Il valore della circoncisione al tempo dei Maccabei

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Il valore della circoncisione al tempo dei Maccabei
IL VALORE DELLA CIRCONCISIONE
AL TEMPO DEI MACCABEI
A. Sisti
La circoncisione è un rito praticato su scala sicuramente più vasta di quanto d’ordinario si creda e, tuttavia, conosciuto nella sua realtà significante
molto meno di quanto si immagini. Basta consultare un’enciclopedia specializzata di etnologia o di storia delle religioni per rendersi conto come di
fatto, al dire di A. Di Nola, “il costume della circoncisione maschile propria registra una larghissima diffusione, fino al punto che, in una sintesi
generale, è possibile dire che si presenta in tutte le culture, ad eccezione
delle civiltà del gruppo linguistico indogermanico e di quelle asiatiche superiori non semitiche”1.
Nell’ambito dell’antico mondo biblico, genera qualche sorpresa scoprire come la circoncisione fosse praticata comunemente dagli Egiziani e al
tempo di Geremia anche da Arabi, Edomiti, Moabiti e Ammoniti (Ger. 9, 2526), ma non dagli Assiro-Babilonesi e tanto meno dai Filistei, che pertanto
dagli Ebrei erano considerati gli incirconcisi per eccellenza (Gdc. 14, 3; 15,
18; 1 Sam. 14, 6; 17, 26.36; 18, 25; 31, 4; 2 Sam. 1, 20). Quanto all’origine e
al significato non c’è un’opinione comune tra gli studiosi e comunque le
spiegazioni proposte sono moltissime e si estendono facilmente dalla sfera
più semplice, che è quella dell’igiene, alle sfere più complesse della vita sessuale e della vita religiosa. In realtà, però, una spiegazione unica e valida per
tutte le aree geografiche e culturali non esiste.
Nella stessa letteratura biblica, che pur ne parla o vi fa riferimento frequentemente, non c’è una linea uniforme e costante di presentazione e i testi relativi non sono sempre di facile interpretazione. Per tale ragione può
essere utile una ricerca sul valore che alla circoncisione fu attribuito nel
periodo dei Maccabei, poiché fu proprio in questo periodo che l’antico rito
raggiunse l’apice della considerazione per l’alto significato che venne ad
assumere nel contrasto con la cultura ellenistica, nel cui ambito invece era
ritenuta una vergognosa e insana mutilazione inferta all’armonia e alla bellezza dal corpo umano2.
1. A. Di Nola, Circoncisione, in “Enciclopedia delle Religioni”, vol. 2, Firenze 1970, col.
239; ma per una visione sintetica di tutto l’argomento si legga l’intera voce, che abbraccia
le colonne 238-254.
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1. La precedente tradizione
Secondo il racconto di Gen. 17, 9-14 (cfr. At. 7, 8), l’origine della
circoncisione in Israele sarebbe legata alla persona di Abramo, rivestita già
di un carattere sacro in quanto imposta da Dio stesso quale contrassegno
fisico dell’alleanza da lui offerta al devoto patriarca e alla sua discendenza.
In altri testi invece sembra istituita in tempi più recenti, essendo ricollegata
o al tempo in cui Mosé dimorò tra i Madianiti (Es. 4, 24-26) o anche a quando gli Israeliti fecero il loro ingresso nella terra di Canaan (Gios. 5, 2-9).
Probabilmente fu mutuata da altre popolazioni semitiche, per le quali
aveva già un carattere religioso e sociale insieme. Infatti, venendo praticata
generalmente all’età della pubertà e in vista del matrimonio, è probabile che
con essa si tendesse ad assicurare la fertilità e a scacciare gli spiriti maligni.
Il sangue versato nel praticarla era in qualche modo come un sacrificio di
iniziazione, mediante il quale il giovane circonciso veniva inserito stabilmente nel seno della sua tribù di appartenenza, con la sua religione e le sue divinità, e allo stesso tempo era abilitato alla vita sessuale e alla procrezione3.
Un indizio del fatto che all’inizio la circoncisione anche presso gli Ebrei
si praticasse non sui neonati ma in rapporto alle nozze potrebbe essere
l’oscuro episodio di Es. 4, 24-26, in cui, dopo aver circonciso il figlio,
Zippora dice a Mosè suo marito: “Tu sei per me uno sposo di sangue”.
Ugualmente significativo è l’altro episodio, nel quale i figli di Giacobbe
chiedono e ottengono dagli incirconcisi Sichemiti di sottoporsi al rito della
circoncisione come condizione previa per concedere la loro sorella Dina in
moglie a Sichem che l’aveva violentata (Gen. 34). La ragione è chiaramente esposta in questi termini: “Non possiamo dare la nostra sorella ad un
2. Per una ricostruzione storica di questo periodo, oltre ai due libri canonici dei Maccabei e
alle Antiquitates di G. Flavio, cfr. E. Schürer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù
Cristo, vol. 2, Brescia 1985, 177-261; J. A. Soggin, Storia d’Israele, Brescia 1984, 431452; S. Saulnier - C. Perrot, Storia d’Israele, vol. 3, Dalla conquista di Alessandro Magno
alla distruzione del tempio, Roma 1988, 90-123; più particolarmente per il giudaismo, cfr.
M.-J. Lagrange, Le Judaïsme avant Jésus-Christ, Paris 1931; P. Sacchi, Storia del mondo
giudaico, Torino 1978; J. Maier, Storia del giudaismo nell’antichità, Brescia 1992.
3. Cfr. M.-J. Lagrange, Etudes sur les religions sémitiques, Paris 1903, 239-243. “Essa è
come una consacrazione, attraverso un sacrificio sanguinoso, della vita sessuale, alla quale
ormai è ammesso il giovane uomo. Tutto quanto riguarda la generazione è tabù per eccellenza, circondato di restrizioni e di precauzioni che rivestono un carattere religioso, sanzionato da leggi severe. Con la circoncisione si diventa fidanzato di sangue… Sembra trattarsi
di un rito di unione, poiché il rito è un rito di iniziazione; la vita si trasmetterà per mezzo di
un organo unito al dio a causa dell’effusione di sangue” (p. 240s.; versione di A. Penna, La
religione di Israele, Brescia 1958; 18s).
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uomo non circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi” (v. 14). Anche se l’episodio si risolve poi in modo negativo e drammatico, si fa
intravvedere che con 1a circoncisione si potrebbe anche formare un solo
popolo tra loro: “Vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo” (v. 16).
Come Gen. 17, 12 così Lev. 12, 3 ne impone l’obbligo all’ottavo giorno
dalla nascita; ma poiché la tradizione che ci tramanda questa usanza è di
origine sacerdotale e relativamente tardiva, è possibile che nella fase più
antica la circoncisione fosse praticata nell’età della pubertà e solo progressivamente, col passare di molto tempo, si sia giunti all’uso generalizzato
dell’ottavo giorno. Del resto anche per il suo significato religioso gli studiosi sono d’accordo nel ritenere che si ebbe un lento sviluppo. Il De Vaux, ad
esempio, scrive: “L’importanza religiosa della circoncisione non si affermò
che lentamente. Le leggi del Pentateuco ne fanno cenno solo incidentalmente, a proposito della partecipazione alla Pasqua (Es. 12, 44.48), a proposito
della purificazione della donna dopo il parto (Lev. 12, 3), in paragone con
i primi frutti degli alberi (Lev. 19, 23). Solo durante l’esilio la circoncisione
divenne il segno distintivo dell’appartenenza a Israele e a Jahweh”4.
Tanto il De Vaux quanto altri fanno rilevare che questo significato in
senso nazionale e religioso si affermò nel momento in cui i figli d’Israele
si trovarono a vivere in mezzo a popoli che non la praticavano e che la sua
importanza si accrebbe quando, dopo l’esilio, divenne, insieme al riposo
del sabato, il segno dell’accettazione del giudaismo; quando, cioè, i proseliti furono obbligati a circoncidersi prima di essere ammessi a professare la
fede d’Israele, i cui primi esempi si hanno in Gdt. 14, 10 ed Est. 8, 17 nel
testo dei LXX5.
2. L’infatuazione per l’ellenismo
Dopo l’esilio babilonese, con l’affermarsi del rigido separatismo da tutti gli
altri popoli del mondo circostante, quale si era imposto con la riforma reli4. R. De Vaux, Le istituzioni dell’Antico Testamento, Torino 1964, 58.
5. Cfr. G. Cornfeld (a c.), Circoncisione, in “Enciclopedia biblica illustrata”, vol. 1, Torino
1976, 244; si veda anche Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo biblico, Milano 1986, 164. Analogamente si fece anche in seguito con tutti i proseliti, che dal paganesimo
si convertivano alla religione giudaica. Dopo un appropriato periodo di preparazione, dovevano sottoporsi alla circoncisione, quindi a un bagno rituale completo e infine offrire un
sacrificio, come segno di accettazione del culto nel tempio (cfr. J. Maier, Il Giudaismo del
secondo tempio, Brescia 1991, 364-367).
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giosa, politica e amministrativa operata da Esdra e Nehemia, l’importanza
della circoncisione crebbe enormemente, divenendo il segno distintivo dell’appartenenza alla nuova comunità, la quale per altro aveva nella Torah la
sua propria legge di stato, ufficialmente riconosciuta dai sovrani persiani
prima e da quelli ellenistici dopo di loro. All’intorno però, in tutti i territori
amministrati da questi ultimi, andava contemporaneamente affermandosi
l’ellenismo con la sua cultura, il suo modo di vivere e la stessa religione
importata dalla Grecia. Sicchè insensibilmente anche la piccola nazione
giudaica, nonostante il separatismo e l’obbligo della non-commistione
(ajmaxiva) in vigore da qualche secolo, ne restò coinvolta, al punto da provocare, all’interno della comunità, il malcontento di molti e il sorgere di
un movimento di opposizione al regime vigente.
Confrontandosi col mondo circostante, rigurgitante di libertà di divertimenti e d’interessi culturali, non pochi, presi quasi da un complesso di
inferiorità, iniziarono a frequentare e a mischiarsi con i pagani, meditando
già un passaggio in massa all’ellenismo (1 Macc. 1, 11-12). Il movimento
trovò il suo interprete autorevole nella famiglia stessa del sommo sacerdote in carica, Onia. Il fratello di costui, il cui nome era Gesù ma si faceva
chiamare Giasone alla maniera greca, aspirando a prenderne il posto, si
recò nella capitale Antiochia dal sovrano Antioco IV (175-164 a.C.), appena salito al trono, e con l’offerta di una fortissima somma ne ottenne non
solo l’agognata carica di sommo sacerdote, ma anche l’autorizzazione a
fare di Gerusalemme una città di tipo ellenistico (2 Macc. 4, 7-9).
Fu questo l’inizio della grande crisi, che progressivamente coinvolse
tutte le istituzioni proprie del popolo giudaico, a incominciare proprio dalla circoncisione. Vediamo subito come la vita nella polis greca, infatti, poggiava sempre su alcune strutture di fondo, tra le quali immancabilmente
c’era sempre la costruzione di un ginnasio e la creazione di una efebia, che
difatti il nuovo sommo sacerdote si affrettò a realizzare, non appena tornato a Gerusalemme (1 Macc. 1, 14; 2 Macc. 4, 12).
Il ginnasio (gumnavsion) era un luogo dedicato prevalentemente all’attività sportiva e culturale, posto in genere fuori della città e aperto a tutti.
Comprendeva una pista e una palestra con un insieme di edifici, piscine e
spogliatoi con tutto l’occorrente per i vari giochi che vi si svolgevano. Era
frequentato soprattutto da giovani efebi, che vi si esibivano completamente nudi (di qui il nome ginnasio, dall’ aggettivo gumnov", nudo), in competizioni di corsa, lotta, lancio del disco e del giavellotto. L’efebia a sua volta
era un’associazione di giovani, che avevano raggiunta la pubertà, dai diciotto ai venti anni; venivano addestrati alle armi e preparati ad affrontare
la vita pubblica. Portavano capelli corti, un mantelletto e il petaso (il
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pevtaso" di cui parla 2 Macc. 4, 12), un cappello leggero a larghe tese, simile a quello con cui talvolta è rappresentato Mercurio o Ermes, a cui
difatti era sacro. Serviva ai giovani efebi, che ne andavano fieri, per ripararsi dal sole durante le loro esercitazioni all’aperto.
Apparentemente queste innovazioni introdotte da Giasone potrebbero
sembrare insignificanti e forse come tali furono giudicate all’inizio da
taluni abitanti di Gerusalemme, specialmente della nobiltà. C’era un particolare però, che non poteva non destare riserve e meraviglia. I giovani
ellenisti erano abituati alla nudità totale, per cui anche nelle esercitazioni
ginniche si comportavano con la più grande naturalezza. Per gli Ebrei invece la nudità era qualcosa di disdicevole e di vergognoso. Inoltre i giovani giudei erano circoncisi fin dalla nascita e questo particolare non poteva
sfuggire ai loro coetanei ellenisti, che per conseguenza li deridevano e ne
facevano oggetto di scherno.
Per rimediare a questo inconveniente, forse non previsto all’inizio, si cercò di nascondere le tracce della circoncisione, sottoponendosi a una operazione chirurgica, detta epispasmo, con cui si cercava di creare una specie di
prepuzio artificiale6. In questo senso 1 Macc. 1, 15 afferma che i filoellenisti
giudei “si fecero dei prepuzi” (ejpoivhsen eJautoi'" ajkrobustiva"), aggiungendo subito dopo “e si staccarono dalla santa alleanza e così si posero sotto il
giogo delle genti e si vendettero come schiavi per fare il male”. Il giudizio è
molto pesante, ma fa capire subito quale grande valore religioso e sociale
l’autore del libro attribuisse alla circoncisione in se stessa e per riflesso alla
sua cancellazione e a qualunque mascheramento di essa.
Secondo il testo citato, coloro che volontariamente si privano o fanno
scomparire il segno della circoncisione dal proprio corpo sono dei traditori,
apostati dalla fede dei padri (aJpevstasan), che automaticamente si mettono
fuori del proprio popolo, ripudiando allo stesso tempo l’alleanza (diaqhvkh)
che Dio ha offerto ad Abramo e alla sua discendenza, di cui la circoncisione
è il segno dimostrativo a modo di sigillo (Gen. 17, 10; Es. 24, 3-8).
Quale forza evocativa avesse il termine “alleanza” (diaqhvkh) per l’autore di 1 Macc. si può intuire in pieno dalle parole che egli stesso attribuisce al vecchio sacerdote Mattatia, quando si ribella all’ordine di sacrificare
agli idoli e dà inizio al suo movimento di resistenza ad oltranza contro la
potenza occupante, incitando gli altri a seguirlo, al grido di: “Chiunque ha
6. Epifanio, De mensuris, 16 (P. G. 43, 264) ne parla in questi termini: “Glandis cuticulam
attrahentes consuunt ac glutino circumstringunt”. Era un’ operazione dolorosissima e molto
costosa, che è biasimata anche da S. Paolo (1 Cor. 7, 18), anche se per motivi diversi. Coloro che vi si sottoponevano in ebraico erano chiamati meshukim, ricuciti.
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zelo per la legge e sta per l’alleanza, venga dietro di me!” (1 Macc. 2, 27).
Qui “legge” e “alleanza” sono quasi la stessa cosa e colgono nell’essenza
la religiosità ebraica, che vedeva nell’alleanza con Jahveh il suo privilegio
unico ed esclusivo, nella legge la condizione indispensabile per mantenersi
in essa, e nella circoncisione il segno che ricordava a ciascuno l’impegno
assunto personalmente con Dio7.
Se dobbiamo stare alla lettera del testo, coloro che si adoperavano per
rifarsi dei prepuzi artificiali, si sottraevano pure dall’obbligo di osservare
la Torah, che era strettamente connessa con il vincolo sacro contratto con
la circoncisione, e si fecero schiavi volontari degli aborriti pagani, abbracciando le loro leggi, i loro usi e costumi, per giunta pagando caro il passaggio tra loro, proprio come aveva fatto il loro capo Giasone col re
Antioco IV (2 Macc. 4, 8-9). La legge proibiva rigidamente ogni relazione
con i popoli pagani (Es. 23, 32; Dt. 7, 1-4) e similmente fu decretato all’epoca lella riforma di Esdra e Nehemia (Esd 9, 1-2; 10, 11; Neh 9, 2; 10,
31; 13, 1-3)8. Per conseguenza quanto operato da Giasone e seguaci costituiva, oltretutto, una violazione della legge; e tale sarà sempre considerato,
come si vedrà meglio in seguito.
3. La persecuzione di Antioco IV Epifane
Coloro che ricorsero all’intervento chirurgico per nascondere la
circoncisione probabilmente non furono tantissimi, ma neppure pochi. Inoltre doveva essere anche costosa. Parlando del menzionato sommo sacerdote usurpatore Giasone, 2 Macc. 4, 12 ci informa che egli, nel suo fervore di
ellenizzare la città santa, “con gioia eresse un ginnasio, proprio sotto
l’acropoli e indusse i migliori giovani a portare il petaso”. Poiché, come
detto, il petaso era il cappello degli efebi che si esibivano nudi nelle competizioni ludiche, è da pensare che questi giovani, qualificati come “migliori” sicuramente perché appartenenti alle famiglie dell’aristocrazia
gerosolimitana, siano gli stessi di cui il 1 Macc. 1, 15 dice genericamente
che “si fecero dei prepuzi (artificiali) e si staccarono dalla santa alleanza”.
7. Cfr. A. Penna, “Diatheke e syntheke nei libri dei Maccabei” in Biblica 46 (1965) 149-
180.
8. Sul testo di 1 Macc. 1, 11-15, relativo all’operato dei filoellenisti di Gerusalemme, cfr. J.
A. Goldstein, I Maccabees, New York 1976, 199-201. L’autore non ritiene che si trattasse
di apostasia completa dalla fede dei padri; A. Penna (I libri dei Maccabei, Torino 1953, 48)
invece la dà per certa.
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Fin qui la condanna di quanti rinnegavano la loro circoncisione, quali
apostati e traditori della propria fede, era giustificata perché il loro gesto
non era stato occasionato da alcuna forza esterna, né imposto da un qualsiasi ordine che costringesse ad abbracciare la religione dei pagani, tagliando i ponti con la religione dei propri padri. Ancora oggi la conversione e il
passaggio ad una religione diversa da quella in cui si è nati, in tantissimi
ambienti, sono presi come un venir meno ai vincoli di sangue che legano
alla famiglia e con essa al proprio clan e al proprio popolo. Quando non si
giunge a vendicare col sangue l’offesa del “tradimento”, quanto meno si è
messi al bando.
Per la piccola nazione giudaica, però, il peggio doveva ancora giungere.
Infatti, trascorso appena qualche anno dall’introduzione ufficiale
dell’ellenismo in Gerusalemme, il re Antioco, fantasticando di poter fare del
suo regno una comunità di popoli, tutti uniti nella pratica di una sola religione, con un editto impose anche in Giudea, come sinteticamente si esprime G.
Flavio, il culto degli dei in cui egli credeva9, vietando sotto pena di morte
tutte le manifestazioni religiose legate alla fede jahwistica. L’autore del 1
Macc. nel capo 1, 44-49 fornisce un elenco dettagliato delle cose proibite.
Oltre alla profanazione del tempio, operata in concomitanza, e alla conseguente cessazione della liturgia dei sacrifici, si ordinava esplicitamente di
“profanare il sabato e le feste” (v. 45: bebhlw'sai savbbata kai; eJortav") e di
“lasciare i loro figli incirconcisi”(v. 48), “sicché si dimenticassero della legge (w{ste ejpilaqevsqai tou' novmou) e cambiassero le tradizioni” (v. 49).
Chi curò la redazione dell’editto di Antioco doveva essere un buon conoscitore della vita e della religione giudaica, giacché nell’elenco sono individuati con esattezza i due elementi forti di essa, il sabato e la
circoncisione, la cui osservanza toccava direttamente la coscienza di ogni
singola persona; il sabato come espressione di fede individuale e sociale
insieme, la circoncisione come segno dell’appartenenza personale al popolo dell’elezione. Per la circoncisione soprattutto ha valore la notazione finale, mediante la quale l’autore esprime lo scopo che Antioco e i suoi
cortigiani si erano prefissi: “perché si dimenticassero della legge”, la quale
ovviamente non poteva essere che la Torah (per l’espressione usata nel testo, cfr. Is. 24, 5; Os. 4, 6; Sal. 119, 61.109).
La legge, infatti, è parte essenziale dell’alleanza e la condizione per tenerla in vita. Quando non si compiono le opere stabilite nella legge, si viene
meno alla promessa e all’impegno che ci si è assunti nel contrarla. Sintetica-
9. G. Flavio, Ant. Jud., 12, 7.
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mente per l’alleanza contratta ai piedi del Sinai, il popolo di Mosè esprimeva questo impegno, quando affermava: “Quanto il Signore ha ordinato, noi
lo faremo e lo eseguiremo” (Es. 24, 7)10. Se, dunque, la circoncisione è il
segno e il memoriale vivente dell’alleanza contratta con Dio, quando la si fa
sparire o non si pone affatto, l’alleanza decade e con essa pure l’obbligazione della legge. In questo senso pare che l’autore del testo citato voglia cogliere l’intento della proibizione. Abolita la circoncisione all’ottavo giorno,
i bambini sarebbero cresciuti fuori della religione dei padri, sganciati in qualche modo anche dai legami con la propria gente11.
Nell’editto era stabilito che “chiunque non avesse agito secondo l’ordine del re, sarebbe stato messo a morte” (1 Macc. 1, 50). Gli ispettori, incaricati di farlo eseguire, furono davvero implacabili e crudeli su questo punto.
Lo fa rilevare bene il testo sacro, quando afferma che “secondo l’editto,
mettevano a morte le donne che avevano fatto circoncidere i loro figli, con
gli stessi bambini sospesi al collo, con i loro familiari e con quelli che avevano praticato la circoncisione” (1 Macc. 1, 60s.). Il testo di 2 Macc. 6, 10
a sua volta precisa che due donne, deferite per aver fatto circoncidere i loro
figli, con gli stessi figli appesi al seno, furono condotte in giro pubblicamente per la città e precipitate giù dalle mura12. Senza dubbio si voleva
spaventare, allo scopo di stroncare la pratica del rito. L’episodio però mette
in risalto l’attaccamento delle donne all’osservanza scrupolosa alle pratiche
religiose nazionali, fino al punto di esporsi a sicuro pericolo di vita, pur di
soddisfare a ciò che credevano un loro dovere di fronte a Dio.
Per quanto possiamo capire, quella che ci descrivono i due libri dei
Maccabei fu una vera persecuzione religiosa, che mirava alla completa sparizione della fede in Jahweh in tutte le forme in cui essa si esprimeva.
Come delle due madri appena ricordate, insieme ai loro bambini e a coloro
che materialmente avevano prestato la loro opera per l’operazione, si conosce pure la storia del martirio di un vecchio dottore della legge, di nome
10. Cfr. A. Sisti, Alleanza. Legge e promessa nel contesto della Bibbia, in V. Battaglia (a
c.), Vivere l’alleanza, Vicenza 1988, 13-36.
11. Nei libri dei Maccabei la legge ha un’enorme importanza, che risulta già dalle sole abbondantissime ricorrenze nel testo, ove il termine novmo" si conta complessivamente oltre
cinquanta volte, equamente ripartite tra il primo e il secondo libro. Il tema andrebbe approfondito. Qui basta dire che almeno per il primo libro il termine ingloba tutta la religiosità di
Israele. Sicché schierarsi dalla parte degli ellenisti era un “abbandonare la legge” (1 Macc.
1, 52), mentre ribellarsi alle imposizioni del governo pagano, rimanendo fedele alla propria
fede, era “aver zelo” e “operare per zelo verso la legge” (1 Macc. 1, 57; 2, 26.27.50).
12. G. Flavio, Ant. Jud., 12, 256 parla invece di donne crocifisse con i loro bambini sospesi
al collo.
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Eleazaro (2 Macc. 6, 18-31), e di una madre anonima, uccisa dopo averla
costretta ad assistere all’uccisione straziante dei suoi sette figli (2 Macc. 7,
1-42), in ambedue i casi facendo loro violenza perché ingoiassero carne di
porco, animale sommamente impuro per la legge mosaica (Lev. 11, 7; Dt.
14, 8; cfr. Is. 65, 4)13.
Per la stessa via, con l’offerta di animali legalmente immondi, si volle profanare il tempio di Gerusalemme, il luogo più sacro che gli Ebrei avessero in
quel tempo. In tal modo e in altri che il testo menziona (cfr. 1 Macc. 1, 41-64)
si voleva ad ogni costo costringere con la forza il popolo tutto ad abbracciare
e a praticare la religione pagana con il culto delle tante divinità da essa proposte. Può essere, come vedremo, che davanti alla minaccia dei supplizi e della
morte, alcuni per paura si siano piegati. Ma il fatto che delle donne deboli e
indifese abbiano trovato il coraggio di affrontare perfino la morte sta a dimostrare quanto stesse loro a cuore che i loro figli fossero circoncisi.
4. Lo zelo dei Maccabei
È difficile immaginare con esattezza ciò che avvenne tra gli abitanti della
Giudea a seguito della persecuzione scatenata dall’Epifane. Probabilmente, però, non si va lontano dal vero ipotizzando una profonda e larga spaccatura: da una parte i simpatizzanti dell’ellenismo, che furono ben lieti di
aderire alle richieste del re; dall’altra la gran massa del popolo, che nella
sua semplicità rimase legata alle leggi e alle tradizioni dei padri, rifiutando
di accettare qualunque cambiamento. Forse alcuni si saranno uniti ai primi
soltanto per paura delle minacce e dei tormenti, che vedevano inflitti a coloro che erano scoperti o anche denunciati da parte dei rinnegati, come nel
caso delle due madri già ricordate, deferite per aver circonciso i loro bambini, nonostante le pene a cui sapevano di andare incontro (2 Macc. 6, 10).
Gli altri però, seguendo l’esempio del sacerdote Mattatia e dei suoi figli (1
Macc. 2, 1-28; 2 Macc. 5, 27), preferirono vivere di stenti nel deserto,
anzichè rinnegare la propria fede (1 Macc. 2, 29-30).
Sono proprio questi fuggiaschi che ridaranno fiducia al popolo e riscatteranno l’onta vergognosa dell’apostasia, iniziando proprio col ristabilire la
pratica della circoncisione. L’autore del 1 Macc., volendo dare fin dal principio del suo racconto un quadro di quanto fu operato dal gruppo degli in13. Si veda pure l’accanimento contro coloro che si ostinavano a celebrare il sabato, anche
di nascosto nelle grotte in cui si erano rifugiati. Denunciati anch’essi, come le due donne,
da fanatici traditori, furono bruciati vivi sul posto (2 Macc. 6, 11).
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sorti, in temini che si addicono più alla teologia che alla storia, scrive che
essi formarono in breve un esercito di volenterosi, i quali “nella loro ira
colpirono molti loro connazionali, peccatori e iniqui, mentre i restanti, per
salvarsi, furono costretti a rifugiarsi presso i pagani”. Quindi precisa:
“Mattatia e i suoi amici fecero poi un giro nel paese e distrussero gli altari
pagani. Circoncisero a forza i bambini incirconcisi che trovarono nel territorio d’Israele e diedero la caccia ai figli della superbia”, impersonati dagli
uomini del regno seleucida (1 Macc. 2, 44-47).
Abbiamo in questi quattro brevi versetti la presentazione di una lotta
accanita in continuo svolgimento, i cui attori sono i giudei insorti al seguito di Mattatia, che non volevano piegarsi alla rigide imposizioni del re di
Siria. Sono essi che si muovono operando incursioni in tutto il paese e,
impugnate le armi, attaccano sia i pagani “peccatori” (così qualificati anche in 2, 62), sia i propri connazionali “iniqui” o “senza legge”, che avevano rigettato la Torah (v. 44). Sul piano delle cose, distruggono altari e
tempietti, eretti un pò dovunque in abbondanza (v. 45) mentre secondo il
Flavio uccidevano pure gli apostati14. In pratica, in quel primo periodo della resistenza, non potevano far altro per recuperare la loro libertà religiosa
e civile, fino a quando non avessero potuto restaurare in pieno il regime
della Torah, imperiosamente abolito. Il loro zelo invece li spingeva pure a
circoncidere i bambini, su cui il rito non era stato praticato (v. 46).
Varie sono le domande che si possono porre relativamente a quest’ultima notizia, allo scopo di definirne il significato e la portata. La prima riguarda le persone stesse che erano sottoposte alla circoncisione forzosa.
Erano bambini ebrei o anche di altre genti? L’indicazione spaziale “nel territorio d’Israele” (eJn oJrivoi") non permette di definirne subito gli esatti confini, perché il nome Israele nella tradizione designava il regno del nord in
opposizione al sud, che era il regno di Giuda, ove in massima parte si erano stanziati quanti erano tornati dall’esilio. Nello stesso libro, però, troviamo che in seguito Giuda Maccabeo, occupata Gerusalemme e purificato il
tempio nell’autunno del 164 a.C., si preoccupa dei correligionari sparsi tra
i pagani nelle regioni all’intorno della Giudea, iniziando dall’Idumea e seguendo poi una linea circolare che passa per la terra degli Ammoniti, quindi nel Galaad, in Galilea e in Filistea (1 Macc. 5).
In questo lungo capo 5 di 1 Macc. si parla di Israeliti ai vv. 3.9.45 in
senso etnico, ma non di Israele in senso geografico, come in 2, 46. È probabile, perciò, che i bambini che furono circoncisi nel territorio compreso
14. G. Flavio, Ant. Jud., 12, 8, 3.
IL VALORE DELLA CIRCONCISIONE
43
“entro i confini d’Israele” fossero figli di giudei, dimoranti nella regione
della Giudea. La ragione che induce a credere a questa possibilità è soprattutto il fatto che l’autore fornisce la notizia all’inizio del movimento di riscossa, quando gli uomini raccolti intorno a Mattatia erano ancora pochi.
Comunque, il sapere che c’erano delle famiglie giudaiche, che non avevano fatto circoncidere i loro bambini all’ottavo giorno dalla nascita, fa
cadere la fede nella compattezza degli Ebrei in tale delicato momento, in
cui erano chiamati a dar prova della loro fedeltà alla Torah e alle tradizioni
dei padri. La causa da cui potevano essere spinti a trascurare il rito fondamentale della circoncisione poteva essere diversa, a seconda dello schieramento scelto e adottato. Se erano filoellenisti, allora la circoncisione per
loro non aveva più senso. Se invece non lo erano, l’unica attenuante può
essere stata la paura di essere scoperti o denunciati e di andare incontro alle
terribili pene, alle quali erano state sottoposte le madri ricordate sopra (1
Macc. 1, 60-61).
Mattatia e i suoi adepti invece non avevano alcun timore e nel loro agire erano guidati soltanto dallo zelo per la legge e per l’alleanza (1 Macc. 2,
24.27). Stupisce, però, noi moderni, che sottoponessero con la forza (ejn
ijscuvi>) i bambini al rito doloroso della circoncisione contro la volontà dei
loro genitori. Questo particolare potrebbe essere addotto in prova della non
appartenenza di tutti i bambini trovati incirconcisi al popolo d’Israele. Lo
zelo forse li portava anche a compiere eccessi. Partendo dallo sdegno verso coloro che si piegavano facilmente alle imposizioni del governo centrale, non si limitavano a far opera di persuasione, ma nel loro integralismo
giungevano a includere nei loro sforzi di “purificazione” (gli incirconcisi
erano per loro degli impuri) del territorio nazionale forse anche coloro che
etnicamente non appartenevano alla loro gente.
Può essere che questa interpretazione vada oltre quanto inteso dall’autore. In qualunque modo, lo zelo messo in atto da questi uomini sta a dire
quanto per essi avesse importanza che tutti i bambini, secondo l’indicazione della legge (Lev. 12, 3), fossero circoncisi secondo il rito ricevuto dalla
tradizione e che comunque, se fosse stato omesso, restava sempre l’obbligo di rimediarvi. Perché era il solo modo per entrare a far parte del popolo
dell’alleanza, inteso come unità etnica, religiosa e politica15.
A questo proposito sarà interessante richiamare alcune informazioni,
che lo storico Giuseppe Flavio ci fornisce circa la politica seguita in questa
15. Cfr. M. Grandclaudon, Les livres des Maccabées, Paris 1951, 39; M. Laconi, Primo e
secondo libro dei Maccabei, Torino 1960, 88.
44
A. SISTI
materia dagli immediati eredi e successori dei fratelli Maccabei. Iniziando
da Giovanni Ircano (134-104 a. C.), figlio e successore di Simone (cfr. 1
Macc. 16, 18-24), ci viene detto che, vinti gli Idumei, li obbligò a farsi
circoncidere e a sottomettersi all’osservanza della Torah rendendoli così
giudei di religione, ma non di sangue16.
Lo stesso fece il successore Aristobulo I (104-103 a.C.), il quale, nonostante che fosse personalmente filoellenista, dopo che si ebbe annessa parte dell’Iturea, impose la circoncisione ai suoi abitanti, essendo persuaso che
essa dovesse distinguere tutti i suoi sudditi17. Più drastico ancora fu il successore Alessandro Janneo (103-76 a.C.), che minacciò di sterminio gli
abitanti della Decapoli, se non si fossero sottoposti al rito della
circoncisione18. Evidentemente questi principi asmonei, che erano anche
sommi sacerdoti, pensavano che non si potesse essere buoni sudditi se non
si accettava la Torah come legge dello stato e con essa la circoncisione, con
la quale si diveniva appunto “figli della legge”.
5. L’influenza sui posteri
La giustificazione addotta dai principi asmonei per imporre la circoncisione
alle piccole nazioni pagane dei territori da essi conquistati, era più di ordine politico che religioso. Non mancarono però persone che si incaricarono
di escogitare e proporre ragioni di ordine superiore, rifacendosi direttamente all’autore divino della legge. Ne possiamo leggere ancora alcune in opere della letteratura apocrifa, ma anche in scritti di particolari autori come
Filone e Giuseppe Flavio. A noi interessano quelle relative alla circoncisione; ma ve ne sono anche per altre istituzioni del giudaismo, e più in
genere per la Torah tutta intera. Può essere interessante per percepire fino
in fondo lo spessore della stima e del valore che già all’epoca dei Maccabei
si attribuiva a tale rito iniziatico, fare una breve rassegna dei testi letterari
più significativi che ne parlano di proposito o anche occasionalmente.
Il primo in ordine cronologico pare che sia il Libro dei Giubilei, il quale con molta probabilità fu composto proprio al tempo dei ricordati principi asmonei, di cui abbiamo appena parlato. Scopo dell’opera si pensa sia
stato precisamente quello di “dimostrare che la legislazione d’Israele era
16. G. Flavio, Ant. Jud., 13, 17, 1.
17. G. Flavio, Ant. Jud., 13, 19, 4.
18. G. Flavio, Ant. Jud., 13, 23, 2.
IL VALORE DELLA CIRCONCISIONE
45
in vigore già precedentemente e in forma ancora più rigorosa”, facendola
risalire fantasticamente al periodo delle origini del popolo ebreo, il cui esatto significato sarebbe stato rivelato personalmente a Mosè19.
L’autore di questo scritto conosce e raccomanda la circoncisione del cuore, presentandola come una purificazione interiore, che Dio stesso si incaricherebbe di operare “recidendo il prepuzio del cuore” di coloro che “tornano
a lui in tutta rettitudine con tutto il cuore e con tutta l’anima” (Giub. 1, 23)20.
Ma è la circoncisione del corpo che gli sta sommamente a cuore e ne parla a
lungo in almeno due luoghi, rifacendosi ad antichi testi biblici, da cui trae
motivo per inculcarne l’obbligatorietà e spiegarne il significato di fondo.
Il primo testo è molto diffuso e si estende per quasi tutto il capitolo
decimoquinto del libro. Dopo aver riportato quasi alla lettera le parole di
Gen. 17, 9-14 con cui Dio stringe alleanza con Abramo e gli impone la
circoncisione come sigillo, l’ignoto autore prosegue ampliando il discorso e
adattandolo ai suoi scopi. “Questa legge è per tutte le generazioni di qui all’eternità… perché è una legge eterna, ratificata e scritta sulle tavole del cielo. E chiunque non venga circonciso entro l’ottavo giorno non appartiene ai
figli dell’Alleanza che il Signore ha stabilito con Abramo, ma ai figli della
rovina; perché manca in lui il segno che egli è del Signore, ma è destinato ad
essere mandato in rovina e ucciso fuori della sua terra e cancellato dalla faccia della terra perché ha violata l’alleanza del Signore nostro Dio. Poiché tutti gli angeli della presenza e tutti gli angeli della santificazione sono stati
creati tali sin da giorno della loro creazione; e dinanzi agli angeli della presenza e agli angeli della santificazione egli ha santificato Israele, fosse con
lui e con tutti i santi angeli” (Giub. 15, 25-27)21.
È sensibile in questo testo come nel seguito di esso lo sforzo di persuadere i lettori con tutti gli argomenti immaginabili, tra cui c’è anche l’affermazione che perfino gli angeli sarebbero stati creati circoncisi, a significare
la loro santità, di cui anche i figli d’Israele sarebbero resi partecipi mediante la loro circoncisione. Colui che scrive, tuttavia, sa che taluni di questi
figli sono venuti meno alla legge divina e perciò aggiunge in forma
profetica: “Vi sarà sui figli d’Isarele una grande ira da parte del Signore,
perché hanno violato il suo patto… e non vi sarà per essi remissione e perdono per questo errore eterno” (Giub. 15, 33-34). A questo proposito rileva
19. J. Bonsirven, La Bibbia apocrifa, Milano 1962, 64. Cfr. Lagrange, Le Judaïsme, 116-
122; P. Sacchi (a c.), Apocrifi dell’Antico Testamento, vol. 1, Torino 1981, 181-207.
20. Testo completo nel citato volume di Sacchi, Apocrifi dell’A.T., 220.
21. Versione da Bonsirven, La Bibbia apocrifa, 79; testo completo in Sacchi, Apocrifi
dell’A.T., 288-290.
46
A. SISTI
P. Sacchi: “Questa difesa della circoncisione è indizio di una crisi in atto e
questa non può essere che quella del II sec. a.C.”22.
Il secondo testo lo troviamo nel capitolo trentesimo, in cui l’autore riprende e commenta a lungo l’episodio doloroso della giovane figlia di
Giacobbe, Dina, violentata dai Sichemiti, ma vendicata dai suoi fratelli, che
non accettano il matrimonio riparatore perché incirconcisi (Gen. 34). L’autore insiste molto sulla proibizione del matrimonio di un’ebrea con un pagano, ripetendo sostanzialmente la risposta data dai figli di Giacobbe: “Non
diamo una nostra figlia ad un uomo che abbia il prepuzio, perché per noi è
un obbrobrio” (Giub. 30, 12). Il valore di quest’ultimo vocabolo è messo
in risalto dalle minacce divine, che l’autore espone subito dopo per coloro
che non rispettano tale proibizione23.
Sicuramente più tardivo del precedente è l’Assunzione o Testamento di
Mosè, la cui composizione è assegnata al sec. I d.C. Redatto in forma di
testamento che Mosè lascia a Giosuè, adotta anch’esso il genere letterario
profetico per esporre le sue idee di aperta condanna contro ogni commistione con i popoli pagani e più particolarmente, sembra, contro le autorità
romane allora imperanti24. Ispirandosi probabilmente a quanto era avvenuto all’epoca di Antioco IV, in forma profetica parla di una gravissima persecuzione, che colpirà anche l’istituto della circoncisione.
“Su di loro verrà vendetta e collera, come tali furono mai, sino al giorno in cui egli susciterà contro di essi un re dei re e un sovrano dalla potenza immensa, che crocifiggerà coloro che confesseranno di essere circoncisi.
E coloro che tenteranno di nascondere la loro circoncisione, verranno torturati e incatenati e gettati in carcere. E le loro donne saranno poste al servizio degli dèi delle nazioni; e i loro figli saranno operati da medici che
rifaranno loro i prepuzi. E altri saranno sottoposti alla tortura, col ferro e
col fuoco, e saranno costretti a portare pubblicamente i loro idoli, impuri
al pari dei loro santuari. E i loro carnefici li costringeranno anche ad entrare nei loro templi, a bestemmiare e oltraggiare il nome (del Signore) e infine a sacrificare sui loro altari”25.
Il testo non fornisce alcuna considerazione sul valore della circoncisione, ma il fatto di presentarla come motivo di persecuzione sta ad indicare che essa era considerata come elemento distintivo e inalienabile della
22. Sacchi, Apocrifi dell’A.T., 290.
23. Cfr. Sacchi, Apocrifi dell’A.T., 47.
24. Su questo scritto, cfr. Lagrange, Le Judaïsme, 237-242; O. Eissfeldt, Introduzione al-
l’Antico Testamento, vol. 4, 107-110.
25. Versione da Bonsirven, La Bibbia apocrifa, 191.
IL VALORE DELLA CIRCONCISIONE
47
fede giudaica. In fondo la posizione di questo scritto è la stessa che abbiamo incontrato nei due libri dei Maccabei.
Diversa è invece la posizione di Filone di Alessandria, il quale sembra tener conto delle difficoltà che il rito incontrava nella presentazione al mondo
pagano. Nelle sue opere della prima metà del sec. I d.C., egli mostra di conoscere e di apprezzare la circoncisione intesa in senso spirituale; ma quando ne
tratta specificamente, insiste soprattutto su quella fisica26. Secondo R. Meyer,
“la difesa filoniana della circoncisione si svolge lungo queste linee: la
circoncisione è necessaria per ragioni igieniche, è del tutto conveniente a un
popolo di sacerdoti (i sacerdoti egizi forniscono un esempio opportuno), rende l’organo responsabile della vita fisica simile al cuore che genera i pensieri
più alti, favorisce la procreazione e procura una prole più numerosa”27. Nulla
ci dice della sua importanza come segno dell’alleanza. Flavio invece, ricordando il testo di Gen. 17, ove la circoncisione è messa in diretta relazione con
l’alleanza, afferma che Abramo ricevette tale ordine, “volendo che la sua discendenza si conservasse distinta dalle altre genti”28.
Sappiamo che in seguito l’imperatore Adriano (117-138 d.C.), a somiglianza di Antioco IV, la proibì in modo rigoroso per tutto l’impero. In conseguenza, come già all’epoca dei Maccabei, molti ricorsero alla pratica
dell’epispasmo per coprire gli effetti dell’operazione subita da bambini. Ad
evitare che ciò si potesse ripetere, i rabbini introdussero nel rituale della
circoncisione regole minutissime e precise, tali che doveva essere reso impossibile il ricorso al solito epispasmo per cancellarne o coprirne i segni.
La ragione di fondo da essi addotta è che con il taglio del prepuzio si ottiene il versamento del sangue dell’alleanza; il sangue, cioè, necessario quale
sacrificio per essere ammessi all’alleanza, che Abramo contrasse con
Jahweh per sé e per i suoi discendenti29. Praticamente è su queste regole
che si basa il rituale ancora oggi in vigore.
Conclusione
Volendo formulare un giudizio complessivo in base a quanto siamo venuti
dicendo circa il valore della circoncisione e della non-circoncisione al tem26. Filone, De specialibus legibus, 1, 1-11.
27. R. Mayer, Peritemno, ecc. in “Grande Lessico del Nuovo Testamento”, vol. 10, Brescia
1975, 45-76 (qui alla p. 63).
28. G. Flavio, Ant. Jud., 1, 10, 5.
29. Si veda a esempio Beresit Rabbâ, 46, 12-13 versione italiana in A. Ravenna, Commento
48
A. SISTI
po dei Maccabei, possiamo seguire due tracce, una di tipo storico, un’altra
di tipo dottrinale.
Sotto l’aspetto storico risulta chiaro che il giudaismo, formatosi in Giudea al ritorno dell’esilio, dovette affrontare la sua prova del fuoco nella
prima metà del sec. II a.C., quando una parte notevole di esso, socialmente
elevato e culturalmente avanzato, promosse l’adozione dei costumi
ellenistici con il conseguente abbandono della Torah come legge dello stato, l’una e l’altro poi imposti a tutti da Antioco IV Epifane con la forza
militare. Ciò produsse in mezzo al popolo una profonda spaccatura, il cui
quasi unico elemento discriminante tra le due correnti di fatto risultò la
circoncisione, rinnegata e abolita dagli uni, praticata e imposta anche con
la forza dagli altri. Nonostante l’appoggio militare delle autorità seleucide,
la prima corrente risultò minoritaria e perdente. L’altra corrente più legata
alla tradizione e numericamente più forte, si battè con estremo coraggio ed
ebbe il sopravvento, facendo del rito della circoncisione il distintivo dell’appartenenza civile e politica al regime da essa instaurato.
Sotto il profilo religioso, che è quello che dà senso e consistenza a
quanto ebbe ad operarsi dai tradizionalisti, dal primo momento della rivolta fino al consolidamento del potere nelle mani degli Asmonei, il pensiero
fondante è uno solo: la circoncisione è il rito e il segno con cui si entra
nell’alleanza con Jahweh e al medesimo tempo si diventa membri effettivi
del popolo eletto di Israele, e quindi, come dice S. Paolo, figli cui appartengono l’adozione, il culto, le promesse, i patriarchi (Rom. 9, 4).
L’alleanza, a cui la circoncisione dà accesso, è un privilegio ma anche
un impegno e un debito verso Dio. Nell’Israele del tempo dei Maccabei,
come dei tempi successivi e di oggi ancora, non si può operare un taglio
netto tra una realtà e l’altra, tra circoncisione e alleanza. In fondo l’individualità e l’unicità di questo popolo non hanno altro fondamento e altra giustificazione.
Adalberto Sisti, ofm
Pontificia Università Urbaniana, Roma
alla Genesi (Bereåit Rabbâ), Torino 1978, 363-364. Per altri testi cfr. J. Bonsirven, Textes
rabbiniques des deux première siècles chrétiens, Roma 1955. Nell’indice analitico, alle pp.
717-718 offre un abbondante e dettagliato indice di tutti i testi, che si riferiscono alla
circoncisione stessa, alla sua origine, al suo rituale e al suo significato.