Il Sistema della lingua spagnola

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Il Sistema della lingua spagnola
Il Sistema della lingua spagnola
La lingua nota oggi come spagnolo deriva da un dialetto del latino parlato sviluppatosi nella parte centro-settentrionale
della Penisola iberica, in quella che adesso è la Spagna settentrionale. Nel corso degli ultimi 1000 anni, la lingua si diffuse a
sud verso il Mar Mediterraneo, e successivamente viene esportata nell'impero coloniale spagnolo, in particolare nelle Americhe.
Oggi è la lingua ufficiale di 21 nazioni e di numerose organizzazioni internazionali, ed è una delle sei lingue ufficiali delle Nazioni
Unite.
Lo sviluppo della fonologia spagnola risulta distinto da quello delle altre lingue romanze per diverse caratteristiche:
·
dittongazione della E e O breve accentate latine in sillaba chiusa come pure aperta (tiempo, puerta);
·
palatalizzazione dei gruppi latini -NN- e -LL- (año, silla);
·
la fusione fonemica di /b/ e /v/, rendendo, per esempio, il nome tubo e il verbo tuvo foneticamente equivalenti (in tutti
i contesti tranne quelli di ipercorrezione o pronuncia ortografica.
·
spirantizzazione di /b/, /d/, e /g/ — non solo dal latino originario B, D, e G (come nello sp. probar, sudar, legumbre),
ma anche dal latino P, T, e C (come nello sp. sabe, vida, lago);
·
desonorizzazione e ulteriore sviluppo delle sibilanti spagnole medievali, producendo (1) la velare fricativa [x] in parole
come caja, hijo, gente, e (2) — in molti dialetti della Spagna, comprese le varietà prestigiose di Madrid, Toledo, ecc.
— la interdentale [θ] in parole come cinco, hacer, e lazo; e
·
aspirazione ed eventuale perdita della F Latina, segnata nella grafia moderna dalla ‹h› muta in parole
come hablar, hilo, hoja.
Il sistema latino delle quattro coniugazioni del verbo nello spagnolo viene ridotto a tre. Gli infiniti latini con le terminazioni -ĀRE,
-ĒRE, e -ĪRE diventano rispettivamente gli infiniti spagnoli in -ar, -er, e -ir. La terza coniugazione latina — infiniti terminanti in ĔRE — viene ridistribuita tra quelle in -er e -ir (per es. FACĔRE > hacer, DICĔRE > decir). La morfologia verbale spagnola
continua a usare alcune forme sintetiche latine, sostituite da quelle analitiche in francese e italiano (cfr. sp. lavó, fr. il a lavé,
it. lavò), e il modo congiuntivo spagnolo mantiene separate le forme del presente e del passato.
La sintassi spagnola fornisce una traccia evidente di alcuni oggetti diretti: il cosiddetto a "personale". Lo spagnolo, unico tra le
lingue romanze, mantiene l'uso di un "ridondante" pronome oggetto indiretto (le, les), anche in presenza di un sintagma
nominale oggetto indiretto. In merito ai pronomi soggetto, lo spagnolo (come l'italiano) è una lingua pro-drop, vale a dire che
il sintagma verbale può spesso stare da solo senza l'uso di un pronome soggetto (o sintagma nominale soggetto). Confrontata
ad altre lingue romanze, lo spagnolo ha una sintassi alquanto più libera, con restrizioni relativamente minori per quanto
concerne l'ordine dei costituenti della frase soggetto – verbo – oggetto.
A causa del prolungato contatto linguistico con altre lingue, il lessico spagnolo contiene prestiti dal basco, dall'arabo e
dalle lingue indigene delle Americhe.
Gli accenti (acuti) — usati nello spagnolo moderno per marcare la vocale della sillaba tonica in parole dove l'accento non è
previsto di norma — entra in uso in modo sporadico nel XV secolo, e più massicciamente nel XVI secolo. Il loro uso inizia ad
essere standardizzato nel XVIII secolo con l'avvento della Accademia Reale Spagnola.
Storia esterna
La lingua spagnola standard è anche chiamata castigliano. Nella sua prima forma documentata e approssimata così fino al XV
secolo, viene chiamata abitualmente spagnolo antico o medievale. Dal XVI secolo in poi, grosso modo, viene chiamato
spagnolo moderno. Lo spagnolo del XVI e XVII secolo è talvolta qualificato come "classico", in riferimento alle qualità
letterarie di questo periodo. Diversamente dall'inglese e francese, per lo sviluppo dello spagnolo non si è soliti parlare di uno
stadio "medio". Lo spagnolo castigliano prosegue, dopo il crollo dell'impero romano, come continuazione del latino
parlato nei monti cantabrici, nella Spagna settentrionale, nell'VIII e IX secolo, secondo il parere dei maggiori studiosi. Con
la Reconquista, questo dialetto settentrionale si diffuse verso sud, dove quasi per intero assorbe o sostituisce i dialetti
provinciali, ma al tempo stesso attinge in modo massiccio dal vocabolario degli arabi moreschi e viene influenzato
dal mozarabico (il linguaggio romanzo dei cristiani lasciato in territorio moresco) e dal giudeo-spagnolo (ladino), lingue queste,
quasi completamente scomparse nella penisola iberica nel tardo secolo XVI.
Il prestigio di cui godeva la Vecchia Castiglia e la sua lingua viene a propagarsi in parte con le gesta degli eroi castigliani nelle
battaglie della Reconquista — tra i quali ricordiamo Fernán González e Rodrigo Díaz de Vivar (El Cid) — e tramite i poemi
cavallereschi che di loro parlavano, recitati in castigliano anche fuori dall'originario territorio di questo dialetto.
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Secondo la tradizione filologica, si pensa che il "primo spagnolo scritto" si trovi nelle cosiddette glosse emilianensi, dove vi
sono appunto "glosse" (traduzioni di parole isolate e frasi in una forma più simile allo spagnolo che al latino) aggiunte tra le righe
di un manoscritto scritto precedentemente in latino. La datazione stimata varia dal tardo X all'inizio dell'XI secolo.
I primi passi verso la standardizzazione del castigliano scritto vennero fatti nel XIII secolo dal re Alfonso X di Castiglia, noto
come Alfonso il Saggio, il quale raggruppò alla sua corte scribi, supervisionando i loro scritti, in castigliano, costituiti da opere di
storia, astronomia, giurisprudenza e altri campi della conoscenza.
Antonio de Nebrija scrisse la prima grammatica di lingua spagnola, Gramática de la lengua castellana, e la presentò, nel 1492,
alla regina Isabella, la quale, a quanto si dice, stimava molto l'utilità della lingua come strumento di egemonia, quasi
prevedendo l'imminenza dell'impero a venire con i viaggi di Colombo.
Dato che lo spagnolo antico somiglia abbastanza alla lingua scritta moderna, oggi un lettore spagnolo può riuscire a leggere i
documenti medievali senza troppa difficoltà.
L'Accademia Reale Spagnola venne fondata nel 1713, in gran parte con lo scopo di preservare la "purezza" della lingua,
pubblicando il suo primo dizionario in sei volumi durante il periodo 1726–1739, e la sua prima grammatica nel 1771,
continuando di volta in volta a produrre nuove edizioni sia dell'uno che dell'altra. Oggi, ogni nazione di lingua spagnola ha
un'analoga accademia linguistica, e nel 1951 viene fondata l'Associazione delle Accademie di Lingua Spagnola.
All'inizio del XVI secolo, la colonizzazione spagnola portò la lingua nelle Americhe (Messico, America Centrale e da un capo
all'altro del Sud America), dove è parlata ancora oggi, come pure in misura molto minore in molti arcipelaghi e isole del Pacifico:
le Filippine, Palau, le Marianne (compresa Guam), e in ciò che oggi sono gli Stati Federati della Micronesia.
L'uso della lingua nelle Americhe venne continuato dai discendenti degli spagnoli, sia dai creoli spagnoli che da coloro che
diventeranno in maggior parte di sangue misto spagnolo-amerindio (i cosiddetti mestizo). Dopo le guerre di indipendenza
combattute da queste colonie nel XIX secolo, la nuova élite governante estese il loro spagnolo all'intera popolazione onde
rafforzare l'unità nazionale; l'incoraggiamento verso tutti i nativi a parlare fluentemente lo spagnolo ha avuto un grande
successo, tranne nelle parti isolate delle precedenti colonie spagnole.
Nel tardo secolo XIX, le colonie ancora spagnole di Cuba e Puerto Rico favoriranno l'immigrazione dalla Spagna, e similmente
le altre nazioni dell'America Latina come Argentina, Uruguay e in misura minore Cile, Colombia, Messico, Panamá e Venezuela,
attraendo ondate di immigrazione europea, spagnola e non, nel tardo XIX e inizio del XX secolo. Grandi gruppi di popolazione
delle nazioni (una minoranza piuttosto consistente) dei discendenti della seconda e terza generazione adottarono la lingua
spagnola in seguito alle politiche di assimilazione ufficiale dei loro governi, compresi gli europei di religione cattolica, favorevoli
a prestare giuramento di fedeltà al governo della loro nazione prescelta.
Quando gli Stati Uniti entrarono in possesso di Puerto Rico in conseguenza della guerra ispano-americana, la sua popolazione
— costituita quasi interamente da spagnoli e da afro-caraibici di sangue misto (mulato e mestizo) — conservò l'eredità del suo
spagnolo come lingua madre, insieme all'inglese-americano imposta come lingua co-ufficiale. Nel XX secolo, più di un
milione portoricani emigrarono negli Stati Uniti.
Una situazione similare si verificò nell'America sud-occidentale, tra cui California, Arizona, Nuovo Messico e Texas, dove gli
spagnoli, i creoli (tejanos, californios, ecc.) seguiti dai chicanos (americani messicani) e successivamente da immigranti
messicani, conservarono viva la lingua spagnola, prima, durante e dopo l'appropriazione americana di quei territori in seguito
alla guerra messicano-statunitense. Lo spagnolo continua ad essere usato da milioni di cittadini statunitensi e immigranti
provenienti dall'America Latina (per esempio, molti cubani arrivati a Miami (Florida), allorché iniziava la rivoluzione cubana nel
1959, e seguiti da altri gruppi latino-americani; la maggioranza locale è adesso di lingua spagnola. Lo spagnolo è ora
considerato come la "seconda lingua" della nazione, mentre oltre il 5% della popolazione statunitense parla lo spagnolo, ma la
maggior parte degli americani latino/ispanici sono bilingui o parlano regolarmente l'inglese.
La presenza dello spagnolo nella Guinea Equatoriale risale al tardo XVIII secolo, e venne adottato come lingua ufficiale quando
nel 1968 venne concessa l'indipendenza.
Lo spagnolo è ampiamente parlato nel Sahara Occidentale, già protettorato/colonia della Spagna dal 1880-90 al 1970-80. È
anche parlato in alcune luoghi degli Stati Uniti non facenti parte dell'impero spagnolo, come nello Spanish Harlem a New York,
prima da immigranti provenienti da Portorico, e successivamente da altri immigranti latino-americani arrivati verso la fine del XX
secolo.
Nel 1492 la Spagna espelle la sua popolazione ebraica. La loro lingua giudeo-spagnola, chiamata ladino, si sviluppa seguendo
una sua direzione precisa, continuando ad essere parlata da un numero sempre minore di parlanti, principalmente in Israele,
Turchia e Grecia.
Nelle Marianne, la lingua spagnola si conservò fino alla guerra del Pacifico, ma attualmente è parlata soltanto da un ristretto
numero di persone.
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La politica linguistica nella Spagna franchista veniva a dichiarare lo spagnolo come la sola lingua ufficiale in Spagna, e al giorno
d'oggi è la lingua utilizzata in massima parte dal governo, negli affari, nell'educazione pubblica, nei posti di lavoro, nella cultura
e nell'arte, e dai media. Negli anni '60 e '70, il parlamento spagnolo permise alle province l'uso di tre altre lingue nei documenti
ufficiali: catalano per la Catalogna, basco per le province basche e galiziano per la Galizia. Agli inizi degli anni ottanta,
allorché la Spagna diventa una democrazia, queste lingue regionali e minoritarie vengono reintegrate nell'uso comune come
lingue secondarie, ma lo spagnolo resta comunque la lingua universale del popolo spagnolo.
Quando nel 1945 fu fondata l'organizzazione delle Nazioni Unite, lo spagnolo venne designato come una delle cinque lingue
ufficiali (insieme al cinese, inglese, francese e russo; una sesta lingua, l'arabo, venne aggiunta nel 1973).
La lista dei premi Nobel per la Letteratura comprende undici autori di lingua spagnola (José Echegaray, Jacinto
Benavente, Gabriela Mistral, Juan Ramón Jiménez, Miguel Ángel Asturias, Pablo Neruda, Vicente Aleixandre, Gabriel García
Márquez, Camilo José Cela, Octavio Paz e Mario Vargas Llosa).
Influenze
Molti castigliani partecipanti alla reconquista, e più tardi alle campagne di ripopolazione, furono di discendenza basca, e questo
viene messo in evidenza da molti toponimi sparsi per tutta la Spagna. L'influenza della fonologia basca è accreditata da alcuni
ricercatori per l'attenuazione delle labiodentali dello spagnolo, in cui la labiodentale [v] vira verso la [β], cancellando alla fine la
labiodentale [f]. Altri negano o minimizzano l'influenza basca, asserendo che questi mutamenti avvengono nei dialetti colpiti in
modo del tutto indipendente l'uno dall'altro in conseguenza di cambiamenti interni (vale a dire, fattori linguistici, non influenze
esterne). È inoltre possibile che le due cause, interne ed esterne, abbiano lavorato concordamente intensificandosi a vicenda.
Sebbene in maggior parte le lingue germaniche ne siano colpite pochissimo durante lo sviluppo fonologico, molte parole
spagnole di origine germanica sono comunissime in tutte le varietà dello spagnolo quotidiano. I termini che indicano direzioni
cardinali (norte, este, sur, oeste), per esempio, sono tutti ripresi da parole germaniche.
Nel 711 la Spagna venne invasa dai mori, che portarono nella penisola iberica la lingua araba. D'allora fino alla caduta
dell'emirato di Granada (1492), lo spagnolo attinse dal vocabolario arabo e, inoltre, anticamente, veniva scritto in alfabeto
arabo.
Storia interna
I primi mutamenti fonetici nella storia dello spagnolo, già dal IX secolo, sono da riferirsi a "errori di ortografia" nella scrittura del
latino, a parole isolate e occasionalmente ad alcuni testi. Il miscuglio variegato di convenzioni ortografiche utilizzate in questi
materiali complicano il compito di ricostruire la storia dei mutamenti. La coerenza ortografica e la mole linguistica documentata
aumenta enormemente a partire dal XIII secolo in poi.
Lo spagnolo condivide con altre lingue romanze la maggior parte dei cambiamenti fonologici e grammaticali che caratterizzano
il latino volgare, come l'abbandono della lunghezza vocalica diversificata, la perdita del sistema paradigmatico dei casi a favore
dei nomi, e la scomparsa dei verbi deponenti.
Sincope
La sincope nella storia dello spagnolo si riferisce alla scomparsa di una vocale atona nella sillaba che immediatamente
precede o segue la sillaba accentata. All'inizio della sua storia, lo spagnolo perse tali vocali allorché precedute o seguite da R o
L, e tra S e T.
sincope arcaica nello spagnolo
Contesto
Parole latine
Parole spagnole
_r
aperīre, humerum, litteram, operam
abrir, hombro, letra, obra
r_
eremum, viridem
yermo, verde
_l
acūculam, fabulam, insulam, populum
aguja, habla, isla, pueblo
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l_
sōlitārium
soltero
S_t
positum, consūtūram
puesto, costura
Successivamente, dopo il periodo di sonorizzazione intervocalica, le vocali atone vennero a perdersi tra altre combinazioni di
consonanti:
sincope successiva nello spagnolo
Contesto
Parole latine
Parole spagnole
B_t
cubitum, dēbitam, dūbitam
codo, deuda, duda
c _ m, c _ p, c _ t
decimum, acceptōre, recitāre
diezmo, azor, rezar
d_c
undecim, vindicāre
once, vengar
f_c
Ad verificare
averiguar
m _ c, m _ n, m _ t
hāmiceolum, hominem, comitem
anzuelo, hombre, conde
n _ c, n _ t
dominicum, bonitāte, cuminitiāre
domingo, bondad, comenzar
p_t
capitālem, computāre, hospitālem
caudal, contar, hostal
s _ c, s _ n
quassicāre, rassicāre, asinum, fraxinum
cascar, rascar, asno, fresno
t _ c, t _ n
masticāre, portaticum, trīticum, retinam
mascar/masticar, portazgo, trigo, rienda
Elisione
Mentre le consonanti intervocaliche sorde venivano spesso sonorizzate, molte occlusive
occasionalmente b) venivano a cadere del tutto attraverso un processo chiamato elisione.
intervocaliche
(d, g,
e
Esempi di elisione nello spagnolo
Consonante
Parola latina
Parola spagnola
b→Ø
vendēbat
Vendía
d→Ø
comedere, hodiē, quō modō
comer, hoy, cómo
g→Ø
cōgitāre, digitum, legere, rēgem
cuidar, dedo, leer, rey
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Sonorizzazione e spirantizzazione
In
quasi
tutte
le lingue
romanze
occidentali le occlusive latine sorde — /p/, /t/ e /k/,
rispettivamente
rappresentate ortograficamente con P, T, e C — in un contesto "intervocalico" (qualificato sotto), sono sottoposte a uno, due o
tre stadi successivi di lenizione, dalla sonorizzazione alla spirantizzazione verso, in alcuni casi, l'elisione (cancellazione).
Nello spagnolo queste tre consonanti in genere subiscono sia la sonorizzazione che la spirantizzazione, dando rispettivamente
come risultato le fricative sorde: [β], [ð] e [ɣ].
Il contesto fonologico di questi mutamenti non è solo tra vocali, ma anche dopo una vocale e prima di una consonante
sonorante come /r/ (latino patrem > spagnolo padre) — ma non al contrario (latinopartem > spagnolo parte, non *parde).
Esempi di sonorizzazione e spirantizzazione nello spagnolo
Consonanti
Parola latina
Parola spagnola
p → b [β]
aperīre, cooperīre, lupum,
operam, populum, capram
abrir [ɑˈβrir],
cubrir [kuˈβrir],
lobo [ˈloβo],
obra [ˈoβrɑ], pueblo [ˈpweβlo], cabra [ˈkɑβrɑ]
t → d [ð]
cīvitātem, latum, mūtāre,
scūtum, petram
ciudad [θjuˈðɑð], lado [ˈlɑðo], mudar [muˈðɑr],
escudo [esˈkuðo], piedra [ˈpjeðrɑ]
c → g [ɣ]
focum, lacum, locum,
saeculum, sacrātum
fuego [ˈfweɣo], lago [ˈlɑɣo], luego [ˈlweɣo],
siglo [ˈsiɣlo], sagrado [sɑˈɣrɑðo]
La forma verbale digo è un esempio interessante che mostra come appaiono i differenti mutamenti fonetici nelle diverse forme
del verbo. In particolare, alcune forme di decir saranno caratterizzate dalla mutazione della /k/ nella /θ/ spagnola (ciò si verifica
allorché la /k/ latina è seguita da /i/ o /e/), ma in altre forme verbali la /k/ è sonorizzata e spirantizzata in /ɡ/. Questo succede
anche in pochi altri verbi spagnoli terminanti in -cer o -cir, come mostrato nello schema sottostante:
Forme con /k/ → /θ/
Forme con sonorizzazione di /k/ in /ɡ/
Italiano
Latino
Spagnolo
Italiano
Latino
Spagnolo
Dire, raccontare
Dice, racconta
dīcere /diːker/
dīcet /diːket/
decir /deˈθiɾ/
dice /ˈdiθe/
Dico,
Dica
racconto
dīcō /diːkoː/
dīcat /diːkat/
digo /ˈdiɡo/
diga /ˈdiɡa/
Fare, fabbricare
Fa, costruisce
facere /fakere/
facit /fakit/
hacer /aˈθeɾ/
hace /ˈaθe/
Faccio, costruisco
Faccia
faciō /fakjoː/
faciat /fakjat/
hago /ˈaɡo/
haga /ˈaɡa/
Dittongazione in sillabe aperte e chiuse
La vocali E e O brevi toniche del latino subiscono la dittongazione in molte delle lingue romanze occidentali. Nello spagnolo
questo mutamento si verifica indifferentemente dal tipo di sillaba (aperta o chiusa), contrariamente al francese e all'italiano,
dove ha luogo solo in sillabe aperte, e in forte contrasto con il catalano e il portoghese — lingue ugualmente della penisola
iberica — dove questa dittongazione non si verifica affatto. Di conseguenza, la fonologia spagnola mostra un sistema pentavocalico, e non epta-vocalico, tipico della maggior parte delle altre lingue romanze occidentali.
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dittongazione spagnola in sillaba aperta o chiusa
Tipo di Sillaba
Latino
Spagnolo
Francese
Italiano
Catalano
Portoghese
Aperta
petram, focum
piedra, fuego
pierre, feu
pietra, fuoco
pedra, foc
pedra, fogo
Chiusa
festam, portam
fiesta, puerta
fête, porte
festa, porta
festa, porta
festa, porta
Parole dotte e semplificazione dei gruppi consonantici
Nella seconda metà del XIII secolo, le parole dotte — vale a dire, termini "eruditi" trasmessi in parte attraverso la scrittura e
perciò influenzati dalla loro forma latina — divennero sempre più frequenti con le opere di Alfonso X. Molti di questi lavori
contengono gruppi consonantici che, nella trasmissione orale, si sono ridotti nei secoli scorsi ad essere più semplificati o a
singole consonanti. Questo stesso processo colpisce molte di queste nuove parole, più accademiche , specialmente quando
nell'antico spagnolo medievale esse si diffondono nell'uso popolare. Alcuni gruppi consonantici colpiti da questo fenomeno sono
– ct -, - ct [i] -, - pt -, - gn -, - mn - e – mpt -. La maggior parte delle forme semplificate d'allora sono ritornate a far parte delle
forme colte o al contrario considerate come volgari.
Riduzione dei gruppi consonantici
Gruppo
consonantico
Forma latina
Forma dotta
Forma spagnola
medievale
Forma spagnola moderna
ct → t
effectum,
perfectum,
respectum, sectam
efecto,
perfecto,
respecto, secta
efeto,
perfeto,
respeto, seta
efecto,
perfecto,
respeto/respecto, secta
ct[i] → cc[i] → c[i]
affectiōnem,
perfectiōnem
affección,
perfección
afición,
perfeción
afición/afección,
perfección
pt → t
acceptāre,
conceptum
baptismum,
aceptar, baptismo,
concepto
acetar,
conceto
bautismo,
aceptar,
concepto
bautismo,
gn → n
dignum,
significāre
magnificum,
digno,
magnífico,
significar
dino,
sinificar
manífico,
digno,
significar
magnífico,
mn → n
columnam, solemnitātem
columna,
solemnidad
coluna, solenidad
columna, solemnidad
mpt → nt
promptum, exemptum
prompto, exempto
pronto, exento
pronto, exento
lectiōnem,
lección,
lición,
lección,
La maggior parte di questi termini hanno forme moderne che somigliano molto più al latino che non all'antico spagnolo. Nello
spagnolo medievale, le forme semplificate erano accettabili e coesistevano (e talvolta entravano in competizione) con le forme
dotte. Il sistema educativo spagnolo, e successivamente la Real Academia Española, che chiedevano che tutte le consonanti di
una parola venissero pronunciate, condussero fermamente alla semplificazione della maggior parte delle forme, molte delle
quali utilizzate in opere letterarie medievali e rinascimentali (talvolta intenzionalmente come arcaismi), ma d'allora in poi sono
state in maggior parte relegate al linguaggio popolare e incolto. Occasionalmente, nello spagnolo moderno si trovano sia nelle
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forme con diverse sfumature di significato che in quelle idiomatiche. Per esempio, afición è un 'appassionato di' o 'gusto per'
mentre afección è 'affezione, malattia'; il respeto dello spagnolo moderno equivale a 'rispetto', mentre con respecto a significa
'per quanto concerne'.
Vocalizzazione
Il termine "vocalizzazione" si riferisce al cambiamento di una consonante in un suono simil-vocalico. Alcune consonanti in finale
di sillaba, siano già in finale di sillaba nel latino o portate in questa posizione tramite sincope, diventano semivocali.
Le labiali (b, p) ottengono la semivocale arrotondata [w] (a sua volta precedentemente assorbita da una vocale arrotondata),
mentre la velare c ([k]) produce la semivocale palatale [j] (la quale potrebbe palatalizzare un [t] che la segue ed essere
assorbita dalla affricata palatale risultante). (Le forme debda, cobdo e dubdar sono documentate nell'antico spagnolo; ma le
forme ipotetiche *oito e *noite avevano già ceduto il passo a ocho e noche già nel periodo in cui il castigliano stava diventando
una lingua scritta.)
Vocalizzazione di sillaba finale
Mutamento
Parola latina
Forma intermedia
Parola spagnola
p→w
baptistam
—
Bautista
b→w
dēbitam
debda
Deuda
b→w→Ø
cubitum, dubitāre
cobdo, dubdar
codo, dudar
ct → ch
octō, noctem
*oito, *noite
ocho, noche
Fusione di /b/ e /v/
La maggior parte delle lingue romanze (ma non lo spagnolo) ha mantenuto la distinzione tra i fonemi /b/ e /v/ — rispettivamente
un'occlusiva bilabiale sonora e una sorda, di solito una fricativa labiodentale. Esempi riguardanti il fonema /b/potrebbero essere
stati ereditati direttamente dal latino /b/ o essere il risultato del mutamento di sonorità del /p/ (scritti rispettivamente ‹b› e ‹p›). Il
fonema /v/ era in genere derivato da quello corrispondente alla lettera latina ‹v› e si pensa venisse pronunciato [w] nel latino
classico, ma successivamente "fortificato" nella condizione di consonante fricativa. In quelle lingue dove tale fonema viene ad
avere articolazione labiodentale, si è suggerito che simile qualità possa essere stata il risultato dovuto all'influenza della
labiodentale sorda /f/. Si è inoltre ipotizzato che l'influenza dalla lingua basca possa avere impedito la labiodentalizzazione del
fonema sonoro
nello spagnolo, riducendolo
alla fricativa bilabiale [β], indistinguibile da casi spirantizzati del
fonema /b/. Nell'ortografia dello spagnolo moderno le lettere ‹b› e ‹v› rappresentano lo stesso fonema, di solito trascritto
con /b/ — realizzato in genere come la fricativa [β], tranne quando si trova all'inizio o dopo una consonante nasale, nel qual
caso viene realizzato come il [b] occlusivo. La scelta ortografica di ‹b› o ‹v› dipende principalmente dall'etimologia della parola.
Dal latino f- allo spagnolo hLa F era quasi sempre iniziale nelle parole latine, e la maggior parte di queste venivano ad essere scritte con l'iniziale ‹h› in
spagnolo, adesso in massima parte sorda (vale a dire con valore diacritico). Si è ipotizzato che la lettera ‹f› originariamente
rappresentasse la labiodentale [f] latina, e che attraverso una serie di "lievi" mutamenti divenne, successivamente, bilabiale [ɸ] e
dunque glottale [h] (per cui l'ortografia moderna), essendosi perduta precedentemente in modo completo nella maggior parte
delle varianti. Sebbene la sostituzione di ‹f› con ‹h› nell'ortografia non sia frequente prima del XVI secolo, la prima
documentazione scritta del processo risale all'863, allorché il nome latino Forticius veniva ad essere scritto Ortiço, essendo già
pervenuto lo stadio di cancellazione. (Lo stesso nome appare come Hortiço in un documento datato 927). La maggior parte
delle eccezioni a questi mutamenti sono o le parole dotte (vale a dire influenzate dalla loro forma scritta latina,
come forma, falso, fama) o le parole la cui ‹f› iniziale nell'antico spagnolo è seguita da una non-vocale — ‹r›, ‹l›, o
elemento semivocalico di un dittongo — come in frente, flor, fiesta, fuerte.
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Esempi dalla 'f-' latina alla 'h-' spagnola
Consonanti
Parola latina
Parola spagnola
f- → h-
fabulāri, facere, faciendam, factum, faminem,
farīnam, fēminam, fīcatum, fīlium, foliam,
fōrmōsum, fūmum, fungum, furcam
hablar, hacer, hacienda, hecho, hambre,
harina, hembra, hígado, hijo, hoja,
hermoso, humo, hongo, horca
Sviluppo moderno delle sibilanti dell'antico spagnolo
Durante il XVI secolo, i tre fonemi sibilanti sonori — /d͡ z/ (affricata dentale sonora), /z/ (fricativa apicoalveolare sonora)
e /ʒ/ (fricativa alveopalatale sonora), come nell'antico spagnolo rispettivamente fazer,casa e ojo — persero la sonorità
fondendosi con le loro corrispettive sorde, /t͡ s/, /s/ e /ʃ/, come rispettivamente in caçar, passar e baxar. La lettera ‹ç›,
chiamata ‹c› cedilla, trae origine dall'antico spagnolo, ma non viene più utilizzata nella lingua moderna.
Inoltre, l'affricata /t͡ s/ perde la sua componente occlusiva, per diventare una (ancora sibilante, laminodentale) fricativa, /s̪ /. Di
conseguenza, il sistema dei suoni conteneva allora due fonemi fricativi sibilanti il cui contrasto dipendeva interamente da una
sottile distinzione tra i loro luoghi di articolazione: apicoalveolare nel caso della /s/ ereditata dal latino e laminodentale nel caso
della nuova sibilante fricativa/s̪ / derivata dall'affricata /t͡ s/. Il “problema” di questo ridotto contrasto viene risolto nei dialetti della
Spagna settentrionale e centrale dalla dissimilazione paradigmatica e in quelli andalusi, e delle Americhe dalla fusione
fonemica.
Nei dialetti settentrionali e centrali, la fricativa laminodentale viene spostata verso una luogo interdentale dell'articolazione,
perdendo così il suo sibilio; ne risulta l'interdentale [θ]. Questo suono viene rappresentato nell'ortografia moderna da ‹c› davanti
a ‹e› o ‹i›, e da ‹z› altrove. Nel sud della Spagna e nelle Americhe i fonemi /s/ e /s̪ / si confondono, con il nuovo fonema,
pronunciato o come [s] (“seseo” — nelle Americhe e in alcune zone dell'Andalusia) o come [θ] (“ceceo” — altre parti
dell'Andalusia). In generale, le regioni costiere andaluse preferiscono la [θ], mentre le regioni poste più nell'entroterra
prediligono la [s] (vedi cartina del ceceo). La regione del seseo comprende Siviglia, il maggiore porto spagnolo durante la
colonizzazione delle Americhe. La maggior parte della gente destinata ad insediarsi nelle nuove colonie rimaneva per un po' a
Siviglia prima di partire, e i locali vicini fornivano molta manodopera sulla nave. Di conseguenza, come pensano gli storici della
lingua, l'intero Nuovo Mondo di lingua spagnola oggi parla una varietà di lingua derivata ampiamente dalla lingua di Siviglia.
Nel frattempo la fricativa alveopalatale /ʃ/ — risultata dalla fusione della sorda /ʃ/ (scritta ‹x› nello spagnolo antico) con
la /ʒ/ sonora (scritta con ‹j› in alcune parole, e in altre con ‹g› davanti a ‹e› o ‹i›) — era in tutti i dialetti spostata posteriormente,
per diventare (a seconda della varietà geografica) [x] velare, [χ] uvulare (in certe zone della Spagna), o [h] glottale (in Andalusia
e parti delle Americhe, specialmente nella regione caraibica). Questo suono viene rappresentato nella moderna ortografia da ‹j›,
o da ‹g› davanti a ‹e› o ‹i›.
Yeísmo
Gia dal XV secolo i documenti dell'epoca mostrano di tanto in tanto l'evidente sporadica confusione tra il
fonema /ʝ/ (generalmente scritto ‹y›) e quello laterale palatale /ʎ/ (scritto ‹ll›). Benché la distinzione si sia mantenuta nella grafia,
nella maggior parte dei dialetti dello spagnolo moderno, entrambi si sono fusi nello stesso suono palatale non-laterale, il quale
può variare foneticamente dalla fricativa palatale [ʝ] a una sibilante [ʒ], a seconda del dialetto geografico. Così, per esempio, la
maggior parte dei parlanti spagnoli hanno la stessa pronuncia per haya (dal verbo haber) come per halla (da hallar).
Questa fusione fonemica viene chiamata yeísmo, dal nome della lettera ‹y›.
8
LA FRASE IN SPAGNOLO
La struttura della frase spagnola non è diversa da quella italiana. Presenta, infatti, la stessa flessibilità.
In spagnolo, tutto ciò di cui hai bisogno è un soggetto e un verbo. Come in italiano, una struttura molto
comune nella costruzione delle frasi è soggetto + verbo + altri elementi della frase, come nell'esempio qui
sotto:
·
Italiano: Pedro lavora nella biblioteca.
·
Spagnolo: Pedro trabaja en la biblioteca.
L'unico requisito per una frase completa è un soggetto (anche sottinteso) e un verbo. Ci sono molte altre
parti del discorso che possono rendere la frase più complessa, ma per ora si pensi a una frase semplice
come:
Pedro trabaja en una biblioteca.
Trabaja Pedro en una biblioteca.
En una biblioteca trabaja Pedro.
Trabaja en una biblioteca Pedro.
Si ricordi che il soggetto è la persona che compie l'azione espressa dal verbo. Il verbo è solitamente la
parola che esprime l'azione ed è coniugato in concordanza col soggetto.
LA ORACIÓN SIMPLE Y LA ORACIÓN COMPUESTA
1. LA ORACIÓN SIMPLE.
Tradicionalmente se ha considerado que toda oración podía ser dividida en sujeto y predicado, pero esto
no siempre es así. Sólo hay que pensar que algunas oraciones, como las impersonales (hace frío, llueve, hay
entradas), no pueden llevar sujetos y sin embargo siguen siendo oraciones. El elemento que diferencia a la
oración de otros conceptos próximos a ella es la presencia de un verbo en forma personal. Por tanto, el
núcleo del predicado es el elemento más importante y definitorio de toda oración.
Puede ocurrir que en un enunciado con sentido completo el verbo no aparezca en forma personal. Observa
los siguientes ejemplos:
¡Cuidado con el perro! / ¡No hablar con el conductor! / ¡Silencio, por favor!
En estos casos estamos ante frases, y no oraciones, porque el verbo no aparece en forma personal o
simplemente se ha suprimido.
La oración es, por tanto, un segmento del discurso que se organiza en torno a un verbo (que se conjuga) y
que puede tener autonomía sintáctica, semántica y entonativa con respecto a otras oraciones.
1
2. LA ORACIÓN COMPUESTA.
Es la oración integrada por dos o más proposiciones que se encuentran en el mismo nivel sintáctico, de
manera que no hay relación de dependencia entre ellas. La oración compuesta puede formarse por
yuxtaposición o por coordinación de dos o más proposiciones.
Entre las oraciones compuestas por yuxtaposición se establece una relación asindética, es decir, sin
conjunciones. Por tanto, no hay nexos que funcionen como conectores o enlaces entre las diferentes
proposiciones:
María estudia en la Universidad; Pedro trabaja en casa. / Llegó, vio, venció.
Generalmente, cuando se unen varias proposiciones por yuxtaposición, la última de ellas lo hace por
coordinación:
Luis sale a la calle, María llama por teléfono y Roberto toca la guitarra.
Las oraciones compuestas por coordinación constituyen la suma de dos proposiciones que tienen el mismo
protagonismo sintáctico. Esta unión se produce a través de una conjunción conectora. El significado de la
conjunción marca el sentido de las proposiciones. Se pueden señalar tres clases de oraciones
coordinadas:copulativas, disyuntivas y adversativas.
2.1. Oraciones coordinadas copulativas.
La conjunción que las introduce es y (e cuando la oración siguiente comienza por la misma vocal) y ni para
su forma negativa. La conjunción y tiene un valor aditivo, de suma:
Pedro baila y disfruta en la Feria de Abril.
Juan no canta ni toca las palmas en la romería del Rocío.
Si el grupo oracional copulativo tiene más de dos proposiciones, la conjunción aparece al final:
Ella salió a la calle, tomó el autobús y fue a la Facultad.
Generalmente el orden de las proposiciones es libre, salvo que una de ellas se plantee como una
consecuencia:
Juan Luis ha bebido demasiada manzanilla y se ha emborrachado.
En las oraciones copulativas (y en todas las coordinadas) el sujeto aparece en la primera oración:
Luis estudia en la Universidad y trabaja los fines de semana.
Porque de lo contrario puede significar cosas muy diferentes:
Estudia en la Universidad y Luis trabaja los fines de semana.
En este segundo ejemplo, el sujeto de la primera proposición parece ser otro, diferente de Luis.
2
2.2. Oraciones coordinadas disyuntivas.
Las proposiciones disyuntivas están conectadas por la conjunción o (u es una variante). También puede
aparecer la forma o bien. Los contenidos de estas oraciones se excluyen simultáneamente o bien se
plantean como posibilidades alternativas:
¿Vienes a la cafetería o te quedas en la biblioteca?
Si el grupo oracional disyuntivo tiene más de dos proposiciones, la conjunción aparece al final:
Dime si estudias, trabajas o haces cualquier otra cosa.
2.3. Oraciones coordinadas adversativas.
En el grupo oracional adversativo, una proposición corrige a la anterior. Están introducidas por las
conjunciones pero, sino, mas y las locuciones no obstante, con todo, antes bien,…:
Es una persona distraída, pero muy inteligente.
Tiene talento, pero es un alumno holgazán.
No es lista, sino que estudia mucho.
3. LA ORACIÓN COMPLEJA.
Cuando las proposiciones presentan una relación de dependencia sintáctica y semántica estamos ante
oraciones complejas. Éstas se clasifican en relación con la clase de palabras a las que podría sustituir.
Podemos dividir las oraciones complejas en a) sustantivas, b) adjetivas y c) adverbiales.
3.1. Oraciones subordinadas sustantivas.
Son proposiciones introducidas por la conjunción que, que pueden desempeñar las funciones propias de los
sustantivos.
·
Función de sujeto:
Me alegró que vinieras a casa esta mañana.
Parece claro que has suspendido por méritos propios.
·
Función de atributo:
Mi mayor deseo es que mi obra triunfe.
·
Función de objeto directo:
Dijo que vendría mas adelante.
3
Comprobaron que era una asignatura fácil de aprobar.
·
Función de objeto indirecto:
Puso objeciones a que os quedarais.
Dedica todo su esfuerzo a que el negocio vaya bien.
Tiene miedo a que sean torpes en el trabajo.
·
Función de objeto preposicional (o suplemento):
Me alegro de que vengas con nosotros.
Confiamos en que haya hecho un buen trabajo.
Puede funcionar además como:
Complemento del nombre: Tengo miedo de que te suspendan.
Complemento del adjetivo: Estaba seguro de que iba a volver.
Complemento del adverbio: Esto pasó antes de que estallara la guerra.
Hay otras formas de introducir y construir una oración subordinada sustantiva:
a. Por medio del nexo si en las oraciones interrogativas indirectas:
Ignoramos si va a estudiar Humanidades.
No sé si tu madre estará de acuerdo.
b. Por medio de pronombres y adverbios interrogativos:
No sé qué quieres de mí.
María sabe dónde está la solución.
Ignoran cuándo vendrá el nuevo profesor.
c. Por medio de oraciones de relativo sustantivadas, puesto que no cumplen las funciones propias del
adjetivo (adyacentes), sino las del sustantivo:
No llegó quien esperas (sujeto).
Devolví el libro a quien me lo había dejado (objeto indirecto).
3.2. Oraciones subordinadas adjetivas.
Algunas proposiciones funcionan como lo haría un adjetivo, es decir, como adyacente nominal, de ahí el
nombre de subordinadas adjetivas. Van introducidas por un pronombre relativo y para que sean
verdaderamente adjetivas necesitan que el antecedente vaya expreso:
4
Es un coche que cuesta mucho dinero (= coche caro).
Se trata de un asunto que me trae de cabeza (=asunto complicado).
Si no aparece el antecedente, son oraciones de relativo sustantivadas y pertenecen al grupo anterior.
No entiendo qué buscas creando esa situación.
El pronombre relativo siempre cumple una función dentro de la proposición subordinada y no tiene por
qué coincidir con la función de su antecedente.
Éstas son las principales funciones de los relativos en las proposiciones subordinadas:
SUJETO
Ejemplo
Pedro, que estudia en la universidad, es un gran lector.
OBJETO DIRECTO
Ejemplo
Conozco a tu padre, a quien respeto muchísimo.
OBJETO INDIRECTO
Ejemplo
Es mi hermana, a quien le dieron un premio.
OBJETO PREPOSICIONAL
Ejemplo
Es el sobrino con quien las tías se encariñaron.
COMPLEMENTO CIRCUNSTANCIAL
Ejemplo
Éste es el hueso con el que Caín mató a Abel.
3.3. Oraciones de relativo especificativas y explicativas.
Las oraciones de relativo pueden dividirse en especificativas y explicativas, según su relación con el
antecedente:
Las oraciones especificativas van unidas al sustantivo que hace de antecedente formando un solo grupo
fónico. Aportan una información importante para la oración principal y poseen un sentido restrictivo:
El reloj que está parado marca las dos.
(Se supone que hay varios relojes, de los que tan sólo uno está parado.)
Por su parte, las oraciones explicativas ofrecen una información que puede resultar redundante, porque ya
está implícita en el antecedente. Suelen ir separadas de la oración principal por medio de comas:
5
El reloj, que está parado, marca las dos.
(En este caso sólo hay un reloj y está parado.)
3.4. Oraciones subordinadas adverbiales.
Son equivalentes semántica y funcionalmente a un adverbio, de ahí que cumplan las funciones de
complemento circunstancial.
·
Subordinadas adverbiales propias.
Las subordinadas adverbiales propias son las de lugar, tiempo y modo, y pueden sustituirse por el adverbio
correspondiente:
Pedro vive donde tiene la casa = Pedro vive aquí.
Trabaja desde que amanece = Trabaja pronto.
Ellos trabajan sin que les interese = Ellos trabajan así.
Temporales.
La oración subordinada expresa algún tipo de referencia temporal. Su principal elemento introductor es la
conjunción cuando.
Pueden
indicarsimultaneidad:
“Suelo
escuchar
música cuando estudio”; anterioridad o posterioridad: “Iremos a la cafetería cuando terminen las clases”.
Otros nexos que sirven para introducir estas oraciones adverbiales temporales son: siempre que, en el
momento en que, cada vez que, en cuanto que, tan pronto como, apenas, en tanto que, al mismo tiempo
que,…
De lugar.
Indican circunstancias locativas (de lugar) del verbo principal. Su principal nexo o conector es el adverbio
relativo donde:
Fuimos a la casa donde nació Machado.
Se sienta donde hay mejor sombra.
El adverbio relativo donde puede ir precedido de preposición: para donde, por donde, hasta donde, hacia
donde, de donde, desde donde, en donde:
Voy por donde me dijiste.
Aparece en donde menos te lo esperas.
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Modales.
Cumplen la función de los adverbios de modo en la oración principal. Su principal nexo o conector es el
adverbio relativo como:
Actuó como le aconsejaste.
Otros nexos modales son: según, conforme, cual (uso literario), el modo que, la manera que:
Lo hizo conforme le habíamos dicho.
Cazaba los animales según la costumbre de su tribu.
A veces se pueden combinar dos nexos:
Bailó según como le enseñaron.
La preposición sin + la conjunción que puede tener un valor modal:
Salieron de la fiesta sin que se notara.
El nexo como puede aparecer junto con que y si:
Va por la vida como si no tuviera familia.
Hizo como que no entendía.
3.5. Oraciones adverbiales impropias.
Las oraciones adverbiales impropias tienen también un valor circunstancial, pero no pueden ser sustituidas
por un adverbio.
Causales.
Cumplen la función de complemento circunstancial de causa de la oración principal:
Leo todas las noches algún libro porque me gusta muchísimo.
Su principal nexo es la conjunción porque:
Francisco se fue de aquí porque le salió un trabajo mejor.
Otras conjunciones pueden tener también un valor causal:
Como: “Como le sobraba el dinero, se compró una avioneta”.
Pues: “Se fue de vieja pues tenía unos días de vacaciones”.
Que (siempre va con proposiciones imperativas o apelativas): “Niño, quédate ahí que te vas a mojar”.
Otros nexos son ya que, puesto que, en vista de que, dado que,…:
Ya que tú no quieres salir, iré yo.
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Finales.
Funcionan como complemento circunstancial de finalidad de la oración principal:
Ha venido hasta aquí para que tratemos el asunto.
Otros nexos con valor final son: a que, por que, para que, a fin de que, con objeto de que, con intención
de que,…
Tu padre trabaja duro para que puedas estudiar.
Va al ambulatorio a que le den una receta.
Te llamo con intención de que recapacites tu decisión.
Condicionales.
Funcionan como complemento circunstancial de condición de la oración principal:
Aprobarás si estudias un poco más.
La proposición subordinada recibe el nombre de prótasis y la oración principal de apódosis.
Cuando el sujeto del verbo principal coincide con el del verbo de la subordinada final, en ésta se usa el
infinitivo:
He venido para pasar el día con vosotros.
Además de la conjunción condicional si, existen otros nexos para expresar este valor adverbial:
Como (siempre va con subjuntivo): Como no me llames no voy a tu cumpleaños. (Equivale a si + indicativo =
si no me llamas…)
Con que: Con que estudies un poco, sacarás el curso adelante.
Cuando: Cuando el río suena, agua lleva.
Otros nexos condicionales son siempre que, siempre y cuando, a no ser que, a menos que (estas dos
últimas expresan contenidos negativos).
Concesivas.
Funcionan como un complemento circunstancial concesivo de la oración principal:
Irán al baile aunque caigan granizos.
Su principal nexo es la conjunción aunque, que mantiene diferentes valores según vaya seguida de
indicativo o de subjuntivo:
Saldremos aunque llueva (con subjuntivo expresa una hipótesis).
Aunque llueve saldremos (con indicativo expresa una realidad objetiva).
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Otros nexos son: a pesar de que, pese a que, por más que, por mucho que, por muy lejos que, por poco
que.
Comparativas.
En la mayoría de los casos, el verbo de la proposición comparativa ni siquiera aparece porque es el mismo
que el de la oración principal:
Vamos más al cine que nuestros padres (van).
Viajan tanto como el ministro de exteriores (viaja).
No ocurre lo mismo cuando se comparan dos acciones verbales:
Es más difícil aprobar que suspender.
Hay tres tipos de comparación:
de inferioridad (menos que):
de superioridad (más
que),
de igualdad (tanto
como) y
Los jugadores de baloncesto son más altos que los de fútbol.
Come tanto como las personas mayores.
Estudia menos que su hermano.
En algunas construcciones puede aparecer la preposición de en lugar de la conjunción que:
Duerme más de lo que le corresponde.
Consecutivas.
Expresan la consecuencia de la oración principal. Van introducidas por tan, tanto, tal, cada y un, más la
conjunción que:
Es tan alto que se puede dedicar al baloncesto.
Estudia tanto que va a aprobar esa asignatura.
Lo dijo con tal enfado que todos nos asustamos.
Decía cada tontería que nos sonrojábamos.
Comentaba unas cosas que eran de vergüenza.
Ciertas oraciones consecutivas llevan la configuración que, pero sin el apoyo de intensificaciones
como tan, tanto,…
Escribe que es una maravilla.
Habla que es un primor.
En ocasiones, la oración consecutiva no es sino una simple frase hecha del tipo corre que se las pela, que
hay que analizar como nuevos cuantificadores del verbo.
9
Lo spagnolo o castigliano è una lingua appartenente al gruppo delle lingue romanze della famiglia
delle lingue indoeuropee. Secondo un'indagine di SIL Internationa e dell'Instituto Cervantes, nel 2012 lo
spagnolo era la seconda lingua più parlata al mondo dopo il cinese (si tratta di circa 414 milioni di persone
che parlano lo spagnolo come loro prima lingua).
Distribuzione geografica
I principali luoghi dove si parla spagnolo sono
·
in Spagna, dove ha avuto origine.
·
in gran parte del continente americano settentrionale, centrale e
meridionale: Argentina, Bolivia, Colombia, Costa Rica, Cuba, Cile, Ecuador, El
Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panamá, Paraguay, Perù, Porto Rico,
Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela. In questi paesi è lingua ufficiale (in Porto Rico
assieme all'inglese).
·
negli Stati Uniti d'America, dove è usato dalle comunità ispaniche in California, Arizona, Nuovo
Messico, Texas e Florida, ma anche a New York, dove è la lingua più parlata dopo l'inglese.
·
nelle Filippine, dove è parlata da una piccola minoranza.
·
in Guinea Equatoriale e Marocco (antiche colonie spagnole).
·
in Medio Oriente, dalle comunità sefardite, che hanno conservato varietà linguistiche molto
arcaizzanti.
·
sull'Isola di Pasqua, un'isola dell'Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile.
Il Messico è attualmente lo stato ispanofono più popoloso al mondo, seguito dagli Stati Uniti, che ospitano
la seconda comunità ispanofona del pianeta[. Tra le città ispanofone, la maggiore è Città del Messico,
seguita da Bogotá e da Caracas.
Caratteristiche generali
Gli spagnoli sono soliti chiamare la loro lingua español quando questa viene citata insieme a lingue di altri
stati (per esempio in un elenco dove figurino anche il francese o l'inglese). Si usa il termine "castigliano"
(castellano) soprattutto per mettere in evidenza che è lingua originaria della Castiglia e non di altre regioni
della Spagna di cui sono autoctone altre lingue politicamente riconosciute (Catalogna, Comunità
Valenciana, Isole Baleari, Paesi Baschi, Navarra e Galizia), quindi soprattutto in rapporto ad altre lingue
politicamente riconosciute della Spagna. Pure, il termine "castigliano" è diffuso anche in alcuni contesti
estranei alla Spagna. Per esempio, in Argentina castellano è, nell'uso comune, il termine utilizzato per
indicare la lingua nazionale.
Il termine generico español viene esteso anche alle zone dell'America Latina, pur senza avere connotazioni
politiche e di sovranità. La Costituzione spagnola (1978) riconosce una lingua ufficiale, indicata
come castellano e tre lingue co-ufficiali: il gallego, il basco (euskera) ed il catalano, quest'ultimo sia nella
sua modalità orientale (català), sia valenciana (valencià).Recentemente anche la Commissione Europea ha
stabilito che i cittadini che si rivolgeranno al Parlamento Europeo mediante testi scritti in queste tre lingue
avranno il diritto di vedersi rispondere nella medesima lingua. I costi di traduzione sono a carico del
Governo spagnolo.
Per quanto riguarda le varietà linguistiche, ogni paese ha un suo modo particolare di parlare lo spagnolo.
Ad esempio, in Messico, il paese ispanofono più popoloso del mondo, vi sono diverse differenze lessicali
(parole specifiche e d'uso quotidiano) che rendono quella parlata anche abbastanza diversa da quella
corrente in Spagna o di quella studiata nei corsi di lingua in Europa. In Centro America la situazione è
abbastanza uniforme e lo spagnolo è compreso benissimo da tutti, anche se in tali paesi esistono ancora
varie lingue indios. Nei Caraibi è possibile distinguere lo spagnolo di Cuba, quello dominicano e
quello portoricano, varianti che differiscono sia per la pronuncia sia per il significato attribuito a
determinate parole. Lo spagnolo del Venezuela è vicino a quello dei Caraibi. In America del Sud si parla
correntemente spagnolo, tranne in Brasile (portoghese), Guyana (inglese), Suriname (olandese) e Guyana
francese (francese), ma con molte differenze tra una nazione e l'altra e addirittura all'interno dei paesi più
grandi.
Ad ogni modo, molte costituzioni dei paesi ispanofoni americani, a differenza della Costituzione del Regno
di Spagna, indicano nello spagnolo il nome della lingua ufficiale della nazione.
L'importanza dello spagnolo è cresciuta notevolmente negli ultimi anni e ciò grazie all'alto tasso di natalità
di molti paesi in cui è parlato, allo sviluppo economico di vari stati latinoamericani,https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Uso_delle_fonti alla crescita della comunità ispanofona
negli Stati Uniti.
Storia
Lo spagnolo si è sviluppato a partire dal latino volgare, subendo anche l'influenza di altre lingue del
territorio romanizzato della Penisola Iberica (basco, celtico, iberico, ecc.), dell'arabo, degli altri idiomi
neolatini (occitano, catalano, italiano, portoghese, ecc.) e, più recentemente, dell'inglese. Caratteristiche
tipiche della fonologia diacronica spagnola sono la lenizione (latino vita, spagnolo vida), la
palatalizzazione (Latino annum, spagnolo año), la trasformazione in dittonghi delle vocali latine
brevi e/o (Latino terra, spagnolo tierra; Latino novus, Spagnolo nuevo). Fenomeni simili si possono trovare
anche nelle altre lingue romanze, benché lo spagnolo presenti un'influenza celtica più marcata.
Con la Reconquista, il dialetto del centro della penisola iberica si è diffuso anche nelle regioni meridionali.
Il primo libro di grammatica spagnola (e anche la prima grammatica di una lingua moderna) Gramática de la
Lengua Castellana è stato realizzato a Salamanca nel1492 da Elio Antonio de Nebrija. Quando tale lavoro è
stato presentato a Isabella I di Castiglia, la regina ha chiesto: ¿Para qué quiero una obra como ésta si ya
conozco el idioma? (Per quale motivo dovrei volere un'opera come questa, se già conosco la lingua?).
L'autore ha risposto: Señora, la lengua siempre fue compañera del Imperio(Signora, la lingua fu sempre
compagna dell'Impero).
A partire dal XVI secolo, lo spagnolo è stato introdotto in America, Micronesia, Guam,Isole
Marianne, Palau e Filippine (anche se in tutte queste isole è rimasto ben poco di tale colonizzazione, se non
alcuni pidgin).
Nel XX secolo il Castigliano si è diffuso anche nelle colonie africane della Guinea Equatoriale e del Sahara
Occidentale (all'epoca noto come Río de Oro).
Fonologia
Lungo i secoli (grosso modo dal Medioevo fino al XVI secolo) il castigliano ha subito delle trasformazioni
nella resa dei diversi fonemi. Si tenga presente, d'altronde, che la differenziazione della resa di vocali e
consonanti era già all'opera fin dalla formazione delle diverse lingue neolatine e aveva giocato un ruolo
determinante nella differenziazione rispetto a portoghese, gallego, asturiano, aragonese e catalano. Per
esempio la /f/ a inizio di molte parole, probabilmente per effetto di un substrato linguistico, è finita per
diventare muta, lasciando una traccia etimologica nell'uso del morfema h. La lingua portoghese è
ortograficamente e grammaticalmente (89%https://it.wikipedia.org/wiki/Aiuto:Chiarezza) simile in molti
aspetti alla lingua spagnola, ma è un po' differente nella fonologia. In alcuni luoghi, specie in Sudamerica, il
portoghese e lo spagnolo vengono parlati contemporaneamente: i parlanti portoghese leggono e capiscono
lo spagnolo con molta facilità, mentre gli ispanofoni sono capaci di leggere quasi tutto in portoghese ma
capiscono la lingua parlata solo con qualche sforzo. Ciò spiega perché alcuni stranieri in Portogallo, Angola
e Brasile tendano a comunicare con la popolazione locale utilizzando lo spagnolo, e le popolazioni locali si
sentono offese o entusiasmate dall'opportunità di parlare spagnolo.
·
Alfabeto spagnolo (pronuncia latinoamerican)
Lo spagnolo, come tutte le lingue romanze, utilizza, per scrivere, l'alfabeto latino. Si noti, tuttavia, che
alcune lettere vengono pronunciate in maniera differente dall'italiano:
·
"A" Si pronuncia come in italiano.
·
"B" Quando è a inizio di parola o dopo M, si pronuncia come in italiano. In altre posizioni si
pronuncia con un suono spirante, diverso rispetto a quello esplosivo italiano: si deve far passare
l'aria tra le labbra che, tra loro, si sfiorano appena (/β/). In Centroamerica la pronuncia è ancora più
lieve, tanto che a Cuba viene ad assumere quasi il suono /w/ (Cuba /'ku:wa/).
·
"C" Quando è seguita da "E" o da "I", si pronuncia /θ/ (che equivale al "th" inglese di "think") nella
pronuncia standard dello spagnolo europeo; in alcuni dialetti dello spagnolo europeo e nello
spagnolo d'America si pronuncia semplicemente /s/ (seseo). Quando è seguita da "A, O, U" si
pronuncia /k/. Il gruppo "CC", se seguito da "E" o da "I" si pronuncia /kθ/ o /ks/.
·
"D" Si legge come in italiano, ma quando è intervocalica si pronuncia /ð/ (che equivale al "th"
inglese di "then"). A fine di parola ha un suono debole.
·
"E" Ufficialmente /e̞ /, ma può avere, secondo la sua posizione nelle parole, una variante piuttosto
chiusa (per esempio: "canté" /canˈte/ - "cantai") o piuttosto aperta (per esempio: "perla" /ˈpɛɾla/ "perla"), ma senza nessuna differenza semantica.
·
"F" Si pronuncia come in italiano.
·
"G" Si pronuncia /x/ o /χ/ davanti a "E" ed "I", suono equivalente al "ch" tedesco di "nach". In
posizione iniziale e dopo una consonante si pronuncia come in italiano "gatto". Quando è
intervocalica e seguita da "A", "O", "U", si pronuncia /γ/ (che si differenzia dalla "g" dura italiana
perché è un suono fricativo, ottenuto facendo passare l'aria fra la lingua ed il velo palatino). Dà
luogo ai gruppi "GUE" e "GUI" che si pronunciano come "ghe", "ghi" italiani. Se però vi è una "Ü", i
gruppi "GÜE" e "GÜI" vengono a pronunciarsi come gli italiani "gue" e "gui".
·
"H" È sempre muta, anche se nelle parole di origine straniera si può pronunciare (e normalmente
viene resa con il suono della J, /x/ o /χ/).
·
"I" Come in italiano.
·
"J" Si pronuncia sempre /x/ o /χ/ (considerati allofoni), che equivale al "ch" tedesco di "nach". A
fine di parola è più debole.
·
"K" Come la K in inglese.
·
"L" Si pronuncia come in italiano.
·
"LL" Si pronuncia /ʎ/ (come la "gli" nella parola italiana "famiglia", ma meno forte) nella variante
standard dello spagnolo europeo. In gran parte dei dialetti, però, si pronuncia come la
semiconsonante /j/ (come la "i" nella parola italiana "ieri": il fenomeno è chiamato yeísmo), e a
volte anche /ʤ/ (come la "g" palatale in "già") in inizio di parola. In Uruguay si pronuncia /ʒ/ (come
la "j" del francese o del portoghese), oppure /ʃ/ (come il primo fonema della parola italiana
"scivolo": "llamo (io chiamo)" è pronunciato /ˈʃamo/) soprattutto in Argentina, anche se in alcune
zone dell'interno, Cordoba in particolare, ritorna il suono semiconsonantico (/j/).
·
"M" Come in italiano.
·
"N" Come in italiano. Il gruppo "gn" non suona come in italiano, ma con le due consonanti distinte,
quindi /gn/ o /ɣn/.
·
"Ñ" Si pronuncia /ɲ/ (come il gruppo "gn" italiano).
·
"O" Secondo lo standard /o̞ /, ma può avere, a seconda della sua posizione nelle parole, un suono
più chiuso (per esempio: "tonto" [ˈtonto] - "sciocco") o più aperto (per esempio: "no" [nɔ] "no/non"), ma senza nessuna differenza lessicale.
·
"P" Come in italiano, sebbene in parole che iniziano per "ps-" o "pn-" la "p" sia muta.
·
"Q" È sempre seguita da "U", e dà luogo ai gruppi "QUE" e "QUI" che si pronunciano come "che" e
"chi" italiani.
·
"R" Quando è in inizio di parola e quando è doppia si pronuncia molto accentuata, come la /r/ in
inizio parola pronunciata dai siciliani; altrimenti è monobattente, /ɾ/.
·
"S" Come nell'italiano "sono". Non ha il suono della s intervocalica italiana (/z/), "rosa" non si
pronuncia come in italiano /'ɾɔza/ ma /'rosa/.
·
"T" Come in italiano.
·
"U" Come in italiano, ad eccezione dei gruppi que e qui che si pronunciano come che e chi italiani.
Si noti che la u è muta.
·
"V" Si pronuncia tale e quale alla lettera B spagnola. In spagnolo non esiste il suono /v/.
·
"W" È presente solo in parole straniere, e si pronuncia come la B o la V spagnola nelle parole di
origine tedesca, come "gu" in italiano nelle parole di origine inglese.
·
"X" All'inizio di parola si pronuncia /s/ (per esempio in "xenofobia"), negli altri casi /ks/ o /gz/. In
alcuni nomi di ortografia antica, specialmente messicani, si pronuncia /x/: Xavier, Ximena, México,
Texas (che in effetti si usa anche scrivere con J: Javier, Jimena, Méjico, Tejas), Oaxaca, etc.
·
"Y" Si pronuncia /j/ nello spagnolo parlato in Spagna. Si pronuncia anche /ʤ/ (come il primo
fonema della parola italiana "già": "yo" è pronunciato /ʒo/ o /ʤo/ in alcune zone dell'America
Latina), oppure /ʃ/ (come il primo fonema della parola italiana "scivolo": "yo" è pronunciato /ʃo/
soprattutto in Argentina). La congiunzione y ("e") si legge /i/ in tutte le varianti.
·
"Z" Si pronuncia tale e quale alla "C" spagnola seguita da "E" od "I"; perciò in Spagna (centrosettentrionale) è /θ/, mentre in Andalusia e America Latina è semplicemente /s/.
Vocali
Nella sua evoluzione dal latino volgare alla lingua attuale, lo spagnolo ha sviluppato un sistema a cinque
vocali (a, e, i, o, u), simile quindi a quello della lingua siciliana, ma diverso - per esempio - dal sistema
vocalico dell'italiano (sette vocali, a, ɛ, e, i, ɔ, o, u), del catalano (otto vocali, a, ɛ, e, i, ɔ, o, u, ə) o
del francese (dodici vocali, a, ɑ, ɛ, e, i, y, u, o, ɔ, œ, ø, ə, senza considerare le nasali).
Consonanti
Tavola dei fonemi consonantici dello spagnolo
Labiale Dentale Alveolare Palatale Velare
Nasale
m
n
Occlusiva p
t
b
Fricativa
Vibrante
f
ɲ
tʃ
d
(θ)
k
ʝ
s
ɡ
x
r
Battuta
Laterale
l
(ʎ)
Le consonanti tra parentesi sono i fonemi dello spagnolo standard in Spagna, ma assenti in molti dialetti,
specialmente quelli dell'America Latina.
Variante canaria e latinoamericana
Alle Canarie e in buona parte dell'America Latina si parla lo spagnolo, ma con inflessioni linguistiche
particolari. Queste inflessioni non sono comuni a tutti i Paesi latinoamericani, in cui si trovano grandi
differenze tra un Paese e l'altro (variazioni che del resto non mancano nemmeno tra le diverse isole
dell'arcipelago canario). Non c'è niente che si possa definire uno "spagnolo americano", giacché le varietà
americane sono molto diverse e hanno subito trasformazioni importanti negli ultimi secoli. Comunque, ci
sono alcune differenze caratteristiche comuni rispetto allo spagnolo iberico (della Spagna Nord e Centrale):
·
Di fatto non esiste la seconda persona plurale: il vosotros è sostituito dall’ustedes, e i verbi si
pongono alla terza persona plurale
·
Il pretérito perfecto (passato prossimo) è spesso sostituito dal pretérito indefinido (passato
remoto) anche per le azioni avvenute in un passato recente o non ancora concluse.
·
A livello fonetico si riscontrano varie caratteristiche che si incontrano anche nel sud della Spagna
(Andalusia):
·
·
Non esiste il suono interdentale (c seguita da e o i, e z), che diventa sempre il
suono s aspro.
·
Ugualmente in quasi tutte le zone si presenta il fenomeno del yeismo, per il quale il suono
della ll palatale si confonde con quello della y.
Si mantengono arcaismi riguardo alla Spagna e s'accettano più neologismi che le varietà iberiche
(più conservative).
Il vocabolario Ispano-Americano si differenzia da quello iberico per i seguenti aspetti:
·
"Marinerismos en tierra"
I termini che in Spagna erano circoscritti al campo marittimo, vennero ampliati e usati anche nella terra
ferma ad esempio venne impiegata una parola come chicote che indicava inizialmente l'estremità di una
corda e successivamente venne estesa e usata in alcuni Paesi americani con il significato di 'frusta' (invece
in Spagna si preferisce usare azote olátigo).
·
Arcaismi
Alcune forme tradizionali non più usate nella penisola iberica sono ancora vive in America come, ad
esempio, la parola lindo vigente nello spagnolo peninsulare del XVII secolo e successivamente sostituita
da bonito o hermoso. Comunque, è importante ricordare che i parlanti latinoamericani, molto più numerosi
degli Spagnoli, considerano arcaismi anche parole che sono ancora in uso in Spagna ma non nei territori
americani, come sarebbe lo stesso "vosotros" (voi).
·
Neologismi
In America sono vigenti dei neologismi ottenuti ad esempio dalla derivazione con preferenza per
determinati affissi come ad esempio il suffisso -ada che forma delle parole comeatropellada<atropello,
sconosciuta in Spagna.
·
Cambi semantici
Fin dai tempi della colonizzazione in America Latina molte parole subirono un cambio semantico dovuto al
fatto che molte voci vennero usate in America per riferirsi a cose, entità e fenomeni simili ma distinti a
quelli spagnoli. La parola chula ad esempio ha un diverso significato nei due continenti: una mujer chula in
Spagna può significare una donna simpatica oppure presuntuosa, mentre in alcune zone americane come
Messico, Guatemala, ecc., l'aggettivo chula è sinonimo di una donna bella e attraente.
·
Prestiti linguistici
In America Latina vengono adoperati molti prestiti linguistici ovvero termini di un'altra lingua che non sono
stati incorporati alla norma peninsulare. Nel lessico di alcuni paesi (Argentina e Uruguay in particolare), che
hanno conosciuto nell'Ottocento e Novecento un forte movimento immigratorio sono stati incorporati vari
termini di origine italiana e, in minor misura, tedesca, polacca, russa e francese. Il secolare contatto dello
spagnolo con le lingue indigene locali, alcune delle quali (quechua, aymara, guaranì, ecc.) sono tuttora
parlate da ampi strati della popolazione latinoamericana, ha determinato l'introduzione di vari termini e
modismi nel castigliano d'America, particolarmente rilevanti nei paesi andini e nella zona del Gran Chaco.
Un esempio della diversità delle versioni della lingua in America lo costituiscono le varianti argentina e
uruguaya in cui, pur essendo presenti caratteristiche proprie di ciascuno dei due Paesi, ritroviamo alcune
forme comuni:
·
in entrambi gli Stati, valgono alcune delle caratteristiche di cui sopra per gli altri paesi
latinoamericani anche se l'accento e l'intonazione sono peculiari dell'Argentina e dell'Uruguay e
diversi da quelli di tutti gli altri Paesi.
·
si utilizza la forma vos al posto del tú, applicando generalmente le conseguenti forme verbali della
seconda persona singolare, che nel presente indicativo e congiuntivo e nell'imperativo derivano da
quelle della seconda persona plurale, con la scomparsa del dittongo e l'elisione della D: vos pensás
(e non tú piensas), que vos pensés/pienses (nel congiuntivo sono presenti entrambe le forme),
pensá (e non pensad); nel castigliano di Spagna lo troviamo in Cervantes. A questa regola fanno
eccezione le zone corrispondenti all'attuale provincia argentina di Santiago del Estero, in cui il vos è
seguito dalla seconda persona singolare (vos piensas, vos pensaste, ecc.) e alcuni territori andini in
cui non viene persa la dittongazione della seconda persona plurale (vos pensáis). Il "vos" non è
usato soltanto in Argentina, Paraguay e Uruguay, ma anche (insieme al tuteo cioè al tu tradizionale)
in ampie zone dell'America Centrale. Infatti, in Guatemala, alcuni anni fa, il "tu" era usato soltanto
fra un uomo e una donna. Usare "tu" fra due uomini non era visto bene.
·
i suoni di ll e y si interconfondono e suonano come la j francese di je, janvier, o quella portoghese di
janeiro, tranne che nelle zone della Provincia di Corrientes.
Distribuzione geografica
Lo spagnolo è una delle lingue ufficiali delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, dell'Organizzazione degli
Stati americani, dell'Unione africana e dell'Unione latina. Gran parte dei parlanti risiede nell'emisfero
occidentale (Europa, America, e territori spagnoli in Africa).
Con circa 106 milioni di parlanti (sia come prima che come seconda lingua), il Messico è lo Stato con la più
numerosa popolazione ispanofona del mondo. Lo spagnolo messicano si è arricchito delle lingue indie
messicane ed è la versione più diffusa della lingua negli Stati Uniti grazie alla grande popolazione
immigrante messicana.
Seguono, e da lontano, la Colombia (47 milioni), la Spagna (46 milioni), l'Argentina (43 milioni) e gli Stati
Uniti (30 milioni, paese dove lo spagnolo è la lingua domestica per più del 10% dei cittadini Statunitensi.
Nazioni con una significativa popolazione di lingua spagnola
Ordine alfabetico
Numero di parlanti madrelingua
1. Andorra (40.000)
1. Messico (106.255.000)
2. Argentina (43 131 966)
2. Spagna (45.600.000)
3. Aruba (105.000)
3. Colombia (44.400.000)
4. Australia (150.000)
4. Argentina (41.248.000)
5. Austria (1.970)
5. Stati Uniti d'America (41.000.000)
6. Belize (130.000)
6. Perù (26.152.265)
7. Bolivia (7.010.000)
7. Venezuela (26.021.000)
8. Bonaire (5.700)
8. Cile (15.795.000)
9. Canada (272.000)
9. Ecuador (15.007.343)
10. Cile (15.795.000)
10. Cuba (11.285.000)
11. Cina (250.000)
11. Repubblica Dominicana (8.850.000)
12. Colombia (47 945 000)
12. Guatemala (8.163.000)
13. Corea del Sud (90.000)
13. Honduras (7.267.000)
14. Costa Rica (4.220.000)
14. Bolivia (7.010.000)
15. Cuba (11.285.000)
15. El Salvador (6.859.000)
16. Curaçao (112.450)
16. Nicaragua (5.503.000)
17. Ecuador (15.007.343)
17. Paraguay (4.737.000)
18. El Salvador (6.859.000)
18. Costa Rica (4.220.000)
19. Filippine (2.900.000)
19. Porto Rico (4.017.000)
20. Finlandia (17.200)
20. Uruguay (3.442.000)
21. Francia (2.100.000)
21. Panamá (3.108.000)
22. Germania (410.000)
22. Filippine (2.900.000)
23. Giappone (500.000)
23. Francia (2.100.000)
24. Guatemala (8.163.000)
24. Portogallo (1.750.000)
25. Guiana Francese (13.000)
25. Haiti (1.650.000)
26. Guinea Equatoriale (447.000)
26. Russia (1.200.000)
27. Guyana (198.000)
27. Marocco (960.706)
28. Haiti (1.650.000)
28. Regno Unito (900.000)
29. Honduras (7.267.000)
29. Giappone (500.000)
30. Isole Vergini Statunitensi (3.980)
30. Italia (455.000)
31. Israele (160.000)
31. Guinea Equatoriale (447.000)
32. Italia (455.000)
32. Germania (410.000)
33. Kuwait (1.700)
33. Sahara Occidentale (341.000)
34. Libano (2.300)
34. Canada (272.000)
35. Marocco (960.706)
35. Cina (250.000)
36. Messico (106.255.000)
36. Guyana (198.000)
37. Nicaragua (5.503.000)
37. Svizzera (172.000)
38. Nuova Zelanda (26.100)
38. Israele (160.000)
39. Paesi Bassi (17.600)
39. Australia (150.000)
40. Panamá (3.108.000)
40. Belize (130.000)
41. Paraguay (4.737.000)
41. Curaçao (112.450)
42. Perù (26.152.265)
42. Aruba (105.000)
43. Portogallo (1.750.000)
43. Corea del Sud (90.000)
44. Porto Rico (4.017.000)
44. Andorra (40.000)
45. Regno Unito (900.000)
45. Svezia (39.700)
46. Repubblica Dominicana (8.850.000)
46. Trinidad e Tobago (32.200)
47. Romania (7.000)
47. Turchia (29.500)
48. Russia (1.200.000)
48. Nuova Zelanda (26.100)
49. Sahara Occidentale (341.000)
49. Paesi Bassi (17.600)
50. Spagna (46 507 800)
50. Finlandia (17.200)
51. Stati Uniti d'America (50.000.000)
51. Guiana Francese (13.000)
52. Svezia (39.700)
52. Romania (7.000)
53. Svizzera (172.000)
53. Bonaire (5.700)
54. Trinidad e Tobago (32.200)
54. Isole Vergini Statunitensi (3.980)
55. Turchia (29.500)
55. Libano (2.300)
56. Uruguay (3.442.000)
56. Austria (1.970)
57. Venezuela (26.021.000)
57. Kuwait (1.700)
Nel territorio britannico di Gibilterra, rivendicato dalla Spagna, l'Inglese rimane l'unica lingua ufficiale. Lo
spagnolo, tuttavia, rappresenta la lingua madre di quasi tutti i residenti. Inoltre, nella zona si parla lo llanito,
misto di inglese e spagnolo.
Negli Stati Uniti, lo spagnolo è parlato da circa tre quarti della popolazione ispanica. Attualmente, ci sono
circa 41 milioni di ispanici, che rappresentano il 13,5% della popolazione totale; di questi, quasi 3 milioni
non parlano una parola d'inglese. Gli ispanici al momento sono la più grande minoranza degli Stati Uniti e
vivono soprattutto in Florida (1,5 milioni), New York (1,8 milioni), Texas (3,4 milioni) e California (5,5
milioni). La stragrande maggioranza di loro provengono dal Messico e dai Caraibi (Cuba, Porto Rico). Inoltre,
lo spagnolo sta diventando un'importante lingua di studio, con un numero sempre più grande di nonispanici che lo apprendono per ragioni commerciali, politiche o turistiche. Il Castigliano è la lingua ufficiale
del Nuovo Messico (insieme all'Inglese) e del territorio americano di Porto Rico.
In Brasile, dove il portoghese è lingua ufficiale, lo spagnolo sta diventando sempre più lingua di studio. Ciò è
dovuto a diversi fattori. Innanzitutto, il fatto che il Brasile negli ultimi anni ha visto diminuire i suoi scambi
commerciali con gli Stati Uniti ed Europa ed aumentare, invece, quelli con i vicini Paesi ispanofoni (in
particolar modo quelli del Mercosur). A ciò, si aggiungono i continui scambi culturali con molti Paesi dove il
Castigliano è lingua ufficiale e la forte somiglianza tra i due idiomi (cosa che, ovviamente, facilita
l'apprendimento). Per tutta questa serie di ragioni, il Congresso Nazionale del Brasile, il 17 luglio 2005, ha
approvato un provvedimento con cui lo spagnolo diventa la seconda lingua delle scuole primarie sia
pubbliche che private. Inoltre, in Brasile esiste una piccola comunità di madre lingua spagnola: si tratta
di Ebrei sefarditi (parlanti sia il Castigliano standard che il Ladino) sia di immigrati da altri Paesi
sudamericani. Infine, in molti centri lungo i confini (soprattutto con l'Uruguay) si parla un misto di spagnolo
e portoghese noto come portognolo.
In Europa, al di fuori di Spagna, lo spagnolo viene parlato da comunità di immigrati in Italia (soprattutto
nelle grandi città, dove le comunità sudamericane sono in continuo aumento), Francia, Paesi
Bassi, Germania e Regno Unito (con un'importante comunità a Londra).
In Africa lo spagnolo, oltre che nelle città autonome spagnole di Ceuta e Melilla, è parlato anche nelle sue
ex-colonie Guinea Equatoriale e Sahara Occidentale.
In Asia, l'uso della lingua spagnola ha avuto un costante declino a partire dal Novecento. Dal 1973, lo
spagnolo non è più lingua ufficiale nelle Filippine e dal 1987 non è più lingua curricolare negli studi
superiori. Ormai, è usato quotidianamente solo dallo 0,01% della popolazione (2.658 persone stando al
censimento del 1990). Lo 0,4% dei filippini usa un creolo-spagnolo noto come chabacano (292.630 persone
nel 1990); a ciò si aggiungono i numerosi prestiti presenti nelle varie lingue filippine e l'importanza storica
del Castigliano (basti pensare che gran parte della letteratura e dei documenti storici del paese fino agli inizi
del Novecento furono redatti in questa lingua). Tuttavia, negli ultimi anni, nell'arcipelago filippino, c'è un
rinnovato interesse culturale per lo spagnolo.
Esistono, poi, piccolissime comunità di "ex-immigrati" in vari Paesi asiatici che possono vantare una certa
conoscenza della lingua: si tratta di Cinesi nati in Messico e poi deportati in Cina e di Giapponesi di terza o
quarta generazioni nati in Perù e ritornati in Giappone.
Anche in Oceania, lo spagnolo non riveste grande importanza.
In Antartide, lo spagnolo è usato nelle stazioni scientifiche di Argentina, Cile, Perù e Spagna.
Esempi di lingua
Parole e frasi di uso comune
·
Sí = “sì”
·
No = “no”
·
¡Hola! = “ciao!”
·
¡Buenos días! = “Buon giorno!” (Letteralmente: “buoni giorni”)
·
¡Buenas tardes! = “Buon pomeriggio!” (Letteralmente: “buoni pomeriggi”)
·
¡Buenas noches! = “Buona sera!”/ “Buona notte!” (Letteralmente: “buone notti”)
·
¡Adiós! =“Arrivederci!”
·
¡Hasta luego! = “A dopo!”
·
¡Buena/mucha suerte! = “Buona fortuna!”
·
¡Felicidades! = “Auguri!”
·
Por favor = “Per favore”
·
(Muchas) gracias = “Grazie (mille)”
·
De nada = “Di niente”, “Prego”
·
¿Qué tal? = “Come va?”
·
¿Cómo está (usted)/estás? = “Come sta/stai?”
·
Muy bien = “Molto bene”
·
Discúlpame = "Scusami"
·
¿Hablas/Habla (usted) español/italiano/inglés/francés/alemán? = “Parli/Parla
spagnolo/italiano/inglese/francese/tedesco?”
·
¿Cómo se llama (usted)/te llamas? = “Come si chiama/ti chiami?”
·
No entiendo/comprendo = “Non capisco”
·
No sé = “Non so”
·
¿Qué hora es? = “Che ore sono?”
·
¿Dónde estás/está? = “Dove sei/Dov'è?”
·
¿A dónde va (usted)/vas? = “Dove va/Dove vai?”
·
¡Suerte! = “Buona fortuna!”
·
¡Broma! = “Scherzo!”
·
¡Mierda! = “Merda!”
Numeri cardinali
0. cero
1. uno
2. dos
3. tres
4. cuatro
5. cinco
6. seis
7. siete
8. ocho
9. nueve
10. diez
11. once
12. doce
13. trece
14. catorce
15. quince
16. dieciséis
17. diecisiete
18. dieciocho
19. diecinueve
20. veinte
21. veintiuno
22. veintidós
23. veintitrés
24. veinticuatro
25. veinticinco
26. veintiséis
27. veintisiete
28. veintiocho
29. veintinueve
30. treinta
31. treinta y uno
32. treinta y dos
33. treinta y tres
34. treinta y cuatro
35. treinta y cinco
36. treinta y seis
37. treinta y siete
38. treinta y ocho
39. treinta y nueve
40. cuarenta
41. cuarenta y uno
42. cuarenta y dos
43. cuarenta y tres
44. cuarenta y cuatro
45. cuarenta y cinco
46. cuarenta y seis
47. cuarenta y siete
48. cuarenta y ocho
49. cuarenta y nueve
50. cincuenta
51. cincuenta y uno
52. cincuenta y dos
53. cincuenta y tres
54. cincuenta y cuatro
55. cincuenta y cinco
56. cincuenta y seis
57. cincuenta y siete
58. cincuenta y ocho
59. cincuenta y nueve
60. sesenta
61. sesenta y uno
62. sesenta y dos
63. sesenta y tres
64. sesenta y cuatro
65. sesenta y cinco
66. sesenta y seis
67. sesenta y siete
68. sesenta y ocho
69. sesenta y nueve
70. setenta
71. setenta y uno
72. setenta y dos
73. setenta y tres
74. setenta y cuatro
75. setenta y cinco
76. setenta y seis
77. setenta y siete
78. setenta y ocho
79. setenta y nueve
80. ochenta
81. ochenta y uno
82. ochenta y dos
83. ochenta y tres
84. ochenta y cuatro
85. ochenta y cinco
86. ochendo y seis
87. ochenta y siete
88. ochenta y ocho
89. ochenta y nueve
90. noventa
91. noventa y uno
92. noventa y dos
93. noventa y tres
94. noventa y cuatro
95. noventa y cinco
96. noventa y seis
97. noventa y siete
98. noventa y ocho
99. noventa y nueve
100. cien
110. ciento diez
200. doscientos
500. quinientos
1000. mil
I numeri dal 200 al 400 e 600 al 900 si possono esprimere anche al femminile.
Numeri ordinali
1. primer, -ero, -era
2. segundo, -da
3. tercer, -ero, -era
4. cuarto, -ta
5. quinto, -ta
6. sexto, -ta
7. séptimo, -ma
8. octavo, -va
9. noveno, -na
10. décimo, -ma
11. undécimo, -ma o decimoprimero, -ra
12. duodécimo, -ma o decimosegundo, -ra
13. decimotercero, -ra
14. decimocuarto, -ta
20. vigésimo, -ma
21. vigésimo primero, -ra
30. trigésimo, -ma
40. cuadragésimo, -ma
50. quincuagésimo, -ma
60. sexagésimo, -ma
70. septuagésimo, -ma
80. octogésimo, -ma
90. nonagésimo, -ma
100. centésimo, -ma
Giorni della settimana
lunes: Lunedì
martes: Martedì
miércoles: Mercoledì
jueves: Giovedì
viernes: Venerdì
sábado: Sabato
domingo: Domenica
Nomi dei mesi
enero: gennaio
febrero: febbraio
marzo: marzo
abril: aprile
mayo: maggio
junio: giugno
julio: luglio
agosto: agosto
septiembre: settembre
octubre: ottobre
noviembre: novembre
diciembre: dicembre
Presente Indicativo del verbo ser "essere"
(yo) soy = “io sono”
(tú) eres / (vos) sos = “tu sei"
usted es=“Lei è”
(él/ella/eso) es = “lui/lei/(quello) è”
(nosotros, -as) somos = “noi siamo”
(vosotros, -as) sois = “voi siete” (informale)
ustedes son = “Voi siete” (formale)
(ellos/ellas) son = “loro/essi/esse sono”
Presente Indicativo del verbo estar "essere" (stato momentaneo) o stare
yo estoy = “io sono/sto”
tú/vos estás = “tu sei/stai”, ecc.
usted está=“Lei è/sta”
él/ella está=“egli/ella è/sta”
nosotros, -as estamos=“noi siamo/stiamo”
vosotros, -as estáis=“voi siete/state” (informale)
ustedes están=“Voi siete/state” (formale)
ellos/ellas están=“essi sono/stanno”
Presente Indicativo del verbo haber "avere" (ausiliare)
yo he = “io ho”
tú/vos has = “tu hai”
usted ha = “Lei ha”
él/ella ha = “egli, lui/lei ha”
nosotros, -as hemos = “noi abbiamo”
vosotros, -as habéis = “voi avete” (informale)
ustedes han = “voi avete” (formale)
ellos/ellas han = “loro/essi/esse hanno
Presente Indicativo del verbo tener "avere" (possesso)
yo tengo = “io ho”
tú tienes / vos tenés = “tu hai”
usted tiene = “Lei ha”
él/ella tiene = “egli, lui/lei ha”
nosotros, -as tenemos = “noi abbiamo”
vosotros, -as tenéis = “voi avete” (informale)
ustedes tienen = “voi avete (formale)”
ellos/ellas tienen = “loro/essi/esse hanno”
Normas para saber Cómo Escribir una Carta
1ª. Citación de la fecha del día en que escribimos.
2ª. Contestar citando fecha, referencias y asunto.
3ª. Tener presente:
- Si nos dirigimos en nombre de una sociedad, empresa, etc. para hablar
en plural. Ejemplo: "Comunicamos a ustedes". No es infrecuente usar el
"singular".
- Si comenzamos con la fórmula "Señores:", el resto de la exposición irá
en plural. Ejemplo: Señores. Acusamos recibo al escrito de ustedes de
fecha. No suele ser infrecuente dirigirnos a "un colectivo" en singular.
Sobre todo, después de haber escrito algunos párrafos.
- Saber despertar el interés del destinatario desde un principio, sobre
todo, si la comunicación es extensa.
La carta descubre nuestra personalidad
Es tan cierto el título que nos ocupa que, si deseamos no ser
confundidos, hemos de escribir tal y como hablamos, lo que no impide que
se medite detenidamente, se exprese el asunto espontáneamente y, como ya
hemos indicado, se lea y relea nuestra epístola para asegurarnos de que
no existen errores ortográficos ni sintácticos.
Otras consideraciones que revelan al destinatario nuestra personalidad,
son la calidad del papel, el color de la tinta, la letra o la clase de
máquina (o impresora de ordenador), la firma y otros rasgos aparentemente
triviales que suelen ser significativos para el lector.Si estos elementos
los escogemos con cuidado y sinceridad, con el ánimo de agradar y no de
deslumbrar, nuestra fotografía resultará estupenda.
Normas para contestar una carta
1. Póngase siempre en el lugar del destinatario y lea cuanto le dice con
espíritu crítico.
2. Tenga presente, en el supuesto de trabajar en una empresa, dar a la
escritura de su carta un matiz de seriedad, confianza y sinceridad. Por
lo que usted escriba, juzgarán a su empresa.
3. Recuerde que Sócrates hablaba al zapatero "en zapatero" y el ingeniero
"en ingeniero". Hable al destinatario en el idioma que éste utiliza.
4. Jamás imprima a la escritura un carácter impersonal y seco. Recuerde
que la carta es una conversación.
5. Ya hemos visto cómo la carta descubre nuestra personalidad. Estudie
con detenimiento a su corresponsal y sabrá contestarle acertadamente.
1
6. Utilice, en todo momento, un lenguaje cordial y amistoso, sin pecar
por exceso ni por defecto. Sepa "guardar las distancias". No tiene por
qué contestar a un "apreciado amigo" con un "querido amigo" o viceversa.
7. No sea jamás pesado, forzado o afectado. Las insistencias cansan. Si
tiene que dejar constancia de su amor propio, hágalo con sencillez y
naturalidad; jamás como ofendido.
8. Recuerde que la cortesía es una norma de obligado cumplimiento en la
convivencia. No nos cansaremos de repetir la necesidad de ser atentos,
afables y comedidos. En suma, corteses. Revelaremos poseer buena crianza.
9. Despierte la atención de su corresponsal.Conseguirá ser comprendido
con agrado y las probabilidades de conseguir el fin propuesto serán
mayores.
10. Si piensa detenidamente en el asunto que le ocupa, la respuesta que
obtenga jamás le sorprenderá. El buen corresponsal intuye siempre la
contestación porque su carta fue fruto de madurado pensar.
11. Dé prioridad al qué pensará el destinatario,
acomodándose con perfección al asunto que trata.
sobre
su
estilo,
12. Utilice la lógica en la exposición de sus ideas. Esto lo conseguirá
cuando sus pensamientos constituyan una cadena para que su corresponsal
capte, sin el menor esfuerzo, de avances y retrocesos en la lectura,
aquello que usted desea.
Estructura
Una carta se compone de tres partes: el encabezamiento,
el cuerpo de la carta y el cierre.
El encabezamiento
El encabezamiento abarca la parte superior de la carta.
Contiene siempre membrete, lugar y fecha, dirección del
destinatario, y saludo.
En general se indica también el asunto de la carta, para
que el destinatario sepa directamente de qué se trata.
El cuerpo
El cuerpo de la carta es la parte más importante. Se
compone de tres partes: una introducción, un núcleo y una
conclusión.
2
• En la introducción se suele referir a correspondencia
anterior, agradecer al destinatario y/o indicar el motivo
para el escrito.
• En el núcleo se desarrolla la idea principal de la
carta. Es importante redactar el núcleo con objetividad y
claridad, sobre todo cuando se trate de una reclamación.
• Se termina con una conclusión que sirve de resumen de
la carta y/o de estímulo.
El cierre
El cierre de la carta constituye el final de la misma.
Contiene siempre despedida, firma, nombre y cargo.
En caso de anexos se indica el número de estos. Además, es
posible añadir posdata o indicar si se envían copias a otras
personas.
En la carta, todos los elementos empiezan a la izquierda de
la página. Este "estilo bloque" es la manera general de
componer una carta.
Dados los objetivos de cartas comerciales, se suele tratar al
destinatario con cortesía. Los tratamientos de respeto para
el saludo son ‘distinguido(s) señor(es)’ o ‘distinguida(s)
señora(s)’.
Otra forma un poco más personal es ‘Estimado señor’ y las
variedades correspondientes. En el cuerpo de la carta el
autor se dirige al destinatario siempre con ‘usted’ o
‘ustedes’.
Para indicar si se envían fotocopias a otras personas se usa
la expresión ‘C.c.’ seguido por el nombre del otro
destinatario.
Si la carta es firmada en nombre del remitente, la firma va
precedida por la abreviación ‘P.O.’ (por orden) o ‘P.A.’ (por
autorización), indicando que la persona que firma la carta
tiene la autorización de la persona responsable.
3
A continuación le presentamos un ejemplo para que usted pueda
distinguir las
Partes de la Carta:
Santiago, 14 de junio de 2003
Manuel Montt 367
A la atención del Sr. H. Riveros
SANTIAGO DE CHILE
Asunto: Invitación a charla
Distinguido Cliente:
Me contacto con Ud. para anunciarle sobre la charla que se
realizará el día 21 de junio de 2003, a las 15 hs. en nuestro
auditórium, que brindará el reconocido autor de varios libros
sobre managment, el señor Tom Peters.
La charla consistirá en los siguientes tópicos: "el saber
escuchar", "escuchar no es oír", "¿en qué consiste escuchar?"
y "saber escuchar = más productividad".
Esta invitación es sólo para nuestros más exclusivos
clientes, por lo cual esperamos contar con su presencia.
Saludo a usted atentamente,
Pamela A. Ritchie
Gerente General
4
Ejemplos de Cartas Informales
Ejemplo de carta informal:
1. Dirección y fecha
La dirección y la fecha deben estar en la esquina derecha.
Después de la dirección, deje una línea y escriba la fecha
2. Saludo
El saludo más común en una carta informal es "Querido/a....”
Estimada Mimi,
Sin embargo, algunas personas, muy informales, utilizan el
"¡Hola!"
Tenga sentido común. Si está escribiendo a su padre, no
utilice el "¡Hola!", a menos que sean muy íntimos.
3. Cuerpo
- Párrafos:
Se puede utilizar sangría, pero con la computadora se ha
perdido esa costumbre.
- Lenguaje informal
El primer párrafo generalmente expresa un saludo, seguido
por los deseos de buena salud. Usted está escribiendo a
alguien que usted conoce muy bien, así que trate de ser lo
más amigable posible:
¿Cómo está mi querida hermana?
Sin embargo, trate de no exagerar. También evite frases
aburridas como:
Estoy escribiendo esta carta para.... A menos que le escriba a
un extraño. Aun así, trate de ser lo más amable posible:
“He oído tantas cosas de ti y me haría muy feliz si aceptases
ser mi amigo por correspondencia”
Está permitido el uso coloquial del lenguaje:
Mi viaje de regreso estuvo bien, aunque fue bastante largo. Yo
quería viajar en bus directo pero ¿sabes qué?, ¡todos los
5
autobuses estaban llenos! Así que no tuve más remedio que
viajar en uno regular. El viaje duró siete horas. Cuando
llegamos, tenía las piernas dormidas.
- Ortografía y puntuación
Estos errores tienden a distraer al lector.
Recuerde también usar mayúsculas donde debe, es decir los
nombres de personas, lugares, fechas patrias, etc.
- Consistencia de voz y el estilo
Utilice la voz activa si quiere que su carta suene más
coloquial e interesante. Evite los cambios en la voz.
- Haga preguntas
Es bueno hacer preguntas que le gustaría que la persona
respondiera.
¿Cómo están mis hermanos queridos?
4. Saludo de despedida:
En las cartas informales, la despedida siempre es muy amable:
Con amor,
Muchos besos,
Mis mejores deseos,
Te extraño mucho,
Tuyo por siempre,
Siempre seguido de una coma.
5. Posdata
Es un mensaje corto después de la despedida. Utilícela para
escribir algo que olvidó en el cuerpo de la carta.
6
Ejemplo de carta familiar:
En seguida, se presentan las partes y caracteristicas de la carta comercial.
La carta comercial, ademàs de las partes mencionadas en la familiar, incluye tres elementos
màs en su estructura: membrete, destinatario y nombre completo del autor con la
especificaciòn de su cargo.
A. Membrete: nombre y direcciòn de la persona que escribe o de la empresa o
instituciòn que representa.
B. Destinatario: nombre y apellido, cargo y direcciòn completa de la persona,
empresa o instituciòn a quien va dirigida la carta.
C. Nombre completo del autor: debajo de la firma, nombre y apellidos del que
escribe con el cargo o nombramiento correspondiente.
Ejemplo:
Lic. Francisco Sanchez Beltran
Gerente General
7
Existe una diferencia importante entre las cartas familiares y comerciales, el tono o modo de
formular el escrito: informal o formal.
La carta comercial debe ser amable y cortas, pero màs formal que la familiar. En ella hay que
ser: claro, preciso y breve; el lector debe comprender facilmente el mensaje y estar seguro de
su contenido.
PROCESO PARA REDACTAR CARTAS
-
-
Pensar en las caracterasticas del destinatario: nivel cultural, caràcter, cargo que ocupa
y tipo de relaciòn que se tenga con èl para determinar el tratamiento adecuado.
Reflexionar en lo que se quiere comunicar. En la carta familiar, expresar con sinceridad
y en forma natural, lo que se piensa y se siente; en la comercial conviene elaborar un
esquema para organizar el contenido con claridad y concisiòn.
Redactar el borrador de la carta considerando los elementos que la integran y las ideas
anotadas en el esquema.
Leer en voz alta el escrito para descubrir errores o repeticiones y precisar la
puntuaciòn.
-
Revisar la ortografìa a fin de que las palabras se escriban con las letras adecuadas.
-
Escribir la versi�n definitiva de la carta.
Para que la carta llegue a su destino, el sobre debe contener todos los datos y estampillas
postales necesarios, como se observa en el ejemplo de la pàgina siguiente.
8
Otro ejemplo de carta:
9
La Leyenda
Abel y Caín se encontraron después de la muerte de Abel. Caminaban por el desierto y se reconocieron
desde lejos, porque los dos eran muy altos. Los hermanos se sentaron en la tierra, hicieron un fuego y
comieron. Guardaban en silencio, a la manera de la gente cansada cuando declina el día. En el cielo
asomaba alguna estrella, que aún no había recibido su nombre. A la luz de las llamas, Caín advirtió en la
frente de Abel la marca de la piedra y dejó caer el pan que estaba por llevarse a la boca y pidió que le fuera
perdonado su crimen.
Abel contestó:
-¿Tú me has matado o yo te he matado? Ya no recuerdo; aquí estamos juntos como antes.
-Ahora sé que en verdad me has perdonado -dijo Caín-, porque olvidar es perdonar. Yo trataré también de
olvidar.
Abel dijo despacio:
-Así es. Mientras dura el remordimiento dura la culpa.
JUAN LÓPEZ Y JOHN WARD
Les tocó en suerte una época extraña.
El planeta había sido parcelado en distintos países, cada uno provisto de lealtades, de queridas memorias,
de un pasado sin duda heroico, de derechos, de agravios, de una mitología peculiar, de próceres de bronce,
de aniversarios, de demagogos y de símbolos. Esa división, cara a los cartógrafos, auspiciaba las guerras.
López había nacido en la ciudad junto al río inmóvil; Ward, en las afueras de la ciudad por la que caminó
Father Brown. Había estudiado castellano para leer el Quijote.
El otro profesaba el amor de Conrad, que le había sido revelado en una aula de la calle Viamonte.
Hubieran sido amigos, pero se vieron una sola vez cara a cara, en unas islas demasiado famosas, y cada uno
de los dos fue Caín, y cada uno, Abel.
Los enterraron juntos. La nieve y la corrupción los conocen.
El hecho que refiero pasó en un tiempo que no podemos entender.
1
Diálogo sobre un diálogo
A - Distraídos en razonar la inmortalidad, habíamos dejado que anocheciera sin encender la lámpara. No
nos veíamos las caras. Con una indiferencia y una dulzura más convincentes que el fervor, la voz de
Macedonio Fernández repetía que el alma es inmortal. Me aseguraba que la muerte del cuerpo es del todo
insignificante y que morirse tiene que ser el hecho más nulo que puede sucederle a un hombre. Yo jugaba
con la navaja de Macedonio; la abría y la cerraba. Un acordeón vecino despachaba infinitamente la
Cumparsita, esa pamplina consternada que les gusta a muchas personas, porque les mintieron que es
vieja... Yo le propuse a Macedonio que nos suicidáramos, para discutir sin estorbo.
Z (burlón) - Pero sospecho que al final no se resolvieron.
A (ya en plena mística) - Francamente no recuerdo si esa noche nos suicidamos.
ODIN
Se refiere que a la corte de Olaf Tryggvason, que se había convertido a la nueva fe, llegó una noche un
hombre viejo, envuelto en una capa oscura y con el ala del sombrero sobre los ojos. El rey le preguntó si
sabía hacer algo, el forastero contestó que sabía tocar el arpa y contar cuentos. Tocó en el arpa aires
antiguos, habló de Gudrun y de Gunnar y, finalmente, refirió el nacimiento de Odín. Dijo que tres parcas
vinieron, que las dos primeras le prometieron grandes felicidades y que la tercera dijo, colérica:
- El niño no vivirá más que la vela que está ardiendo a su lado.
Entonces los padres apagaron la vela para que Odín no muriera. Olaf Tryggvason descreyó de la historia, el
forastero repitió que era cierto, sacó la vela y la encendió. Mientras la miraban arder, el hombre dijo que
era tarde y que tenía que irse. Cuando la vela se hubo consumido, lo buscaron. A unos pasos de la casa del
rey, Odín había muerto.
Los dos reyes y los dos laberintos
Cuentan los hombres dignos de fe (pero Alá sabe más) que en los primeros días hubo un rey de las islas de
Babilonia que congregó a sus arquitectos y magos y les mandó a construir un laberinto tan perplejo y sutil
que los varones más prudentes no se aventuraban a entrar, y los que entraban se perdían. Esa obra era un
escándalo, porque la confusión y la maravilla son operaciones propias de Dios y no de los hombres. Con el
andar del tiempo vino a su corte un rey de los árabes, y el rey de Babilonia (para hacer burla de la
simplicidad de su huésped) lo hizo penetrar en el laberinto, donde vagó afrentado y confundido hasta la
declinación de la tarde. Entonces imploró socorro divino y dio con la puerta. Sus labios no profirieron queja
ninguna, pero le dijo al rey de Babilonia que él en Arabia tenía otro laberinto y que, si Dios era servido, se lo
daría a conocer algún día. Luego regresó a Arabia, juntó sus capitanes y sus alcaides y estragó los reinos de
Babilonia con tan venturosa fortuna que derribo sus castillos, rompió sus gentes e hizo cautivo al mismo
2
rey. Lo amarró encima de un camello veloz y lo llevó al desierto. Cabalgaron tres días, y le dijo: Oh, rey del
tiempo y substancia y cifra del siglo!, en Babilonia me quisiste perder en un laberinto de bronce con
muchas escaleras, puertas y muros; ahora el Poderoso ha tenido a bien que te muestre el mío, donde no
hay escaleras que subir, ni puertas que forzar, ni fatigosas galerías que recorrer; Luego le desató las
ligaduras y lo abandonó en la mitad del desierto, donde murió de hambre y de sed. La gloria sea con aquel
que no muere.
DE GABRIEL GARCIA MARQUEZ
Un científico, que vivía preocupado con los problemas del mundo, estaba resuelto a encontrar los medios
para aminorarlos.
Pasaba días en su laboratorio en busca de respuestas para sus dudas. Cierto día, su hijo de 7 años invadió
su santuario decidido a ayudarlo a trabajar. El científico, nervioso por la interrupción, le pidió al niño que
fuese a jugar a otro lado. Viendo que era imposible sacarlo, el padre pensó en algo que pudiese darle con el
objetivo de distraer su atención. De repente se encontró con una revista, en donde había un mapa con el
mundo, justo lo que precisaba. Con unas tijeras recortó el mapa en varios pedazos y junto con un rollo de
cinta se lo entregó a su hijo diciendo: "como te gustan los rompecabezas, te voy a dar el mundo todo roto
para que lo repares sin ayuda de nadie". Entonces calculó que al pequeño le llevaría 10 días componer el
mapa, pero no fue así. Pasadas algunas horas, escuchó la voz del niño que lo llamaba calmadamente.
"Papá, papá, ya hice todo, conseguí terminarlo". Al principio el padre no creyó en el niño!
Pensó que sería imposible que, a su edad hubiera conseguido recomponer un mapa que jamás había visto
antes. Desconfiado, el científico levantó la vista de sus anotaciones con la certeza de que vería el trabajo
digno de un niño. Para su sorpresa, el mapa estaba completo. Todos los pedazos habían sido colocados en
sus debidos lugares. ¿Cómo era posible? ¿Cómo el niño había sido capaz? De esta manera, el padre
preguntó con asombro a su hijo:
- Hijito, tú no sabías cómo era el mundo, ¿cómo lo lograste? Papá, respondió el niño; yo no sabía como era
el mundo, pero cuando sacaste el mapa de la revista para recortarlo, vi que del otro lado estaba la figura de
un hombre. Así que di vuelta los recortes y comencé a recomponer al hombre, que sí sabía como era.
"Cuando conseguí arreglar al hombre, di vuelta la hoja y vi que había arreglado al mundo".
3
El hijo
[Cuento. Texto completo]
Horacio Quiroga
Es un poderoso día de verano en Misiones, con todo el sol, el
calor y la calma que puede deparar (cedere)la estación. La
naturaleza, plenamente abierta, se siente satisfecha de sí.
Como el sol, el calor y la calma ambiente, el padre abre también
su corazón a la naturaleza.
-Ten cuidado, chiquito -dice a su hijo, abreviando en esa frase
todas las observaciones del caso y que su hijo comprende
perfectamente.
-Si, papá -responde la criatura mientras coge la escopeta y
carga de cartuchos los bolsillos de su camisa, que cierra con
cuidado.
-Vuelve a la hora de almorzar -observa aún el padre.
-Sí, papá -repite el chico.
Equilibra la escopeta en la mano, sonríe a su padre, lo besa en
la cabeza y parte. Su padre lo sigue un rato con los ojos y
vuelve a su quehacer de ese día, feliz con la alegría de su
pequeño.
Sabe que su hijo es educado desde su más tierna infancia en el
hábito y la precaución del peligro, puede manejar un fusil y
cazar no importa qué. Aunque es muy alto para su edad, no tiene
sino trece años. Y parecía tener menos, a juzgar por la pureza
de sus ojos azules, frescos aún de sorpresa infantil. No
necesita el padre levantar los ojos de su quehacer para seguir
con la mente la marcha de su hijo.
Ha cruzado la picada roja y se encamina rectamente al monte a
través del abra (valico) de espartillo.
Para cazar en el monte –c aza de pelo- se requiere más paciencia
de la que su cachorro puede rendir. Después de atravesar esa
isla de monte, su hijo costeará la linde (confine, frontiera)de
cactus hasta el bañado, en procura de palomas, tucanes o tal
cual casal de garzas (AIRONI), como las que su amigo Juan ha
descubierto días anteriores. Sólo ahora, el padre esboza una
sonrisa al recuerdo de la pasión cinegética (riferita alla
cacciaa) de las dos criaturas. Cazan sólo a veces un yacútoro,
un surucuá -menos aún- y regresan triunfales, Juan a su rancho
con el fusil de nueve milímetros que él le ha regalado, y su
hijo a la meseta con la gran escopeta Saint-Étienne, calibre 16,
cuádruple cierre y pólvora blanca.
Él fue lo mismo. A los trece años hubiera dado la vida por
poseer una escopeta. Su hijo, de aquella edad, la posee ahora y
el padre sonríe...
No es fácil, sin embargo, para un padre viudo, sin otra fe ni
esperanza que la vida de su hijo, educarlo como lo ha hecho él,
libre en su corto radio de acción, seguro de sus pequeños pies y
manos desde que tenía cuatro años, consciente de la inmensidad
de ciertos peligros y de la escasez de sus propias fuerzas.
Ese padre ha debido luchar fuertemente contra lo que él
considera su egoísmo. ¡Tan fácilmente una criatura calcula mal,
sienta un pie en el vacío y se pierde un hijo!
El peligro subsiste siempre para el hombre en cualquier edad;
pero su amenaza amengua si desde pequeño se acostumbra a no
contar sino con sus propias fuerzas.
De este modo ha educado el padre a su hijo. Y para conseguirlo
ha debido resistir no sólo a su corazón, sino a sus tormentos
morales; porque ese padre, de estómago y vista débiles, sufre
desde hace un tiempo de alucinaciones.
Ha visto, concretados en dolorosísima ilusión, recuerdos de una
felicidad que no debía surgir más de la nada en que se recluyó.
La imagen de su propio hijo no ha escapado a este tormento. Lo
ha visto una vez rodar envuelto en sangre cuando el chico
percutía en la morsa del taller una bala de parabellum, siendo
así que lo que hacía era limar la hebilla de su cinturón de
caza.
Horrible caso... Pero hoy, con el ardiente y vital día de
verano, cuyo amor a su hijo parece haber heredado, el padre se
siente feliz, tranquilo y seguro del porvenir.
En ese instante, no muy lejos, suena un estampido.
-La Saint-Étienne... -piensa el padre al reconocer la
detonación. Dos palomas de menos en el monte...
Sin prestar más atención al nimio (frivolo,
futile)acontecimiento, el hombre se abstrae de nuevo en su
tarea.
El sol, ya muy alto, continúa ascendiendo. Adónde quiera que se
mire -piedras, tierra, árboles-, el aire enrarecido como en un
horno, vibra con el calor. Un profundo zumbido (ronzio)que llena
el ser entero e impregna el ámbito hasta donde la vista alcanza,
concentra a esa hora toda la vida tropical.
El padre echa una ojeada a su muñeca: las doce. Y levanta los
ojos al monte. Su hijo debía estar ya de vuelta. En la mutua
confianza que depositan el uno en el otro -el padre de sienes
plateadas y la criatura de trece años-, no se engañan jamás.
Cuando su hijo responde: "Sí, papá", hará lo que dice. Dijo que
volvería antes de las doce, y el padre ha sonreído al verlo
partir. Y no ha vuelto.
El hombre torna a su quehacer, esforzándose en concentrar la
atención en su tarea. ¿Es tan fácil, tan fácil perder la noción
de la hora dentro del monte, y sentarse un rato en el suelo
mientras se descansa inmóvil?
El tiempo ha pasado; son las doce y media. El padre sale de su
taller, y al apoyar la mano en el banco de mecánica sube del
fondo de su memoria el estallido de una bala de parabellum, e
instantáneamente, por primera vez en las tres transcurridas,
piensa que tras el estampido de la Saint-Étienne no ha oído nada
más. No ha oído rodar el pedregullo (pietrisco)bajo un paso
conocido. Su hijo no ha vuelto y la naturaleza se halla detenida
a la vera (margine) del bosque, esperándolo.
¡Oh! no son suficientes un carácter templado y una ciega
confianza en la educación de un hijo para ahuyentar
(allontanare) el espectro de la fatalidad que un padre de vista
enferma ve alzarse desde la línea del monte. Distracción,
olvido, demora (ritardo) fortuita: ninguno de estos nimios
motivos que pueden retardar la llegada de su hijo halla cabida
en aquel corazón.
Un tiro, un solo tiro ha sonado, y hace mucho. Tras él, el padre
no ha oído un ruido, no ha visto un pájaro, no ha cruzado el
abra una sola persona a anunciarle que al cruzar un alambrado,
una gran desgracia...
La cabeza al aire y sin machete, el padre va. Corta el abra de
espartillo, entra en el monte, costea la línea de cactus sin
hallar el menor rastro de su hijo.
Pero la naturaleza prosigue detenida. Y cuando el padre ha
recorrido las sendas de caza conocidas y ha explorado el bañado
en vano, adquiere la seguridad de que cada paso que da en
adelante lo lleva, fatal e inexorablemente, al cadáver de su
hijo.
Ni un reproche que hacerse, es lamentable. Sólo la realidad
fría, terrible y consumada: ha muerto su hijo al cruzar un...
¡Pero dónde, en qué parte! ¡Hay tantos alambrados allí, y es
tan, tan sucio el monte! ¡Oh, muy sucio ! Por poco que no se
tenga cuidado al cruzar los hilos con la escopeta en la mano...
El padre sofoca un grito. Ha visto levantarse en el aire... ¡Oh,
no es su hijo, no! Y vuelve a otro lado, y a otro y a otro...
Nada se ganaría con ver el color de su tez (carnagione)y la
angustia de sus ojos. Ese hombre aún no ha llamado a su hijo.
Aunque su corazón clama (piange)por él a gritos, su boca
continúa muda. Sabe bien que el solo acto de pronunciar su
nombre, de llamarlo en voz alta, será la confesión de su muerte.
-¡Chiquito! -se le escapa de pronto. Y si la voz de un hombre de
carácter es capaz de llorar, tapémonos de misericordia los oídos
ante la angustia que clama en aquella voz.
Nadie ni nada ha respondido. Por las picadas rojas de sol,
envejecido en diez años, va el padre buscando a su hijo que
acaba de morir.
-¡Hijito mío..! ¡Chiquito mío..! -clama en un diminutivo que se
alza del fondo de sus entrañas.
Ya antes, en plena dicha y paz, ese padre ha sufrido la
alucinación de su hijo rodando con la frente abierta por una
bala al cromo níquel. Ahora, en cada rincón sombrío del bosque,
ve centellos de alambre; y al pie de un poste (segnavia, palo),
con la escopeta descargada al lado, ve a su...
-¡Chiquito...! ¡Mi hijo!
Las fuerzas que permiten entregar un pobre padre alucinado a la
más atroz pesadilla tienen también un límite. Y el nuestro
siente que las suyas se le escapan, cuando ve bruscamente
desembocar de un pique lateral a su hijo.
A un chico de trece años bástale ver desde cincuenta metros la
expresión de su padre sin machete dentro del monte para
apresurar el paso con los ojos húmedos.
-Chiquito... -murmura el hombre. Y, exhausto, se deja caer
sentado en la arena albeante, rodeando con los brazos las
piernas de su hijo.
La criatura, así ceñida, queda de pie; y como comprende el dolor
de su padre, le acaricia despacio la cabeza:
-Pobre papá...
En fin, el tiempo ha pasado. Ya van a ser las tres...
Juntos ahora, padre e hijo emprenden el regreso a la casa.
-¿Cómo no te fijaste en el sol para saber la hora...? -murmura
aún el primero.
-Me fijé, papá... Pero cuando iba a volver vi las garzas de Juan
y las seguí...
-¡Lo que me has hecho pasar, chiquito!
-Piapiá... -murmura también el chico.
Después de un largo silencio:
-Y las garzas, ¿las mataste? -pregunta el padre.
-No.
Nimio detalle, después de todo. Bajo el cielo y el aire
candentes, a la descubierta por el abra de espartillo, el hombre
vuelve a casa con su hijo, sobre cuyos hombros, casi del alto de
los suyos, lleva pasado su feliz brazo de padre. Regresa
empapado de sudor, y aunque quebrantado de cuerpo y alma, sonríe
de felicidad.
Sonríe de alucinada felicidad... Pues ese padre va solo.
A nadie ha encontrado, y su brazo se apoya en el vacío. Porque
tras él, al pie de un poste y con las piernas en alto, enredadas
en el alambre de púa, su hijo bienamado yace al sol, muerto
desde las diez de la mañana.
FIN
E 'un giorno d'estate potente Misiones, con tutto il sole, il calore e la
calma che può portare alla stazione. La natura, completamente aperto, si
sentono compiaciuti.
Come il sole, il caldo e l'ambiente tranquillo, il padre apre il suo
cuore alla natura.
'Attenzione, poco dice a suo figlio, abbreviando in quella frase tutte le
osservazioni del caso e che suo figlio capisce.
-Sì, papà rispose la creatura, mentre la raccolta delle cartucce di
fucile da caccia e carico tasche della giacca, che si chiude con cura.
-Back-pranzo ancora visto il padre.
'Sì, papà, ripeté il ragazzo.
Riequilibra il fucile in mano, i suoi sorrisi padre, lo bacia sulla testa
e la mano. Suo padre lo segue in giro con gli occhi e tornare al suo
lavoro quel giorno, felice con la gioia del vostro piccolo.
Sappiate che il vostro bambino è educato fin dalla tenera età l'abitudine
di pericolo e di cautela, in grado di gestire un fucile e cacciare non
importa quale. Anche se è molto alto per la sua età, ha solo tredici
anni. E sembrava di avere meno, a giudicare dalla purezza dei suoi occhi
azzurri, la sorpresa fresca anche i bambini. Non c'è bisogno di cercare
il padre del suo lavoro con la mente di seguire i progressi del vostro
bambino.
Ha attraversato il rosso tritato e instradato direttamente attraverso il
valico di espartillo.
Per la caccia nel bush-capelli-caccia richiede più pazienza che il vostro
cucciolo può cedere. Dopo aver attraversato la montagna dell'isola, suo
figlio pagherà fino al bordo del cactus palude, in cerca dei piccioni,
tucani casal airone in quanto, come il suo amico John ha scoperto giorni
precedenti. Solo ora, il padre sorride al ricordo della passione della
caccia due creature. Vanno a caccia solo a volte un yacútoro un Surucuáalone e ritorno trionfale, Juan al suo ranch con nove millimetri pistola
che ha dato lui e suo figlio per l'altopiano con il grande Saint-Étienne
fucile da caccia calibro 16 Quad chiusura e polvere bianca.
E 'stato lo stesso. A tredici anni aveva dato la vita per il possesso di
un fucile da caccia. Suo figlio, di quella età, e il padre ha ora sorrisi
...
Non è facile, tuttavia, un padre vedovo, senza altra fede o la speranza
che la vita di tuo figlio, educarlo come ha fatto, libera nel suo breve
raggio, che i suoi piedini e le mani da quando avevo quattro anni anni,
consapevole della vastità di alcuni rischi e le carenze dei loro propri.
1
Questo padre ha lottato con forza contro quello che considera il suo
egoismo. Come creatura sbagliare facilmente, si trova un piede nel vuoto
e si perde un bambino!
Il pericolo esiste sempre per l'uomo a qualsiasi età, ma la sua amengua
minaccia se fin da piccolo si abitua a fare affidamento esclusivamente
sulle proprie forze.
Questo ha portato il padre al figlio. E per farlo ha dovuto resistere non
solo il suo cuore, ma il suo tormento morale, per quel genitore, e lo
stomaco la vista debole, soffre da tempo di allucinazioni.
Hai visto, di cui illusione atroce, i ricordi di felicità non dovrebbe
verificarsi più di ogni altra cosa, quando è andato in pensione.
L'immagine di suo figlio non sfuggì questo tormento. Una volta visto
rotolare avvolto nel sangue quando il ragazzo nella bottega tricheco
percutía un proiettile parabellum, mentre lui ha fatto è stato presentare
la caccia fibbia della cintura.
Caso Horrible ... Ma oggi, con il caldo giorno d'estate e la vita, il cui
amore per il figlio sembra aver ereditato il padre è felice futuro,
pacifico e sicuro.
In quel momento, non lontano, suona un botto.
Saint-Étienne-The ... -Riconoscere il padre pensa detonazione. Due
uccelli nella boscaglia sotto ...
Senza attenzione all'evento banale è astratto uomo torna nel suo compito.
Il sole, già alto, continua a salire. Ovunque si guardi, le pietre, la
terra, gli alberi, l'aria rarefatta in un forno, vibra con il calore. Un
ronzio profondo che riempie l'intero essere e permea la zona, per quanto
l'occhio può vedere, questa volta concentrato di vita tropicale.
Gli sguardi del padre al suo polso: dodici. E guarda in alto la montagna.
Il vostro bambino dovrebbe essere già di ritorno. Nella fiducia reciproca
mettono gli uni sugli altri, il padre dei templi creatura e d'argento di
tredici anni, non barare mai. Quando il bambino dice: "Sì, papà," farà
quello che dice. Ha detto che sarebbe tornato prima di mezzanotte, e il
padre ha sorriso di vederlo andare. E lui non ha.
L'uomo si gira verso il suo lavoro, cercando di concentrarsi sul loro
compito. È così facile, così facile perdere la cognizione del tempo nella
foresta, e sedersi un po 'sul pavimento mentre riposava immobile?
Il tempo è passato, è 0:30. Il padre lascia il suo laboratorio, e per
sostenere la mano in surge meccaniche dal profondo della sua memoria lo
2
scoppio di un proiettile parabellum, e subito, per la prima volta in tre
trascorso, ritiene che dopo il boom del Santo Etienne non ha sentito
niente di più. Non sentì rotolare la ghiaia sotto un passo noto. Suo
figlio non è tornato e la natura si ferma ai margini del bosco, in
attesa.
Oh! non abbastanza carattere caldo e una fiducia cieca nella formazione
di un bambino per allontanare lo spettro del giudizio che un padre malato
vede vista aumento dalla linea di montagna. Distraibilità, la
dimenticanza, fortuito ritardo: nessuno di questi motivi banali possono
ritardare l'arrivo del tuo bambino è posto nel suo cuore.
Un colpo, un colpo suonava, e lungo. Dietro di lui, il padre sentito un
rumore, non ha visto un uccello, non ha attraversato il aperta una sola
persona di annunciare che l'attraversamento di un recinto, una grande
disgrazia ...
Il capo scoperto e senza machete, il padre è. Tagliare la espartillo,
entra nella montagna, cactus linea costea senza trovare traccia di suo
figlio.
Ma la natura va arrestato. E quando il padre è venuto percorsi di caccia
conosciuto ed esplorato il bagno invano, acquista la certezza che ogni
passo conduce in avanti, inesorabilmente fatale, il corpo di suo figlio.
Non è una
compiuto:
parte! Ci
Oh, molto
il fucile
critica da fare, è un peccato. Solo fredda realtà, terribile e
suo figlio è morto mentre attraversava un ... Ma dove, in quale
sono così tanti recinti lì, ed è così il Monte, così sporco!
sporco! Tuttavia po 'di attenzione a non incrociare i fili con
in mano ...
Il padre soffoca un urlo. Hai visto in aria ... Oh, non suo figlio, no! E
torna verso l'altro lato, e un'altra e un'altra ...
Nulla da guadagnare per il colore della sua pelle e l'angoscia nei suoi
occhi. Che l'uomo non è chiamato tuo figlio. Anche se il suo cuore piange
forte per lui, la sua bocca si muove ancora. Egli sa che l'atto stesso di
pronunciare il suo nome, a chiamare ad alta voce, è la confessione della
sua morte.
- Chiquito! -Improvvisamente sfugge. E se la voce di un uomo di carattere
è in grado di elaborare il lutto, la misericordia tapémonos orecchie alle
grida di soccorso in quella voce.
Nessuno e niente risponde. Per il sole rossa tritata, invecchiato di
dieci anni, sarà il padre alla ricerca di suo figlio, che è appena morto.
- Il mio piccolo figlio ..! Mio Chiquito ..! -Grida in un diminutivo che
sale dal profondo del suo cuore.
3
In precedenza, nella gioia piena e la pace, quel genitore ha subito
l'allucinazione di suo figlio a rotazione con fronte aperto da un
proiettile al nichel-cromo. Ora, in ogni angolo buio della foresta, vede
filo Flash, e ai piedi di un post, il fucile scarico della porta accanto,
la vede ...
- Chiquito ...! Mio figlio!
Le forze che consentono a un povero padre consegnare l'incubo più atroce
allucinati hanno anche un limite. E la nostra si sente loro a fuggire,
quando vede un vantaggio bruscamente lato puntiglio il vostro bambino.
Un ragazzo di tredici anni, di una cinquantina di metri è sufficiente per
vedere lo sguardo sul suo padre senza machete nella foresta per prendere
il ritmo con gli occhi umidi.
-Chiquito ... Man borbotta. E, esausta, lasciò cadere albeante seduta
sulla sabbia, con le braccia che circondano le gambe di suo figlio.
La creatura, così stretto, rimane in piedi, e capisce come il dolore di
suo padre, accarezza lentamente la testa:
'Poor Dad ...
Infine, il tempo è passato. Sarà il tre ...
Insieme ora, padre e figlio si imbarcano in un ritorno a casa.
- Perché non si nota il sole di raccontare il tempo ...? Anche le mormora
prima.
-Ho notato, papà ... Ma quando sono tornato ho visto aironi Giovanni e
seguito ...
- Che cosa mi hai fatto passare, minuscolo!
-Piapiá ... Anche le mormora ragazzo.
Dopo un lungo silenzio:
E aironi, l'hai ucciso? Chiede il padre.
-No.
Minimi dettagli, dopo tutto. Sotto il cielo brucia e l'aria, alla
scoperta del espartillo aperto, l'uomo torna a casa con suo figlio, sulle
cui spalle, quasi all'altezza del suo, ha passato il braccio di suo padre
felice di. Torna intrisa di sudore, e anche rotto nel corpo e nell'anima,
4
sorride di felicità.
Sorriso di felicità allucinati ... Per questo padre va da solo.
Nessuno ha trovato, e braccioli in un vuoto. Perché dopo di lui, ai piedi
di un post e con le gambe in su, aggrovigliato nel filo spinato, il suo
amato figlio sdraiato al sole, morti dieci del mattino.
5
UNITA’ E VARIETA’ DELLA LINGUA SPAGNOLA
La lingua ufficiale della Spagna è lo spagnolo o castigliano, ma vengono parlate altre lingue che hanno
statuti differenti. Il castigliano ha lo statuto di lingua ufficiale. In alcuni regioni o nelle comunità autonome
ci sono lingue che hanno lo statuto di co-officialità col castigliano.
Le lingue della Spagna sono protette anche dalla costituzione spagnola nell'art. 3.
Artículo 3 de la constitución española
1. El castellano es la lengua española oficial
del Estado. Todos los españoles tienen el
deber de conocerla y el derecho a usarla.
2. Las demás lenguas españolas serán
también oficiales en las respectivas
Comunidades Autónomas de acuerdo con
sus estatutos.
3. La riqueza de las distintas modalidades
lingüisticas de España es un patrimonio
cultural que será objeto de especial respeto
y protección.
Articolo 3 della costituzione spagnola
1. Il castigliano è la lingua spagnola
ufficiale dello stato. Tutti gli spagnoli
devono conoscerla e avere il diritto a
utilizzarla.
2. Le altre lingue spagnole saranno
ufficiali nelle rispettive Comunità
Autonome in accordo col loro statuto.
3. La ricchezza delle diverse lingue della
Spagna è un patrimonio culturale che
sarà oggetto di speciale rispetto e
protezione.
Lo spagnolo è l'unica lingua ufficiale in tutta la Spagna, è l'unica ufficiale nelle regioni di:
·
Andalusia
·
Aragona
·
Asturie
·
Canarie
·
Cantabria
·
Castiglia e León
·
Castiglia-La Mancia
·
Estremadura
·
La Rioja
·
Madrid
1
·
Murcia
e nelle città autonome di:
·
Ceuta
·
Melilla
Lingue con uno statuto di co-officialià
Oggi, sono cinque le lingue co-officiali in Spagna:
·
Il catalano (català) è co-officiale in Catalogna, nelle Baleari (Balear) e nella Comunità
Valenciana (dove si parla il valenciano). Il valenciano è considerato come un dialetto del catalano.
Per la Catalogna, l'ufficialità del catalano è sancita nello statuto d'autonomia della Catalogna
·
il basco (euskara), che è una lingua non indo-europea, è co-officiale nei Paesi Baschi e in parte
della Navarra. Il basco ha numerosi dialetti e la forma chiamata batua o basco unificato è la sola
utilizzata ufficialmente.
·
il gallego (galego) è co-officiale in Galizia. È molto simile al portoghese. È parlato da circa 3/4
milioni di persone tra Galizia, altri territori della Spagna limitrofi a est, nord del Portogallo e da 1/2
milione di emigranti tra Sud America ed Europa.
·
l'aranese (aranés) è co-officiale nella comarca della Val d'Aran in Catalogna. È un
dialetto occitano del guascone. La Val d'Aran è l'unico territorio dove una varietà della lingua
occitana ha uno statuto di ufficialità.
Lingue non ufficiali con l'uso regolato nella legge:
·
l'asturiano (asturianu) nelle Asturie
·
l'aragonese e il catalano nella parte nord dell'Aragona
Lingue riconosciute nello statuto di autonomia:
·
Il leonese nella comunità autonoma di Castiglia e León.
Lingue e dialetti non-officiali:
·
l'estremadurano parlato nella parte occidentale dell'Estremadura.
·
l'eonaviego, lingua di transizione tra il galiziano e l'asturiano parlata nelle Asturie.
·
il montañes o cántabro in Cantabria e nelle Asturie
·
il caló, lingua gitana del sud della Spagna
·
il catalano parlato in Aragona (nella regione chiamata Frangia d'Aragona) e nella comunità
autonoma di Murcia nella zona detta el Carche o el Carxe.
2
·
il portoghese, parlato a Olivenza in Estremadura che fu annessa alla Spagna all'inizio del XIX secolo
dal Portogallo.
·
Il quinqui
·
Il fala de Xálima lingua di transizione fra il gruppo gallego-portoghese e il leonese, parlato al NordOvest della provincia di Cáceres in Estremadura nella Valle de Jálama.
·
l'arabo parlato a Ceuta e Melilla.
·
Il berbero del Rif, dialetto berbero parlato a Ceuta e Melilla.
·
Il Silbo gomero, idioma di fischi tipico dell'isola canaria di La Gomera riconosciuto ufficialmente
come lingua.
·
Il Llanito, un creolo tra inglese e spagnolo parlato a La Línea de la Concepción in Andalusia al
confine con Gibilterra (Regno Unito).
3
LA VARIETA’ DELLO SPAGNOLO IN AMERICA LATINA
Ci sono delle differenze tra lo spagnolo parlato in Spagna (conosciuto anche come spagnolo peninsulare) e
lo spagnolo che si parla in America Latina, proprio come avviene tra British e American English. In entrambi
i casi, anche se la lingua è la stessa si presentano alcune variazioni a livello di vocabolario, pronuncia e
grammatica.
Ci sono vari dialetti e varietà di spagnolo nei molti paesi di lingua spagnola...e persino all'interno di uno
stesso paese! Continua a leggere per saperne di più.
1. Pronuncia della "c" e della "z"
In Spagna, le c seguita dalle vocali i ed e la z si pronunciano con un suono simile al "th" inglese, con la lingua
tra i denti.
In America latina, invece, questi stessi gruppi si pronunciano come una s.
2. Vocabolario
Un'altra differenza chiave tra lo spagnolo peninsulare e lo spagnolo dell'America latina è che una stessa
cosa si denomina con parole diverse o la stessa parola può assumere significati diversi in Spagna e in
America latina. Molte di queste differenze lessicali sono dovute all'influenza delle lingue indigene nello
spagnolo dell'America latina.
Per esempio, la parola "carro" in Spagna significa carro, come in italiano, mentre in America latina identifica
l'automobile. In Spagna l'auto è il "coche", mentre questa stessa parola, in America latina, identifica il
passeggino dei bambini.
Qui ci sono alcune differenze nel vocabolario tra Spagna e America Latina:
Italiano
Spagnolo peninsulare (Spagna)
Spagnolo latino americano
Auto
Coche
carro
Avocado
Aguacate
palta
Arrabbiarsi
Enfadarse
enojarse
Computer
Ordenador
computadora
Pesca
Melocotón
durazno
Patata
Patata
papa
1
3. Voseo
In spagnolo, oltre alla forma del tu - tú (informale) e del lei - usted (formale), ci sono alcune regioni
dell'America latina dove viene usato anche il "vos". Anche se è molto diffuso, è anche considerato in
maniera diversa dal punto di vista sociale. In alcune parti è considerato quasi slang di strada, da non usare
per iscritto. In altre è considerato una forma di rispetto. L'uso del "vos" e delle sue corrispondenti
coniugazioni verbali è conosciuto come "voseo".
È usato in Argentina, Cile, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Paraguay, Uruguay e in
zone della Colombia, Venezuela, Ecuador e Messico.
4. Uso di "ustedes"
Mentre nello spagnolo peninsulare esistono due modi di indirizzarsi alla seconda persona plurale (informale
- vosotros e formale - ustedes), nello spagnolo latino americano ce n'è solo uno, ustedes.
Questo, ovviamente, si riflette nelle coniugazione del verbo corrispondente a questa persona verbale. Per
esempio, coniughiamo il verbo "hablar" (parlare):
Spagnolo peninsulare
Spagnolo latino americano
yo
Io
hablo
hablo
tú
tu (informale)
hablas
hablas
habla
habla
nosotros
noi
hablamos
hablamos
vosotros
voi (informale)
habláis
X
ellos,
ellas,
ustedes
essi, esse, voi (formale)
hablan
hablan
él,
ella,
lui, lei, lei (formale)
usted
Quindi, per dire "Con chi parlate?"
·
In Spagna: "¿Con quién habláis?"
·
In America latina: "¿Con quién hablan?"
2
In Spagna si parla spagnolo, giusto? Non solo. Di fatto, la Spagna ha quattro lingue ufficiali. Il castellano l'altro nome dello spagnolo - si parla ovunque ed è la lingua ufficiale del paese intero. Tuttavia ciò che molti
non sanno è che in Spagna ci sono altre 3 lingue.
Queste sono il gallego, il catalano e il basco o euskera, che sono lingue co-ufficiali nelle rispettive regioni Galizia, Catalogna e Pasi Baschi - e hanno una presenza importante nella stampa, e negli altri media. Non
sono dialetti, ma lingue completamente indipendenti dal castellano.
Dialetti in Spagna
Oltre alle altre lingue parlate nel paese, ci sono una serie di dialetti regionali che aggiungono varietà
linguistica alla Spagna. Ciò significa che lo spagnolo parlato in diverse regioni ha acquisito caratteristiche
proprie riguardo a intonazione, pronuncia o lessico.
Dialetti dell'Andalusia e delle isole Canarie
I dialetti spagnoli parlati in Andalusia e nelle Canarie presentano delle somiglianze con lo spagnolo
dell'America latina e dei Caraibi. Il dialetto andaluso è forse il più riconoscibile ed è il secondo più diffuso
dopo quello madrileno.
·
Seseo: la c seguita da i / e e la z si proninciano come una s
§
·
·
·
Ceceo: s, c (seguita da i / e) e la z si pronunciano come il "th" inglese
§
Centros (centers) si pronuncia "thentroth"
§
Comune a Cadice
Pronuncia aspirata della s; si pronuncia quasi come una "h" inglese se si trova alla fine delle parole
§
Las niñas (le bimbe) si pronuncia "Lah niñah"
§
Los papeles (i documenti) si pronuncia "Loh papeleh"
Si omettono delle lettere/suoni nello spagnolo parlato
§
·
·
Centros (centri) si pronuncia "sentros"
Pescado (pesce) si pronuncia "pescao"
La "l" si pronuncia "r" se precede una consonante
§
Alma (anima) si pronuncia "arma"
§
Alcalde (sindaco) si pronuncia "arcarde"
Si omettono le consonanti alla fine delle parole
§
Mujer si pronuncia "mujé"
·
Uso di "ustedes" invece di "vosotros" per dire "voi"
·
Yeísmo
3
·
§
"ll" pronunciata come una "y", mentre nel resto della Spagna è pronunciata come una
leggera j inglese
§
Te llamo (pronunciata jamo) diventa "Te yamo"
Vocabolario delle canarie
§
Influenzato dalla cultura Guanche, un'antica civiltà pre-europea che visse nelle Canarie
Dialetto "Madrileño"
Il dialetto "Madrileño" (da Madrid) è quello più diffuso in Spagna ed è considerato un dialetto di transizione
tra quello andaluso e il castellano del nord.
·
La c (seguita da i o e) e z si pronunciano come il "th" inglese ; NON la s.
§
·
La d alla fine delle parole viene spesso pronunciata come un "th" inglese:
§
·
Los centros si pronuncia "Los thentros"
Libertad (libertà) si pronuncia libertath
Tipico della zona di Madrid, nella lingua parlata, la pronuncia della s preceduto da vocale e seguito
da c, come una j spagnola (una specie di ch aspirato in tedesco). Ad esempio Oscar di pronuncerà
Ojcar.
AMERICA LATINA
Lo spagnolo in America latina varia da paese a paese e persino all'interno dello stesso stato. Qui ci sono
alcune delle principali caratteristiche dello spagnolo latino americano:
VOSEO e TUTEO
Almeno in alcune parti di ogni paese latino americano, con l'eccezione di Porto Rico e della Repubblica
dominicana, il pronome "vos" è usato insieme o al posto di "tú". Entrambi significano "tu".
L'uso del pronome "vos" e delle sue corrispondenti forme verbali è conosciuto come "voseo", mentre l'uso
del pronome "tú" e delle sue corrispondenti forme verbali è conosciuto come "tuteo".
USO DI "USTEDES" INVECE CHE DI "VOSOTROS"
Mentre lo spagnolo peninsulare ha due modi di dire "voi", lo spagnolo latino americano ne ha solo uno. In
Spagna si usa sia "vosotros" (voi, informale), sia "ustedes" (loro, formale). Questo influenza anche le
corrispondenti forme verbali.
CONSONANTI DEBOLI O PERSE
Come nella Spagna meridionale, nello spagnolo parlato molte consonanti alla fine di una sillaba o di una
parola si perdono o vengono pronunciate debolmente. Questo si verifica specialmente con il suono finale
della "s". Per esempio: "los niños" (i bambini) si pronuncerà qualcosa come "loh niñoh", "adios"
4
(arrivederci) si pronuncerà "adioh" e la frase "esto es lo mismo" (questo è lo stesso) si pronuncerà "ehto eh
lo mihmo".
Nelle parola in cui appare una "d" tra due consonanti, spesso questo suono viene omesso facendo risultare
"cansao" la parola "cansado" (stanco) e "pecao" la parola "pecado" (peccato).
Noterai questa variazione nei Caraibi, la gran parte dell'America centrale, l'intera costa pacifica del Sud
America, le nazioni del Rio de la Plata e alcune aree del Messico. Anche la "r" in fondo alle forme dei verbi
all'infinito viene spesso omessa nel parlato, facendo risultare, ad esempio, "comé" il verbo "comer"
(mangiare).
SESEO
La c (seguita da i ed e) e la z si pronunciano come "s" invece che con il suono simile al "th" inglese comune
in Spagna.
·
"Centros" (centri) si pronuncia quindi "sentros", mentre in alcune aree della Spagna si pronuncia
"thentros".
YEÍSMO
·
"ll" viene pronunciata come una "y", mentre nel resto della Spagna viene pronunciata come una
leggera j inglese.
·
Te llamo (pronunciata te jamo) diventerà "Te yamo"
CONFUSIONE TRA IL SUONO "L" E IL SUONO "R"
Come in alcune parti della Spagna del Sud, si fa una certa consufione tra i suoni l ed r. La "l", quando si
trova prima di una consonante, all'interno di parola, spesso si pronuncia come una "r". Per esempio, la
parola "alma" (anima) si pronuncerà "arma".
Questo avviene specialmente nella regione dei Caraibi e in alcune parti del Cile.
INFLUENZE - LINGUE INDIGENE, EUROPEE, ECC.
Dalle lingue indigene come il Nahuatl, il Mapudungun, il Guarani e il Quechua alle lingue europee come il
Gallego, l'Italiano e il Francese, l'America latina è sicuramente un melting pot di influenze.
Lo spagnolo parlato riflette le varie culture che hanno abitato l'America latina durante gli anni. Anche se la
lingua base è il castellano, si ritrovano tracce di lingue indigene, europee e persino africane nei dialetti
regionali latino americani.
Un bell'esempio è l'Argentina, che possiede circa 9.000 parole che vengono usate solo qui. Perù possiede
una considerevole popolazione asiatica e, nel corso degli anni, ha spagnolizzato molte parole giapponesi e
cinesi. Il Venezuela ha integrato parole africane nello spagnolo, influenze dell'epoca in cui gli spagnoli
giunsero qui portando schiavi dall'Africa.
5
Lo spagnolo – varietà
Lo spagnolo o castigliano è una lingua appartenente al gruppo delle lingue romanze della famiglia
delle lingue indoeuropee. Secondo alcune classificazioni, è la quarta lingua più parlata al mondo in termini
assoluti (si tratta di circa 330 milioni di parlanti, mentre è la seconda per numero di madrelingua, dopo il
cinese.
I principali luoghi dove si parla spagnolo sonohttp://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_spagnola - cite_notecarrera3-1:
·
in Spagna, dove ha avuto origine.
·
in gran parte del continente americano centrale e meridionale: Argentina, Bolivia, Colombia, Costa
Rica, Cuba, Cile, Ecuador, ElSalvador, Guatemala,Honduras, Messico, Nicaragua, Panamá, Paraguay,
Perù, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela. In questi paesi è lingua ufficiale (in
Porto Rico assieme all'inglese).
·
negli Stati Uniti d'America, dove è usato dalle comunità ispaniche: California, Arizona, Nuovo
Messico, Texas, Florida, ma anche New York, dove è la lingua più parlata dopo l'inglese.
·
nelle Filippine, dove è parlata da una piccola minoranza.
·
in Africa, in Guinea Equatoriale e Marocco (antiche colonie spagnole).
·
in Medio Oriente, dalle comunità sefardite, che hanno conservato varietà linguistiche molto
arcaizzanti.
Il Messico è attualmente lo stato ispanofono più popoloso al mondo, seguito dagli Stati Uniti, che ospitano
la seconda comunità ispanofona del pianeta. Tra le città ispanofone, la maggiore è Città del Messico,
seguita da Bogotà e da Caracas.
Caratteristiche generali
Gli spagnoli sono soliti chiamare la loro lingua español quando questa viene citata insieme a lingue di altri
stati (per esempio in un elenco dove figurino anche il francese o l'inglese). Si usa il termine "castigliano"
(castellano) soprattutto per mettere in evidenza che è lingua originaria della Castiglia e non di altre regioni
della Spagna di cui sono autoctone altre lingue politicamente riconosciute (Catalogna, Comunità
Valenciana, Isole Baleari, Paesi Baschi, Navarra e Galizia), quindi soprattutto in rapporto ad altre lingue
politicamente riconosciute della Spagna. Pure, il termine "castigliano" è diffuso anche in alcuni contesti
estranei alla Spagna. Per esempio, in Argentina castellano è, nell'uso comune, il termine utilizzato per
indicare la lingua nazionale.
Il termine generico español viene esteso anche alle zone dell'America Latina, pur senza avere connotazioni
politiche e di sovranità. La Costituzione spagnola(1978) riconosce una lingua ufficiale, indicata
come castellano e tre lingue co-ufficiali: il galiziano (galego), il basco (euskera) ed il catalano, quest'ultimo
sia nella sua modalità orientale (català), sia valenciana (valencià). Recentemente anche la Commissione
Europea ha stabilito che i cittadini che si rivolgeranno alParlamento Europeo mediante testi scritti in queste
tre lingue avranno il diritto di vedersi rispondere nella medesima lingua. I costi di traduzione sono a carico
del Governo spagnolo.
1
Per quanto riguarda le varietà linguistiche, ogni paese ha un suo modo particolare di parlare lo spagnolo.
Ad esempio, in Messico, il paese ispanofono più popoloso del mondo, vi sono diverse differenze lessicali
(parole specifiche e d'uso quotidiano) che rendono quella parlata anche abbastanza diversa da quella
corrente in Spagna o di quella studiata nei corsi di lingua in Europa. In Centro America
(Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panamá) la situazione è abbastanza uniforme e
lo spagnolo è compreso benissimo da tutti, anche se in tali paesi esistono ancora varie lingue indios. Nei
Caraibi è possibile distinguere lo spagnolo di Cuba, quello dominicano e quello portoricano, varianti che
differiscono sia per la pronuncia sia per il significato attribuito a determinate parole. Lo spagnolo
del Venezuela è vicino a quello dei Caraibi. In America del Sud si parla correntemente spagnolo, tranne
in Brasile (portoghese), Guyana (inglese), Suriname (olandese) e Guyana Francese (francese), ma con molte
differenze tra una nazione e l'altra e addirittura all'interno dei paesi più grandi.
Ad ogni modo, molte costituzioni dei paesi ispanofoni americani, a differenza della Costituzione del Regno
di Spagna, indicano nello spagnolo il nome della lingua ufficiale della nazione.
L'importanza dello spagnolo è cresciuta notevolmente negli ultimi anni e ciò grazie all'alto tasso di natalità
di molti paesi in cui è parlato, allo sviluppo economico di vari stati latino-americani, alla crescita della
comunità ispanofona negli Stati Uniti.
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