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STAMPA REGGIANA
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periodico di attualità > cultura > spettacolo > sport
www.autogepy-chryslergroup.it
Editoriale Teletricolore srl - Direttore Responsabile: Ivano Davoli - Direzione,Redazione e Amministrazione: Via Pasteur, 2 - 42100 Reggio Emilia - Tel. 0522/337665 - Fax 0522/397794
E-mail: [email protected] sito web: www.stampareggiana.it - Pubblicità: PUBLI7 Via Edison 14/a Reggio Emilia Tel.0522/331299 - Fax 0522/392702
Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Reggio Emilia - Iscrizione al ROC nr.10590
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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AEROPORTO, VOLANO SOLO I DEBITI
La fine ingloriosa della storica pista delle Reggiane. Anni di inefficienza e tentativi falliti
REGGIO IN PASSERELLA
di Dario Caselli
A rigore non si può sostenere
che l'aeroporto di Reggio non
sia decollato, forse non si è alzato in volo, ma di sicuro gli hanno
tagliato la testa. In fondo non
aveva mai superato la categoria
di campovolo, l'unica linea di cui
si ha notizia è la Reggio-Cutro,
promossa da Parco, società delle
Cooperative rosse, il tentativo è
però rapidamente naufragato e
le partenze trasferite al Marconi
di Bologna. Indispettisce un po'
che a Parma abbiano fatto l'aeroporto senza avere la pista e che
Reggio abbia trasformato
Mariella Burani
segue a pagina 7
TUTTA LA
STORIA DEL
CAMPOVOLO
di Romano Pezzi
a pagina 8-9-10
Max Mara
ENIA, IL FUTURO
DOPO LA BORSA
Grazie a Maramotti
la nostra città
diventa capitale
dell’Arte
contemporanea
Angelo Marani
servizio di
Cristina Fabbri
da pagina 22-24
> URBANISTICA
Intervista
all’Amministratore
delegato Ivan Strozzi
a pagina 3
Alex Katz January V, ‘82
da pagina 19 a 21
L’Assessore
Ugo Ferrari:
“Come
riqualificare
la città”
a pagina 11-13
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 8 > SETTEMBRE 2007
Primo Piano >
“GUARDIAMO AL MERCATO
PER ESSERE COMPETITIVI”
INCONTRO CON L’AMMINISTRATORE DELEGATO DI ENIA IVAN STROZZI
di Ivano Davoli
Enìa in luglio è sbarcata a
Piazza Affari. Che valutazioni
può fare a pochi mesi di distanza?
La quotazione in Borsa è un risultato di grande soddisfazione e che
ritengo fondamentale per la vita
della nostra Azienda. E' il frutto del
lavoro di 2.500 persone che hanno
fatto di Enìa una realtà che oggi si
presenta nel panorama nazionale
con un giusto apprezzamento del
mercato.
La nascita di Enìa ha rappresentato una crescita dimensionale
importante, ma soprattutto ha
dato avvio ad un processo di superamento della dimensione locale e
localistica delle tre precedenti
aziende. Un processo che, oggi,
con la quotazione in Borsa si
rafforza ulteriormente offrendoci
una visibilità ed un'apertura nazionale ed internazionale che prima
non sarebbe stata ipotizzabile.
Un bel salto dal locale al globale…
Credo che la disponibilità a cambiare e ad aprirsi al nuovo possa
dare ad Enìa interessanti prospettive.
Mi sono ancor più profondamente reso conto di questo fatto nel
corso del roadshow all'estero che ci
ha portato ad incontrare tanti
investitori
istituzionali.
Professionisti di grande calibro che
hanno dimostrato una profonda
conoscenza della nostra società e
del settore in cui opera, apprezzando l'ampiezza del ventaglio dei servizi che offriamo e la nostra integrazione con il territorio.
C'è molta attenzione al settore
delle utility in Italia dove è in
atto un interessante fenomeno di concentrazione
(aggregazioni, fusioni ecc.)
dettato dalla necessità di
affrontare
il
mercato,
soprattutto quello energetico, da protagonisti e non da
semplici gregari. E non è
solo un problema di approvvigionamento delle materie
prime, ma anche, e soprattutto, di ottimizzazione dei
costi di gestione del cliente.
In questo senso Enìa, con la
sua pluralità di servizi, possiede un punto di forza che
potrà valorizzare sempre più
nel futuro.
Nonostante il traguardo raggiunto, molti si chiedono ancora perché Enìa si è quotata in
Borsa?
Più volte mi è stato chiesto il perché della quotazione e, con molta
chiarezza e convinzione, ho raccontato gli obiettivi che ci proponevamo di raggiungere: offrire
un'Azienda visibile, con aperture
nazionali ed internazionali, e renderla ancor più trasparente e capace di affrontare in modo nuovo il
futuro.
E' stata una scelta coraggiosa e
vincente. Per dare le gambe a disegni di prospettiva, ambiziosi, e a
realizzazioni industriali significative non si può restare relegati in
subordine. Bisogna avere la capacità di investire, la levatura per
confrontarsi con gli altri, la qualità
dei servizi per soddisfare le esigenze dei clienti. Tutto questo non
sarebbe stato possibile se non avessimo prima creato Enìa ed ora trovato uno sbocco su uno scenario
più vasto.
La quotazione in Borsa in cui operiamo l'autonomia di
porta vantaggi solo ai smaltimento dei rifiuti residui. Un
Comuni soci o anche all'u- obiettivo che ci porterà a realizzare un nuovo impianto di termovatenza. E come?
La quotazione in Borsa ha lorizzazione dei rifiuti a Parma e a
fornito ad Enìa strumenti, sia di valutare, per la provincia di Reggio
tipo economico che in termini Emilia, la soluzione più efficace in
di visibilità, che ci consentono considerazione degli impianti di
di portare avanti progetti smaltimento già esistenti (termoimportanti, soprattutto per i valorizzatore e discariche), naturalnostri clienti. Penso, ad esem- mente in pieno accordo con le
pio, al potenziamento di Enìa Istituzioni Locali.
Energia, la società che opera
Le tante iniziative in cantiere
nel mercato liberalizzato dell'e- hanno il principale scopo di miglionergia e propone a famiglie e rare i nostri servizi, sia in termini di
imprese offerte di luce e gas impatto ambientale che di qualità,
competitive, tagliate sulle esi- con sicuri vantaggi per i cittadiniIvan Strozzi
genze del cliente. Qui ci trovia- clienti.
Ed ora quali sono le prospetmo in piena competizione con opeLa quotazione ci ha portato
tive dopo la Borsa? Per il futuro
ratori nazionali di grande rilievo. risorse e visibilità a livello nazionadi Enìa è scontata l'aggregazioPer questo dobbiamo giocare un le ed internazionale, confermando
ne con altre multiutility?
ruolo da protagonisti anche nel- la nostra forza e le nostre capacità.
Enìa si trova in una posizione
l'approvvigionamento delle mateTrasformare tutto questo in un
strategica nel Paese, è al centro di
rie prime. E in questa direzione ci pieno successo è la vera sfida del
un grande processo di consolidastiamo già muovendo con risultati nostro futuro.
mento e di fusioni nel settore a cui
soddisfacenti.
guardiamo con interesse, pronti ad
Penso poi al nostro piano
STAMPA REGGIANA
analizzare e valutare i piani degli
di investimenti, soprattutto
periodico
di attualità cultura spettacolo sport
altri operatori per verificarne la
nel settore idrico ed
coerenza e la compatibilità con le
ambientale, cioè nel futuro
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linee strategiche del nostro
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Gruppo. Ci muoveremo con obietDirettore Responsabile
Dobbiamo impegnare risortivi chiari e concretezza, sempre
Ivano Davoli
se nel miglioramento conticon un solo scopo: ottenere la masArt Director
nuo della qualità dell'acsima valorizzazione per la nostra
Roberta Castagnetti
qua e dell'efficienza delle
Azienda.
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reti. Così come dobbiamo
Tutto questo con una novità
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realizzare interventi signifiimportante: il Mercato.
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cativi nel settore della
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STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
3
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STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Economia >
LA BOLLA DEI MUTUI: IL DEBITO DELLE
FAMIGLIE OLTRE IL LIVELLO DI GUARDIA
di Sebastiano Simonini
E' un tema sul quale sono
ritornato più volte, oggi di
prepotente attualità.
Nel novembre 2004 parlavo
infatti di "abbaglio del tasso
zero", documentando come
anche in Italia ci si incominciasse ad indebitare con eccessivo entusiasmo, per allontanare quell'ormai diffusa sensazione di povertà generata
dall'introduzione
dell'Euro (indagine Isae,
2004). Già allora Stephen
Roach, capo economista di
Morgan Stanley ammoniva
come l'America rischiasse
un vero e proprio collasso
da debiti, con "un intero
popolo che vive al di sopra
delle proprie possibilità
prendendo denaro a prestito in ogni modo possibile e spendendo forsennatamente".
Come prevedibile, in
tempi rapidissimi la bolla
si è allargata, sebbene con
tinte più sfumate, anche al
nostro paese. Nel gennaio
2006, sempre da queste
colonne, riferivo di uno
studio di Bankitalia nel quale
si segnalava un balzo impressionante dei finanziamenti,
sottolineando in particolare il
tema dei mutui casa concessi
dal sistema bancario alle famiglie. Le quali andavano indebitandosi ben oltre le proprie
possibilità di rimborso, e non
solo per la casa, ma anche per
auto, computer, elettrodomestici, arredi, viaggi e così via,
con rate cumulate per importi
ben superiori a quel 40% di
soglia limite massima sostenibile in rapporto alle entrate
mensili.
Non è stato sufficiente. Nel
giugno del 2006 diversi studi
evidenziavano con un certo
allarme incrementi a due cifre
per credito al consumo e leasing, mentre il 25% circa
delle famiglie si dichiarava
incapace di produrre alcun
risparmio (indagine Ipsos,
2006). Ci si "consolava" nel
ricordare che le famiglie statunitensi e inglesi erano
indebitate molto di più di
quelle italiane.
E siamo alle scorse settimane, con quelle scene a loro
modo shockanti delle file di
risparmiatori in paziente
attesa davanti agli sportelli
della banca inglese Northern
Rock per ritirare i propri
depositi, mentre tutte le
testate giornalistiche, nessuna esclusa, ad urlare che la
casa è diventata un problema
per quasi quattro milioni di
famiglie italiane, che si trovano a dover fare i conti con rate
o canoni di locazione che possono pesare fino all'80% del
reddito mensile. Ed è bene
chiarire che questa situazione
non dipende solo dall'aumento dei tassi di interesse, quanto piuttosto dalla pericolosa
corsa all'indebitamento che
negli ultimi anni ci ha visti
tutti partecipi. Senza la mini-
STAMPA REGGIANA
>
ma prudenza.
Ci rimane un'inutile mole di
rilevazioni statistiche di ogni
tipo, su canoni medi, sulla loro
incidenza in rapporto al reddito, sfratti per morosità e
impennata delle esecuzioni
immobiliari nella varie città,
evasione fiscale in relazione
agli affitti e così via.
Anche questa volta chiudiamo la stalla troppo tardi.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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STAMPA REGGIANA
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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2007
Primo Piano >
UNA GRANDE
OCCASIONE
PERDUTA
Legacoop. Risposta facile: Enti
Locali e Camera di Commercio.
Ora l'unica cosa che si potrà prendere "al volo" sarà il treno ad alta
velocità, visto che per il 2008 non
l'aeroporto, in fondo è come parlare del nulla, prendiamo atto con
amarezza che la nostra provincia
è diventata un gigante industriale
ma è sempre rimasta un nano poli-
di Dario Caselli
segue dalla prima
La storica pista delle Reggiane
in area per la festa dell'Unità. E'
però vero che dalla città ducale
partono aerei non di prima grandezza, mentre a Reggio arrivano
politici esclusivamente di prima
grandezza. La Festa è così importante per la città, da aver comportato persino la modifica della viabilità, obbligando gli automobilisti a percorrere una specie di anello con vista su capannoni industriali e pizzerie. Diciamolo, dell'aeroporto a Reggio non è mai
importato niente a nessuno, men
che meno a coloro che oggi lo seppelliscono: Enti Locali, Camera di
Commercio e categorie economiche. La Società Aeroporto era un
carrozzoncino di terza fila con un
Cda dove infilare i cadetti che non
potevano diventare né re, né delfini: si riuniva probabilmente a
tavola e forse decollava con del
buon lambrusco. Oggi la parola
d'ordine è risparmiare, intento
lodevole e condivisibile, è giusto
chiudere una società che fa volare
al massimo aquiloni e modellini
radiocomandati, ma qualcuno
dovrebbe spiegare chi ha lasciato
che tale struttura perdesse denaro
da oltre dodici anni, parole e
musica del presidente Gigarini di
sarà pronta neppure la stazione.
Come non ricordare l'entusiasmo
un po' provinciale che accompagnò l'arrivo in città dell'architetto
Calatrava, le vele, i convegni , la
retorica, la deferenza con cui
venne staccato l'assegno di svariati miliardi per il progetto ed il plastico di cui l'illustre architetto pare
si sia assicurato la restituzione.
Oggi non sappiamo se e quanti
treni si fermeranno a Reggio, la
stazione, da unica fermata mediopadana è divenuta unica stazione
in linea, ma per ora è solo una stazione fantasma, come l'aeroporto.
In questi anni si è parlato spesso di
volare alto, anche se forse non si
pensava ad una città mongolfiera
che si muove senza direzione, prigioniera dei venti. Ecco perché ci
appassiona poco il dibattito sul-
tico, rispetto alle città vicine.
Questo minimalismo politico ha
però consentito di avere il Pci più
forte, le feste nazionali dell'Unità,
il mega concerto di Ligabue, le
grandi cooperative, la città più uli-
vista e domani la più veltroniana
d'Italia. Ci ha salvato la concretezza contadina dei reggiani, il loro
attaccamento al lavoro, i capannoncini divenuti fabbriche che
hanno prodotto lavoro e benessere anche senza le infrastrutture.
La strada di Casalgrande è la stessa da sempre, ma di lì sono partite
le piastrelle che hanno invaso il
mondo. Ora che anche quell'impero, come la meccanica agricola
fatica e deve delocalizzare, la
STAMPA REGGIANA
>
nostra diventa sempre di più un'economia basata sull'edilizia ed in
questo settore, dalla concretezza
siamo passati al miracolo, alla
moltiplicazione dei cantieri, agli
abusi edilizi, al lavoro nero, eppure tutti zitti, sarà la concretezza o
questa cappa per cui Reggio, in
quanto progressista, deve anche
essere città ideale. Per ritornare
all'aeroporto, lo attende il solito
destino edificatorio, del resto la
pista non po' essere allungata perché si è già provveduto a costruire
abitazioni, fa sorridere auspicare
l'intervento di privati con intendimenti suicidi, la strada è stata tracciata molti anni fa ed è quella
della betoniera. Ripensandoci
bene, non occorre neppure chiedere chi sono i colpevoli di questi
errori, i responsabili di una politica miope che ha fatto propri i successi dei reggiani, ma non ha
saputo amministrarli con lungimiranza. Basta guardare le foto di
chi ci governa: sono sempre gli
stessi da decenni, solo ogni tanto
si scambiano i posti.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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> Primo Piano
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LA LUNGA STORIA DEL CAMPOVO
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4
6
di Romano Pezzi
Il primo aereo atterrato a
Reggio, secondo le cronache dell'epoca, risulta il 27 luglio del
1912, meno di dieci anni dopo il
primo volo dei fratelli Wright. Si
adagiò nella zona del Mirabello in
quanto l'area dell'odierno campovolo era ancora adibita all'agricol-
8
STAMPA REGGIANA
>
tura. Quello in pratica fu il primo
episodio avvenuto nella nostra
città con le macchine volanti, ma
in seguito Reggio visse intensamente le vicissitudini della aeronautica attorno al nostro aeroporto, donando tra l'altro uomini e
mezzi.
Fin dal l916, per far volare alcuni aerei "Savoia-Caproni"costruiti
dalle Officine "Reggiane", venne
utilizzata una pista erbosa di una
sorta d'ippodromo che funzionava
nell'area attuale in questione.
Questi aerei, da una commessa
della Regia Aeronautica, andarono ad equipaggiare nella Grande
Guerra, alcune squadriglie sul
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
fronte francese.
Con la fine delle ostilità, l'attività aviatoria cessò e per oltre un
decennio, su quella pista trasformata in terra battuta e munita di
tribuna, furono disputate ogni
tipo di gare sportive, per auto,
moto e bicicletta e ospitando in
queste occasioni i grandi campioni
dell'epoca. E' qui che tra l'altro,
nacque a Giannetto Cimurri,
Vincenzo Camparada e consoci, l'idea di fondare il Velo Club
Reggio.
Nel 1931 e il 1932 sull'area ritornarono gli aerei con manifestazioni aviatorie e avvenimenti che
consacrarono
la
zona
in
"Campovolo".
La decisione di realizzare un
aeroporto a Reggio, venne prese
nel 1935 dal Ministero della Regia
Aeronautica, in relazione all'acquisto delle "Reggiane" da parte
del "Gruppo Caproni" e il 24 febbraio del 1937 dal Campovolo
decollò il primo aereo, un "P
32Bis", costruito nelle adiacente
officine. Quindi in seguito, tra il
1938 e 1939, vennero realizzate
tutte le strutture necessarie, hangar e uffici, opere di drenaggio,
pavimentazioni, vari manufatti e
una pista lunga 800 metri e larga
60, che portarono l'aeroporto alla
sua figura finale, una aerobase
prettamente militare, che venne
dedicata
nell’occasione
a
Fernando Bonazzi, un nostro pioniere dell’aviazione tra i protagonisti della Grande Guerra.
Gli anni a venire infatti sulla
pista del Campovolo furono collaudati
oltre
1200
caccia
"Reggiane" usciti dalle fabbriche,
da parte dei più famosi piloti italiani dell'epoca, tutti provenienti
dalla scuola di Alta Velocità di
Desenzano. Mario De Bernardi,
già asso della squadriglia del
Cavallino Rampante (quella di
Francesco Baracca) durante la
Grande Guerra e vincitore della
Coppa Schneider nel 1926 a
Primo Piano >
8
7
9
LO PUNTO STRATEGICO DELL’ULTIMA GUERRA
Nella foto 1) Fernando Bonazzi pioniere dell'aviazione reggiano a bordo del Farman costruito a
Reggio per conto della Savoia Caproni. Foto 2)
Ancora Fernando Bonazzi, zio dell’avvocato Renzo
ex sindaco di Reggio, in divisa militare. Foto 3)
Pista e tribune all'aeroporto adibita a gare sportive. Foto 4) Il via di una gara ciclistica, il primo a
destra è Abramo Cimurri. Foto 5) Una veduta dall'alto dell'aeroporto prima della guerra. Foto 6)
Catena di montaggio degli aerei Reggiane. Foto 7)
Ingresso dell'aeroporto "Bonazzi" nei primi anni
quaranta con un plotone di avieri. Foto 8)
Matrimonio del tenente
colonnello Pietro
Scapinelli con Beatrice Franzini celebrato dal vescovo Eduardo Brettoni (in centro). Foto 9. Scapinelli a
bordo del prototipo del Re 2001 in fase di collaudo, su questo aereo cadrà nel marzo del 1941. Foto
10) Le Frecce Tricolori schierate nel 1966, prima
dell'esibizione sul cielo di Reggio, al centro il capitano Vittorio Cumin capo formazione.
10
Norfolk in Virginia. Nel 1939 De
Bernardi collauda e mette a punto
il Re2000, che sarà giudicato uno
dei migliori caccia della Seconda
Guerra Mondiale.
Pietro Scapinelli, reggiano,
Conte di Leguigno che vinse la
Coppa Bleriot del 1933 il quale
sostituì De Bernardi. Dopo aver
collaudato
decine
d'aerei,
Scapinelli purtroppo, perì il 14
marzo del 1941 a bordo del
Re2001 Falco 2. Era il secondo prototipo di questo nuovo aereo, col
motore lineare e l'elica a passo
variabile. In quell'occasione, il caccia andò in stallo in fase d'atterraggio al termine del suo primo
volo e il pilota, allora tenente
colonnello, perì tra i rottami dell'aereo che si schiantò in fondo
alla pista verso il torrente Rodano.
Scapinelli lasciò la giovane moglie,
Beatrice Franzini e cinque figli.
Riposa nella tomba di famiglia.
Poi venne Francesco Agello, da
Casalpusterlengo. Altro asso con
medaglia d'oro. Nel 1934 Agello
conquistò il primato mondiale di
velocità con 709,202 kmh. In
seguito arrivò il maggiore Del
Prato che s'incaricò della messa a
punto del Re2005, il mitico
Sagitario.
Ma gli "assi" delle battaglie
aeree, quelle vere, approdarono
al campo volo, nell'aprile del
1944, con tre squadriglie del 1°
Gruppo Caccia della Rsi, una quarantina di aerei tra i G55 e Mc
2005. Lo comandava il maggiore
Adriano Visconti asso degli assi,
unico italiano tra l'altro che figura
nel Museo Aeronautico di
Wagshinton, a fianco dei piloti
migliori del mondo. Visconti mori
poi assassinato a tradimento a
Milano, il 29 aprile dell'anno successivo.
Il compito del !° Gruppo era
difendere le officine Reggiane
dalle continue incursioni dei bombardieri alleati sulla città e sulle
officine Reggiane. Drammatici
infatti furono i bombardamenti
del 7 e 8 gennaio del 1944 ove
decine di B17 Fortezze Volanti,
scaricarono tonnellate di esplosivo
sulle fabbriche, obiettivi strategici, danneggiandoli in modo grave
e facendo centinaia di vittime tra i
civili delle zone di Porta Santa
Croce.
Fece parte col 1° Gruppo al
campo di Reggio, Luigi Gorrini di
Fidenza, ora novantenne, unica
medaglia d'oro ancora vivente,
che il 15 giugno del 1944 effettuò
l'ultimo suo volo in missione di
guerra. Gorrini quel giorno fu colpito dai caccia americani durante
uno scontro, ferito alla schiena,
STAMPA REGGIANA
>
riuscì a lanciarsi dal suo Mc 205 col
paracadute e salvarsi attraverso le
campagne di Massenzatico. In precedenza Gorrini aveva partecipato
alla Battaglia d'Inghilterra, combattuto in Africa Settentrionale,
in Grecia, in Sicilia, ottenendo
numerose vittorie. Dopo l'8 settembre del '43, il pilota aderì
come tanti nella aeronautica del
Nord. Voleva stare vicino alla sua
famiglia. Fu reintegrato nell'A.M.
dopo la guerra diventando
Generale, ed ora è una sorta d'icona
vivente
della
nostra
Aeronautica Militare.
Il 1° Gruppo Caccia abbandonò
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
segue a pag.10
9
> Primo Piano
11
Foto 11) Veduta dall'alto mentre si compiva la tragedia dell'8
gennaio 1944, la foto è stata
scattata da un B17 che chiudeva
la formazione di 27 bombardieri.
Foto 12) Il Maggiore Adriano
Visconti "asso" durante la guerra, comandante del 1° Gruppo
Caccia a Reggio nel 1944. Foto
13) Il sergente maggiore Luigi
Gorrini unica MOVM ancora
vivente "asso" del 1° Gruppo.
Foto 14) Il maresciallo Carlo
Magnaghi abbattuto sul campovolo dai caccia americani mentre
si esibiva per il cinegiornale Luce.
12
13
segue dalla pag. 9
quattro caccia americani. Li raggiunse a Rubiera e ingaggiò con
loro un furioso combattimento.
Ne abbattè uno e gli altri si dettero alla fuga. Morandi ritornò
all'aeroporto tra le grida di gioia
dei compagni. Magnaghi però
morì due giorni dopo causa le
gravi ferite subite. Anche Morandi
mori, il 19 aprile dell'anno dopo,
nel comasco, colpito dai proiettili
di un Mitchell 25 proprio nel corso
dell'ultima battaglia ingaggiata
dal 1° Gruppo.
Dopo la partenza dei piloti
della Rsi, i tedeschi tennero poi il
controllo del nostro aeroporto e
delle strutture rimaste, fino al loro
ritiro.
Dal 1946, lavori di bonifica consentirono ancora di volare sul
nostro aeroporto e venne fondato
l'Aero club Reggio Emilia, un
sodalizio diventato sempre più
importante per la sua funzione,
poi l'aeroporto nell'estate del '44.
In questi pochi mesi di permanenza sul Bonazzi, il reparto venne
quasi decimato dalle quotidiane
incursioni dei Thunderbolt e dei
Lightning americani che di base a
Pontedera, apparivano improvvisamente dietro le colline e in picchiata puntavano sul Campovolo,
mitragliando aerei e personale.
L'11 maggio il maresciallo pilota
Carlo Magnaghi stava esibendosi
davanti ai cineoperatori del
Cinegiornale Luce.
Sbucarono in quel momento
quattro Thunderbolt che cominciarono a sparare contro l'aereo
del sottufficiale. Magnaghi impreparato venne colpito ma riuscì lo
stesso ad atterrare. Il tenente
Aurelio Morandi, cremonese, salì
di corsa sul primo Mc 205 disponibile (era di Oddone Colonna principe romano), decollò e inseguì i
10
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Foto: Biblioteca Panizzi e archivio
personale dell’autore.
14
adibita soprattutto per le attività
turistiche e di scuola di pilotaggio,
di paracadutismo, aeromodellismo e volo a vela. Da questa scuola uscirono tra l'altro piloti importanti. Uber Ruozi che ha conseguito il brevetto a 17 anni, divenne
poi un top gun sui Tornado con i
mitici Diavoli Rossi ed ora è il
miglior pilota della flotta aerea di
Silvio Berlusconi.
Maurizio Manzini, Capitano
della A.M., giovanissimo ha frequentato la scuola di volo di
Reggio. Risultò il migliore poi in
Accademia. Dopo aver volato sugli
F104 Manzini è diventato in seguito istruttore dei giovani ufficiali
alla scuola di volo di Amendola.
Da qualche anno Manzini si trova
alla base di Cold Lake in Canadà
dove istruisce piloti della Nato.
Il 21 ottobre del 1969 per
volontà degli Enti Locali, venne
costituita la società aeroporto e
solo nel 1995, la sede venne trasferita al Campovolo per gestire il
movimento del traffico aereo turistico e commerciale. Un area a
Nord invece, con un'intesa tra il
Comune di Reggio e la Direzione
Aeroportuale di Bologna, è stata
assegnata per l'utilizzo del "sociale" ed a diverse manifestazioni.
L'attività dell'Aero Club nel frattempo ha indetto importanti giornate aeree sul nostro aeroporto. Si
sono esibite le Frecce Tricolori nel
1966, e il 20 settembre del 1987
ritornarono, dopo venti anni, per
interpretare il loro show che pochi
mesi prima aveva entusiasmato
l'America. L'anno dopo, accadde
la tragedia di Ramstein e con le
successive misure di sicurezza
prese dal Ministero, il nostro aeroporto fu giudicato non più agibile,
causa la vicinanza alla città, all'esibizione della PAN col loro spettacolo più grande del mondo. Il 23
giugno del 1996 infatti, le Frecce
Tricolori ritornarono sul campo
volo, nel corso di una festa
dell'Aria, ma soltanto per effettuare in formazione un paio di
sorvoli guidati da terra dal loro
comandante. Ed in seguito arrivarono anche le mongolfiere per
disputare il campionato italiano.
Il futuro del "Campovolo" ora
pare sia ancora legato strettamente all'attività dell'Aero Club
Reggio e da quelle feste sociali
nell'apposita area.
L'Ente dell'Aviazione Civile è
apparsa ancora cauta nel rilasciare
alla Società Aeroporto, nonostante le continue richieste, le concessioni per uno scalo e il controllo su
tutta l'area. "Non c'è futuro senza
ricordare il passato" ripete ancora
Luigi Gorrini il novantenne asso
dell'ultima guerra, che sull'aeroporto di Reggio compi la sua ultima missione.
Urbanistica >
E SE FOSSE LA VOLTA BUONA?
L’Assessore Ugo Ferrari ci presenta il progetto “Come riqualificare il centro storico”
di Davide Leoni
"Si creano i presupposti per
una nuova fase per lo sviluppo del
centro storico". Così l'Assessore
all'Urbanistica del Comune di
Reggio Emilia, Ugo Ferrari, ha
definito l'insieme di opere e iniziative che interessano il centro
storico, compresa l'estensione
delle superfici commerciali in centro fino a 1.500 metri quadrati. La
variante, proposta con l'assessore
alla città storica, Mimmo Spadoni,
modifica un limite fino ad ora
attestato a 250 metri quadrati.
Da dove nasce questa proposta di estensione?
L'atto sottoposto all'approvazione del Consiglio Comunale, con
la possibilità di aprire superfici
commerciali fino a 1.500 mq. é
parte integrante di strategie e
azioni più generali che riguardano
il centro storico, ma anche, nel suo
complesso, la città di Reggio
Emilia, all'interno della quale il
nucleo storico rappresenta una
polarità territoriale di eccellenza,
di valenza europea. Occorre quindi lavorare sulla sua capacità di
attrazione e di accoglienza.
L'atto va collocato in questo
contesto per capirne pienamente
la portata.
Lei ha speso parole impegnative in occasione della variante, affermando che si può aprire "una nuova fase di sviluppo
del centro storico". In cosa
consisterebbe?
Se diradiamo le nebbie generate dalle polemiche quotidiane che
Ugo Ferrari
hanno il potere di avvolgere tutto
in un indistinto grigiore, credo
non si possa negare che il centro
storico stia già vivendo complessivamente una fase di maggiore
vitalità, rispetto a qualche anno
fa. La si può leggere nella serie di
iniziative culturali di rilievo europeo, di aggregazione promozione
dei luoghi che hanno riportato i
reggiani a riappropriarsi di alcuni
spazi e dei tempi della città storica; nella presenza dell'Università
in centro con migliaia di studenti,
nelle riqualificazioni urbane, nell'impegno sulla sicurezza, nei
nuovi servizi e nella maggiore
cura degli spazi pubblici.
Questa ritrovata vitalità, combinata con l'insieme delle funzioni
presente in centro. ha anche
generato, in qualche caso, problemi e conflittualità prima sconosciute, tra residenti e fruitori, ma
ha evidenziato soprattutto una
potenzialità del centro storico per
nulla scontata.
Ma c'è ben altro che può giusti-
ficare quella affermazione.
Le opere e i piani annunciati?
Appunto, oltre al mercato
coperto, per il quale è stata
percorsa la strada del project
financing, ci sono cantieri e
proposte avanzate all'interno
del Piano di Riqualificazione
urbana, che si esprimono
lungo il sistema delle piazze,
sull'asse Nord Sud del centro.
Qui
l'impegno diretto
dell'Amministrazione si caratterizza per la salvaguardia, la
riqualificazione e la valorizzazione di emergenze culturali e di
spazi pubblici come il Centro
Gerra, i Musei civici, la Sala Verdi
annessa al teatro Ariosto, la galle-
ria Parmeggiani con le nuove residenze per studenti, le piazze, ma
anche spazi coperti come la nuova
galleria in progetto a Palazzo
Busetti, che metterà in comunicazione via Crispi e Via Don
Andreoli, e l'Isolato San Rocco
riportato a nuova vita con la
riqualificazione e la chiusura della
galleria centrale: queste due
nuove gallerie, Palazzo Busetti e
Isolato San Rocco, insieme a quella del Mercato Coperto, saranno il
sistema delle piazze per l'inverno.
Attorno a questi cardini si innestano inoltre le quattro proposte
giunte, a seguito di un bando
pubblico, da privati sul Pru che
metteranno in gioco investimenti
per circa 50 milioni di euro.
Non sta sottovalutando
aspetti critici, come il senso di
insicurezza, l'alta presenza di
stranieri, l'abbandono di residenti?
Niente affatto. So bene che c'è
molta strada da fare, la convivenza tra etnie, il ritrovare nuovi
equilibri tra interessi diversi,
richiede tempi non brevi ed un
processo impegnativo. Proviamo
però a vedere qualche volta il bicchiere mezzo pieno: a ciò che ho
appena ricordato, si aggiungono
nel disegno strategico le recenti
iniziative sulla mobilità e l'accessibilità
dell'assessore
Paolo
Gandolfi, le proposte culturali dell'assessore Giovanni Catellani, le
segue alla pag. 13
Palazzo Busetti
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
11
COLLEZIONI
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STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Urbanistica >
segue dalla pag. 11
azioni e le progettualità a 360
gradi di Mimmo Spadoni, di
Franco Corradini sulla sicurezza e
la coesione, di Carla Colzi sulle
opere pubbliche e la casa, produrranno o no quel graduale salto di
qualità auspicato da tutti? Io
penso, spero, di sì. Ad esempio
recenti indagini di mercato di
alcuni investitori evidenziano una
nuova domanda di residenza di
qualità anche in centro.
C'è
l'ottimismo
della
volontà?
Forse un po' anche quello, che
serve sempre, ma soprattutto
quello della ragione. Ho sottolineato che l'Amministrazione ha
programmato azioni di medio,
mendo una certa marginalità.
Lo stesso Pru, piano di riqualificazione urbana, del Centro, aperto con un bando, e approvabile
entro l'anno, assicurerà risorse private anche per la riqualificazione
della città pubblica.
Stiamo quindi creando alcuni
presupposti per compiere uno
scatto in avanti, per fare prevalere
un clima positivo attorno a questo
luogo straordinario e unico.
L'Amministrazione però non
può fare tutto: non bastano sedi
prestigiose per l'Università, occorre che la città si percepisca come
città universitaria, capace quindi
di trattenere e servire adeguatamente le migliaia di studenti che
la frequentano. Se tutti i giorni si
Piazza Prampolini
breve e lungo periodo che delineano una strategia, una visione,
una possibilità concreta che
Reggio diventi più attraente, più
europea, più capace di investire
sulla contemporaneità senza perdere, anzi confermando, la propria identità storica e culturale.
Questo disegno guarda oltre l'esagono: il Mercato ortofrutticolo ed
il Consorzio Agrario, le Reggiane,
la Polveriera, la riqualificazione
dei viali urbani di connessione con
il centro, a partire da via Emilia
all'Angelo e viale Umberto I, sono
i punti di forza di una strategia
che persegue l'estensione dell'effetto città ben oltre i confini storici e psicologici dei viali di circonvallazione, traendo forza e vitalità
dal resto della città invece di
ragioni per chiudersi e contrapporsi a ciò che accade fuori dal
perimetro storicamente riconosciuto. Forse non è un caso che si
inauguri proprio ora la stagione di
una più forte collaborazione tra il
pubblico ed il privato, ad esempio
con i project financing per la realizzazione del parcheggio interrato alla Zucchi, l'Isolato San Rocco
ed il Mercato coperto che riconsegneranno alla città nuove piazze
coperte e luoghi che stavano assu-
trova il modo (e ci sarà sempre
una buona ragione) per parlare
male della propria bottega allargata costituita appunto dal centro
storico, non facciamo certo una
buona promozione dell'esagono.
aprire in centro uno spazio commerciale di un certo valore, avanti
quindi tutti coloro che sono interessati, allo stato attuale il rischio
non c'è l'eccesso di interesse ma
l'assenza di investitori. In centro
puntiamo su diverse funzioni,
come la residenza, i servizi, il
tempo libero, la cultura, ma occorre prendere atto che la qualità
della vita nelle città storiche
dipende anche dalla vitalità del
suo tessuto commerciale e che ci
sono sempre più catene e investitori che operano su medie e grandi dimensioni. E se non le trovano
in centro storico vanno in periferia
e lungo le grandi vie di accesso.
Questa variante quindi consentirà
al centro di giocare le proprie
carte, di competere meglio ed
esprimere pienamente la vocazione di centro commerciale
naturale, ricco come nessun
altro di opportunità e ragioni
di attrattività. Non a caso c'è
pieno accordo sulla variante
delle principali associazioni di
commercianti e della stessa circoscrizione.
Le opposizioni hanno
obiettato
che
occorre
attendere il Piano strutturale comunale e il piano di
valorizzazione commerciale, prima di procedere. Cosa
risponde?
Che questo sarebbe il modo
migliore per non fare nulla. Le
opposizioni fanno il loro
mestiere e saranno le stesse
che, presumibilmente, diranno
di no anche su quei piani
generali. Del resto la variante è
pienamente in linea con gli obiettivi del Piano strutturale comunale
e con il Piano di valorizzazione del
centro storico, che individua nell'esagono il centro identitario di
Viale Allegri
Torniamo alla delibera sul
commercio. Ci spieghi di cosa
si tratta e se favorisce tutti o
qualcuno in particolare.
E' una variante generale, non
legata a spazi precisi, ma percorribile da chiunque sia interessato ad
tutta la provincia. Fare piani complessi servono anni, se dovessimo
aspettare sempre la loro approvazione staremmo freschi. La variante come in molti altri casi ne anticipa coerentemente alcuni contenuti.
EFFETTO CITTA'
Il documento preliminare del Psc
riconosce al centro storico la vocazione a polo di eccellenza e di identità della città e del territorio.
Ripercorrono gli obiettivi strategici del Piano di valorizzazione del
centro storico per estendere l'effetto città anche al di fuori del nucleo
storico, lungo le radiali che dalla
mandorla si dipartono. Gli obiettivi:
- promuovere il patrimonio:
rilancio del ruolo e delle vocazioni
del centro storico, riqualificazione
dei grandi edifici storici e dell'intero tessuto edilizio;
- riqualificare il sistema urbano:
riappropriazione delle strade, delle
piazze e in generale degli spazi
pubblici aperti, interventi sull'arredo urbano.
- riorganizzare la mobilità: riqualificare i viali di circonvallazione e i
collegamenti tra aree
- implementare i servizi nella
zona nord: potenziare il sistema
delle piazze, qualificare e aumentare la dotazione di servizi e polarità,
- favorire nuove
attività. estendere
la qualità urbana e
la capacità attrattiva di tutta la via
Emilia
- incentivare l'uso
residenziale nella
zona sud, potenziare il sistema delle
piazze, riqualificare
gli spazi aperti,
aumentare la dotazione di servizi.
L'ASSE NORD SUD E IL PRU
Un asse Nord Sud di riqualificazione del centro storico, che si
sovrappone a quello Est Ovest
caratterizzato dalla Via Emilia. Per
proseguire nell'estensione dell'effetto città in tutto l'esagono,
l'Amministrazione comunale ha
promosso un Piano di riqualificazione urbana all'interno di un perimetro segnato da spazi ed interventi pubblici: uno strumento
attuativo in coerenza con le linee
indicate dal Piano strategico di
valorizzazione della città storica e,
più in generale, del Piano strutturale comunale (Psc). Un Programma
che si fonda su sinergie fra interventi pubblici e privati.
Il perimetro abbraccia i Giardini
pubblici con viale Allegri e via
Nobili, l'Università e il Centro
Gerra, la Parmeggiani, il Valli e i
Musei, piazza Martiri del 7 luglio e
piazza della Vittoria oggetto di
importanti riqualificazioni, la sala
Verdi e il teatro Ariosto, l'Isolato
San Rocco, piazza Casotti, il ghetto
ebraico in continuo recupero, il
palazzo municipale.
Opere pubbliche che fungono
STAMPA REGGIANA
>
anche da catalizzatore dell'iniziativa privata, con piazze coperte, residenze per giovani e studenti, polarità attrattive e connessioni urbane.
All'interno di questo perimetro si
innestano le quattro proposte
giunte da privati e che il Pru mette
a sistema. Le proposte presentate
dopo la pubblicazione dell'Avviso
di Pru sono state esaminate dagli
uffici tecnici e ora seguiranno l'iter
amministrativo e di presentazione
fino al passaggio in Consiglio
comunale. Si stima che gli investimenti ammontino nel complesso a
50 milioni di euro:
- Isolato San Rocco: riqualificazione proposta da Coopsette. Si prevede il recupero della galleria e dei
portici, la riqualificazione commerciale e residenziale;
- Palazzo Busetti: riqualificazione
proposta da Bluefield. Viene proposto un mix funzionale di spazi
aperti, esercizi pubblici e residenze;
- Casa Frati dei Parolo, isolato tra
piazza Casotti e via del Carbone:
riqualificazione
proposta
da
Istituto immobiliare del Nord. E'
stata proposta la realizzazione di
nuovi negozi e di residenze anche
per giovani e studenti
- Cinema Ambra: riqualificazione
proposta dalla associazione di
imprese Sicam. Si prevedono interventi residenziali.
LA VARIANTE DEI 1.500 MQ
Con una variante normativa al
Piano
regolatore
generale
l'Amministrazione comunale di
Reggio introduce la possibilità di
realizzare spazi commerciali all'interno della città storica, con superfici estese fino a 1.500, rispetto al
limite attuale di 250 metri quadrati. Si tratta di una variante di carattere generale, che va nel senso
della promozione delle potenzialità e delle vocazioni della città, per
lo sviluppo delle attività economiche e per la presenza residenziale,
valorizzando tessuto storico e riuso
del patrimonio edilizio. Può essere
applicata in sei tipologie edilizie, e
quindi considerata per tutti coloro,
proprietari e investitori, che propongano interventi di qualità in
centro storico, oltre che applicata
per i casi che rientrano nel Piano di
riqualificazione urbana.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
13
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Attualità >
IL COMPLESSO PROBLEMA DELL’ACCOGLIENZA
di Giovanni Bertolani
I
l venir meno delle intese di Ialta,
volte a delimitare le aree d'influenza
politica delle grandi Potenze, l'avvento delle comunicazioni in tempo
reale in via telematica e la globalizzazione nell'economia hanno aperto
nuovi scenari, tra i quali il preminente è certamente quello dell'esodo
dei popoli poveri verso i Paesi ricchi.
Fra le etnie più povere vanno sicuramente annoverate quelle islamiche,
ma anche giovani provenienti
dall'Europa orientale e dal sudAmerica. Esse hanno guardato
all'Europa, come prospettiva di
sopravvivenza prima e, successivamente, d'inizio di una nuova vita.
Negli approdi di chi è in cerca di fortuna, certamente l'Italia ha rappresentato un miraggio assai seducente,
per la sua posizione geografica, protesa nel Mediterraneo. Alcuni ceti
industriali del nostro Paese hanno
guardato con interesse ai fenomeni
migratori, soprattutto quelli utilizzabili per l'impiego in mestieri usuranti, dai quali si è andato per converso
consolidando un progressivo distacco da parte dei lavoratori italiani. Il
problema nel tempo ha assunto particolare importanza, dapprima non
adeguatamente valutata, tanto da
porre sul tappeto tre questioni di
valenza non solo istituzionale, ma
anche etica. Ci si è subito chiesto,
cosa significhi accoglienza e che rilevanza assumano i fenomeni, da un
lato della clandestinità e dall'altro
dell'integrazione. Ci si è pertanto
sempre più resi conto, che accoglien-
za non significa unicamente permettere a cittadini di altri Paesi d'insediarsi sul nostro territorio, ma d'individuarne l'identità e di consentire ai
medesimi quello sviluppo della personalità umana, che costituisce principio significativo della nostra
Costituzione. Costituisce pregio
della Carta fondamentale italiana
avere posto in preminente risalto, la
possibilità di distinzione degli emigranti legittimi dai clandestini, in
breve tempo dimostratasi la piaga
peggiore, anche e soprattutto agli
effetti della realtà dell'integrazione.
In nessun Paese del mondo è dato
entrare, se non si sia dotati di passaporto e dunque di documenti d'identificazione personale e d'individuazione del luogo di provenienza.
Ragioni di carattere umanitario
hanno indotto al superamento di
tale pur essenziale criterio discriminatorio, inibendo in tal modo l'accertamento della correlazione fra la
persona e le radici del medesimo,
stabilendo pertanto da subito un
regime di trasparenza ed evitando
così la possibilità d'assunzione da
parte degli interessati di vari nominativi, per sfuggire alle maglie della
legge e degli inerenti controlli.
Tali verifiche, spesso riuscendo
impossibili, hanno determinato il
transito e la sosta di persone prive di
fissa dimora e dunque esposte
all'opportunità di compimento di
violazioni di legge, poiché costrettivi
da esigenze di sopravvivenza. Il problema dell'accoglienza quindi esige
professionalizzazione delle quote di
extra-comunitari ammessi al soggiorno in Italia, reperimento di
un'occupazione stabile, che consenta a chi s'inserisca nel mondo del
lavoro di godere di adeguati mezzi
di sussistenza e la facoltà per ogni
interessato a fruire di un alloggio,
presupposto di radicamento, anche
famigliare, sul territorio. Tali ultimi
elementi comportano un grande
programma di formazione professio-
nale dei nuovi arrivati, che abbiano
interesse a vivere nel nostro Paese,
che ne accettino le regole, sfuggendo ai pericoli insiti nella clandestinità e nelle attività delittuose.
Integrazione significa pertanto
accettazione della cultura e delle
istituzioni del Paese ospitante, senza
tuttavia alcuna abiura delle proprie,
così come del proprio credo religioso. Essa presuppone dunque, che
uomini provenienti da esperienze
diverse per cultura e religione, accettino la comune condivisione delle
regole degli Stati di democrazia occidentale, poiché è solo la comunione
degli intenti, che può generare coesione esistenziale e sociale. Talora
peraltro detta coesione viene minata
da due fattori di rischio. Uno rappresentato dalle eredità delle teocrazie
islamiche, che antepongono il profilo religioso a quello istituzionale,
anziché tenerli separati, accettandone la reciproca autonomia, riconoscendo così allo Stato la possibilità di
fissare le regole di convivenza civile
ed alla religione di occuparsi delle
spiritualità connesse al foro interno.
L'altro è costituito dall'attraversamento del nostro Paese di etnie per
loro natura nomadi, come i Rom, la
cui integrazione risulta di difficile
attuazione, poiché il loro incedere
itinerante inibisce la frequentazione
da parte dei giovani della scolarità
ordinaria del sito, l'abitazione di
residenze territorializzate e dunque
l'avvio di un processo di convivenza
non temporanea e precaria, bensì
stabile e permanente con la popolazione locale. Bisogna avere il coraggio di concludere che, mentre l'integrazione di comunità di cittadini di
differente cultura e religione può
trovare ostacoli in merito al divergente modo d'intendere la vita, ma
trova nel rispetto delle diversità il
punto d'incontro tra ideologie ed
opinioni religiose distanti, il nomadismo si oppone fisiologicamente
all'integrazione, per mancata accettazione di una residenzialità permanente, che costituisce il presupposto
della coesione sociale di ciascun sito.
L'accesso alla casa diventa perciò
fondamentale per coloro, che accettano di vivere su di una parte individuata del territorio, mentre non
appare soddisfacente per chi intende trasferirsi periodicamente in altri
luoghi, dentro e fuori lo Stato, dentro e fuori la Comunità europea. La
libera circolazione degli uomini,
delle merci e dei servizi, costituisce
certamente un grande strumento di
avvicinamento dei popoli, insediati
in grandi aree contigue, anche se
costituisce occasione di stimolo al
nomadismo, anziché di radicamento
sul territorio. Le stirpi nomadi devono avere riconosciuto il diritto alla
libera circolazione, ma non possono
essere trattati alla stregua dei cittadini residenti, poiché la loro cultura
li rende apolidi e dunque cittadini
del mondo. La loro diversità va
rispettata e non va pertanto strumentalizzata, adducendo ragioni
d'integrazione, assai difficili da realizzare. La tolleranza, l'arma non
certo segreta di coesistenza tra molteplici etnie, non può costituire elemento di confusione tra aspirazioni
diverse, che è dato cogliere nell'incontro tra popolazioni di culture
autonome, che possono vivere insieme, a patto che condividano e credano nel valore della comune osservanza delle regole del sito, in cui
s'insediano, utilizzando il lavoro
come ulteriore elemento di collante,
idoneo a far sentire il territorio
come proprio. I popoli nomadi sono
invece proiettati verso esperienze
erranti, non già perché difetti nei
loro confronti la disponibilità all'accoglienza, ma perché le proprie origini culturali li spingono a continui
trasferimenti su ambiti e siti diversi,
anche estesi a differenti nazioni. Per
questi ultimi pertanto, la società
deve apprestare strumenti di dimora
temporanea, non per effetto d'impulsi reiettivi da parte delle collettività territorializzate, bensì in adesione ad un diverso modo di concepimento dei valori esistenziali e della
meta fissata per la crescita delle
nuove generazioni. Per cui perseguire la coesione sociale, significa
cogliere, nel grande incontro delle
collettività del mondo, le relative
diversità, prodotto del differenziato
approccio relazionale alla vita.
Montanari & Gruzza
MONTANARI & GRUZZA S.p.A.
VILLA GAIDA (RE) - VIA NEWTON, 38 - TEL. 0522/944251 - FAX 0522/944129 - www.montanari-gruzza.it
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
15
> Sociale
DOVE C’ERA UN LEBBROSARIO
E’ NATO UN MODERNO OSPEDALE
Grazie al chirurgo Domenico Gazzotti dell’Ospedale Sant’Anna e un gruppo di
volontari di Castelnuovo Monti è stato possibile costruire una nuova struttura
sanitaria a Gambo in Africa. Superata la diffidenza dei mussulmani e ortodossi
di Alfredo Gianolio
Il "mal d'Africa" del dott.
Domenico Gazzotti - chirurgo dirigente medico presso L'Ospedale
Sant'Anna - e dei suoi amici del
G.A.O.M. di Castelnuovo Monti,
non è nato all'improvviso, ma si è
formato progressivamente, con inizio, prima ancora della conoscenza
dei luoghi, della loro dolorosa
realtà umana e sociale.
Un "mal d'Africa" del tutto particolare, solo in parte dovuto al
richiamo di una natura che ti affascina ma non come fosse semplicemente da ammirare, non solo per
sentirla penetrare nel tuo essere
con i suoi profumi, le grida e i sussurri degli animali, con le luci cangianti del cielo. Il richiamo più
forte, infatti, è quello che proviene
dagli uomini da strappare alle
malattie, alla fame, alla miseria. È
un richiamo al quale il dott.
Gazzotti e i suoi amici del GAOM
(Gruppo
Amici
Ospedalieri
Missionari) non riescono a resistere. Raggiungono periodicamente
Gambo, in Etiopia, un centro posto
su di un altopiano di oltre 2000
16
STAMPA REGGIANA
>
metri di altezza, completamente
verde, che dista 350 chilometri da
Addis Abeba e 100 dall'equatore. A
Gambo esisteva, sino a pochi anni
fa, un lebbrosario, gestito all'inizio
del '900 da Francescani francesi.
Ora, debellato il terribile morbo, è
pressoché scomparso e, al suo
posto, sorge un moderno ospedale
costruito dai volontari castelnovesi
del GAOM, con l'aiuto dei
Missionari della Consolata.
"Prima ancora che con l'Africa e
i suoi problemi - dice il dott.
Gazzotti mentre stavamo conversando con Giovanna Gregori ad un
tavolo della Trattoria Serena di
Pineto di Vetto - il mio incontro è
stato con giovani di tutto il mondo,
che mi hanno aiutato a comprendere l'uomo, in quanto tale, con
esigenze simili sotto tutte le latitudini. Ho avuto la fortuna, dopo la
maturità classica, di studiare al
Collegio universitario Giovanni
XXIII di Parma, dove il 60% degli
studenti provenivano dall'Estremo
Oriente, dall'Africa, dalle Filippine,
dall'Indonesia e da tanti altri paesi.
Ma l'Africa è stato il mio maggior
polo d'attrazione".
Si è formata così nel chirurgo
castelnovese una predisposizione
umana e culturale con l'abbattimento di pregiudizi e prevenzioni
per collocarla sul piano pratico,
essendosi reso conto della necessità di interventi immediati per
lenire sofferenze e disagi.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
"Terminati gli studi, dopo
vent'anni, ebbi la fortuna - soggiunge - d'incontrare il dott.
Riccardo Azzolini, dentista otorinolaringoiatra di Castelnuovo. È stato
il fondatore del GAOM di cui si può
considerare il 'capo carismatico'.
Personalità poliedrica, si esprime in
ottenere frutti copiosi".
Numerosi altri sono i missionarilaici-volontari che periodicamente
raggiungono Gambo dalla nostra
montagna. Non è possibile menzionarli tutti, ammette il dott.
Gazzotti. A questo punto Giovanna
Gregori interviene: "Non posso
un cambiamento della propria
interiorità, un modo particolare di
vivere la quotidianità, dando alle
cose una valutazione diversa da
quella usuale, cogliendo i valori
autentici. Ritiene non solo che noi
andiamo ad insegnare, apprendiamo anche molto da loro, special-
Il dott. Domenico Gazzotti nel reparto pediatria
diversi campi. È anche un appassionato musicista, organista e compositore. Per l'azione umanitaria ritiene che non ci si debba disperdere,
occorrendo concentrarsi per uno
scopo preciso. Bisogna lavorare
nello stesso orto - afferma - per
non ricordare Claudio Ferrari che
ben conosco, in quanto come me
abita nella frazione di Frascaro. È
un pensionato dell'ENEL sempre in
attesa di un'altra chiamata per la
missione umanitaria. Il 'mal
d'Africa' è stato da lui inteso come
mente dai bambini che, anche
quando sono colpiti da gravi
malattie, esprimono, attraverso la
luce dei loro occhi sorridenti, serenità e fiducia".
"Di Frascaro - aggiunge il dott.
Gazzotti - c'è un altro pensionato
Sociale >
dell'Enel che ha dato notevole
impulso all'attività del GAOM, Lino
Triglia, una figura emblematica, un
esempio molto alto di volontariato. Si è prodigato per la costruzione dell'ospedale e delle case per i
lebbrosi, del campanile con tanto
di campane e del pozzo. Ha sempre operato in religioso silenzio,
senza mai vantarsi di quello che
faceva e nemmeno di curarsi di
farlo conoscere. Se fosse per lui,
andrebbe a vivere in Africa".
"La decisione di programmare
una spedizione in Africa - precisa il
dott. Gazzotti - la presi col dott.
Azzolini un giorno al parco Tegge
alla festa dell'Unità. Chiesi a mia
moglie se potevo andare, lei mi
disse di sì e allora partii. Era il 1986.
Avemmo in seguito anche la validissima collaborazione del dott.
Tiziano Setti, dirigente dell'Unione
Operativa di ostetricia e ginecologia dell'Arcispedale di Reggio,
puntualmente presente nelle
periodiche nostre missioni. Ed è
facilmente immaginabile come sia
importante la presenza di un ostetrico-ginecologo a Gambo, ove il
tasso di natalità è altissimo".
Quali sono stati i vostri iniziali
compiti, quale fu il primo e più
grave problema che avete affrontato?
"Un problema di rilevanza storica: il diffondersi di una terribile
malattia infettiva, la lebbra, dovuta a un microbatterio che colpisce i
"maledetti da Dio". Cresce e si
diffonde nella sporcizia per l'impossibilità di potersi lavare per
mancanza di acqua o, se c'è, perchè è infetta. Grazie all'igiene e ai
farmaci, i malati guariscono e i loro
figli non nascono lebbrosi, anche
se possono avere, geneticamente,
una predisposizione. Molto elevata
era la mortalità delle donne nella
fase del parto. La donna aveva
anche 14-15 gravidanze, mentre
adesso la media è di 4-5 parti.
Abbiamo fatto e stiamo facendo
vaccinazioni a tappeto per le
donne e per i bambini. Ora, tra i
mussulmani temevano di essere
privati della loro terra, mentre gli
ortodossi sospettavano che mirassimo a fare del proselitismo in favore della Chiesa cattolica. Furono gli
bambini, non vi sono più epidemie
di meningite e morbillo come un
tempo".
E le autorità governative come
hanno valutato il vostro intervento?
"L'Etiopia è una repubblica
democratica a struttura federativa
formata da tante regioni su base
etnica. La popolazione locale
appartiene alla tribù degli Amara,
discendenti dalla Regina di Saba. Il
territorio della regione è vasto
quanto l'Emilia e la
Lombardia messe assieme.
Il Governo ha favorito la
nostra iniziativa, tanto che
ci ha messo a disposizione
cinque appezzamenti di
terreno sui quali abbiamo
costruito 110 casette, in
gran parte di legno, per i
lebbrosi che prima vivevano ammassati sotto capannoni in condizioni penose.
Inizialmente
avevamo
suscitato diffidenza in
mussulmani e ortodossi. I
stessi lebbrosi ad esigere che realizzassimo il nostro progetto. Fecero
un sit-in davanti alla sede della
Presidenza della Regione. I loro
rappresentanti spiegarono l'importanza del nostro progetto, la cui
realizzazione avrebbe loro restituito dignità di uomini. Minacciarono
un ricorso alla Commissione europea se le case non fossero state
costruite. Ogni ostacolo fu rimosso
e potemmo continuare tranquillamente la nostra opera".
Quindi non vi furono più opposizioni di tipo etnico e religioso?
"No, in quanto la nostra attività
aveva esclusivamente una finalità
umanitaria. Oltre il 60% degli abitanti dell'Etiopia sono ortodossi o,
come prima venivano chiamati,
copti. Il 20-25% sono mussulmani,
poi vi sono esigue minoranze di
evangelisti e animisti. La percentuale dei cattolici è molto bassa,
non supera l'1%. I vari gruppi tra di
loro sono molto rispettosi e tolleranti in quanto il loro orientamento religioso non è legato a un
discorso politico. Il governo centrale, formato in prevalenza da
appartenenti alla regione del
Tigrai, lascia alla popolazione la
più completa libertà di culto, occupandosi solo di tre aspetti del potere: quello legislativo, quello giudiziario e quello relativo all'ordine
pubblico".
Il Gruppo Amici Ospedalieri
Missionari di Castelnuovo Monti ha
istituito un ospedale ove mediamente si presentano circa 600 persone per esser assistite. Dopo una
prima selezione compiuta al mattino dagli infermieri, si ha nel pomeriggio la visita durante la "consulta" che dispone mediamente di 6-7
medici. Si hanno ricoveri immediati per i casi urgenti, mentre gli altri
vengono programmati. Vi
sono diversi reparti: medicina generale, ginecologia,
maternità e la pediatria che
è il "fiore all'occhiello" dell'ospedale. I medici di
Castelnuovo, in Etiopia,
hanno affrontato anche problemi "nel sociale", in particolare in favore dell'infanzia.
Basti pensare che si sono
posti il problema di "alfabetizzare" ben 3500 bambini
che devono essere aiutati
anche nella loro crescita, sino
STAMPA REGGIANA
>
all'età adulta.
In che modo questo è possibile?
"Il meccanismo che ha funzionato sino a una decina di anni fa dice il dott. Gazzotti - era quello
dell'adozione a distanza, ma si è
dimostrato inadeguato in quanto
tendeva a creare dei privilegiati.
Erano pochi quei fortunati che avevano l'opportunità di ricevere
degli aiuti economici e che si presentavano a scuola ben vestiti e
con tutto l'occorrente. Si formavano delle differenze rispetto agli
altri bambini. Non era corretto né
giusto. Abbiamo allora modificato
il tipo di adozione: invece dell'adozione singola abbiamo voluto l'adozione collettiva, ad esempio
quella di un'intera classe scolastica
o di un reparto pediatrico all'ospedale".
La nostra conversazione alla trattoria Serena sta per concludersi,
mentre la titolare signora Borghi ci
sta servendo il caffé.
Un'ultima domanda: perché proprio a Castelnuovo Monti si è formata una schiera così numerosa di
missionari laici per aiutare quelle
popolazioni africane?
"Preciso
conclude
il
dott.Gazzotti - che non è una
nostra esclusiva. Vi sono missionari
anche di altre parti d'Italia:
Mantova, Bolzano, Genova ecc. Ma
debbo ammettere che molti provengono dalla nostra montagna. Ci
ha spinto l'urgenza di interventi
concreti e immediati, reagendo
alla spesso inconcludente astrattezza di programmi ambiziosi
quanto generici e una sana reazione al dilagante consumismo, che
ha smarrito il senso dei valori
autentici".
Foto in alto: in sala operatoria il dott.
Tiziano Setti, il dott. Domenico Gazzotti e
l’anestesista etiope Dejane’. Foto sotto: la
sala d’attesa dell’ospedale di Gombo.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
17
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Arte >
IL REGALO DI MARAMOTTI ALLA CITTA’
è stata la passione fondamentale
di Achille Maramotti, passione che
trova un'ideale continuità nella
volontà della famiglia di rendere
questo luogo un work in progress
che accolga e testimoni i nuovi
percorsi artistici.
Fino al 2000 un certo numero di
lavori era esposto negli spazi di
passaggio dello stabilimento Max
Mara, ora sede della Collezione,
con l'intento di promuovere una
quotidiana e stimolante convivenza fra creatività artistica e disegno
industriale.
A testimonianza inoltre dello
stretto rapporto che Max Mara
intrattiene con il mondo dell'arte,
la Collezione accoglierà e presenterà le opere vincitrici del premio
Da
sabato 29 settembre e’
stata aperta al pubblico nella sede
storica della società Max Mara, la
collezione Maramotti, una raccolta di arte contemporanea internazionale dal dopo guerra ad oggi.
La Collezione permanente, che
si sviluppa su due piani del vecchio
corpo di fabbrica in un percorso di
quarantatre sale e due open
space, inizia con alcuni importanti
quadri europei indicativi delle
tendenze espressioniste e astratte
degli ultimi anni Quaranta-primi
anni Cinquanta definite come
movimento informale e un gruppo di opere italiane protoconcettuali (Fontana, Burri, Fautrier,
biennale Max Mara Art Prize for
Women in association with the
Whitechapel Gallery, rivolto ad
artiste emergenti della Gran
Bretagna.
Durante i primi mesi di apertura
al pubblico verrà presentata l'opera vincitrice della prima edizione
del premio (2006) titolata Ninna
Nanna, realizzata dalla videoartista Margaret Salmon.
La conversione di un edificio
produttivo di collezioni di moda
in spazio espositivo, è stata progettata nel rispetto della rigorosa
essenzialità che contraddistingue
la struttura, concepita fin dall'inizio, come spazio flessibile e capace di trasformarsi secondo mutevoli esigenze.
SCHEDA TECNICA
Manzoni). A seguire consistenti
nuclei di dipinti della cosiddetta
Pop romana (Angeli, Festa,
Schifano, Tacchi), dell'Arte Povera
nella sua duplice articolazione
romana e torinese (Kounellis,
Boetti, Merz, Penone, Pistoletto,
Zorio, Anselmo) e dell'Arte
Concettuale.
A queste opere succedono
dipinti
fondamentali
della
Transavanguardia (Cucchi, Chia,
Clemente, De Maria, Paladino),
significativi esempi del neoespressionismo tedesco (Kiefer,
Baselitz, Polke, A.R. Penck) e americane (Basquiat, Schnabel, Salle).
Fa loro seguito un gruppo di
opere della New Geometry americana degli anni Ottanta-Novanta
(Halley, Scully, Taaffe, Burton,
Bleckner) e le più recenti sperimentazioni americane e inglesi
(Ritchie, Gallagher, Barry X Ball,
Sachs, Essenhigh, Craig-Martin,
Maloney).
Alle opere realizzate nel XXI
secolo, per la maggior parte non
incluse nell'esposizione permanente, verranno dedicate mostre
tematiche negli spazi del piano
terra destinati a progetti espositivi temporanei.
La continua esplorazione dei
linguaggi espressivi in costante
evoluzione della moda e dell'arte
Sede: Via Fratelli Cervi 66, 42100 Reggio Emilia Italy
Contatti: Tel. 0039 0522 382484
Fax 0039 0522 934479
[email protected]
www.collezionemaramotti.org
Orari di apertura: giovedì e venerdì 14.30 - 18.30
sabato e domenica 9.30 - 12.30 / 15.00 - 18.00
Chiusura 1 e 6 gennaio, 25 aprile, 1 maggio, dall' 1 al 25 agosto, 25 e
26 dicembre
Ingresso: gratuito
Visite: La visita avviene solo su prenotazione; l'ingresso senza prenotazione sarà possibile solo in caso di disponibilità di posti. Ogni visita
prevede un numero massimo di 25 persone. E' possibile scegliere il percorso completo (della durata di circa due ore e trenta) o quello parziale (della durata di circa 1 ora e quindici minuti):
1° piano, Arte italiana ed europea dagli anni Quaranta agli anni Ottanta
2° piano, Arte europea e americana dagli anni Ottanta ad oggi
Visite guidate su richiesta per gruppi di almeno 15 persone
Informazioni utili: Il percorso espositivo è accessibile a persone con
difficoltà motorie. La visita alle sale prevede l'accompagnamento del
personale della collezione. Minori di 14 anni solo se accompagnati.
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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Le meraviglie della
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1
3
4
6
Foto 1: Mimmo Paladino, Campi Flegrei, 1982-1983. Foto 2: Jannis
Kounellis, Senza titolo, 1961. Foto 3: Mario Merz, La frutta siamo
noi ,1988. Foto 4: Erich Fishl, Birthday Boy, 1983. Foto 5: Gerhard
Richter, Kleiner Liegender Akt, 1967 Foto 6: Dana Schutz Run 2003.
Foto 7: Philip Taaffe, Monocled Cobra and King Snake,1997. Foto 8:
Erich Fishl, The Philosopher’s Chair, 1999 Foto 9: Peter Halley, The
Western Sector, 1989-1990. Foto 10: Claudio Parmiggiani Caspar
David Friedrich, 1989 Foto 11: Mimmo Paladino Cimento,1994/2007
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
collezione Maramotti
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
21
> Moda
UNA DONNA BON TON CHE AM
Sulle passerelle milanesi le proposte
Mariella Burani
di Cristina Fabbri
Mariella Burani la vuole meno
gipsy girl e più bon ton. Max
Mara la presenta amante di contrasti e reinterpretazioni. Angelo
Marani la sogna impreziosita di
dettagli in oro e nostalgica di
Saint Tropez.
Sono le donne che gli stilisti
reggiani hanno proposto sulle
passerelle milanesi per la stagione primavera - estate 2008.
Mariella Burani
MARIELLA BURANI
Come in una favola dove le storie prendono vita quando si aprono le pagine di un libro ed i personaggi incantati escono fuori
quasi per magia, lo stesso è accaduto a Milano: sulle note di un
bravissimo fisarmonicista, una
modella ha spalancato le "porte
della moda" ed ha dato il via alla
sfilata Burani.
In sala Montenapoleone la stilista cavriaghese ha messo da parte
lo stile gitano e si è lasciata prendere dalla nostalgia del passato.
Hanno dominato la scena abiti di
jersey, a trapezio e spezzati in
vita, come usava indossarli l'intramontabile Maria Callas. Molti
anche quelli a tubino e le gonne
"vaporose" grazie a tulle-sottogonna rigorosamente colorati.
Ma per una <<donna libera, libera di scegliere come e cosa indossare, perché - secondo Mariella
Burani - è lei che fa stile, non gli
stilisti>>, non sono mancati i pantaloni, over a palazzo alternati a
quelli a sigaretta, camicie
maschili (iper femminili) in organza di cotone o georgette super
sexy. Tanti gli spolverini, strizzati
in vita da cinture e utilizzati come
se fossero abiti, alternati a giacche tutt'altro che sfiancate, con
maniche larghe che lasciano
intravedere i polsi.
Se ad aprire la scena sono stati
colori basici come il bianco, il
nero e un po' di grigio, le proposte per la sera hanno visto protagonisti il giallo audace, il verde
acido, l'arancio choc e il rosa.
Molti i tessuti a tinta unita, come
il mikado, l'ottoman, lo jacquard.
Poca stampa floreale ed etnica.
Grande attenzione, come sempre, ai dettagli. Per quel che
22
STAMPA REGGIANA
riguarda il trucco, Mariella Burani
ha puntato sulla bocca, rigorosamente rossa, mentre i capelli
sono stati lasciati sciolti oppure
legati da code morbide, per una
donna molto femminile…e libera. E gli accessori: scarpe maschili,
sandali e zeppe hanno rubato la
scena agli stivali; cappelli da cow
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
girl alternati a baschi; punto vita
segnato da cinture in pelle o in
tessuto; borse piccolissime per la
sera e zaini grandi e capienti per
il giorno <<per una donna viaggiatrice che, se si sposta nel
weekend, ama essere comoda ed
avere l'essenziale con sé>>.
MAX MARA
Una donna che si diverte a
mixare colori e tessuti ricercati,
che ama reinventare e reinventarsi, e che porta capelli raccolti,
viso scoperto, trucco leggero sui
toni del rosa e occhiali da sole:
una collezione moda sperimentale è stata quella proposta in sala
Brera da Max Mara. Secondo
Laura Lusuardi, fashion coordinator del gruppo Maramotti, per la
prossima stagione <<il classico
verrà reinterpretato per una
ricerca di nuovi fit e di silhouette
inattese>>.
Lungo la passerella milanese
sportivo e sofisticato, sexy e for-
Moda >
MA IL MARE E MIXARE GLI STILI
degli stilisti reggiani per la primavera-estate 2008
MaxMara
Laura Lusuardi
Angelo Marani
Patty Pravo e Angelo Marani
male, oversize e striminzito, tecnologico e naturale sono andati
"a braccetto". Giochi di volumi,
proporzioni e tessuti hanno
dominato la scena. Le giacche
presentate sono decostruite o
sartoriali e sperimentano nuove
forme e drappeggi asimmetrici.
Diventano - insieme a camicie e
abiti - di pelle, cellophane, tessuto tecnologico o tradizionale,
come il panno di cachemire. Il
tutto accostato a gonne, pantaloni o abiti in tessuti ultraleggeri e
iper femminili.
Immancabili per la primavera estate 2008 sono i trench di cotone, i bluson in cellophane rosa, il
tailleur strizzato in vita, il jeans, il
tuxedo pigiama e le gonne ampie
o a tubino sotto il ginocchio. Il
tutto impreziosito da dettagli di
paillettes, decori-ricami in stile
inglese o giapponese.
Un mix di tessuti, che necessita
anche di un mix di colori: bianco,
nero, grigio e un po' di blu alter-
nati al rosa e all'azzurro pastello.
Per quel che riguarda gli accessori: occhiali da sole neri e scarpe
maschili, rigorosamente senza
tacco, per una donna comoda
sempre, di giorno e di sera. Uno
stile ultramoderno, addolcito in
modo romantico.
ANGELO MARANI
Nostalgia d'estate: è l'atmosfera che ha fatto rivivere lo stilista
correggese in sala Borgospesso a
Milano invasa da un mare di sabbia. Un'estate di altri tempi, della
Saint Tropez degli "anni d'oro", i
segue a pag. 25
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
23
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Moda >
segue da pag. 23
mitici Sessanta-Settanta dove di
gran moda erano le spiagge di
Caneliers, Salinas, Pampelonne.
Hanno dominato la scena bikini,
short, zoccoli dorati ai piedi, preziosi caftani che velano il corpo,
camicette annodate sotto il seno
in stile BB, occhiali over size e
cappelli a tesa larga di rafia o di
pizzo. Uno stile inconfondibile
che fa viaggiare la mente e pensare al film "La Piscina" con Romy
Schneider, che ha ispirato lo stilista - come lui stesso rivela - per la
creazione di questa collezione.
Per la sera, lunghe sottovesti
nelle tinte dei fiori: giallo vivo,
rosa fucsia, blu di Francia, verde
bambù e bianco. Poi molto oro,
oro 24 carati <<come i paramenti
dei Papi>>, ma pochissimo nero a
differenza delle passate collezioni Marani.
SPORTMAX E AMULETI J
Dal 22 al 29 settembre, a
"Milano Moda Donna" hanno
dominato la scena anche le linee
giovani dei brand reggiani.
Sportmax, del gruppo Maramotti,
ha proposto una donna militarchic che sogna di trascorrere una
notte romantica su di una nave
crociera sul Mar Baltico. Qui giacche militari o navy si accostano ad
abitini a fiori, a camicette un po'
collegiali e gonnelline molto femminili. Onnipresente: un grande
fiocco tra i capelli. Le tinte sono
naturali, il blu e il salvia sono
sempre abbinati ai pastelli tenui
e alle stampe soft. La ragazza di
Amuleti J (MBFG) ama invece il
deserto, le nuance sabbiose e vulcaniche (beige avana, grigio
melange e arancio) a cui accosta
il bianco madreperla e il blu indaco. A cappottini con piccole spal-
le a kimono, tuniche monospalla
e abiti dalla linea morbida, dove
alle volte si creano "vortici di
rose", vengono accostati accessori d'ispirazione indigena (sandali
e collane), borse-sacca e cinture
oversize.
Insomma, una settimana della
moda molto intensa, dove le griffes reggiane si sono distinte a
pieni voti. A sentenziarlo il parterre di vip: ad esempio da
Marani si è vista Patty Pravo e da
Burani, presenti in prima fila, le
attrici Jane Alexander, Nicole
Grimaudo e Mirka Viola, così
come Marina Ripa di Meana, Sara
Tommasi, Ursula Andress, Pippo
Franco,
l'attore
Sebastiano
Somma, la ballerina Matilde
Brandi e gli Zero Assoluto. E, tra
un backstage e l'altro, Dario
Ballantini di Striscia la Notizia
travestito da Vittoria Brambilla.
Amuleti J
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Foto sotto: alcune signore vip presenti alla sfilata di Mariella Burani. Da
sx Ursula Andress, Matilde Brandi,
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QUANDO FILM NOIOSI DIVENTANO LEGGENDA
di Riccardo Caselli
Se le leggi di natura derivano
dalla regolarità osservabile nei
fenomeni, si potrebbe enunciare
una sorta di legge cinematografica
per cui "tenute sotto controllo
altre variabili, tanto più un film è
noioso tanto più ha probabilità di
essere apprezzato". Esistono molti
esempi eclatanti di film noiosi considerati "capolavori" o "storia del
cinema"; non ci stiamo qui riferendo a film "lenti", aggettivo che si
può invece attribuire ad un film
con ritmo non elevato, ma pur
sempre provvisto di trama e intrecci sufficienti ad intrattenere o far
riflettere lo spettatore, benché in
esso si percepisca una certa macchinosità nel presentare gli eventi.
Parliamo qui di film "noiosi" nel
senso assoluto del termine, ovvero
film che uniscono alla lentezza
anche una povertà di trama, o
quantomeno un contenuto insufficiente a giustificare la durata e la
forma dell'esposizione. Ci sono
registi che grazie a questo stile,
crediamo, sono diventati veri miti,
uno su tutti Francis Ford Coppola:
pur scegliendo temi facili da trattare in quanto accattivanti e ricchi
di spunti in sé come Vietnam,
mafia o Dracula è sempre riuscito a
partorire film di una noia mortale,
che a stento si riescono a non
interrompere o almeno intervallare con cinque o sei snack, sigarette, birre, o per chi lo gradisce qualcosa di più forte. Fra gli altri esempi di film noiosissimi diventati leggenda non si può dimenticare Taxi
Driver, questo soprattutto in quanto privo di senso, un film in cui non
succede assolutamente nulla per
un'ora e mezzo finchè uno svitato
decide di uccidere un magnaccia
anziché un senatore come aveva
prima fatto intuire. Eppure un
grande regista come Scorsese
gode di maggior fama per un film
del genere che per capolavori
come "Casinò" di cui ben poco si
sente parlare.
In tempi più recenti abbiamo
attraversato invece la mitizzazione
del pesantissimo "Vi presento Joe
Black" con un Brad Pitt semifossile
e una trama sì sufficiente, ma che
di certo non vale le due ore di
silenzi, amore strappalacrime da
film di Scamarcio, e battute pronunciate con intervalli di sei minuti. A conferma della proporzionalità tra noia generata e gradimento del film, talvolta ci soccorrono
persino i premi Oscar, se pensiamo
che il film più premiato della storia
è "Il signore degli Anelli", ascrivibile ahimè alla categoria "supernoia plus" dato il rapporto fra
durata della trilogia e numero di
eventi significativi in essa narrati:
insomma, nove ore per un film che
si poteva fare con tre.
Insidiosa anche la fama che si sta
costruendo il recente Babel, tanto
da farci temere che, grazie anche
alla presenza del solito inespressivo Brad Pitt, potrebbe col tempo
raggiungere livelli di osannamento pari a Joe Black. Anche qui un
film lento, ma anche incoerente,
poco chiaro, nonchè scopiazzato
da "Crash" e pure male (oltre
ovviamente che essere una ripetizione dell'espediente narrativo di
"21 grammi"). Insomma, è semplice notare come tra i film più famo-
si e venduti al botteghino, l'ingrediente noia abbia negli anni sortito grandi risultati, e questo senza
considerare poi il cinema alternativo dei Fassbinder o dei nuovi
guru alla Von Trier, guru della
retorica più che della sostanza,
che volentieri lasciamo agli intellettuali amanti del cinema realista
o esistenzialista che sia, termini
sotto i quali si nasconde poi spesso il solito vuoto e la noia, o per
essere esistenzialisti anche noi, "la
nausèe".
In conclusione, a fronte della
correlazione
noia-gradimento
cinematografico, è possibile trovare due elementi di spiegazione del
fenomeno. Il primo è la soglia
attentiva ed intellettuale dello
spettatore medio: il film lento
consente cadute dell'attenzione,
molto comuni nella maggioranza
delle persone, senza che comportino problemi di non comprensione, e queste viceversa rendono più
sopportabile lo scorrimento lento;
i film con trame chiare ma articolate, ritmo elevato, molti flashback ed espedienti narrativi spazio-temporali vengono poco
apprezzati in quanto spesso non
pienamente compresi, così come
spesso capita con le persone che
parlano più rapidamente della
media.
La seconda ragione fa riferimento ad una dimensione più emotiva, e si può spiegare attraverso il
"principio della dissonanza cognitiva" di Leon Festinger, secondo
cui "un individuo che possiede
due idee o comportamenti che
sono tra loro coerenti, si trova in
una situazione emotiva soddisfacente; al contrario, si verrà a trovare in imbarazzo se le due rappresentazioni sono tra loro opposte. Questa incoerenza produce
una dissonanza cognitiva, che l'individuo cerca di eliminare o ridurre a causa del disagio psicologico".
In questo caso la noia del film
dovrebbe spingere l'individuo ad
uscire dal cinema o spegnere il lettore dvd, ma siccome questo spesso non accade per varie ragioni,
dal bisogno di completezza (ultimare un percorso intrapreso), al
denaro speso per il biglietto o altri
motivi, l'individuo recupera la
consonanza con una valutazione
finale positiva del film, adducendo
motivazioni postume che giustifichino la qualità di un opera che in
realtà gli ha dispensato due ore di
pura noia e disagio.
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
27
> Primo Piano
ANCHE I BAMBINI
STUDIANO LA
SCIENZA DELLA LUCE
Uno straordinario progetto del “Centro Internazionale Malaguzzi”. Attivare il pensiero attraverso la curiosità
Luce
Ma cos’è la luce? Dov’è la
luce? La luce esiste senza le
cose? E queste esistono senza
la luce? Gli arcobaleni sono
tutti uguali? La luce è ovunque, ma per vederla e conoscerla come è veramente, bisogna accenderla nella mente.
Come si fa ad accenderla nella
mente?
Queste
domande
accendono un problema conoscitivo e metodologico alle
Scienze e alla Psicopedagogia.
Bisogna esplorare, fantasticare, ipotizzare, provare, confrontarsi, inventare procedimenti e strumenti adatti.
Occorrono diverse professionalità, perché la ricerca è
interdisciplinare. Ci sono, per
questo, incontri di Gruppo differenti che permettono di
avvicinarsi ad alcuni fenomeni
e leggi della natura con
approcci personali di diversi
specialisti. Punto chiave di
partenza è l’idea di attivare il
pensiero attraverso la curiosità. Si scopriranno così le qualità della luce e la loro grammatica. Alla Fisica, scelta come
prospettiva disciplinare prevalente, è affidato il ruolo di
struttura aggregante i concetti, le argomentazioni, i linguaggi delle altre discipline.
di Sergio Masini
A l “Centro Internazionale
Malaguzzi”, in via Bligny1/A (
R.E ) è in corso un’ ambiziosa
ed eccezionale ricerca di sperimentazione ed immersione in
ambienti dove la”Luce” è vissuta nelle sue diverse forme
percettive, emozionali e razionali. Dove la luce viene indagata con l’auspicio di riuscire a
provocare meraviglia, curiosità, esplorazione, approfondimenti,
creatività,
nuovi
apprendimenti.
Questo luogo è il progetto
RAGGIO DI LUCE.
Qui viene proposta un’ esperienza unica a bambini, ragazzi, genitori, insegnanti, per
l’innovazione formativa e l’apertura a nuove didattiche
della Scienza. Tutto questo si
fonda sulla filosofia e l’esperienza pedagogica dei Nidi e
delle Scuole dell’infanzia del
Comune di Reggio ispirate ai
principii dei bambini e dei
ragazzi”potenzialmente
competenti” e sul riconoscimento dei”cento linguaggi” che appartengono, sin
dalla nascita, come” dotazione personale” a tutti gli
esseri umani.
E’ il pensiero fondante di
Loris Malaguzzi.
Così è spiegato nella presentazione del progetto
RAGGIO DI LUCE che funziona da circa quattro anni
ed è stato presentato nel
2005 e 2006 al Festival delle
Scienze di Genova, dove
riscosse un successo tale da
provocare” inviti “in tante
altre Città e Nazioni, per la
sua originalità e soprattutto novità scientifica e psicopedagogica.
28
STAMPA REGGIANA
Per questo c’è l’illustre collaborazione del prof. Olmes Bisi,
ordinario di Fisica Generale
all’Università di Reggio e
Modena,Facoltà di Ingegneria,
sede di Reggio Emilia.
Illuminatòri
Per la ricerca sono stati inventati ambienti speciali, salette
accoglienti e ben attrezzate
denominate Illuminatòri (laboratori di illuminazione).
Qui si offrono ai bambini,
ragazzi e adulti : materiali,
strumenti, percorsi, situazioni
per “provare”, toccare, accendere, spegnere, aprire, coprire, ombre e luci combinate,
entrate e uscite dal buio, luci
naturali e artificiali, eventi
differenti e lampade diverse
per forme e colori per “ cercare e reagire”, per “ capire e
modificare”, per vedere cosa
succede, per montare e smontare, individualmente o in
gruppo. E mentre tutto questo
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
avviene in contesti e situazioni
speciali, dove il pensiero si sviluppa c’è chi osserva e nota,
l’atelierista
accompagna,
vede, ascolta, aiuta su domanda e favorisce modi espressivi
di sinergie tra linguaggi differenti: parola, disegno, colore,
simbolo, numero, forma geometrica, altri segni convenzionali o di fantasia. Insomma è
la prima volta che si mettono i
bambini nelle condizioni di
ricercatori della Scienza della
luce.
E siamo davanti ad un
approccio conoscitivo e formativo assolutamente diverso da
quello tradizionale che, intanto omette le Scienze nelle
didattiche e, se le mette, lo fa
nozionisticamente.
Qui immaginazione, rigorosità, sperimentazione, creatività, espressività si intrecciano
Primo Piano >
e completano per la conoscenza e la formazione.
E non solo dei bambini poiché RAGGIo di LUCE è aperto
anche ad adulti, prima di
tutto genitori ed insegnanti,
che arricchiscono le loro personalità e le loro professionalità, nonché le loro conoscenze scientifiche.
Apprendimenti e Modifiche
E’ chiaro che tra prove,
manipolazioni, stupori, riflessioni, espressioni nei vari linguaggi si arriverà ad imparare, come scoperte personali,
le proprietà e le regole della
luce ben definite dalla Fisica.
Si arriveranno a scoprire e
capire le definizioni come
scomposizione,
riflessione,
rifrazione, diffrazione, luce
invisibile (raggi infrarossi)
conoscendo i fatti reali derivati dalla precisa esperienza
negli Illuminatòri che sono
fortemente focalizzati su
alcuni concetti.
Ma questi possono tornare
a proporsi in modo differente
per consentire ai bambini di
trovare accessi e percorsi
diversi al medesimo problema. I risultati della ricerca in
corso sono positivi.
E’ da dire, in fine, che l’attuale percorso didattico non è
ripetitivo, anzi è sempre in
evoluzione, modificabile a
seguito delle verifiche effettuate sul campo e delle sollecitazioni di indagini e riflessioni- proposte svolte dal
Centro Malaguzzi e in diverse
scuole locali, nazionali e
internazionali che scelgono di
provare il metodo RAGGIO DI
LUCE, brevetto Reggio Emilia.
A colloquio con il Prof. Olmes Bisi
Professore, Lei è un importante docente dell'Università di
Modena e Reggio. A Reggio insegna Fisica generale agli studenti
di ingegneria. Adesso Lei collabora anche con l'Istituto
Internazionale "Loris Malaguzzi"
per progetti che riguardano la
formazione di bambini e ragazzi
mediante ricerche sulla scienza.
Come mai?
Collaboro al progetto Raggio di
Luce da circa 6 mesi. E' una iniziativa
che ha creato, a mio parere, un bellissimo ponte tra il mio ambiente
universitario, la ricerca in Fisica e il
mondo dei bambini, che imparo ad
apprezzare sempre di più.
Mi dà un suo giudizio
sull'Istituto Malaguzzi e il Reggio
Children?
Questo Centro Internazionale è
un tesoro. Bisogna esserne consapevoli, perchè i tesori possono produrre tante cose belle, ma possono
anche sparire, dissiparsi. Il tesoro è
l'ottima idea di investire in progetti
pesanti che guardano lontano.
Qui al Centro siamo nella
"innovazione", nella ricerca che
conta anche per il futuro?
Certamente. E' importante investire in imprese culturali, è l'unico vero
modo di "innovare". E noi siamo
competitivi perchè abbiamo buoni
cervelli, sopratutto quelli dei bimbi.
Questa ricerca quali connotati
ha?
Vorrei dare il mio contributo da
Fisico. Da dove nasce l'innovazione,
la novità capace di cambiare gli scenari? Nasce dalla cultura della ricerca
pura, senza scopi applicativi, quella
che di solito dicono "inutile", ma
che, invece, è utilissima. Qui ci siamo,
ci intendiamo bene.
L'investimento su Raggio di
Luce come è?
Io, come Fisico, lavoro anche sulla
"luce". Vorrei rivedere alcune delle
mie affermazioni ripercorrendo "la
storia della luce". Il contributo di
assoluto rilievo nella comprensione
della luce è di Einstein, che ha rivoluzionato il nostro modo di concepire
la realtà. Ci insegnò pure, con le sue
ricerche, che anche nelle scienze più
esatte non è possibile introdurre
idee veramente nuove senza, qualche volta, assumere un rischio: quello di non riuscire. Ecco perchè bisogna investire in progetti pesanti, che
guardano lontano. L'investimento in
Raggio di Luce è buono.
Il metodo di ricerca sperimentale che avete adottato è in linea
con i percorsi attuali, nel campo
Fisico?
E' il metodo scientifico. Quello di
Galileo. Quello che conta veramente.
Che io considero la prima rivoluzione
democratica. Di questo metodo esiste un solo indiscusso giudice, la
realtà. Qualunque autorità si deve
inchinare di fronte ai risultati di un
serio esperimento.
Quelle nel Centro e questa
particolare Raggio di Luce sono
dunque esperienze importanti e
anche produttive?
Nuove idee, cultura di qualità.
Nuove visioni del mondo generano
tantissime applicazioni, innovazioni
radicali e profonde, non cercate, ma
emerse naturalmente dal libero pensiero. Le risposte di qualità sono
quelle che soddisfano le domande di
fondo, senza alcuna pretesa di essere utili subito. Sapere pensare liberamente è strategico per il futuro. Non
solo per la democrazia, ma per l'economia e lo sviluppo. Anche perchè,
ripeto, noi abbiamo bambini e giovani di bellissimo cervello, sicuramente competitivo. E' giusto dunque investire in imprese culturali di
grande respiro. Come questa, del
Centro Malaguzzi, che affronta
anche, con il laboratorio Raggio di
Luce, una ricerca che mi interessa
molto, come uomo e scienziato.
Perchè corrisponde molto ai miei
AUTORIZZATO
principi che sono quelli che ho fin qui
cercato di chiarire, sinteticamente e
semplicemente. Per questo collaboro
volentieri, nel lavoro di gruppo interdisciplinare c'è scambio, imparo e dò
il mio contributo specifico, con impegno, spero utile.
L'autonomia di questo progetto Raggio di Luce la convince?
Mi piace perchè si affida alla interdisciplinarità. Mi piace perchè ci svela
la creatività dei bambini e ragazzi,
che dà loro gioia. Le "scoperte" che
nascono dall'incontro dei bambini
con le molteplici esperienze della
luce, ci danno informazioni preziose
sui loro cervelli, le loro modalità di
approccio conoscitivo. Lo smontare
le cose, le manualità, le prove e
riprove, gli stupori, le meraviglie, le
emozioni, le riflessioni, le espressioni
coi diversi linguaggi sono dati di
scienza per noi che operiamo per e
nel progetto. E al seguito, ci sollecitano a inventare anche ambienti,
attrezzi e strumenti nuovi come gli
illuminatori, che stimolano e formano l'intelligenza, che è la velocità del
cervello a produrre.
E' giusto allargare a tante
scuole, a tanti insegnanti e a
tanti genitori di tanti Paesi, la
ricerca Raggio di Luce, come si
sta facendo a Reggio?
Sicuramente: più si allarga la platea della ricerca, più dati avremo, più
formazione faremo, coinvolgendo
ed includendo più attori. Mi piace
davvero ed è un bene. Con tutto il
resto del mio lavoro, anche questa
mia collaboraziobe mi fa alzare presto al mattino, proprio come i bambini che ad ogni giorno sentono la
gioia di cercare e di fare. Questo è
molto bello.
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
29
> Architettura
UNA IDEA REGGIANA
CONQUISTA VENEZIA
Tre giovani architetti si aggiudicano
il secondo premio del concorso “Vela”
Venezia 14 settembre. "Una
proposta moderna ma garbata
che si inserisce con semplicità in
un contesto difficile e delicato
come quello veneziano" Cosi l'
Architetto Giuseppe Roma, presidente della commissione giudicatrice, ha presentato il progetto
reggiano che si è aggiudicato il 2°
premio del concorso internazionale d'idee per la progettazione
delle biglietterie e degli imbarcaderi del trasporto pubblico lagunare a Venezia.
Il concorso bandito da Vela
(società che gestisce le biglietterie) in collaborazione con Actv e
Comune di Venezia ha riscosso un
notevole interresse, oltre 100 i
30
STAMPA REGGIANA
gruppi iscritti, per l'attualità del
tema che mette in evidenza la
volontà della città lagunare di rinnovarsi e di superare il fascino
decadente delle attuali strutture
spesso fatiscenti ed inadeguate
alle esigenze dei cittadini e dei
turisti.
I tre gruppi vincitori sono stati
premiati a Cà Farsetti dal Sindaco
di Venezia Massimo Cacciari che
ha elogiato la qualità dei lavori e
le idee innovative dei progetti.
Ad aggiudicarsi il 1° premio è
stato il gruppo VARIA capitanato
dall' Arch. Chiara Remorini.
Al secondo posto il gruppo reggiano MALLL, capitanato dallo
STUDIO M2R atelier d'architettura
Ing. Luca Medici, Ing. Luca Monti,
Arch. Lorenzo Rapisarda in collaborazione con Arch. Alberto
Marzi, Arch. Monica Cavalletti e
Arch. Francesco Pergetti.
Al terzo posto il gruppo
FMMVV guidato da dall'Arch.
Francesca Basaldella.
Durante la presentazione dei
progetti vincitori sono state elencate alcune delle prossime novità
del servizio di trasporto lagunare
come la modifica delle modalità di
pagamento della corsa, l'incremento del sistema informativo
sugli approdi e futuri servizi differenziati per i possessori di abbonamento a Carta Venezia.
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Corsie differenziate di accesso ai
pontili principali per gli abbonati
di Carta Venezia ed una corsa in
più sulla linea uno lungo il Canal
Grande, dedicata ai residenti,
secondo il sindaco Cacciari,
dovrebbero essere disponibili già
per Carnevale.
Massimo Cacciari ha anche
riscosso l'applauso ponendo in
evidenza una delle domande
maggiormente diffuse tra gli
utenti: "come mai i numeri delle
linee sono così complicati?" La
preghiera del sindaco e dei cittadini è quella che venga utilizzata
una numerazione più semplice:
uno, due, tre, quattro…..
Migliorare le informazioni,
separare i flussi e avanzare i servizi per i residenti questi sono i tre
obbiettivi a cui il sindaco Cacciari
e l'amministrazione della città
Lagunare vogliono dare risposte
nei prossimi mesi per cercare di
migliorare il sistema del trasporto
pubblico di Venezia.
Durante la premiazione lo STUDIO M2R ha presentato il progetto vincitore che ha suscitato notevole interesse tra i presenti e
riscosso un generale apprezzamento per la qualità delle idee e
soluzioni proposte.
Il progetto di un sistema di
punti di transito per milioni di
Architettura >
persone è un progetto che ha a
che fare con la struttura dello spazio aperto: gli spazi della comunicazione, informazione, transito,
non hanno bisogno di una forma
esterna "finita" ma di infinite
forme interne, sono attività transitorie che non hanno bisogno di
"architettura" perché fanno parte
di un unico grande spazio pubblico , Venezia; partendo da questa
premessa i progettisti reggiani
hanno affrontato il concorso
mostrando una notevole sensibilità rispetto alle problematiche
del contesto veneziano.
La biglietteria è pensata come
un elemento primario, una sorta
di presidio, neutra per forma e
colore, riesce a essere ben distinguibile senza "competere" o contrastare con la ricchezza visiva di
Venezia. Inoltre, la sua semplicità
formale è specchio di quella
costruttiva caratterizzata da un
telaio in ferro rivestito da panelli
in plexiglass opalino.
La biglietteria diventa "una
pagina bianca" per rafforzare la
comunicazione delle informazioni
su di essa applicate Il problema
dei costi è stato trasformato in
virtù del progetto, ovvero dal
modulo biglietteria nascono, per
successive aggregazioni, tutti gli
spazi di progetto: bar, servizi pubblici, punti vendita-info.
L'imbarcadero è ripensato
razionalizzado l'uso degli spazi
interni ed è caratterrizzato da una
struttura autoportante in ferro
rivestita da un tessuto metallico
montato su binari scorrevoli e
garantisce, grazie al tessuto
metallico, la massima visibilità, sia
del movimento traghetti, sia della
fascia informativa superiore, permettendo l'orientamento dei flussi in entrata e uscita. Gli imbarcaderi possono essere chiusi e protetti fisicamente con questa sorta
di "tessuto-serranda. Mentre la
Lo “STUDIO M2R atelier d’architettura” nasce a Reggio
Emilia nel 2005 dall’associazione professionale di Luca Medici,
Luca
Monti
e
Lorenzo
Rapisarda.
Accumunati da un interesse
comune nell’ambito dell’architettura, attraverso percorsi di
biglietteria è elemento solido
astratto, l'imbarcadero è in tutto
e per tutto un diaframma terraacqua, una vibrazione del paesag-
ricerca personali, approdano ad
un linguaggio progettuale
comune e coerente che si manifesta e sviluppa all’interno dello
studio M2R atelier d’architettura. Ambito dell’attività dello
studio è la progettazione a 360°
nei campi dell’architettura, dell’urbanistica, del landscape, delgio, un punto di continuità tra
acqua e terra: un "palco" immerso
in Venezia.
Data la buona qualità delle proposte, in autunno i progetti verranno presentati alla cittadinanza
con una mostra e il tema sarà
discusso con un grande convegno
internazionale.
Franco Ciuffa
l’interior design, della grafica e
dell’industrial design.
Lo studio gestisce integralmente il processo di produzione
dell’opera, dalla fase di analisi e
di ideazione alla consegna finale, avvalendosi della collaborazione di partners qualificati
nelle discipline complementari.
Le foto nella pagina a sx: in
alto un immagine del progetto
2° classificato. In basso, il sindaco Massimo Cacciari durante
la premiazione e i progettisti
reggiani durante la premizione
da sx Francesco Pergetti, Luca
Monti, Lorenzo Rapisarda,
Alberto
Marzi,
Monica
Cavalletti, Luca Medici.
Nelle foto in basso di questa
pagina il concept del progetto
biglietteria e concept del progetto imbarcadero.
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Arte e Cultura >
LE ACQUEFORTI DI VAINER MARCONI
pagine a cura
di Gaetano Montanari
V
ainer Marconi è nato a Villa
Seta di Cadelbosco Sopra nel 1949.
Ha frequentato l'Istituto Statale
d'Arte Gaetano Chierici di Reggio
Emilia, diplomandosi nel 1969.
Frequenta, quindi, per due quadrienni, l'accademia di Belle Arti di
Bologna; in un primo tempo il
corso di pittura e incisione con gli
insegnanti Mandelli, Mascalchi e
Manaresi, poi, quello di scultura
con Ghermandi. Apprese cosi' tutte
le tecniche della pittura e della
scultura e s'impadroni' di tutti gli
elementi dell'acquaforte, attraverso le sue espressioni piu' variamente oggettive. Imparo', dunque, il
difficile mestiere dell'incisore. Quel
duro mestiere che, purtroppo,
molti artisti, anche fra i maggiori e
i piu' noti, conoscono superficialmente, o, addirittura, tengono in
scarsa considerazione. Un tracciato,
che, nella sua estrosa volubilita',
caratterizza piu' volte le acqueforti
di Vainer Marconi e le colloca in
una situazione parecchio differente
di quella dove si muove una buona
parte dei nostri incisori degli ultimi
decenni. Marconi, nell'insieme, si
trova nel suo vero elemento, in
quanto, la semplice matrice, grazie
ad una serie di insoliti accorgimenti tecnici, pur destinata ad una molteplice replica, diventa "pezzo
unico", al punto da consentire ad
un percorso d'arte visuale, molto
spesso trascurato dai più, di rivelarsi un piccolo capolavoro. L'artista
che ha iniziato ad esporre nel 1973,
da allora ha partecipato a numerose collettive e personali. Si calcola
che nella sua carriera d'incisore,
abbia, sino ad oggi, realizzato circa
cinquecento lastre. Sue opere sono
presenti, in buon numero, presso
importanti collezioni pubbliche e
private. Nel 1991 ha fatto dono di
un cospicuo lotto delle sue stampe,
alla biblioteca Panizzi, per contri-
con un ritmo delicato e penetrante,
fantasia e realta', sogno e vero.
A nessun addetto ai lavori sara'
sicuramente sfuggito il valore delle
opere di Vainer Marconi, non solo
per la indiscussa perizia tecnica,
ma, anche e soprattutto per le doti
artistiche che le contraddistingue.
A conforto e a convalida di quanto
andiamo scrivendo, è giunto il
momento di ricordare alcune autorevolissime "firme" che ne hanno
apprezzato le notevoli capacita'
professionali. Da colonne di giornali, nonche' da pagine di riviste specializzate, ricaviamo una serie di
adeguati
riconoscimenti.
Personaggi illustri e altamente
significativi come: Bellini,
De
buire al costituendo Gabinetto
delle Stampe. E, nel 1995, il
Comune di Reggio Emilia, gli ha
dedicato una importante mostra
personale. Il mondo incantato dell'infanzia, trova, nella finezza del
segno di Marconi, la sua piu' alta
rivelazione, riuscendo, a fondere,
Micheli,
Gianolio,
Manfredi,
Rabotti, Seveso, Silvi, Ulisse e Filini,
hanno provveduto ad illuminare di
sufficiente luce l'attività acquafortistica del nostro artista. L'arte dell'incisione, nonostante le difficolta'
e le incertezze, si avvia, anche nella
nostra Reggio, a trovare, grazie ad
FRANCO FERRARINI
VECCHI PARROCI DI PAESE
E
fficace
narratore,
Franco
Ferrarini approfitta degli eventi che e'
andato via via raccogliendo nel corso
della sua distante giovinezza, per raccontarci, questa volta, storie e fatti di
sacerdoti di paese da lui conosciuti.
Tanti felici spunti , quindi, per un personaggio che scrive cose piacevoli.
Tutto cio' che noi e voi rimpiangiamo
nel colore del passato. I tempi non
sono piu' gli stessi e il cuore del
mondo e' cambiato. Uno scrittore è,
egli, giudice dei suoi simili, o non solamente il fotografo che ne segue le
mosse e ne tramanda, lievemente
abbellite, le immagini? Se in un dato
modo abbiamo visto il nostro tempo
vivere, non vediamo perche' si debba
scrivere altrimenti. Figli d'un secolo
dove la cultura diventa un articolo a
buon mercato, il mestiere di Franco
Ferrarini, un professionista dotato di
una straordinaria sensibilita', emerge
dal modo stesso con il quale ci parla
di don Caminon, al secolo don
Giuseppe Vezzani e della Palmina,
un'esuberante e incontenibile biondona che aveva le mansioni di viceperpetua del parroco (nonchè delle
disinvolte avventure amorose che
intratteneva con lo stagnino del
luogo, cristianamente ammogliato);
la biondona, non il parroco. Scherzi
della sintassi. Poi e' la volta di don
Montruccoli, un vecchio prete di
Rossena, piu' per le sue allegre bevute che per i suoi sconclusionati sermoni; di don Achille, alias don Badil, per
il passato villereccio, parroco di
Selvapiana, il quale, insieme ai parrocchiani, minorenni non esclusi, trovava un divertimento naturale assistere all'accoppiamento tra bovini
che si svolgeva -periodicamente- in
una piazzetta, fuori mano, del paese.
Di don Ibatici; di don Corbezzoli ( un
soprannome che glia vevano affibbiato i parrocchiani), noto per i riti liturgici e per le prediche che teneva sempre in dialetto; di don Castel prevosto
di Cerredolo de' Coppi (un buontempone che amava il vino generoso). A
don Castel subentro', don Brenno. Un
giovane sacerdote in possesso di virtu'
taumaurgiche, tanto da diventare
famoso e acquistare, in breve tempo,
una certa fama per le sue doti di guaritore delle sindromi da ansia e distur-
artisti dal temperamento lirico e
brillante come Vainer Marconi, un
importante centro di valorizzazione. Si ha la sensazione di una ricchezza elargita a profusione, di
una espressivita' potenziata al massimo da una forza intrinseca che
lascia prefigurare un mondo dove
la vocazione estetica non cessa di
esistere.
EDGARDO MARANI. “POESIE”
Sara'
press'a poco superfluo
avvertire che siamo assai lontani
dal voler delineare una storia di
Edgardo Marani (Fabbrico di
Reggio Emilia, 1892-1945), poeta
di autentica vocazione, purtroppo
dimenticato. Qui ci interessa soltanto evidenziare la nobilta' che
egli seppe raggiungere e che ci fa,
del resto, persuasi, circa la bonta'
della sua poesia. Si tratta, in questo caso, come appare nella presentazione, scritta dal figlio
Francesco, nel libro "DA TANTO
NON VEDEVO", delle ultime,
cioe', poesie del padre; una scelta
di 160 componimenti, tra i quali,
quasi duemila, scritti nel breve
arco di sedici mesi, dai primi giorni del 1944 al 20 aprile 1945.
S'intende, cosi', il carattere di
quelle liriche che sono gemme in
cui le lacrime brillano d'una loro
mesta luce: composizioni brevi,
alate, sospese, sussurrate. La visione e' ampia e luminosa. Il sentimento schiettamente umano e
scorrevole. Qui e' tutto liscio, vellutato. E, le voci, delle piu' pure.
E' un canto delicato, sensibilissimo, che sa trarre dalle cose, dagli
affetti, dagli uccelli, dalle stagioni, accenti deliziosi. Edgardo
Marini non desidero' essere troppo colto, seppe, pero', essere
umano: soprattutto coerente.
"vivere vuol dire / qualcosa aspettare/ un bene, un regalo/ un riso,
un amore / un'era migliore/. E un
lungo aspettare / un lungo aspettare. In "DA TANTO NON VEDEVO", prefazione di Giorgio
Bàrberi Squarotti, edito, nel 2002,
da Book Editore, i giuochi della
memoria, nella coscienza del
poeta, provocano una veloce irradiazione, fondendo l'istante vivo
con attimi inabissati, che calamitano con una fonte di energia le
variabili spuntature spirituali e a
loro volta le inondano con inces-
santi
vibrazioni
emotive.
Dilatandone e increspandone le
superfici con cerchi che si allargano fino a disperdersi oltre le possibilita' e gli echi della parola.
Come si vede, si tratta d'una attivita' piuttosto importante e di
tutto rispetto, anche dal punto di
vista qualitativo, ovvero dall'intensita' dell'ispirazione umana e
dallo schietto e originale valore
dell'arte. Colore e poesia si riuniscono in un equilibrio difficilmente raggiungibili. Oltre alle composizioni di carattere descrittivo s'incontrano altre varie immagini,
viste ed espresse, al solito, con
commossa, accorata, suggestiva,
bonaria, malinconica umanita'.
Non potevano mancare i temi dell'amore, della famiglia, della casa,
naturalmente. Nel fatto di non
poter credere, oltre tutto, nel
buio di una notte infinita. Il sipario scendera' sul sole; il breve
miracolo dell'alba dell'umanita'
finira' per sempre, tesoro irrecuperabile, tra le ignote valve di una
conchiglia sepolta in fondo agli
abissi del tempo.
"Respiriamo luce / e poi
ombra".
Non sono assenti influssi pascoliani, ma e' fuor di dubbio ricordare che tutta la poesia moderna
italiana, dopo i fasti della grandiosa retorica del Carducci, venne
fortissimamente influenzata da
Giovanni Pascoli .
A cui, poi, successivamente, si
aggiunse "il modello radicalmente nuovo di Giuseppe Ungaretti”
(dalla introduzione di Alberto
Bertoni a "SONO SOLO", edito nel
1997).
Come ci ricorda Edgardo
Marani, la poesia e' tormento e
ricerca. Ma non solo: e' un'idea
seguita da parole. E' come un'unita' che tutti gli zeri scritti a destra
moltiplicano per dieci.
bi della personalita'. Osteggiato dai
suoi confratelli delle vicine parrocchie
venne, dal vescovo, trasferito in una
borgata dell'alto Appennino. Don
Luigi Ghielmi, l'ultimo di una indimenticabile serie, confidenzialmente
don Getto, carissimo e prezioso amico
di Franco Ferrarini. Sacerdoti semplici
e rudi, quindi, che con il loro dire,
sapevano come arrivare al cuore dei
loro parrocchiani. Pochi scrittori sono
limpidi come Ferarrini, schietti e alla
mano come lui. E' una voce d'altri
tempi. La vera piaga del nostro paese
e nell'abbandante intellettualismo,
che nessuno riesce a frenare, ne', per
la verita', a capire. Alla umanita', in
un lembo di terra, dove sono talenti
quasi tutti coloro che scrivono,
Ferrarini regala un po' di buon umore
e un po' di sogno .
E' davvero il caso di rileggere i suoi
libri "L'era propria un eter mond",
"Massenzatico e' contro il patto
atlantico", "Ettarangiarè". Chi conosce la prosa sorridente di Ferrarini, il
garbo dell'ironia che molto spesso
trascolora in un'atmosfera patetica,
non potra' far a meno di leggere questo recentissimo opuscolo, nel quale,
l'Autore, ci ripropone, a tutto tondo,
la storia di vecchi parroci di paese, fissati, ciascuno, nella loro umile ma
intensa verita' umana.
STAMPA REGGIANA
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
33
STAMPA REGGIANA
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anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
Arte e Cultura >
FABRIZIO FONTANA
NICOLAS BOUVIER
PRESENTE E PASSATO
Nato a Reggio Emilia, nel 1944,
dove vive e lavora, ha studiato pittura nell'atelier di Mario Venturelli,
poi si e' diplomato, a pieni voti,
all'Accademia di Belle Arti di
Bologna. La sua formazione artistica
ha avuto inizio nel 1963, fianco a
fianco con il pittore Remo
Tamagnini, allievo di Ottorino
Davoli. Ha insegnato presso l'Istituto
Statale d'Arte Gaetano Chierici e,
fino a qualche tempo fa, ha diretto
la sezione di disegno della Scuola di
Scultura su pietra gestita dal
Comune di Canossa, oltre a tenere
corsi tecnico pratici di arti espressive
all'Universita' dell'eta' libera.
Sarebbe impossibile, in questa sede,
dare un adeguato resoconto della
sua carriera artistica. Dovremo,
quindi, stilare un breve sommario,
giusto per orientare il lettore sul suo
curriculum professionale. La lettura
dei dipinti di Fabrizio Fontana e' tuttora in linea con quella in precedenza formulata dal noto critico d'arte
Alfredo Gianolio, il quale non ha
nessun dubbio circa la validita' estetica di questa produzione pittorica.
Ma, prima di proseguire con la
nostra indagine, ci teniamo a ricordare alcune importanti esposizioni
alle quali Fabrizio Fontana si e' fatto
onore, dal 1970 al 2004. II° Premio
Citta' di Sabbioneta; 1971. Biennale
di Pittura San Leo ( Medaglia d'oro);
1973. Prima Biennale Arti Figurative
Venezia ( A.M.N.I.L.); 1974. V
Rassegna arti figurative Torimo (
A.M.N.I.L.); 1977. Premio Concorso
per il Manifesto ( A.M.N.I.L.); 1979.
Mostra Personale Galleria Arpi.
Foggia. 1984. Mostra Personale
Palazzo Capitano del Popolo.
Reggio Emilia. 1996. Realizzazione
di due opere d'arte sacra commissionate dalla Chiesa di S. Pio X; 1999.
Esposizione presso il Circolo Bipop
Carire: 2003. Casalgrande (RE).
Rassegna pittorica "Dalla volta del
cielo - uno sguardo sulla Terra",
patrocinata da quel Comune. Della
sua pittura si sono occupati vari quotidiani come "Il Resto del Carlino",
"La Gazzetta di Mantova",
"L'Unita'", "Il Giornale", "Ultime
pida sensibilita' emotiva, sempre
viva e brillante. Pur mantenendosi
fedele a questo suo linguaggio,
frutto di una scelta consapevole e
personalissima, e' andato via via
arricchendo la propria tematica. E i
risultati, infatti non si sono dimostrati avari di successi. Fabrizio
Fontana ha una vena veramente
vivace, adorna di una sciettezza che
lo porta a momenti di poesia espres-
Notizie" e la "Gazzetta di Reggio".
Di lui hanno scritto Cesare Govi,
Ludovico Parenti, Mauro Romoli,
Marina Incerti, Alfredo Gianolio,
Ulisse Gilioli, Salvatore Minneo,
Emanuele Filini, M. Tassi…..
Tra gli artisti del pennello, a livello locale, Fabrizio Fontana si distingue ormai da tempo, oltre che per il
suo invidiabile palmares, per un suo
inconfondibile linguaggio, materiato di salde strutturazioni coloristiche
e continuamente animate da lievi
modulazioni, con cui enuclea quegli
aspetti di una realta' intravista ed
immaginata, riproponendoli attraverso il personale filtro della sua tre-
si con grande sincerita'. I suoi paesaggi ampi, distesi, carichi di luce e
di umori, sprigionano sereni incanti.
E la natura si libra subito nei suoi
lavori come un seguito di ondate
liriche che investono lo spazio compositivo e scatenano in esso i loro
ritmi. E' un artista, insomma, che sa
imporre al senso elementare dei
suoi sentimenti, una certa forza plastica. I paesaggi, come gli altri elaborati che verranno in seguito, e
come la maniera di concepire l'arte,
sono i momenti felici di una volonta'
in cui vibra e si tende verso il suo
irraggiungibile infinito la vocazione
di Fabrizio Fontana.
DIARIO DELLE ISOLE ARAN
L'avventura,
ossia l'imprevisto
moltiplicato per se stesso e poi moltiplicato ancora, l'imprevisto al
quadrato, l'imprevisto al cubo, per
esprimerci velocemente, giustifica
ad oltranza imprese come quella
vissuta dallo scrittore svizzero
Nicolas Bouvier. L'immagine di
un'Asia tersa della "Croniques
Japonaises" o quella descritta
nell"Usage du monde" (quattro
passi in Topolino da Ginevra al mitico Khybar Pass!"), rielaborata
sapientemente dalla mano d'artista
dell'autore, offre, all'esterrefatto
lettore, una nuova "etica del viaggiare". E' una necessita' piu' sublime quella che accende in uomini
come Bouvier, Bruce Chatwin e
Ambrogio Borsani, la fiamma della
loro fede per affrancarsi dalla tirannide della quotidianità, chiedendo
direttamente alla natura, ancorche'
primitiva e selvaggia, le sue energie
ed essere piu' vicini al mondo di
tutti e di nessuno, abbeverandosi di
solitudine e di sogni. Un reportage
fotografico, nell'arcipelago irlandese di Aran, per conto di una nota
rivista, è all'origine di questo breve
racconto. Nicolas Bouvier e' stato
un narratore incisivo, vivido e di
inesauribile freschezza, stupefacente fotografo di paesaggi e di situazioni spesso curiose. Ne e' una stimolante testimonianza questo
viaggio dove si trova a tu per tu
con un territorio remoto, gente
lontana, in un atmosfera primordiale, poiche' egli si trasfigurava
viaggiando e trasfigurava nel proprio stile tutto cio' che passava a
portata del suo spirito e del suo
sguardo. Gli occhi di Bouvier avevano in se molto spazio, come gli
occhi di quelli che hanno viaggiato
per miglia e miglia malati di lontananza. A pochi anni dalla sua
morte, un pubblico folto e compat-
STAMPA REGGIANA
>
to di diversi paesi, ha portato il
nome di Bouvier ad un'ampia e
buona fama letteraria e, in virtu'
delle avventure descritte , alcune
delle sue opere sono state considerate dei classici per le loro personalissime cronache di viaggio. E la
medesima espansione della sua
fama non esplose dalla subitanea
rivelazione di un opera fino allora
misconosciuta, bensi' per una semplice e costante dilatazione di affetto per un'opera gia' adeguatamente valutata, quando egli era ancora
vivo, in una ristretta cerchia di spiriti affini.
Era fra quegli ardimentosi che
aspettano la vita, mentre la vita
passa, e smarriscono un po' d'anima, giorno dopo giorno, tra la polvere delle infinite strade. L'editore,
che e' uno dei piu' colti e severi, ci
tiene a sottolineare che "la scrittura di Bouvier passa dal racconto
delle piccole cose, osservate con
sguardo da poeta-filosofo, a sintesi
di fatti storici e attuali annodati sul
filo dei sensi, della memoria, della
visione". Isole, dunque, dove non
esistono grandi differenze sociali e
non v'e' traccia della poverta' d'un
tempo, anche se alcune famiglie
sono piu' facoltose di altre, non vi
sono nuovi ricchi o poveri vergognosi. La gente di Aran e' orgogliosa della propria isola. Bouvier ha
provato a raccontarci la vita di
uomini e di donne che mangiano,
bevono birra, lavorano, ma non si
occupano di politica. Il denaro?
Non e' tutto. Ovviamente ha la sua
importanza; ma i prezzi non sono
gonfiati. E' un libro che si auto
divora.
Bouvier Nicolas. Diario delle isole
Aran. Carte di viaggio.
Introduzione e note di Maria Teresa
Giaveri. Traduzione a cura di Barbara
Anzivino. Reggio E. , Edizioni Diabasis,
2006, pp 68. Collana : Al Buon Corsiero.
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
35
> Sport
BASKET: FINITI I RICORSI ORA SI GIOCA
I ritorni di Alvin Young e Franco Marcelletti le principali novità della nuova stagione
di Adelmo Tagliavini
Con una certa dose di amarezza per l'amara chiusura dei ricorsi
sulla nota vicenda Lorbek, la
nuova Pallacanestro Reggiana targata Trenkwalder è pronta ai
nastri di partenza per una stagione di Lega due. Un campionato
che stride e che sta stretto con le
ambizioni di una piazza come la
nostra assetata di basket, abituata
alle grande sfide con le capitali
del basket italiano. Quest'anno
invece bisognerà abituarsi ad
avversari meno altisonanti. I tutti
esauriti per le sfide alle big di
Basket City quali Virtus e
Fortitudo, alla Siena dell'ex Mc
Intyre, alla Benetton Treviso
all'ambiziosa Lottomatica del presidente Toti, sarà necessario metterli nel cassetto dei ricordi. Le
gare che coinvolgono queste formazioni bisognerà ammirarle su
Sky Sport, la Lega due andrà sugli
schermi di Raisatsport. Il ridimensionamento è generale. Per una
squadra con la tradizione consolidata come la società di via Martiri
della Bettola, la realtà porta alle
sfide con Fabriano, Ferrara,
Sassari, Novara, con tutto il rispetto parlando di queste società.
Nella Lega due le gare di basket
36
STAMPA REGGIANA
>
dei fuoriclasse e dei numeri ad
alto effetto, lasciano lo spazio
all'agonismo. Cala lo spettacolo,
calano il numero degli extracomunitari, idem dei comunitari e
dei passaportati. Il secondo campionato italiano è solito mettere
in evidenza il valore dei giocatori
italiani che nel corso degli anni a
venire, diventano stelle di prima
grandezza nel gradino superiore.
Reggio riparte in panchina con un
tecnico navigato come Franco
Martelletti. Un allenatore abituato a lavorare con i giovani che in
pochi anni fanno il balzo. Non
bisognerà creargli fretta ma il
materiale su cui lavorare non gli
manca. Giocatori come Melli e
Verri, potranno già mettere in evidenza il loro valore nel corso di
questa stagione ma è certo che su
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
di loro, il discorso andrà impostato in un'ottica a più ampio raggio.
Sul talento del ragazzo "made in
Reggio", sono già in tanti a scommettere sul suo futuro approccio
al Draft Nba. Aggiungiamo
Avanzini, un ragazzo sulle cui
qualità il tecnico casertano crede
ad occhi chiusi. La linea baby
anche se vero baby in realtà non
è, annovera anche Pugi, giocatore
che ha già calcato i parquets della
serie maggiore; se la sua carriera
ha subito una frenata, questo è
dovuto ai problemi alla schiena
che lo hanno più volte costretto a
fermarsi. Tra i ritorni alla base,
importante quello di Luca Infante,
giocatore che potrà ricoprire un
ruolo di spicco all'interno del
gruppo e che per la prima volta in
carriera, partirà come titolare ina-
movibile. Gli stimoli per una stagione di alta intensità non gli
mancano. Altro ritorno è quello di
Stefano Maioli, giocatore cresciu-
to ai tempi dell'ultima cavalcata di
Lega due targata Frates, poi partito per altre destinazioni, prima di
un serio infortunio al ginocchio,
che ne ha rallentato l'ascesa. Il
rientro alla base potrà di nuovo
portarlo ad essere un giocatore
di sicuro affidamento. L'uomo
di spicco della campagna trasferimenti della società, è rappresentato dal "come back" di
Alvin Young. Il caro Boogie
aveva crocefisso i colori biancorossi nel corso dell'ultima gara
di stagione regolare con Capo
d'Orlando datata 13 maggio.
Lo ha fatto perché doveva farlo
dato che era a libro paga di
Sindoni, ma il suo cuore come
ha ammesso lui stesso, era da
un'altra parte. A fine gara,
Young ha provato molta amarezza nell'ammirare i ragazzi di
Reggio che lo avevano eletto
Sport >
beniamino, piangere a dirotto per
la retrocessione, ma fa parte di un
atleta professionista, comportarsi
sempre al meglio. Considerato che
nell'estate del trionfo azzurro in
Germania, Young aveva più volte
provato a rientrare tra la sua
gente, ma ogni suo tentativo veniva sempre sbarrato. Nell'ultima
estate la società ha provato a
riportarlo a Reggio e lui ha accettato, ribadendo che le parole
spese in precedenza, non erano
buttate lì per caso, ma erano veri-
tiere. Lo spessore del personaggio
non necessita di ulteriori commenti. Al suo fianco dalla vicina
Ferrara, formerà la coppia yankee
con Paul Marigney, giocatore
reduce da una buona ma non esaltante stagione di Lega due. Al
secondo anno in Italia l'ex estense
avrà la possibilità di far vedere il
suo valore per mettere in evidenza quanto realmente vale. In cabina di regia, la chioccia del gruppo,
l'uomo spogliatoio è Leo Busca,
giocatore non più di primo pelo,
ma ancora in grado di graffiare e
tenere unito un gruppo come la
sua esperienza in tanti anni di
canestri ha mostrato di possedere.
Reduce da una stagione contraddistinta da alti e bassi, Ortner è
partito spedito e le prime gare
amichevoli, hanno messo in evidenza il valore di un giocatore che
l'ultima parte di stagione aveva
un po'oscurato. Big Ben sta parlando con la società per allungare
il suo mandato ma sulle sue tracce, si stanno concentrando le
attenzioni di molti club. Speriamo
che il buon Dalla Salda sappia trovare gli argomenti giusti per convincerlo a rimanere in biancorosso
anche in futuro. Maestrello da
Novara, avrà il compito di non far
calare l'intensità della squadra,
quando sarà chiamato a dare il
cambio ai titolari. Al timone a
tenere unita le fila della società,
resta Stefano Landi; il presidente
degli ultimi successi targati Bipop.
A lui il compito di riportare la
Reggio dei canestri in quel posto
che maggiormente le compete,
nella speranza che la lunga vicenda del palasport, possa terminare
e che a breve possa vedere la luce,
come un'intera città sogna da
tanto, troppo tempo.
Foto nella pagina a sx: in alto il
Presidente Renzo Landi e l’A.D.
Alessandro Dalla Salda. Sotto a sx
Franco Marcelletti, nel mezzo Nicolò
Melli, a destra Patrizio Verri.
Foto di squadra in alto: da sx.
Marcelletti, Ortner, Infante, Pugi,
Ancellotti, Maioli e Melli, l'assistente
Menetti e il preparatore Vercalli. Sotto
Maestrello, Marigney, Busca, Avanzini,
Verry, Young e il fisioterapista Bellelli
CENTRO ASSISTENZA PER COMMERCIANTI ED ARTIGIANI
DELEGAZIONE DI
MONTECCHIO
ASCOMservizi
federimpresa
PROVINCIA DI REGGIO EMILIA s.r.l.
P.zza della Repubblica, 33 - MONTECCHIO E. (RE) • Tel. (0522) 86.65.49/40 - Fax (0522) 86.43.23
STAMPA REGGIANA
>
anno V numero 9 > OTTOBRE 2007
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Nozze internazionali
sulle colline reggiane
il SI di
Mariachiara Roti e Luca Wagner
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Le foto 2-3-4-5-8-11 sono di
Immagine Studio Fotografico (Lodi)
Foto 1: Ingresso nella Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Borzano di Mariachiara con il padre Sergio.
Foto 2: Mariachiara e Luca. Foto 3: una veduta dell’interno della Chiesa. Foto 4: scorcio ingresso della villa di famiglia.
Foto 5: Mariachiara e Luca sul sagrato della Chiesa accolti dal tradizionale lancio del riso. Foto 6: Federica Marziali
Guidi e Mariachiara. Foto 7: Mariachiara con i genitori Brunella e Sergio Roti. Foto 8: Adriana Roti, zia della sposa,
Mariachiara, Mariuccia Lombardini. Foto 9: il taglio della torta nuziale. Foto 10: Giuseppe e Giovanna Zamberletti. Foto
11: Desire Stefanini, Elisa Roti, Meire Nocco (di spalle). Foto 12: Stefano Roti, fratello della sposa, Sergio Roti,
Mariachiara e Luca. Foto 13: gli sposi. Foto 14: Mariacecilia Spallanzani Masini con la sposa. Foto 15: Igor Monducci,
Mariachiara e Rita Monducci. Foto 16: Stefano Roti e Carlo Alberto Ovi. Foto 17: da sx Manuela Maccia, Laura Vitagliano,
Adele Vermiglio, Stefania Poletti, Karen Mc Donald, Roberta Gaeta, Rosa Scappatura, Roberta Dibenedetto, Estela
Munoz (colleghe di Mariachiara di The Bank of NY Bruxelles). Foto 18: Margherita Benedetti. Foto 19: Giuseppe
Corsentino e Manuela Maccia. Foto 20: Mariachiara, Adele Vermiglio, Mariavittoria Rava (pres. NPH). Foto 21: Roseline
Paul (NPH Haiti), Mariavittoria Rava, Marijo Rozycki (NPH Repubblica Domenicana). Foto 22: Adriana Pierelli Direttore
Generale The Bank of New York Mellon in Italia.
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Il saluto di amici e colleghi
al Ten Col. dei Carabinieri
Michele Cozzolino trasferito a Cremona
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Fotoservizio di
Stefano Rossi
Foto 1:da sx Cristina, Filippo e Giancarlo Borghi carissimi amici della
famiglia Cozzolino. Foto 2: Tiziana Sacchetti, Giuseppe Albertini, Cristina
Bolognesi, Lauro Sacchetti, Angelo Davoli. Foto 3: Marco Eboli e Franco
Mazza. Foto 4: Claudio Bassi consegna a Cozzolino una targa ricordo da
parte dell’Unci: da sx i coniugi Pagliaro, Valeria e Michele Cozzolino,
Bassi, i coniugi Nastasia. Foto 5: Cozzolino con Don Franco Ranza. Foto
6: L’imprenditrice Cristina Carbognani Medici e Michele Cozzolino. Foto
7: al centro Consuelo Cozzolino con due amiche. Foto 8: Cozzolino ed il
Questore di Reggio Emilia Gennaro Gallo. Foto 9: Cozzolino e Antonio
Marturano. Foto 10: Ferdinando del Sante e Lauro Sacchetti. Foto 11: un
emozionato Michele Cozzolino saluta i presenti in compagnia della
moglie Valeria