ha rivoluzionato il nostro mondo e, in particolare, quello dei nostri studenti. Ma se da una parte la rivoluzione mediatica è stata accolta come una indispensabile occasione per rinnovare la didattica o ampliare la propria“cassetta degli attrezzi”, dall'altra suscita una sensazione di turbamento e di estraneità, se non di vero e proprio rifiuto. Così nella scuola italiana, la distanza culturale e di conoscenza tecnologica che separa inevitabilmente gli adulti dalle nuove generazioni si somma al ritardo endemico delle istituzioni, creando un gap davanti al quale la risposta è spesso la più prevedibile e inefficace. Ciò che per altre generazioni è stata la censura dei film o della musica, il divieto di leggere fumetti o di vedere cartoni animati, si traduce oggi nel blocco degli accessi alla rete, o nel divieto del telefonino a scuola, ossia in un atteggiamento di chiusura e censura quanto mai anacronistico. Si tratta di una posizione perdente e che confonde la protezione con l'educazione: noi ci possiamo illudere che i nostri studenti navighino sicuri in Internet poiché la loro postazione telematica è filtrata, che non scarichino scoprono, all'inizio dell'anno scolastico illegalmente o che non vi sia bullismo '06/07, che esiste il web 2.0 e che i nelle loro relazioni, ma così facendo suoi utenti, loro studenti, non ne sono non otterremo mai che i nostri studenti passivi fruitori, ma attivi produttori si educhino alla legalità, a riconoscere di contenuti, talvolta anche crudeli o e valutare in maniera critica i siti che idioti. stanno visitando o le ferite che possono La risposta delle istituzioni arriva provocare usando il web in modo incosolo nel febbraio 2007 quando il minisciente, padroneggiando i meccanismi stro della Pubblica Istruzione, ministro ma senza comprenderne la forza. Fioroni, introduce vari dispositivi di Nel 2006 in Italia è avvenuto un contrasto al bullismo e al cyberbulliepisodio eclatante che ha scosso smo; nel primo caso con un reticolato tutto il Paese e fatto scoprire come la di sanzioni utili, nel secondo con il sicurezza sul web non consistesse solo divieto di portare i cellulari a scuola. Si nel proteggere i ragazzi dalla Rete (“da tratta del primo intervento coerente di gruppi estremistici, fanatici, sette, ade- sistema che rappresenta un successo scatori, pedopornografia e altre cose nella lotta contro il bullismo, ma che immonde”) ma che, come scrive Beppe non si dimostra affatto incisivo rispetto Severgnini (Corriere della sera 8-05ai comportamenti di prepotenza e di 13), ha fatto scoprire che “le vittime vessazione agiti attraverso i dispositivi possono diventare carnefici”. tecnologici; il cosiddetto cyberbullismo. Il fatto avviene a maggio in una Proibire i cellulari per impedirne gli utiscuola superiore di Torino dove un lizzi impropri ha la stessa valenza che gruppo di ragazzi picchia e sbeffeggia avrebbe il divieto di portare a scuola i in classe un compagno con la sindrome pennarelli per frenare il problema dei di Down, riprendendo tutta la sequenza muri imbrattati o delle frasi indecenti con il cellulare e postandola su youtube. sui muri dei bagni. Ogni strumento, A settembre il video viene segnalato e si sa, presenta delle spigolosità e gli denunciato e tutta la stampa inizia ad utilizzi impropri ne rappresentano occuparsene: in quello stesso perioconseguenze naturali che è compito do si scopre come su quel medesimo dell'educazione correggere. canale, e altri analoghi, vi siano Oggi che le tecnologie (“ubiquitarie numerosi filmati di bravate, molestie e e pervasive”) sono entrate a pieno atteggiamenti scomposti, fino ad atti di titolo nella nostra vita quotidiana e che vero e proprio bullismo, tutti avvenuti la loro presenza non può più essere all'interno delle nostre aule scolastiche. messa in discussione, la scuola ha più In quel momento di shock la società che mai la responsabilità di educare le e la scuola italiana si ridestano sotto nuove generazioni ad abitare questo la doccia gelata della consapevolezza e nuovo ambiente facendo sperimentare Strumenticres n.61 – settembre 2013 una dimensione di cittadinanza in cui esercitare responsabilità e diritti. È una sfida complessa e affascinante che sposta e dilata il campo di intervento educativo, in quanto le azioni compiute attraverso il web, travalicano le aule scolastiche e obbligano a creare nuove alleanze con le altre agenzie educative, sviluppando in pieno le specifiche intenzionalità formative. dalla scuola-comunità alla scuola-comunità di rete: un'esperienza di contrasto al cyber bullismo in una scuola media milanese Dal 2006 la scuola media RinascitaLivi ha avviato il nuovo Progetto “dalla scuola-laboratorio verso la Wiki School” che si propone di sperimentare l'idea di innovazione, anche grazie alle opportunità offerte dalle tecnologie del web 2.0. La scelta di porre particolare attenzione alle potenzialità educative dei nuovi media si è integrata in modo coerente al modello educativo della scuola, basato sul concetto di scuola-comunità ossia sulla co-progettazione ed il patto educativo insieme ai genitori. L'accesso alla rete infatti rompe l'idea di un luogo interno/esterno alla scuola e quindi di un luogo di competenza dei genitori o degli insegnanti e rende ancora più indispensabile avere un luogo per una progettazione educativa condivisa e partecipata in quanto solo attraverso l'alleanza è possibile accompagnare i ragazzi verso un utilizzo più critico, riflessivo e creativo degli strumenti digitali. Quando qualcosa si è inceppato e la scuola ha affrontato il suo primo caso di cyber bullismo, è sembrato naturale affidare l'elaborazione e la gestione dell'intervento alla scuola-comunità, per tutelare le vittime, sanzionare i responsabili ma anche per definire la strategia della scuola in termini di prevenzione e declinare il proprio compito di educare alla cittadinanza rispetto agli strumenti digitali. L'episodio che ha dato il via all'intervento, è partito come un gioco: due ragazze di seconda, compagne di classe, hanno creato a casa propria un account anonimo su Facebook e da lì hanno iniziato prima a interagire con i compagni e gli ex alunni a cui avevano chiesto l'amicizia, poi a diffamarli e a offenderli. La situazione è degenerata, è sfuggita al loro controllo, oltre che a quello degli adulti, tutti ignari, e a scuola si è scatenata una specie di “caccia” su chi fossero gli autori, complicata dal fatto che le due ragazze avevano disseminato nelle chat degli indizi per far ricadere la responsabilità su altri compagni. Quando il preside è stato informato di quanto stava capitando, direttamente dalle due ragazze, ha coinvolto il gruppo dei coordinatori della scuola e affidato alla commissione mista scuolacomunità il compito di elaborare un progetto che non si rinchiudesse solo sui soggetti direttamente coinvolti ma sfociasse in un protocollo utile a tutta la scuola. Si è deciso preventivamente che l'intervento sarebbe stato su tutte le classi e rivolto a tutte le sue componenti, non isolando quindi le ragazze ree dell'episodio, ma considerando tutti “responsabili” nei vari significati che la parola comporta. Gli interventi sono stati agiti attraverso diversi livelli di comunicazione e su tutta la popolazione scolastica: in ogni classe si è svolta contemporaneamente per cento minuti un'attività che partiva dalla comunicazione ufficiale dei fatti ricostruita in modo oggettivo dal preside, in modo che non si creassero ipotesi fantasiose e fascinazioni improprie sulle protagoniste. Si è cercato di ricomporre il clima con la lettera di scuse scritta dalle ragazze responsabili e si è soffermata l'attenzione sugli aspetti del problema chiedendo perché potessero succedere tali cose, spostando così l'interesse dalle responsabilità dei singoli al coinvolgimento di tutta la comunità. È parso significativo far vedere ai ragazzi che si attingevano alcune informazioni (video Stop al cyber bullismo) da internet per mostrare concretamente che non c'era una demonizzazione dello strumento ma piuttosto del suo utilizzo scorretto. Sono trascorsi abbastanza anni dalla vicenda, che si è conclusa positivamente, per considerarla significativa sotto diversi punti di vista. Poter fermare le attività della scuola per riflettere tutti insieme sul conflitto ha permesso di porre in evidenza alcuni elementi: ↘↘La rete ci fa riflettere sulla corresponsabilità e l'interdipendenza. Attraverso internet il bullismo non è più sotterraneo ed esce dalla clandestinità. Non c'è più il singolo che commette un reato, ma rende tutti corresponsabili. Questo è visibile concretamente quando uno clicca su “mi piace” ↘↘La rete costituisce una risorsa in quanto impedisce al gruppo di voltarsi dall'altra parte e distogliere lo sguardo. Se siamo collegati nessuno può dire “non mi ero accorto di quanto stava succedendo”. ↘↘L'accesso alla rete infrange l'idea di un luogo di competenza dei genitori o degli insegnanti. Nel caso dell'episodio raccontato anche se i contatti avvenivano da casa è sembrato giusto e “naturale” che la scuola fosse coinvolta e intervenisse. ↘↘Ciò che succede, attraverso la rete risulta amplificato. Insulti e pettegolezzi sgradevoli, ma non gravi, hanno avuto un effetto dirompente in quanto permanevano nel tempo e godevano di un gran numero di spettatori. Le tecnologie informatiche digitali offrono non solo l'opportunità di rigenerare i contenuti delle nostre discipline e di ampliarne i linguaggi, ma ci danno l'occasione per osservare e intervenire in maniera più precisa sui comportamenti di affermazione della leadership che si verificano puntualmente, a prescindere dallo strumento che li veicola, quando si formano dei gruppi. In questo modo le problematicità che inevitabilmente affiorano possono essere viste come opportunità per evolvere. I “nodi” possono essere delle strozzature oppure dei collegamenti e dei passaggi che tengono insieme una struttura e la rendono solida facendola evolvere (come nelle reti neuronali). Nel caso della Rete diventano veri e propri “snodi” che ci permettono non solo di cambiare il punto di osservazione ma di intravedere un altro orizzonte. 27 28 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier ADOLESCENTI E RETE/DATI Una recente ricerca svoltasi all'Università di Bari su un campione di 1200 studenti di scuola superiore, rileva che solo il 5 per cento degli intervistati fa “uso patologico” di Internet, cioè maggiore alle cinque ore al giorno; circa il 20 per cento lo usa per più di tre ore; il 10 per cento preferisce i contatti virtuali a quelli reali; in media ciascuno ha circa 500 amici nei social network, contro i circa dieci amici veri, del mondo reale. Scuola e nuove tecnologie La lavagna interattiva multimediale (LIM) di antonella bertoldo, docente IC Pezzani – Milano a. E. Nell'era dei nativi digitali, caratterizzata dall'immediatezza e dalla velocità, dalle icone e dai pixel, è ormai consuetudine vedere giovani e giovanissimi intenti a digitare su tastiere, messaggiare, chattare, twittare con i più disparati e sofisticati mezzi, dall'iPhone di ultima Particolare di un'illustrazione generazione ai tablet ormai diffusi in di Shigeru Komatsuzaki, modo massiccio. pubblicata da SHONEN SUNDAY La scuola ha dovuto pertanto tener Magazine, nel 1969, intitolata conto di questa evoluzione e mettersi “The Rise of the Computerized al passo con le nuove esigenze di una School” (L'ascesa della scuola società e di una generazione in conticomputerizzata). nuo cambiamento, sempre più rivoluzionate dall'introduzione di tecnologie avanzate. Ma qual è l'impatto vero di queste nuove tecnologie in ambito scolastico? A fronte di chi le ritiene semplici strumenti ausiliari di cui noi insegnanti possiamo servirci nella nostra didattica quotidiana, c'è anche chi le vede come un potente mezzo per sviluppare una nuova forma di pedagogia. Un ruolo chiave per l'innovazione della didattica scolastica in questo senso lo sta giocando la lavagna interattiva multimediale (LIM): entrata ormai da diversi anni nelle scuole italiane, consente di integrare le Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (TIC) nella didattica in classe, in modo trasversale alle diverse discipline. È davvero un'innovazione così significativa? Cosa porta veramente la lavagna interattiva nella didattica? In effetti la LIM, mezzo indubbia- mente più moderno e versatile, non si limita a supportare l'insegnante durante la spiegazione, ma può funzionare da vero e proprio catalizzatore per un cambiamento delle pratiche didattiche, indipendentemente dalla materia insegnata. Per gli studenti assume certamente una valenza sia didattica che simbolica, poiché è un segno concreto di una scuola che può rinnovarsi e adeguarsi ai loro bisogni, che si avvicina al loro mondo e non lo respinge. E noi insegnanti? O assistiamo diffidenti, indifferenti, a questa nuova forma di interazione, o scegliamo di partecipare anche noi in modo attivo e formativo a questo processo educativo che ci vede in prima linea. vantaggi e opportunità di un linguaggio più visivo e multimediale ↘↘La comodità di poter utilizzare contestualmente in classe linguaggi differenti (parole, testi, schemi, immagini, animazioni) fa della LIM uno strumento indubbiamente potente ed efficace, una “finestra” sul mondo, uno spazio nel quale aprire molteplici percorsi paralleli per spiegare, lavorare in gruppo, interrogare… Con la LIM è oggettivamente più semplice proporre approfondimenti e collegamenti tra le varie discipline e soprattutto con l'attualità. La geografia, per esem- Strumenticres n.61 – settembre 2013 pio, può diventare più “concreta” e accattivante navigando con Google Maps tra mari e città, non più così lontani e astratti, ma quasi tangibili. La vecchia cartina appesa al muro viene integrata con mappe interattive da creare, assemblare, scegliere e sfruttare collettivamente. Nel caso di materie come le scienze, costrette a fare i conti con strumenti e laboratori spesso inesistenti, la LIM rappresenta una rivincita: il microscopio, per esempio, può essere sostituito da filmati multimediali, animazioni, simulazioni, perdendo forse un po' di concretezza, ma con grande impatto e pertinenza didattica. E così per tutti gli ambiti disciplinari. ↘↘Il confronto con qualcosa di “vivo” e tecnologico, più vicino al loro mondo e alle loro modalità di fruizione di notizie, aumenta la partecipazione dei ragazzi, catturandone l'attenzione e spingendoli all'interazione, sia tra di loro che con noi insegnanti. Il docente si pone così sullo stesso piano dello studente, anzi, lo porta su un terreno a lui conosciuto che lo sprona e lo coinvolge maggiormente. ↘↘L'interattività dello strumento consente la compartecipazione all'attività didattica da parte degli studenti, non solo fruitori passivi di un servizio formativo, ma finalmente attori attivi, che apprendono facendo, secondo un metodo laboratoriale: i ragazzi sanno aggiornare i software, navigare nel web, organizzare e registrare lezioni, aiutano noi insegnanti dimostrando di essere in grado di utilizzare anche meglio di noi questi nuovi strumenti tecnologici. Sentono che possono “dare” e non solo “ricevere”, possono insegnarci qualcosa e dare suggerimenti, trovano soluzioni a quotidiani inconvenienti legati all'uso di LIM e computer, si divertono, ma sono anche più responsabilizzati. Il tutto diventa un'esperienza formativa, stimolante e affascinante e non più solo un'imposizione. ↘↘È in qualche modo la risposta alla sfida formativa che gli studenti oggi ci pongono: il flusso di informazioni non è più unidirezionale, dal docente al discente, ma è anche caratterizzato da “saperi” propri degli studenti dai quali noi adulti possiamo apprendere non solo nuovi linguaggi, ma anche l'uso di nuove tecnologie. ↘↘Per la peculiarità d'uso che la caratterizza, la LIM va incontro alle esigenze anche dei ragazzi con DSA (disturbi specifici dell'apprendimento –dislessia, disortografia, discalculìa–), facilitandone la concentrazione e l'apprendimento: l'uso in classe del libro digitale o della penna intelligente, piuttosto che di mappe concettuali o di presentazioni strutturate (preventivamente preparate) sono solo alcuni esempi di come la LIM può diventare un utile strumento compensativo. ↘↘Il terreno delle abilità digitali offre anche una grande opportunità di valorizzazione degli alunni “difficili” che spesso si dimostrano particolarmente a proprio agio nell'uso della LIM, dimostrandosi competenti, capaci di gestire lo strumento e quindi risorsa per tutti i compagni di classe. ↘↘La potenza degli aspetti ipertestuali, sonori, delle immagini e delle animazioni rende più efficace anche il coinvolgimento dei ragazzi stranieri facilitando l'apprendimento della lingua e la condivisione dei saperi trasversali. la lim e il lavoro dell'insegnante L'introduzione della LIM nelle scuole ha suscitato tra i docenti non pochi dibattiti e perplessità: ↘↘L'utilizzo della LIM richiede preparazione e competenza in ambito tecnologico: da qui il timore di molti di non essere ancora pronti, di essere spiazzati da allievi che appaiono più abili di noi insegnanti nell'uso di queste tecnologie e di essere quasi sottoposti a “giudizio”. E la paura appare più che legittima, gli alunni sono spesso davvero più bravi dei docenti, ma anche questo può rivelarsi un punto di forza della didattica con la lavagna interattiva: la necessità di imparare insieme un nuovo modo di lavorare in aula crea una sorta di complicità, funzionale alle dinamiche di classe e a una buona circolazione di conoscenze da condividere. ↘↘In una nuova metodologia didattica che apparentemente privilegia l'utilizzo di tecnologie informatiche rispetto alla classica lezione frontale, l'insegnante può sentire di perdere la centralità della funzione docente e diventare quindi figura marginale nella trasmissione di conoscenze e competenze. In realtà l'uso della LIM in qualche modo potenzia la centralità dell'insegnante, poiché l'efficacia dello strumento non è automatica, anzi è strettamente vincolata alla preparazione del docente che deve organizzarne l'utilizzo. Un buon insegnante non sarà mai sostituito da una LIM. Viceversa, se un insegnante non sa insegnare, non sarà usando la LIM che imparerà a farlo! ↘↘Con l'uso della LIM l'attività didattica passa da un approccio prettamente verbale a uno più visivo e multimediale. Ciò richiede a noi docenti un cambiamento non solo del metodo di lavoro, ma anche del modo di preparare le attività: è necessario, ovviamente, ricorrere maggiormente alla tecnologia informatica anche nella preparazione delle lezioni, il che prevede evidentemente un grande dispendio di tempo (extrascolastico, a casa) e di energie personali. Una lezione per la LIM veramente multimediale, in cui se ne sfruttino tutte le caratteristiche, richiede ore e ore di lavoro e progettazione, oltre che conoscenze approfondite del web, delle fonti in rete, dei programmi di videoscrittura o di creazione di mappe concettuali… ↘↘Senza questo considerevole impegno di tempo e senza una formazione appropriata, c'è il rischio che uno strumento così ricco non venga utilizzato al massimo delle sue potenzialità, riducendosi a sostituire la vecchia lavagna di ardesia o ad essere semplicemente utilizzato come un comodo proiettore di classe. È evidente perciò che la LIM da sola non può rinnovare la didattica e anche quando noi docenti impariamo ad usarla tecnicamente, non significa che ciò si traduca automaticamente in qualcosa di nuovo in ambito didattico educativo. L'obiettivo finale della scuola, anche utilizzando strumenti innovativi, deve continuare ad essere quello di aiutare i ragazzi a sviluppare uno spirito critico, suscitando la loro curiosità affinché si rendano conto della ricchezza e della complessità del mondo e diventino veramente futuri cittadini consapevoli. 29 30 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier Open data, democrazia e formazione alla criticità nella scuola di fulvio benussi, docente Sulla base del rapporto ISTAT1 il 8 gennaio 2013 molti giornali on-line, e il giorno successivo varie testate cartacee, riportavano la notizia: Fra i ragazzi che hanno tra i 15 e i 24 anni (e che rientrano tra le forze attive, in grado quindi di lavorare) più di uno su tre sono in cerca di un impiego: mai erano stati così tanti dal 1992, anno in cui l'ISTAT ha iniziato a raccogliere i dati sul settore. perché questa notizia interessa la scuola? Inizierò questo intervento, che proporrà alcune buone pratiche sperimentate nel Liceo delle scienze sociali ad orientamento economico Carlo Tenca di Milano, indicando alcuni perché in risposta a questa domanda. 1. Istat è Istituto nazionale di statistica e Ente pubblico di ricerca. BIG DATA Accorpate, lette e interpretate, le informazioni digitali che si producono ogni giorno diventano informazioni che, se contestualizzate, diventano conoscenza. Che significa? Le grandi aziende, incrociando le strisciate dei bancomat, le carte di credito, la lista degli acquisti dei clienti e i commenti sui social network, capiscono come migliorare i propri prodotti, offrire sconti e perfezionare gestione e distribuzione dei prodotti. La diga della privacy fa acqua da tutte le parti E. A. Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d'adesso, risurta che te tocca un pollo all'anno: e se nun entra nelle spese tue, t'entra ne la statistica lo stesso, perché c'è un antro che ne magna due trilussa prima risposta La notizia diffusa interessa la Scuola non solo e non tanto per l'allarme occupazione che diffonde, ma soprattutto perché l'evidenza statistica propagandata non era corretta.2 Infatti nel comunicato stampa pubblicato sul sito Open data dell'Istat col titolo: Precisazioni sui dati della disoccupazione giovanile (www.istat.it) l'Istituto scrive: A seguito di quanto pubblicato da alcune testate online in merito ai dati mensili su occupati e disoccupati diffusi questa mattina, l'Istat torna a precisare che non è corretto affermare “più di un giovane su tre è disoccupato”. Infatti, in base agli standard internazionali, il tasso di disoccupazione è definito come il rapporto tra i disoccupati e le forze di lavoro (ovvero gli “attivi”, i quali comprendono gli occupati e i disoccupati). Se, dunque, un giovane è studente e non cerca 2. In un mondo ideale, e democratico, due sono i compiti fondamentali assegnati ai mass media: primo, informare i cittadini dei fatti e dei principali temi della politica, secondo, controllare l'operato del governo e degli eletti alle cariche pubbliche. Questi due compiti costituiscono una vera e propria responsabilità civica. In un contesto dove i mass media sono divenuti la principale fonte di informazione politica, i cittadini sarebbero privati di ogni possibilità di esercitare un pur minimo controllo sui propri governanti con grave danno per il processo democratico. P. C. Jr. Goldmark, Old Values, New World Harnessing the Legacy of Indipendent Journalism for the Future, Washington (DC) Aspen Institute, 2001. attivamente un lavoro non è considerato tra le forze di lavoro, ma tra gli “inattivi”. Per quanto riguarda il dato sulla disoccupazione giovanile diffuso oggi e relativo al mese di novembre 2012, va ricordato che i “disoccupati” di età compresa tra i 15 e i 24 anni sono 641 mila, cioè il 37,1% delle forze di lavoro di quell'età e il 10,6% della popolazione complessiva della stessa età, nella quale rientrano studenti e altre persone considerate inattive secondo gli standard internazionali. Quindi sarebbe corretto riportare che “più di 1 giovane su 10 è disoccupato” oppure che “più di uno su tre dei giovani attivi è disoccupato”. Tenere memoria di quanto accaduto, o di episodi analoghi che dovessero verificarsi, per proporre ai ragazzi un approfondimento e una riflessione fondata sui documenti originali può sicuramente aiutarli nella loro formazione alla criticità. Dice un antico proverbio spagnolo “quando c'è un'inondazione la prima cosa che scompare è l'acqua potabile”. La stessa cosa accade nel diluvio informativo cui siamo quotidianamente sottoposti: solo chi ha acquisito le competenze critiche necessarie a discernere riesce a smascherare le “bufale” e a individuare informazioni attendibili e di qualità. Strumenticres n.61 – settembre 2013 seconda risposta L'amara considerazione del presidente dell'Istat Enrico Giovannini che: “Le statistiche non sono più un ‘prodotto di nicchia’, ma sono divenute una commodity, cioè un prodotto di largo consumo. In questa situazione, dove finisce il legittimo desiderio di comunicare informazioni statistiche elaborate o semplicemente analizzate, e dove inizia la statistica spettacolo?”3 E, aggiungiamo noi, come può il cittadino o il cittadino-piccolo (=lo studente) imparare a difendersi da notizie non corrette che i media veicolano? L'importanza di offrire a Scuola risposte a questa domanda è fortemente legata alla seguente riflessione sulla connessione tra accesso a un'informazione di qualità e diritti di cittadinanza. Proponiamo in tal senso il seguente brano tratto da Donatella Campus, Comunicazione politica, Editori Laterza, Bari, 2008, p. IX: Si è infine considerata la connessione tra democrazia e comunicazione politica: “il modello della teoria democratica classica presuppone che i cittadini si interessino alla politica e sviluppino nel tempo un bagaglio di conoscenze che consenta loro non solo di decidere per chi votare, ma anche di esercitare un certo grado di controllo sull'operato dei propri rappresentanti e governanti. Purtroppo la realtà dei fatti, così come è registrata dalla ricerca empirica, ci racconta una storia diversa: i cittadini sono mediamente poco informati e prendono decisioni di voto basate su ragionamenti approssimativi e scorciatoie cognitive”. Quanto qui proposto viene ulteriormente confermato, anche relativamente alle considerazioni economiche, nella successiva terza risposta. 3. Fonte: Internazionale 4/10 maggio 2012, Numero 947 p. 3 terza risposta Un tempo gli economisti erano convinti che gli esseri umani fossero intrinsecamente razionali, ma Kahneman e il suo collega Amos Tversky hanno scoperto che non è così. Per elaborare le informazioni, dicono, il nostro cervello può accedere a due sistemi diversi. I test di intelligenza ne misurano solo uno, il processo cosciente, che svolge un ruolo fondamentale nel risolvere i problemi. Ma nella vita quotidiana, quello che usiamo di più è il nostro intuito. Tanto per cominciare, sono stati questi meccanismi intuitivi a garantirci un vantaggio evolutivo, offrendoci le scorciatoie cognitive che ci aiutano ad affrontare il sovraccarico di informazioni. Di queste scorciatoie fanno parte pregiudizi cognitivi come la tendenza a usare stereotipi, a cercare conferma delle proprie convinzioni,4 a opporre resistenza all'ambiguità, cedendo quindi alla tentazione di accettare la prima soluzione a un problema che ci viene in mente anche se palesemente non è la migliore. Anche se questi pregiudizi, cosiddetti “euristici”, in certe situazioni possono aiutarci, se li accettiamo in modo acritico possono anche indebolire il nostro giudizio. Sally Adee, Il senso della stupidità, New Scientist, Regno Unito, Traduzione: Internazionale 997 - 25 aprile 2013 PP. 56-58 tornando all'attività didattica a scuola… Tralasciamo ora i perché e torniamo a Martina, Matteo, Brenda, Luca, Camilla e a tutti gli altri studenti e studentesse che ritroviamo ogni mattina a scuola… La disponibilità di siti Open data attivati da varie Amministrazioni pubbliche italiane consente di approfondire, da fonte certa, quei fenomeni economici o giuridici che se malintesi impoverirebbero le possibilità di giudizio dei nostri cittadini-piccoli.5 Quest'anno scolastico 4. Lo scrivente ha sentito più e più volte riproporre dai relatori l'evidenza statistica (errata) citata all'inizio dell'articolo in vari convegni di natura politica e sindacale 5. È importante ricordare costantemente che lo studente oltre che ragazzo o bambino è innanzitutto un piccolo-cittadino che si sta formando per diventare cittadino in senso pieno a Scuola abbiamo svolto varie esercitazioni fondate sui dataset presenti negli Open data. Ad esempio inseriamo una doppia proposta di lavoro che è stata svolta con buoni feed-back in alcune classi prime ( nella pagina seguente proposta di lavoro 1 e proposta di lavoro 2). La seguente esercitazione invece considerava, incrociava, più media (Televisione e sito Open data dell'Istat): Proposta di lavoro 3: censimento istat Premessa Scarica sul tuo computer il video Censimento Istat 2012 –il video.mov– e le tabelle Excel: 1.xls, 2.xls, 3.xls e 4.xls. Proposta di lavoro Guarda il video e rispondi alle due seguenti richieste: ̚̚Posizione dopo il primo spezzone Per illustrare quanto appena detto nel servizio giornalistico quale tra le tabelle fornite andrebbe inserita a questo punto del video? ̚̚Posizione dopo il secondo spezzone Per illustrare quanto appena detto nel servizio giornalistico quale tra le tabelle fornite andrebbe inserita a questo punto del video? Facendo riferimento sia al video che alle 4 tabelle Excel prodotte dall'Istat rispondi alle seguenti domande: ̚̚Domanda 1 I dati emersi dal censimento dimostrano che sono in aumento le nascite di cittadini italiani? ̚̚Domanda 2 Dai dati emersi dal censimento risulta che gli stranieri presenti nel nostro Paese stanno aumentando? ̚̚Domanda 3 Cosa emerge dal censimento relativamente alla salute della popolazione italiana? In chiusura di questo articolo segnaliamo infine il seguente Progetto di ricercAzione sulla cittadinanza digitale1 che punta alla costruzione di percorsi didattici “a ponte” tra ordini di scuola dove classi di scuole diverse collabo1. it.wikipedia.org/wiki/Ricerca_-_azione 31 32 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier Proposta di lavoro 1: Consumi e risparmi delle famiglie italiane Proposta di lavoro 2: Consumi e risparmi delle famiglie italiane dal sito Open data dell'ISTAT (Istituto nazionale di statistica) dal sito Open data dell'ISTAT (Istituto nazionale di statistica) Premessa Dal sito Open data dell'Istat www.istat.it/it/archivio/66276 è stata estratta la tabella: Tavola 1_3 di 1QSA tavole Famiglie Totali - 2012Q1 con le serie storiche trimestrali del reddito disponibile, del risparmio e degli investimenti delle famiglie consumatrici italiane. I valori percentuali presenti nelle colonne H e I vengono proposti come valori dal sito Istat mentre sono evidentemente ottenibili effettuando gli opportuni calcoli sui dati persenti nelle altre colonne della tabella Premessa Dal sito Open data dell'Istat www.istat.it/it/archivio/66276 è stata estratta la tabella: Tavola 1_3 di 1QSA tavole Famiglie Totali - 2012Q1 e il grafico riportato qui sotto: 4% 16% Propensione al risparmio delle famiglie consumatrici e tassi di crescita congiunturali delle sue componenti (I trimestre 2007-I trimestre 2012, dati destagionalizzati) 14% 2% 12% 0% 10% Proposta di lavoro ̚̚Attività 1: individui la formula da applicare nelle celle della colonna I (Tasso di investimento) affinché il valore calcolato coincida col valore indicato nella tabella Tavola 1_3 di 1QSA tavole Famiglie Totali - 2012Q1. ̚̚Attività 2: individui le formule da applicare per poter poi inserire nelle celle della colonna H (Propensione al risparmio) dei risultati il cui valore così calcolato coincida col valore indicato nella tabella Tavola 1_3 di 1QSA tavole Famiglie Totali - 2012Q1. reranno per lo sviluppo di un obiettivo comune: lo sviluppo di competenze di cittadinanza digitale. Il fine è complesso: sono molte le sfaccettature da considerare nella costruzione di tali competenze che devono diversamente caratterizzarsi a seconda dell'età degli alunni/studenti cui vengono proposte. La ricercAzione si svilupperà nel presente e nel prossimo anno scolastico e si muoverà lungo due possibili filoni di sviluppo delle competenze di cittadinanza dei ragazzi. Il primo filone prevede la collaborazione di classi del Liceo delle scienze sociali a orientamento economico Carlo Tenca e della Scuola primaria Ferrante Aporti con l'obiettivo di predisporre coi ragazzi possibili contenuti informativi per la costruzione dello smart district della zona circostante la scuola con dati storici, sociali, economici, ecc. reperiti anche dai dataset presenti nel sito open data del Comune di Milano dati.comune.milano.it. Con questa proposta si vuole far comprendere ai ragazzi il collegamento tra la Demo- -2% 8% -4% 6% I II III IV 2007 I II III IV 2008 I II III IV 2009 I II III IV 2010 I II III IV I 2011 ̒1 2 Proposta di lavoro Il grafico analizza il fenomeno economico considerando l'andamento nel tempo di: ̚̚Reddito disponibile: ▪ scala di sinistra) ̚̚Spesa per consumi finali: ▪ scala di sinistra (consumo) ̚̚Propensione al risparmio: − scala di destra (risparmio) Commenti il grafico specificando in particolare: ̚̚che collegamenti ci sono tra gli andamenti delle tre variabili considerate (reddito, consumo, risparmio) ̚̚le cause che, a suo avviso, possono essere collegate all'andamento del risparmio negli anni considerati nell'analisi dell'Istat. crazia deliberativa e il FOIA Freedom of Information Act, “atto per la libertà di informazione” che è una legge che impone alle amministrazioni pubbliche di consentire ai cittadini l'accesso ai documenti in loro possesso che viene realizzato pubblicando i dataset, contenenti i dati da rendere pubblici, negli appositi siti Open data delle pubbliche amministrazioni coinvolte. Il secondo filone, di cui nel presente articolo abbiamo ampiamente illustrato la necessità, si occuperà dello sviluppo di percorsi didattici di Educazione alla criticità pensati per classi di diversi ordini di scuola con l'obiettivo di migliorare le competenze critiche e di discernimento dei ragazzi per renderli capaci di estrarre dai diversi media le sole informazioni attendibili e di qualità. enti e istituzioni coinvolte Il progetto di ricercAzione è fondato sulla collaborazione tra insegnanti della scuola primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado mentre la qualità del percorso verrà monitorata e sostenuta col contributo di Docenti dell'Università degli studi di Milano Bicocca Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, dell'Università degli studi di Torino Dipartimento Filosofia e Scienza dell'Educazione, dall'Istituto Pedagogico della Resistenza www.resistenza.org e dall'Associazione MED www.mediaeducationmed.it. un'ultima riflessione su open data e scuola Per valutare il grado di apertura dei file pubblicati nei siti open data si può utilizzare il modello di Tim Berners-Lee che prevede una graduatoria correlata al numero di stelle attribuito (da 1 a 5 stelle). Il livello più basso è quello a una stella. Ogni livello successivo (con una stella in più) possiede le caratteristiche del livello precedente cui si aggiungono nuove possibilità operative. Una sola stella indica la semplice disponibilità delle informazioni in dati on line, in un formato qualsiasi, purché distribuito con licenza aperta. I dati di- Strumenticres n.61 – settembre 2013 stribuiti in questo formato sono leggibili e stampabili dagli utenti, ma non sono strutturati: ad esempio immagini (con formati come .gif, .jpg, .png), documenti in formato Microsoft Word, Adobe Pdf e non è possibile effettuare su di essi alcuna elaborazione. Due stelle segnalano la possibilità di effettuare elaborazioni sui dati, a patto di disporre del software necessario a gestire i file che vengono distribuiti codificati con un formato proprietario, es. Microsoft Excel. Tre stelle. Con questo livello si ha la possibilità di effettuare elaborazioni sui dati senza essere costretti ad utilizzare software proprietario infatti i dati sono strutturati e codificati in un formato non proprietario. Ad esempio il formato .csv (Comma Separated Values). Quattro stelle: il singolo dato di un dataset è disponibile on line in un formato aperto (tipicamente XML/RDF) e può essere richiamato attraverso il suo specifico indirizzo Internet (URL, Uniform Resource Locator). Si può così puntare al dato o insieme di dati da una applicazione o da un programma che poi potrà effettuare le elaborazioni desiderate Cinque stelle indica quelli che sono definiti Linked Open Data che –dal punto di vista del formato presentano nella struttura stessa del dataset, collegamenti ad altri dataset. È possibile così collegare dinamicamente tra loro più dataset, incrociare informazioni provenienti da fonti differenti ed eventualmente distribuite da Pubbliche Amministrazioni diverse. (www.dati.gov.it/content/ conferenza-opengeodata) Nello sviluppo del primo filone della ricerca-azione sulla cittadinanza digitale verranno utilizzati i dati sul quartiere forniti dal Comune di Milano. Si utilizzeranno quindi file codificati in formato .csv. Ciò ha una valenza positiva e una negativa. La positività è legata al fatto che le competenze informatiche diffuse tra il personale della scuola sono generalmente sufficienti a consentire un'utilizzazione didattica di dataset così codificati. La negatività è legata al fatto che non è possibile alcun collegamento dinamico tra dataset, né un costante aggiornamento real time delle elaborazioni. Internet ci rende stupidi? di piera hermann Guardo Vittorio, 5 anni. Gioca una partita a scacchi con un amichetto. Non sulla scacchiera reale, ma sull'I Pad. Gioca molto velocemente e seriamente. Lo schermo, infatti, quando lui poggia il dito su una pedina, gli indica subito quali sono le mosse possibili. Lui decide e avanti così. Per seguire un po' il gioco chiedo di rallentare, ma inutilmente. Le partite si susseguono velocemente con vittorie tanto gradite e sconfitte tanto rabbiose, come è proprio dell'età. Che bello! penso. Cominciando così questi bambini saranno molto più avvantaggiati di noi se vorranno diventare veramente bravi! Errore! Forse le cose non stanno affatto così. Nicholas Carr Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello Raffaello Cortina Editore –Scienze e idee–, 2011 pp. 318. Per una storia della tecnologia (da “La fine dell'educazione” di Neil Postman, Armando, 1997, p. 167). Ogni cambiamento tecnologico è un patto faustiano. Ad ogni vantaggio offerto da una nuova tecnologia corrisponde sempre uno svantaggio. Internet. Fra entusiasmi e scetticismi o addirittura paure. Prossima democrazia globale o caos e superficialità. Un dibattito quanto mai attuale e senza alcuna certezza. Ma una certezza vuole darcela il libro di Nicholas Carr “Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervello”. La certezza è appunto quella anticipata dal sottotitolo: al di là del discorso sui contenuti, è l'uso stesso del mezzo, la nuova tecnologia intellettuale, che, sia pure lentamente, ci cambierà. Non è un concetto nuovo. Lo aveva formulato McLuhan con la famosa (e spesso poco capita) frase: il mezzo è il messaggio. Ma la novità c'è: negli anni più recenti le nuove, straordinarie possibilità di ricerca della neurofisiologia del cervello permettono di dimostrare questo assunto con prove sperimentali. Ci siamo abituati, dice Carr, ad accettare piano piano il web come metafora del cervello, le sinapsi come le connessioni, Web (o Internet?) come la memoria. Ma così non è! Il primo è solo quantità pressoché infinita, sottile e omogenea (SI/NO). La seconda è una struttura immensamente complessa, qualitativamen- 33 34 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier Vantaggi e svantaggi determinati dalle nuove tecnologie non sono mai distribuiti equamente nella popolazione. Ciò significa che ogni nuova tecnologia beneficia alcuni e danneggia altri. All'interno di ogni tecnologia c'è un'idea molto influente, a volte due o tre idee molto influenti. Come la stessa lingua, una tecnologia ci predispone a favorire e a valutare determinate prospettive e risultati e a subordinarne altri. Ogni tecnologia ha una sua filosofia, che viene espressa attraverso il modo in cui essa fa utilizzare alle persone la loro mente, attraverso ciò che ci fa fare con i nostri corpi, attraverso il modo in cui codifica il mondo, attraverso l'amplificazione di una parte dei nostri sensi, attraverso il disinteresse verso alcune delle nostre tendenze emotive ed intellettuali. Una nuova tecnologia generalmente combatte contro una vecchia. Compete con essa per acquisire tempo. attenzione, denaro, prestigio e una ‘visione del mondo’. Il cambiamento tecnologico non è additivo: è ecologico. Una nuova tecnologia non solo aggiunge qualcosa: cambia ogni cosa. A causa delle forme simboliche in cui le informazioni sono codificate, le differenti tecnologie hanno differenti tendenze intellettuali ed emotive. A causa dell'accessibilità e della velocità delle loro informazioni, le diverse tecnologie hanno differenti tendenze politiche. A causa della loro forma fisica, le diverse tecnologie hanno differenti tendenze sensoriali. A causa delle condizioni nelle quali le frequentiamo le diverse tecnologie hanno differenti tendenze sociali. A causa della loro struttura tecnica ed economica, le diverse tecnologie hanno differenti tendenze nei contenuti. te varia e costantemente variante. Si perché il cervello è plastico. Si struttura e ristruttura costantemente e diversamente nelle sue parti a seconda del vissuto, dell'esperienza e delle emozioni e dell'uso. I software hanno come loro compito proprio quello di essere il più possibile amichevoli, cioè di facilitare e velocizzare l'attività che vogliamo svolgere. Ma, dice Carr con una provocatoria sintesi, “più brillante è il software, più imbranato è l'utente”. “Tanto più le persone dipendono dalle indicazioni esplicite dei software, tanto meno si sentono coinvolte nel compito da svolgere e tanto meno imparano”. Detto in altro modo: “quanto più esternalizziamo la soluzione dei compiti cognitivi ai nostri computer, tanto più riduciamo le capacità del nostro cervello di costruire strutture stabili di conoscenza”. E ancora: “mentre la nostra mente lavora con le tecnologie intellettuali esse lavorano sulla nostra mente”. Come? Le capacità che trascuriamo o eliminiamo si atrofizzano a tutto vantaggio di quelle che usiamo. E questo non solo durante la crescita, ma per tutta la nostra vita. Sia come individui che come specie. Se la risultante di questi processi sarà migliore o peggiore è un altro discorso. Molte voci autorevoli si schierano su visioni opposte. Secondo Francesco Antinucci “ci sono due modi di apprendere. Uno è per esperienza e con esso la conoscenza si costruisce cercando, sperimentando, tentando. È il modo che preferiamo, quello che si è evoluto con noi più lungamente. Poi c'è quello scolastico: consiste non nel costruire la nostra conoscenza ma nell'assorbire la conoscenza già preparata da altri con un lungo e faticoso processo di assimilazione […] richiede attenzione, sforzo e non ci piace affatto. Il primo è quello che avviene naturalmente favorito dalle nuove tecnologie, mentre il secondo domina nella scuola […]. O la scuola se ne rende conto o diventerà inutile oltre che sorpassata. […]” Secondo il filosofo Giovanni Reale invece, “la scuola dovrà aiutare il giovane a non diventare vittima dell'informatica come già sta accadendo […] Molti sacerdoti dei nuovi mezzi di lettura confessano che non saprebbero più leggere un romanzo di Dostoevskij o un'opera come Guerra e pace di Tolstoj. La lettura informatica mi sembra che limita la capacità di concentrazione e di astrazione[…] (e se ha ampliato le possibilità di ricerca) ha tolto le capacità di assimilare l'oggetto della ricerca e di capirlo a fondo […] si confonde l'abilità della ricerca con l'abilità del taglia e incolla. Non possiamo certo dire qui chi ha ragione e chi torto. Sicuramente c'è del vero nelle due posizioni. Carr è ben consapevole non solo che indietro non si torna, ma anche che i vantaggi e le possibilità di Internet sono incredibili e irrinunciabili, ma smentisce anche con chiarezza l'idea così spesso ripetuta, che si tratta solo di uno strumento e che gli strumenti in quanto tali non sono né buoni né cattivi, dipende tutto da come vengono usati. Già McLuhan, che pure non aveva le prove sperimentali che il Nostro racconta nel suo libro, diceva che questa è “l'opaca posizione dell'idiota tecnologico”. Il suo pensiero implicito però percorre la sua limpida esposizione e nell'Epilogo del suo libro significativamente dice: “Sarebbe molto triste se dovessimo accettare senza discussioni l'idea che gli ‘elementi umani’ sono fuori moda e superflui, specialmente se si tratta di alimentare le menti dei nostri figli”. e la scuola? Il problema non è se aprire fino in fondo la scuola a queste tecnologie o fare una magari nobile ma inutile opposizione perdente. Carr non parla di scuola, ma dalla lettura si possono facilmente dedurre quali sono quegli ‘elementi umani’ che, secondo lui come molto altri, rischieremmo di perdere: la capacità di applicarsi ad una fatica intellettuale e quella di fare inferenze personali e complesse, l'esercizio della memoria e dell'attenzione, lo spazio e gli stimoli per la creatività, per il non prevedibile e non convenzionale; e poi le abilità manuali, i sensi, la comprensione del paesaggio e la capacità e la responsabilità del giudizio (“i computer seguono regole, non danno giudizi”)…E un altro risultato sperimentale che ci viene raccontato ci sembra di fondamentale importanza come elemento di riflessione: “una situazione di pura contemplazione rafforza la nostra capacità di controllo sulla mente”. Questo significa spazi di silenzio, di calma, di quiete!!! Non illudiamoci: Internet farà tutto meno che togliere oneri a noi insegnanti e genitori di buona volontà! Strumenticres n.61 – settembre 2013 BIBLIOGRAFIA RAGIONATA 2013 Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere Roberto Casati Laterza, Roma-Bari Il libro di carta sarà pure a rischio commerciale a causa del suo cugino elettronico, ma è assolutamente insostituibile dal punto di vista cognitivo, perché protegge e non aggredisce la nostra risorsa mentale più preziosa: l'attenzione. Non abbiamo nessuna ragione – sostiene l'A. - di subire la novità tecnologica, e non abbiamo nessuna ragione di rifiutarla a priori; possiamo sempre negoziare. La tecnologia va studiata e affrontata con pragmatismo e creatività, mantenendo un atteggiamento aperto. L'A. mostra anche gli intrecci, mai sufficientemente spiegati, tra l'uso della tecnologia e le logiche di potere grandi e piccole che stanno dietro anche agli usi più semplici, come una richiesta inviata a Google, e indica alcune strategie di autodifesa. Spiegare questo intreccio dovrebbe essere uno dei compiti della scuola se deve formare dei cittadini tecnologicamente consapevoli. 2012 Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende Pier Cesare Rivoltella - Raffaello Cortina, Milano Che cosa hanno da suggerire le neuroscienze cognitive a chi si occupa di didattica? Quali indicazioni forniscono per la comprensione dell'apprendimento e per renderlo più efficace? Il volume risponde a queste domande attraverso un percorso che, muovendo dalla discussione critica di alcune “neuromitologie” (nativi digitali, cervello destro e cervello sinistro), delinea lo statuto epistemologico della neurodidattica e ne individua i principali ambiti di indagine: i processi attraverso cui conosciamo (memoria, emozioni, attenzione, motivazione), il cervello visivo (la funzione dell'immagine per l'apprendimento), i neuroni specchio e le dinamiche dell'azione (modellamento, esperienza), il rapporto tra tecnologie della conoscenza e plasticità cerebrale. In ogni capitolo, i risultati della ricerca neuroscientifica vengono messi in relazione con temi e motivi della ricerca e dell'agire didattico, con l'obiettivo di delineare un quadro operativo in grado di suggerire linee di lavoro e ipotesi di intervento. Enciclopedia digitale per insegnanti. 1: Le tecnologie per la didattica Paolo Ferri, Davide Diamantini, Nicola Cavalli - Guerini e Associati, Milano Agili manualetti cartacei che fanno parte della collana l'Enciclopedia Digitale per Insegnanti, che si propone di fornire gli strumenti di base per conoscere e per far utilizzare gli “attrezzi” informatici nella pratica didattica quotidiana. L'obiettivo è facilitare il compito degli insegnanti nel rapporto con gli studenti, con i genitori, con il consiglio di classe, con i colleghi e anche con le strutture organizzative. È prevista la possibilità di collegarsi alla piattaforma online, sul sito guerinionline.com, per approfondire i contenuti presentati nel manuale cartaceo, misurarsi con esercizi interattivi per autovalutare il proprio grado di apprendimento. Il secondo volume ha per titolo Il computer, il terzo Il blog e l'ebook L'agire didattico: manuale per l'insegnante Pier Cesare Rivoltella, Pier Giuseppe Rossi (a cura di) - La Scuola, Brescia La didattica sta vivendo una nuova centralità: le trasformazioni del contesto socio-culturale, il protagonismo dei media digitali, i nuovi stili e ritmi di apprendimento dei più giovani, le esigenze di aggiornamento nelle professioni ne spiegano le ragioni. Questa centralità trova conferma nei nuovi paradigmi e linee di ricerca (neurodidattica, enattivismo, semplessità), tutti accomunati dall'importanza dell'insegnante nel contesto della classe. Una ricca selezione di contenuti digitali disponiblii online ne costituisce la funzionale estensione. 2011 Dal banco al satellite: fare geografia con le nuove tecnologie Gino De Vecchis, Cristiano Pesaresi Carocci, Roma Pensato come guida di riferimento soprattutto per docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado, il volume indica le potenzialità didattiche delle nuove tecnologie e dei visualizzatori di immagini dall'alto che offrono importanti risvolti in chiave geografica. Utile sia per la linearità con cui vengono illustrati gli aspetti teorici e tecnici sia per le particolareggiate esemplificazioni, supportate da numerose immagini, il volume accompagna gli insegnanti in un viaggio virtuale con i propri allievi. Nativi digitali Paolo ferri Bruno Mondadori, Milano La nuova cultura digitale è stata accompagnata, durante gli ultimi vent'anni, dall'affacciarsi sulla scena di una nuova forma evolutiva dell'Homo sapiens: il “nativo digitale”. Chi sono i nativi digitali? Come comunicano? Come si relazionano al sapere? Nati e cresciuti all'ombra degli schermi interattivi, i Nativi fin da piccoli videogiocano, hanno un blog, e comunicano sui social network come Facebook o My Space. E con questa specie in via di apparizione che dovremo confrontarci noi immigranti digitali. Non sono nuovi barbari… Sono i nostri figli e sono, semplicemente, diversi. La democrazia nell'era di Internet. Per una politica dell'intelligenza collettiva (Con un saggio inedito di Pierre Lévy) Luca Corchia - Editore Le Lettere, Firenze Le discussioni sulle tecnologie digitali e Internet e sulle loro applicazioni nel campo della politica sono l'inevitabile portato di un mutamento di più ampia rilevanza che coinvolge ogni aspetto economico, sociale e culturale della contemporaneità. Alle ICT (Information and Communication Technologies) si guarda con la speranza di sincronizzare finalmente l'operato del sistema politicoamministrativo alla rapidità dei nuovi tempi. Un sano scetticismo verso la capacità dell'apparato istituzionale di rigenerarsi spinge a credere che sarà un'occasione sprecata se lasciata alla sola iniziativa dei politici: è necessario che la società civile si faccia carico del suo futuro. La proposta non è così irrealistica; le comunità del XXI secolo potranno sfidare un divenire sempre più incerto 35 36 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – dossier solamente promuovendo la responsabilità dei loro membri e creando le condizioni per sprigionare un'”intelligenza collettiva” attualmente disconosciuta. 2010 La quarta rivoluzione: sei lezioni sul futuro del libro Gino roncaglia Laterza, Roma-Bari Se la scrittura si avvale già da tempo degli strumenti offerti dal mondo digitale, la lettura - e in particolare la lettura di libri - è rimasta finora legata prevalentemente ai supporti cartacei. Ma l'introduzione di libri elettronici e biblioteche digitali, la diffusione di tecnologie come la carta e l'inchiostro elettronici, o di dispositivi di lettura come il Kindle di Amazon, il Nook di Barnes & Noble e l'iPad, sembrano destinati a cambiare le nostre abitudini e il mercato librario. Il mondo della lettura si avvia a conoscere una rivoluzione che molti ritengono per ampiezza e importanza paragonabile all'invenzione della stampa. Una rivoluzione al cui interno non è affatto facile orientarsi. A scuola con i media digitali. Problemi, didattiche, strumenti. (Con DVD-ROM) Pier Cesare Rivoltella, Simona Ferrari - Vita e Pensiero, Milano I media digitali stanno trasformando le pratiche di consumo dei giovani. Più che come strumenti, essi si pongono come veri e propri ambienti nei quali si comunica, si scambiano informazioni, si svolgono infinite funzioni che riguardano il lavoro, l'apprendimento, il tempo libero. Questo scenario rilancia la necessità per la scuola di raccogliere la sfida. Con l'introduzione delle lavagne interattive multimediali (LIM) nelle classi e i progetti volti all'innovazione della didattica (come Cl@ssi 2.0), il Ministero pare essersi sintonizzato sulla giusta lunghezza d'onda. Ma la dotazione tecnologica è solo il primo passo nella direzione del cambiamento. È necessaria anche la capacità degli insegnanti di mettersi in gioco e di sviluppare nuove competenze. La competenza digitale nella scuola Antonio Calvani Centro Studi Erickson, Trento Il tema della competenza digitale è destinato a rimanere a lungo presente nella discussione educativa, nel quadro della riflessione sulle competenze che dovranno caratterizzare i cittadini del XXI secolo, in quanto chiama in causa la stessa scuola e la sua identità per le scelte significative che questa deve compiere riguardo a problemi fondamentali come quello della natura della/e alfabetizzazione/i su cui deve fondarsi. Il problema non è quello di fornire semplici conoscenze o abilità tecniche (ECDL, Patente Europea), in linea con gli orientamenti internazionali recenti (OECD-PISA),ma di pro- porre un modello di competenza digitale fondato su basi educative, per valutare (e anche favorire) la competenza digitale ai vari livelli scolastici, in un'ottica che integra la dimensione tecnologica con quella cognitiva ed etica. L'obiettivo è fornire a insegnanti e educatori lo spunto per poter realizzare autonomamente iniziative mirate a migliorare la competenza digitale dei loro studenti, e per avviare efficaci comunità di pratiche in questo settore. 2009-2006 Guinzaglio elettronico: il telefono cellulare tra genitori e figli Daniela Brancati, Anna Maria Ajello, Pier Cesare Rivoltella - Donzelli, Roma, 2009 All'estero lo chiamano telemothering o teleparantage: è il ruolo assunto dal telefono cellulare nel rapporto fra genitori e figli. Per gli adulti è uno strumento di controllo a distanza, un mezzo per tenere a bada le ansie per i pericoli che insidiano i figli, una sorta di cordone ombelicale, un guinzaglio elettronico che crea negli adulti l'illusione di seguire e proteggere i ragazzi, anche se non consente di sapere dove essi realmente siano o cosa stiano davvero facendo. Ma un cordone ombelicale oltre la nascita è innaturale, e non solo non favorisce l'autonomia e la sicurezza, ma ostacola un armonioso sviluppo psicologico. Nato da due innovative ricerche complementari condotte su un campione di ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori, questo libro ha i pregi dell'indagine sul campo accanto a quelli dell'analisi rigorosa e aggiornata di un fenomeno che tocca la gran parte delle famiglie italiane. Sarà pure perennemente scarico, più usato per giocare che per comunicare, costoso da acquistare e da mantenere, ma qual è quel genitore davvero disposto a privare il proprio figlio del cellulare? Sempre in contatto. Relazioni virtuali in adolescenza Matteo Lancini, Laura Turuani - F. Angeli, Milano, 2009 Quali sono le ragioni evolutive, affettive e profonde che spingono un adolescente ad utilizzare la tastiera per dialogare con la migliore amica o con i compagni di scuola? Cosa possiamo suggerire ai genitori sbigottiti dal figlio che chiamato per cena risponde dicendo “Aspetta! Non vedi che sono con un amico” oppure “Un attimo… sono di là con Francesca” descrivendo una presenza reale, fisica, praticamente corporea del proprio interlocutore, in realtà seduto in un'abitazione situata dall'altra parte della città? Quali comunicazioni, significati e contenuti transitano in internet e nella rete telefonica, attraverso l'utilizzo di programmi come Messenger, nella scrittura degli sms e nell'invio degli “squilli”? Questo volume intende fornire una chiave di lettura per la comprensione di quella particolare forma di relazione che si stabilisce attraverso la comunicazione mediata tecnologicamente. In modo crescente ragazzi e ragazze si avvalgono di strumenti tecnologici che rappresentano un'estensione personale delle moderne forme di prolungamento del sé. Strumenticres n.61 – settembre 2013 Screen Generation: gli adolescenti e le prospettive dell'educazione nell'età dei media digitali Pier Cesare Rivoltella - Vita e Pensiero Milano, 2006 Naufraghi nella rete: adolescenti e abusi mediatici Luca Vallario Psicoterapie, F. Angeli, Milano, 2008 Assistiamo ad una sommersa ma perentoria mutazione antropologica, che tocca il pensiero e l'identità dell'uomo: la multimedialità costituisce una produzione sociale e culturale, ma anche psicologica. Per gli adolescenti, eterni Ulisse alla ricerca di un orizzonte perduto, il mondo del virtuale si propone come il riparo di Circe, una tentazione cui non sanno resistere. Si materializza un incontro fruttuoso che propone copie del reale indolori e morbide, scorciatoie prive del pedaggio problematico e sofferto di questa fase evolutiva. Il virtuale rafforza l'idea di una vita in cui non c'è spazio per la complessità, che risponde alle leggi della fuga e dell'onnipotenza. Una fuga rafforzata dalla debolezza di sistemi di riferimento significativi come la società, la scuola, la famiglia. Una fuga che atrofizza il rapporto con il reale. Il testo offre chiavi di lettura rinnovate e una proposta terapeutica multidisciplinare ed integrata, empirica e provvisoria, tesa a riportare nel cortile del reale esistenze sempre più perse nel mare del virtuale. Quali trasformazioni comportano i nuovi media? Quali nuovi usi individuali e sociali promuovono? In particolare, che posto occupano nella vita delle giovani generazioni e come interpellano l'educazione che di esse deve occuparsi? Sono alcune delle domande alle quali questo libro prova a rispondere indagando valori e comportamenti degli adolescenti italiani in relazione ai contesti della scuola e della famiglia, nel quadro più ampio di una ricerca europea che ha coinvolto università e centri di ricerca di dieci Paesi. L'indagine aveva un duplice obiettivo: da una parte, verificare i consumi culturali degli adolescenti in ordine ai personal media, in modo particolare Internet, i videogiochi e il telefono cellulare; dall'altra, individuare alcune linee per l'intervento educativo da suggerire alle famiglie e alla scuola. Il risultato dell'indagine interpella con forza le proposte della Media Education. Le risposte degli adolescenti chiedono anche agli educatori – genitori e insegnanti anzitutto – di sviluppare competenze specifiche per essere in grado di accompagnarli nella pratica mediale, non tanto dal punto di vista delle abilità tecniche – che i ragazzi sanno acquisire da soli – quanto nella ricerca di un utilizzo sempre più critico e consapevole. SITOGRAFIA www.robertosconocchini.it/tutti-i-video/81-formazione-eaggiornamento/1338-i-nativi-digitali-e-la-screen-generation-ilcontributo-di-pier-cesare-rivoltella.html I Nativi Digitali e la Screen Generation: il contributo di Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento presso l'Università Cattolica di Milano, uno dei massimi esperti di Media Education. Nel video il prof. Rivoltella illustra come le nuove generazioni elaborino forme e processi di apprendimento sempre diversi ed anche come il concetto di Nativi Digitali evolva nella direzione di una vera e propria nuova generazione: La Screen Generation. Un video da non perdere per tutti gli educatori che utilizzano le tecnologie in classe. www.comeweb.it Insegnare con le nuove tecnologie www.mediappro.org Sito del progetto europeo Mediappro che ha coinvolto università e centri di ricerca di dieci Paesi. L'indagine aveva due obiettivi: verificare i consumi culturali degli adolescenti in ordine ai personal media, individuare alcune linee per l'intervento educativo da suggerire a famiglie e scuole. Si possono scaricare alcuni materiali. In inglese e francese. piercesare.blogspot.it MEDIALOG è il Personal Blog di Pier Cesare Rivoltella. Il luogo dove è possibile parlare di Media, ICT e Education. www.cremit.it CREMIT (Centro di ricerca sull'educazione ai media all'informazione alla tecnologia). Le attività toccano tre fronti di lavoro: 1) la progettazione di corsi di formazione sui media e con i media rivolti al territorio e alla scuola (corsi di aggiornamento, interventi di animazione sui media, percorsi nella scuola); 2) la gestione di attività di monitoraggio e valutazione; 3)la predisposizione di ricerche e indagini attorno al tema della medialità e delle tecnologie come strumenti e oggetti sociali, includendo famiglia, insegnanti e ragazzi in un percorso comune e interrelato che lega inscindibilmente i tre soggetti. 37 38 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini PAROLE, MUSICHE, IMMAGINI Le sorgenti del male Zygmunt Bauman Erickson, 2013 Il male, la violenza umana nella vita e nella storia, il male dentro di noi e fuori di noi: un angoscioso problema che lascia sempre interdetti ed impotenti, tanto impotenti che spesso lo si tabuizza o semplicemente si dimentica. (Si pensi per esempio al fatto che nella lunga e ricca storia della letteratura italiana solo due grandi, Dante e Manzoni, si confrontano con il problema del male dandone una risposta che potremmo definire cristiano-cattolica). Di fronte alla difficoltà di trovare una risposta adeguata, capace di risolvere il problema qui ed oggi, ci siamo illusi che la civiltà/ il progresso potesse essere la soluzione; abbiamo sperato che la violenza fosse solo un residuo di barbarie collettiva, un residuo del passato destinato a sparire: la ragione e la scienza ci emanciperanno dal male. In questo mondo dimentico di Caino, portato a pensare che il male sia al massimo un problema individuale o una “deformità” dei popoli primitivi piomba come una bomba l'Olocausto che con la sua malvagità pianificata distrugge ogni illusione o rimozione. Cosa rappresenta l'Olocausto? Un unicum irripetibile o un evento atroce, ma ripetibile? Un quadro angoscioso da contemplare, ma finito in sé o una finestra sul nostro mondo? Da qui scaturisce una tormentata meditazione: “Unde malum?” o forse perché il male a cura di elena la rocca oggi? Questa violenza spersonalizzata, quasi impiegatizia, che utilizzando la tecnologia moderna è capace di massacri una volta impensabili. Proprio all'interno di questa problematica si colloca l'ultimo saggio di Bauman “Le sorgenti del male”. L'autore inizia ricordandoci che la ragione non riesce a dimostrare la perfetta simmetria delle relazioni umane, né che il male ricade su chi lo fa, al contrario la ragione genera potere ed il potere è di sua natura asimmetrico. Sgombra così il campo da qualsiasi illusione che la ragione da sola sia in grado di allontanare il male dal mondo. Bauman affronta poi il problema dell'unde malum individuando tre piste differenti che illustri pensatori hanno seguito e “con ogni probabilità continueranno a seguirle tutte e tre per molto tempo a venire, poiché nessuna delle tre traiettorie sembra avere un punto di arrivo in cui gli esploratori possano riposare…” (p. 45) La prima pista vede il male come frutto di predisposizione naturale e prende le mosse dallo studio di Adorno sulla personalità autoritaria: “studio influente e memorabile…che avvalorava l'idea dell'autoselezione dei malfattori, per dir così, e che suggeriva che tale autoselezione fosse determinata da predisposizioni naturali, più che culturali, del carattere individuale.” (p.47) Una seconda pista, “forse la più cospicua e la più massivamente seguita” (p.47) punta la sua attenzione sul condizionamento comportamentale: convinti che i fenomeni sociali non possano ridursi alla psiche individuale, i teorici di questa corrente mettono sotto accusa la società, meglio un certo tipo di società. Partendo da queste premesse Hannah Arendt in un primo momento analizza la figura di Himmler, che organizzò un sistema di dominazione totale partendo dall'idea che “ nella loro assoluta maggioranza gli uomini non sono né vampiri né sadici bensì lavoratori e padri di famiglia” (p.51) e di qui nel libro “ Eichmann a Gerusalemme” la Arendt approda alla banalità del male, sintesi famosa del suo pensiero. Come sottolinea Bauman “Ciò che Hannah Arendt intendeva nel pronunciarlo, era che le mostruosità non hanno bisogno di mostri, che gli oltraggi esistono senza che vi siano personaggi oltraggiosi…” (p.52) Sulla stessa linea si colloca l'opera di Philip Zimbardo che studia i carcerieri di Abu Ghraib: un gruppo di normali ragazzi americani, bravi e simpatici che in Iraq si trasformano in sadici fantasiosi, nel momento in cui devono sorvegliare/custodire dei nemici prigionieri, recepiti forse come “meno che umani”. Nulla nella loro vita precedente faceva prevedere un simile comportamento. Nel libro (L'effetto Lucifero, Raffaello Cortina, 2008) Zimbardo ricorda e chiarisce l'esperimento sociologico che aveva tentato nel 1971, esperienza che prefigurava Abu Ghraib: aveva diviso un gruppo di volontari in carcerati e carcerieri. In una prigione fittizia gli uni dovevano sorvegliare gli altri, ma dopo pochi giorni l'esperimento era stato interrotto per la violenza che si era sviluppata tra i “carcerieri”, cui faceva riscontro la rivolta, la depressione, lo shock tra i “carcerati”. Strumenticres n.61 – settembre 2013 Viandanti della storia Chinua achebe Edizioni Lavoro, 1991 Nella grotta della Madre Idoto La scomparsa dello scrittore nigeriano Chinua Achebe di anna di sapio pace di immaginare le conseguenze Dopo aver illustrato i primi due delle proprie azioni: schiacciare un filoni di pensiero, prima di passare tasto per avviare la lavatrice o per al terzo, che per altro gli pare più suscatenare l'Apocalisse è la stessa scettibile di sviluppi futuri, Bauman distoglie la propria attenzione dall'O- cosa, il gesto è lo stesso. A questo si aggiunge l'orgoglio di aver inventato locausto per analizzare altri eventi macchine così potenti da superare terribili del '900 come la distruzione qualsiasi aspettativa, tanto potenti nel 44/45 delle città tedesche e l'atomica di Nagasaki nel 45. Quando che sembrano sottolineare la nostra inadeguatezza. Come scrive Anders ormai la Germania era prossima alla resa alcune città furono bombardate “L'affinità tra l'impero tecnico-totalitario che ci minaccia e il mostruoso semplicemente perché le bombe erano già state fabbricate e sarebbe stato impero nazista è evidente.” (p. 107) Bauman sottolinea che simile contrario alla razionalità economica affermazione voleva essere una non usarle. È questo per esempio il caso di Wuerzburg, 107.000 abitanti, provocazione, ma una provocazione necessaria per svegliare le coscienze ricca di storia ed opere d'arte, ma dato che dobbiamo essere sempre in priva di industrie: fu bombardata allarme, perché tutti i nostri timori per ore perché facile da localizzare hanno valide ragioni. e nello stesso tempo abbastanza Con queste pagine cupe si chiude lontana dalle truppe alleate da non il saggio, mentre ci vengono in mente porre problemi di “fuoco amico”. Allo i droni, le bombe intelligenti, le stesso modo anche la distruzione atomica di Nagasaki sembra ubbidire tecniche per ammazzare senza sporcarsi le mani. Il libro è molto denso, ad una logica di tipo economico: non chiaro e scorrevole, ma in un certo si può sprecare quello che si è coqual modo lascia insoddisfatti, si ha struito con un forte investimento di capitale. La macchina bellica una vol- quasi l'impressione che dia troppe cose per scontate, che rimandi ad ta messa in moto vive di vita propria, altro, in effetti se si riprende in mano inoltre ciò che è stato fatto una volta si può rifare con minori remore; dopo “ Modernità e Olocausto” (Il Mulino 1992) il discorso diventa più chiaro, Hiroschima, Nagasaki diventa più per meglio dire appaiono più chiare facile e solleva meno dubbi morali, le premesse teoriche e l'oggetto del come suggerisce Anders parlando di contendere, come se le pagine di “Il “sindrome di Nagasaki”. male assoluto” fossero un ripensaDa qui la terza pista che Bauman mento, una precisazione, un'agdefinisce prima antropologica e nelle giunta da leggere e meditare perché pagine seguenti metafisica: gli studi ci ripropone l'ambiguità strutturale di Guenther Anders sul predominio del nostro mondo e delle sue grandi della tecnica arrivata a una tale conquiste tecnologiche. potenza che l'uomo diventa inca- Eravamo agli inizi degli anni '90, ero da poco entrata a far parte del CRES, un giorno in una libreria mi imbatto in un romanzo di Chinua Achebe, Il crollo, mi incuriosisce, lo compro. Un colpo di fulmine, un'esperienza che mi ha segnato e ha dato inizio a un “viaggio” che, in compagnia di alcune amiche/colleghe, ci ha condotte dall'Africa ai Caraibi, riportate poi all'Italia tra gli scrittori migranti; in seguito la lettura di opere di autori/ci africani/e provenienti dalle ex colonie italiane ci ha spinte a rivisitare la storia del nostro colonialismo. Il crollo racconta la storia di Umuofia, un villaggio ibo della Nigeria sudorientale all'epoca dell'arrivo dei colonizzatori britannici, e di Okonkwo, personaggio coraggioso, dal temperamento aggressivo, che incarna i valori della tradizione su cui poggia la vita della piccola comunità. Il suo tragico destino riassume il destino del suo popolo, che non riesce a resistere al trauma provocato dall'arrivo degli europei (fine XIX secolo). Achebe descrive questo mondo in modo oggettivo, quasi da antropologo, presentando gli aspetti essenziali della vita del villaggio (matrimoni, funerali, pratiche religiose, educazione dei figli, feste…), ma non lo idealizza anzi ne mostra i difetti e le tare oltre alla grandezza. Ma quel mondo aveva regole proprie, valori propri “che lo tenevano insieme e nessuno avrebbe dovuto arrogarsi il diritto di sconvolgere”. Lettura affascinante eppure provavo un forte senso di spaesamento, di straniamento, perché quel mondo era del tutto nuovo per me, erano molte le cose che non capivo: come andavano pronunciati i nomi dei personaggi, dei villaggi, degli alimenti, delle divinità? Che significato avevano? Per la prima volta il colonialismo mi veniva raccontato da qualcuno che lo aveva vissuto. Una cosa è leggere un saggio sul colonialismo e un conto è soffrire con gli abitanti di Umuofia che subiscono angherie da parte dei nuovi venuti, che vedono il loro mondo bollato come primitivo, le loro divinità dichiarate false, che sentono proclamata la superiorità della civiltà occidentale. Devo a questo fortuito incontro con Achebe lo stimolo a leggere altri suoi libri e altri autori africani; a poco a 39 40 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini poco lo spaesamento iniziale si attenuava, l'Africa cominciava ad essermi più familiare, ma, allo stesso tempo si presentava più complessa, variegata, sfaccettata di quella del nostro immaginario. Mi sono trovata a riflettere sull'immagine che l'occidente ha degli africani, sull'immagine che ne danno i media, le guide turistiche, i libri di testo, e a poco a poco ho acquisito una maggiore sensibilità. Un viaggio in altri spazi letterari induce a riflettere anche sulle connotazioni culturali del proprio mondo, spinge ad affrontare con occhi nuovi la lettura della propria realtà, della propria cultura e della propria storia. “Solo quelle persone che escono dalla cornice vedono il quadro per intero” dice Salman Rushdie. Il crollo, tradotto in più di trenta lingue e venduto in milioni di esemplari in tutto il mondo, resta un testo fondamentale soprattutto per l'Africa perché ha contribuito a formare la coscienza civica dei cittadini africani. L'incontro/scontro della civiltà africana con l'occidente cristiano è stato raccontato anche da altri autori, da Cheick Hamidou Kane nell'Ambigua avventura o da Camara Laye in Un bambino africano, per citarne qualcuno, ma il testo di Achebe ha segnato in profondità perché ha detto agli africani che non erano i selvaggi descritti dai colonizzatori, ma avevano una storia e una cultura. All'immagine dell'Africa immobile, senza tempo e senza storia, costruita secondo gli stereotipi coloniali, a questa immagine sprezzante creata dagli europei, Achebe contrappone una realtà storica diversa. Il crollo compare nel 1958, due anni prima della proclamazione dell'Indipendenza della Nigeria, in un periodo quindi di transizione e di mutamento rapido di valori culturali, permeato di attesa e di speranze nel futuro. L'eroe che nasce nelle pagine del giovane Achebe è destinato a diventare popolare fra il pubblico dei nuovi lettori; e Il crollo, oltre ad assurgere a libro prediletto di questo pubblico, stabilisce un metro di confronto per i narratori che verranno dopo, perché l'operazione culturale compiuta da Achebe, dando vita a un classico tutto africano, crea una pietra di paragone autoctona con cui misurarsi. (…) Il crollo è infatti la visione epica di un passato cui l'autore guarda con occhio partecipe, perché si tratta del suo passato, della sua cultura, della sua storia, sinora negati e negletti; nella rappresentazione narrativa egli dà nuova forma a quella dimensione di ricordo collettivo che esisteva a livello di tradizione orale e che mai sino ad allora aveva trovato espressione nell'universo del romanzo. 1 Al Crollo seguono Ormai a disagio e La freccia di Dio, una trilogia con cui Achebe, attraverso le avventure di Okonkwo, Ezeulu e Obi, ripercorre le tappe principali della storia nigeriana dall'epoca coloniale all'Indipendenza. Con Un uomo del popolo, mette invece in scena la corruzione dei governi nigeriani, il problema dell'identità della classe politica, quello della responsabilità degli intellettuali. Esprime tutta la disillusione e il disincanto per le promesse mancate delle Indipendenze. Seguiranno vent'anni durante i quali a parte qualche racconto, poesie, libri per l'infanzia, saggi politico-letterari, tace la voce creativa di Achebe. Lo shock della guerra del Biafra (1967-1970), che vede lo scrittore schierarsi a difesa dei diritti del suo popolo, lo segna profondamente e contribuisce a determinare il periodo di silenzio, che si conclude poi con la pubblicazione del romanzo I viandanti della storia. Ambientato nello stato africano immaginario di Kangania, due anni dopo un colpo di stato militare che ha spazzato via un governo corrotto, il romanzo vede come protagonisti due intellettuali, Chris e Ikem, e le loro compagne Beatrice ed Elewa, che reagiscono e combattono quando la nuova dittatura si rivela lontana dalla realtà e dai bisogni della gente. Il romanzo riprende il tema dell'interrelazione tra presente e passato, riflette sul ruolo e la responsabilità degli intellettuali nell'Africa postcoloniale, ma si chiude con una nota di speranza: la nascita di una nuova generazione fa intravedere la possibilità che alcuni dei sopravvissuti raccolgano qualcosa dal naufragio del loro recente passato che li aiuterà nel cammino verso il futuro. Con quest'opera il discorso di Achebe esce dai confini della Nigeria per divenire universale: la Kangania, il paese dove avvengono i fatti narrati, presenta situazioni riconoscibili in tante altre parti del mondo così come in altre parti del mondo può avvenire quella perdita della memoria denunciata come evento letale. In There was a country: A Personal History of Biafra, la sua ultima opera, Achebe racconta la sua esperienza di tre anni di guerra civile. Gli Ibo proclamano la secessione dalla Nigeria in seguito ai massacri di cui erano stati vittime. Il Biafra diventa il teatro di una guerra terribile e di una tragedia umanitaria. 1. Itala Vivan, Interpreti rituali. Il romanzo dell'Africa nera, Dedalo, Bari 1978, pp. 26-27. Il crollo Ormai a disagio Chinua achebe Oscar Modadori, 1990 Fino alla fine Achebe ha mantenuto fede alla sua idea circa il ruolo dell'artista che ha l'obbligo morale di schierarsi dalla parte di coloro che non hanno il potere, di dare voce a chi non ha voce; non ha mai smesso di criticare i mali del continente africano come la dittatura, la corruzione, le forme di violenza, di battersi contro qualsiasi forma di discriminazione, di razzismo, di pregiudizio.2 Coerentemente, per ben due volte ha rifiutato titoli onorifici assegnati dalle autorità nigeriane. Per il suo contributo alla letteratura mondiale Achebe ha ricevuto numerosi riconoscimenti, premi letterari e lauree honoris causa da università di diversi paesi, ma non ha mai gradito la definizione di padre della letteratura africana perché in questo modo si oscurava il ruolo di molti altri scrittori. Achebe nasce il 16 novembre 1930 a Ogidi in una zona di cultura ibo da genitori cristiani. Viene battezzato col nome di Albert Chinualumogu, ma in seguito rinuncia al primo nome , optando per un'abbreviazione del secondo. “Mi disfeci di quell'omaggio all'Inghilterra vittoriana –dirà– quando andai all'università”. Chinua è il quinto di sei figli, la cui istruzione sta molto a cuore ai genitori. Compie studi regolari e frequenta l'università di Ibadan, dove assieme a Wole Soyinka, John Pepper Clark e Christopher Okigbo 2. Sulla sua visione del ruolo dell'artista v. Jane Wilkinson, Interview with Achebe, in Bernth Lindifors (a cura di), Conversation with Chinua Achebe, University Press of Mississipi, 1997, pp. 141-153. Strumenticres n.61 – settembre 2013 è tra i fondatori dello “Mbari Club”.3 Nel 1956 segue a Londra un corso della BBC poi inizia a lavorare alla Radio Nigeriana. Fonda e dirige per molti anni la collana “African Writers” dell'editore londinese Heinemann. Ha insegnato letteratura nelle università di Ibadan e Nsukka, poi in università europee e americane. Dal 1990, in seguito a un grave incidente stradale che lo priva dell'uso delle gambe, viveva negli Stati Uniti e ultimamente insegnava alla Brown University. Alla notizia della sua scomparsa, avvenuta a Boston nella notte tra il 21 e il 22 marzo, Wole Soyinka e J. P. Clark dichiarano al Nigerian Tribune: “la perdita di Chinua Achebe è, prima di tutto, intensamente personale. Abbiamo perso un fratello, un collega, un precursore e un combattente valoroso. Del “Quartetto dei pionieri” della letteratura contemporanea nigeriana, due voci sono state messe a tacere - una, quella del poeta Christopher Okigbo4, e ora, quella del romanziere Chinua Achebe. È forse difficile per chi è estraneo a quel circolo comprendere questo senso di vuoto, ma confidiamo nelle giovani generazioni di scrittori a cui il testimone è stato passato, coloro che hanno già creativamente assicurato che non c'è rottura nel continuum della vocazione letteraria. Abbiamo bisogno di sottolinearlo in un momento critico della storia della Nigeria, dove le forze delle tenebre sembrano oscurare l'illuminazione dell'esistenza che la letteratura rappresenta. Si tratta di forze che 3. Creato nel 1961 fu luogo di incontro e di effervescenza culturale, favorì la creazione di un movimento di artisti africani contemporanei (scrittori, pittori, musicisti) che tentavano di ridefinire il loro ruolo culturale, di generare una nuova cultura. 4. Christopher Okigbo (1931-1967) nato in una famiglia cristiana (il padre insegna in una scuola missionaria) si sente tuttavia attratto dalla religione tradizionale ibo (il nonno materno è sacerdote della dea Idoto). Uomo di due mondi nella sua opera coniuga cultura africana, in particolare la sua cultura ibo, e cultura europea. Muore a 36 anni combattendo nella guerra di secessione, nel momento in cui stava per raggiungere maturità e coerenza nella sua visione dell'arte, della vita, della società. Achebe definisce la sua opera “un incredibile, inquietante firmamento poetico di una bellezza selvaggia e violenta”. con arroganza si vantano di essere implacabili e brutali nemici di ciò che Chinua e la sua penna hanno rappresentato, non solo per il continente africano, ma per l'umanità. Non aiuta chiedersi se il recente e insensato massacro della gente di Chinua a Kano5, solo pochi giorni fa, abbia accelerato il fatale indebolimento di quella volontà forte che lo aveva sostenuto tanti anni dopo il suo incidente invalidante. Non importa la realtà, dopo lo shock iniziale, e un senso di abbandono, con fiducia asseriamo che Chinua vive. Le sue opere offrono la loro testimonianza duratura al dominio dello spirito umano sulle forze della repressione, del bigottismo e del regresso.”6 5. Il riferimento è a quanto accaduto il 18 marzo a Kano (Nigeria settentrionale), abitato per lo più da ibo, dove decine di persone hanno perso la vita in un attentato suicida presso la locale stazione di bus. La scomparsa di Achebe ha destato una vasta eco in tutto il mondo, lascia un grande vuoto in amici e colleghi, nella nuova generazione di scrittori africani, arrivati alla scrittura proprio sulla sua scia, e che si sono detti orfani di questo padre spirituale. La sua morte ha suscitato grande emozione anche nei suoi numerosi lettori sparsi un po' ovunque nel mondo. Io vorrei ricordarlo con i versi del suo amico poeta Christopher Okigbo, immaginarlo ormai giunto nella grotta di Madre Idoto, che Achebe stesso nella conversazione con Jane Wilkinson descrive come il luogo dove tutti gli artisti sono diretti. Esservi accolti – dice - vuol dire veder approvata la propria opera da parte di questa dea che è la Padrona dei racconti. La grotta di Madre Idoto è il paradiso degli artisti che, al contrario dei fanatici, non hanno una sola visione della vita, della luce, della verità.7 Daalu8 Achebe 6. www.tribune.com.ng/news2013/index.php/ en/component/k2/item/7961-literary-iconchinua-achebe-dies-at-82-jonathan-govssenate-soyinka-j-p-clark-others-mourn;nenanews.globalist.it/Detail_News_Display? 7. Jane Wilkinson, Interview with Achebe, op. cit., p. 152 8. Grazie in lingua ibo ouverture Before you, mother Idoto, naked I stand, before your watery presence, a prodigal, leaning on an oilbean, lost in your legend… Under your power wait I on barefoot, watchman for the watchword at heavensgate; out of the depths my cry give ear and hearken. Innanzi a te, madre Idoto ignudo io sto, dinanzi alla tua acquea presenza, figliol prodigo, appoggiato a un tronco, perduto nella tua leggenda… In tuo potere io attendo, scalzo, sentinella in attesa della parola d'ordine alla porta del cielo; dalle profondità sale il mio grido, presta orecchio ed esaudisci.1 1. Lucilla Sbicego (cura di), Voci d'Africa. Poesia africana di lingua inglese, Edizioni Accademia-Sansoni, Milano, 1970, pp. 68-69. 41 42 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini L'ultimo Abate: l'epica del romanzo di formazione a cura di gianluca bocchinfuso La collina del vento Carmine Abate Mondadori, Milano 2012 La produzione letteraria di Carmine Abate Novecento porta fino all'oggi– segna l'epoha ormai acquisito una consistenza temati- pea di un popolo e di diverse generazioni. ca e linguistica da consolidarne storie, perGli Arcuri che lottano e non si arrendono sonaggi, situazioni narrative non solo su –rappresentati simbolicamente anche un piano interculturale e plurilinguistico. dall'albero piegato della copertina del libro, Il Campiello 2012 è solo un momento – l'albero che non si spezza e non cede mai, seppur formale e ufficiale– che sottolinea il nonostante il vento delle avversità– sono suo percorso da quando, a sedici anni, emi- l'emblema che si può vivere affinché venga grato in Germania, aveva iniziato a scrivere riconosciuto il senso dell'uguaglianza, la i primi testi narrativi e poetici. Era il tempo differenza tra bene e male, tra corretto e della reazione allo status di “immigrato sbagliato. Queste azioni avvengono in una arbëreshë” oltre i confini calabri: una rabbia cornice realistica e riconoscibile che ha vissuta ed espressa con la parola, come come luogo principe la collina esistente atto di denuncia dell'ingiustizia subita con tra Carfizzi e Cirò Marina con tutti i paesi gli altri emigranti, in tempi e luoghi diversi toccati - Strongoli, San Nicola, Cirò - e con i e comuni, dentro argini inesistenti di uma- siti sopravvissuti alla storia e alla leggenda, nità. Quella scrittura permette ad Abate di come Punta Alice, il Castello Sabatini, il passare dal mito e dalle visioni di racconti tempio di Apollo Aleo. e rapsodie incamerate a pelle durante la La collina è tutt'uno con gli elementi fanciullezza e la preadolescenza alla realtà della natura nella loro profonda essenza e cruda del suo essere al mondo, tra i vinti, forza. Ad iniziare dal vento, energia pretra gli ultimi: quelli costretti a sradicare le sente e viva che sarà motivo degli appetiti proprie radici in cerca di futuri e contesti delle società legate all'eolico: migliori. Queste vite tagliate, mozzate, rasseIl vento non smette mai di fiatare sulla gnate– col tempo e dopo tanti momenti collina, sale dalle timpe, dalla fiumara e passaggi– diventano invece vite ricche, o dal mare, scuote le cime degli alberi, vite che si sommano e «si legano per accarezza il cucuzzolo giorno e notte, addizione»1, recuperando il senso più ruzzola lungo i pendii come un bambino felice, ma quando si arrabbia sono guai: profondo e vivo della pluralità di mondi, di vortica risucchiando ogni cosa, polvere, radici, di linguaggi. Un passaggio che ha rametti spezzati, foglie, spine e breccia, determinato negli anni la ricchezza della che scaglia tutt'intorno con la furia di un produzione letteraria di Abate che trova, vulcano impazzito. in questo ultimo romanzo, l'apice della «Se c'è una cosa che qui non manca è il maturità stilistica e narrativa. vento» ha detto l'uomo che si era presenLa collina del vento è un decisivo salto tato a noi come ingegnere di una società in avanti, nella dimensione piena del del Nord specializzata in pale eoliche. 2 romanzo epico in cui l'epopea di una famiglia –attraverso un secolo che dagli inizi del 1. Carmine Abate, Vivere per addizione e altri viaggi, Mondadori, Milano 2010. 2. C. Abate, La collina del vento, Mondadori, Milano 2012, p. 89. In questi luoghi e per questi luoghi si svolgono le azioni e le reazioni della famiglia Arcuri: una famiglia che vive per la terra, per questa lotta e spera, con un passaggio di testimone tra le generazioni, dei padri e dei figli. Tra epoche e situazioni diverse: Fascismo, 'Ndrangheta, speculazioni affaristiche sull'eolico, speculazioni urbanistiche sul territorio. Tutto fa parte di una visione della vita –dei potenti di turno– come malaffare: dai ricatti di don Lico agli interessi per lucrare sul sangue della propria terra anche deturpando il paesaggio oggi con le pale eoliche, il cemento e il fuoco, domani con altro. Dopo cena, Alberto aveva intenzione di recarsi da don Lico, non soltanto per evitare rogne, confidò ai familiari, ma soprattutto per sapere cosa volesse di preciso da loro. Arturo lo convinse che sarebbe stato un passo sbagliato: «don Lico tiene solamente una cosa nella crozza: fricarci la nostra terra con le buone e con le male. Sta dicendo in giro che vogliamo vendere le quote migliori proprio a lui. Ohi pa', quello ci sta preparando un tranello, lo capisci o no? Noi non dobbiamo cascarci, non siamo ciòti come crede lui». Le rogne cominciarono quattro o cinque giorni dopo: il grossista della Marina, che ogni anno passava puntuale per acquistare l'olio degli Arcuri, non si presentò, né fece sapere il motivo del suo comportamento. E neanche il vino riuscirono a vendere in quel periodo, e neanche un quintale del loro grano fu richiesto dai compratori forestieri e paesani. Un vero e proprio boicottaggio, di cui tutti conoscevano l'artefice senza nominarlo mai. Solo la cooperativa di consumo comprò ad Arturo modeste quantità di olio e vino. Troppo poco per tirare avanti a testa alta. Come se le rogne private non bastassero, dopo l'avvento del fascismo le cooperative fallirono dappertutto e i più strenui difensori furono minacciati o costretti a emigrare nelle Meriche o addirittura, in qualche caso, arrestati.3 […] Quel giorno di vigilia della Pasqua erano ritornati quassù perché sapevano che vi avrebbero trovato anche me e volevano il mio appoggio. Ho dato un'occhiata al progetto; il parco eolico sembrava un paesaggio di dune meravigliose sullo sfondo del mare, con 3. C. Abate, La collina del vento, op. cit., pp. 40, 41. Strumenticres n.61 – settembre 2013 trenta palme imponenti che proiettavano le loro ombre sul terreno. Una era collocata al posto dell'ulivo gigante, l'altra quasi all'imbocco della mulattiera che entrava nel bosco di Tripepi. […] Poi mio padre mi ha detto: «Queste società mi sembrano peggio di don Lico, hanno tante teste nascoste sotto una caterva di sigle; è difficile combatterle perché non le vedi in faccia.4 È un ambiente naturale che dialoga con il lettore: un ambiente che narra le vicende in modo organico e avvolgente invitando a capire, indagare, porsi domande, accelerare risposte. La collina del Rossarco –tra il rosso tappeto di sulla, il suo profumo e i suoi ornamenti– è la terra che tiene unita la tradizione familiare: è un elemento di umanità semplice e di cultura trasversale. La terra diventa obiettivo di un'intera esistenza, oltre le vicende negative, le morti impreviste e le sofferenze umane e personali. Il Rossarco come la collina di Roccalba, scenario principale del romanzo Tra due mari. Il paese è appoggiato come un ferro di cavallo su una collina tra due mari, lo Ionio e il Tirreno. Ha un bel nome, Roccalba, ma io lo chiamavo Roccalda, per via della cappa afosa che lo schiaccia tutta l'estate senza pietà.5 Una terra –di significati e di vicende– che appartiene specificatamente ad una regione come la Calabria: legata al suo estinto passato che storicamente e archeologicamente narra e spiega luci e grandezze, civiltà e miti; vittima di un secolo, quello del Novecento narrato nel romanzo, in cui l'arrivismo, il cinismo e l'arroganza tentano di cambiare equilibri, storie, umanità. Il collante del tempo, della positività del tempo, è rappresentato dalla vicinanza e dallo scambio tra l'archeologo Paolo Orsi e il meridionalista Umberto Zanotti-Bianco: scoperte, reperti, simulacri, oggetti fanno da sfondo storico al romanzo e ai suoi riferimenti espliciti all'antica città di Krimisa fondata da Filottete; le lotte contadine, la strage di Melissa, le rivendicazioni delle genti del Sud nel pensiero di Zanotti4. C. Abate, La collina del vento, op. cit., pp. 90, 91, 92. 5. C. Abate, Tra due mari, Mondadori, Milano 2002, p. 10. Bianco segnano la cornice contemporanea alle vicende. «Mi chiamo Paolo Orsi. Sono un archeologo e vengo dal Trentino». «E chè un arcologo?» «Faccio scavi e con il materiale che trovo costruisco la storia di antiche civiltà» rispose calmo il forestiero. «Cosa cercate quassù?» «Cerco l'antica cittadina di Krimisa e il suo famoso santuario di Apollo Aleo, entrambi sepolti da millenni in una di queste colline dinanzi a Punta Alice».6 […] Krimisa era una piccola città della Magna Grecia e sorgeva su una collina tra l'attuale Cirò Marina e il mar Jonio. Secondo lo storico Strabone, a fondarla fu il famoso arciere Filottete, che veniva dalla Tessaglia e aveva combattuto nella guerra di Troia. Rientrato in patria, in seguito a una sanguinosa rivolta era fuggito con un gruppo di greci epiroti ed era sbarcato a punta Alice. Da lì aveva perlustrato i dintorni. Non gli fu difficile scegliere dove costruire la nuova città perché i luoghi ti attraggono come le persone, ti seducono con il loro sguardo luminoso, la lingua di vento, il profumo mai sentito prima. Infatti, quando Filottete salì sulla collina e vide il promontorio che si incuneava in un mare solenne, non ebbe il minimo dubbio: lì, in quel pianoro, avrebbe eletto un tempio in onore di Apollo Aleo, mentre la città sarebbe sorta più in su, sul versante dello Jonio.7 […] «Diamo ora la parola all'anglopiemontese Umberto Zanotti-Bianco, nato a Creta nel 1889, meridionalista militante, archeologo e scrittore di valore, patriota di vecchia data, eroico combattente della Grande Guerra, fondatore dellANIMI, Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno dItalia, e della Società Magna Grecia, che tanto bene hanno operato per la Calabria, presidente della Croce Rossa Italiana e ambientalista ».8 Orsi e Zanotti-Bianco rappresentano - da prospettive e obiettivi diversi –l'Italia migliore, quella a cui, in modo semplice 6. C. Abate, La collina del vento, op. cit., p. 16. 7. C. Abate, La collina del vento, op. cit., p. 75. 8. C. Abate, La collina del vento, op. cit., p. 185. ma vero, si rifanno gli Arcuri, rappresentanti di un Sud mai fermo, un Sud vivace e volenteroso che lascia segni e traccia strade. Anche quando tutto si appiattisce e tutti si adeguano, ogni membro della famiglia Arcuri emerge e fa le sue scelte, diventa testimone di azioni fuori dal coro, quasi come una «rondinella janca», raro uccello col becco ad uncino che vola con il beccuccio aperto fino a sera gridando tanto e non si capisce se è «grido di cuntentizza o di dolore, finché sparisce nella ciaramìde della casella, dove ha il nido»9. La rondinella albina cerca la verità, si muove tra l'invidia, lotta per la vita. La collina del vento ha l'abilità di avere dentro il meglio della storia, della memoria, delle lingue, degli incontri, delle lotte, dei viaggi, delle narrazioni di Abate, compreso le esperienze delle sue proesie. Un romanzo epico nella modalità del racconto e della coralità; un romanzo di formazione su un piano di “educazione alla cittadinanza” verso chi il Sud lo vive, chi ci ritorna, chi lo lascia per ritrovarlo. Un romanzo che ha il volto del mistero e dell'incrocio di energie negative e positive sin dall'inizio segnando una netta linea di demarcazione tra il bene e il male umano, tra l'incontro positivo e negativo dell'uomo con l'ambiente in tutte le sue forme. Il lettore è guidato alla scelta migliore. A schierarsi. Ed è guidato attraverso i tanti elementi impliciti che si annidano nel romanzo. Abate regala un pagina di memoria densa. Parla attraverso le emozioni di un racconto limpido che segna sempre un altrove che sappia dare risposte e preparare gesti concreti. Un altrove che esiste e genera conoscenza se sa tenere dentro il luogo da cui siamo partiti e verso cui tenderemo sempre, portando con noi integre le esperienze dei nostri tempi in addizione. La verità è che i luoghi esigono fedeltà assoluta come degli amanti gelosi: se li abbandoni, prima o poi si fanno vivi per ricattarti con la storia segreta che ti lega a loro; se li tradisci, la liberano nel vento, sicuri che ti raggiungerà ovunque, anche in capo al mondo. 10 9. C. Abate, La collina del vento, op. cit., p. 20. 10. C. Abate, La collina del vento, op. cit., p. 241. 43 44 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini Il cantore dei poveri cristi di Massimiliano Lepratti “Di un pianto suo dolce sfiorì in una sera a nulla le nere mani valsero a salvar” sfiorisci bel fiore (1964) Lo scorso venerdì della passione ci ha lasciato il dottor Vincenzo Jannacci, un uomo la cui vita è stata “troppa roba per una canzone sola”1. Cantautore, cardiologo, cabarettista, appassionato di karate, schettinatore folle, pianista con i mostri sacri del jazz (da Stan Getz a Chet Baker), applaudito attore protagonista nel cinema di Marco Ferreri, nominato all'Oscar come autore di colonne sonore, compagno di poesia di un Nobel…e tutto fatto senza ostentazione, nel silenzio tranquillo di una persona che non amava la pubblicità. Ma soprattutto il dottor Jannacci era un uomo dal “cuore urgente”2 un cuore che ha sempre battuto dalla parte di quei diseredati a cui ha dedicato alcune delle canzoni più belle della storia musicale italiana. Tra i tanti poveri cristi che ha raccontato ci piace iniziare ricordando il “Soldato Nencini, soldato d'Italia/semianalfabeta e per giunta terrone/l'han messo a Alessandria perché c'è più nebbia/ben presto ha capito che a volergli bene/c'è solo quel cane che mangia la stoppia/tra i vecchi autoblindo, pezzato, marrone…”3. Nel racconto di militari e di immigrati, poveracci spaesati, spesso portati in un ambiente in cui nessuno ti vuole bene, c'è tanta della biografia del cantautore a partire dal padre che fu costretto a fare entrambe le guerre mondiali e continuando con la famiglia pugliese, trasferita a Milano in cerca di fortuna. Ma l'empatia di Jannacci per quel soldato Nencini, capace di sorridere anche nel muro d'antipatia che lo circonda, va oltre il racconto familiare e ne fa un umile antieroe, sperso e gentile anche nel dolore 1. Amapola (1985) 2. Giovanni telegrafista (1968) 3. Soldato Nencini (1966) dell'abbandono finale. Proseguendo in questa rapida sintesi sull'opera ci sembra giusto sottolineare come a differenza di molti uomini nati alla metà degli anni '30 la sensibilità di Jannacci fosse capace di narrare con intensità anche l'altra parte del cielo. Alle figure femminili ha rivolto uno sguardo dolce e partecipe, dalla piccola Vincenzina, il cui mondo non può andare oltre un'orribile fabbrica, alla giovane donna delle periferie milanesi per la quale nel lontano 1966 Jannacci scrisse quel capolavoro misconosciuto che è Dona che te durmivet. La situazione è di una quotidianità assoluta, ma raccontata con tocchi psicologici di grande sensibilità: una sposa che dopo 5 anni di un matrimonio in via di spegnimento trova un barlume di gioia perché il marito le ha promesso il cinema di giovedì sera. Ma la gioia si spegne presto quando lui uscendo vuole fermarsi in latteria a parlare di calcio con gli amici. E lei pian piano si rende conto che una donna sola col suo cappottino nuovo, spersa in mezzo a soli uomini che la guardano come una bestia rara, il suo cinema non lo vedrà più… e neppure il pianto liberatorio le è permesso, gli sfottò del branco e la paura del marito la costringono a trasformare le lacrime nella finzione del riso: “Dona che te durmivet giuedi sera/dona t'avean prumis de purtat al cine/e poeu s'enn ferma' giò in latteria/parlar de fútbal cunt i amis…/Dona col paltò neuv/in mess a tucc chi omen/omen che t'han guardaa 'me una bestia rara/e lì, a dés minut, t'è vegnú el magún/t'et piangiù brasciada al to cou…”4 Nella sua ricerca verso gli ultimi del mondo, il dottor Jannacci Vincenzo non ha dimenticato neppure di guardare fuori dall'Europa, verso le periferie del pianeta. 4. Dona che te durmivet (1966) E incontrando un giovanissimo Chico Buarque d'Hollanda in fuga dalla dittatura brasiliana, il medico poeta milanese ha contribuito più di chiunque altro a far conoscere in Italia il cantore degli oppressi latinoamericani, l'autore della celebre O que serà. Intrecciando la sua poesia con quella di Chico Buarque, Jannacci ha voluto tradurre due indimenticabili ritratti di poveri cristi, brasiliani e universali al tempo stesso: Pedro il muratore che “aspetta l'allegria/ e la fortuna col biglietto della lotteria/Ogni anno aspettando aspettando aspettando/ aspettando il sole, aspettando il tram/aspettando sempre quel famoso aumento […] e la moglie di Pedro sta aspettando un figlio che dovrà aspettare, aspettare, aspettare…”5. E poi ancora il suicida protagonista de La Costruzione “E quella volta amò come se fosse macchina/e poi baciò sua moglie come se fosse logico/Lì sull'impalcatura quattro muri flaccidi/Seduto a riposare come se fosse un passero/E fluttuò nell'aria come se fosse un principe/E cadde giù per terra come ubriaco fradicio/…È morto contromano disturbando 5. Pedro Pedreiro (1968) Strumenticres n.61 – settembre 2013 Monsieur Lazhar Regia di Philippe Falardeau Québec-Canada 2011 a cura di laura morini A sinistra: Enzo Jannacci canta dal vivo L'ombrello di suo fratello. Sopra e sotto: alcune copertine di dischi di Jannacci. il traffico”6. Ma da ultimo ci piace ricordare Vincenzo Jannacci detto Enzo senza dimenticare un altro aspetto fondamentale della sua ricchezza umana: la sua immensa stralunata ironia e la capacità di mescolare tutti i registri dell'espressione, dai più struggenti ai più scanzonati e surreali. Questo gli permetterà di arrivare all'apogeo del successo con un pezzo apparentemente allegro e in realtà amaro e surreale in cui insieme a Dario Fo oserà canzonare in versi anche la morte e la sua sacralizzazione: “Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale/per vedere se la gente poi piange davvero”7. Riposi sereno dottor Jannacci e non tema, chi scrive è voluto andare al suo funerale e le può assicurare che eravamo in tanti, e che la gente la piangeva davvero. 6. La Costruzione (1977) 7. Vengo anch'io (1967) Il giovane regista canadese Philippe Falardeau ha ambientato in una scuola elementare di Montreal una vicenda drammatica, trattata con delicatezza e sensibilità. Il protagonista del film, Bachir Lazhar, è un immigrato algerino, in attesa di ricevere il permesso di soggiorno in Canada come rifugiato politico. Alle sue spalle una dolorosa vicenda, che scopriremo gradualmente, lo ha portato a perdere tutta la sua famiglia. Per sopravvivere e sopportare il suo dolore Monsieur Lazhar decide di proporsi come supplente alla dirigente di una scuola elementare alle prese con un'inattesa emergenza: una giovane e amata insegnante si è suicidata in classe, prima dell'inizio delle lezioni. I bambini sono sconvolti, in particolare Simon e Alice che hanno direttamente visto la scena. Bachir ha fatto “carte false” per ottenere quel posto, ma la preside, nonostante le iniziali perplessità per la scarsa conoscenza del paese d'accoglienza da parte del suo interlocutore e l'evidente divario culturale, 45 46 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile – parole, musiche, immagini Nelle fotografie due scene con alcuni protagonisti del film. Sopra: Bachir Lazhar (Fellag) in classe. A sinistra: Simon (Émilien Néron) e Alice (Sophie Nélisse). non valuta con attenzione i documenti presentati e lo assume, spinta dall'impossibilità di trovare in tempi brevi un'altra soluzione. In realtà Lazhar nel suo paese non ha mai insegnato, ma è una persona colta, ama la letteratura e la lingua francese, sta in classe come un insegnante d'altri tempi, severo e attento ai ragazzi. Superato il disagio iniziale, gli alunni capiscono che possono fidarsi di lui, insieme elaborano il dolore per la perdita che entrambi hanno subito, stabiliscono una relazione nuova e positiva. Questo il nucleo centrale del film che riflette sul modo di vivere una perdita, di elaborare il lutto e di aiutarsi reciprocamente fra adulti e bambini. La scuola, in questa vicenda, è solo uno sfondo, uno scenario casuale? In realtà il regista delinea con tocco leggero il contesto scolastico accennando a molti temi, pur secondari nell'economia del racconto. Il prof. Lazhar, mirabilmente interpretato da un attore maghrebino emigrato in Francia, ha uno spessore umano, una dignità d'altri tempi. Per questo sembra più autentico, più capace di aiutare i suoi allievi dei “veri” insegnanti, più preparati sul piano didattico, ma anche troppo inclini ad affidare agli specialisti il compito di trattare ogni problema che abbia a che vedere con le emozioni, i sentimenti, le paure profonde degli allievi. Con una certa ironia vengono criticati gli atteggiamenti “politicamente corretti” imposti dal regolamento scolastico: la proibizione assoluta di ogni contatto fisico, la delega alla psicologa, che impedisce ogni intervento naturale e spontaneo a sostegno dei bambini. Anche la quasi totale assenza di figure maschili nella scuola di base è qui rappresentata come una carenza che trova riscontro anche nell'ambito familiare per la totale assenza o scarsa autorevolezza dei padri. Il regista, intervistato, ha precisato che la scuola rappresenta un “luogo universale” perché nel film si parla di umanità piuttosto che di migrazione, questio- ni sociali o pedagogiche. Tuttavia sembra interessato ai problemi educativi che non ha approfondito. Prima di iniziare le riprese, ha passato alcuni giorni in una scuola elementare, osservando le dinamiche di una classe e il lavoro dei professori. Ci tiene a precisare che, anche se critica alcune rigidità del sistema educativo, non intende screditare il lavoro degli insegnanti di cui apprezza impegno e “resistenza”, fino a definirli “moderni gladiatori”…. Lo appassiona il tema del rapporto fra istruzione ed educazione; per questo ha inserito la scena in cui una coppia di genitori contesta il “prof ” Lazhar, precisando che il suo compito è solo di istruire la figlia perché ad educarla ci pensano loro! ”hanno torto –soggiungeperché secondo me le due cose sono inscindibili … poi alle elementari i bambini passano più tempo in classe che con i genitori … il film è un'ode all'atto fondamentale che è quello di insegnare … fra le persone che hanno avuto influenza nelle nostre vite c'è sicuramente un insegnante”. Certo l'originalità del film non risiede in questi aspetti, volutamente secondari, ma nella capacità di ritrarre con lo stesso rispetto e attenzione i bambini come il maestro mentre sono posti di fronte alla necessità di superare un trauma improvviso e violento. Aiutando i piccoli ad esprimere il dolore, la paura, il senso di colpa di fronte alla morte, Lazhar compie lo stesso cammino e riprende a vivere. La naturalezza dei personaggi e dello sviluppo della storia sono insieme una scelta estetica ed etica che rende il film una convincente riflessione sul senso della perdita. La rappresentazione di una relazione così profonda fra insegnante e allievi ci ricorda quanto sia vitale per noi adulti saper imparare dai bambini. Tutti spunti di riflessione piuttosto interessanti, in particolare per educatori e insegnanti. Pagina a fianco: 1. ARTICO Chiara Tebaldi 2. PAY FOR YOUR AIR Alessandra Teruzzi 3. LAND TO SERVE Chia Ying Hsieh 4. ARIA FRITTA Roberta Calandria 5. ACCENDI LA LUNA! Michela Vernazza 6. IL CAMERIERE Anita Di Rienzo Strumenticres n.61 – settembre 2013 L'asta della terra 1 2 3 Con “L'asta della terra” Mani Tese ha sfidato gli studenti universitari e delle scuole superiori a mettere in gioco creatività e ironia in una Social Poster Competition. Obiettivo della sfida: inventare un manifesto pubblicitario per vendere al miglior offerente uno dei quattro elementi naturali (acqua, aria, terra e fuoco). Vi sembra assurdo che si possano comprare le foreste, i mari o i ghiacciai? Purtroppo non è una cosa così strana. Tuttʼoggi può diventare merce. Basta pensare agli elementi naturali come a delle risorse e il gioco è fatto. Potremo estrarli, imbottigliarli, tagliarli, trasformarli, raffinarli ed inquinarli. La corsa è a chi arriva prima, poco importa se bisogna cacciare chi ci abita vicino, costringendo intere popolazioni a vivere nella povertà. D'altronde poter disporre gratis di una di una merce scarsa e di cui non si può fare a meno, come ad esempio l'acqua, è l'affare perfetto. Zero rischi, profitti sicuri. Per questo acqua, aria, terra ed energia (fuoco) sono al centro di tensioni sempre crescenti. Alla nostra chiamata hanno risposto quasi 100 ragazzi inviandoci le loro opere originali da tutta Italia. Mani Tese ha inoltre attivato una collaborazione con la Nuova Accademia di Belle Arti NABA di Milano, con l'Associazione culturale Good Design e con il Liceo Artistico Preziosissimo Sangue di Monza per la realizzazione di due workshop intensivi sul concept del concorso, dedicati in particolare agli elementi Terra e Aria (qui riportati alcuni dei lavori prodotti nei workshop). 4 5 6 47 social poster competition L'asta della terra: I premiati Organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli. Redazione categoria terra Giada lo Duca Istituto di Istruzione Superiore Statale C.E. Gadda di Paderno Dugnano Valerio Bini (dir.), Luca Manes (dir. resp.), Chiara Cecotti, Angela Comelli, Alberto Corbino, Giosuè De Salvo Elias Gerovasi, Giovanni Mozzi, Giacomo Petitti, Lucy Tattoli. Gruppo redazionale per il supplemento “Strumenti Cres” Donatella Calati (segretaria di redazione), Giacomo Petitti (responsabile di redazione), Elisabetta Assorbi, Gianluca Bocchinfuso, Anna Di Sapio, Piera Hermann, Elena La Rocca, Laura Morini, Shara Ponti. categoria fuoco Paolo Pastorino Istituto Secondario Superiore Statale “Mazzini Da Vinci” di Savona Direzione, redazione e amministrazione Piazzale Gambara 7/9, 20146 Milano Tel. 02/4075165 [email protected] www.manitese.it Stampa: Staff S.r.l. - Buccinasco (MI) Progetto grafico e impaginazione: Riccardo Zanzi Hanno collaborato a questo numero: Elisabetta Assorbi, Fulvio Benussi, Antonella Bertoldo, Gianluca Bocchinfuso, Gabriella Buzzi, Michele Crudo, Anna Di Sapio, Piera Hermann, Elena La Rocca, Massimiliano Lepratti, Marina Medi, Laura Morini, Simonetta Muzio, Ilaria Pasotti, Pinuccia Samek Lodovici. categoria aria Laura Antonini Istituto Secondario Superiore Statale “Mazzini Da Vinci” di Savona Gli articoli pubblicati rispecchiano il punto di vista degli autori, non necessariamente quello della Redazione. Quando non specificato, gli autori sono formatori Cres. Realizzato con il contributo finanziario di: Il Cres,costituito da esperti ed insegnanti, cura le attività formative di Mani Tese in campo scolastico. Obiettivo fondamentale della sua iniziativa di ricerca e di innovazione didattica è la diffusione di una nuova cultura dello sviluppo e della mondialità nella scuola. categoria acqua Ilaria Merlino Istituto Secondario Superiore Statale “Mazzini Da Vinci” di Savona Si può sostenere la rivista StrumentiCres con una offerta minima di 10,00 € specificando “Sostegno a StrumentiCres”: Versamenti on-line su www.manitese.it, su c.c.p. 291278 intestato a Mani Tese, con bonifico bancario Banca Popolare Etica IBAN IT 58 W 05018 01600000000000040