La credenza vera giustificata è conoscenza?

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La credenza vera giustificata è conoscenza?
La credenza vera giustificata è conoscenza?
Edmund L. Gettier
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In questi ultimi anni si è tentato in vari modi di stabilire quali sono le condizioni
necessarie e sufficienti per dire che qualcuno conosce una certa proposizione.
Questi tentativi sono spesso tali da poter essere posti in una forma simile alla
seguente:1
(a) S sa che P SSE
(i) P è vera,
(ii) S crede che P, e
(iii) S è giustificato nel credere che P.
Chisholm 1957, ad esempio, ritiene che si possano dare nel modo seguente le
condizioni necessarie e sufficienti per la conoscenza:
(b) S sa che P SSE
(i) S accetta P,
(ii) S ha un'adeguata evidenza che P, e
(iii) P è vera.
Ayer 1956 ha formulato le condizioni necessarie e sufficienti per la conoscenza
come segue:
(c) S sa che P SSE
(i) P è vera,
(ii) S è sicuro che P è vera, e
(iii) S ha ragione di essere sicuro che P è vera.
Dimostrerò che (a) è falsa in quanto le condizioni in essa espresse non
costituiscono una condizione sufficiente per la verità della proposizione «S sa che
P». La stessa dimostrazione farà vedere che (b) e (c) sono false se «ha una adeguata
evidenza che» o «ha ragione di essere sicuro che» sostituisce «è giustificato nel credere che».
Comincerò col mettere in evidenza due punti. Innanzitutto, se consideriamo il
concetto di «giustificato» nel senso in cui il fatto che S sia giustificato nel credere P è
1!
Sembra che Platone prenda in considerazione alcune di queste definizioni nel Teeteto, 20 l, e forse ne accetti una nel Menone,
98.
condizione necessaria perché S sappia che P, è possibile che una persona sia
giustificata nel credere una proposizione che di fatto è falsa. In secondo luogo, per
ogni proposizione P, se S è giustificato nel credere che P, e P implica Q, e S deduce
Q da P e accetta Q come risultato della sua deduzione, allora S è giustificato nel
credere Q. Tenendo conto di questi due punti, presenterò due casi in cui le
condizioni espresse in (a) sono vere per qualche proposizione, nonostante sia falso
che la persona in questione conosca quella proposizione.
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I Caso
Supponiamo che Smith e Jones abbiano concorso per un certo impiego.
Supponiamo anche che Smith abbia una forte evidenza a favore della seguente
proposizione congiuntiva:
(d) Jones è l'uomo che avrà l'impiego, e Jones ha in tasca dieci monete.
L'evidenza che Smith ha a favore della proposizione (d) potrebbe essere causata dal
fatto che il presidente della società gli ha assicurato che alla fine sarà scelto Jones, e
che Smith stesso ha contato dieci minuti prima le monete nelle tasche di Jones. La
proposizione (d) implica:
(e) L'uomo che avrà l'impiego ha dieci monete in tasca.
Supponiamo che Smith veda che (e) segue da (d), e che accetti (e) sulla base di (d),
per la quale: ha un forte evidenza. In quest caso, Smith è completamente giustificato
nel credere che (e) sia vera.
Ma andiamo avanti e immaginiamo che, senza che Smith lo sappia, sarà Smith
stesso e non Jones ad ottenere l'impiego. E immaginiamo anche che, sempre a sua
insaputa, Smith abbia in tasca dieci monete. In questo caso la proposizione (e) è
vera, benché la proposizione (d) da cui Smith ha derivato (e), sia falsa. Nel nostro
esempio, quindi, è vero che: (i) (e) è vera; (ii) Smith crede che (e) sia vera; (iii) Smith
è giustificato nel credere che (e) sia vera. È tuttavia altrettanto chiaro che Smith non
sa che (e) è vera, dal momento che (e) è vera in virtù del numero di monete che si
trovano nella tasca di Smith, mentre Smith non sa quante monete si trovano nella
tasca di Smith e basa la sua credenza in (e) sul calcolo delle monete presenti nelle
tasche di Jones, da lui erroneamente ritenuto l'uomo che avrà l'impiego.
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II Caso
Supponiamo che Smith abbia una forte evidenza a favore della seguente
proposizione:
(f) Jones possiede una Ford.
L'evidenza su cui si basa Smith potrebbe derivare dal fatto che, a memoria di
Smith, Jones ha sempre posseduto un'auto, e sempre una Ford, e che Jones gli ha
appena offerto di fare un giro su una Ford. Immaginiamo ora che Smith abbia un
altro amico, Brown, e che al momento non sappia assolutamente dove si trovi.
Smith sceglie totalmente a caso tre nomi di luogo e costruisce le tre seguenti
proposizioni:
(g) O Jones possiede una Ford, o Brown è a Boston;
(h) O Jones possiede una Ford, o Brown è a Barcellona;
(i) O Jones possiede una Ford, o Brown è a Brest-Litovsk.
Ciascuna di queste proposizioni è conseguenza di (f). Immaginiamo che Smith
colga la conseguenza da (f) delle tre proposizioni che ha costruito, e accetti (g), (h) e
(i) sulla base di (f). Smith ha correttamente inferito (g), (h) e (i) da una proposizione
per la quale aveva una forte evidenza; egli è quindi perfettamente giustificato nel
credere ciascuna delle tre proposizioni. Immaginiamo a questo punto che valgano
altre due condizioni. Primo, Jones non possiede una Ford, bensì guida un'auto
affittata. Secondo, per pura coincidenza e del tutto all'insaputa di Smith, il luogo
menzionato nella proposizione (h) è in effetti il luogo dove si trova Brown. Se
valgono queste due condizioni, allora Smith non sa che (h) è vera, anche se: (i) (h) è
vera; (ii) Smith crede che (h) sia vera; (iii) Smith è giustificato nel credere che (h) sia
vera.
Questi due esempi mostrano che la definizione (a) non costituisce una condizione
sufficiente per dire che si conosce una certa proposizione. Gli stessi casi, con i
debiti cambiamenti, bastano a mostrare che lo stesso vale anche per le definizioni
(b) e (c).