RD 350/MITO - Altervista

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RD 350/MITO - Altervista
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Special
Paolo D’Ambrosio - Foto: Lorenzo Gargiulo
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Il motore dell’RD 350
può ancora dire la sua
se inserito in una ciclistica leggera ed efficace come quella della
Cagiva Mito. Ecco un
esempio di come si
possa creare una bella
special a 2 tempi in
economia, ma con
tanta razionalità, ingegno personale e una
buona dose di tempo
da passare con gli attrezzi in mano
embra proprio
che il caro vecchio motore a
due tempi, dopo anni di
onorato servizio, non lo voglia più nessuno: bistrattato
dalle Case motociclistiche
anche nelle piccole cilindrate, essenzialmente per
questioni di inquinamento,
è abbandonato pure dai
regolamenti delle corse,
che seguono, come è noto,
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Un bel mix: esteticamente si evidenzia parte dello stile della
Cagiva Mito e parte di quello della Suzuki RGV Gamma 250.
In primo piano la forcella
Showa ex 888 SP5 e il cerchio Marchesini in magnesio
a cinque razze. Il parafango
anteriore è di una Ducati SS.
Si noti il supporto della strumentazione in alluminio.
la falsariga dei primi. Ma
qualcuno che non riesce a
fare a meno dell’odore
acre dell’olio incombusto e
di quel classico tintinnio
ancora c’è. Per Nicola Rolle,
infatti, è una vera e propria
filosofia di vita, visto che
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nel suo garage conserva sei
Yamaha RD 350, alcune radicalmente modificate, come quella di cui stiamo
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trattando. La base di partenza è la ciclistica di una
Cagiva Mito EV del 1995,
mentre il motore è appunto
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Bello il lavoro fatto sul forcellone: la saldatura della capriata di rinforzo è accurata; il braccio destro invece ha la classica
forma a “banana” della Mito. Il cerchio posteriore è sempre Marchesini a cinque razze, ma in alluminio.
il bicilindrico a due tempi,
con perni di biella sfasati di
180°, di una RD 350 del
1986. Si tratta di una special volutamente non raffinata e pregiata, ma estremamente razionale, concreta e soprattutto funzionale. Nella mente del proprietario il progetto era infatti spendere poco (circa
3.500 euro tutto compreso), affidandosi del tutto
alla propria esperienza, alla
propria capacità manuale e
alla fondamentale arte di
sapersi arrangiare, con il
minimo degli attrezzi indispensabili e un trapano a
colonna, ma senza frese e
tornio, fattore che ha comportato parecchie ore di lavoro con la lima in mano. In
questa ottica, la ciclistica
dell’RD 350 ha caratteristiche tipiche delle moto di
oltre vent’anni fa ed è stata
quindi sostituita con una
più moderna proveniente
da una Cagiva Mito. Di quest’ultima sono stati conservati il telaio bitrave in alluminio e il forcellone nello
stesso materiale con il caratteristico disegno del
braccio destro “a banana”,
utile nella moto originale
per far passare in maniera
quasi rettilinea lo scarico.
Qui però si è scelto il passaggio alto degli stessi, con
la conseguente rivoluzione
a livello motoristico della
quale parleremo tra breve.
Sul forcellone è stata aggiunta una capriata di
rinforzo, con una forma tale da non compromettere il
funzionamento del monoammortizzatore, che è
rimasto per ora quello di
L’ammortizzatore posteriore è l’unità di serie della Mito, ma serie, compreso il suo levesono al vaglio elementi più raffinati.
raggio in alluminio; sono
L’estetica è sicuramente ben riuscita, e anche la verniciatura replica, realizzata in casa, è di
buona qualità.
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Un particolare dell’impianto
elettrico: il cavo del tachimetro passa attraverso il parafango per fissarsi su una staffetta interna. Sul disco è posizionato il sensore.
Nella vista di tre quarti spicca il posteriore della Mito, da cui
Si notino i supporti in allumi- fuoriescono i terminali di scarico. Essi eccedono la sagoma
nio del motore e l’airbox in del codino per estendersi della misura necessaria a dare la
ABS, entrambi fatti a mano.
giusta volumetria alle espansioni.
però al vaglio soluzioni più
adatte ai nuovi parametri di
potenza del motore.
Soffermandoci ancora sulla
ciclistica, le quote di interasse, avancorsa e inclinazione del cannotto di sterzo sono rimaste volutamente invariate, poiché costituiscono una base sicura
per equilibrio e performance della moto. La forcella è
la Showa a steli rovesciati
da 41 mm completamente
regolabile di una Ducati
888 SP5, ideale perché calza senza modifiche sulle
piastre di sterzo originali
(che hanno fori da 50 mm
sopra e 54 mm sotto). L’idraulica, giudicata efficiente, è rimasta invariata, ma
sono state modificate le
molle per avere una risposta più adeguata alla massa
notevolmente inferiore rispetto ai 200 kg della 888,
che si attesta a 122 kg in ordine di marcia (61 kg sull’asse anteriore; 61 kg sull’asse posteriore), con tutti
i liquidi e mezzo litro di
carburante nel serbatoio.
Poiché le piastre sono rimaste quelle della Mito, il cui
interasse tra i fori è inferiore
rispetto a quello Ducati, da
cui deriva la forcella, i piedini di quest’ultima e le
pinze dei freni sono stati
fresati per adattarli ai dischi
Brembo in ghisa flottanti da
320 mm di diametro. La
pompa del freno anteriore
è invece l’unità da 16 mm
“scatolata” di serie di una
Ducati SS 900. Sono state
provate pompe freno più
raffinate, ma la frenata era
Il lavoro di integrazione delle parti provenienti da moto diverse è così ben condotto che solo pochi elementi (lo scarico e il doppio disco) denunciano che la moto non è proprio una Mito…
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Un particolare dei carburatori Mikuni a valvola piatta e del
radiatore dell’acqua modificato.
risultata troppo “cattiva”
per una moto dal peso tanto ridotto, così si è deciso
di fare un passo indietro.
L’impianto frenante posteriore è invece quello di serie della Mito. Da notare
che il suo serbatoio dell’olio è stato sostituito da un
Razionale e ordinato l’impianto elettrico, ridotto al minimo. Si no- pezzo di tubo, alla ricerca
tino il connettore a 8 poli e la centralina della strumentazione AIM della massima semplicità e
leggerezza. I cerchi sono
dei Marchesini a cinque
razze, ma quello anteriore
è in magnesio, mentre
quello posteriore è in alluminio e deriva da un’Aprilia
RS 250 trofeo. Questo, infatti, era l’unico con una larghezza accettabile (4,5
pollici) con la stessa forma
dell’anteriore, poiché la
ditta brianzola non produce più cerchi di tale diametro, ma parte da quelli da 5
pollici in su, troppo grandi
per la gomma da 150 posteriore, che si voleva lasciare inalterata per non diTolta la carenatura si riconosce subito il classico telaio Cagiva, qui verniciato in nero aggrin- minuire la maneggevolezzante. Nella prima edizione di questa moto, il radiatore era montato longitudinalmente do- za. Allo stesso scopo l’alve ora risiede l’airbox. Soluzione valida in inverno, ma con l’arrivo dell’estate è stata abban- tezza della spalla del
donata.
pneumatico anteriore è riLUGLIO
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Per disegnare le espansioni di scarico, Nicola ha fatto ricorso ai consigli di un amico: il buon Alex Arletti, che i nostri lettori ormai conoscono da tempo.
Nella vista anteriore nulla lascia intendere il notevole trapianto di cui questa moto è
stata oggetto. Solo la forcella
Showa ex Ducati fa pensare a
qualcosa di losco…
masta il 60% della larghezza: al proprietario piace
staccare molto in fondo, a
curva già impostata con la
moto che “cade” dentro
quasi da sola, sfruttando la
leggerezza e la manegge-
Una delle peculiarità di questa special: gli scarichi sotto
la coda.
volezza della ciclistica. Ma
il pezzo forte è sicuramente il bicilindrico parallelo,
che ha beneficiato di cospicue modifiche. Innanzitutto, per poterlo alloggiare
nella ciclistica della Mito,
senza modificarne il telaio,
è stato accorciato di 57
mm, asportando la parte
posteriore del carter motore, che nell’RD contiene solo la pedivella della messa
in moto (adesso parte solo
a spinta). Dopodiché è stata costruita una piastra in alluminio 7020 che è stata
saldata da una ditta specializzata, per “chiudere” il
carter. La saldatura è avvenuta in seguito a un trattamento termico: i carter sono stati messi in forno, fatti
salire lentamente di temperatura, sino al raggiungimento di quella ottimale
per la saldatura. Questo
perché l’elettrodo del saldatore al TIG porta la temperatura dell’alluminio a
circa 300/400 gradi e se
questo non fosse già caldo
tenderebbe a snervarsi.
È stata creata inoltre una
staffa apposita, imbullonata nel carter, per il fissaggio
al forcellone, proprio come nel motore di serie della Mito, in modo da mantenere inalterata la distribuzione dei pesi, avere le
stesse reazioni vincolari e
La strumentazione AIM Mychron 3 plus è un vero e proprio
computer di bordo, essendo in grado di tenere sotto controlLa strumentazione AIM è montata su un supporto in allumi- lo (attraverso apposite sonde) le temperature del motore. I danio che funge anche da sostegno per il cupolino.
ti acquisiti possono essere scaricati su PC per l’analisi tecnica.
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Il motore appena finito: il carter accorciato balza all’occhio,
così come il nuovo attacco motore. I cilindri sono girati e i
carburatori adesso si trovano davanti.
lasciare il pignone alla stessa altezza di quello originale (l’altezza del pignone influisce sulla trazione della
ruota posteriore). Anche
l’attacco anteriore del motore, costituito da due staffe in alluminio, mantiene le
stesse quote di quello originale. Dunque è il motore
ad essere stato adattato al
telaio e non il contrario. Rispetto al propulsore di serie sono stati girati i cilindri
di 180°, per avere una marmitta più rettilinea possibile, al posto della classica
doppia curvatura (sotto al
motore e poi nelle vicinanze del forcellone) con il
passaggio basso delle marmitte. Una configurazione
simile ai vecchi motori Yamaha TZ 250 racing dei primi anni ’90. L’operazione
ha comportato notevoli
difficoltà: girando i cilindri,
i fori di questi ultimi non
corrispondono più ai prigionieri, per cui si è reso
necessario ricostruirli. Sono
stai eliminati i prigionieri
originali con la fresa, poi-
ché, dopo tanti anni, con
l’estrattore sarebbe stato
impossibile toglierli; la zona è stata spianata, riempita di alluminio e riforata.
Visto che i pistoni sono in
asse con l’albero motore, la
loro posizione è rimasta invariata. Ovviamente si è
provveduto a ricostruire
tutta la minuteria attorno al
motore, nonché l’airbox,
(che si sviluppa sotto il
motore, dove ora c’è tutto
lo spazio necessario), costruito con ABS termosaldabile, con ben 8 litri di
volume. Nei cilindri, inol-
Ancora un’immagine d’insieme di questa bella special. Vista così fa pensare ad una GP niente male. Non ci dispiacerebbe incontrare di nuovo Nicola in pista per provare questa piccola belvetta.
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Il motore viene alloggiato nella sede originale di quello della
Mito, con tanto di perno passante anche attraverso il forcellone. Si noti come le varie parti combacino perfettamente.
Un particolare del carter motore prima e dopo l’operazione di
asporto dell’avviamento a pedale.
tre, sono stati creati dei bypass in aspirazione, con
due fori sulle pareti che
portano direttamente sui
travasi di lavaggio; in questo modo si aumenta il
riempimento volumetrico
della camera di combustione.
È stato poi cambiato totalmente il diagramma di distribuzione, senza toccare
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l’altezza dei travasi, spessorando la parte inferiore
del cilindro di 1,5 mm e
fresando la parte superiore,
in modo da aumentare il
numero di gradi della distribuzione, senza intervenire sui travasi, evitando
quindi di indebolirli. Questa operazione sposta la
curva di erogazione verso
l’alto di un migliaio di giri
(circa 12.500 giri di rotazione massima): si perde
un minimo di coppia sotto
ma si guadagna in allungo,
per un totale di circa 61 CV
alla ruota. Sono stati creati
ex novo anche gli ingranaggi della primaria, con altri a
denti dritti al posto di
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quelli a denti elicoidali originali che, superate certe
potenze, potrebbero creare torsioni all’albero motore. L’ammissione è affidata
a pacchi lamellari in carbonio monopetalo: il montaggio è avvenuto asportando
del materiale nella loro sede, guadagnando così anche qualcosa nell’area (circa il 5%). Purtroppo nella
configurazione originale
sono molto piccoli perché
si trovano proprio vicino ai
prigionieri del cilindro. Per
aumentarli di diametro bisognerebbe spostare i prigionieri, ricostruendo completamente il cilindro dal
pieno (una delle future mo-
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difiche che il paziente proprietario ha già in cantiere).
Il miscelatore dell’olio è
stato eliminato: la miscela
col carburante viene fatta a
mano, utilizzando quando
possibile benzina Avio e
olio Castrol RC 747.
Il radiatore dell’acqua è
quello originale della Mito,
modificato per far spazio ai
due carburatori Mikuni a
valvola piatta da 35,2 mm;
lo scarico riprende nelle
misure essenziali i migliori
aftermarket in commercio,
ma è stato fatto completamente in casa, piegando e
saldando lamierini di 6,5
decimi di spessore, e leggermente accorciato per
adattarlo al nuovo diagramma di distribuzione. L’impianto elettrico è stato del
tutto rifatto e riposizionato:
le centraline sono collocate
su un’unica piastra in alluminio, appena sotto il serbatoio, ove è facile accedervi.
Adesso c’è un solo connettore a otto poli per collegare e scollegare il motore, in
modo da facilitare al massimo l’eventuale operazione
di smontaggio dello stesso
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Il segreto del buon bilanciamento ciclistico di questa moto è incentrato nella posizione del motore nel telaio e quindi nelle pesanti modifiche che esso ha subito.
dal telaio. La batteria è una
di quelle piccolissime al
gel da 1,2 Ampere, più che
sufficiente per dare il consenso al ridimensionato impianto elettrico.
Una grossa spesa è stata la
strumentazione
digitale
AIM Mychron 3 Plus, indispensabile soprattutto per
tenere sotto controllo la
temperatura dei gas di scarico, comportando anche
l’intero ricablaggio del motore.
Uno sguardo alle forme per
capire che della vecchia RD
non è rimasto nulla: codone, fianchetti e serbatoio
sono della Mito, mentre la
carenatura appartiene ad
una Suzuki RGV Gamma
250. Sul cupolino è stata ricavata una presa d’aria stile
Yamaha M1 (ha solo funzione estetica), mentre gli sfoghi del radiatore sulle fiancate sono stati adattati per
averli alla giusta altezza.
Persino la verniciatura è artigianale, coerente al concetto-base di “home made”.
L’ammissione del cilindro di sinistra, già lavorata, a confronto
con quella dell’altro cilindro: la differenza è notevole e ha perIl carter motore già tagliato e saldato è pronto per le lavora- messo il montaggio del pacco lamellare monopetalo in carbonio.
zioni per il montaggio dei nuovi prigionieri.
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